È apparsa su emule l’edizione italiana del romanzo Little Brother di Cory Doctorow. Per imperscrutabili ragioni, l’edizione nostrana è diventata X. Occorre cercare:
FsBook.136.Doctorow.Cory.X.rar (3.537.141 bytes)
Copertina di X
Trama:
Nella severissima Chavez High School, a San Francisco, il preside ha Installato un sistema ultramoderno per monitorare le attività degli studenti minuto per minuto. Ma uscire dalla scuola senza permesso non è mai stato un problema per Marcus, noto sul web come “w1n5tOn”: lui conosce tutti i segreti della rete ed è in grado di neutralizzare qualsiasi dispositivo di sorveglianza. E mentre i compagni rimangono a scuola, Marcus e i suoi amici Darryl, Vanessa e Jolu si divertono per le strade della città, All’improvviso una terribile esplosione: il più efferato attacco terroristico della storia distrugge il centro dì San Francisco, e i quattro, al posto sbagliato nel momento sbagliato, vengono arrestati perché ritenuti coinvolti nella strage. Chiusi in carcere senza alcun processo e torturati perché confessino, i ragazzi sperimentano sulla loro pelle la violenza e la crudeltà della polizia.
Ho recensito l’edizione inglese quando è uscita, qui. Rimando a quell’articolo per un giudizio approfondito, ma in sintesi: pur essendo un romanzo per young adult è un buon romanzo, apprezzabile da chiunque. Il difetto peggiore è forse una certa tendenza all’inforigurgito didattico, ma non si rivela un difetto capitale. Senza contare che se devo sorbirmi una pagina di inforigurgito è meglio una pagina dedicata alla crittografia a chiave pubblica che alle leggende elfiche. E questo non perché la crittografia a chiave pubblica sia “vera” o “utile” (per altro è così) ma perché è in sé più affasciante di tanto fantasy privo di fantasia.
Titolo originale: Leviathan
Autore: Scott Westerfeld
Illustrazioni: Keith Thompson
Anno: 2009
Nazione: U.S.A.
Lingua: Inglese
Editore: Simon Pulse
Genere: Steampunk per fanciulli
Pagine: 448
Giugno 1914. Il governo inglese invia la Leviathan, l’ammiraglia della propria flotta aerea, in missione segreta a Costantinopoli. Lungo la strada salgono a bordo Deryn Sharp, una ragazza scozzese che si è travestita da ragazzo per servire in aeronautica, e il Principe austriaco Aleksandar – Alek per gli amici –, in fuga dalla propria patria dopo l’assassinio del padre a Sarajevo.
Non è però il 1914 che conosciamo: nel mondo di Leviathan la tecnologia ha fatto passi da gigante sia nel campo della robotica, sia in quello della bioingegneria. I Tedeschi e gli Austro-Ungarici (i “Clanker”) si sono specializzati nella costruzione di corazzate terrestri e di enormi robot da guerra (qui chiamati walker, somiglianti ai “robottoni” di certi anime giapponesi o ai mech di giochi stile MechWarrior), mentre Inglesi, Francesi e Russi (i “Darwinisti”) hanno plasmato nuove forme di vita per gli usi più svariati. La stessa Leviathan è una creatura vivente, che mescola il DNA della balena con quello di decine di altre specie.
Ciò premesso, il booktrailer e certo hype facevano credere che Leviathan fosse un romanzo di guerra. Non è così. Basta confrontare l’hype con i fatti. Per esempio un tizio, dopo aver letto una ARC[1], dichiarava:
Westerfeld has kicked off his new series with bang, averaging more battles and bombings per chapter than a textbook on both World Wars combined.
Westerfeld ha cominciato la sua nuova serie col botto. Ci sono più battaglie e bombardamenti per capitolo che in un libro di testo dedicato a entrambe le Guerre Mondiali.
Questi sono i fatti:
Capitoli presenti nel romanzo: 41.
Battaglie presenti: zero (ci sono 6 scontri a fuoco, ma esito a chiamarli “battaglie” dato che il numero di mezzi e uomini coinvolti si conta sulle dita delle mani – spesso di una mano sola).
Bombardamenti: zero (non viene sganciata alcuna bomba nel corso dell’intero romanzo – neanche una, neppure per sbaglio).
Massimo numero di walker o corazzate terrestri contemporaneamente presenti in una scena: 2.
Numero di combattimenti tra un walker e un “mostro” darwinista: zero.
In altre parole la Prima Guerra Mondiale rimane sullo sfondo. Chi si aspettava – io! – un’armata di robot tedeschi che attraversa la Manica per combattere contro un esercito di creature abominevoli ingegnerizzate a partire dal DNA del mostro di Loch Ness, rimarrà deluso. Niente di tutto questo è neppure accennato nel romanzo. Invece c’è una sana storia di avventura per bambini piena di buoni sentimenti.
Il mondo di Leviathan
Il 1914 dipinto in Leviathan ha un suo fascino, a tratti notevole, ma la costruzione di Westerfeld è semplicistica.
Mappa allegorica dell’Europa di Leviathan. Clicca per ingrandire
I Clanker sono più o meno verosimili: in pratica non c’è molta differenza rispetto ai libri di storia, solo i carri armati si sono sviluppati qualche decennio prima e hanno gambe invece di cingoli. Westerfeld liquida la questione con una battuta di Alek:
How else would a war machine get around? On treads, like an old-fashioned farm tractor? What a preposterous idea.
Come potrebbe altrimenti spostarsi una macchina da guerra? Su cingoli, come i vecchi trattori agricoli? Che idea stravagante.
Anche se in verità non è mai spiegato perché le gambe dovrebbero essere un sistema di locomozione migliore dei cingoli: i walker non sono particolarmente veloci e hanno grossi problemi di stabilità in caso di terreno accidentato; se cadono non si possono rialzare senza aiuto; inoltre non sono “robottoni” intelligenti, hanno bisogno di equipaggio – nel romanzo non esistono computer a vapore o intelligenze artificiali, tutti i macchinari sono stupida ferraglia. Tuttavia non ho trovato assurde le scene con i Clanker: vero, niente del genere può essere costruito neanche ai giorni nostri, però non è tecnicamente impossibile, e una certa tendenza tedesca al gigantismo per quanto riguarda i carri armati è storicamente corretta.
K Panzerkampfwagen
Nel 1917 il Ministero della Guerra tedesco ordina di approntare un super carro armato in grado di travolgere le linee nemiche anche nelle situazioni più difficili. Viene così progettato il “K-Wagen” una mostruosità da 120 tonnellate con 27 uomini di equipaggio, 4 cannoni e 7 mitragliatrici.
Un modellino di come sarebbe potuto apparire il K-Wagen
Dieci K-Wagen vengono commissionati, ma al termine della Guerra, nel novembre 1918, solo due esemplari sono in fase avanzata di costruzione, presso l’impianto di Riebe. Gli Alleati ordinano che i due super carri siano smantellati.
Il K-Wagen in costruzione
Per saperne di più sulle macchine da guerra tedesche nella Prima Guerra Mondiale, si può consultare il seguente volume, ricco di fotografie:
Se dalla Prima Guerra Mondiale si passa alla Seconda, si scoprono progetti ancora più ciclopici, dei quali ho già parlato.
Le azioni di combattimento con i Clanker spesso sono tirate per i capelli – e in un romanzo di Tom Clancy farebbero chiudere il libro – ma qui è fantasy!!! e sopporto. In fondo non c’è niente di scandaloso, nessun drago colpito al volo dalle catapulte di troisiana memoria. Tranne… Mostra episodio bellico poco plausibile ▼
Il cannone da 57mm che spara dal walker in movimento e colpisce gli esploratori nemici a cavallo, a distanza imprecisata.
Il walker di Alek. Può camminare così con le gambe piegate, oppure le gambe possono essere distese per un’andatura più veloce. Può perfino correre
I Darwinisti sono un altro paio di maniche. L’idea è che Charles Darwin non solo abbia scoperto il meccanismo dell’evoluzione, ma abbia anche scoperto come manipolare il DNA. Nell’arco di due generazioni gli scienziati hanno raggiunto un controllo completo sulla bioingegneria. Possono creare qualunque forma di vita, da singoli microbi fino a enormi navi viventi. Come spiega Deryn, la bioingegneria ha sostituito la meccanica:
She remembered how Da had said London looked in the days before old Darwin had worked his magic. A pall of coal smoke had covered the entire city, along with a fog so thick that streetlamps were lit during the day. During the worst of the steam age so much soot and ash had decorated the nearby countryside that butterflies had evolved black splotches on their wings for camouflage. But before Deryn had been born, the great coal-fired engines had been overtaken by fabricated beasties, muscles and sinews replacing boilers and gears. These days the only chimney smoke came from ovens, not huge factories, and the storm had cleared even that murk from the air.
Ricordò come papà aveva descritto l’aspetto di Londra prima che il vecchio Darwin compisse i suoi miracoli. Fumo di carbone aveva ricoperto l’intera città, insieme a una nebbia così fitta che i lampioni erano lasciati accesi durante il giorno. Nel momento peggiore dell’età del vapore, fuliggine e cenere avevano invaso la vicina campagna, tanto che le farfalle erano mutate: per mimetizzarsi avevano sviluppato macchie nere sulle ali. Ma prima che Deryn nascesse, i grandi motori a carbone erano stati sostituiti da animali ingegnerizzati. Muscoli e tendini avevano rimpiazzato caldaie e ingranaggi. Adesso gli unici fumaioli in funzione erano quelli dei forni, non di enormi fabbriche, e la tempesta aveva disperso anche quel velo di sporco.
Immaginate i Flintstones, con l’uccello preistorico che usa il becco al posto della puntina del giradischi: con i Darwinisti siamo da quelle parti.
I Darwinisti dell’età della pietra
Anche qui non è scientificamente impossibile, ma richiede un balzo tecnologico ben più ampio di quello richiesto per sostituire i cingoli. È inverosimile un tale controllo sul DNA senza lo sviluppo di scienze e tecnologie correlate, dai microscopi all’informatica. Inoltre spesso le creature darwiniste sono inefficienti: non è molto credibile che in guerra non si scelga l’alternativa migliore. L’intera faccenda è ambigua: da un lato i Darwinisti sono dipinti come “fanatici” che prediligono la bioingegneria sulla meccanica per partito preso, dall’altro i motori della Leviathan sono normali motori meccanici. Non ha senso: o i Darwinisti hanno una fede quasi religiosa nella bioingegneria, e allora ci sta che adottino una soluzione animale anche quando l’equivalente meccanico è più funzionale, oppure scelgono di volta in volta e in questo caso una marea di loro creazioni sarebbe da buttar via. Una brutta caduta di stile i motori meccanici sulla Leviathan: pura pigrizia da parte dell’autore, che per risolvere un inghippo nella trama se n’è fregato della coerenza.
Comunque, alcune creature Darwiniste, per quanto inefficienti e inverosimili, le ho gradite perché troppo kawaii! Mostra una creatura kawaii ▼
Le lucertole messaggero sono deliziosamente carine! Questi animaletti, ingegnerizzati a partire dalle comuni lucertole, scorazzano lungo il sartiame della Leviathan. Quando qualcuno ha bisogno di riferire un messaggio o dare ordini, parla a una lucertola. La lucertola registra la voce, va a cercare il destinatario e ripete il messaggio. Quando la Leviathan fa alzare in volo i palloni-medusa da osservazione, il pilota si porta appresso una lucertola; se avvista il nemico lo comunica all’animaletto, il quale torna sulla nave a riferire la notizia, zampettando lungo un cavo legato al pallone. Il problema è che la lucertola si muove con flemma: se il pilota usasse il codice morse farebbe molto prima…
Sulla Leviathan le mitragliatrici sono state sostituite dai “fléchettes bats”. Funziona così: la Leviathan ospita una colonia di pipistrelli opportunamente ingegnerizzati; quando è avvistato un vascello avversario, ai pipistrelli vengono fatti mangiare dei chiodi. Quindi si disturbano gli animali per farli alzare in volo. Poi la Leviathan dirige potenti fari contro la nave nemica: i pipistrelli, attirati dalla luce, si dirigono in quella direzione. Infine la Leviathan cambia la luce dei fari da gialla a rossa: il rosso terrorizza i pipistrelli, che cagano i chiodi sul bersaglio. Non so, dovrei ridere? Poi capisco che Westerfeld abbia tratto ispirazione dalle “bat bomb“: non è divertente lo stesso.
Rimangono poi alcuni problemi di fondo. Per esempio, che bisogno c’è di ingegnerizzare balene volanti e lupi-tigre quando puoi ingegnerizzare virus? Sono un’arma molto, molto, molto più efficace di qualunque “mostro”. In un altro romanzo di tecnologia contro biologia, La Guerra contro gli Chtorr di David Gerrold, gli Chtorr, prima di inviare contro la Terra i vermi giganti e gli altri “mostri”, spazzano via buona parte della popolazione con le malattie infettive. E ancora: con una tale conoscenza della genetica, ci si aspetterebbe che i Darwinisti siano immortali, che possiedano la cura per ogni malattia, che possano farsi crescere le ali o le branchie o siano in grado di migliorare il proprio stesso cervello. Ma:
Though human life chains were off-limits for fabrication, the middies often conjectured that the bosun’s ears were fabricated.
Sebbene non fosse consentito manipolare le catene vitali umane, gli aspiranti guardiamarina spesso sospettavano che le orecchie del nostromo fossero ingegnerizzate.
Tutto qui. Una sola riga su 400 pagine per giustificare un fatto clamoroso. “Manipolare il DNA umano è contro le regole”. Fine. Lo dice l’Autore. Come accennavo: ambientazione costruita in maniera semplicistica. Al limite del cretino.
Oltre il microcosmo della Leviathan, il mondo darwinista rimane indefinito. Com’è la vita a Londra senza meccanica e in compagnia di un esercito di bestie ingegnerizzate? Non si sa. Peccato.
Il muso della Leviathan
Personaggi e morale
La storia è narrata in terza persona limitata dal punto di vista di Alek e Deryn. I due punti di vista si alternano con regolarità – si passa da un personaggio all’altro ogni due capitoli. Faccio notare che il punto di vista non è mai cambiato durante una scena. I passaggi da Alek a Deryn e da Deryn ad Alek avvengono solo in corrispondenza della fine di un capitolo/inizio del capitolo successivo.
Il Principe Alek è infantile, noioso, e si comporta almeno due volte da perfetto idiota per mere esigenze di trama. L’equipaggio del walker con cui è fuggito dall’Austria è composto da personaggi insipidi quanto lui. Ho sperato che nel finale almeno il Conte Volger sviluppasse una personalità, invece è rimasto il personaggio informe di inizio storia. Mostra la mia speranza ▼
Quando la Leviathan non riesce a decollare, ho creduto che Volger avesse sabotato apposta la nave: meglio morire che allearsi con il nemico. Sarebbe potuta essere una svolta imprevista, l’unico colpo di scena del romanzo. Niente di tutto ciò. Purtroppo.
Per fortuna Alek è un Clanker: la sua personalità assente è compensata dal rombo dei motori e dal fischiare del vapore sotto pressione. Nelle scene migliori il protagonista è più il Cyklop Stormwalker, il walker di Alek, che non Alek medesimo.
Alek in piedi su un walker abbattuto
Deryn è più simpatica e vivace. Non che sia chissà quale eroina, ma non ti fa addormentare. Ha un carattere più forte e determinato rispetto a quello di Alek e, sebbene non sia un’aquila, non si comporta mai da cretina.
Westerfeld le ha creato un lessico con parole e locuzioni particolari (“ninny”, “diddies”, “bum rag”, “barking spiders”, “blisters”, “clart”, ecc.) che non so quanto possa essere accurato rispetto alla parlata di una scozzese di inizio secolo, però distingue bene il personaggio. Quando Deryn parla o pensa si capisce subito che è lei. Tutto sommato un personaggio piacevole da seguire. Anche i comprimari dal lato di Deryn sono più interessanti, in particolare la donna scienziato che tiene una tigre della Tasmania come animale domestico.
Deryn e Alek soffrono poi di un grave difetto: sono buoni. Quel tipo di bontà mielosa e piena di retorica che spesso fa capolino nel fantasy.
Per esempio, Deryn dichiara di essersi arruolata per volare, non certo per combattere… ricapitoliamo: Deryn è una ragazza. Si traveste da ragazzo – rischiando la galera per sé e per il fratello, che sa del trucco e l’aiuta – e poi, alla vigilia di una guerra, si arruola volontaria nell’aeronautica militare. Perché vuole solo volare! Sì, certo. E i tizi della CIA che torturano i prigionieri nelle basi americane in Pakistan o in Lituania sono entrati nell’Agenzia solo per vedere il mondo… E no, non è il personaggio che cerca di convincersi di essere buono quando in realtà è spinto da pulsioni molto meno nobili: Deryn è davvero buona. Ed è buona non perché abbia senso, è buona perché è in un romanzo fantasy rivolto agli Young Adult. Che squallore. Con Alek siamo sulla stessa barca. Il poverino non riesce mai a uccidere nessuno di suo pugno e l’unica volta che muore qualcuno per causa sua, lui non l’ha fatto apposta. Che anima candida.
Nella parte finale del romanzo, affiora la solita pappa stantia: il vero nemico è l’incomunicabilità! Se conosci il tuo nemico vedi che è come te che i veri cattivi non sono i tedeschi o gli inglesi i clanker o i darwinisti i veri nemici sono i guerrafondai bla bla bla. Noia. Noia. Noia. Ammetto però che Westerfeld è abile nel diluire questa morale rancida nelle scene d’azione: la morale emerge dal mostrato, non è mai spiattellata esplicitamente. “La guerra è kattiva!!!” rimane un discorso da scuola elementare.
Deryn pilota un pallone-medusa da osservazione
Stile
Poco da dire: Westerfeld è uno scrittore competente e si vede. Il romanzo è scorrevole e senza punti morti; il ritmo è sempre alto. Però, a mio parere, non sempre sono mostrate le scene che partono con le premesse migliori: per esempio l’autore dedica pagine e pagine all’atterraggio e alla ripartenza della Leviathan dallo Zoo di Londra, e taglia corto sull’inseguimento di una corazzata terrestre al walker di Alek. C’è poi qualche sbavatura qui e là (il dialogo tra Alek e Volger mentre si allenano è chiaramente a beneficio del lettore e suona forzato) e qualche descrizione non proprio riuscita (Deryn incontra Alek e subito le viene in mente solo “handsome”), ma poca roba. Lo stile di Westerfeld è molto funzionale, ma non è brillante: se si esclude in parte Deryn, c’è troppa distanza tra il punto di vista, molto ravvicinato ai personaggi, e il linguaggio, troppo neutro. Alek sembra un automa – o un bravo scrittore – non un giovane Principe.
Conclusioni
Romanzo di avventura semplice semplice per un pubblico di ragazzini non troppo svegli. Dubito possa piacere a chi ha più di dodici anni – parlo di età mentale, lo so che ci sono delle trentenni che tengono in camera il poster di Edward Cullen o di Sennar. È molto più fantasy che non fantascienza: la speculazione scientifica è da asilo e rimane tollerabile solo quando le trovate sono almeno molto fantasiose. Westerfeld, nelle note a fine romanzo, lo definisce steampunk. Sì, ma solo se vogliamo applicare la definizione originaria di K. W. Jeter: “gonzo-historical” può essere una giusta classificazione per Leviathan. La componente steam in senso tecnologico è presente, ma ha un ruolo minore – i Darwinisti hanno più spazio dei Clanker. Di -punk non se ne vede neanche l’ombra.
Nel complesso un’opera mediocre. Non brutta, ma faccio fatica a trovarci qualcosa di veramente bello; di nuovo, originale, brillante. Non credo valga la pena comprare, ma dato che è gratis[2], una sbirciatina la si può dare. L’inglese è semplice, a parte qualche termine tecnico marinaresco e lo slang di Deryn.
In un’intervista dedicata ad altro argomento, un rappresentante di Einaudi ha dichiarato che il romanzo sarà pubblicato in Italia dalla loro casa editrice l’anno prossimo. Non ho idea se sia vero, né se si prenderanno l’impegno di pubblicare anche i volumi successivi: infatti Leviathan è – tanto per cambiare – il primo romanzo in una trilogia; Behemoth e Goliath sono già stati annunciati da Westerfeld, indicativamente per l’autunno 2010 e l’autunno 2011. Tengo a sottolineare che la storia in Leviathannon è autoconclusiva: si interrompe bruscamente, lasciando la trama in sospeso.
Chi dovrebbe leggere Leviathan sono gli autori italiani o gli aspiranti tali. Tempo fa credevo che Ash di Mary Gentle potesse essere una buona pietra di paragone: ero un’ingenua ottimista! Con Leviathan l’asticella della qualità scende di una tacca, ma sarà l’ultima volta. In altri termini: se desiderate pubblicare un libro dignitoso, dovete scrivere almeno al livello di questo romanzo di Westerfeld. Dovete dimostrare la stessa dose di fantasia e la stessa padronanza della tecnica narrativa. Non sto chiedendo la Luna, sto chiedendo un livello minimo. Lo so che le mie parole vi entreranno in un orecchio e usciranno dall’altro. E so che si continueranno a scrivere, pubblicare e comprare romanzi pieni di puttanate con gli elfi o con ragazzine imbecilli che si innamorano del vampiro compagno di banco. Pazienza. Io ci provo.
Letture Consigliate
Se le idee dietro Leviathan (storia alternativa in chiave fantasy, robottoni, tecnologia vs. biologia) vi incuriosiscono, potreste dare un’occhiata anche a questi romanzi:
Il ciclo dell’Oscurità di Harry Turtledove.
Nell’Oscurità (Into the Darkness, 1999) Scende l’Oscurità (Darkness Descending, 2000) Attraverso l’Oscurità (Through the Darkness, 2001) I Signori dell’Oscurità (Rulers of the Darkness, 2002) Le Fauci dell’Oscurità (Jaws of Darkness, 2003) La Fine dell’Oscurità (Out of the Darkness, 2004)
Turtledove ricrea la Seconda Guerra Mondiale, ambientandola però nel mondo fantastico di Derlavai. I carri armati diventano bestie enormi che trasportano cannoni magici, gli aerei sono draghi, i sommergibili mostri marini, e il Progetto Manhattan vede impegnati gli stregoni più potenti del mondo. Il vero difetto di questo ciclo è proprio l’aderenza alla storia: cambiano i nomi degli stati, cambia la scienza e la tecnologia, ma per il resto gli eventi sono gli stessi, dalla spartizione della Polonia, all’attacco della Russia alla Finlandia, fino all’assedio di Stalingrado. Quando si riesce a individuare che Algarve è in realtà la Germania o che Kuusamo sono gli Stati Uniti, la vicenda diviene prevedibile, perché si sa già come andrà a finire. Rimane un ciclo piacevole, arricchito da una profusione di punti di vista degna di Martin (ci sono almeno venti personaggi punto di vista) e dall’assenza di “buoni” e “cattivi” tradizionali. Lo stile di Turtledove è in generale decente, tranne quando glissa sulle scene d’azione per riassumerle attraverso dialoghi successivi. Qualche volta questo “trucco” funziona bene, più spesso si rivela un ripiego misero.
Copertina de La Fine dell’Oscurità
Il ciclo della Guerra contro gli Chtorr di David Gerrold.
La Guerra contro gli Chtorr (A Matter for Men, 1983) Il Ritorno degli Chtorr (A Day for Damnation, 1985) Il Giorno della Vendetta (A Rage for Revenge, 1989) L’Anno del Massacro (A Season for Slaughter, 1993) Nota importante: la storia non è finita. Nel progetto originario erano previsti altri tre romanzi, che Gerrold in sedici anni non ha ancora scritto – né è scontato che lo faccia in futuro.
La Terra viene invasa dagli alieni, gli Chtorr. Anzi, viene aggredita da un intero ecosistema alieno. Gli Chtorr sono una moltitudine di specie diverse: animali, piante, microbi. Pian piano le creature extraterrestri rimpiazzano gli equivalenti autoctoni, esseri umani compresi. Il lavoro di Gerrold con gli Chtorr è molto più accurato e scientificamente approfondito rispetto a quello di Westerfeld con i Darwinisti. Gli Chtorr sono parecchie spanne più verosimili delle bestie ingegnerizzate in Leviathan. E sono molto più bizzarri e letali. Nei vari romanzi del ciclo le scene d’azione sono ottime – sebbene anche qui manchino delle vere e proprie battaglie – e la sensazione di apocalisse imminente è ben resa. I romanzi funzionano meno quando Gerrold imita le lezioni di filosofia di Heinlein senza averne il carisma e la bravura. Rimane poi il grosso problema che dopo quattro libri è tutto in sospeso e non si sa se vinceranno i Terrestri o gli Chtorr. E forse non si saprà mai.
Copertina de La Guerra contro gli Chtorr
Fanteria dello Spazio (Starship Troopers, 1959) di Robert A. Heinlein.
Un classico della fantascienza, il romanzo che ha introdotto le Armature Potenziate e ha ispirato Yoshiyuki Tomino per Mobile Suit Gundam. Sono narrate le avventure di un soldato nella Fanteria Spaziale Mobile, mentre la Terra si trova invischiata in una guerra interplanetaria contro gli Aracnidi.
Heinlein costruisce un mondo futuro verosimile e particolarmente curato per quanto riguarda gli aspetti sociali, politici e militari: Fanteria dello Spazio è una delle poche opere di narrativa nelle liste di lettura delle accademie militari americane.
Un fatto poco noto è che Fanteria dello Spazio, nelle intenzioni dell’autore, doveva essere un libro per ragazzi. Il rispetto che Heinlein dimostra nei confronti del pubblico a cui si rivolge è ammirevole: non ci sono semplificazioni, non ci sono pseudo guerre allo zucchero filato, non c’è morale preconfezionata da favola della buona notte; ci sono scenari realistici, c’è una filosofia di vita brutale – ma del tutto coerente con l’ambientazione, e ci sono le Armature Potenziate, una delle trovate più cool della storia della fantascienza. Pensateci quando sentite il solito scrittorucolo delle nostre parti giustificare ogni porcata perché tanto è per un “pubblico giovane”.
Copertina di Fanteria dello Spazio
E i romanzi di Temerarie, quelli del Drago di Sua Maestà di Naomi Novik? In effetti l’idea delle guerre napoleoniche con i draghi non è molto lontana dall’idea di avere una Prima Guerra Mondiale con i mech. Però ho letto il primo romanzo di Temerarie ed era pura fuffa. Dunque non consiglio!
* * *
note: [1]^Advance Reading Copy. Una copia di un romanzo distribuita a giornali, critici, amyketti, ecc. qualche tempo prima dell’uscita ufficiale, in modo che si possa creare il giusto hype. Qualche volta le ARC non sono ancora la versione definitiva di un libro, mancando un ultimo passaggio di editing, o una corretta impaginazione, o la giusta copertina o altri dettagli simili.
Copertina delle ARC di Leviathan
[2]^ Come da Segnalazione. L’edizione originale di Leviathan comprende una cinquantina di illustrazioni. Sono presenti anche nelle edizioni pirata, ma purtroppo chi ha scannerizzato il libro ha acquisito le immagini a dimensioni ridotte. Qui sotto ne potere vedere una estratta dalla versione HTML, senza ritocchi.
L’illustrazione del capitolo 19
Immagini a risoluzione più alta si possono ammirare al sito del disegnatore, Keith Thompson.
Titolo originale: Vampire Kisses
Autore: Ellen Schreiber
Anno: 2003
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Editore: HarperTeen
Genere: Rosa con gnokki
Pagine: 253
Ho letto le prime pagine di Vampire Kisses pensando: “chissà che incredibile stupidaggine, magari se è abbastanza demente posso cavarne un articolo per il blog. E in più potrei dileggiare l’autrice. E offendere le fan.” Del resto parto sempre con questo atteggiamento, essendo stata infettata da piccola con il morbo della kattiveria. Invece Vampire Kisses pur non essendo un capolavoro, e in verità neanche un bel romanzo, si è però rilevata una lettura interessante.
La storia è la seguente: Raven ha da poco compiuto sedici anni e non è felice. Abita in una piccola cittadina, da lei ribattezzata “Dullsville”, e oltre che macerarsi nella noia deve sopportare il fatto che nessuno le voglia bene. Perché Raven è una goth girl e nessuno la capisce. Nessuno capisce perché lei debba vestirsi sempre di nero, essere ossessionata dai film dell’orrore e dai romanzi di Anne Rice, adorare le tenebre e le vecchie case diroccate. Nessuno poi vuole darle retta quando spiega che da grande lei sogna di diventare un vampiro. Un bel giorno una nuova famiglia si trasferisce nelle magione di Benson Hill, una villa abbandonata da anni. I nuovi arrivati sono una ricca famiglia europea; hanno abitudini particolari e non si fanno mai vedere alla luce del Sole. Raven scopre che fa parte della famiglia anche un ragazzo diciassettenne, tale Alexander. Di Alexander basti dire che “His eyes were dark, deep, lovely, lonely, adoringly intelligent, dreamy. A gateway into his dark soul.” Come ovvio Raven s’innamora subito di Alexander, e lui di lei, ma c’è un grosso problema: lui è uno gnokko o in terminologia pre-Meyer un vampiro.
Lo gnokko Alexander. Non so se sia più gnokko dello gnokko Edward, ma almeno non sta ripetendo per la quindicesima volta il Liceo: è già qualcosa
Come si vede la trama è in pratica quella di Twilight: ragazzina sola nella piccola cittadina ostile e vampiro adolescente. Peccato che Ellen Schreiber abbia scritto Vampire Kisses due anni prima di Twilight. Perciò ai “meriti” della signora Meyer si può aggiungere anche quello di aver scopiazzato senza ritegno (anche se poi è chiaro che sia la Schreiber sia la Meyer hanno attinto a una serie di idee che già circolavano da tempo, da Buffy a The Vampire Diaries). A essere sincera, mentre leggevo Vampire Kisses ho varie volte sghignazzato perché credevo che la Schreiber stesse prendendo varie scene da Twilight e le stesse riscrivendo in chiave ironica, invece era il contrario! È la Meyer che ha rubato le scene e le ha riproposte senza neppure un briciolo dell’umorismo di partenza. Lo stesso vale per lo stile. La Schreiber è molto brava: se si escludono un paio di passaggi a vuoto il testo scorre in maniera impeccabile. È uno stile solo in apparenza elementare, in realtà scrivere così è difficile: non sono rimasta sorpresa nello scoprire che questo Vampire Kisses è il quarto romanzo che l’autrice pubblica. La mia affermazione può suonare strana se si è appena letta la descrizione degli occhi di Alexander, infatti l’uso indiscriminato di aggettivi e avverbi è una delle stigmate dello scrittore dilettante. Ma qui è l’ironia: in una scrittura sempre molto trasparente e controllata la Schreiber si sbrodola solo quando descrive il suo gnokko, e questo ne comunica un’immagine così sopra le righe da suscitare un sorriso. Dove la Meyer descrivendo Edward come bello quanto un Dio greco vuol essere seria, la Schreiber sta giocando con il cliché del vampiro bello e tenebroso. Uguale per la protagonista, Raven. La Schreiber ne fa una caricatura della goth girl, insistendo apposta ad associarle l’aggettivo black appena possibile:
Somehow I made it through the day. Cutting and gluing black paper on black paper, finger painting Barbie’s lips black, and telling the assistant teacher ghost stories [...] I dragged myself out of bed and put on a black, cotton sleeveless dress and black hiking boots, and outlined my full lips with black lipstick. [...] They all looked at me—at my black lipstick, black nail polish, blackened hair, black spandex dress, and clunky black plastic bracelets. [...] I was wearing matte black lipstick instead of gloss, black turtleneck, black jeans, and a tiny black backpack with a flashlight and disposable camera. [...] I was wearing my Saturday-night best: a black spandex sleeveless mini-dress with a black lacy undertop that peeked through, black tights, unscuffed combat boots, black lipstick, and silver-and-onyx earrings.
…e così via. La faccenda funziona perché tutta questa oscurità è in contrasto con il carattere di Raven. Raven è spigliata, a tratti coraggiosa, intelligente, qualche volta un po’ carogna ma anche generosa, spiritosa, spesso persino allegra (niente a che spartire con quella larva di Bella). È lo stesso meccanismo per cui Shrek che è un orco ma si comporta da brava persona suscita simpatia. Raven ha l’aspetto di una goth girl ma si potrebbe dire che ha un carattere solare. Raven non è certo il mio personaggio femminile preferito, ma mi ha fatto piacere che la Schreiber, pur mirando a quel pubblico che io chiamo di ragazzine cerebrolese, non abbia rinunciato a proporre una protagonista con un quoziente d’intelligenza superiore alla singola cifra.
Una cosplayer addobbata da Raven. Qui un suo filmato
La Schreiber è anche più verosimile della Meyer: i suoi gnokki si fanno vedere poco (e mai di giorno), viaggiano spesso e Alexander non frequenta il locale Liceo. È home-schooled, ovvero sono gli insegnanti a venire a casa sua. In America è una pratica più diffusa che non in Europa, e una soluzione molto più credibile che non frequentare una scuola per cent’anni di fila. Inoltre la Schreiber non dice quanti anni abbia lo gnokko, potrebbe sul serio averne diciassette ed essere appena entrato nella gnokkaggine. Tra l’altro, in pratica fino all’ultima pagina, non si può neanche affermare con sicurezza che si è trattato di gnokki: se Alexander e genitori fossero solo dei ricconi eccentrici la storia funzionerebbe lo stesso senza il minimo intoppo. Per questo Vampire Kisses non lo posso far rientrare nel fantasy, neppure nel sottogenere romantico di Twilight. E d’altra parte non è neanche un vero romanzo rosa perché… mostra il finale ▼
…perché non rispetta uno dei canoni del genere: non c’è lieto fine. Il finale è un ottimo finale, che ho apprezzato molto, perché è coerente con lo svolgersi della storia e l’ambientazione, ma non puoi terminare un romanzo rosa con lui che invece di sposare lei prende e se ne va.
Da sottolineare infine due aspetti marginali ma che mi sono piaciuti: alcuni dialoghi deliziosamente dementi fra Raven e la sua amica del cuore, e il titolo stesso del romanzo: Vampire Kisses. Senza giri di parole, dritto al punto: gnokki e baci!
Vampire Kisses pur non ottenendo lo stesso successo di Twilight ha avuto comunque un notevole successo. La Schreiber ha pubblicato già cinque romanzi nella serie (dei quali non voglio sapere niente: mi spiacerebbe veder rovinato l’inappuntabile finale del primo volume), e altri tre sono previsti per il 2009-2010. In più dai romanzi è stato tratto un manga, Vampire Kisses: Blood Relatives, e secondo il sito dell’autrice la sceneggiatura per il film è in corso d’opera. In Italia è da poco disponibile sia il primo volume della serie di romanzi sia il primo volume del manga. Per entrambi l’editore è Renoir Comics. Onestamente non so se valga i 12 euro richiesti, io ho letto l’edizione inglese presa da emule, e prima di spendere soldi consiglio di fare altrettanto (può essere un buon modo per cominciare a leggere in inglese, dato che qui stile e lessico sono molto semplici).
Copertina del primo volume del manga
Questa recensione è senza gamberi. Come detto Vampire Kissesnon è un romanzo fantasy, è al 99% un romanzo rosa. Io ho letto la mia quota di romanzi romantici, ma non conosco abbastanza il genere per esprimere un giudizio sensato. Penso possa piacere a chi cerca una storia d’amore leggera e divertente. Però bisogna aver ben presente che i temi trattati sono del tipo: cosa mi metto al ballo della scuola? oddio, se papà scopre che gli ho rubato la racchetta fortunata mi metterà in punizione! Alexander mi ama, ma quanto mi ama? Perché non mi ha ancora baciata??? e così via… per quanto possa apprezzare l’abilità tecnica della Schreiber, questo non è esattamente il genere di storia che mi entusiasma. Ovviamente il romanzo è consigliatissimo per le fan della Meyer: stessa storia, scritta meglio, cosa volete di più? Attente però: per apprezzare certi passaggi è richiesta una ghiandola dell’ironia funzionante…
Titolo originale: Little Brother
Autore: Cory Doctorow
Anno: 2008
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Editore: Tor Teen
Genere: Thriller, Fantascienza
Pagine: 384
Più volte mi è stato chiesto di recensire romanzi che mi siano piaciuti, ci siamo quasi! Infatti Little Brother è un buon romanzo, non mi ha entusiasmata, però non è male. Diversi difetti, ma molti pregi. In più è un romanzo appassionante. L’ho letto in due giorni, il secondo giorno rimanendo sveglia fino a tarda notte, e non mi capitava da parecchio che un romanzo riuscisse a suscitarmi tanto interesse.
Young Adult
Little Brother è l’ultimo romanzo dello scrittore di fantascienza Cory Doctorow. È il suo primo romanzo etichettato per “ragazzi” (young adult), è stato pubblicato da Tor Teen ed è nella categoria “Junior High School and Up” (in termini di età più o meno dai 12 anni in su). La faccenda, appena l’ho saputa, non mi ha fatto piacere. Doctorow non aveva mai scritto romanzi per ragazzi e subito ho sospettato una bieca operazione commerciale. E forse lo è! Ma come nel caso di Barker con Abarat, anche se di operazione commerciale si è trattato, non si nota.
Little Brother dovrebbero leggerlo tutti i nostrani aspiranti scrittori per ragazzi, e in generale tutti coloro i quali pensano che “per ragazzi” indichi argomenti semplicisti, abolizione di sesso & violenza, storie prive di originalità e ambientazioni scontate. Doctorow affronta una vicenda tutt’altro che facile da trattare e lo fa senza (quasi) mai essere semplicistico. Così come, pur glissando qualche volta sui particolari più brutali, non rinuncia alla verosimiglianza: per esempio, quando a inizio romanzo il protagonista è arrestato, viene pestato, legato, bendato, lasciato senza cibo, costretto a pisciarsi addosso, minacciato di morte, ecc. mostra piccolo spoiler ▼
e nel finale del romanzo è anche torturato.
Così pure, il futuro vicino immaginato da Doctorow, incentrato sui progressi informatici, è descritto senza timore di scendere in particolari tecnici (in realtà il problema è che scende troppo in particolari tecnici): tunneling protocol, crittografia a chiave pubblica, RFID e matematica bayesiana sono alcuni degli argomenti trattati.
RFID è l’acronimo di Radio-Frequency IDentification. Un tag RFID, un circuito integrato in grado di ricevere e inviare dati, è spesso incorporato nei prodotti, per tenerne traccia prima e dopo l’acquisto. Ovviamente può essere anche impiantato sottopelle per sorvegliare un essere umano. L’immagine è della mano sinistra di Amal Graafstra: nel suo caso è stata una scelta consapevole
Nel complesso è netta la sensazione che Doctorow stia trattando il lettore con rispetto. Il fatto che tale lettore possa avere solo 12 anni non spinge Doctorow verso facili scorciatoie. C’è un abisso tra un romanzo così e il fantasy per ragazzi delle nostre parti, dalla Troisi in giù. Se proprio si vuole scrivere per forza un romanzo per ragazzi, si prenda a modello Doctorow, evitando scimunite mezze elfe e mezze sceme o le avventure di Drago Pallino.
Creative Commons
Il romanzo di Doctorow, oltre a essere venduto in libreria, è disponibile per il download gratuito, con licenza Creative Commons. E non solo: oltre a poter essere distribuito senza limitazioni, la licenza CC adottata da Doctorow concede anche di creare opere derivate. Il che vuol dire che ho il diritto per esempio di tradurre Little Brother o di cambiargli il finale e potrei ridistribuire questo mio lavoro senza problemi legali. È un atteggiamento contro corrente rispetto alla visione attuale di molti autori, i quali ragionano solo in termini di mio! mio! è tutto mio! Ultimo, squallido caso, la denuncia di J.K. Rowling a un piccolo editore colpevole di voler pubblicare una sorta di enciclopedia del mondo di Harry Potter. Qui qualche informazione sulle vicenda, e qui l’opinione di Orson Scott Card.
Invece Doctorow non solo non denuncia il prossimo, ma è felice che le proprie opere siano distribuite a quanti più lettori possibile.
Voglio citare due passaggi dello stesso Doctorow, in prefazione al romanzo:
If I could loan out my physical books without giving up possession of them, I would. The fact that I can do so with digital files is not a bug, it’s a feature, and a damned fine one. It’s embarrassing to see all these writers and musicians and artists bemoaning the fact that art just got this wicked new feature: the ability to be shared without losing access to it in the first place. It’s like watching restaurant owners crying down their shirts about the new free lunch machine that’s feeding the world’s starving people because it’ll force them to reconsider their business-models. Yes, that’s gonna be tricky, but let’s not lose sight of the main attraction: free lunches!
Direi che c’è poco da aggiungere: è vero, può essere che artisti ed editori si debbano inventare un nuovo modello di business, se vogliono sopravvivere, ma questo è insignificante! Il fatto cruciale e bellissimo è che per la prima volta nella storia l’arte può essere riprodotta a un costo vicino allo zero e dunque essere davvero alla portata di tutti!
Now, onto the artistic case. It’s the twenty-first century. Copying stuff is never, ever going to get any harder than it is today (or if it does, it’ll be because civilization has collapsed, at which point we’ll have other problems). Hard drives aren’t going to get bulkier, more expensive, or less capacious. Networks won’t get slower or harder to access. If you’re not making art with the intention of having it copied, you’re not really making art for the twenty-first century. There’s something charming about making work you don’t want to be copied, in the same way that it’s nice to go to a Pioneer Village and see the olde-timey blacksmith shoeing a horse at his traditional forge. But it’s hardly, you know, contemporary. I’m a science fiction writer. It’s my job to write about the future (on a good day) or at least the present. Art that’s not supposed to be copied is from the past.
Su questo punto si può dissentire, ma se non sono gli scrittori di fantascienza i primi ad abbracciare il progresso e il cambiamento, a disegnare nuove prospettive, chi dovrebbe farlo?
Infine, tutti gli scrittori che hanno offerto gratuitamente le loro opere in formato digitale, hanno visto un aumento delle vendite del cartaceo. Perciò, almeno stante la congiuntura attuale, distribuire liberamente è anche un’azzeccata mossa commerciale.
For me — for pretty much every writer — the big problem isn’t piracy, it’s obscurity (thanks to Tim O’Reilly for this great aphorism).
Little Brother
Il diciassettenne Marcus Yallow, un passato da giocatore di ruolo dal vivo, ha passione per la tecnologia e per Harajuku Fun Madness, un ARG (Alternate Reality Game). Un brutto giorno, mentre sta giocando per le vie di San Francisco ad Harajuku con i suoi tre migliori amici, si ritrova a pochi passi dal luogo di un terribile attacco terroristico: misteriosi attentatori hanno fatto saltare il Bay Bridge, causando migliaia di morti. Come non bastasse, nella confusione che segue Marcus & compagnia sono arrestati, in pratica solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Bay Bridge
Presi in custodia dal famigerato DHS (Department of Homeland Security), l’agenzia governativa stile Gestapo organizzata da Bush dopo l’11 Settembre, sono tenuti prigionieri per giorni, e anche quando sono rilasciati, è intimato loro di tacere, o non saranno più trattati così “bene”, ma spediti in qualche prigione segreta in Medio Oriente. In più sono avvertiti di essere stati inseriti in una lista nera di sospetti: saranno per sempre sotto controllo, e alla prima mossa falsa di nuovo incarcerati. Ciliegina sulla torta, uno degli amici di Marcus non viene liberato, e forse è già stato trasferito fuori dai confini degli Stati Uniti…
Fantascienza? Non proprio, come potrebbe testimoniare Domenico Salerno, incarcerato per 10 giorni su ordine del DHS. La sua colpa? Essersi recato in America per trovare la fidanzata. Questo è l’articolo originale del New York Times che parla della vicenda. Qui una versione italiana, al sito de Il Messaggero.
Marcus, appena libero, giura di vendicarsi del DHS e di salvare l’amico ancora in mano ai cattivi. Non sarà facile, perché sulla scia della paura suscitata dall’attentato, il DHS ha preso il controllo dell’intera città, trasformandola in uno stato di polizia.
* * *
Mettiamo che foste voi al posto di Marcus, cosa fareste? Siete stati arrestati ingiustamente, minacciati e umiliati, il vostro amico è stato “vaporizzato”, e l’intera nazione pare essersi trasformata nell’Unione Sovietica al culmine della Guerra Fredda. Una parola inopportuna, cambiare troppi treni della metropolitana o fotografare luoghi pubblici: ognuna di queste azioni potrebbe portare al carcere o peggio. In segreto e senza processo. Ci sono solo tre opzioni:
Chinare la testa e fare come se nulla fosse.
Tentare di espatriare.
Combattere.
È triste, ma sospetto che la prima opzione sia la più realistica. Non di meno, non funziona granché bene per un romanzo: se Luke Skywalker invece di seguire Obi-Wan Kenobi a Mos Eisley decide che ne ha già avuto abbastanza, non c’è più film. La seconda opzione può portare a un bel romanzo, ma nel mondo immaginato da Doctorow sarebbe solo un palliativo: gli Stati Uniti sono all’avanguardia, ma metodi autoritari e illiberali si stanno diffondendo ovunque. Rimane solo una possibilità: combattere il sistema. Infatti il DHS non è isolato: ha l’appoggio del Presidente e degli organi politici da un lato, e quello delle altre forze militari e di polizia dall’altro. In più la gran parte della popolazione, pur storcendo il naso di fronte alla riduzione delle libertà, è pronta a sottomettersi in nome di un’effimera “sicurezza” (“Those who would give up Essential Liberty to purchase a little Temporary Safety, deserve neither Liberty nor Safety.” – attribuita a Benjamin Franklin).
Benjamin Franklin, inventore del parafulmine
Marcus dunque combatte. Purtroppo, come Doctorow fa combattere Marcus non mi è piaciuto per niente, e questo è il difetto più grande del romanzo (difetto che, a differenza di altre occasioni, è soggettivo, legato ai miei gusti, più che oggettivo). mostra il finale del romanzo ▼
Usando le parole di Angela, uno dei personaggi:
“This is perfect, Marcus. If you want to really screw the DHS, you have to embarrass them. It’s not like you’re going to be able to out-shoot them. Your only weapon is your ability to make them look like morons.”
E Marcus, grazie alle sue capacità informatiche, riuscirà a mettere più di una volta in imbarazzo il DHS. Ma che ci riuscisse o no in fondo non ha molta importanza, perché Doctorow per il suo finale si è attenuto a un cliché: Marcus confessa tutto alla mamma, la mamma ha un’amica giornalista d’assalto, Marcus fornisce le prove alla giornalista, la giornalista convince un reparto di poliziotti buoni che il DHS ha esagerato, i cattivi del DHS di San Francisco sono arrestati. Non mi piace questo finale per due motivi: il primo è che tale finale non è tecnologico. Durante l’intero romanzo è costantemente sottolineato come nel futuro prossimo l’informatica diventerà sempre più cruciale per la vita di ognuno, e come questo fatto possa portare benefici a una società consapevole (o come minimo a un gruppo d’individui esperti), ma alla resa dei conti la soluzione è affidata non a una rete di computer bensì alla classica “raccomandazione”. Se la mamma di Marcus non fosse stata amica della giornalista, Marcus, con tutto il suo agitarsi e la sua abilità di hacker, sarebbe finito a Guantanamo, e fine della storia. Il secondo motivo è che è un finale falso. Non è del tutto inverosimile, la catena degli avvenimenti ha una sua logica, la giornalista non è un Deus ex Machina, e tuttavia il finale stride terribilmente non l’atmosfera da 1984 che si respira in molte pagine. Non dico che Little Brother sarebbe dovuto finire male come 1984, ma certo il lieto fine, così come avviene, puzza non poco. Anche il racconto lungo After the Siege, secondo me uno degli scritti migliori di Doctorow, soffriva di questo problema, con un happy ending molto in contrasto con lo svolgimento precedente. C’è poi l’ipotesi “complottista”: solo in apparenza Little Brother sarebbe un romanzo “rivoluzionario”, con il suo appello alla lotta, in realtà sarebbe un’arma del Potere. Farebbe credere gli aspiranti sovversivi che si possono fidare di altri, che la mamma o il giornalista o il poliziotto “buono” possono aiutarli. Ma nello scenario dipinto da Doctorow – diretta evoluzione della situazione attuale – quasi sicuramente o la mamma o il giornalista o il poliziotto lavorano per il DHS! Non fidatevi di nessuno!
Oltre a tale difetto soggettivo, ci sono altri problemi, più oggettivi. Il primo è l’inforigurgito. Troppo spesso Marcus sfuma in secondo piano e la sua voce è sostituita da quella di Doctorow, intento a spiegare le meraviglie dell’informatica. Lo fa con entusiasmo e competenza, e il più delle volte scegliendo i momenti opportuni, tuttavia ci sono degli scivoloni davvero brutti. Mettersi a chiarire il perché e il percome del DNS (Domain Name System) nel bel mezzo di una delle scene più di tensione del romanzo è un errore da dilettante.
Un altro punto debole sono i personaggi. Il protagonista è caratterizzato in maniera incostante. Per un certo verso interpreta il ruolo stereotipato dell’hacker mezzo genio, però Doctorow deve aver pensato che un personaggio del genere sarebbe alla lunga risultato fastidioso e dunque il nostro eroe ha periodici cali del Quoziente Intellettivo. Può anche aver influito il desiderio di Doctorow di mostrare che le attività di Marcus non sono esclusive dei cervelloni, ma volendo sono alla portata di tutti. C’è una pagina apposita, questa, dedicata a illustrare in dettaglio alcune delle tecniche del romanzo (“w1n5t0n” – winston – chiaro riferimento a 1984, è il nick di Marcus).
Nel complesso Marcus non risulta tanto simpatico, però affascina abbastanza da voler scoprire quanto prima come si concluderà la sua storia.
Altri personaggi ben delineati non ve ne sono. Il maggior numero di pagine è dedicato ad Angela (Ange), l’amore italo-americano di Marcus. Ange è la classica figura femminile dei film d’azione hollywoodiani: ha solo uno scopo decorativo.
I “cattivi”, anche quando vengono chiamati per nome, rimangono nel generico. Il che però è accettabile, dato che il vero nemico non è il singolo agente di polizia o insegnante o collaboratore del Presidente, ma il “sistema” e la mentalità che incarna.
Lo stile di Doctorow è molto semplice, alle volte piatto (contando che la storia è narrata in prima persona e perciò dovrebbe essere sempre “filtrata” dagli occhi di Marcus), però non è mai noioso e le scene movimentate sono rese al meglio. A parte i termini tecnici (per altro spiegati fin troppo), è un inglese senza fronzoli, quasi elementare. Da quando ho cominciato a leggere in lingua originale è forse questo il romanzo di più facile lettura che ho incontrato. Lo consiglierei a chi voglia cominciare con la narrativa di genere in inglese.
Finora ho elencato solo difetti, più o meno gravi. È il caso di ribadire i pregi: appassionante, si legge tutto d’un fiato; verosimile (a parte quanto detto nello spoiler sul combattimento), scenario futuristico, sue implicazioni, e l’agire dei personaggi è credibile; interessante, Doctorow è bravo a suscitare curiosità riguardo a temi che a prima vista appaiono noiosi; infine è una storia intelligente.
Non è un capolavoro come 1984 e neanche un 1984 per ragazzi, ma almeno è qualcosa di più sofisticato rispetto a Marta che deve rubare il ciondolo magico dell’Orco Filiberto per salvare il Reame di Zuppolandia.
Strategia del Colpo di Stato
Dicevamo, siete un diciassettenne che ha deciso di rovesciare le istituzioni dello Stato, come procedere? Il primo passo è documentarsi (esatto, sia per organizzare rivoluzioni, sia per scrivere romanzi fantasy, per prima cosa è bene documentarsi). Una rapida ricerca su Internet permette di scoprire che sono appena un paio i testi fondamentali in questo ambito: Technique du coup d’état (1931) di Curzio Malaparte e Coup d’État: A Practical Handbook (1968) di Edward Luttwak.
Copertina di Tecnica del colpo di Stato
Copertina di Coup d’État: A Practical Handbook
Il saggio di Malaparte è stato tradotto in italiano nel 1948 con il titolo Tecnica del colpo di stato. È stato di recente (2002) ripubblicato da Mondadori. Il libro di Luttwak è stato tradotto nel 1983 ed è uscito per Rizzoli con il titolo: Strategia del colpo di Stato. Manuale Pratico. Questa edizione italiana si basa però non sul testo del 1968 ma su quello riveduto e corretto del 1979. Se per caso strano non si dovessero già possedere tali classici, emule e biblioteche possono facilmente sopperire alla mancanza.
* * *
Innanzi tutto, perché il colpo di Stato? Lascio la parola alla prefazione della prima edizione inglese di Coup d’État:
As the events in France of May 1968 have shown yet again, insurrection, the classic vehicle of revolution, is obsolete. The security apparatus of the modern state, with its professional personnel, with its diversified means of transport and communications, and with its extensive sources of information, cannot be defeated by civilian agitation, however intense and prolonged. Any attempt on the part of civilians to use direct violence with improvised means will always be neutralized by the efficiency of modern automatic weapons; a general strike, on the other hand, can temporarily swamp the system, but cannot permanently damage it, since in a modern economic setting, the civilians will run out of food and fuel well before the military, the police, and allied organizations. The modern state is therefore practically invulnerable to a direct assault. Two alternatives remain: guerrilla warfare and the coup d’état.
Questo è un punto fondamentale, che già faceva notare anche Malaparte. Se davvero si hanno tendenze estremiste, tali che l’unica soluzione ai problemi della Nazione appare una svolta radicale (non importa di che colore politico), scendere in piazza a sfasciare vetrine non serve a niente. Rimangono solo due alternative: la guerriglia e il colpo di Stato. La guerriglia è faccenda molto lunga e sanguinosa, e richiede perciò risorse che difficilmente avremo. Invece il colpo di Stato è alla portata di tutti! Infatti il colpo di Stato sfrutta le infrastrutture e le forze di sicurezza dello Stato stesso per la sua attuazione (infrastrutture e forze di sicurezza che potremo in seguito smantellare o modellare a nostro piacimento, una volta preso il potere). Il colpo di Stato prevede il reclutamento di un numero molto limitato d’individui (di solito un certo numero di ufficiali dell’esercito) e si basa sulla sorpresa, la rapidità e la decisione d’intervento. Per molti versi è una sorta di bluff: con la nostra azione repentina daremo l’impressione di avere sotto controllo la situazione, faremo credere che lo Stato è stato sovvertito e che siamo i nuovi, legittimi padroni. Se riusciremo in questo intento, la buona parte delle istituzioni passerà da sola dalla nostra parte, piuttosto che cercare di combatterci (e avere facile vittoria, ma non lo sanno!) Si sono realizzati colpi di Stato in ogni angolo del globo con forze esigue e senza colpo ferire! Infatti se la nostra dimostrazione di forza sarà abbastanza “spettacolare”, potremo prendere il potere senza alcun spargimento di sangue. Questo anche perché le moderne forze armate sono efficaci ma fragili: un cacciabombardiere ha una terribile potenza di fuoco, ma richiede tutta una serie d’infrastrutture perché tale potenza possa essere usata. Il che vuol dire che può bastare un solo nostro complice presso la torre di controllo di una base dell’aeronautica militare, per bloccare il decollo di tutti gli aerei lì stazionati. E non importa che tale opera di sabotaggio abbia solo effetti temporanei: noi abbiamo bisogno di appena poche ore, al termine delle quali saremo i nuovi (apparenti) padroni dello Stato. La gente ci pensa due volte prima di bombardare il Presidente!
Realizzare un colpo di Stato è semplice. Luttwak spiega in maniera chiara i passi necessari. Le varie fasi sono le seguenti:
Identificare gli obbiettivi. Elencare tutti i servizi e i punti vitali dello Stato che occorre occupare o neutralizzare. Aeroporti, stazioni, centrali elettriche, sedi di televisioni, radio, giornali, gli uffici centrali della polizia o di altri enti di sicurezza e ovviamente i centri del governo (con l’avvertenza che occorre concentrarsi sui reali centri di potere: il palazzo presidenziale può esserlo, ma forse è invece solo una struttura simbolica, che potremo conquistare in un secondo tempo).
Obbiettivo simbolico: Palazzo del Quirinale
Identificare chi potrebbe ostacolarci. Di sicuro le formazioni dell’esercito che stazionano presso gli obbiettivi, ma potrebbe entrare in gioco anche la polizia, se particolarmente addestrata e ben armata, o i sindacati o altre organizzazioni sociali o politiche. I nostri nemici, coloro che si oppongono a una nuova Nazione più Giusta e Gloriosa, possono essere tanti e diversi. Bisogna elencarli e ordinarli per pericolo immediato (questo è importantissimo: come si diceva il colpo di Stato è questione di ore, perciò i nemici più insidiosi non saranno tanto quelli meglio armati o numerosi, ma quelli che hanno più possibilità d’intervento rapido), quindi stabilire come possano essere neutralizzati. Come accennato, un singolo tecnico può mettere in crisi un’intera unità militare, un esponente politico particolarmente abile e in grado di coagulare intorno a sé una resistenza si può pensare di rapirlo, altre organizzazioni possono essere paralizzate dalla semplice interruzione delle telecomunicazioni.
Reclutare il personale necessario. Ora che sappiamo quel che dobbiamo fare, sappiamo anche di chi abbiamo bisogno. Quanti reparti dell’esercito devono schierarsi dalla nostra parte, quanti tecnici e personale specializzato sono richiesti, ecc. A seconda delle situazioni, questo può essere il secondo passo invece del terzo: possiamo in un primo momento pensare al reclutamento e poi regolarci in base ai risultati. Se la buona parte delle forze armate si rivelano felici di aiutarci, potremo cambiare i nostri piani di conseguenza. Però, altra regola vitale, è meglio rimanere in pochi, o meglio lo stretto necessario. Più i cospiratori aumentano, più è difficile mantenere la segretezza (la sorpresa è la nostra arma numero uno, non possiamo rinunciarvi in nessun caso), e più sorge il rischio di un colpo di Stato nel colpo di Stato: ufficiali ambiziosi potrebbero approfittare del caos creato dal nostro tentativo d’insurrezione per portare a termine il loro.
Preparare piani dettagliati. Uno dei vantaggi del colpo di Stato è che non richiede né comunicazione, né centro di comando. L’azione è così rapida che non è possibile cambiare tattica: o il piano riesce o non riesce. In nessun momento avremo bisogno di dare ordini o comunicare con le varie squadre assegnate agli obbiettivi: le squadre devono seguire i piani, se i piani si rivelano inadeguati falliremo, ma non c’è alternativa. Non c’è tempo per elaborare nuovi piani. Perciò il lavoro dev’essere accurato e minuzioso. Dev’essere posta particolare enfasi sulla coordinazione: una squadra che agisse con anticipo o con ritardo potrebbe mandare a monte l’intero progetto.
Agire! In una notte fatale i nostri uomini strapperanno lo Stato dalle mani di governanti imbelli e corrotti e avvieranno la Nazione verso una nuova era di splendore! La prima mossa, giunti al potere, è ovviamente imporre il coprifuoco, chiudere giornali e stazioni televisive non sotto il nostro diretto controllo, bloccare le comunicazioni mobili e l’accesso a Internet, occupare le sedi dei partiti, dei sindacati e altre organizzazioni analoghe. Seguirà comunicato nel quale chiariremo che siamo stati costretti all’azione, costretti dall’amore che proviamo per il nostro Paese e il suo popolo. Spiegheremo che la debole resistenza delle forze illiberali e reazionarie appoggiate da nemici esteri è già stata vinta e spergiureremo che al più presto indiremo nuove elezioni (o abbasseremo le tasse o qualcosa del genere. Ogni promessa o minaccia che ci faccia guadagnar tempo è buona).
Questo in linea generale, per istruzioni più dettagliate rimando all’ottimo libro di Luttwak. Da sottolineare che il colpo di Stato è affare prettamente tecnico-militare. Considerazioni ideologiche o filosofiche sono superflue. Si può essere di estrema sinistra, estrema destra o qualunque via di mezzo e le operazioni da svolgersi sono le medesime. Anzi, può diventare un ostacolo l’ideologia se per esempio ci fa credere che la collaborazione o anche solo l’appoggio delle masse popolari sia richiesto o desiderabile. Non è così. Dal punto di vista operativo la folla è inutile e anzi dannosa, perché una sollevazione popolare viola quei principi di segretezza e rapidità d’azione che sono alla base del nostro piano. Non è un concetto di Luttwak, né nuovo. Nel primo capitolo del suo bellissimo libro, Malaparte riporta un dialogo fittizio (ma basato su precisi documenti) fra Lenin e Trotsky alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre. Lenin ha una visione strategica dell’azione di là da venire, e ipotizza piani grandiosi con scioperi, scontri, insurrezioni, e cataclismi vari. Trotsky è scettico: per sovvertire lo Stato non c’è bisogno di niente di ciò, basta un migliaio di uomini ben addestrati e che abbiano chiari i loro obbiettivi. Trotsky sceglie e organizza tale contingente e i suoi piani sono attuati con pieno successo.
Trotsky arringa la neonata Armata Rossa
Non solo, per Trotsky in qualunque paese dell’Europa Occidentale si potrebbe portare a termine un colpo di Stato seguendo le sue tattiche, indipendentemente dall’appoggio della popolazione. Lo stesso vale per Mussolini: secondo Malaparte la presa del potere da parte del Duce non è tanto legata alla situazione sociale e politica italiana, quanto all’applicazione di una serie di principi e tattiche ben precisi, principi e tattiche che possono essere riutilizzati senza problemi anche in altri e diversi contesti. In sostanza, Malaparte e Luttwak concordano: sovvertire lo Stato (o difendere lo Stato) è un problema meramente tecnico, senza nessuna particolare colorazione politica o ideologica.
Torniamo adesso al romanzo di Doctorow. Alla luce dei saggi di Malaparte e Luttwak è credibile un colpo di Stato in America? Per me sì. Anzi, la dipendenza delle forze di sicurezza americane dagli apparati informatici rende tali forze un bersaglio particolarmente facile. Marcus ha solo bisogno di reclutare pochi uomini, il resto può neutralizzarlo a distanza via rete. Peccato non l’abbia fatto! Sarà per un prossimo romanzo…
Titolo originale: Il Talismano del Potere
Autore: Licia Troisi
Anno: 2005
Nazione: Italia
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori
Genere: “Fantasy”
Pagine: 520
Nelle prime due puntate, Licia Troisi ci ha dapprima deliziato con le avventure tragicomiche di una frignona, poi con la villeggiatura di un mago, e ora il gran finale! Mezzelfo facile al pianto e maghetto vacanziero uniscono le forze per fermare i folli piani del Tiranno!
Ma prima qualche altra domanda e risposta con l’autrice, questa volta per merito di un’intervista apparsa su Vanity Fair. Che luogo è il mondo emerso? Un pezzo di terra grande come l’Europa, parte di un universo parallelo, su cui si muovono uomini e donne, folletti, mezzi elfi e le mie donne guerriere.
Da tener a mente che il Mondo Emerso è grande quanto l’Europa. Sarà interessante verificare come questo coincida con distanze e tempi di percorrenza inventati dalla Troisi.
C’è anche un mondo sommerso? Sì, quello subatomico: nessuno sa come funziona.
Come?! Cioè Sennar sarebbe andato in vacanza nel mondo subatomico? Comunque la Troisi ha ragione: nessuno ha capito come funzioni il Mondo Sommerso, ma per la verità neanche quello Emerso!
Il Mondo Sommerso si nasconde dentro l’atomo?!
Ce n’è una [critica negativa] che l’ha messa ko? Qualcuno ha detto una cosa tipo: come mai questa giovinetta esordiente ha pubblicato addirittura con Mondadori? Ho pianto molto.
Mai abbastanza, Licia! Mai abbastanza! Inoltre non è quello che ha detto “qualcuno”, i qualcuno si sono chiesti, non perché una giovinetta esordiente pubblicasse con Mondadori, ma perché una scrittrice incapace pubblicasse con Mondadori…
Fantasy per ragazzi
I primi tre romanzi della Troisi, le Cronache, sono stati pubblicati da Mondadori nella collana “I Massimi della Fantascienza”, un gesto di spregio nei confronti dei lettori e di un intero genere letterario che credo abbia pochi precedenti. Poi sono passati nella categoria dei romanzi “per ragazzi”, come del resto tutto il fantasy pubblicato da Mondadori.
Non voglio addentrarmi nella polemica se il fantasy sia per sua natura “infantile” e dunque sempre e comunque “per ragazzi”, perché io sostengo la tesi che la letteratura “per ragazzi” non esista. Tanto per cominciare nel linguaggio corrente il termine “ragazzo” viene usato per chiunque dagli otto ai quarant’anni, e perciò sarebbe più corretto parlare di letteratura (fantasy) “per bambini”. Ma quando un bambino impara a leggere è già in grado di seguire qualunque tipo di trama e di storia, a patto che la storia medesima sia scritta in maniera semplice e chiara. Semplicità e chiarezza non sono però caratteristiche dei romanzi “per bambini”, sono caratteristiche dei buoni romanzi. Un bambino può leggere un buon romanzo senza problemi, non ha bisogno di stupidate su misura.
Il boom della letteratura “per bambini” credo sia una manovra commerciale: genitori ignoranti o pigri non sono in grado di scegliere letture che possano piacere o interessare ai propri figli e dunque si rivolgono come pecoroni agli scaffali dove abbondano i romanzi “per bambini”, credendo così di andare sul sicuro. Editori senza scrupoli riciclano o piazzano in questa maniera alcune delle più oscene scemenze immaginabili (Troisi) con l’idea che tanto i bambini siano una massa d’idioti. E la triste verità è che se un poveraccio cresce con la Troisi ho paura che davvero corra il rischio di bersi il cervello.
Non sostengo che da bambini occorra dedicarsi a letture educative. Manco per idea! La lettura dev’essere soprattutto un divertimento. Ma ho il sospetto che romanzi come quelli della Troisi, così incoerenti e privi della ben che minima logica, non solo non siano educativi, ma rovinino le persone. Spero di sbagliarmi.
Un ottimo fantasy spesso relegato al reparto “per ragazzi”: Abarat di Clive Barker
È assurdo che chi crede all’esistenza della categoria letteraria dei romanzi “per ragazzi” usi tale designazione per difendere ogni genere di sciocchezza presente in certi romanzi fantasy. Come se essere “per ragazzi” dovesse implicare minor qualità e cura del prodotto. Al massimo sarà il contrario! Non ho mai sentito nessuno dire che si possono riempire a piacimento le merendine di conservanti, coloranti e ogni sorta di additivo solo perché sono “per bambini”!
I romanzi della Troisi non sono “per ragazzi”, non sono per nessuno. Perché nessuno, e ancor meno i ragazzi, si merita di essere esposto a un tal cumulo di marciume.
Il Talismano della Banalità
Nella recensione de La Missione di Sennar, accennavo che le truppe del Mondo Sommerso, che avrebbero dovuto sovvertire le sorti della guerra contro il Tiranno, non si erano più fatte vive. Non ricordavo con esattezza, in effetti tali truppe compaiono, sebbene per pochi paragrafi e senza muovere un dito. Era meglio per la Troisi se non fossero mai apparse…
Erano arrivate le truppe, le truppe tanto attese. [...] Vide subito le navi. Erano una cinquantina, lunghe e maestose, dell’eleganza limpida e trasparente che era il segno distintivo di Zalenia.
Zalenia è il nome che gli abitanti del Mondo Sommerso danno al loro regno. Dunque: nel romanzo precedente il Mondo Sommerso non aveva navi, ora ne ha 50, e pure lunghe e maestose. Ci vogliono anni per costruire navi lunghe e maestose…
50 navi lunghe e maestose quanti soldati possono portare? Contando che il viaggio fino al Mondo Emerso richiede settimane, perciò le navi oltre all’equipaggio devono imbarcare anche adeguate razioni di viveri. Esagero, 2.000 soldati l’una? Ma il Tiranno ha più di un esercito, e i suoi eserciti sono di centinaia di migliaia di uomini e mostri! Che differenza fa la presenza delle truppe del Mondo Sommerso? Perché dedicare quasi un intero romanzo a costoro? Per me non lo sa neanche la Troisi.
Chiarito questo punto rimasto in sospeso, si può buttare dalla finestra La Missione di Sennar e passare da Nihal a Il Talismano del Potere senza perdere molto.
Il Talismano del Potere inizia con una situazione drammatica per le Terre libere: il Tiranno ha appena rivelato la sua arma segreta, l’armata delle tenebre! Non credo la Troisi abbia mai visto il film di Raimi, la sua di armata delle tenebre è un copiaincolla da Il Ritorno del Re.
Locandina di Army of Darkness di Sam Raimi
Sono i morti della Troisi fantasmi, inarrestabili, a meno che non si usino armi magiche. Quando ciò avviene i fantasmi si dissolvono:
Non lo fece volontariamente: fu come se la sua mano si fosse mossa da sola, o forse le piacque pensare così. La spada di cristallo nero si frappose tra lei e Fen e la punta si conficcò nel ventre del cavaliere, passandolo da parte a parte. Per un istante gli occhi di Nihal incrociarono quelli del fantasma. Non vi videro nulla. Fen svanì a poco a poco e diventò fumo, come la sera in cui il fuoco della pira funebre aveva consumato il suo corpo.
Qui Nihal ha appena “ucciso” con un colpo al ventre il fantasma del suo primo amore, Fen. Ma questo perché lei è Nihal, ed è fortunata, le altre truppe devono prima ridurre a zero i punti ferita dei fantasmi:
Era stufo di passare la metà del tempo sul campo a trafiggere ombre. Anche con l’incantesimo che i maghi evocavano sulle armi prima della battaglia, erano necessari almeno sei o sette colpi per aver ragione di uno solo dei morti resuscitati dal Tiranno.
Comodo essere un’eroina, vero? Gli altri sei o sette colpi, lei uno solo!
Questi tali fantasmi sono evocati dal Tiranno in numero adeguato per far procedere la trama, né troppi, né troppo pochi. Se almeno la Troisi avesse parlato di zombie la faccenda avrebbe avuto più senso, con i soli corpi più freschi utilizzabili di nuovo in combattimento. Ma la Troisi parla di “fantasmi” e a quanto pare il Tiranno può richiamare in vita chiunque sia morto, dovunque e in qualunque epoca, animali compresi. Basterebbe al Tiranno sommergere il mondo di cadaveri, senza neanche pretendere che combattano, per averla vinta!
Mentre il Tiranno non pensa a questa semplice soluzione, Nihal & soci tramano su come batterlo, e c’è un solo modo, usando il Talismano del Potere!!! Come nei più beceri Giochi di Ruolo, la quest per liberare il potere del Talismano richiede vari passaggi: procurarsi il Talismano medesimo, potenziarlo con Otto Pietre Magiche, sparse agli otto angoli del Mondo, e infine pregare gli Dei nella Grande Terra. Qual è il potere del Talismano? Il Talismano è in grado per un giorno (le ore dall’alba al tramonto) di eliminare la magia dal Mondo Emerso. Senza magia il Tiranno non può controllare né i fantasmi, né i suoi mostriciattoli preferiti gli orchetti i fammin. Ma il Talismano può essere utilizzato solo una volta, dopo di che va distrutto o chi lo indossa muore! E solo una persona in tutto il Mondo Emerso può utilizzarlo: Nihal! Infatti il Talismano può essere manipolato solo da chi abbia nelle vene sangue elfico, e Nihal è l’ultima rimasta. Come abitudine con la Troisi tutto ciò lascia più di una perplessità, del tipo: il Tiranno potrebbe semplicemente chiudersi in bagno il giorno scelto da Nihal per usare il Talismano, uscirne la sera e riprendere la guerra senza più preoccupazioni. Non lo farà: al momento opportuno, quando già il sole è basso sull’orizzonte e la speranza sta abbandonando l’esercito delle Terre libere, si farà trovare e si farà uccidere. Senza nessuna buona ragione. A parte le due solite: “perché sì!!!”, “è fantasy!!!”. O forse il Tiranno è scemo. Capita.
Il Talismano del Potere è soporifero. Otto Pietre Magiche sono otto viaggi uguali. Per otto volte si ripete la stessa solfa con Nihal e Sennar che vagano svogliati da un luogo all’altro. Cinque giorni di marcia e sono lì, nove giorni e sono là, un po’ volano, un po’ cavalcano, un po’ camminano, ma le distanze che percorrono non hanno alcuna coerenza. Così come attraversano deserti e foreste spesso scordandosi di bere e mangiare. Per dare l’idea:
I monti si alzavano pigri dalla pianura, in dolci pendii erbosi, ma poi la salita si faceva ripida e infine vertiginosa. Le vette erano invisibili, avvolte nelle nubi. Persino Laio, che non era portato al pessimismo, assunse un’espressione scoraggiata di fronte a quella vista. «A giudicare dalle nuvole sulla cima» commentò Sennar «lassù non dev’esserci bel tempo.» Nihal guardò preoccupata la parete di roccia. «Oarf non ce la farà. Le sue ali si stancano quando il volo è verticale, e il maltempo non migliora le cose…» «Non abbiamo scelta» tagliò corto il mago. «O andiamo con Oarf, o passeremo la vita su quei monti.» [...] Per tre giorni non fecero che salire. [...] Il giorno successivo si addentrarono nelle nuvole, e le cose si misero ancor peggio. [...] I due giorni seguenti volarono fra le nuvole e quando ne riemersero e alzarono gli occhi quello che videro parve loro uno spettacolo straordinario.
A parte che non si capisce per quale ragione il Drago Oarf dovrebbe volare in verticale, rimane il fatto che impiegano sei giorni per salire una montagna. E durante questi giorni volano. Per ridiscenderla, sempre in volo, impiegheranno quattro giorni. Quante decine di migliaia di chilometri dev’essere alta una montagna perche siano richiesti quattro giorni di volo per scenderla?!
A interrompere la monotonia dell’assurdo viaggio sono le consuete incoerenze, che risvegliano il lettore dal letargo, costringendolo a tornare sulle pagine già scorse. Ma com’è possibile, prima c’era scritto che… è invece è possibile! Stiamo parlando della Troisi, non di uno scrittore!
Sennar sperava che Aymar lo conducesse su una delle Arshet, ma il Cavaliere gli disse che non era possibile. Il drago lì non avrebbe potuto atterrare: non c’era uno spiazzo dove posarsi e gli scogli erano affilati e taglienti. Avrebbe dovuto accontentarsi di arrivare con il drago fino a Lamar; da lì avrebbe preso una barca.
Per raggiungere le Arshet occorre una barca. O no?
Nihal fece fare a Oarf un giro attorno alle Arshet. Nessuno. Solo il baluginio bianco di ossa e teschi sul nero della roccia e l’urlo del mare agitato. Cercarono un luogo dove Oarf potesse fermarsi, ma non lo trovarono. A quel punto, Nihal prese una decisione. «Laio, torna a riva con Oarf.» Lo scudiero la guardò, stupito. «Ma…» «Niente ma, qui non c’è un posto dove Oarf possa appoggiarsi. Andate a riva e aspettatemi là.» Nihal non aggiunse altro e sguainò la spada. Fece planare Oarf e con un balzo atterrò davanti a una fenditura che doveva essere l’ingresso. Col cuore in gola, entrò nell’oscurità.
Ma forse Sennar non ha la prestanza fisica per balzare? Strano perché:
Il mago alzò gli occhi e la vide sporgersi e tirare un sospiro di sollievo. Quindi riprese a planare in aria. La levitazione a volte era proprio utile.
La levitazione è proprio utile. Specie se l’autore si ricorda che esiste…
La levitazione è facile e divertente!
Ogni tanto con le contraddizioni la Troisi supera se stessa, riuscendo a incasinarsi in poche righe!
Partirono il mattino seguente e Aires mise subito in chiaro che il percorso non sarebbe stato facile e che la strada era lunga. Il viaggio iniziò nel modo peggiore, perché si dovettero infilare in un tunnel lungo e stretto, dove furono costretti ad avanzare carponi. «Alcuni condotti sono a rischio, sono conosciuti dal Tiranno e dai suoi. Questi più scomodi sono molto più sicuri» spiegò Aires. Camminavano spediti, Aires era una guida abilissima e si muoveva con agilità fra tunnel e gallerie.
Perché in un corridoio lungo e stretto ti devi muovere a carponi? Un corridoio basso ti costringe a carponi, non certo uno stretto! E se avanzi a carponi, come fai a camminare spedito? Una svista? No, credo che la Troisi non conosca il significato della parola “carponi”. In un altro punto:
Si trovò in un luogo stretto e umido, una lunga galleria buia che digradava verso il basso. [...] Doveva trovarsi in una specie di miniera; il tetto era puntellato da travi in legno ammuffito e le pareti della galleria mostravano i segni di colpi di piccozza e di vanga. Si mise carponi e iniziò a scendere.
Perché Diavolo ti metti carponi in una lunga galleria stretta e umida?!
Ci sono poi incoerenze che, per usare un’espressione educata, la più educata che mi viene in mente, mandano a puttane l’intera trama, stile:
Dapprima incontrarono solo ceppi di alberi pietrificati. Anche parte della foresta era stata distrutta, per il cristallo nero di cui erano fatti alcuni dei tronchi. Poi la vegetazione si infittì e iniziarono a vedere i primi alberi. Presentavano tutte le fogge e varietà degli alberi di legno, ma erano interamente di pietra: tronco, rami e foglie. Ciononostante, sembravano vivi. Era una foresta immobile, come congelata in un istante della sua esistenza. Non c’era stormire di fronde, non c’erano animali; nemmeno l’acqua.
Chiaro, no? È una foresta pietrificata, la vegetazione è di pietra, non c’è acqua, non ci sono animali. Eppure:
La mezzelfo si avventurò fuori dal santuario per cercare qualche pianta medicinale. Ricordava l’aspetto di alcune di quelle che Laio aveva usato per lei, quando era stata ferita alla spalla, e le cercò ovunque. Si mosse furtiva e ne trovò un paio; erano un po’ avvizzite, ma meglio che niente. Incontrò persino un rivoletto d’acqua. Era fangosa, ma Nihal non ci fece caso e riempì la fiasca che aveva con sé.
Ma se non c’è acqua?! E le piante medicinali funzionano lo stesso anche se sono di pietra?! Non è finita:
Nihal batté la foresta per l’intera mattinata e radunò più provviste possibile. Le stipò nella grotta e fece anche riserva d’acqua. Calcolò quanti vettovagliamenti servissero per un mese di permanenza e abbondò.
Non c’è acqua! Ma Nihal riesce a farne scorta per un mese, e le provviste? Tutta la vegetazione è di pietra, non ci sono animali, quali provviste?! Ma perché un lettore, peggio ancora se un ragazzo o un bambino, dovrebbe essere preso per i fondelli in questa maniera?
Un difetto di molti scrittori, specie alle prime armi, è quello dell’inforigurgito, o infodump per dirla con il termine inglese più conosciuto. L’ansia dello scrittore di spiegare la situazione e l’ambientazione al lettore lo porta a rigurgitare sul medesimo quintali di nozioni che spezzano il ritmo della storia. Spesso poi tali nozioni non erano neanche di vitale importanza, se non del tutto superflue; un piccolo esempio:
Celebre era l’acquedotto di Assa, un’enorme costruzione che circondava la capitale e portava l’acqua ai suoi abitanti.
Che Assa avesse un acquedotto ha scarsa importanza, e Licia, credo che persino i tuoi lettori abituali immaginino da soli che un acquedotto serve per portare l’acqua…
Leggendo i buoni romanzi s’impara sempre qualcosa, per esempio che gli acquedotti servono per portare l’acqua. Non l’avrei mai immaginato
Tuttavia questo non è un difetto tipico della Troisi. La Troisi se ne frega se il lettore ha sufficienti particolari per capire una data scena, perciò non si pone mai il problema dell’infodump. Quando però ci casca, ci finisce dentro in maniera che definire spettacolare è poco, con dialoghi come il seguente, che sembrano presi da una parodia:
D’improvviso, mentre camminavano affaticati sotto la coltre di nubi, sentirono delle voci. [...] Si nascosero dietro uno strano spuntone di roccia e rimasero in attesa, col cuore in gola. Dopo interminabili minuti, videro avanzare due gnomi vestiti da guerrieri e con insegne che non lasciavano dubbi sull’esercito al quale appartenevano. Nihal e Sennar si appiattirono quanto più poterono contro la roccia e trattennero quasi il respiro per non farsi sentire. Che cosa ci facevano dei nemici in quel posto dimenticato dagli dèi? «Secondo me sono morti.» «Lo credo anch’io.» «E allora che senso ha questa ricerca?» «Senti, non conviene farsi troppe domande. Sai bene che gli ordini sono ordini e questo in particolare, a quanto pare, viene da molto in alto.» «Lui…?» «Credo di sì.» «Questi intrusi devono essere davvero micidiali se persino Lui si è scomodato…» Sennar sentì il cuore sobbalzargli nel petto e pregò che smettesse di battere con tanta violenza, perché gli pareva che i palpiti fossero così forti che gli gnomi avrebbero potuto udirli. «Le nostre spie ci hanno riferito che è scomparso un consigliere da Makrat. È successo parecchio tempo fa, tre mesi prima che trovassero quel ragazzo nella Terra dei Giorni. Sembra che sia quello di cui si è parlato parecchio, quello che andò nel mondo sotto il mare.» «Mi hanno detto che il Tiranno non si aspettava una mossa simile da quel ragazzino.» «È quello che ho sentito anch’io. Comunque, si sospetta che uno dei fuggitivi sia proprio lui.» Era braccato. Sennar cercò di ripetersi che andava tutto bene, che l’importante era che non sapessero di Nihal. Cercò la mano della mezzelfo e la trovò stretta sulla spada. La strinse. «I morti trovati nella foresta erano stati inceneriti da una magia. Chi pensi che possa fare fuori sette fammin e un uomo se non un consigliere?» «Sarà, ma perché in un mese non siamo riusciti a trovarli?» «Gli uomini della squadra che li cercava hanno detto di averli visti scomparire sotto i loro occhi nel bel mezzo della foresta. Dev’essere un tipo in gamba, quel mago.» Si fermarono poco distanti da loro. «Chi c’era con lui?» Sennar pregò che non avessero visto Nihal. «Un tipo strano, un guerriero. Ha fatto fuori quattro fammin.» «Hanno idea di chi sia?» «No, nessuna. Non credi che sia ora di rientrare? Il sole sta calando e la base è lontana.» «Ma sì, in fin dei conti il nostro dovere l’abbiamo fatto.»
«Aspetta, aspetta!» «Che c’è?» «Non è che Nihal, o Sennar o il lettore hanno bisogno di qualche altra informazione?» «Uhm, un attimo che guardo… no… abbiamo detto tutto.» «Ottimo!» Il dialogo tra i due gnomi è una tipica forma di inforigurgito: due persone che parlano in maniera irrealistica e conversano non per scambiarsi informazioni fra loro ma per fornirle al lettore. Notare anche che uno dei due sostiene che: “Il sole sta calando e la base è lontana”, da notare perché, un paio di paragrafi dopo:
Per quel giorno [Nihal e Sennar] non si fermarono e proseguirono la loro marcia per tutta la notte. La base nemica non era molto distante.
Perciò è lontana o non molto distante? Possibile che la Troisi non riesca a essere coerente neanche per una pagina?!
Come nei precedenti romanzi, anche nel Talismano abbondano espressioni, similitudini e metafore che hanno ben poco a che spartire con un fantasy medievaleggiante.
Ido aveva scelto un allievo piuttosto esperto. Era un ragazzo grandicello, bruno e scuro di carnagione, che gli era sembrato promettente. Si era detto che fosse il caso di cominciare con uno bravo, per rompere il ghiaccio. [...] Lo gnomo iniziò ad attaccare e l’allievo sembrò essere finito nel pallone.
Mah! In particolare nel Talismano affiora la passione della Troisi per gli animali, animali che esistono solo come figure retoriche. Una carrellata:
«Fagli credere di volerlo aiutare. È un allocco, ci cascherà. Non ucciderlo prima che ti abbia portato dai suoi amici. Allora li potrai massacrare come vorrai.» Lo gnomo uscì camminando indietro come un gambero, gli occhi puntati su Ido, poi chiuse piano la porta. In realtà Deinoforo giocava con la sua spada, lo trattava come fa il gatto col topo. «Conosco i miei polli» ribatté Aires. Sennar sembrava contento di aver ritrovato quella donna e la guardava con affetto, mentre Aires muoveva rapida i suoi occhi da gatto su di lui, come a cercare di penetrare nelle zone più recondite del suo animo. Quando l’urlo si fu estinto e la battaglia ebbe inizio, molti di quegli uomini furono martiri; riuscirono a suscitare un fuoco di paglia, violento ma breve, e vennero massacrati come agnelli. Da quando quella farsa era iniziata, non aveva usato la spada neppure una volta. Dohor tentò ancora, e ancora, ma Ido era sfuggente come un furetto. Quando la vide salire veloce come un furetto, Sennar sorrise. La loro guida era taciturna e agile come un furetto; «Be’, ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio» [per me sono scheletri di furetto...] concluse il vecchio con filosofia, e Sennar benedisse fra sé la riservatezza della sua gente.
Non si può attraversare una strada del Mondo Emerso senza incrociare uno sfuggente, agile e veloce furetto…
Agile, sfuggente, veloce: il Furetto!!!
Tra i difetti già ricordati nella altre recensioni, come lo sbrodolarsi di domande retoriche…
Ma allora, dov’era il bene e dove il male? Erano gli uomini i veri mostri? Non era peggiore chi, come lei, uccideva per scelta, piuttosto che quelli che lo facevano perché vi erano costretti?
…spunta un nuovo orrore, la Troisi poetessa!
Luce, mia luce, Dov’è la mia luce? L’ombra l’ha avvolta Nel suo tenebroso seno l’ha accolta. Sole, mio sole, Dov’è andato il mio sole? La notte l’ha rubato Nel buio profondo l’ha agguantato. Vita, mia vita, Dov’è la mia vita? Dalle mia dita è fuggita Come un fiore tra i rovi è appassita.
Martello, mio martello, Dove si è nascosto il mio martello? La mamma l’ha rimosso, perché alla Troisi avrei dato addosso.
C’è poi la consueta piaga del raccontare invece di mostrare. Ne Il Talismano il raccontare può andare avanti per pagine, e pagine, e pagine… e pagine! Le pochissime difficoltà sul percorso dei protagonisti sono accantonate con passaggi tanto bruschi quanto deludenti:
A Nihal non restò altro da fare che fermarsi a sua volta e predisporsi alla battaglia. Affrontò lo gnomo, mentre Sennar se la vedeva con i fammin. Di nuovo, com’era accaduto nella radura, fu una strage.
Capisco se fosse il centomillesimo combattimento che Nihal e Sennar affrontano nella loro quest, ma è il secondo! Ho letto riassunti che erano più dettagliati. Consoliamoci con una scena di passione!
Sotto il tocco delle mani di Sennar la sua pelle rinasceva, il suo fisico si rimodellava. Sennar la stava richiamando alla vita; più le sue mani indugiavano su di lei, più Nihal sentiva che il ponte gettato con il suo intimo diveniva solido. E quando infine si vide nuda, capì che quella nudità era un dono, e che aveva valore perché a farglielo era lui.
…più Nihal sentiva che il ponte gettato con il suo intimo diveniva solido. Senza ironia, che diamine vuol dire?!
Per concludere in tristezza, apriamo uno spiraglio sui meccanismi mentali della Troisi. Per esempio, capita per caso sul sito dedicato a M.C. Escher e decide d’infilare due suoi quadri nella narrazione, anche se non c’entrano un bel niente.
La costruzione aveva una struttura cubica, sulla quale si innestava una serie di parallelepipedi, piramidi e poliedri che lo rendevano una sorta di guazzabuglio. La cosa più insolita era una grande ruota di mulino, in legno, che troneggiava in un angolo. Un rivolo d’acqua scorreva in una condotta che seguiva il perimetro esterno del muro, poi colava sulla ruota e la metteva in movimento. Invece di formare un fiumiciattolo, però, proseguiva il suo corso sfidando la legge di gravità e scorreva nella direzione opposta, in un’altra condotta che costeggiava il basamento del palazzo, sollevato di qualche spanna da terra. Saliva infine per il muro e di nuovo si incanalava nella prima condotta. Era un ciclo infinito e inspiegabile.
M.C. Escher, “Waterfall”, litografia del 1961
L’interno era a dir poco sconcertante, non si riusciva a decidere da che parte guardare quella costruzione. Era tutto un intrico di scale che salivano, scendevano, svoltavano a destra, a sinistra, ovunque. Non si capiva da dove provenissero e dove conducessero, basso e alto non sembravano avere alcun senso. C’erano porte su quello che avrebbe dovuto essere il soffitto e lampade che pendevano dal pavimento. Un labirinto.
M.C. Escher, “Relativity”, litografia del 1953
Non ho niente contro le citazioni, anche se qui più che una citazione è una copia bella e buona, ma che significato ha questa citazione? Cosa lega Escher al Mondo Emerso? Mi vien quasi il sospetto che la Troisi pensasse di essere originale, tirando in ballo un artista che forse lei crede semisconosciuto…
L’ultima battaglia del Tiranno
Per i primi due romanzi e i quattro quinti di questo Talismano, il Tiranno rimane celato nell’ombra. Le sue intenzione sono misteriose, così come il suo aspetto. Fosse rimasto così fino alla fine, sarebbe stato meglio! La storia del Tiranno è questa: è un giovane mago un po’ sfigato, s’innamora di una gnometta bellissima, ma il padre di lei è contrario alla relazione e convince la figlia ad abbandonarlo. Il Tiranno s’imbizzarrisce e si mette in mente di uccidere tutti quanti al Mondo, perché così possa rinascere un nuovo Mondo, nel quale ci sia spazio per l’Amore! Sarò onesta, ho letto di peggio, c’è però un particolare che non quadra:
«Quando avrò unificato tutte le Terre sotto il mio dominio, evocherò un incantesimo sul quale lavoro da quando fui scacciato dal Consiglio. Esso mi permetterà di distruggere tutte le creature che popolano questo mondo, nessuna esclusa. In questo incantesimo consumerò il mio spirito, che scomparirà per sempre dalla faccia della terra senza lasciare traccia di sé, così tutti i conti saranno pareggiati.»
Il particolare è, perché mai deve unificare tutte le Terre se lo scopo ultimo è far schiattare tutti quanti?! Non viene mai spiegato. A meno che il Tiranno non sia scemo, come già accennato. La Troisi si era avvicinata a fornire una giustificazione, raffigurando il Tiranno come un bambino. Purtroppo però il Tiranno non è un bambino, ne ha solo l’aspetto. Perciò il suo scarso acume non lo si può attribuire alla giovane età.
La battaglia che porta alla disfatta del Tiranno è la battaglia più inverosimile e sconclusionata che abbia mai letto. Fin dall’avvio:
Giunse infine la vigilia dell’ultima battaglia. Nel giro di una settimana le truppe si erano lentamente spostate verso i confini e quella sera, la sera prima del 21 dicembre, la frontiera delle Terre soggette al Tiranno era un’unica linea ininterrotta di accampamenti. Il mattino, l’intero esercito si sarebbe schierato e allora non un solo braccio del confine sarebbe stato sguarnito, ovunque ci sarebbero stati soldati scalpitanti e pronti alla battaglia.
A parte la sciatteria di utilizzare le nostre stesse date e scorrere del tempo, questo paragrafo non vuol dir niente! Se le truppe si spostano lentamente non vanno da nessuna parte in una sola settimana, lo scopo della battaglia è abbattere la Rocca del Tiranno medesimo, dunque non ha alcun senso schierarsi lungo tutte le frontiere, ancor meno addirittura non lasciare neanche un braccio di confine sguarnito, senza contare che fino al capitolo prima le truppe delle Terre libere non avevano uomini a sufficienza neanche per difendere una frazione minima del fronte! Quando poi l’esercito delle Terre libere attacca, in poche ore riesce a percorrere decine e decine di chilometri! Combattendo! Infatti nell’esiguo tempo che trascorre dall’alba al primo pomeriggio riescono ad arrivare dal confine della Grande Terra alle porte della Rocca. Assurdo è dir poco, non è neanche Ai Confini della Realtà, è Oltre! Neppure un esercito moderno ci riuscirebbe! La Rocca, che è tanto imponente da essere visibile in quasi tutto il Mondo Emerso (che ricordo è grande quanto l’Europa), viene occupata nel giro di minuti! Sfido io che la Troisi non possa mostrare: non si può mostrare l’impossibile!
Oltre a questa battaglia surreale, scoppiano rivolte nelle Terre occupate dal Tiranno. Nella Terra del Fuoco la sobillatrice numero uno è la sensuale piratessa, Aires. Come sia passata da essere seconda in comando su una nave pirata a rivoluzionaria la Troisi lo spiega, ma la spiegazione “perché sì!!!” ha molto più senso.
[Aires] Voleva che il giorno della battaglia decisiva in tutte le Terre schiave vi fossero uomini pronti a sollevarsi al grido che avrebbe risuonato da un confine all’altro. Uomini disarmati, ma decisi a tutto per la libertà e dunque inarrestabili. Aires era riuscita a mettere insieme una sorta di esercito, composto per la maggior parte di disperati. I ribelli avevano costruito e rubato armi, e avevano ideato insolite macchine da guerra volanti.
Stendiamo un velo pietoso sugli uomini disarmati ma inarrestabili perché combattono per la libertà, ma le insolite macchine da guerra volanti?! Nel Mondo Emerso non ci sono macchine volanti, e di punto in bianco gente disarmata inventa e costruisce macchine da guerra volanti?! E pure insolite! Sembra quasi Little Bighorn, quando Toro Seduto e Cavallo Pazzo sconfissero il Generale Custer sfruttando i loro insoliti robot assassini…
Battaglia di Little Bighorn: i robot assassini si confondo fra gli indiani…
Per tutta la mattina la Terra del Fuoco fu un unico, enorme, campo di battaglia. I soldati cercarono di tener testa ai ribelli come meglio poterono, ma la situazione era di stallo. Da ambo le parti i morti erano numerosi e non c’era modo di sedare la ribellione. Poi giunse l’ordine, perentorio e inaspettato: «Andate e ponete fine a questa follia. Lasciate le pendici del mio palazzo e dirigetevi verso i ribelli. Annientateli. È il vostro signore che ve lo ordina». Fu così che Semeion e Dameion, Cavalieri di Drago Nero, abbandonarono il fronte e, cosa inaudita, accorsero nella Terra del Fuoco per sedare la ribellione di quattro schiavi. Aires e i suoi videro le due figure nere avanzare quando il sole aveva da poco superato lo zenit. I due Cavalieri emersero dal fumo nero del Thal; procedevano lenti e i loro movimenti nel cielo erano perfettamente sincronizzati. [...] Aires guardava attonita, circondata dalle fiamme. Vedeva uomini che ardevano come torce aggirarsi nel fumo, il sangue che bagnava la terra. Possibile che dovesse finire tutto così? Possibile che il loro sogno si dovesse infrangere sulle lame di quei due Cavalieri?
Un paio di considerazioni, le ultime, perché mi vien vomito; ‘sti tizi Semeion e Dameion non sono stai mai nominati prima in nessuno dei tre romanzi! E malgrado l’intera Terra del Fuoco sia percorsa dai combattimenti – Terra del Fuoco che stando alle dimensioni fornite dalla Troisi è un territorio grande quanto la Francia o la Germania – due soli Cavalieri, in groppa a Draghi che hanno le dimensioni di cavalli, due soli sono in grado di sedare la rivolta! Ma basta! Se mai c’è stato un caso per usare l’espressione “insulto all’intelligenza”, è questo!
Ringraziamenti
Al termine de Il Talismano del Potere, Licia Troisi ringrazia in particolare tre persone: Sandrone Dazieri e le sue due editor, Francesca Mazzantini e Roberta Marasco. Francesca Mazzantini ha curato l’editing dei primi due romanzi della trilogia mentre Roberta Marasco si è occupata proprio de Il Talismano. Il ruolo di Dazieri non è del tutto chiaro, ma sia che abbia partecipato in prima persona all’editing, sia che non abbia mosso un dito, è lui quello che ha “scoperto” la Troisi e l’ha scelta per la pubblicazione: mi pare una colpa sufficiente!
Sandrone Dazieri, i romanzi di Licia non hanno molto bisogno di editing… no comment!
Chi sono le altre due editor? Di Francesca Mazzantini non ho scoperto molto, tranne che è traduttrice e ha scritto i testi de L’Isola dei Famosi 5. Complimenti! Qualche informazione in più riguardo Roberta Marasco la si trova. Oltre che anche lei traduttrice è autrice, ha scritto: Dalla A alla Z come lo stato civile ti cambia la vita, pubblicato nella collana RedDressInk di Harmony! Ecco forse da dove vengono certe trovate!
Dalla A alla Z come lo stato civile ti cambia la vita…
Dal sito eHarmony.it:
Dalla A alla Z, tutte le ragioni per cui le altre NON stanno meglio di te Siete Single e andare da sola all’Ikea è un’esperienza deprimente? Siete Fidanzate e avete scoperto che Tesoro non è capace di avvitare neanche una caffettiera, figuriamoci montare uno scaffale? Siete Sposate e avete capito che l’unico modo per cambiare i mobili di casa è farlo da sola e mentire sul prezzo? Dalla Dieta all’Erotismo, dalle Bugie al Supermercato: sogni, gioie, manie e difficoltà quotidiane delle donne, perché non importa se siete Single, Fidanzate o Sposate, l’importante è avere “single attitude” e saperci ridere sopra.
Roberta Marasco. Ha 35 anni e vive e lavora come editor e traduttrice fra Milano e Barcellona. Neanche sotto tortura è possibile strapparle se sia Single, Fidanzata o Sposata.
David Gerrold ricorda come il sottoporre un suo racconto all’editing spietato di Harlan Ellison gli abbia insegnato a scrivere. Vero che in Italia non c’è nessun Ellison, e perciò nessuno avrebbe potuto avere lo stesso effetto benefico sulla Troisi, ma siamo proprio sicuri; sicuri, sicuri, sicuri, che una tizia che scrive per l’Isola dei Famosi e un’altra che si diletta in pseudo manuali per donne rincitrullite abbiano la competenza e le conoscenze necessarie per fare l’editing di un romanzo fantasy? È possibile che Mondadori non sia riuscita a pescare qualcuno più preparato? Ma non penso si sia neanche posta il problema, perché avrebbe dovuto? Tanto è solo fantasy: una bella copertina e un po’ di pubblicità è quanto serve per ficcarlo a forza in gola a un esercito di ragazzini cretini. Ciò non toglie che questo disprezzo per il lettore, questo produrre spazzatura sapendo che è spazzatura non è una bella cosa. Ribadisco: ogni volta che comprate un romanzo Mondadori finanziate gente come quella di cui sopra, al minimo incompetente e forse anche disonesta, pensateci.
Conclusioni
Il Talismano del Potere è il peggior romanzo della trilogia. Si arrampica sulle spalle di quel monumento all’orrido che è Nihal della Terra del Vento, vi aggiunge la noia che già era comparsa ne La Missione di Sennar e di suo porta la trama più scontata che si possa immaginare. Per la terza volta è facile dare un giudizio sintetico: è un romanzo che fa schifo.
La Setta degli Assassini, il successivo romanzo di Licia Troisi! Che paura!
E per la terza volta, fan entusiasti!
Per la terza volta, vediamo cosa ne pensano del romanzo gli acuti commentatori di iBS.it. Questa volta proporrò i commenti senza ricamare. Credo abbiate capito come funziona il giochino, lascio il sarcasmo alla fantasia del lettore!
Ondine Era da tempo che non riuscivo a trovare un libro così . Non riuscivo più a sopportare l incompetenza di alcuni scrittori . Poi ho trovato questo libro e sono rinata : il Mondo di questa Donna mi ha aperti il cuore e ho desiderato sprifondare nelle sua magia . é un libro daltro Mondo Voto: 5 / 5
Elen@ Mi è piaciuto moltissimo! sono i libri più belli che io abbia letto (o quasi, c’è sempre Harry Potter!)! alcuni penseranno (quelli che che hanno dato o daranno un voto basso) che non ho letto molti libri se dico che questi sono belli, ma io credo che usando la fantasia dei ragazzi, più che quella degli adulti,questo libro può essare anzi è meraviglioso!!! se Licia legge la mia recensione voglio spronarla ad andare avanti e scrivere libri che mi facciano sognare di nuovo! W LICIA! Voto: 5 / 5
Giuseppe Sono riuscito a leggere il terzo volume, i miei figli e mia moglie, come al solito, mi hanno lascito per ultimo. La soddisfazione loro e mia è massima. Bellissima la chiusura della storia con un’analisi dei personaggi che caratterizza lo spirito critico che può avere solo una ragazza moderna. Mi aspetto altri capolavori. Voto: 5 / 5
Giuliano di sicuro questo è uno di quei libri destinato a diventare un capolavoro cinematografico, nn riesco a farmi capace di come questo libro nn sia riuscito ad appassionare quelli che hanno dato il loro voto più basso,è la prima volta che ho letto un libro della troisi e posso esprimere con piacere il mio giudizio più positivo, questo racconto fantastico è riuscito ad aprire in me il desiderio della lettura ormai spento dagl’ultimi racconti fantastici da me letti che mi hanno profondamente deluso x la loro trama e storia banale e povera colpi di scena, inutile dire che secondo me la saga è al livello dei romanzi delle prime posizioni. posso dire che l’unica delusione che ho trovato è stata quella di finire di leggere il libro, avrei voluto che continuasse. complimenti alla troisi, davvero una grande opera, ottima la descrizione degli ambienti e dei personaggi Voto: 5 / 5
lilly ritengo questo libro molto bello,nè pauroso,nè violento ma tutto il contrario,molto bello, una semplice mezz’elfo che può cambiare il destino della sua terra e quello delle altre terre, ci sono battaglie e una grande guerra,ci sono speranza e un’amore che possiamo ettribbuire tra la pratagonista e Sennar(che io adoro, mi piacerebbe avere un’amico come lui).In ogni parte del libro non ho trovato niente che mi fatto annoiare.Ritengo questo libro adatto a tutti i ragazzi piccoli e grandi.E se a quelli che non piace questo libro be…. posso solo dire rileggetelo di nuovo Voto: 5 / 5
Lonerin Io non capisco proprio perchè chi non ama questo libro si sente in diritto di poter dire che chi invece lo ama, come me, probabilmente ha letto pochi libri e male; bè io ho letto tanti libri sia fantasy ma anche classici e altri, e comunque penso che questa trilogia è un’ottima opera per una scrittrice alle prime armi…comunque ognuno ha i suoi gusti, e visto che io non vengo a criticare e a dire che chi non ama questo libro è perchè non ha letto molto o ha letto male, vorrei che la cosa fosse reciproca. Voto: 5 / 5
appassionatafantasy E’ un libro strepitoso, fantastico, unico, è uno dei + bei libri ke io abbia mai letto. Certo un pò triste alla fine ma questo è un fantasy degno di essere kiamato fantasy.E’ appassionante, intrigante, romantico e ha tutti i requisiti che deve avere un buon libro. E’ il migliore della trilogia e faccio i miei complimenti all’autrice. Brava Licia!!! Voto: 5 / 5
elena ho appena finito di leggere qst libro, e l’ho trovato semplicemente fantastico. è vero, le descrizioni nn saranno accuratissime, ma da una parte è 1 bene, secondo me, xkè altrimenti il racconto perderebbe la scorrevolezza. sinceramente nn capisco xkè certe persone siano così critike nei confronti del libro e dell’autrice, e soprattt nn vedo ke bisogno c’era di dire ke “Nihal doveva morire”. cmq concordo cn ki ha fatto notare ke coloro a cui piace il romanzo della Troisi nn devono x forza aver letto pokissimi libri, xkè x esempio io leggo da qnd avevo 5 anni e di libri ne ho visti di ttt i tipi, dai gialli di Agatha Christie ai classici cm Il nome della rosa e Il gattopardo, passando per Orgoglio e pregiudizio e Il ritratto di Dorian Gray ecc. x arrivare a Tolkien. insomma, riprendendo il discorso, il libro secondo me è magnifico, cm l’intera trilogia, e se a qualcuno nn piace, liberissimo di pensarla cm vuole, i gusti sn gusti, ma nn insulti gli altri! ora vado a leggere il primo delle Guerre del mondo emerso, vediamo cm è… Voto: 5 / 5
most_wanted92supersciuscia ( )questa è stata l’espressione della mia bocca riga dopo riga fine all’entusiasmante fine che forse può avere qualcosa da ridire. Tutta la saga si avvicina moltissimo a quella di Eragon, come i Cavalieri di Drago, Draghi, Eroi in terre fantasy con nomi originali, Protagonisti la cui storia inizia da una dura vicenda, ma la trilogia delle Cronache è un Valido libro per cui spenderei anche 50euro Voto: 5 / 5
jessica questo libro mi è piaciuto tantissimo! però mi ha fatto piangere troppe volte nelle morti della gente! ma anche gioire quando nihal e sennar si mettono insieme! che carini! licia sei fantastica le cronache del mondo emerso 4 ever! Voto: 5 / 5
E per non far sembrare che iBS.it attiri in particolare i più facilmente impressionabili, un ultimo commento preso da un’altra libreria online, BOL.it:
Parklo Meraviglioso Non mi ero mai espresso per gli altri due libri, pur avendoli apprezzati parecchio, per il semplice motivo che non avevo ancora capito dove volesse arrivare… Adesso che so non posso tacere… Invito tutti coloro a cui non è piaciuto a non parlare e a non rovinare le recensioni di questo capolavoro… sì avete capito bene… CAPOLAVORO!!!!… So che la mia prossima frase potrà sembrare eccessiva, ma io parlo in virtù delle sensazioni che mi ha trasmesso questa meravigliosa saga… BATTE TUTTI… ANCHE TOLKIEN!!!! Ha spunti eccezionali, trovate meravigliose mai viste da nessun’altra parte… Ladies and gentlemen abbiamo finalmente trovato il Paladino, anzi la Paladina del fantasy… e cosa ancora più bella è italiana!!!
Ogni volta che qualcuno compra un romanzo della Troisi, un Coniglietto schiatta di crepacuore!