Due o tre parole su Harry Potter
Per ragioni che non posso rivelare – e anche se vi raccontassi l’intera storia non ci credereste, certi giorni faccio fatica a crederci io stessa – mi trovo nella necessità di leggere la saga di Harry Potter. Ho da poco iniziato il quarto volume, Harry Potter e il calice di fuoco.
Dato che spesso mi è stato chiesto un parere su questa saga, voglio spendere due o tre parole sui primi tre volumi. Magari aggiornerò l’articolo o ne scriverò un altro dopo aver letto gli ultimi quattro.
Sono perplessa.
Avevo letto il primo volume di Harry Potter anni fa, quando ero piccina, e l’avevo trovato tra il bruttino e l’insignificante. Riletto oggi è una schifezza. Lo stile è tanto sciatto e dilettantesco da essere al limite dell’illeggibile, la trama è evanescente, i personaggi insipidi. Certo, se si paragona Harry Potter e la pietra filosofale al tipico fantasy elfico, Harry Potter sembra un trionfo del fantastico, ma in assoluto non c’è niente di particolarmente originale o fantasioso. Senza andare lontano, ho trovato il primo volume di Percy Jackson scritto meglio, più divertente e più ricco di trovate.
Devo ammettere che il secondo volume della saga, Harry Potter e la camera dei segreti, è scritto molto meglio del primo. Forse la Rowling ha imparato, o forse, visto il successo, la casa editrice ha deciso di investire una manciata di sterline in un editor. Intendiamoci: è ancora uno stile da vergognarsi, ma almeno non si ha l’istinto di tirare il volume fuori dalla finestra.
Gli altri difetti rimangono, con l’aggiunta di deus ex machina piccoli e grandi, fino alla farsa della fenice con spada & cappello. Stendiamo un velo pietoso.
Nel terzo volume, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, lo stile continua a migliorare e a tratti raggiunge la decenza, ma non mancano alcuni strafalcioni atroci. Ne cito uno:
Harry non aveva idea di come fosse riuscito a tornare nella cantina di Mielandia, nel tunnel e infine al castello. Sapeva solo che il viaggio di ritorno gli era parso rapidissimo, e che si era a stento reso conto di quello che faceva, perché nella sua testa rimbombava ancora la conversazione che aveva appena ascoltato.
Già, come ha fatto Harry Potter a tornare nel retrobottega di Mielandia? Per uscirne ha avuto bisogno di un colpo di fortuna (tanto per cambiare), ma entrare a occhio è molto più arduo. Così arduo che la Rowling si stringe nelle spalle e fa in modo che neanche il personaggio punto di vista sappia quello che è succeso. Roba a livello di Strazzu & Troisi. Spazzatura indegna di qualunque romanzo pubblicato, che abbia venduto milioni di copie o no. Nota: per le ragioni che non posso riferire citate all’inizio sto leggendo in italiano; so che ci sono dei problemi di traduzione, ma sono andata a controllare con l’originale ed è lo stesso.
A parte le cadute di stile, abbiamo una trama ancora più sfilacciata e campata per aria dei volumi precedenti, con buchi logici da far spavento e la ciliegina sulla torta di una macchina del tempo per forzare il lieto fine. Mai vista una trovata tanto idiota e gestita male, trovata che rende irrilevanti le centinaia di pagine già lette dei primi volumi.
E anche ammettendo che con la GiraTempo non si possa tornare più indietro di 24 ore e non abbia potere ricorsivo (per altro sono mie ipotesi, la Rowling non lo dice), qualcuno mi spiega perché la McGranitt non l’ha usata per acchiappare Sirius Black le prime due volte che è entrato al castello? Bastava tornare indietro di qualche ora e appostarsi in corridoio.
Ed Hermione, che dovrebbe essere quella “intelligente”, ci tiene tanto a sottolineare che possono solo fare quello previsto e modificare solo di poco gli avvenimenti: è troppo alto il rischio di sbagliare! Hermione, tesoruccio della mamma, se qualcosa va storto non devi fare altro che tornare indietro un’altra volta. Non ci vuole un genio.
A proposito di geni: qualcuno mi spiega perché Lupin, uno degli autori della Mappa del Malandrino, e dunque a conoscenza di tutti i passaggi segreti per entrare e uscire dal castello, non avverte chi di dovere del passaggio nella statua della strega orba? E perché deve prendere una pozione per evitare di trasformarsi? Non basta che rimanga chiuso in casa? Perché la Luna c’era già quando era alla Stamberga Strillante e quando ha percorso il tunnel sotterraneo, ma lui si è trasformato solo quando l’ha vista al diradarsi delle nuvole. Si bendava, finito il problema.
E la vicenda incresciosa del grifone? Una creatura così intelligente da capire gli insulti in linguaggio umano ma alla quale non si può spiegare di muovere il culo e volare via perché se no rischia la decapitazione.
E tutti quegli Expelliarmus! a destra e a manca che lasciano maghi che dovrebbero essere espertissimi disarmati? Ma legarsi la bacchetta al polso con una catenella? No, eh? Spezzare le bacchette magiche altrui una volta che le hai in mano? Girare con una pistola? Ché si fa molto prima a sparare che a parlare.
Che boiata repellente!, con un livello di attenzione ai dettagli degno del fantasy italiano.
La trama di Azkaban fa acqua anche perché la storia manca di tensione: Harry Potter è uno stupidotto viziato a cui va sempre tutto bene, senza alcuno sforzo o quasi.
Emblematico è l’inizio: Harry gonfia la zia e fugge da casa; è solo, di notte, senza soldi, senza più una casa tra i babbani (i “normali” esseri umani privi di poteri magici) e siccome ha usato la magia essendo minorenne sarà espulso da Hogwarts. Sono buone premesse, fanno venir voglia di continuare a leggere, ci si domanda come farà il nostro eroe a cavarsela. Vediamo il grande Harry Potter cosa si inventa!
Niente.
Senza che muova un dito l’autobus magico lo raccoglie; senza che muova un dito il Ministro della Magia lo perdona e in sovrappiù gli offre vitto e alloggio. E tutto nel giro di poche pagine.
Appena Harry Potter è in difficoltà il mondo corre ad aiutarlo, si piegano per lui persino le leggi della fisica (vedi macchina del tempo). D’altra parte Harry Potter è l’unico che fin da neonato ha resistito agli incantesimi di Voldemort (perché il mago più malvagio di tutti i tempi non poteva prendere un coltello da cucina e sgozzarlo – e per piacere non tiriamo in ballo che si tratta di un romanzo per bambini, ché anche “Cappuccetto Rosso” è per bambini), è il più giovane giocatore di Quidditch della storia di Hogwarts (il Quidditch, gioco dalle regole cretine pensate solo per dare sempre un ruolo decisivo a Harry), è pieno di soldi (che non guasta mai, eh!), e per gli altri il regolamento della scuola si applica, per lui si interpreta.
E forse questa è la chiave del successo della Rowling. Vedo molta vicinanza tra Harry Potter, Bella (la svampita protagonista di Twilight) e per rimanere dalle nostre parti i personaggi dei romanzi di Moccia e di Licia.
«Grande Sennar! Fantastico! Siamo una coppia di vincenti! Non siamo ancora adulti e abbiamo già realizzato i nostri sogni!»
Esclama Nihal in Nihal della Terra del Vento.
Io ho l’impressione che un’ampia fascia di pubblico non voglia (più?) storie costruite in maniera “tradizionale” e basate sul conflitto, ma cerchi solo un personaggio con cui identificarsi e attraverso il quale vivere i propri sogni senza ostacoli. Niente di male. Il mio problema però è che trovo questo tipo di narrativa noiosa. È come giocare con un videogioco in cui non puoi mai morire: senza sfida che divertimento c’è? A quanto pare un sacco, viste le vendite della Rowling e della Meyer.
Ripeto: sono perplessa. Ho letto da molte parti che la saga di Harry Potter dovrebbe poter piacere anche agli adulti, ma lo trovo davvero difficile da credere. Se qualcuno si è sciroppato questi libri non a dodici anni, ma a venti o più, potrebbe spiegarmi come ha fatto a sopportarli?
E per piacere, mantenete la discussione in termini più tecnici possibile. Si parla di stile, personaggi, ambientazione, trama, ecc. Le considerazioni morali non mi interessano. Per essere ancora più esplicita, visto anche un recente flame a proposito: se davvero Harry Potter spingesse i bambini al satanismo sarebbe una delle poche qualità di questi libri; la presenza di una certa vena razzista di molti maghi nei confronti dei babbani non mi fa né caldo né freddo.
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Scritto da Gamberetta •
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