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Dai un volto a Gamberetta e fai leggere i tuoi racconti al Duca

Ormai da alcuni anni uso come avatar un’immagine di Needa Schuetlitch, personaggio creato da Yamashita Shunya. Questa Needa mi piace perché ha un’espressione di serietà e di disapprovazione che rispecchia bene il mio carattere. Inoltre ha anche lei i capelli rosa, proprio come i miei.

Needa Schuetlitch
Needa, mia attuale controfigura

Tuttavia, in previsione di futuri progetti anche commerciali, desidero avere un nuovo aspetto. Perciò cerco un nuovo disegno di me stessa: basta per cominciare una singola immagine, possibilmente a colori, che si possa utilizzare in banner pubblicitari (come per esempio quelli per il mio fan club), o per le quarte di copertina di eventuali libri, e dalla quale si possa ritagliare il volto per creare un avatar degno.
Chi volesse inviare le proprie proposte può mandarle alla mail dei Gamberi. Avete tempo due mesi: la scadenza del concorso è il 4 febbraio 2014.
Se è un concorso, cosa si vince? Il supremo onore di essere, almeno per un anno, il mio illustratore ufficiale. Inoltre potrei commissionare al disegnatore migliore opere a pagamento, e quando riutilizzassi in ambito commerciale la mia nuova immagine, l’autore sarebbe adeguatamente compensato.

Indicazioni per l’opera

1. Uno stile fumettoso, verso il manga/anime, è preferibile, ma non è vincolante: se l’immagine sarà bella e mi piacerà, andrà bene anche se realizzata in uno stile diverso.

2. Capelli rosa. Vanno bene rosa pastello chiaro oppure rosa più scuri o perfino tinte tra il viola e il rosa. I capelli rosa sono obbligatori.

3. La lunghezza dei capelli preferibilmente non dovrebbe superare la linea delle spalle, ma si accettano anche chiome fluenti. Niente capelli troppo corti/mascolini.

4. QUATTRO.

5. Occhi verdi. Non è vincolante, ma il verde è preferito: scuro, chiaro, verde-azzurro, o grigio-verde. Il verde è fortemente gradito, ma non è fondamentale: se una bella immagine avrà gli occhi blu o azzurri o nocciola, non vi si rinuncerà solo per quel dettaglio.

6. Espressione. Seria, altera, sprezzante; va bene anche arrabbiata come Taiga di Toradora (un personaggio tsundere è ok). Niente espressioni troppo dolci, amorevoli o facce da ritardate.

Taiga arrabbiata
Come Taiga, anche io ho un brutto carattere

7. Corpo. La mia immagine non deve rappresentare una ragazza troppo bassa, né troppo alta: l’ideale è tra i 160 e i 170 cm. Carnagione rosea, chiara, ma niente pallore cadaverico. Non troppo magra (non uno scricciolo come la già citata Taiga di Toradora) e nemmeno sovrappeso: va bene Estelle del videogioco Tales of Vesperia, o la Deunan del manga Appleseed.

Estelle in biblioteca
Estelle in biblioteca

Deunan
Deunan, né grassa, né magra. Però gradirei essere rappresentata da una ragazza meno mascolina

8. Seno da piccolo a medio-grande, da una seconda a una quarta. Niente delicious flat chest e niente maggiorate.

9. Vestito. Va bene un po’ di tutto: t-shirt o maglioncino e jeans casual, tailleur, un abito ottocentesco più o meno steampunk vaporteppa, un’uniforme che ricorda la Seconda Guerra Mondiale, un vestito da principessa, un kimono, la tuta da pilota di mech (ma non troppo attillata: per esempio non va troppo bene la tuta di Asuka nei film di Evangelion più recenti), uniforme da studentessa giapponese, ecc. Se volete andare sullo storico, uniformi militari o abiti tra il 1880 e il 1950 sono preferibili (niente roba medioevale). Occhiali o accessori vari, fate voi. Nel caso serva, le mie armi preferite sono il bokken, la katana, la sciabola da cavalleria europea e il trombone alla Zio Paperone caricato a sale (per roba ottocentesca con una vena comica extra) (queste indicazioni per l’opera le ho concordate con il Duca che però ha idee strane…)

La nuova tuta di Asuka
La nuova tuta di volo di Asuka: eviterei

10. Aspetto generale. Niente pose, ammiccamenti, azioni o suggestioni troppo volgari incluse inquadrature da maniaci e scollature da svergognate: la mia immagine deve emanare fascino e serietà.

Se avete dubbi chiedete pure nei commenti a questo articolo, io o il Duca risponderemo.

A proposito del Duca: se avete un racconto nel cassetto che credete sia degno, potete inviarglielo a questa mail. Lui valuterà e, se ci sono le basi per fare un buon lavoro – ovvero se il racconto ha spunti interessanti e non richiede una completa riscrittura –, svolgerà l’editing senza chiedere un euro in cambio.
L’unica condizione è che accettiate che poi il racconto venga distribuito gratuitamente con licenza Creative Commons. In particolare è probabile una pubblicazione sui prossimi numeri di Terre di Confine.

A sentire Terre di Confine, chi segue da un po’ il sottobosco del fantasy italico avrà storto il naso, e con ragione: finora la qualità della rivista è stata per lo meno discutibile, basti dire che ci scrivevano personaggi del calibro di Cristina Donati, alias Kinzica, nota per aver pubblicato su FantasyMagazine un articolo dedicato allo steampunk che è una vergogna per il genere umano – chi non ricordasse o non avesse seguito la vicenda può cominciare da qui.
Tuttavia Terre di Confine vuole cambiare corso: Massimo De Faveri, l’amministratore dell’associazione culturale che cura Terre di Confine, mi ha mandato qualche mese fa una mail nella quale spiegava di aver epurato la redazione dagli incompetenti, di voler rilanciare la rivista, e mi chiedeva se potessi collaborare al progetto. Purtroppo per mancanza di tempo ho dovuto rifiutare, lo stesso sono rimasta ben impressionata dal tono della missiva.
Da poco è uscito il primo numero del nuovo corso di Terre di Confine: lo potete leggere e scaricare gratis via issuu. Non l’ho ancora spulciato a dovere, ma dopo averlo sfogliato ne ho ricavato un’impressione positiva: non ho visto recensioni, e ho notato un articolo del Duca. Dunque sono fiduciosa che se i vostri racconti dovessero apparire su tale rivista non ci sarebbe da vergognarsi.

Terre di Confine numero 1
La copertina del primo numero della nuova Terre di Confine

Perciò se:

Icona di un gamberetto pensate di avere talento e avete un racconto nel cassetto;

Icona di un gamberetto il racconto è di narrativa fantastica (dallo Science-fantasy alla Bizarro Fiction, passando per Steampunk Vaporteppa e affini – astenersi perditemp… paranormal romance);

Icona di un gamberetto il racconto è compreso tra le 2.000 e le 8.000 parole (parole, non battute);

Icona di un gamberetto non avete problemi che venga pubblicato con licenza Creative Commons, probabilmente su Terre di Confine;

mandate il testo in formato elettronico (.doc, .docx, .rtf, .odt, ecc. ma non .pdf) al Duca (maggiori dettagli qui) e potreste essere fortunati.

Infatti ricevere un editing dal Duca è una vera fortuna: è una delle pochissime persone in Italia che se ne intende sul serio dell’argomento e vedendo le sue annotazioni imparerete moltissimo. Anche se magari avete già pubblicato con una casa editrice, scommetto che rimarrete sorpresi confrontandovi con un vero editor. Non qualche laureato in lettere ignorante come una capra che è stato assunto in casa editrice perché figlio di o perché la zia è andata a letto con il direttore.
Se avete scritto boiate il Duca non ci passerà sopra giustificandovi perché è la cifra della vostra scrittura (si veda Giulia Ichino, editor Mondadori, a proposito dello stile vomitevole di Gaia Coltorti – magari aveva proprio ragione Chiara Di Domenico), vi spiegherà perché sono boiate e correggerà gli errori.

Copertina de Le affinità alchemiche
Copertina de Le affinità alchemiche, pessimo romanzo di esordio di Gaia Coltorti

In fondo cos’è la scrittura? La scrittura è un mezzo per trasferire emozioni da un cervello a un altro. Quando scrivete, magari immaginate una ragazza abbracciata al suo vampiro gnokko e vorreste comunicare a chi legge tutto l’amore che lei prova per lui, e il desiderio, e la commozione per la felicità di aver trovato l’anima gemella; o magari immaginate una città in fiamme e il protagonista che scappa tra gli edifici avvolti dal fuoco e vorreste comunicare la paura, e l’angoscia, ma anche la determinazione a sopravvivere e il coraggio; o ancora magari vedete con la mente la nascita e la morte di interi universi e vorreste comunicarne il sense of wonder.
Per trasmettere con le parole questi sentimenti, queste immagini vivide che avete in testa, ci sono varie strade. Solo che alcune sono più efficienti di altre. Se procedete di testa vostra senza studiare potreste imboccare la strada tortuosa che fa il giro lungo, e a pagina 5 del vostro mattone di 1200 pagine il lettore chiuderà il libro annoiato; se seguite i consigli di una guida esperta – e il Duca lo è – potreste arrivare a destinazione senza troppa difficoltà, per la soddisfazione vostra e di chi vi legge.

Per rimanere nella metafora del viaggio: c’è a chi piace viaggiare in aereo, chi preferisce la nave, altri vanno con il treno o addirittura se la fanno a piedi. Finché viaggiate per l’esclusivo piacere personale potete scegliere quello che più preferite, e andare tranquilli da Parigi a Napoli in bicicletta. Ma se viaggiate non solo per voi, se dovete arrivare a Napoli perché un bambino malato ha bisogno del vostro aiuto di medico, non prenderete la bicicletta, salirete sull’aereo, anche se forse soffrite di mal d’aria.
Finché scrivete nella vostra cameretta per il vostro esclusivo piacere personale nessuno vi può dire niente, ma una volta che pubblicate – che sia su un blog o per Mondadori – non state più scrivendo per voi stessi, state scrivendo per un pubblico, ed è solo giusto e morale che lo facciate nella maniera migliore possibile, nella maniera oggettivamente migliore possibile, così come l’aereo è oggettivamente più veloce della bicicletta. Il Duca può aiutarvi a prenotare il biglietto per il prossimo volo.

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Chiara Di Domenico vs Giulia Ichino

Premessa: non ho le competenze di politica e di sociologia per discutere riguardo il mercato del lavoro o argomenti analoghi, né mi interessa. Con questo articolo voglio solo parlare di editoria.

Ho letto con perplessità la polemica tra Chiara Di Domenico e Giulia Ichino. In poche parole, Chiara Di Domenico – che lavora con contratto a progetto per una piccola casa editrice – ha accusato Giulia Ichino di essere stata assunta molto giovane a tempo indeterminato da Mondadori perché figlia di, nel caso specifico figlia di Pietro Ichino.
Chiara Di Domenico stava parlando dal palco di un seminario del PD a tema “Le parole dell’Italia giusta”. Le frasi incriminate sono le seguenti:

Io sono stanca di vedere figli di, nipoti di, mariti di, sorelle di, in posti che non gli competono. E faccio i nomi perché non mi interessa perché la verità è scandalosa. Pietro Ichino, che è passato a Monti, ha una figlia, si chiama Giulia Ichino. Giulia Ichino, a ventitré anni, ha avuto un ruolo nella Mondadori come redattore interno, editor di narrativa italiana. Ventitré anni.

Potete ascoltare l’intero intervento qui.

Chiara Di Domenico poi ha corretto un po’ il tiro, affermando che in effetti non sa se Giulia Ichino è competente o no, vedi questa intervista:

Non può esserselo meritato quel posto?
“Infatti ci tengo a precisare che il mio intento non era puntare il dito contro qualcuno ma segnalare un fatto. L’assunzione può anche essersela meritata per le sue capacità certo però mi permetta una domanda”.

Prego
“Quanti come lei sono riusciti a farsi assumere a quell’età?”.

Dopodiché alcuni si sono schierati dalla parte di Chiara Di Domenico, altri da quella di Giulia Ichino, la quale, sulle pagine del Corriere, parla di “fortuna” – stile Licia Troisi che aveva attribuito alla “fortuna” il suo essere pubblicata. Mi viene da pensare che la sede di Mondadori sia avvolta da una gran aura di “fortuna”.

Comunque il punto non è la “fortuna”, il punto è che né i sostenitori della Di Domenico, né quelli della Ichino sono entrati nel merito. Nessuno ha preso un romanzo editato dalla Ichino e ha mostrato la qualità del suo lavoro o viceversa l’incompetenza. Non solo nessuno lo ha fatto, ma a nessuno è neanche venuto in mente di farlo o di proporlo.
Non si tratta di una novità. Quando in Italia si parla di editoria si naviga nella nebbia; non ci sono mai dati oggettivi. Non è importante se una persona è figlia di o se è giovane, è importante che sappia fare il suo lavoro. Non è importante se un’autrice ritira un premio indossando un abito scollato, è importante che sappia scrivere bene.
Perché, se Giulia Ichino sa fare il proprio mestiere, chissenefrega che è figlia di Pietro Ichino. E se, d’altro canto, Giulia Ichino è incompetente, chissenefrega che è figlia di Pietro Ichino.

Non si può fare alcun discorso sensato riguardo l’editoria se non si parte dal presupposto che il lavoro editoriale possa essere giudicato in termini oggettivi. Eppure hanno tutti il terrore di affrontare questo punto.
Quando una casa editrice chiude si sente sempre un coro disperato perché scrittori geniali avranno un canale in meno per diffondere la propria Arte e perché serissimi e professionalissimi redattori sono ora disoccupati. Solidarietà umana per entrambe le categorie, ma spesso gli autori scrivevano da cani e i redattori non sapevano fare il loro mestiere.
E tanto per non essere da meno della Di Domenico, facciamo un nome: Asengard. Quando questa piccola casa editrice ha chiuso, c’è stato un pianto greco come se fosse morto il Papa. In realtà Asengard pubblicava immondizia su immondizia – lo so, li ho letti i romanzi, anche se sul blog ho recensito solo Sanctuary – e se c’era qualcuno a fare l’editing non se ne è mai accorto nessuno.
Asengard ha riaperto, ma a quanto pare non pubblica più autori italiani. Ottima scelta: passare da Uberto Ceretoli – che aveva pubblicato per Asengard i primi due ributtanti romanzi della sua trilogia fantasy e che per la conclusione della saga ha dovuto rivolgersi a Youcanprint.it – a Ekaterina Sedia – di cui la nuova Asengard ha pubblicato il romanzo The Alchemy of Stone – merita un applauso; applauso basato su un dato concreto, la qualità oggettiva delle opere.

Io so che Francesca Mazzantini e Roberta Marasco – le editor di Licia Troisi – dovrebbero cambiare mestiere. E lo so basandomi sulla pagina stampata. Non me ne frega niente se sono figlie di o quanti anni hanno o con che contratto sono state assunte.
Tra l’altro non è per niente vero che la raccomandazione in sé sia negativa. Basta pensare al passaparola tra i lettori: viene considerato unanimemente uno strumento giusto e democratico per far emergere i libri più interessanti; il passaparola non è altro che una serie di raccomandazioni.
Il problema è quando la raccomandazione non si basa sul merito – ho letto un libro interessante/ho conosciuto una persona competente e segnalo a chi di dovere –, ma sull’amicizia o sulla parentela. Tuttavia una cosa non esclude l’altra: capita che il figlio di uno scrittore sia anche un bravo scrittore, e non è strano che una persona che viva per anni a contatto con qualcuno già competente in materia impari meglio e più in fretta. Dunque l’unica soluzione è trovare criteri oggettivi per valutare i meriti. Non c’è altra strada.
Ma so che parlo al vento, il credere che i gusti sono gusti fa troppo comodo a tutti: dal redattore precario all’editor Mondadori, dall’autore autopubblicato alla scrittrice quindicenne che esordisce con una grande casa editrice, dal giornalista al blogger qualunque.

Detto questo, nel caso specifico, ha poca importanza il perché Lord Mondador assuma tizio o caio, quello che dovrebbe avere importanza è la qualità dei romanzi che vengono proposti in libreria a 20 euro l’uno.
Le polemiche dovrebbero essere: “Perché la Mondadori ha appena pubblicato l’ennesimo libro di merda?” oppure: “Perché al tal Premio Letterario ha vinto un romanzo che fa schifo?”. Ma non succede niente di tutto ciò. Né credo succederà mai.

* * *

Questo articolo fa parte del Marciume. Maggiori informazioni sul Marciume, qui.

Scritto da GamberolinkCommenti (8)Lascia un Commento » feed bianco Feed dei commenti a questo articolo Questo articolo in versione stampabile Questo articolo in versione stampabile • Donazioni