La mela avvelenata e copiona
lunedì, 4 novembre 2013 @ 00:01 • In Italiano, Libri, Scrittura • Tag: Alexia Bianchini, Appunti e Spunti, copioni, copyright, dialoghi, editoria, impaginare, inforigurgito, La Mela Avvelenata, sono incazzata, spazzatura
EDIT del 5 novembre 2013. Appunti e Spunti è stato ritirato dal commercio e una nuova versione che non contiene più scopiazzature, ho personalmente controllato, è ora disponibile per il download gratuito dal sito de La Mela Avvelenata.
Inoltre Alexia Bianchini mi ha promesso che riceverò le royalties per i mesi in cui il libro è rimasto in vendita. Probabilmente saranno solo pochi spiccioli, in ogni caso il gesto è il benvenuto. Quando arriveranno questi soldi li devolverò in beneficienza, probabilmente alla AAE Conigli che tra gli altri pregi ha quello di organizzare splendide manifestazioni di coniglietti. Mi ricordo quando a Conigliando 2012 ho avuto il piacere di carezzare Yogurt: mi pare di sentire ancora sui polpastrelli la squisita morbidezza del suo manto.
Dato che la questione si è risolta in modo positivo e in tempi brevi, per me la faccenda finisce qui. Ho perciò rimosso gli insulti presenti nei commenti e prego di non insistere: la vicenda è chiusa e non ha senso rigirare il coltello nella piaga.
Lo stesso tengo a precisare che il mio giudizio negativo sulla qualità di Appunti e Spunti rimane, come rimane la perplessità riguardo una casa editrice che addirittura alla pagina di invio dei manoscritti raccomanda di cercare in ogni modo sinonimi, persino quando si tratta dei nomi dei protagonisti o del verbo “disse”. A mio modesto avviso sono proprio clueless riguardo la tecnica di scrittura, ma siamo in un Paese libero e ognuno può pubblicare quello che vuole.
EDIT del 4 novembre 2013 ore 17:00. Ho avuto uno scambio di mail con Alexia Bianchini, direttore editoriale de La Mela Avvelenata. La Bianchini ha detto di “credere”(?) di essere lei responsabile per il casino con Appunti e Spunti, e che porrà rimedio. Il libro dovrebbe essere ritirato dal commercio quanto prima e la settimana prossima dovrebbe esserne caricata una nuova versione che non contenga più le parti scopiazzate. Verificherò.
Mi ha anche detto che la casa editrice ha ricevuto mail di minacce e insulti per questa faccenda: lasciate perdere. Non sprecate il fiato. Io ho una certa esperienza nel ricevere mail minatorie: tutto quello che si ottiene è finire nel filtro anti spam, dunque evitate pure.
Già sono stata additata tra i “mandanti morali” che hanno spinto orde di troll ad accanirsi sul povero G.L. D’Andrea, cacciandolo via dal web – naturalmente le cose non sono andate proprio così –, adesso minimo sto contribuendo alla crisi dell’industria editoriale.
Articolo nascosto dato che la vicenda si è conclusa positivamente. Clicca per leggerlo ugualmente ▼
Un paio di giorni fa una mia amica mi ha fatto leggere un ebook che aveva appena acquistato: Appunti e Spunti – Pronto soccorso per scrittori, edito per i tipi de La Mela Avvelenata. È un manuale di scrittura che si propone di affrontare i problemi legati alla stesura di un testo: impaginazione, grammatica, stile.
Nell’ebook gli autori sono identificati solo come “La redazione de La Mela Avvelenata”, mentre alcune librerie online – per esempio iTunes – trasformano questa fantomatica “redazione” nei nomi di Daniela Barisone, Alexia Bianchini, Luigi Milani e Viola Lodato. EDIT: Alexia Bianchini mi ha confermato in via privata di essere l’unica responsabile dei problemi che illustrerò in seguito. L’ebook viene venduto a 0,99 euro e ne esiste anche una versione cartacea venduta a 7,50 euro.
Fin qui tutto bene.
Copertina di Appunti e Spunti
I guai iniziano quando si comincia a leggere: si tratta probabilmente del manuale più misero che mi sia mai capitato tra le mani. Gli argomenti sono trattati alla rinfusa, in maniera così succinta da risultare incomprensibile (d’altra parte la lunghezza di questo manuale è di appena 8.400 parole circa, per dare un’idea il mio articolo sullo show don’t tell, che affronta solo tale argomento specifico, è di circa 10.000 parole), ci sono contraddizioni e consigli sbagliati. Le uniche pagine buone sono quelle che ho scritto io.
Infatti la cara “redazione” ha scopiazzato a piene mani dai miei articoli (in particolare quello sui dialoghi, ma non solo da lì), senza citare la fonte e spacciando il lavoro per proprio.
Come noto io ho una posizione molto netta nei confronti del copyright: sono a favore della libera circolazione delle informazioni, e trovo che non ci sia niente di male nel copiare. Ma c’è una bella differenza tra, non so, caricare su emule un romanzo di Swanwick non più disponibile in Italia per aiutarne la diffusione, e prendere lo stesso romanzo, cancellare il nome dell’autore, metterci il proprio, e poi venderlo. Non solo è illegale, ma è immorale da qualunque punto di vista.
Da anni i miei articoli sono in parte o integralmente copiati qual e là, spesso senza citarne la provenienza. Amen, non me la prendo. Ma quando si copia e in più si cerca di fare soldi con il mio lavoro, senza neppure ammettere che è mio, un po’ mi incazzo.
Ciliegina sulla torta, la “redazione” non è neppure riuscita a copiare giusto: in diversi punti ci sono delle frasi in più che non c’entrano con il mio testo originale e aggiungono solo confusione. In altri punti invece le mie frasi sono leggermente alterate (per esempio c’è un “Samuele” invece di un “Michele”) il che mi fa pensare che questa operazione non sia stata fatta in buona fede.
Perché posso anche immaginare che la “redazione” abbia copiato con leggerezza, senza preoccuparsi di indagare la licenza con cui sono distribuiti gli articoli dei Gamberi, ma in quel caso non sarebbe stata lì a cambiare qualche parola qui e là. A me è sembrato un tentativo maldestro di offuscare la provenienza del testo. Beata ingenuità.
E ora una carrellata di esempi del plagio.
I dialoghi sono un mezzo per dare spessore a un personaggio. Si possono usare i dialoghi per arricchire le descrizioni, spingere la storia in nuove direzioni, accrescere la tensione o smorzare il ritmo. L’uso o abuso può far parte dello stile.
Discorso diretto e indiretto
Il discorso diretto è il riportare battuta per battuta quello che i personaggi si dicono:
«Ciao, come stai?» chiese Samuele.
«Io sto bene» rispose Anna.
Quando si usa il narrato per riferire gli stessi concetti, il discorso è indiretto:
Samuele salutò Anna e le chiese come stava. Anna rispose che stava bene.
Il discorso diretto mostra. Il discorso indiretto racconta. Dato che la regola numero uno della narrativa recita: “mostrare, non raccontare!”, il discorso diretto è più opportuno perché è più pertinente e realistico. “Samuele salutò Anna” è vago, è generico, non concede al lettore di vedere o sentire. Potrebbe dirle “Buongiorno, signorina Anna” o “Ciao, scema, come butta?” e il senso della scena cambia completamente.
Il discorso indiretto non funziona, è antiquato, noioso, stitico. Dire che Luca ha litigato con Luisa è insipido. Meglio arricchire la trama, costruendo il dialogo.
Alternare il discorso diretto e non diretto per non essere ripetitivi e per rendere il testo dinamico.
Il discorso indiretto spesso è usato come forma di (auto) censura, per evitare parolacce, per esempio quando il personaggio impreca o bestemmia.
Brano tratto da Appunti e Spunti, all’inizio del capitoletto “SCOPO DEI DIALOGHI”.
I dialoghi sono un mezzo favoloso per dare spessore a un personaggio. Oltre a questo si possono usare i dialoghi per arricchire le descrizioni, per spingere la storia in nuove direzioni, per accrescere la tensione o per smorzare il ritmo.
Discorso diretto e indiretto
Il discorso diretto è il riportare battuta per battuta quello che i personaggi si dicono:
«Ciao, come stai?» chiese Michele.
«Io sto bene» rispose Anna.Quando si usa il narrato per riferire gli stessi concetti, è discorso indiretto:
Michele salutò Anna e le chiese come stava. Anna rispose che stava bene.
Il discorso diretto è mostrare. Il discorso indiretto è raccontare. Dato che la regola numero uno della narrativa recita: “mostrare, non raccontare!”, il discorso diretto è preferibile.
È preferibile perché è più preciso e concreto. “Michele salutò Anna” è vago, è generico, non consente al lettore di vedere o sentire. Quel saluto potrebbe essere uno qualunque di questi – e tanti altri:«Ciao, bella!»
«Buongiorno, signorina Anna.»
«Lunga vita e prosperità.»
«Oh, tipa, sì tu, che ci hai da accendere?»Ognuno dei quattro saluti aiuta a definire il personaggio di Michele e il suo rapporto con Anna.
[...]Il discorso indiretto non funziona. È inchiostro sprecato e porta molto in fretta alla noia.
[...]Il discorso indiretto spesso è usato come forma di (auto)censura:
Il martello colpì il dito invece del chiodo. Anna imprecò.
Il mio articolo su come scrivere i dialoghi.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona
Dicevo delle aggiunte balorde, qui abbiamo:
Alternare il discorso diretto e non diretto per non essere ripetitivi e per rendere il testo dinamico.
che è, senza mezzi termini, una stronzata. Se inseriamo un dialogo deve essere con discorso diretto, è migliore del discorso indiretto sotto qualunque punto di vista. Nel mio articolo ho segnalato un paio di casi dove si può usare il discorso indiretto, ma sono situazioni molto particolari. Non ha senso alternare discorso diretto e indiretto, come non ha senso alternare brani scritti bene con brani scritti da cani.
* * *
La posizione dei dialogue tag ha un significato preciso. I dialogue tag sono le locuzioni usate per identificare chi parla e come parla; sono i “disse Samuele”, “bofonchiò Paola” e così via. Sono fondamentali per MOSTRARE cosa accade mentre i protagonisti parlano.
Questi tag possono essere messi in quattro posizioni:Prima della battuta
Samuele disse:
«Domani vado al mare.»
È pesante, molto scolastico.Dopo la battuta
«Domani vado al mare» disse Samuele.
Questa posizione è da usarsi solo se la battuta è breve, se il lettore riesce con gli occhi a cogliere subito il “Samuele”. Infatti lo scopo primario dei dialogue tag è identificare chi parla, se la rivelazione avviene dopo dieci righe è finito lo scopo.Nel mezzo della battuta
«Domani vado al mare» disse Samuele. «Ma non ci vado da solo, non voglio annoiarmi come l’altra volta.»
Questa posizione va appunto bene quando la battuta è lunga, per identificare subito chi parla.
Si può anche usare questa posizione per introdurre una pausa:
«Sono stufo di questa storia» disse Samuele. «E sono stufo di te.»Senza il dialogue tag.
Può essere sottointeso chi parla:
Samuele si alzò in punta di piedi e picchiò con le nocche il vetro della finestra. «Anna, sei sveglia?»L’altro ruolo dei tag è definire come un personaggio parla.
La “redazione”, sempre lo stesso capitoletto.
Se i simboli per delimitare i dialoghi possono essere scelti in base al gusto personale – pur nel rispetto delle convenzioni e dell’uniformità – la posizione dei dialogue tag ha un significato preciso. I dialogue tag sono quelle locuzioni usate per identificare chi parla e come parla; sono i “disse Michele”, “bofonchiò Anna”, “rispose allegramente Marco” e così via.
Questi tag possono essere messi in quattro posizioni.
Prima della battuta. È lo scolastico: due-punti-a-capo-aperte-virgolette. Esempio:
Michele disse:
«Oggi è una bella giornata.»È pesante, appunto scolastico, può suonare addirittura biblico:
[...]
Dopo la battuta.
«Oggi è una bella giornata» disse Michele.
Questa posizione è da usarsi solo se la battuta è breve, se il lettore riesce con gli occhi a cogliere subito il “Michele”. Infatti lo scopo primario dei dialogue tag è identificare chi parla, se la rivelazione avviene dopo dieci righe è finito lo scopo.
[...]
Nel mezzo della battuta.
«Oggi è una bella giornata» disse Michele. «Non come ieri però, ieri sì che c’era un bel sole, e non faceva neanche tanto caldo.»
Questa posizione va appunto bene quando la battuta è lunga, per identificare subito chi parla.
Si può anche usare questa posizione per introdurre una pausa:«Sono stufo di vivere» disse Michele. «E sono stufo di mangiare pizza.»
[...]
Nessun tag. Può essere sottointeso chi parla.
Michele si alzò in punta di piedi e picchiò con le nocche il vetro della finestra. «Anna, sei sveglia?»
[...]
L’altro ruolo dei tag è definire come un personaggio parla.
Io, sempre il mio articolo sui dialoghi. Notare che la “redazione” dopo l’ultima frase citata cambia argomento, invece di spiegare il problema del “come” legato ai dialogue tag. Vi rimando al mio articolo per una trattazione esaustiva.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona (1)
Stavolta la frase di troppo è:
[i dialogue tag] Sono fondamentali per MOSTRARE cosa accade mentre i protagonisti parlano.
No. I dialogue tag appartengono più alla categoria del male necessario: spesso sono la scelta più economica e sicura, ma se si riesce a eliminarli si ottiene un testo più elegante. Per mostrare cosa accade mentre i personaggi parlano basta descriverlo, ficcarlo nel dialogue tag – “La mela avvelenata è una pessima casa editrice” disse precipitosamente Samuele sgranocchiando una caramella e ridendo a crepapelle –, è una pessima idea.
* * *
Seguendo i consigli della sezione precedente, si possono scrivere dialoghi corretti dal punto di vista formale. Un buon dialogo però deve essere prima di tutto verosimile.
Il lettore deve credere che le parole che mettiamo in bocca ai personaggi nascano spontaneamente dai personaggi stessi. Il lettore deve avere l’impressione che i personaggi siano vivi e che non siano delle stupide marionette.
Se l’idiota di turno farfuglia a pagina 10, deve farlo anche a pagina 100, a meno che nel frattempo l’autore non abbia mostrato il cambiamento nella personalità del giovane.
L’autore deve documentarsi su quale siano le convenzioni dell’ambiente in questione e far parlare i personaggi di conseguenza. Di certo un militare avrà un gergo diverso dalla dama di corte dell’800.
Cercate di essere credibili soprattutto quando gestite un dialogo. I personaggi si siedono o si alzano, vanno alla finestra, tirano un pugno alla porta, si mangiano le unghie e si mordono il labbro, molti hanno tic nervosi, ed è bene sottolinearlo.
Un dialogo deve svolgersi in un contesto dinamico. Un dialogo statico annoia, perché il cervello del lettore non può vivere l’esperienza, l’empatia non si concretizza. Ci sono solo chiacchiere. Per non tediare il lettore e per essere verosimili è necessario far agire i personaggi anche mentre parlano.Possiamo usare il dialogo per accelerare il ritmo. I paragrafi in un dialogo sono di solito più corti rispetto ai paragrafi durante la narrazione. Il lettore termina di leggere le pagine più in fretta, e ha la sensazione di procedere nella storia con più velocità.
Oppure possiamo frenare, dare al lettore un po’ di respiro e inserire un dialogo dopo una scena violenza.
Brano tratto da Appunti e Spunti, capitoletto “ESSERE CREDIBILI”.
Seguendo i consigli della sezione precedente, si possono scrivere dialoghi corretti dal punto di vista formale. Non è sufficiente. Un buon dialogo è prima di tutto verosimile.
Il lettore deve credere che le parole che mettiamo in bocca ai personaggi nascano spontaneamente dai personaggi stessi. Il lettore deve avere l’impressione che i personaggi siano vivi e che non siano marionette.
[...]I personaggi devono esprimersi in maniera consistente: se la fan tredicenne di Twilight parla come una cerebrolesa a pagina 5, deve farlo anche a pagina 100, a meno che nel frattempo l’autore non abbia mostrato il cambiamento nella personalità della ragazza.
[...]I personaggi, in determinati ambienti (per esempio le forze armate), si esprimo in gergo. L’autore deve documentarsi su quale siano le convenzioni dell’ambiente in questione e far parlare i personaggi di conseguenza.
[...]Dove si può essere verosimili senza compromessi è nella costruzione del contesto nel quale il dialogo si svolge. Un dialogo non si svolge nel vuoto, con due teste separate dal corpo che parlano. I personaggi si siedono o si alzano, vanno alla finestra, tirano un pugno alla porta, danno un calcio alla sedia, rovesciano la scacchiera, si mangiano le unghie e si mordono il labbro.
Un dialogo deve svolgersi in un contesto dinamico. Un dialogo statico annoia, perché il cervello del lettore non può vivere alcuna esperienza concreta. Ci sono solo chiacchiere; non ci sono capriole, coltellate, sberle. Per non tediare il lettore e per essere verosimili è necessario far agire i personaggi anche mentre parlano.
[...]
Dialoghi che accelerano il ritmo. In parte avviene per la natura tipografica dei dialoghi stessi. I paragrafi in un dialogo sono in media più corti rispetto ai paragrafi durante la narrazione. Il lettore termina di leggere le pagine più in fretta, e ha la sensazione di procedere nella storia con più velocità.
[...]
Dialoghi che rallentano il ritmo. Se si passa da una (violenta) scena d’azione a un dialogo, la sensazione è quella di un rallentamento.
Indovinate? Sempre il mio articolo dei dialoghi.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona (2)
Che non è stato il solo articolo a essere saccheggiato (come detto quelli qui sopra sono solo esempi, ci sono un sacco di altre pagine copiate):
Metafore e Similitudini.
Uno strumento che può essere molto efficace per scrivere descrizioni, ma di cui è facilissimo abusare, è l’utilizzo di similitudini e metafore.
La similitudine è quando una cosa viene paragonata a un’altra, la metafora è quando una cosa diventa un’altra.
“Samuele è un leone” è una metafora.
“Samuele è feroce come un leone” è una similitudine.
Lo scopo di usare una metafora o una similitudine è quello rendere più chiaro il discorso, ma non usatele se non riuscite a esprimervi, non sono scappatoie.
Utilizzate metafore credibili e non inventate di sana pianta espressioni astruse a meno di non scrivere un comico-grottesco, o se non escano dalla bocca di un personaggio bizzarro. Per esempio, dire che “Samuele si stava comportando come avrebbe fatto uno scimpanzé in una gabbia piena di caramelle” che vuol dire? Niente. Le similitudini e le metafore devono aiutare a comprendere, il lettore non deve fermarsi a chiedersi il significatoIn sintesi:
Per far capire al lettore la storia è necessario descrivere bene il contesto.
Stabilito quale sia il contesto che auspichiamo, occorre documentarsi.
Poi si sceglie il punto di vista, il personaggio che fornirà al lettore la descrizione.
Gestire il POV in modo equilibrato.
Durante le descrizioni bisogna essere concreti, stimolare i sensi e riprendere la scena in movimento.
Non sempre più particolari si mettono meglio è. Bisogna tenere solo quei particolari significativi per la storia.
Il linguaggio deve essere preciso, ma soprattutto deve suonare naturale in bocca al personaggio che descrive.
Descrizioni particolarmente complesse possono essere aiutate da metafore o similitudini, ma sono figure retoriche da maneggiare con cautela. Evitare le frasi troppo incasinate, gli aggettivi o gli avverbi in sovrannumero, i salti temporali superflui, i cambi di punto di vista ingiustificati, ecc.
Brano tratto da Appunti e Spunti, capitoletto “LINGUAGGIO E POV”.
Metafore
Uno strumento che può essere molto efficace per scrivere descrizioni ma di cui è facilissimo abusare è l’utilizzo di similitudini e metafore.
Prima di continuare: la similitudine è quando una cosa è paragonata a un’altra, la metafora è quando una cosa diventa un’altra.
“Michele è un leone”: questa è una metafora.
“Michele è feroce come un leone”: questa è una similitudine.
“Michele ruggisce”: questa è ancora una metafora, la trasformazione in animale è implicita.
Lo scopo di usare una metafora o una similitudine è rendere più chiaro il discorso. Non si mettono le metafore per “far colore”, si mettono le metafore perché non c’è un modo diretto migliore per esprimere il concetto che si desidera (o magari il modo esiste, ma non può essere usato dal personaggio punto di vista).
[...]“Michele barcollava in mezzo alla strada, si muoveva come un furgoncino guidato da un procione con il mal di testa.” Se il testo è comico o il narratore ubriaco, va bene, altrimenti una roba del genere è uno schifo.
[...]Ricapitolando
Per far capire al lettore la storia è necessario descrivere il contesto.
Stabilito quale sia il contesto che vogliamo, occorre documentarsi.
Poi si sceglie il personaggio punto di vista, colui che fornirà al lettore la descrizione.
Durante la descrizione vera e propria bisogna essere concreti, stimolare i sensi e riprendere la scena in movimento.
Non sempre più particolari si mettono meglio è. Bisogna tenere solo quei particolari significativi per la storia.
Il linguaggio dev’essere preciso, ma soprattutto deve suonare naturale in bocca al personaggio che descrive.
Descrizioni particolarmente complesse possono essere aiutate da metafore o similitudini, ma sono figure retoriche da maneggiare con cautela.
E non bisogna scordarsi dei principi alla base di una scrittura decente: evitare le frasi troppo incasinate, gli aggettivi o gli avverbi in sovrannumero, i salti temporali superflui, i cambi di punto di vista ingiustificati, ecc.
Questo invece era il mio articolo dedicato alle descrizioni.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona (3)
Il mio articolo sulle descrizioni è stato sfruttato dalla “redazione” anche in altri punti. Per esempio:
Scopo delle descrizioni è creare il contesto nel quale si svolgerà la storia.
[...]
In alcuni casi il contesto è addirittura lo scopo stesso di esistenza della storia: per esempio nei racconti di viaggi fantastici, che appunto descrivono mondi esotici, pianeti alieni, strane creature, sono il sale della storia.
Senza descrizioni il lettore è sperduto. La scena può essere drammatica o divertente, può avere un significato o il significato opposto, è il contesto che lo determina.
Dunque, perché il lettore possa capire quello che sta succedendo – possa seguire la storia – è necessario descrivere il contesto in cui si muove.Una buona descrizione è concreta, stimola i sensi, e dà smalto alla narrazione. Il lettore viene coinvolto e non chiude a metà il libro.
Non fermatevi a un semplice aggettivo per descrivere un personaggio, andate nel profondo, osservatelo dentro e fuori.
Descrizioni vuote, troppo generiche, non offrono niente alla fantasia del lettore. “Samuele è ridotto male”: cosa dovrebbe vedere il lettore? Cosa dovrebbe sentire? Annusare? Toccare?
Innanzi tutto bisogna capire perché Samuele è messo male. Magari non si lava, magari è sull’orlo dell’abisso dopo settimane di isolamento, magari è schizofrenico, magari è appena uscito da un incidente.
Andiamo ad analizzare le motivazioni che hanno spinto il protagonista a ridursi in quello stato e diamo una descrizione concreta di com’è Samuele. Dobbiamo vedere, annusare, sentire.
Brano tratto da Appunti e Spunti, capitoletto “DESCRIVERE E MOSTRARE”.
Scopo delle descrizioni è creare il contesto nel quale si svolgerà la storia.
In alcuni casi il contesto è addirittura lo scopo stesso di esistenza della storia: per esempio nei racconti di viaggi fantastici, che appunto descrivono mondi esotici, pianeti alieni, strane creature.
[...]Senza descrizioni il lettore è sperduto. La scena può essere drammatica o divertente, può avere un significato o il significato opposto, è il contesto che lo determina:
[...]Dunque, perché il lettore possa capire quello che sta succedendo – possa seguire la storia – è necessario descrivere il contesto.
[...]Una buona descrizione è concreta, stimola i sensi, è dinamica e ha significato per la storia.
[...] il lettore è perciò coinvolto e non chiude a metà il libro.Per illustrare il concetto, prendiamo le classiche descrizioni dello scrittore alle prime armi: “Anna è una bella ragazza”, “Michele fa ribrezzo”, “Se c’è una brava persona è Giuseppe”, ecc.
Descrizioni così sono vuote, troppo generiche, non offrono niente alla fantasia del lettore. “Michele fa ribrezzo”: cosa dovrebbe vedere il lettore? Cosa dovrebbe sentire? Annusare? Toccare? Assaporare?
[...]Innanzi tutto bisogna capire – e lo scrittore lo deve sapere – perché Michele è così rivoltante. Mettiamo che lo sia perché non si lava: “Michele è sporco”.
Il mio già citato articolo.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona (4)
E poteva la “redazione” evitare di scopiazzare anche dall’articolo sul mostrare? Certo che no! Per esempio:
Il cervello del lettore se viene stimolato da dettagli concreti, si immedesima, e vive le situazioni descritte. Il mostrato cala il lettore nella storia; il raccontato non garantisce la stessa risposta emotiva perché non trascina il lettore.
Brano tratto da Appunti e Spunti.
Perché è dimostrato che il cervello del lettore, se stimolato da dettagli concreti, vive le situazioni descritte. Il mostrato cala il lettore nella storia; il raccontato non garantisce la stessa risposta emotiva, non trascina il lettore.
Il mio articolo.
Oltre a essere Avvelenata la Mela è anche Copiona (5)
Eh… Poco più avanti, per la serie copio ma non ho capito un’acca di quello che sto copiando, troviamo questa affermazione:
Nel mostrare non dobbiamo però cadere nel tipico errore dell’INFO DUMP. I dettagli devono essere inseriti nella trama al momento opportuno e non gettati a casaccio. Se non si affiancano alla vecchiaia particolari concreti, dopo poche pagine il lettore si sarà già scordato che il personaggio è vecchio.
In realtà è impossibile o quasi scadere nell’inforigurgito mostrando. Si possono mostrare dettagli che si riveleranno inutili per la storia – vero – ma lo stesso non saranno informazioni statiche vomitate addosso al lettore, cioè quello che si definisce infodump o inforigurgito.
Per esempio:
Michele fa scorrere le dita lungo le decorazioni floreali che ornano la cornice del quadro, i polpastrelli che indugiano su ogni petalo e ogni stelo. Le narici gli si riempiono dell’odore pungente del legno.
Michele sposta la mano ad accarezzare la tela. Passa dalla collina dipinta con tonalità accese di verde, al faro di un brillante carminio, che sorge dal mare azzurro. Abbassa lo sguardo sulla firma dell’autore: Samuele A. Copione.
Potrei aver scritto un paio di paragrafi superflui, lo stesso il lettore era lì con Michele a studiare il quadro, non è un caso di infodump. Invece così:
Michele si accorge subito che il quadro è un’opera di Samuele A. Copione. Samuele A. Copione nasce a Bari il quattordici luglio 1961; fin da bambino si distingue per la sua abilità nel copiare quadri di famosi artisti, tra i quali Giotto, Picasso e De Chirico. Laureatosi in scienze equine, trova lavoro presso un colorificio e nel tempo libero continua a coltivare la sua passione per la pittura. Sono di questo periodo le copie delle opere di Tintoretto e di Leonardo. Nel 1995 si sposa con Giuseppina Scopiazza e il matrimonio porta alla coppia due figli.
si tratta di inforigurgito. È nel raccontare – se proprio avete il bisogno di raccontare, per ragioni che mi sono ignote – che dovete stare attenti all’inforigurgito, non nel mostrare.
Non è l’unico strafalcione di un “manuale” che oltre a scopiazzare allegramente riporta consigli balordi in più di un’occasione. Mi chiedo che senso abbia mettere assieme un’opera del genere quando non si ha la minima conoscenza degli argomenti che si vuole trattare.
Per esempio:
Cercate sinonimi per il vostro protagonista, in modo da non ripetere in continuazione il suo nome di battesimo: Anna, l’insegnante, la donna, etc.
È una stupidaggine, e l’ho spiegato nell’apposita FAQ.
Ci sono molte alternative a “disse”, usato spesso nei dialoghi, ma ce ne sono altri: sentenziò, parafrasò, proclamò, sussurrò, gridò, esclamò, urlò, digrignò, biascicò, chiese, domandò.
Ma anche no, come ho spiegato nell’articolo dedicato ai dialoghi. E poi spiegatemi che parole dovrebbero uscire dalla bocca di uno che “digrignò”.
* * *
La parte dedicata a come presentare il testo alle case editrici è stata scritta da qualcuno che non ha alcuna reale esperienza con il mondo editoriale. Basta vedere l’introduzione:
Spesso si crede che basti buttare giù il testo e lasciare tutte le sbavature da correggere alla casa editrice. Non crediate che i vostri testi siano abbastanza validi nei contenuti da convincere un editor a sistemare le valanghe di refusi che spesso si trova a dover affrontare. Non è san Giorgio contro il drago e non sempre è armato di pazienza. Visualizzatelo come un serial killer pronto ad accettare (con l’accetta) ogni testo non idoneo. La crisi c’è anche nel nostro settore e se prima questa figura professionale veniva ben pagata, oggi è già tanto se riesce a sostenersi, indi per cui non può permettersi il lusso di perdere tempo.
Nel caso in cui ci si ritrovasse davanti a un testo non impaginato, non giustificato, con gli spazi a casaccio, senza sinossi, senza note bio dell’autore, scritto con più font, con grassetti, puntini di sospensione ovunque, lo cancellerebbe dal monitor. Insomma, parliamoci chiaro, lo sconforto lo coglierebbe subito alla sola idea di mettere mando nel vostro pastrocchio, senza considerare poi che il 99% degli autori emergenti soffre di ego spropositato e si vedono già famosi a firmare autografi non appena hanno concluso la prima stesura. Questa poca umiltà mette in ansia l’editor, che spesso si sente accusato di incompetenza e ignoranza non appena cerca di far capire all’autore la gravità dei suoi errori. Allora perché perdere tempo con un testo ridotto male, con il rischio poi di inimicarsi lo scrittore?
Dovrebbe perdere un sacco di ore per riportare la struttura grafica del testo a diventare leggibile e godibile. Correggere e mettere in luce incongruenze e problemi per poi gettare il lavoro nel cestino?
Magari sarà vero quando l’editor è tuo cugino e lavora per la casa editrice di tua sorella con sede legale nel garage di mamma, ma se parliamo di “normali” case editrici, le case editrici che portano i romanzi in libreria e con le quali vuole pubblicare il 99% degli esordienti, la faccenda è diversa.
L’editor se ne fotte di leggere il vostro testo. Può essere impaginato al millimetro e lo butterà via a pagina uno. A meno che non rientrate in una di queste tre categorie:
• Raccomandati a vario titolo.
• Persone giuste al momento giusto: adolescente con il romanzetto fantasy pronto quando vanno di moda i lattanti che scrivono; giallista con parentele in Svezia durante il boom dei thriller scandinavi; e adesso probabilmente casalinga disinibita con trilogia erotica nel cassetto.
• Siete personaggi sfruttabili: siete ciechi e il libro ve lo ha scritto il gatto; siete sempre in televisione; siete lo zio di uno dei SEAL che hanno ucciso Bin Laden; ecc.
Fine. Non conta niente altro. Ammettiamo però che rientrate nelle categorie protette: l’editor avrà l’ansia(???) per la vostra scarsa umiltà o stupidaggini simili? No. L’editor leggerà perché deve, se ne fotterà di correggere alcunché – a meno che non scriviate insulti al Papa o simili – e sarà felice come prima. La correzione di bozze sarà affidata a qualche stagista assunto con contratto a progetto per 200 euro lordi al mese.
Editor affranto per colpa della scarsa umiltà degli autori
Naturalmente il discorso cambia se decidete di autopubblicarvi, ma anche qui, per come funziona attualmente il mercato, conviene di più buttare fuori romanzi e racconti stile catena di montaggio che non curare al meglio il singolo testo.
Dopo aver inviato, state tranquilli, i tempi sono davvero lunghi. In attesa di risposte non pressate l’editore, non continuate a chiedere. Sappiate che una redazione ha sempre molti manoscritti da visionare, sollecitando la casa editrice per avere una risposta otterrete solo di infastidirli.
Questo consiglio è valido solo se siete sicuri che il vostro testo sarà preso in considerazione (ovvero appartenete a una o più categorie di quelle elencate sopra, tenendo conto che solo la prima categoria offre garanzie consistenti), altrimenti la tattica deve essere opposta. Cercate di farvi conoscere. Chiedete, contattate personalmente gli editor, andate agli eventi librari per scambiarci quattro chiacchiere, offrite da bere, mandate belle letterine piene di complimenti, insomma provate a farveli amici. È l’unica speranza che avete di essere almeno letti.
Per le ragioni viste prima non ha particolare importanza neanche come impaginate il testo. Tanto non lo leggono. Perciò non vi fate problemi: non sapete fare i rientri se non premendo la barra spaziatrice e non sapete come mettere un’interruzione di pagina? Non preoccupatevi, in fondo a chi importa? Usate << e >> al posto dei caporali « e »? Figuratevi se frega qualcosa a qualcuno.
Se volete impaginare un testo come si deve per piacere vostro e perché ci tenete a fare un buon lavoro, accomodatevi. Ma non illudetevi che aumenti le vostre possibilità di essere pubblicati.
I consigli in Appunti e Spunti riguardo l’impaginazione non sono sbagliati, ma sono in gran parte superflui e non sembra che la “redazione” sappia da dove nascono. Per esempio l’interlinea: nei normali testi è singola, al tempo dei manoscritti di carta si usava doppia per consentire all’editor di inserire le sue note. Ora di manoscritti di carta ce ne sono sempre meno, e gli editor hanno altro a cui pensare che non prendere appunti, dunque potete mettere l’interlinea che volete. Il Times New Roman, a differenza di quanto sostiene la “redazione”, non è il font più diffuso. Nei libri stampati si usano altri font: Garamond, Minion, Palatino, Georgia, ecc. Nei manoscritti tradizionalmente si usava il Courier, mentre adesso dipende da quale font è di default con la versione di Word usata dall’aspirante scrittore – per esempio in Word 2010 è il Calibri.
E chiudiamo con:
È necessario però non esagerare nelle descrizioni, che se abbondanti, tolgono la possibilità al lettore di usare la fantasia.
No comment.
* * *
Dato il livello di competenza della “redazione”, mi chiedo quale sia la qualità dei testi che pubblicano sotto etichetta “La Mela Avvelenata”. Ma la mia amica ha già regalato 99 centesimi a ‘sta gente, e non ho proprio voglia di dare loro altri soldi per verificare. Ne ho le tasche piene anche delle case editrici “piccole ma serie”. Serie. Proprio.
In ogni caso la “redazione” ha tutto il diritto di pubblicare libri pessimi, non ha però il diritto di plagiare i miei articoli. Onestamente non ho voglia di denunciare nessuno, né di scrivere ai gestori di STEALTH – la piattaforma che usa La Mela Avvelenata per vendere gli ebook – e ai vari store online per sollecitare la rimozione il libro, ma lo farò a meno che non si realizzi una di queste quattro opzioni:
1) Il libro Appunti e Spunti viene tolto dal commercio.
2) Il libro Appunti e Spunti viene modificato togliendo tutte le frasi copiate. Dietro compenso sono disposta a fornire elenco completo dei plagi.
3) Il prezzo del libro Appunti e Spunti (sia ebook sia cartaceo) viene messo a zero (ovvero il libro Appunti e Spunti viene distribuito gratuitamente) e viene aggiunta una nota che spiega come alcune parti siano opera di Gamberetta, con link agli articoli originali.
4) La redazione de La Mela Avvelenata si mette d’accordo con me per continuare a usare i miei articoli. Ovviamente voglio un giusto compenso, un giusto compenso a mio insindacabile giudizio.
E ringraziate che non chiedo i danni.
Approfondimenti:
Non è la prima volta che succede un fatto simile
Appunti e Spunti su Amazon.it: spero che questo link smetta presto di funzionare
La mia posizione sul copyright
Scritto da Gamberetta •
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