Recensioni :: Romanzo :: Little Brother
Pubblicato da Gamberetta il 20 maggio 2008 @ 14:45 in Libri,Non Fantasy,Recensioni,Straniero | 41 Comments
Titolo originale: Little Brother Autore: Cory Doctorow Anno: 2008 Genere: Thriller, Fantascienza |
Più volte mi è stato chiesto di recensire romanzi che mi siano piaciuti, ci siamo quasi! Infatti Little Brother è un buon romanzo, non mi ha entusiasmata, però non è male. Diversi difetti, ma molti pregi. In più è un romanzo appassionante. L’ho letto in due giorni, il secondo giorno rimanendo sveglia fino a tarda notte, e non mi capitava da parecchio che un romanzo riuscisse a suscitarmi tanto interesse.
Young Adult
Little Brother è l’ultimo romanzo dello scrittore di fantascienza Cory Doctorow. È il suo primo romanzo etichettato per “ragazzi” (young adult), è stato pubblicato da Tor Teen ed è nella categoria “Junior High School and Up” (in termini di età più o meno dai 12 anni in su).
La faccenda, appena l’ho saputa, non mi ha fatto piacere. Doctorow non aveva mai scritto romanzi per ragazzi e subito ho sospettato una bieca operazione commerciale. E forse lo è! Ma come nel caso di Barker con Abarat, anche se di operazione commerciale si è trattato, non si nota.
Little Brother dovrebbero leggerlo tutti i nostrani aspiranti scrittori per ragazzi, e in generale tutti coloro i quali pensano che “per ragazzi” indichi argomenti semplicisti, abolizione di sesso & violenza, storie prive di originalità e ambientazioni scontate.
Doctorow affronta una vicenda tutt’altro che facile da trattare e lo fa senza (quasi) mai essere semplicistico. Così come, pur glissando qualche volta sui particolari più brutali, non rinuncia alla verosimiglianza: per esempio, quando a inizio romanzo il protagonista è arrestato, viene pestato, legato, bendato, lasciato senza cibo, costretto a pisciarsi addosso, minacciato di morte, ecc. e nel finale del romanzo è anche torturato.Così pure, il futuro vicino immaginato da Doctorow, incentrato sui progressi informatici, è descritto senza timore di scendere in particolari tecnici (in realtà il problema è che scende troppo in particolari tecnici): tunneling protocol, crittografia a chiave pubblica, RFID e matematica bayesiana sono alcuni degli argomenti trattati.
RFID è l’acronimo di Radio-Frequency IDentification. Un tag RFID, un circuito integrato in grado di ricevere e inviare dati, è spesso incorporato nei prodotti, per tenerne traccia prima e dopo l’acquisto. Ovviamente può essere anche impiantato sottopelle per sorvegliare un essere umano. L’immagine è della mano sinistra di Amal Graafstra: nel suo caso è stata una scelta consapevole
Nel complesso è netta la sensazione che Doctorow stia trattando il lettore con rispetto. Il fatto che tale lettore possa avere solo 12 anni non spinge Doctorow verso facili scorciatoie. C’è un abisso tra un romanzo così e il fantasy per ragazzi delle nostre parti, dalla Troisi in giù. Se proprio si vuole scrivere per forza un romanzo per ragazzi, si prenda a modello Doctorow, evitando scimunite mezze elfe e mezze sceme o le avventure di Drago Pallino.
Creative Commons
Il romanzo di Doctorow, oltre a essere venduto in libreria, è disponibile per il download gratuito, con licenza Creative Commons. E non solo: oltre a poter essere distribuito senza limitazioni, la licenza CC adottata da Doctorow concede anche di creare opere derivate. Il che vuol dire che ho il diritto per esempio di tradurre Little Brother o di cambiargli il finale e potrei ridistribuire questo mio lavoro senza problemi legali.
È un atteggiamento contro corrente rispetto alla visione attuale di molti autori, i quali ragionano solo in termini di mio! mio! è tutto mio! Ultimo, squallido caso, la denuncia di J.K. Rowling a un piccolo editore colpevole di voler pubblicare una sorta di enciclopedia del mondo di Harry Potter. Qui qualche informazione sulle vicenda, e qui l’opinione di Orson Scott Card.
Invece Doctorow non solo non denuncia il prossimo, ma è felice che le proprie opere siano distribuite a quanti più lettori possibile.
Voglio citare due passaggi dello stesso Doctorow, in prefazione al romanzo:
If I could loan out my physical books without giving up possession of them, I would. The fact that I can do so with digital files is not a bug, it’s a feature, and a damned fine one. It’s embarrassing to see all these writers and musicians and artists bemoaning the fact that art just got this wicked new feature: the ability to be shared without losing access to it in the first place. It’s like watching restaurant owners crying down their shirts about the new free lunch machine that’s feeding the world’s starving people because it’ll force them to reconsider their business-models. Yes, that’s gonna be tricky, but let’s not lose sight of the main attraction: free lunches!
Free lunch alla giapponese, con buona pace di Heinlein
Direi che c’è poco da aggiungere: è vero, può essere che artisti ed editori si debbano inventare un nuovo modello di business, se vogliono sopravvivere, ma questo è insignificante! Il fatto cruciale e bellissimo è che per la prima volta nella storia l’arte può essere riprodotta a un costo vicino allo zero e dunque essere davvero alla portata di tutti!
Now, onto the artistic case. It’s the twenty-first century. Copying stuff is never, ever going to get any harder than it is today (or if it does, it’ll be because civilization has collapsed, at which point we’ll have other problems). Hard drives aren’t going to get bulkier, more expensive, or less capacious. Networks won’t get slower or harder to access. If you’re not making art with the intention of having it copied, you’re not really making art for the twenty-first century. There’s something charming about making work you don’t want to be copied, in the same way that it’s nice to go to a Pioneer Village and see the olde-timey blacksmith shoeing a horse at his traditional forge. But it’s hardly, you know, contemporary. I’m a science fiction writer. It’s my job to write about the future (on a good day) or at least the present. Art that’s not supposed to be copied is from the past.
Su questo punto si può dissentire, ma se non sono gli scrittori di fantascienza i primi ad abbracciare il progresso e il cambiamento, a disegnare nuove prospettive, chi dovrebbe farlo?
Infine, tutti gli scrittori che hanno offerto gratuitamente le loro opere in formato digitale, hanno visto un aumento delle vendite del cartaceo. Perciò, almeno stante la congiuntura attuale, distribuire liberamente è anche un’azzeccata mossa commerciale.
For me — for pretty much every writer — the big problem isn’t piracy, it’s obscurity (thanks to Tim O’Reilly for this great aphorism).
Little Brother
Il diciassettenne Marcus Yallow, un passato da giocatore di ruolo dal vivo, ha passione per la tecnologia e per Harajuku Fun Madness, un ARG (Alternate Reality Game). Un brutto giorno, mentre sta giocando per le vie di San Francisco ad Harajuku con i suoi tre migliori amici, si ritrova a pochi passi dal luogo di un terribile attacco terroristico: misteriosi attentatori hanno fatto saltare il Bay Bridge, causando migliaia di morti. Come non bastasse, nella confusione che segue Marcus & compagnia sono arrestati, in pratica solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Bay Bridge
Presi in custodia dal famigerato DHS (Department of Homeland Security), l’agenzia governativa stile Gestapo organizzata da Bush dopo l’11 Settembre, sono tenuti prigionieri per giorni, e anche quando sono rilasciati, è intimato loro di tacere, o non saranno più trattati così “bene”, ma spediti in qualche prigione segreta in Medio Oriente. In più sono avvertiti di essere stati inseriti in una lista nera di sospetti: saranno per sempre sotto controllo, e alla prima mossa falsa di nuovo incarcerati. Ciliegina sulla torta, uno degli amici di Marcus non viene liberato, e forse è già stato trasferito fuori dai confini degli Stati Uniti…
Fantascienza? Non proprio, come potrebbe testimoniare Domenico Salerno, incarcerato per 10 giorni su ordine del DHS. La sua colpa? Essersi recato in America per trovare la fidanzata. Questo è l’articolo originale del New York Times che parla della vicenda. Qui una versione italiana, al sito de Il Messaggero.
Marcus, appena libero, giura di vendicarsi del DHS e di salvare l’amico ancora in mano ai cattivi. Non sarà facile, perché sulla scia della paura suscitata dall’attentato, il DHS ha preso il controllo dell’intera città, trasformandola in uno stato di polizia.
* * *
Mettiamo che foste voi al posto di Marcus, cosa fareste? Siete stati arrestati ingiustamente, minacciati e umiliati, il vostro amico è stato “vaporizzato”, e l’intera nazione pare essersi trasformata nell’Unione Sovietica al culmine della Guerra Fredda. Una parola inopportuna, cambiare troppi treni della metropolitana o fotografare luoghi pubblici: ognuna di queste azioni potrebbe portare al carcere o peggio. In segreto e senza processo.
Ci sono solo tre opzioni:
È triste, ma sospetto che la prima opzione sia la più realistica. Non di meno, non funziona granché bene per un romanzo: se Luke Skywalker invece di seguire Obi-Wan Kenobi a Mos Eisley decide che ne ha già avuto abbastanza, non c’è più film.
La seconda opzione può portare a un bel romanzo, ma nel mondo immaginato da Doctorow sarebbe solo un palliativo: gli Stati Uniti sono all’avanguardia, ma metodi autoritari e illiberali si stanno diffondendo ovunque.
Rimane solo una possibilità: combattere il sistema. Infatti il DHS non è isolato: ha l’appoggio del Presidente e degli organi politici da un lato, e quello delle altre forze militari e di polizia dall’altro. In più la gran parte della popolazione, pur storcendo il naso di fronte alla riduzione delle libertà, è pronta a sottomettersi in nome di un’effimera “sicurezza” (“Those who would give up Essential Liberty to purchase a little Temporary Safety, deserve neither Liberty nor Safety.” – attribuita a Benjamin Franklin).
Benjamin Franklin, inventore del parafulmine
Marcus dunque combatte. Purtroppo, come Doctorow fa combattere Marcus non mi è piaciuto per niente, e questo è il difetto più grande del romanzo (difetto che, a differenza di altre occasioni, è soggettivo, legato ai miei gusti, più che oggettivo).
Usando le parole di Angela, uno dei personaggi:
“This is perfect, Marcus. If you want to really screw the DHS, you have to embarrass them. It’s not like you’re going to be able to out-shoot them. Your only weapon is your ability to make them look like morons.”
E Marcus, grazie alle sue capacità informatiche, riuscirà a mettere più di una volta in imbarazzo il DHS. Ma che ci riuscisse o no in fondo non ha molta importanza, perché Doctorow per il suo finale si è attenuto a un cliché: Marcus confessa tutto alla mamma, la mamma ha un’amica giornalista d’assalto, Marcus fornisce le prove alla giornalista, la giornalista convince un reparto di poliziotti buoni che il DHS ha esagerato, i cattivi del DHS di San Francisco sono arrestati.
Non mi piace questo finale per due motivi: il primo è che tale finale non è tecnologico. Durante l’intero romanzo è costantemente sottolineato come nel futuro prossimo l’informatica diventerà sempre più cruciale per la vita di ognuno, e come questo fatto possa portare benefici a una società consapevole (o come minimo a un gruppo d’individui esperti), ma alla resa dei conti la soluzione è affidata non a una rete di computer bensì alla classica “raccomandazione”. Se la mamma di Marcus non fosse stata amica della giornalista, Marcus, con tutto il suo agitarsi e la sua abilità di hacker, sarebbe finito a Guantanamo, e fine della storia.
Il secondo motivo è che è un finale falso. Non è del tutto inverosimile, la catena degli avvenimenti ha una sua logica, la giornalista non è un Deus ex Machina, e tuttavia il finale stride terribilmente non l’atmosfera da 1984 che si respira in molte pagine. Non dico che Little Brother sarebbe dovuto finire male come 1984, ma certo il lieto fine, così come avviene, puzza non poco.
Anche il racconto lungo After the Siege, secondo me uno degli scritti migliori di Doctorow, soffriva di questo problema, con un happy ending molto in contrasto con lo svolgimento precedente.
C’è poi l’ipotesi “complottista”: solo in apparenza Little Brother sarebbe un romanzo “rivoluzionario”, con il suo appello alla lotta, in realtà sarebbe un’arma del Potere. Farebbe credere gli aspiranti sovversivi che si possono fidare di altri, che la mamma o il giornalista o il poliziotto “buono” possono aiutarli. Ma nello scenario dipinto da Doctorow – diretta evoluzione della situazione attuale – quasi sicuramente o la mamma o il giornalista o il poliziotto lavorano per il DHS! Non fidatevi di nessuno!
Oltre a tale difetto soggettivo, ci sono altri problemi, più oggettivi. Il primo è l’inforigurgito. Troppo spesso Marcus sfuma in secondo piano e la sua voce è sostituita da quella di Doctorow, intento a spiegare le meraviglie dell’informatica. Lo fa con entusiasmo e competenza, e il più delle volte scegliendo i momenti opportuni, tuttavia ci sono degli scivoloni davvero brutti. Mettersi a chiarire il perché e il percome del DNS (Domain Name System) nel bel mezzo di una delle scene più di tensione del romanzo è un errore da dilettante.
Un altro punto debole sono i personaggi. Il protagonista è caratterizzato in maniera incostante. Per un certo verso interpreta il ruolo stereotipato dell’hacker mezzo genio, però Doctorow deve aver pensato che un personaggio del genere sarebbe alla lunga risultato fastidioso e dunque il nostro eroe ha periodici cali del Quoziente Intellettivo. Può anche aver influito il desiderio di Doctorow di mostrare che le attività di Marcus non sono esclusive dei cervelloni, ma volendo sono alla portata di tutti. C’è una pagina apposita, questa, dedicata a illustrare in dettaglio alcune delle tecniche del romanzo (“w1n5t0n” – winston – chiaro riferimento a 1984, è il nick di Marcus).
Un rotolo di carta igienica può essere usato per scoprire telecamere nascoste
Nel complesso Marcus non risulta tanto simpatico, però affascina abbastanza da voler scoprire quanto prima come si concluderà la sua storia.
Altri personaggi ben delineati non ve ne sono. Il maggior numero di pagine è dedicato ad Angela (Ange), l’amore italo-americano di Marcus. Ange è la classica figura femminile dei film d’azione hollywoodiani: ha solo uno scopo decorativo.
I “cattivi”, anche quando vengono chiamati per nome, rimangono nel generico. Il che però è accettabile, dato che il vero nemico non è il singolo agente di polizia o insegnante o collaboratore del Presidente, ma il “sistema” e la mentalità che incarna.
Lo stile di Doctorow è molto semplice, alle volte piatto (contando che la storia è narrata in prima persona e perciò dovrebbe essere sempre “filtrata” dagli occhi di Marcus), però non è mai noioso e le scene movimentate sono rese al meglio. A parte i termini tecnici (per altro spiegati fin troppo), è un inglese senza fronzoli, quasi elementare. Da quando ho cominciato a leggere in lingua originale è forse questo il romanzo di più facile lettura che ho incontrato. Lo consiglierei a chi voglia cominciare con la narrativa di genere in inglese.
Finora ho elencato solo difetti, più o meno gravi. È il caso di ribadire i pregi: appassionante, si legge tutto d’un fiato; verosimile (a parte quanto detto nello spoiler sul combattimento), scenario futuristico, sue implicazioni, e l’agire dei personaggi è credibile; interessante, Doctorow è bravo a suscitare curiosità riguardo a temi che a prima vista appaiono noiosi; infine è una storia intelligente.
Non è un capolavoro come 1984 e neanche un 1984 per ragazzi, ma almeno è qualcosa di più sofisticato rispetto a Marta che deve rubare il ciondolo magico dell’Orco Filiberto per salvare il Reame di Zuppolandia.
Strategia del Colpo di Stato
Dicevamo, siete un diciassettenne che ha deciso di rovesciare le istituzioni dello Stato, come procedere? Il primo passo è documentarsi (esatto, sia per organizzare rivoluzioni, sia per scrivere romanzi fantasy, per prima cosa è bene documentarsi). Una rapida ricerca su Internet permette di scoprire che sono appena un paio i testi fondamentali in questo ambito:
Technique du coup d’état (1931) di Curzio Malaparte e Coup d’État: A Practical Handbook (1968) di Edward Luttwak.
Copertina di Tecnica del colpo di Stato
Copertina di Coup d’État: A Practical Handbook
Il saggio di Malaparte è stato tradotto in italiano nel 1948 con il titolo Tecnica del colpo di stato. È stato di recente (2002) ripubblicato da Mondadori. Il libro di Luttwak è stato tradotto nel 1983 ed è uscito per Rizzoli con il titolo: Strategia del colpo di Stato. Manuale Pratico. Questa edizione italiana si basa però non sul testo del 1968 ma su quello riveduto e corretto del 1979.
Se per caso strano non si dovessero già possedere tali classici, emule e biblioteche possono facilmente sopperire alla mancanza.
* * *
Innanzi tutto, perché il colpo di Stato? Lascio la parola alla prefazione della prima edizione inglese di Coup d’État:
As the events in France of May 1968 have shown yet again, insurrection, the classic vehicle of revolution, is obsolete. The security apparatus of the modern state, with its professional personnel, with its diversified means of transport and communications, and with its extensive sources of information, cannot be defeated by civilian agitation, however intense and prolonged. Any attempt on the part of civilians to use direct violence with improvised means will always be neutralized by the efficiency of modern automatic weapons; a general strike, on the other hand, can temporarily swamp the system, but cannot permanently damage it, since in a modern economic setting, the civilians will run out of food and fuel well before the military, the police, and allied organizations.
The modern state is therefore practically invulnerable to a direct assault. Two alternatives remain: guerrilla warfare and the coup d’état.
Questo è un punto fondamentale, che già faceva notare anche Malaparte. Se davvero si hanno tendenze estremiste, tali che l’unica soluzione ai problemi della Nazione appare una svolta radicale (non importa di che colore politico), scendere in piazza a sfasciare vetrine non serve a niente. Rimangono solo due alternative: la guerriglia e il colpo di Stato. La guerriglia è faccenda molto lunga e sanguinosa, e richiede perciò risorse che difficilmente avremo. Invece il colpo di Stato è alla portata di tutti!
Infatti il colpo di Stato sfrutta le infrastrutture e le forze di sicurezza dello Stato stesso per la sua attuazione (infrastrutture e forze di sicurezza che potremo in seguito smantellare o modellare a nostro piacimento, una volta preso il potere). Il colpo di Stato prevede il reclutamento di un numero molto limitato d’individui (di solito un certo numero di ufficiali dell’esercito) e si basa sulla sorpresa, la rapidità e la decisione d’intervento.
Per molti versi è una sorta di bluff: con la nostra azione repentina daremo l’impressione di avere sotto controllo la situazione, faremo credere che lo Stato è stato sovvertito e che siamo i nuovi, legittimi padroni. Se riusciremo in questo intento, la buona parte delle istituzioni passerà da sola dalla nostra parte, piuttosto che cercare di combatterci (e avere facile vittoria, ma non lo sanno!)
Si sono realizzati colpi di Stato in ogni angolo del globo con forze esigue e senza colpo ferire! Infatti se la nostra dimostrazione di forza sarà abbastanza “spettacolare”, potremo prendere il potere senza alcun spargimento di sangue. Questo anche perché le moderne forze armate sono efficaci ma fragili: un cacciabombardiere ha una terribile potenza di fuoco, ma richiede tutta una serie d’infrastrutture perché tale potenza possa essere usata. Il che vuol dire che può bastare un solo nostro complice presso la torre di controllo di una base dell’aeronautica militare, per bloccare il decollo di tutti gli aerei lì stazionati. E non importa che tale opera di sabotaggio abbia solo effetti temporanei: noi abbiamo bisogno di appena poche ore, al termine delle quali saremo i nuovi (apparenti) padroni dello Stato. La gente ci pensa due volte prima di bombardare il Presidente!
Realizzare un colpo di Stato è semplice. Luttwak spiega in maniera chiara i passi necessari. Le varie fasi sono le seguenti:
Identificare gli obbiettivi. Elencare tutti i servizi e i punti vitali dello Stato che occorre occupare o neutralizzare. Aeroporti, stazioni, centrali elettriche, sedi di televisioni, radio, giornali, gli uffici centrali della polizia o di altri enti di sicurezza e ovviamente i centri del governo (con l’avvertenza che occorre concentrarsi sui reali centri di potere: il palazzo presidenziale può esserlo, ma forse è invece solo una struttura simbolica, che potremo conquistare in un secondo tempo).
Obbiettivo simbolico: Palazzo del Quirinale
Identificare chi potrebbe ostacolarci. Di sicuro le formazioni dell’esercito che stazionano presso gli obbiettivi, ma potrebbe entrare in gioco anche la polizia, se particolarmente addestrata e ben armata, o i sindacati o altre organizzazioni sociali o politiche. I nostri nemici, coloro che si oppongono a una nuova Nazione più Giusta e Gloriosa, possono essere tanti e diversi. Bisogna elencarli e ordinarli per pericolo immediato (questo è importantissimo: come si diceva il colpo di Stato è questione di ore, perciò i nemici più insidiosi non saranno tanto quelli meglio armati o numerosi, ma quelli che hanno più possibilità d’intervento rapido), quindi stabilire come possano essere neutralizzati. Come accennato, un singolo tecnico può mettere in crisi un’intera unità militare, un esponente politico particolarmente abile e in grado di coagulare intorno a sé una resistenza si può pensare di rapirlo, altre organizzazioni possono essere paralizzate dalla semplice interruzione delle telecomunicazioni.
Reclutare il personale necessario. Ora che sappiamo quel che dobbiamo fare, sappiamo anche di chi abbiamo bisogno. Quanti reparti dell’esercito devono schierarsi dalla nostra parte, quanti tecnici e personale specializzato sono richiesti, ecc. A seconda delle situazioni, questo può essere il secondo passo invece del terzo: possiamo in un primo momento pensare al reclutamento e poi regolarci in base ai risultati. Se la buona parte delle forze armate si rivelano felici di aiutarci, potremo cambiare i nostri piani di conseguenza. Però, altra regola vitale, è meglio rimanere in pochi, o meglio lo stretto necessario. Più i cospiratori aumentano, più è difficile mantenere la segretezza (la sorpresa è la nostra arma numero uno, non possiamo rinunciarvi in nessun caso), e più sorge il rischio di un colpo di Stato nel colpo di Stato: ufficiali ambiziosi potrebbero approfittare del caos creato dal nostro tentativo d’insurrezione per portare a termine il loro.
Preparare piani dettagliati. Uno dei vantaggi del colpo di Stato è che non richiede né comunicazione, né centro di comando. L’azione è così rapida che non è possibile cambiare tattica: o il piano riesce o non riesce. In nessun momento avremo bisogno di dare ordini o comunicare con le varie squadre assegnate agli obbiettivi: le squadre devono seguire i piani, se i piani si rivelano inadeguati falliremo, ma non c’è alternativa. Non c’è tempo per elaborare nuovi piani. Perciò il lavoro dev’essere accurato e minuzioso. Dev’essere posta particolare enfasi sulla coordinazione: una squadra che agisse con anticipo o con ritardo potrebbe mandare a monte l’intero progetto.
Agire! In una notte fatale i nostri uomini strapperanno lo Stato dalle mani di governanti imbelli e corrotti e avvieranno la Nazione verso una nuova era di splendore! La prima mossa, giunti al potere, è ovviamente imporre il coprifuoco, chiudere giornali e stazioni televisive non sotto il nostro diretto controllo, bloccare le comunicazioni mobili e l’accesso a Internet, occupare le sedi dei partiti, dei sindacati e altre organizzazioni analoghe. Seguirà comunicato nel quale chiariremo che siamo stati costretti all’azione, costretti dall’amore che proviamo per il nostro Paese e il suo popolo. Spiegheremo che la debole resistenza delle forze illiberali e reazionarie appoggiate da nemici esteri è già stata vinta e spergiureremo che al più presto indiremo nuove elezioni (o abbasseremo le tasse o qualcosa del genere. Ogni promessa o minaccia che ci faccia guadagnar tempo è buona).
Questo in linea generale, per istruzioni più dettagliate rimando all’ottimo libro di Luttwak.
Da sottolineare che il colpo di Stato è affare prettamente tecnico-militare. Considerazioni ideologiche o filosofiche sono superflue. Si può essere di estrema sinistra, estrema destra o qualunque via di mezzo e le operazioni da svolgersi sono le medesime. Anzi, può diventare un ostacolo l’ideologia se per esempio ci fa credere che la collaborazione o anche solo l’appoggio delle masse popolari sia richiesto o desiderabile. Non è così. Dal punto di vista operativo la folla è inutile e anzi dannosa, perché una sollevazione popolare viola quei principi di segretezza e rapidità d’azione che sono alla base del nostro piano.
Non è un concetto di Luttwak, né nuovo. Nel primo capitolo del suo bellissimo libro, Malaparte riporta un dialogo fittizio (ma basato su precisi documenti) fra Lenin e Trotsky alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre. Lenin ha una visione strategica dell’azione di là da venire, e ipotizza piani grandiosi con scioperi, scontri, insurrezioni, e cataclismi vari. Trotsky è scettico: per sovvertire lo Stato non c’è bisogno di niente di ciò, basta un migliaio di uomini ben addestrati e che abbiano chiari i loro obbiettivi. Trotsky sceglie e organizza tale contingente e i suoi piani sono attuati con pieno successo.
Trotsky arringa la neonata Armata Rossa
Non solo, per Trotsky in qualunque paese dell’Europa Occidentale si potrebbe portare a termine un colpo di Stato seguendo le sue tattiche, indipendentemente dall’appoggio della popolazione.
Lo stesso vale per Mussolini: secondo Malaparte la presa del potere da parte del Duce non è tanto legata alla situazione sociale e politica italiana, quanto all’applicazione di una serie di principi e tattiche ben precisi, principi e tattiche che possono essere riutilizzati senza problemi anche in altri e diversi contesti.
In sostanza, Malaparte e Luttwak concordano: sovvertire lo Stato (o difendere lo Stato) è un problema meramente tecnico, senza nessuna particolare colorazione politica o ideologica.
Torniamo adesso al romanzo di Doctorow. Alla luce dei saggi di Malaparte e Luttwak è credibile un colpo di Stato in America? Per me sì. Anzi, la dipendenza delle forze di sicurezza americane dagli apparati informatici rende tali forze un bersaglio particolarmente facile. Marcus ha solo bisogno di reclutare pochi uomini, il resto può neutralizzarlo a distanza via rete. Peccato non l’abbia fatto! Sarà per un prossimo romanzo…
Approfondimenti:
Little Brother su Amazon.com
Little Brother disponibile online
Little Brother al sito dell’editore
Il blog di Cory Doctorow
Cory Doctorow su Wikipedia
L’opinione di Neil Gaiman
Tecnica del colpo di Stato su iBS.it
Curzio Malaparte su Wikipedia
Coup d’État: A Practical Handbook su Amazon.com
Edward Luttwak su Wikipedia
1984 su Wikipedia
Il Bay Bridge su Wikipedia
Benjamin Franklin su Wikipedia
La Rivoluzione d’Ottobre su Wikipedia
Giudizio:
Appassionante. +1 | -1 Inforigurgitoso. |
Verosimile. +1 | -1 Personaggi mediocri. |
Interessante. +1 | -1 Finale detestabile. |
Intelligente. +1 |
URL dell'articolo: http://fantasy.gamberi.org/2008/05/20/recensioni-romanzo-little-brother/
Gamberi Fantasy
41 Comments To "Recensioni :: Romanzo :: Little Brother"
#1 Comment By Angra On 20 maggio 2008 @ 15:18
Riguardo ai colpi di stato, a me è piaciuto molto L’Italia dei Colpi di stato, che oltre a essere molto ben documentato ha il grosso pregio del sarcasmo ;)
#2 Comment By Gamberetta On 20 maggio 2008 @ 15:41
@Angra. Interessante. Spulciando Wikipedia in cerca di colpi di Stato, ne sono venuti fuori un paio organizzati secondo i crismi di Malaparte e Luttwak: il Piano Solo del 1964 e quello di Junio Valerio Borghese del dicembre 1970. Però nessuno dei due è andato in porto, anche se a quanto parte Borghese si è fermato per sua spontanea volontà (?) proprio all’immediata vigilia dell’azione.
#3 Comment By Loreley On 20 maggio 2008 @ 16:11
L’ultima denuncia della Rowling è effettivamente triste… ma perlomeno lei ha pubblicato. Mi è capitato molto spesso di vedere autori amatoriali ossessionati dalla prospettiva che qualcuno potesse plagiarli, manco avessero scritto il futuro best-seller del secolo. Ora, posso capire il caso in cui un tale copi e incolli un racconto nel suo sito e lo faccia passare per suo, ma qui si sta parlando anche di casi in cui tizio si ispiri semplicemente a una qualche opera o pseudo-tale o ne riprenda degli elemento, ad esempio alcuni passaggi della trama o le caratteristiche dei protagonisti. Solo a me sembra una cosa demente? Io sarei addirittura felice se scopro che qualcuno si è “ispirato” a qualcosa che ho scritto . Chiaro, magari sarebbe carino che lo dicesse, ma anche se così non fosse… chissene. C’è un clima di plagio-fobia nel mondo della scrittura amatoriale che un po’ mi infastidisce, e quando è troppo marcato (minacce colorite al lettore che pensi solo PENSI di copiare qualcosa dallo scritto) di solito abbandono qualsiasi intenzione di leggere. Il tutto è anche colpa di una certa sopravvalutazione delle proprie capacità da scrittore/scrittrice, c’è anche da dire questo… :D
Bella recensione, comunque ;)
#4 Comment By Gamberetta On 20 maggio 2008 @ 16:37
@Loreley. Sì, spesso ho notato anch’io quest’atteggiamento bizzarro. Gente che non vuole neanche rivelare la trama dei propri romanzi, perché altrimenti qualcuno gli ruba le idee. Con una grossa pinza?
In realtà è proprio “rubando” le idee al prossimo che la letteratura va avanti: per rimanere a Little Brother, Doctorow non nega l’influenza di 1984, ma non c’è niente di male, è giusto così.
D’altra parte ho anche notato più di una volta che quelli più spaventati dalla prospettiva del “furto” sono gli stessi che poi si rivolgono alle case editrici a pagamento: la normale editoria non ha capito quanto le loro idee fossero geniali. In altre parole, si puniscono da soli! ^_^
#5 Comment By Angra On 20 maggio 2008 @ 16:45
@Gamberetta: i due che hai citato sono i più famosi, ma in realtà in Italia si è perso il conto dei progetti di colpo di stato a vari stadi di realizzazione. Negli anni ’60 si concentravano principalmente attorno a due filoni: quelli di stampo militar-fascista tipo il piano Solo del già citato De Lorenzo e quelli cosiddetti “bianchi” di ispirazione liberal-anticomunista come quelli di Edgardo Sogno. Molti colpi di stato fallirono (anche) a causa delle rivalità tra i due gruppi ^_^
Un mezzo colpo di stato andò invece di fatto a segno (non ricordo la data precisa, ma erano gli anni ’60) quando l’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni inviò proprio il generale dei carabinieri De Lorenzo a minacciare il Presidente del Consiglio incaricato Aldo Moro, che stava dando vita al primo governo di cui avrebbero fatto parte anche i socialisti. Dopo la visita di De Lorenzo il ruolo dei socialisti nel governo venne molto ridimensionato, in pratica annullato. In sostanza bastò la minaccia di un golpe per realizzare un mezzo golpe.
Un episodio inquietante avvenne in una notte se non ricordo male del ’63, quando il Ministro della Difesa Tanassi (uno di forti pruriti golpisti) allertò molte divisioni corazzate di fanteria e carabinieri, e in risposta il Ministro della Difesa Taviani riempì Roma di polizia e fece circondare il Viminale con ostacoli anticarro(!). Il bello è che erano tutti e due democristiani…
Le rivalità tra golpisti neri e bianchi continuarono negli anni successivi facendo largo uso dei servizi segreti, dove il n. 1 generale Miceli era in quota ai primi, e il n.2 generale Maletti era in quota ai secondi e si detestavano a vicenda.
Ci sarebbe anche da ridere, se fosse successo in un altro paese…
#6 Comment By Federico Russo “Taotor” On 20 maggio 2008 @ 20:26
Mah, non condivido per niente questo “comunismo letterario”. Secondo me il genio di ognuno deve essere esaltato quando merita, altrimenti ignorato: non ha senso che si facciano “derivati” o ibridi da un’opera. Così come non ha senso copiare: se copi da, chessò, Licia Troisi, sei una persona proprio triste, ma anche se copi da, chessò, Tolstoj, sei una persona tristissima ugualmente: la tua non è più opera d’ingegno, ma uno sforzo mal riuscito, siano le fonti ottime o pessime. D’accordo, ognuno “copia” dalle grandi opere (ma anche dalle piccole), ispirandovisi, ma uno scrittore maturo con abbastanza esperienza e grande fantasia e creatività assimila tutto e il resto va così come nella musica: gli accordi sono sempre quelli, puoi inventartene di strani, ma saranno già stati usati da altri: anche l’ordine può essere già stato usato, e così anche le scale ecc… Il genio sta nell’ordine in cui si pongono, la creatività risiede in questo: non per nulla le canzoni moderne vanno e vengono, dimenticate subito, ognuna con lo stesso schema e senza alcuna innovazione, mentre i classici (dalla musica classica al rock classico degli anni 60-70) rimangono immortali, che piaccia o no.
Riguardo al romanzo: non sapevo nemmeno esistesse, e se devo essere sincero la copertina è così brutta che se mi trovassi in libreria lo ignorerei del tutto. XD Dici che non è proprio “da ragazzi”: effettivamente a me è capitato di leggere romanzi “normali” che contenevano censure e cannonate di etica. Se fossi Dio, escluderei le categorie per età, come fa(ceva?) il Battello a vapore con le varie collane. Dovrebbero esistere libri a fini didattici (5-10 anni) e poi libri e basta (10-?). Generalmente, infatti, diffido dei libri per ragazzi, nonostante ne esistano di meravigliosi: il piccolo principe, per fare un esempio, è tutt’altro che per ragazzi.
P.S. Per gli dèi, hai letto Colpo di Stato solo per appurare che l’idea dell’autore fosse giusta? XD
#7 Comment By Gamberetta On 20 maggio 2008 @ 21:21
@Angra. Non credo ci si debba “vergognare”. Dal 1945 in poi ci sono stati decine di colpi di Stato in ogni angolo del mondo, e i tentativi, anche nei paesi occidentali, sono stati troppi per essere contati.
Il colpo di Stato è diventata la pratica più diffusa per i cambiamenti di governo. Non è che poi sia questo dramma, anzi: l’avanzare della tecnologia l’ha reso sempre più alla portata di tutti, il che vuol dire che il colpo di Stato è forse lo strumento più democratico che esista per cambiare le cose.
Diciamo che è una forma di democrazia diretta. ^_^
@Federico.
Be’, fino ad ora, fino all’attuale terroristica campagna in difesa del copyright, l’arte è sempre proceduta in questo modo.
È quasi impossibile che qualcuno scriva da zero un’opera del tutto originale, in qualche maniera è sempre “derivata” da un’altra o è un miscuglio di altre opere. Ma appunto non c’è niente di male.
Per il romanzo. In generale sono per abolire la categoria “per ragazzi”, ma se proprio uno vuole scrivere “per ragazzi” (magari anche solo per ragioni commerciali), tanto vale che si ispiri a Doctorow piuttosto che ad altri.
Inoltre, se devo subire dell’inforigurgito, preferisco imparare qualcosa che non so (tipo la faccenda del DNS e come se ne possa abusare), piuttosto che sorbirmi la storia degli Elfi di Zucchero di Monte Pan di Spagna.
In realtà Tecnica del colpo di Stato l’avevo già in casa, anche se non sapevo fosse un testo tanto famoso. Appurato che invece è considerato un classico mondiale sull’argomento, l’ho letto. È molto bello. È in assoluto il libro di storia meglio scritto che abbia mai letto.
A quel punto non potevo sottrarmi a leggere l’altro classico, il saggio di Luttwak. Luttwak non scrive bene come Malaparte, ma il suo approccio in stile manuale pratico è molto divertente. E utile (!). Belli anche certi consigli spicci, ad esempio come organizzare un posto di blocco (che nell’ottica del colpo di Stato va organizzato in maniera diversa rispetto a un posto di blocco generico).
#8 Comment By Clio On 20 maggio 2008 @ 22:33
Personalmente sono contraria fin nel midollo alla scopiazzatura: nessuno ti vieta di chiedere permesso per usare miei personaggi/situazioni/soggetti/ecc.! Poi magari ci sono dei casi particolari, non dico di no…
Ah, splendido l’articolo sul colpo di stato! Ho preso appunti, presto sentirete parlare di me BWAHAHAHAHAHAHAH! (Risata maniacale in crescendo).
#9 Comment By Sandy85 On 20 maggio 2008 @ 23:48
Concordo con Clio.
È scientificifamente provato che le persone non chiedono il permesso di utilizzare qualcosa che hai creato tu.
Ultimamente sono particolarmente contraria anche alle fanfiction (nonostante le scriva, sembra un controsenso :D), visto che alcune persone hanno la capacità di distruggere tutte le cose. Ma questo è un altro discorso.
#10 Comment By Tom On 21 maggio 2008 @ 00:23
clio
Ti riferisci ad una tredicenne in preda ad attacchi di ficcynite che scrive una crossover Marmelaid Melody/Bill Kaulitz oppure a qualche autore capace che comunque scrive fanfiction su Inuyasha che impara a fare il boscaiolo? Sarei curioso di sapere la tua opinione, perchè anche io per un periodo (alquanto instabile O.o) della mia vita ho scritto fanfiction.
Riprendendo il discorso iniziale, trovo questo Tecnica dei colpi di stato molto curioso, ne avevo letto qualcosa ma alla fine non l’ho preso, dovrò cambiare idea?
ciao!
#11 Comment By Tom On 21 maggio 2008 @ 00:29
Chiedo venia, la mia citazione precedente di riferiva a Sandy85 non a Clio. Abbiate pazienza, è tardi :)
#12 Comment By Loreley On 21 maggio 2008 @ 00:36
Sì, però a questo punto bisogna decidere che si intende con scopiazzatura. Ovvio che, come già detto, il copia-incolla di un testo per poi farlo passare per proprio è squallido, e l’autore potrebbe ragionevolmente incazzarsi. Diverso il caso, secondo me, in cui si riprendono alcune idee e se le rielaborano a modo proprio, come già è stato fatto e sempre si farà (che piaccia o no). Riguardo ai casi più miseri in cui si “scopiazza” vagamente la trama o i personaggi, non so, mi pare che la fobia sia ingiustificata, anche perché un lavoro di questo tipo non sarà mai uguale a quello “originale”, ma il più delle volte ne costituisce una brutta copia; viceversa, se è migliore, be’… forse è il caso di porsi qualche domanda :D
Ma dico così perché mi si sono presentati a volte casi di pseudo-plagio dove, a parere dell’autrice/autore, un indegno aveva osato scopiazzare spudoratamente la sua creatura quando invece, se mai avesse davvero copiato, aveva ripreso vagameeeente alcune cose, e uno “scandalo” di questo tipo francamente mi sembra ridicolo.
Per carità, mo’ non voglio legittimare i casi di plagio, e del già citato “comunismo letterario” mi ci ritrovo solo parzialmente. Però ecco, avere almeno l’onesta intellettuale di rendersi conto che le nostre amate idee non nascono dal nulla, ma spesso sono delle rielaborazioni (a volte inconsapevoli) di idee altrui, dove l’apporto personale c’è ma si mischia, diventando indistinguibile col resto. E saper distinguere tra scopiazzatura vera e propria e “ripresa” di alcuni elementi che hanno potuto fare da spunto per un lavoro qualitativamente diverso, se questo è accaduto. ;)
#13 Comment By Sandy85 On 21 maggio 2008 @ 00:49
Mi riferisco alle tredicenni in piena tempesta ormonale che scrivono per moda senza sapere le basi di grammatica italiana, trattano di argomenti di cui non sanno una mazza e fanno fare le cose più indegne ai loro idoli – non parlo solo di attori, cantanti, ma anche di protagonisti di libri/film/telefilm/anime/manga finiti a fare frinzifrinzi (come dice una mia amica) con chissà che personaggio e/o con lo spessore psicologico di una fetta di prosciutto crudo tagliato fino fino -. Il mondo delle fanfiction e della scrittura amatoriale – perché anche in quest’ultima ci sono casi simili – si sta rovinando sempre di più a causa di queste “persone”, quindi non mi sembrerebbe proprio il caso di autorizzare le opere derivate, soprattutto se vogliamo salvaguardare almeno un pochino la lingua italiana.
Se Inuyasha mantiene il suo carattere originale, quindi è IC, non vedo perché non dovrebbe stonare in una AU. Naturalmente dipende tutto da come l’autore la presenta, perché se per un motivo che non è minimamente spiegato Inuyasha si comporta in modo totalmente OOC, io lettore, fan sfegatato di tale anime/manga, potrei far notare l’errore all’autore e, magari, consigliarlo per migliorare. E se proprio continua in questa cosa, gli consiglierei di rivedersi l’anime, rileggersi il manga e poi potrebbe scrivere una AU come si deve.
Ognuno è libero di fare ciò che vuole e la decisione di Doctorow sarebbe buonissima se non vivessimo in un mondo nel quale gli altri se ne fregano di come sia l’opera originale e ne cambiano i connotati. Non parlo solo di cambiare il finale, come ha proposto Gamberetta, intendo proprio cambiare ogni singola cosa del testo, lasciando la trama generale intatta, ma modificando i personaggi principali così da fargli fare ciò che più aggrada a delle “menti malate” come sono quelle delle tredicenni attuali.
Se poi questo è il senso errato che gli ho attribuito io, scusate.
#14 Comment By Sandy85 On 21 maggio 2008 @ 01:00
@ Loreley: Io sono sempre convinta che mettere i credits sia la cosa migliore, anche nei casi in cui hai preso solo spunto da un’altra cosa. E non è tanto paura di essere plagiati e/o presi a modello, ma è rispetto per un’altra opera. Certo, può essere migliore o peggiore, ma resta sempre il fatto di un caso di ispirazione.
Per esempio, mi è capitato di dover decidere dove finisse il plagio ed iniziasse l’ispirazione. Non è stato facile, soprattutto perché la ragazza che aveva preso ispirazione aveva sempre detto di non aver letto l’altra fanfiction (sto parlando di fanfiction perché è capitato su questo, ma potrebbe benissimo trattarsi di opere originali), eppure alcune cose erano troppo simili. Mi sono trovata nel dubbio per un paio di giorni, non volevo fare un torto a nessuno, ed alla fine ho messo tra le regole per postare gli scritti una nota che diceva se una persona avesse preso o meno ispirazione da un’altra.
Nessuno si è lamentato.
Questo mi sembrerebbe un giusto compromesso quando qualcuno scrive qualcosa ispirandosi ad altro.
#15 Comment By Loreley On 21 maggio 2008 @ 01:12
@Sandy85. Sarebbe meglio sì mettere i credits, specie se l’ispirazione è palese. :)
OT
anti-spam word: IKEA
-_-
#16 Comment By Tom On 21 maggio 2008 @ 02:50
Sandy85, allora ti capisco. Sicuramente devi aver fatto un giro su EFP o simili, perchè la descrizione del prototipo di scrittore amatoriale che fai tu coincide esattemente con la stragrande maggioranza di autori di fanfiction iscritti in questi siti. Raramente ho avuto modo di leggere un AU fatta col cervello, oppure una storia What if…? su alcuni film o libri veramente plausibile. Ma, d’altra parte, chi siamo noi per impedire ad una ragazzina annoiata di scrivere una fanfiction in cui conosce e ha una relazione con tutti i componenti dei My Chemical Romance? Chi siamo per inveire contro un ragazzino autolesionesta che ha deciso di scrivere una storia Yaoi tra Severus Piton e Dudley Dursley? Quando c’è da criticare una fanfiction dal punto di vista grammaticale, sintattico e quant’altro sono sempre disposto a dare una mano, ma sinceramente alla vista di tutte queste ficcy sono preso da un enorme sconforto…
E viene da chiedermi: ma io, alla loro età, ero così? (è capitato anche a voi di chiedervelo vero?) Ma credo che dopotutto sia normale, niente di più.
Certo, se mio figlio un giorno appenderà un poster in camera sua con raffigurato un bamboccio dall’ indefinita appartenenza sessuale come minimo mi servirà un by-pass.
A proposito della scopiazzatura, io credo di essere a favore di Lorely e chiunque altro abbia detto che, in effetti, rendere omaggio o trarre ispirazione da un’opera non è affatto una cattiva cosa. E’ vero, a volte capita quasi inconsciamente, anche a me è successo molto spesso di rileggere qualcosa di mio pugno e trovarci elementi, allusioni o altro ancora che in qualche modo rimandava a mente un libro da me particolrmente apprezzato in passato. Anzi, a dirla tutta credo che un buon scrittore debba saper trarre beneficio da questo bagaglio di ricordi, e se magari vuole inserire una vera e propria citazione sarebbe cortese dedicare qualcosa al suo ispiratore sulle note a fine romanzo.
p.s.
questa Anti-spam word “Ikea” è a dir poco abominevole O.o
ciao!
#17 Comment By Sandy85 On 21 maggio 2008 @ 11:09
È perché pubblico su EFP che mi lamento tanto delle ficcyne che dilagano, soprattutto nella sezione di Harry Potter dove le storie scritte con un po’ di criterio vengono subito sommerse da spazzatura. Non dico di essere una scrittrice fatta e finita, ma vedere certe storie mi mette su un misto di rabbia e tristezza, insomma, io mi impegno tanto per scrivere qualcosa di decente e poi arrivano queste qui in piena tempesta ormonale, fan di Moccia e di qualunque altro essere dalla dubbia moralità, ad infestare degli spazi – d’accordo pubblici – dove ci dovrebbe essere un minimo di buon senso. Mah.
Ti dirò, mi diverto parecchio a recensire delle perle spuntate da chissà che mente. Alcune sono così insulse che preferisco ridere anziché piangere.
Non c’è nulla di male, basta mettere un qualcosa che dica che tu hai preso ispirazione da tale scritto/film, anche quando lo fai inconsciamente e qualcun altro te lo fa notare. Secondo me, così rendi più onore ancora a chi ti ha dato l’ispirazione, soprattutto se è stato un grande scrittore.
#18 Comment By Angra On 21 maggio 2008 @ 13:32
Mumble mumble… molta carne al fuoco.
Sul copyright: anni fa frequentavo il forum ufficiale di Warhammer Fantasy Battle e Warhammer 40000. Questi pezzimmerdi, insieme ai viscidi leccapiedi che fungevano da mod (e quelli che aspiravano a diventarlo), erano riusciti quasi a convincere i ragazzini che comprarsi uno dei loro libri di regolamenti e scenari e poi prestarlo o anche solo raccontarlo a un amico equivaleva al crimine orrendo di violazione del copyright. Non solo: queste invereconde facce da culo parlavano e si comportavano come se elfi, troll e vampiri l’avessero inventati loro. Da lì cominciò a nascere il mio odio per il tondino con dentro la “c”. Venendo ai giorni nostri, il problema con il copyright è che le leggi vengono fatte da gente che vive in un altro mondo e non sa di cosa parla (come lo snob D’Alema, che si vanta pubblicamente di non sapere cosa sia un pc), o che ha forti interessi personali da difendere. Come Berlusconi, che essendo proprietario di una casa editrice e di una casa di distribuzione cinematografica è ovvio che preferisca mettere in galera un ragazzino che duplica un DVD piuttosto che un boss mafioso. Non c’è da stare allegri, né da pensare che comunque non si possono fermare i tempi: guardate cosa fanno in Iran, piuttosto che vedere qualche coscia al vento. Il problema non è tanto la repressione quanto la propaganda: a forza di pompare il concetto davvero riesci a convincere la gente che la pirateria è il peggiore dei mali.
Sull’originalità/ispirazione: siamo sicuri che il punto sia quello? Voglio dire: di fronte a un bel romanzo vedo un bel romanzo e basta, non mi frega niente se si è ispirato o ha copiato da un’altro, migliorandolo. Ci sono un sacco di scrittori/sceneggiatori/registi che hanno magari una buona idea e poi la rovinano con una pessima realizzazione. E poi, davvero si può essere originali? Ok, posso inventarmi mondi fantastici dove succedono cose stupefacenti ad ogni pagina, ma se diventa un genere allora poi tutti i romanzi di quel genere saranno uguali: cose stupefacenti ad ogni pagina, variando sui dettagli, fino allo sfinimento. Viceversa, mi sta benissimo la storia con il nano l’elfo il barbaro e il mago che vanno in cerca della spada magica per distruggere il signore del male, se i dialoghi sono spiritosi e brillanti e mi fanno venir voglia di continuare a leggere anche se so già come andrà a finire.
Il punto è anche che ciò che fa più o meno la fortuna di una storia è la capacità di creare empatia tra il lettore e i personaggi, e qui non c’è molto da inventare. La Troisi ha venduto 900.000 copie perché parla delle fregole amorose di una mezz’elfa frignona. Le lettrici frignone in fregola amorosa dimenticheranno in fretta che è un fantasy, ma chissenefrega, l’importante è che si identifichino con la protagonista.
#19 Comment By Tom On 21 maggio 2008 @ 14:32
La Troisi ha venduto 900.000 copie perché parla delle fregole amorose di una mezz’elfa frignona. Le lettrici frignone in fregola amorosa dimenticheranno in fretta che è un fantasy, ma chissenefrega, l’importante è che si identifichino con la protagonista.
Esattamente. Niente giri di parole, la Troisi ha venduto, e tanto, per questo motivo qua. Se non per altro, almeno sarebbe da ammirare per la mossa commerciale.
Concordo su quello che ha detto Angra, riguardo al buon romanzo, anche io sono del parere che non sempre il tema trattato in sè fa di una storia una bella storia, ma dipende molto dalla capacità dell’autore.
piccolo OT: per tutti quelli che vogliono farsi delle grasse risate: su Erika’s Fanfiction Page c’è un gran numero di ghiottonerie da non perdere. E non c’è la minima intenzione di Parodia!
ciao!
#20 Comment By Angra On 21 maggio 2008 @ 15:00
Naturalmente non volevo essere propositivo: per creare empatia tra i personaggi e il lettore c’è modo e modo. Quello che intendo dire è che i temi sono però gli stessi da 2000 anni, difficile scappare da lì. Poi uno ci può marciare sopra in modo più o meno compiaciuto…
#21 Comment By AryaSnow On 21 maggio 2008 @ 15:08
Ah guarda, questo è poco ma sicuro.
Anzi, per me proprio è il modo di trattare ed esprimere le cose ad essere fondamentale.
Che un’opera sia bella solo per il tema scelto mi sembra… alquanto difficile.
Anche se è vero che ci sono tematiche da cui ognuno di noi è attratto di più e quelle da cui si è attirati di meno. Ad esempio il tema di…
il nano l’elfo il barbaro e il mago che vanno in cerca della spada magica per distruggere il signore del male
… non stimola certo il mio interesse =P
Comunque mi trovo abbastanza d’accordo con la questione dell’originalità esposta da Angra :-)
#22 Comment By Gamberetta On 21 maggio 2008 @ 17:00
@Sandy85. Non so, a me sembra che le fanfiction siano un caso particolare dove il “comunismo letterario” non solo sia tollerato, ma sia indispensabile. Una fanfiction per forza di cose usa personaggi / ambientazioni / situazioni che sono di altri.
Se io scrivo una fanfiction con Sailor Moon, Frodo e Nicoletta, onestamente non vedo perché uno non potrebbe scriverne un’altra con Nicoletta, Harry Potter e James Bond. Come non vai a chiedere il permesso a Naoko Takeuchi per usare il personaggio di Sailor Moon, così non si capisce perché qualcuno dovrebbe chiedere il permesso per usare Nicoletta.
Non è che se uno “usa” una tua idea, tu perdi l’idea. Se due autori usano Nicoletta, tanto meglio, vuol dire che era un bel personaggio!
E in realtà la stessa cosa dovrebbe valere anche a livello commerciale. Come è stato per millenni. L’idea che uno non possa usare personaggi, ambientazioni, ecc. altrui è recentissima, per secoli e secoli l’umanità non si è mai posta questo problema, perché in effetti non è un problema.
Il primo cartone animato sonoro con Topolino è Steambot Willie, una copia/parodia di Steambot Bill Jr. di Buster Keaton. La Disney usò personaggi/idee altrui senza chiedere permesso a nessuno, e a nessuno la faccenda importò. Era il 1928, non il 1200.
Perciò al di là del plagio vero e proprio (copia parola per parola), per me il resto dev’essere permesso.
#23 Comment By Carlo On 21 maggio 2008 @ 17:15
Concordo con Gamberetta e Doctorow. E anche con Angra. Il copyright andrebbe semplicemente abolito, basta. Le conseguenze che vedo sarebbero positive: innanzi tutto, nel campo della letteratura ci si sforzerebbe di scrivere meglio. Pensateci: tutti possono strimpellare la chitarra, e tutti in effetti suonano piu’ o meno le stesse musiche. Ma c’e’ chi le suona meglio: e’ ovvio che si preferira’ ascoltare chi e’ noto per saper suonare meglio, e leggere chi e’ noto per saper scrivere meglio. La gente preferira’ leggere cio’ che e’ scritto da lui non tanto per l’idea della storia (che tanto le trame son sempre quelle), ma per il fatto che scrive bene. E no, non basta scopiazzare da quello che scrive bene, per scrivere bene.
E infine, insomma, basta: se si applicasse coerentemente la regola del copyright riguardo alle “idee”, virtualmente tutti i film porno sarebbero scopiazzature – le cose che si vedono sono sempre le stesse!!! Eppure la gente continua a produrne di nuovi, perche’ il mercato vuole sempre di piu’!!! :-D
#24 Comment By AryaSnow On 21 maggio 2008 @ 17:27
@Gamberetta:
Quindi tu consideri Fantasy tutta la Speculative Fiction, oppure solo i sottogeneri segnati in verde sullo schema che hai linkato?
Comunque, per curiosità… nell’altra pagina hai linkato i tuoi libri preferiti fra quelli che tu consideri Fantasy:
Da che parte di quello schema collochi ciascuno di essi?
Così, è una curiosità^^”
#25 Comment By Gamberetta On 21 maggio 2008 @ 17:39
@AryaSnow. Intanto ho sbagliato, il commento andava nell’altro articolo, non in questo. L’ho spostato, ma tanto ormai non mi salverò più dalla confusione! ^_^
Speculative Fiction è tutto (fantasy, fantascienza, horror), nell’ambito del fantasy poi ci sono tutti quei sottogeneri segnati in verde (più i sottogeneri “misti” con horror e fantascienza).
Per i romanzi (ma ognuno può avere opinioni diverse):
Un Americano ecc.: Fantasy, Alternate History.
Cuore d’Acciaio: Fantasy, Hard Fantasy, Science Fantasy, Elfpunk.
Le Porte di Anubis: Fantasy, Steampunk, Science Fantasy.
Il Prete: Fantasy, Urban Fantasy, Dark Fantasy.
Mangiatori di Morte: Fantasy, Heroic Fantasy, Historical Fantasy, Dark Fantasy.
Il Libro dei Teschi: Fantasy, Contemporary Fantasy.
#26 Comment By avvocatospadaccino On 21 maggio 2008 @ 18:10
x angra: hai rifatto in pillole la storia d’italia dal dopoguerra ad oggi. Bianchi contro neri, meglio che una partita di scacchi. e i Rossi? Solo un cognome italiano!
Ma quello che mi stupisce è come angra, di solito accurato, scada su di uno scivolone tanto evidente.
tante divisioni corazzate di esercito e carabinieri?
Ma dove? quando mai abbiamo avuto tante divisioni corazzate? Corazzate, dico!
Ma manco Mussolini!
uè, sta trafila di commenti era troppo noiosa, vogliamo viuleeeeeeeeeenzzaaaaaa.
Aspetto replica accesa.
scherzo. Giuro!
toast parola antispam? gnammy, sarà che sono già le 6….
#27 Comment By Tom On 21 maggio 2008 @ 20:26
questo paragone fatto da Carlo è interessante. In effetti nel campo della musica, come in quello letterario, sono numerosissimi i casi di scandalo a sfondo di plagio (come non ricordarsi “Almeno stavolta” di Nek palesemente identica alla canzone dei Sum41 oppure quasi tutte le canzoni di Zucchero, un inno alllo scopiazzamento) e, provare per credere, se mettete una persona dai 30 anni in su con una minima cultura musicale davanti Mtv vi dirà che è tutta roba già sentita. Ma la domanda lecita sarebbe: e allora!? Senza il fenomeno del ‘trarre ispirazione’ e del ‘tributo’ ci saremmo persi chissà quanti brani spettacolari, basti pensare a Jimi Hendrix e il suo idolo Bob Dylan, oppure all’esempio più calzante: i guns ‘n’ roses. Per non parlere di tutte le cover band eccellenti che ci sono in giro. Per la letteratura credo sia la stessa cosa. Il fantasy odierno sarebbe stato identico senza i pilastri Beowulf e leggende nordiche al seguito? non credo proprio. Quindi ciò che penso è che non si dovrebbe fare del Copyright un burqa, ma si dovrebbe solo usare a mò di brevetto, tutelando lo scrittore dal plagio vero e proprio (quando una persona copia/incolla il tuo lavoro e lo fa uscire con il suo nome) e basta.
Comunque molto carino lo schema proposto da Gamberetta! In effetti si tende un po’ troppo a giudicare libri semplicemente fantasy, e alla fine questo genere risulta abbastanza vago.
Ancora Anti spam word ‘ikea’… Migone fai qualcosa!
ciao!
#28 Comment By Angra On 21 maggio 2008 @ 21:26
@avvocatospadaccino: be’, molte in senso relativo ^_^
I rossi c’erano, ovvio, ma se ne sono stati parecchio buoni, perché sapevano bene che dall’altra parte c’erano molti che non aspettavano altro che un pretesto. Da parte dei rossi non ci si poteva aspettare comunque un colpo di stato in senso stretto, perché per il colpo di stato ci vuole l’appoggio di qualcuno nelle forze armate, e credo proprio che un comunista nell’esercito non ci sia mai stato in tutta la storia patria. Ci saranno stati dei piani rivoluzionari magari (che non mi risulta siano mai venuti fuori), ma dal ’45 in poi era ben chiaro che l’Europa era stata divisa in due e che l’Italia era finita sotto il controllo USA. Tutti sapevano che se ci fosse mai stata una seria sollevazione da sinistra gli americani avrebbero fatto in Italia ciò che i russi hanno fatto in Cecoslovacchia e in Ungheria (e che gli americani stessi hanno fatto in Cile). Per tutti questi motivi credo che alla dirigenza del Pci in fondo andasse bene vivacchiare allegramente all’interno delle istituzioni e non far troppo casino. Inoltre pare (lo disse Andreotti, non proprio un comunista) che anche il Pci in fondo avesse paura dell’URSS. Riguardo all’eversione armata delle BR, oggi pare abbastanza chiaro che sia loro che la loro controparte nera fossero in buona parte pedine nelle mani dei servizi segreti, che definire deviati sarebbe pleonastico.
#29 Comment By Carlo On 22 maggio 2008 @ 02:32
Tom scrive:
Ecco qua, detto chiaro e tondo: sottoscrivo in pieno!
(Grande Migone!!!)
#30 Comment By Angra On 22 maggio 2008 @ 10:49
Sì, oppure se una casa editrice si prende un tuo lavoro distribuito gratuitamente e lo pubblica a pagamento cambiando il nome dell’autore. Mi sembra un’eventualità piuttosto remota, ma nel caso sarebbe seccante. Oppure se ci fanno un film che incassa miliardi senza nemmeno citarti, come è successo con Terminator, ma lì lo scrittore gli ha fatto causa e ha vinto.
#31 Comment By alice On 22 maggio 2008 @ 17:48
Mi piace questo articolo, leggerò Little Brother appena potrò.
Comunque io sto ancora aspettando una tua recensione su uno dei libri di harry potter, gamberetta. :p
Non vedo l’ora di leggere quella de “la setta degli assassini” :)
#32 Comment By avvocatospadaccino On 23 maggio 2008 @ 01:58
e vai, angra torna sul suo argomento preferito: come sono cattivi gli americani. Con Contorno di: gi onnipotenti servizi segreti italiani deviati.
Ma voi ve li immaginate gli agenti segreti italiani anni 70?
più sfigati del peggior nerd mai visto in un film di porkies. Di sicuro giravano in fiat!
No, vi prego, almeno immaginiamoci un complotto massonico, tutti incappucciati, molto più figo, no? Ovviamente c’era già Silvio a tramare… sapete cosa mi rode? che il kkk non abbia mai preso da noi. Avevamo pochi neri, ma dico io, potevamo pur sempre importarli dall’africa, tanto vicina. Cioè una democrazia senza kkk, e poi si spiega perchè siamo sempre dei provinciali!
cercando di essere seri, io all’epoca non c’ero, ma credo che le br ci andarono vicino a sovvertire lo stato… come dice gamberetta, a volte basta solo dare l’impressione di essere pù forti e i pecoroni seguiranno. Domanda: ma perchè volete sempre una rivoluzione?
forse per evitare un’interrogazione domani per la quale non vi siete preparati abbastanza? O per evitare di pagare l’Ici?
tanto si sa come va a finire, “alla rivoluzione ci mandano ciccio terrone”, come canta la canzone.
#33 Comment By Angra On 23 maggio 2008 @ 14:37
@avvocatospadaccino: francamente non capisco il tuo tono polemico. Se leggi bene quello che ho detto (invece di leggere quello che fa piacere a te per il gusto di far polemica), ho dipinto gli americani di quei tempi per quello che erano, cioé non diversi dai russi. Qui da noi son stati più bravi a mostrare la faccia buona, in Cile un po’ meno.
Certo che i nostri servizi segreti erano sfigati, ci mancherebbe, infatti si son sempre fatti beccare. Se i vari governi che si sono succeduti non fossero sempre intervenuti a salvargli il culo nei processi apponendo il segreto di stato, ogni dirigente che ha occupato quei posti avrebbe fatto più galera di Silvio Pellico. Ciò non toglie che anche uno sfigato semideficiente può fare tutti i danni che vuole se ha a disposizione un’opportuna quantità di esplosivo. Apro una parentesi sul fatto che giravano in Fiat: certo che giravano in Fiat, semmai è l’unica cosa sensata che facevano. Se pensi che un buon agente segreto debba avere la Lotus Esprit o la Aston Martin o la Jaguar Xk8 allora la tua cultura sull’argomento è quella dei film di James Bond, e sto sprecando il fiato.
Le BR andarono vicino a sovvertire lo stato? Ma non scherziamo… semmai ebbero una funzione stabilizzatrice, come da sempre ha il terrorismo di qualunque colore da che mondo è mondo. Parli di argomenti che non conosci. Il complotto massonico infatti non c’è bisogno di immaginarlo, sia il generale Miceli che il suo vice e rivale Maletti erano iscritti alla P2. Va bene, a quei tempi non c’eri, ma uno si può sempre documentare invece che uscirsene a sparare cazzate a vanvera per il gusto di menarlo agli altri. Non stiamo parlando di opinioni, ci sono gli atti dei processi, che nonostante tutti gli omissis del segreto di stato tracciano un quadro abbastanza chiaro di quello che sono stati quegli anni.
Sul “perché volete sempre una rivoluzione”… ma con chi parli?
#34 Comment By avvocatospadaccino On 27 maggio 2008 @ 00:45
xangra,
ti ho fatto incazzare di nuovo, grande!
Pensa che sono io quello che qualche tempo fa ti ha spinto a togliere la possibilità di commenti anonimi sul tuo sito. Ci caschi sempre come un sacco di patate, perciò ti voglio bene, ma tu non mi crederai, pensi ad una semplice provocazione… mah… mi spezzi il cuore, davvero…
Br che stabilizzano il Paese, pura poesia. Senti, ma ci vieni con me a ringraziare i brigatisti per il favore che ci hanno fatto? Tanto sono già tutti fuori!
Ai rivoluzionari in erba consiglio la lettura del romanzo “Lenin a Zurigo” di Solgenitskiy (non si incazzino i puristi se sbaglio la traslitterazione) dove si legge di un Lenin che fece la rivoluzione perchè non aveva i soldi per vivere da borghese.
Alla recensione di Gamberetta aggiungerei un gambero marcio in più: il libro piccolo fratello, da quello che ne leggo, mi sembra ammalato di paraculismo… il solito complottelo in cui si trova invischiato un cazzaro senza alcuna importanza.
Nel Conte di Montescristo pure si parla di un complotto, ma quanto più credibile!
#35 Comment By Radio K On 25 novembre 2009 @ 13:12
Ho trovato la tua recensione dopo molto tempo dalla pubblicazione.
Sto leggendo l’edizione italiana, e mi trovo pienamente d’accordo con il tuo giudizio.
Penso che Doctorow sia riuscito a trattare i temi di cui solitamente discute sul suo blog in un modo accessibile per i più giovani. E’ un modo intelligente per avvicinare i ragazzi al problema della libertà d’informazione e del controllo dei dati. Devono potersi formare una coscienza critica rispetto alla Rete e ai media in generale.
#36 Comment By Ste On 22 dicembre 2009 @ 13:26
Oltre ai colpi di stato, se non si dispone di ufficiali dell’esercito a portata di mano, c’è il libro “la guerra di guerriglia” di tal Ernesto Guevara.
#37 Comment By Frattaglia On 27 luglio 2011 @ 18:20
Interessante questo libro, è uno dei rari che cerca di far pensare i lettori adolescenti invece di rifilar loro la solita avventura scema.
A parte che non capisco perché Malaparte si sia divertito a scrivere in francese, ma non sono d’accordo con lui :P E’ piena la storia di regimi caduti per sollevazione, alcuni sono caduti solo alcuni mesi fa e altri stanno sgretolandosi o sono sprofondati nella guerra civile.
In Italia l’integrazione dei socialisti al governo ha causato parecchi traumi e preoccupazioni tra i conservatori, per questo probabilmente qualcuno avrà pensato ai colpi di stato. Ma a parte la cialtroneria dei politici italiani, anche quelli che avrebbero voluto fare i golpisti, c’era il problemuccio che il 35% degli italiani era comunista, il 10% socialista e il 5% socialdemocratico. Un regime dittatoriale simile a quello cileno non si sarebbe mai potuto reggere con una tale massa di elettori di sinistra, considerando inoltre che i sovietici avevano sicuramente armato il pci sarebbe scoppiata una guerra civile. Allo stesso modo nel dopoguerra i comunisti non fecero la loro rivoluzione, più della metà del paese gli sarebbe andata contro, anche gli stessi elettori di sinistra.
Last but not least i soldati erano di leva, quindi significa che il 35% di loro era comunista, il 10% socialista e il 5% socialdemocratico. Un ufficiale che avrebbe dato l’ordine di arrestare Berlinguer si sarebbe preso una fucilata da qualche sottoposto come minimo.
#38 Comment By Frattaglia On 27 luglio 2011 @ 18:22
Ops, che AVESSE dato l’ordine! XD
#39 Comment By aealith On 18 ottobre 2011 @ 21:36
Ero indeciso tra qui e la fogna: adelphi ha ristampato “Tecnica del colpo di stato” di Malaparte. Dovrebbe stare sui 14 paperi. Non so se prima si trovasse in giro o meno ma potrebbe essere un’occasione per procurarselo se si è interessati.
#40 Comment By DagoRed On 19 ottobre 2011 @ 13:52
Io l’ho letto. Uno dei miei saggi politici preferiti ^_^
#41 Pingback By E adesso, cosa leggerà il Tapiro? | Tapirullanza On 23 febbraio 2012 @ 11:09
[...] Sci-fi contemporanea. Nell’ultimo decennio e mezzo, sembra che la fantascienza abbia vissuto una nuova rinascita, soprattutto – ma non solo – nel campo dell’Hard SF e della Space Opera. Gli argomenti spaziano tra un rinnovato interesse per la conquista del Sistema Solare e dello spazio profondo, alle intelligenze artificiali, alla Rete e alle sue comunità, alle singolarità tecnologiche, al declino statunitense. Tra gli autori che mi incuriosiscono di più: Greg Egan: Permutation City e la raccolta Oceanic. Charles Stross: Singularity Sky, Accelerando, Glasshouse, Halting State. Ted Chiang: la raccolta Stories of Your Life and Others, il romanzo The Lifecycle of Software Objects (sì, sembra il titolo di un saggio ma è un romanzo!). Paolo Bacigalupi: The Windup Girl (di cui ha parlato anche Giobblin, in questo breve articolo), la raccolta Pump Six and Other Stories. Cory Doctorow: Down and Out in the Magic Kingdom, Someone Comes to Town, Someone Leaves Town, o la raccolta A Place so Foreign and Eight More. Molti di voi forse lo conosceranno per il saggio Content e per il romanzo YA Little Brother, libri di cui Gamberetta ha parlato rispettivamente qui e qui. [...]