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Il bacio dell’ingenuo Jude

Pubblicato da Gamberetta il 5 marzo 2013 @ 15:34 in Fantasy,Italiano,Libri,Recensioni | 76 Comments

Copertina de Il bacio di Jude Titolo originale: Il bacio di Jude
Autore: Davide Roma

Anno: 2013
Nazione: Italia
Lingua: Italiano
Editore: Sperling & Kupfer

Genere: Dawson’s Creek + Dracula
Pagine: 289 (~65.000 parole)

Già da un paio d’anni si potevano cogliere segnali che il boom del fantasy in Italia si stava esaurendo. Adesso appare evidente: basta fare un giro per le librerie per rendersi conto che il reparto fantasy è sempre più striminzito. Resiste Martin grazie al successo internazionale, la Troisi è sempre presente – ma con meno enfasi rispetto ai tempi d’oro –, c’è un rigurgito di Tolkien in corrispondenza dell’uscita del film dell’hobbit e poco altro. Persino il paranormal romance perde colpi e rischia di essere riassorbito nella più ampia categoria del rosa.
Si pubblicano meno titoli, e meno titoli scritti da italiani. Il che, visto l’andazzo, è un bene. Sono passati quasi dieci anni dall’uscita dei primi romanzi di Licia Troisi e da quel momento c’è stata una corsa affannosa, a opera di editori grandi e piccoli, per pubblicare schifezze sempre più abominevoli. Ogni volta che sembrava si fosse raggiunto il fondo del barile – si trattasse della Strazzulla, o di G.L., o del Ghirardi, o dell’ennesima porcata della stessa Troisi – il romanzo successivo dimostrava che non c’è limite al peggio. Si è toccato il fondo e si è cominciato a scavare con entusiasmo. Così si è passati da Lenth ad Amon, da Arsalon a Unika, in un crescendo di spazzatura sempre più ributtante.

Un bel branco di anime ingenue (o stupide) ha applaudito al successo della Troisi: tale successo, secondo costoro, pur poggiando su romanzi scritti da cani, avrebbe fatto da apripista per opere di maggior pregio. Non è accaduto. È successo invece che gli editori si sono resi conto di poter rifilare al pubblico qualunque merda e cinicamente lo hanno fatto.
Questo atteggiamento ha anche influito negativamente sugli aspiranti autori fantasy. Una delle frasi che ho sentito – che sento – più spesso è: “Se pubblicano la Troisi, perché io no?” Senza rendersi conto che un romanzo scritto al livello di quelli di Licia, o anche peggio, come più volte mi è capitato di leggere, meriterebbe di essere bruciato, non di essere pubblicato.

Nihal della Terra del Vento
L’alba dell’orrore

Poteva succedere altrimenti? Non credo.
Il problema di fondo dell’editoria in Italia, almeno per quanto riguarda la narrativa (fantastica), è l’assunzione a principio universale e inviolabile che non ci sono criteri oggettivi per giudicare un romanzo. Se sei davvero convinto che i gusti sono gusti e non esiste alcun altro parametro di valutazione, non trovi problemi a pubblicare il romanzo del tuo amico o del tuo parente. In fondo a te piace, giusto? Così come non ti sembra di trattare a pesci in faccia il tuo pubblico se inauguri una collana fantasy con la Strazzu invece che con Swanwick: i gusti sono gusti, io preferisco la Strazzu a Swanwick, che male c’è?
E a furia di applicare questo principio, l’editoria si è ridotta a diventare una famiglia di subnormali, di quelle dove da generazioni ci si accoppia tra parenti. Girano sempre gli stessi nomi e le stesse idee. Tanto i gusti sono gusti, perciò l’ennesimo paranormal romance di mia cugina undicenne o l’high fantasy tolkeniano del mio amico falegname hanno lo stesso identico preciso valore dell’ultimo romanzo di VanderMeer o di Mellick o di Felix Gilman.
Ogni discorso riguardante la narrativa in Italia naufraga nel mare indistinto delle opinioni. Nessuno è mai responsabile delle proprie scelte perché tanto non c’è mai niente di oggettivo. Gli scrittori più scarsi sono considerati geni, gli editor più ignoranti seri professionisti, le case editrici che pubblicano vaccate sono pinnacolo di cultura. E non c’è possibilità di replica, perché qualunque argomentazione si scontra contro il muro de i gusti sono gusti e analisi oggettive sono ridotte a mere opinioni personali.
E quando una casa editrice va in fallimento, una collana chiude o un autore vende pochissimo, sorgono dei dubbi sull’operato delle persone coinvolte? Non sia mai! È solo colpa del pubblico che dovrebbe ingurgitare schifezze senza sosta ed esserne sempre felice.

Ci sono soluzioni? Sono scettica. Perché una persona intelligente di fronte a tale endemica idiozia o si adatta sfruttando a suo vantaggio il sistema – e dunque alimentandolo – oppure si dedica ad altro. La famiglia dei subnormali attira solo nuovi ritardati o persone che non lo sono ma si comportano come tali.

* * *

Ho sentito parlare per la prima volta di Davide Roma un paio di anni fa. Alcuni lettori del blog mi segnalarono l’esistenza di questo tizio perché era stato citato in un articolo sul Corriere della Sera. Mi ricordo che poi lessi alcune interviste dalle quali scoprii che: il signor Roma era amyketto di Tiziano Scarpa e aveva frequentato la scuola di scrittura di Raul Montanari; il signor Roma non aveva le idee chiare sui sottogeneri del fantasy e aveva appena firmato un contratto con Einaudi.

Davide Roma
Davide Roma. La foto si intitola Touch of Evil. Sigh

Dopodiché Davide Roma sparì dal mio radar.
Due anni dopo Roma non ha più pubblicato con Einaudi – che a quanto pare ha chiuso con il fantasy, o almeno così sembra constatando che è da tempo che non annuncia più nuove uscite nel genere – ma con Sperling & Kupfer. Il suo romanzo d’esordio, Il bacio di Jude, è uscito a fine gennaio.

Per una serie di circostante disgraziate, mi sono ritrovata a fare un lunghissimo viaggio in treno con l’unica distrazione del romanzo di Roma, e così l’ho letto. Al termine dell’agonia mi sono detta che forse valeva la pena recensirlo: mi sarei divertita(?) a scrivere una recensione come ai vecchi tempi e avrei verificato se funziona bene la moderazione con un articolo che è probabile attiri molti commenti.
In più il dettaglio della scuola di scrittura mi è parso interessante: vale la pena frequentare le scuole di scrittura italiane? Raul Montanari, il “maestro” di Davide Roma, si è sperticato in lodi per il suo allievo. Lo ha definito “talento sicuro”, “eccezionale”, “Uno dei talenti più puri che siano mai passati fra le mie mani”. Inoltre in un’intervista ha dichiarato:

Un corso di scrittura davvero ben fatto, che insegni qualcosa e non frigga l’aria come fanno quasi tutti, deve poter presentare delle credenziali, fra cui il numero di autori usciti dal corso con una pubblicazione significativa. Non è l’unico parametro per giudicare l’efficacia del corso, ma di sicuro qualcosa vuol dire.

A me sembra che non sia un gran criterio, direi che è un criterio più significativo vedere come scrivono gli allievi usciti da queste scuole. Che siano stati pubblicati o no. Come scrive Davide Roma dopo aver frequentato la scuola di scrittura di Raul Montanari? E teniamo a mente che Roma non è un allievo qualunque, è un allievo eccezionale con un talento puro & sicuro.
Per usare un’espressione che mi fa tacciare di essere maleducata e kattiva, ma che ispira le giuste immagini, Davide Roma scrive come un ritardato fuggito dalle fogne. E questo se ci limitiamo allo stile. Se prendiamo in considerazione le “idee” – le virgolette sono d’obbligo – del suo romanzo siamo a livello Strazzu. Il primo romanzo di Boscoquieto del Ghirardi per certi versi racconta una storia simile a quella di Roma e lo fa meglio. No, non sto scherzando. La corsa affannosa a pubblicare spazzatura è arrivata a un punto per cui ci si riduce a rimpiangere il Ghirardi. Signor Sperling? Signor Kupfer? Complimenti! Posso stringervi la mano?

Magari sono davvero troppo kattiva. Be’, giudicate voi, con una similitudine emblematica. Dice molto sulla qualità dello stile:

A Times Square [Jude] attraversa la folla, come un petalo bianco su un ramo nero. Controcorrente.

Il personaggio attraversa la folla come un petalo bianco su un ramo nero, ovvero controcorrente. Ma cosa diavolo vuole dire? Da quando i petali (bianchi) sui rami (neri) si muovono? Come immaginarmi un petalo (bianco) fermo su un ramo (nero) mi aiuta a visualizzare un personaggio che attraversa controcorrente la folla?

Folla & foglia
Una foglia (bianca) su un ramo (nero) descrive in maniera sopraffina una folla in movimento

Conosco un sacco di persone che senza aver mai frequentato la scuola di Raul Montanari non scrivono metafore tanto stupide. E a proposito di tale scuola, Raul Montanari, nella già segnalata intervista, ci tiene a precisare che il romanzo di Roma ha avuto l’editing dell’agenzia editoriale Punto&Zeta, fondata da due sue allieve: Chiara Beretta Mazzotta e Pepa G. Cerutti. Complimentoni anche a loro!

Naturalmente una metafora disgraziata può capitare a tutti – in verità no, specie quando hai avuto due anni per revisionare il tuo romanzo prima della pubblicazione, e specie quando hai già avuto l’editing di un’agenzia editoriale e poi ancora l’editing di una casa editrice –, ma facciamo finta di niente. Quando le metafore disgraziate diventano due o tre o più magari significa che non sai usarle. E alla scuola di scrittura di Raul Montanari non ti hanno insegnato.

Tre buoni a nulla capaci di tutto. Durante l’intervallo, dragavano i pavimenti di linoleum verde dei corridoi, tumultuosi di voci, come una falange arcigna e compatta.

Perché notoriamente una falange compatta – e arcigna, non lo scordiamo – quando cammina sul linoleum non può far altro che scavare… Da notare l’uso balordo delle virgole intorno a “tumultuosi di voci” che può indurre a pensare che a essere “tumultuosi di voci” siano i pavimenti.

[...] e davanti al muro un enorme orologio a pendolo dalla forma bizzarra, simile a un sarcofago: sembrava più largo del normale, come se avesse le anche di un contrabbasso.

Da quando la forma di un sarcofago sarebbe “bizzarra”? “Sembrava più largo del normale”: interessante, qual è il “normale” per un orologio a pendolo dalla forma “bizzarra” simile a un sarcofago? “Come se avesse le anche di un contrabbasso”: ok, sarò pignola, ma questa espressione riguarda la forma non le dimensioni; non necessariamente avere una determinata forma implica avere una determinata larghezza. Va bene, volendo si capisce quello che Roma intendeva, ma devo fare uno sforzo interpretativo che mi allontana dalla storia. Da un talento puro & sicuro mi aspetto un uso del linguaggio molto più preciso.

Con un misto di eccitazione e terrore, come se si trattasse di un passaggio temporale, di un buco nero, Jude infilò le braccia nel sipario e lo aprì.

Immaginatevi il set dove girano il film tratto dal romanzo. Un assistente si avvicina all’attore che interpreta Jude e gli dice: “Adesso devi aprire il sipario, mi raccomando con eccitazione e terrore. Come se infilassi le braccia in un buco nero, chiaro, no?”
Tra l’altro come sempre c’è l’adagiarsi pigro sulla mediocrità: termini astratti e via con Dio. Se, per esempio, al posto di quella “eccitazione” ci fosse scritto che Jude ha un’erezione che tende il cavallo dei pantaloni, sono sicura che il passaggio rimarrebbe ben più impresso.

[...] la sua dimensione umana rifiutava il Male, rifiutava la consapevolezza di ospitare Shaitan, come un arto metallico che viene rigettato.

Ah, allora si capisce! Il rifiuto della consapevolezza è come il rigetto di un arto metallico, esperienza comune a tutti. Proprio il genere di metafora che rende più chiara una storia.

Non sono neanche metafore belle. Non sono frasi poetiche che rimangono in mente, sono frasi buttate là che non aiutano la comprensione e non sono piacevoli da leggere. Non sono neppure metafore divertenti o particolari, che in teoria possono mostrare il modo di ragionare di un personaggio – a parte che Roma usa un obbrobrioso narratore onnisciente perciò al massimo si aprirebbe una finestra sul suo modo di pensare, e onestamente non credo che ai lettori freghi niente.

Kill the Dead di Richard Kadrey inizia così:

bandiera EN Imagine shoving a cattle prod up a rhino’s ass, shouting “April fool!”, and hoping the rhino thinks it’s funny. That’s about how much fun it is hunting a vampire.

bandiera IT Immagina di ficcare un pungolo per bestiame su per il culo di un rinoceronte, gridando “Pesce d’aprile!”, e sperando che il rinoceronte lo trovi divertente. Dare la caccia a un vampiro è più o meno divertente uguale.

Copertina di Kill the Dead
Copertina di Kill the Dead

Paragonare il “divertimento” di una caccia al vampiro al “divertimento” di infilare un pungolo su per il culo di un rinoceronte non è una similitudine che chiarisce di molto la situazione, dato che una percentuale esigua di lettori avrà esperienza con il sedere dei rinoceronti, tuttavia mostra bene la voce del personaggio. Senza raccontare che il protagonista è sarcastico e volgare, lo vediamo.
Ma, come detto, le metafore di Roma non hanno senso in sé e non aiutano a capire la psicologia di alcun personaggio. Sono solo ridicole.
Non mi sento di dare la colpa alla scuola di scrittura di Raul Montanari, magari Roma era assente alla lezione sulle figure retoriche.

* * *

Mi sono lasciata prendere la mano, torniamo a monte, con la trama dell’opera. Il sito ufficiale presenta il romanzo in questo modo:

A diciassette anni tutti credono di essere potenti. Invincibili. Immortali. Jude Westwick lo è davvero.
La vita in un paese piccolo come Twindale, Massachusetts, può essere noiosa. Molto noiosa. Ma Jude Westwick, diciassette anni e un animo ribelle, ha trovato un modo tutto suo per evitare la monotonia della provincia: infrangere ogni regola. Ecco perché si diverte a fumare nel cortile della scuola proprio sotto il cartello VIETATO FUMARE, e a fare a pugni nei corridoi solo per attirare l’attenzione di Emily, la biondina per cui si è preso una cotta colossale. Ed ecco perché il preside ha deciso di punirlo. Costringendo lui, e il suo migliore amico Big Head, a passare il sabato pomeriggio in biblioteca.
Jude è furioso. Eppure, quel pomeriggio, in biblioteca la sua vita cambierà per sempre. Infatti, sfogliando i vecchi giornali dell’archivio, s’imbatte nella notizia di un efferato fatto di sangue, consumato quarant’anni prima, proprio nel sotterraneo della casa in cui abita con i genitori. Incuriosito, decide di cercare il passaggio per il sotterraneo e scopre così un segreto terrificante: una stanza chiusa a chiave da sempre, piena di misteriosi volumi vergati a mano. Volumi che parlano di lui.
In quella stanza è sepolto l’intero destino di Jude. Un destino spaventoso, oscuro, crudele. Ma il destino è davvero ineluttabile? O c’è un modo per cambiare ciò che è già scritto? Grazie all’amore di Emily, e all’aiuto di Amber, una tormentata ragazza dai capelli rossi come il fuoco, Jude dovrà imparare a conoscere la sua vera natura e a dominarla. Compiendo così la scelta più difficile di tutte: quella tra il Bene e il Male.

Un ribelle di diciassette anni potente, invincibile, immortale che fa? Fuma in cortile sotto il cartello VIETATO FUMARE… Ho la pelle d’oca dalla paura! Sono davvero le avvisaglie che il destino di Jude sarà spaventoso, oscuro, crudele. E per non far torto a G.L., aggiungerei malsano, osceno & blasfemo.
Ma qual è il segreto terrificante che Jude ha scoperto nel sotterraneo di casa sua? Jude ha scoperto di non essere un normale ragazzo: in lui vive il potentissimo (e spaventosissimo, oscurissimo, crudelissimo, malsanissimo, oscenissimo, blasfemissimo) demone Shaitan. Jude è destinato ad assecondare il potere di Shaitan e ad aiutare la setta segreta – così segreta da essere su Facebook – della Golden Dome a conquistare il mondo. Ma Jude non vuole cedere al Male (come in ogni fantasy che si rispetti, quando si parla di Male è sempre con la M maiuscola) rappresentato da Shaitan… avrà la forza di affrontare la sorte avversa e di liberarsi del demone? O cederà al Lato Oscuro, che offre ottimi biscotti? Probabilmente non lo saprò mai, dato che non leggerò i seguiti: Il bacio di Jude è, tanto per cambiare, il primo volume di una trilogia.

L’altra preoccupazione di Jude, oltre a Shaitan, è l’amore: chi è la sua anima gemella? Emily, biondina dolce, tenera e carina appena trasferitasi da un’altra scuola; oppure Amber, che ha la passione per l’occultismo e con la quale Jude percepisce di avere un legame speciale?
Per fortuna gli aspetti romance passano spesso in secondo piano. È una fortuna perché Roma alle prese con le scene romantiche scrive ancora peggio che non quando si dedica agli orologi dalla forma bizzarra. Un esempio:

«L’avevo notato», [Emily] si chinò su di lui [Jude]. Fu come gettare un fiammifero acceso in un silos di benzina. Si annusarono come cani. Il corpo di Emily era sottile come una fionda in tensione, ma formoso nei punti giusti. Emanava un profumo che Jude avrebbe per sempre associato alla pura beatitudine.

Cosa c’è di più romantico e sensuale di annusarsi come cani? E anche le immagini del “silos di benzina” e della “fionda in tensione” sono proprio il genere di immagini che ben si sposano con una scena romantica. Chissà se alla scuola di scrittura di Raul Montanari ci sono state lezioni su come scrivere scene di questo tipo…

Cane + Fionda + Silos
Trionfo del romanticismo

Davide Roma, in una recente intervista, ha dichiarato che Il bacio di Jude nasce:

[...] dal rifiuto di dare al lettore qualcosa di banale. [...] Ho cercato di non essere un autore direi stitico, uno di quelli che si limitano a sviluppare un’idea semplice semplice e l’allungano come si allunga il brodo.

E in effetti, all’apparenza, il brodo non l’ha allungato: Il bacio di Jude non è un romanzo lungo, sono circa 65.000 parole – per fare un paragone Twilight sono circa 111.000 parole, e Gli eroi del crepuscolo della Strazzu 220.000 parole. Peccato che Il bacio di Jude sia da un lato noiosissimo, tanto da sembrare dieci volte più lungo di quello che è, e dall’altro sia pieno di scene e di incisi inutili.
Il Ghirardi ci teneva a raccontare quali condimenti fossero sulla pastasciutta che mangiava Bryan e non potevamo fare a meno di sapere delle partite a calcetto; Roma invece ha la passione per Facebook: Facebook viene citato più di venti volte, e ci sono passaggi di questo tenore:

Poi via, a controllare la posta e i messaggi accumulati nell’Inbox di Facebook.
Come dice sempre Big Head: lo studio e i compiti mi distraggono da Facebook, pensò [Jude] ad alta voce.
Aveva seicento amici. La cifra giusta, più o meno. Lo aveva letto in un articolo su Rolling Stone, dove si sosteneva che se ne hai pochi sei un perdente, e se ne hai troppi, migliaia, non sei abbastanza elitario per essere ambito. A Jude era sembrata una scemenza. Comunque, i suoi amici erano in gran parte ragazze. Ci teneva a mantenerle in netta maggioranza. Un grazioso, seducente portfolio di volti femminili. Controllò la foto in posa da ribelle. Dieci persone avevano cliccato su LIKE. Tutte ragazze. Buon segno. Come status del giorno postò una frase di Nietzsche scritta su un poster appeso davanti a lui, un regalo di Connor: «Il deserto cresce: guai a colui che nasconde in sé dei deserti»

oppure:

[Jude] Accese il MacBook. Inserì username e password (Anne Hathaway). Quando si aprì la schermata, attivò la connessione wireless. Il solito: controllo nuove mail e Facebook. Una sbirciatina al riassunto delle ultime ore. Rifiutò, come sempre, gli inviti a iscriversi a gruppi per evitare di ricevere tonnellate di spam. Poi sul suo wall. Cinque persone avevano cliccato LIKE sotto l’ultimo post.
Si mise a sbirciare le foto e le info di alcune compagne di scuola. A volte Facebook gli ricordava la bacheca dei trofei della Twindale High: è il trionfo del narcisismo e dimostra che per ogni voyeur ci sono cento esibizionisti pronti a soddisfarlo. Poi decise di fare delle modifiche al suo profilo. Alla voce interests, dopo musica, cinema e night life aggiunse: esoterismo. Ci stava provando, perlomeno. Poi gli venne un’idea. Sul motore di ricerca di Facebook digitò: Golden Dome.

o ancora:

[Jude] Tornò su Facebook e diede una sbirciatina al profilo di Amber. Da un po’ di tempo, quella ragazza continuava a tornargli in mente, chissà perché.
Interests: Wicca, demonologia, magia.
Jude si palpeggiò il pomo d’Adamo, pensieroso. L’aveva sottovalutata. Era ora di approfondire la conoscenza.
In quel momento Facebook gli comunicò che Emily l’aveva confermato come amico. Una miniera d’oro di informazioni su di lei si spalancò sotto i suoi occhi. Lo sguardo corse subito al relationship status… single. Tirò un sospiro di sollievo. Nata il 28 Maggio 1995. Ottimi gusti musicali. Si descriveva romantica e sognatrice. I suoi interessi: leggere, ballare, tennis, barca a vela, film, collezionare sandali, pattinaggio artistico. In ordine sparso.

Nel finale si raggiunge il ridicolo: Jude deve fuggire in Alaska(sic) lasciandosi dietro l’innamorata, in più è probabile che sarà inseguito da tizi con cattive intenzioni e:

Tornato a casa, Jude si collegò a Facebook, rispose ai messaggi inevasi nell’Inbox, diede un’ultima malinconica occhiata alle foto, agli amici, ai post, ai commenti, poi cliccò su SETTINGS, mosse il cursore su ACCOUNT SETTINGS, poi su DEACTIVATE ACCOUNT.
Decise di mettere un po’ d’ordine: raccolse le custodie vuote di cd sparse a terra e le infilò nel raccoglitore a colonna. Inserì nel MacBook il suo album preferito dei Radiohead: Ok Computer. Poi aprì iTunes e creò una nuova playlist, mixando Radiohead, 30 Seconds to Mars, una spruzzatina di glam rock di David Bowie e un paio di notturni di Chopin. Quindi agganciò il cavetto dell’iPod al Mac per trasportare la playlist. L’avrebbe ascoltata durante il lungo viaggio, fino all’Alaska. Se fossi sordo sarebbe come morire, pensò.

Il mondo mi sta crollando addosso, ma connetto il cavetto del mio iPod al mio MacBook e mi carico la playlist fatta con iTunes. Speriamo che almeno la Apple abbia pagato Roma per la pubblicità.

iPad mini
Il nuovo iPad mini: fino a 64GB di memoria, Wi-Fi, Bluetooth, display Multi-Touch retroilluminato LED da 7,9 pollici con tecnologia IPS e risoluzione 1024×768, processore A5 dual-core, fotocamera iSight da 5MP. Tutti i personaggi cool del romanzo usando prodotti Apple, mentre il preside della scuola usa nella biblioteca un computer Acer con Windows. Che sfigato! Nota per i signori Apple che mi leggono: la pagina delle donazioni è qui

La cosa “bella” è che Jude non scopre niente di significativo su Facebook o usando i prodotti della Apple, né Facebook o l’iPhone/iPod/iMac (sì c’è anche l’iMac oltre al MacBook) hanno alcun ruolo nella trama, né questo insistere su Facebook e la Apple aiuta a definire il carattere di Jude.
Sono passaggi messi così come capita, perché uno scrittore dal talento puro & sicuro non ci arriva a capire quali scene servono nell’architettura complessiva e quali si possono, si devono tagliare. Non arriva neanche a capire quali scene sono almeno interessanti. Nulla. Scrive come gli viene: Jude torna a casa da scuola e guarda Facebook, perché sì, cosi come Bryan si concentrava sulla pasta al sugo. Scrivo tutto quello che mi passa per la mente e bene così.

Ci sono poi le solite spruzzate di inforigurgito che sono sempre ottime per accumulare parole inutili. Per esempio:

Lo chiamavano John Doe. Il nome utilizzato nel gergo giuridico statunitense per indicare una persona dall’identità sconosciuta, come, per esempio, nel caso di ritrovamento di un cadavere non identificato. Come dire: Mr. Nessuno.

Un bel chissenefrega? Rifacendo l’esempio del cinema già fatto a suo tempo nell’articolo sul mostrare: immaginate di guardare un film, appare un nuovo personaggio ed ecco spuntare il regista con un cartello dove è scritto il nome del personaggio e perché si chiami così. Sarebbe ridicolo. Lo è anche in narrativa.

Piccolo Quiz

Piccolo quiz: in effetti, in un film horror stupido ma divertente di alcuni anni fa, ogni volta che entrava in scena un nuovo personaggio compariva una scheda con dati personali e commenti ironici. Sapete il titolo?

Feast film del 2005 diretto da John Gulager.

Locandina di Feast
Locandina di Feast

Escluse le scene inutili, il resto del romanzo è un collage di scene cliché già viste in un’infinità di film e di telefilm. C’è la scena dove il nostro eroe usa i suoi poteri maggici per picchiare il bullo della scuola, la scena dove il nostro eroe usa ancora i suoi poteri maggici per umiliare il bullo della scuola a biliardo, la scena dove il nostro eroe è punito ingiustamente dal preside per aver picchiato il bullo di cui sopra in quanto il padre del bullo è il più ricco della città, ecc., ecc. Sono scene ricalcate su modelli già visti senza neanche un pizzico di originalità e senza neppure la pezza dell’autoironia.
Forse è meglio cosi: quando Roma cerca di essere originale i risultati sono atroci. Per esempio, poteva mancare un interrogatorio con il poliziotto buono e il poliziotto cattivo? No. Solo che Roma decide di far convivere entrambi i poliziotti nello stesso personaggio, il John Doe di cui ho già accennato, quello che, mi preme ribadirlo, ha un nome che viene usato nel gergo giuridico statunitense per indicare una persona dall’identità sconosciuta, come, per esempio nel caso di ritrovamento di un cadavere non identificato, insomma un Mr. Nessuno – sì, questo inciso è fastidioso, incisi così sono fastidiosi anche quando appaiono nei romanzi, magari gli scrittori all’ascolto una buona volta lo capiranno. In ogni caso, il poliziotto buono/cattivo di Roma è questo:

«È acqua passata», tagliò corto John Doe. «Io sono qui per un’altra ragione. Tu conosci un ragazzo di nome Jude Westwick?»
Eric impallidì di colpo, come se l’avesse schiaffeggiato. «Sì, lo conosco. Perché le interessa?»
«Non sono affari tuoi», John Doe, all’improvviso, aveva cambiato tono di voce. Amava il giochetto dello sbirro buono e quello cattivo: con una scissione schizofrenica interpretava entrambi i ruoli. «Raccontami cosa sai di Jude Westwick.»
[...]
John Doe si umettò un dito, e lustrò il cristallo dell’orologio. «Ora devo andare. Mi sei stato molto utile», disse lo sbirro buono. «Ma mi raccomando: non una sola parola con i tuoi amici sul nostro incontro. Mi sono spiegato?» aggiunse lo sbirro cattivo.
«Certo», balbettò Eric. Grande, grosso e fifone.
«Mi sono spiegato?!»
Eric annuì tre volte.
Lo sbirro buono gli diede un buffetto sulla nuca. «Bene. In fondo, sei un bravo ragazzo.»

Notare la “schizofrenia”: il poliziotto cattivo aggiunge “?!” al termine delle battute oppure addirittura chiarisce, con improvviso cambio di tono di voce, che certe cose non sono affari dell’interrogato. Da brividi!

Questo John Doe, oltre a essere un agente dell’FBI specializzato negli interrogatori – “In realtà, non era solo bravo: era il migliore.” –, lavora anche per i Penitenti Bianchi, una setta segreta che si oppone alla Golden Dome.
John Doe:
1) È convinto che Shaitan porterà alla fine del mondo o giù di lì.
2) È stato indottrinato fin da piccolo a credere al punto 1).
3) I suoi genitori sono stati uccisi da Shaitan quando Jude era ancora neonato.
John Doe riesce a catturare Jude incarnazione di Shaitan…

L’uomo gli piegò un braccio dietro la schiena, con una mossa da poliziotto, e gli infilò una manetta. Quando Jude si voltò per vedere chi era, quello gli spruzzò in faccia uno spray urticante al peperoncino. Il bruciore lo privò della lucidità per alcuni secondi, sufficienti a essere spinto sull’altra sedia, ed essere ammanettato.

(parentesi di apprezzamento per il Davide Roma alle prese con le scene d’azione: sono così coinvolgenti ed emozionanti! Qui per esempio lo senti proprio il dolore del braccio piegato dietro la schiena e ti sembra proprio che anche a te brucino gli occhi per colpa dello spray. Santiddio.)

… ed è a un passo da ucciderlo. Cosa fa?
Come nelle scene di questo tipo più cliché che si possano immaginare, John Doe si mette a chiacchierare, a spiegare a Jude come ha fatto a catturarlo, vuole sottolineare che lui è un Buono e non farà male ai genitori di Jude, ecc. Finché, puntuale, non giunge il Deus Ex Machina a salvare Jude: senza ragione arrivano di corsa Amber e Liana(sic) che mettono fuori combattimento John Doe.

«Amber ha fatto un sogno. Una premonizione. Non ne era sicura. Quando mi ha chiamato per chiedermi un consiglio, ho capito tutto, e ci siamo precipitate qui», spiegò Liana.
«Come facevi a essere sicura che non fosse un semplice sogno?» [disse Jude]
«Gemini
«Cosa?»
«Tu e Amber siete legati in qualche modo, come anime gemelle. Può capitare, nel mondo della stregoneria. Viene chiamato ‘vincolo Gemini’.»

Se almeno ci fosse dell’ironia in tutto ciò, se l’autore strizzasse l’occhio al lettore ammettendo la banalità di quanto avviene, forse un mezzo sorriso ci starebbe. Ma qui è tutto serio. Stupidamente serio.

Fotogramma da Shaitan
Un fotogramma da Shaitan, film indiano di un paio di anni fa. Come Jude, i signori qui sopra devono combattere i loro demoni interiori

Tra una scena inutile e una scena cliché, una scena idiota e una solo scema, si possono gustare alcuni dei dialoghi più insulsi che mi sia mai capitato di leggere. Dialoghi che sono domande e riposte a raffica, molto poco naturali, e che suscitano un interesse pari a zero. Per esempio, questo è il primo dialogo tra Emily e Jude:

Jude uscì. Due ragazzi si lanciavano un frisbee. Emily era là, seduta su una panchina, con le poesie di Sylvia Plath in mano. Quando le fu davanti, la sua ombra le impedì per un istante di leggere.
Lo riconobbe. «Tu…»
«Ti stavo cercando.»
«Perché?»
«Sei sparita. Mi chiedevo dove fossi.»
Emily chiuse il libro. Lo guardò severa. «Non mi piace la violenza.»
«Neanche a me.»
«Cosa?» Sembrava sgomenta. «Mi prendi in giro?»
«No.»
«Mi piacevi molto. Almeno finché non hai fatto a pugni. Ero convinta che fossi diverso.»
«Da chi?»
«Da Eric, da tutti gli altri.»
«Lo sono.»
«Sì, tu sei più forte.»
«Stava picchiando il mio migliore amico. Cosa avrei dovuto fare? Tutte le storie sulla non violenza vanno bene, se ti piace essere preso a calci nel sedere. Poi c’è un’altra ragione.»
«E cioè?»
«Tu.»
Emily si puntò un dito contro. «Io?»
«Mi stavi guardando. Non volevo, ecco…» si grattò la testa, imbarazzato. «Non volevo fare la figura del perdente.»
Lei fece una risatina che si levò nell’aria come un trillo. «Una prova di forza per fare colpo?»
«Be’, sai, a volte i ragazzi sono un po’ stupidi. Ragionano come cavernicoli.»
Un sorriso lampeggiò sciogliendo l’espressione di rimprovero sul volto di Emily.
«Ehi?»
«…»
Ora si lanciavano occhiate mordi-e-fuggi, come se fossero incapaci di fissarsi a lungo negli occhi.
«Cosa pensi?»
«Hai fatto bene a dargli una lezione. Se la meritava proprio.»
«Hai cambiato idea?»
«No, volevo vedere come reagivi alle critiche. L’autoironia è importante. Chi l’avrebbe mai detto, stai guadagnando punti…»
«Quanti?»
Tamburellò, pensierosa, sulla copertina del libro. «Non si sa.»
«Sei una che non si sbilancia. Cosa stavi leggendo?»
«Poesie. In realtà, stavo scrivendo. Ho il vizio di scrivere sui margini dei libri.»
«Un diario?»
Schioccò le labbra. «Haiku.»
Jude non disse niente.
«È un genere letterario giapponese. Poesie di tre versi e diciassette sillabe.»
«Solo tre versi… e ti bastano?»
«Di solito.»
«Posso leggere?»
«Se ti va.»

In realtà continua, ma ho tagliato qui, tanto l’andazzo è sempre quello. Il mio scambio di battute preferito direi che è:

«Ehi?»
«…»

Solo un talento puro & sicuro saprebbe catturare così bene il feeling che si crea tra due persone che stanno per innamorarsi. Circa.

Jude e Amber:

«Ho ricevuto il tuo messaggio.» [disse Jude]
Amber abbassò l’altra gamba, si voltò e guardò in basso. «Lo so.»
«Di cosa volevi parlarmi?»
«Prima aiutami a scendere.»
Jude si avvicinò. Amber si puntellò sulle sue spalle e gli finì in braccio, civettuola. Gli sfiorò quasi le labbra, e per un attimo a Jude venne voglia di baciarla. Ma Amber si ritrasse e appoggiò i piedi a terra. C’era una strana intimità con lei, come se di colpo solo con Amber Jude sentisse di poter essere davvero se stesso.
Jude si schiarì la voce. «Allora?»
«Quello che è successo stamattina.»
Lui si spazientì. «Ancora con questa storia. Sembri mia madre.»
«Ah, che carino! Per me è una grande soddisfazione ricordarti la mamma! Eric sta raccontando in giro che l’hai colpito con un tirapugni che, in qualche modo, doveva essere arroventato da una parte.»
«Eh?»
«Questa è la spiegazione che è riuscito a darsi. Aveva una specie di bruciatura sul petto. Ma noi due sappiamo che non è andata così. Tu non l’hai nemmeno toccato, vero?»
«Non so di cosa stai parlando.»
«Parlo del Sentiero della Mano Sinistra.»
Jude rimase di sasso. «Dove vuoi arrivare?»
«Stai studiando la magia della Golden Dome, vero?»
«Come hai fatto a capirlo?»
«È il mio campo», sorrise maliziosa. «Ti ricordi quando le Glam si sono ammalate di morbillo, il giorno prima del ballo di primavera dello scorso anno?»
Jude annuì.
«Una fattura. Perché non le sopporto. Come tu non sopporti Eric. Sono stata più buona di te!»
«Cosa sai della Golden Dome?»
«È il più potente ordine magico del mondo.»
«E tu come fai a conoscere queste cose?»
«Frequento una libreria esoterica che sembra uscita da un altro mondo. Se vuoi, ci possiamo andare.»

Su 21 battute, 10 sono domande. Come spiegavo nell’articolo dedicato ai dialoghi, questo modo di far parlare i personaggi alla lunga annoia, perché ogni risposta diretta diminuisce la tensione. Ma ammetto che è un concetto non elementare, forse Raul Montanari non lo insegna.

Una bizzarria dei dialoghi di Roma è che quando ci sono più di tre personaggi in una scena, le battute vengono messe in bocca a persone generiche. Per esempio, Emily partecipa a un pigiama party delle Glam, “quattro fanatiche di moda che si credevano il meglio della scuola”, quattro non centonovantasette, e:

Emily era l’oggetto della curiosità. Le Glam erano sedute in cerchio, e la scrutavano.
[...]
«Com’è, com’è, com’è?» le chiese una Glam.
[...]
«Che carino», sospirarono all’unisono le Glam.
[...]
«Sì sì sì!» chiocciarono in coro le Glam.
[...]
«Ma quanto sei cotta!» commentò una Glammy.
[...]
«E chi sarà mai, Harry Potter?» commentò una Glammy, e tutte scoppiarono a ridere, compresa Emily.
[...]
Poi una Glammy ridiventò seria e chiese di nuovo: «Dài, racconta. Cos’è in grado di fare?»

Tu vai a una festa in casa di quattro persone e non sai neanche come si chiamano? In un’altra occasione, Connor, il padre di Jude, è a una riunione di congiurati, gente di cui si fida, e che dunque deve per forza conoscere, e anche qui parlano delle persone generiche, quasi che a fare certe battute fosse una voce dal cielo.

Questo tipo di problemi nasce dal fatto che Roma non sa gestire il punto di vista. All’inizio dicevo che usa un narratore onnisciente, ma non è una scelta consapevole: alcuni capitoli sono scritti dal punto di vista di un personaggio e si rimane sempre con lui; altri sono scritti con il punto di vista di un personaggio ma di punto in bianco si entra nella testa di altri; in diverse occasioni ci sono intromissioni del narratore; ecc. Insomma è scritto come capita. Ed è per questo che le Glam o i congiurati non hanno nome: Roma non ha ragionato su quello che il suo punto di vista nelle due occasioni (Emily e Connor) saprebbe, comportandosi di conseguenza, ha solo buttato giù la scena come gli passava per la testa, senza nessuna attenzione. Giustificabile per un autore al primo romanzo. Un po’ meno quando sei un talento puro & sicuro, hai frequentato la scuola di scrittura di Raul Montanari, hai avuto l’editing di un’agenzia editoriale e di una casa editrice.

La gestione alla cazzo di cane del punto di vista influisce negativamente anche sulla trama. In Bryan di Boscoquieto una delle cose buone, forse l’unica, era l’incertezza su chi fossero i veri cattivi: magari Bryan, pur in buona fede, era al servizio del Male. Ne Il bacio di Jude ci sarebbero le stesse premesse, con Jude incerto su quale fazione tra i Penitenti Bianchi, la Golden Dome e i suoi genitori sia effettivamente dalla sua parte, e quale fazione invece cerchi di fregarlo. Ma dato che finiamo per entrare nella testa di tutti i personaggi, si sa chi è Buono e chi è Cattivo, e perciò la suspense si riduce a niente. Se fossimo rimasti sempre nella testa di Jude – non sarebbe stato difficile organizzare il romanzo in questo modo – la vicenda sarebbe risultata molto più interessante, magari un pochino avrebbe incuriosito riguardo ai suoi sviluppi. Invece così com’è siamo in pieno: “E allora?”. Era dai tempi della Strazzu che non leggevo un romanzo dove mi importasse così poco dei personaggi e di quello che succede loro.

* * *

Tirando le somme, Il bacio di Jude è uno dei romanzi più brutti che mi siano capitati in questi anni. Se dal punto di vista stilistico la scrittura, pur rimanendo di livello scarsissimo, non è così repellente come in altri casi – vedi Il silenzio di Lenth –, dal punto di vista delle idee il romanzo è un disastro completo. Non c’è proprio neanche mezzo spunto interessante. Proprio niente niente.

È un romanzo di un’ingenuità sconfortante. Come se l’autore avesse fatto copia/incolla di una serie di scene che pensava “fighe” prese da questo o da quel film e le avesse cucite assieme con spezzoni di vita quotidiana all’insegna della noia. Persino se Roma fosse adolescente – e non lo è, ha trent’anni – certi passaggi suonerebbero infantili. D’altra parte, come più volte constatato, l’età anagrafica non conta molto, quello che importa sono gli anni di studio e di esercizio.
Lo studio include il leggere nell’ambito nel quale si vuole scrivere. O almeno farsi un giro nelle librerie a vedere cosa vendono nel reparto fantasy. Fa specie sentire Roma, nella già citata intervista, parlare del massimo della banalità riferito al:

[...] millesimo commissario cliché che indaga sul millesimo caso di omicidio.

e poi aggiungere che lui invece ha come specialità mixare(sic) i generi:

Ad esempio un telefilm per adolescenti come Dawson’s Creek con un romanzo gotico come Dracula.

Ovvero stiamo parlando di paranormal romance adolescenzialvampiresco, uno dei (sotto)generi più inflazionati degli ultimi anni. Come si fa a essere contro la banalità e poi adagiarsi a sfruttare il filone più banale che esiste?

Devo però ammettere che Jude non è un vampiro: da alcuni riferimenti nel finale del romanzo, pare che Shaitan sia un demone alieno. Non che all’atto pratico cambi molto, e tra l’altro il tema “il Diavolo è un extraterrestre” non è precisamente nuovo, ha una sua bella storia da Le guide del tramonto di A.C. Clarke fino a Origin di Konrath.

E per concludere:

Jude vide se stesso alzarsi dalla poltrona, voltare le spalle al sindaco, raggiungere il terrazzo e gettarsi giù. Sembrava la sequenza, mozzafiato, di un film.

Sarebbe davvero bello se si potessero scrivere scene che sembrano sequenze mozzafiato di un film semplicemente dicendo che lo sono. Beata ingenuità.

* * *

Per cui vale la pena frequentare le scuole di scrittura? Dato il livello raggiunto dal suo allievo più brillante, no di sicuro quella di Raul Montanari. Per le altre mi riserbo nuove recensioni.
Questo nell’ottica dell’imparare a scrivere. Se poi lo scopo è farsi amyketti utili per una pubblicazione, allora può valere la pena.


Approfondimenti:

bandiera IT Il bacio di Jude su Amazon.it
bandiera IT Il bacio di Jude su anobii
bandiera IT La pagina Facebook dedicata al romanzo
bandiera IT Bookteaser del romanzo su YouTube
bandiera IT La prime pagine del romanzo leggibili online
bandiera IT Il sito di Davide Roma

bandiera EN Shaitan su Wikipedia
bandiera EN Kill the Dead su Amazon.com
bandiera IT La recensione de Le guide del tramonto del Tapiro

 

Giudizio:

Niente. -1 Un sacco di scene inutili.
-1 Un sacco di scene cliché.
-1 Le scene romantiche fanno piangere.
-1 Le scene d’azione fanno ridere.
-1 Romanzo noioso come pochi.
-1 Neanche mezza idea originale.
-1 Uso balordo delle figure retoriche.
-1 Dialoghi pessimi.
-1 Punto di vista gestito come capita.

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76 Comments To "Il bacio dell’ingenuo Jude"

#1 Comment By Marco On 5 marzo 2013 @ 17:21

La metafora dei petali vorrebbe essere un ammiccamento a quell’ haiku di Pound. Peccato che lì la descrizione era un flash, quindi statica
L’ho trovato in rete, è questo ed è citatissimo:

IN A STATION OF THE METRO

The apparition of these faces in the crowd:
Petals on a wet, black bough.

Forse comunque lo sapevi già

#2 Comment By Ylunio On 5 marzo 2013 @ 18:35

Ho letto, per curiosità, le prime pagine disponibili on-line. La cosa più atroce, secondo me, è lo sfoggio di “cultura” gratuito dello scrittore che, attraverso i suoi personaggi, cerca di fare sapere quante cose sa di musica, arte etc.
Terribile.
E noioso.
Ma la tua recensione, come al solito, mi è piaciuta moltissimo. Ho sentito la tua mancanza, Gamberetta :)

#3 Comment By Tapiroulant On 5 marzo 2013 @ 19:16

Stupendo x°D

Paragonare il “divertimento” di una caccia al vampiro al “divertimento” di infilare un pungolo su per il culo di un rinoceronte non è una similitudine che chiarisce di molto la situazione, dato che una percentuale esigua di lettori avrà esperienza con il sedere dei rinoceronti, tuttavia mostra bene la voce del personaggio

Sto cercando il pelo nell’uovo, ma a conti fatti, benché pochi di noi avranno mai provato a infilare pungoli nei rinoceronti, tutti noi o quasi riusciamo a visualizzare la scena metaforica, e cosa succederebbe se pungolassimo il rinoceronte. In un’ottica da cartone animato, va bene (del resto questa è una metafora da “cartone animato”, tipo Tom&Jerry o Looney Toons), ma comunque crea un’immagine molto chiara e facile da capire.
Poi boh, magari in realtà diciamo la stessa cosa.

La cosa “bella” è che Jude non scopre niente di significativo su Facebook o usando i prodotti della Apple, né Facebook o l’iPhone/iPod/iMac (sì c’è anche l’iMac oltre al MacBook) hanno alcun ruolo nella trama, né questo insistere su Facebook e la Apple aiuta a definire il carattere di Jude.

In realtà sì: ci dice che Jude è un paraculo (nonché un tipo fikissimo: hai visto quanti Amici e quanti like? Sticazzi!).

Vedo comunque che anche questo libro si muove sul piano del wish-fulfillment e dell’azzeramento del conflitto. Grande.

#4 Comment By Clio On 5 marzo 2013 @ 20:14

Santo cielo, ma come sei riuscita ad arrivare in fondo ad una roba simile? Io sono stata assalita da risa convulse quando il ribelle fuma in cortile. Solo all’idea di leggere le disavventure tagicomiche di questo poser vanesio, i neuroni mi colano dalle orecchie.
Secondo me quella di Roma è una pura operazione di marketing. Ha cercato di creare il personaggio fygo che faccia sgrillare le quattordicenni in delirio ormonale. Ergo quello carino, ribelle ma non troppo, rassicurante ed endearing. Ovvero quello che negli anni ottanta era il ragazzo col capello mosso e la giacca di cuoio.
Il risultato è un cartonato ridicolo. Io non frequento gente violenta né reduci del Vietnam, ma uno così se lo magnano in trenta secondi: e dovrebbe essere il Protagonista? Quello per ci mi preoccupo? Santo Cielo.
Banalità. Banalità a palate. Oceani di Banalità che ti ri ficcano in un occio come rami neri con petali bianchi.
Peraltro rivendico il diritto di odiare i personaggi che compongono haiku in altre lingue che non siano il giapponese. Anzi, che compongono haiku in generale. Il waka è la vera figata hardcore, l’haiku è diventato mainstream!

Comunque un vero piacere leggere una recensione come ai vecchi tempi.

#5 Comment By Greatad On 5 marzo 2013 @ 20:31

Yay, sono tornati gli articoli-recenZione di Gamberetta :D Se non l’hai mai sentito, prova a dare un’occhiata al canale di Yotobi su youtube, lo stile delle sue recensioni ai film brutti è molto simile al tuo ;)
Grazie mille, non sai quanto siano utili queste tue recensioni per depennare dalla lista dei libri da leggere la spazzatura! Comunque a
vedere come parli, viene quasi da pensare che le case editrici per colpa della crisi non assumano più editor, boh…
Per quanto riguarda il romanzo, a leggere trama e dialoghi immagino che spererei nella dipartita del protagonista nell’ultimo libro… E peccato non abbia sfruttato adeguatamente i riferimenti ai marchi apple, immagino che se si sapesse usare bene i marchi che ci circondano nella vita di tutti i giorni in un fantasy, ambientato nel “nostro” mondo ovviamente, aiuterebbe il lettore ad immedesimarsi…
Sono davvero ansioso di vedere i lamenti dell’autore e dei seguaci di quella scuola di scrittura! Continua così Gamberetta, combatti il marcio della narrativa italiana!

#6 Comment By Doomguy On 5 marzo 2013 @ 20:37

Gamberetta, grazie di essere tornata!

#7 Comment By Gwenelan On 5 marzo 2013 @ 22:34

Sono rimasta di sasso nel pezzo in cui si dice che Jude “fumava sotto il cartello VIETATO FUMARE” O.O… ma dai, come i bambini di cinque anni che dicono “no!” solo perché la mamma dice “sì”? Trovo patetici questo tipo di “ribelli per finta”. Aggiungiamo che “solo una ragazza può salvarlo”, aggiungiamo il bulletto e i VeriSentimenti, lo stile sciatto, le scene cliché e la totale ignoranza del genere e abbiamo tutti gli ingredienti per una torta marcita. Com’è che non hai preferito dormire piuttosto che leggerti sta roba? Anche se posso immaginare che le risate abbiano compensato le palle girate ^-^.

Bentornata, Gamberetta *-*!

#8 Comment By Fra On 5 marzo 2013 @ 23:42

Mi divertivo di piú quando autori ed editori fornivano a Gamberetta ‘materiale succulento’ su cui lavorare. Qui è davvero troppo facile. Orrori e strafalcioni ripetuti sistematicamente a dispetto di anni(millenni?!) di lavoro(e trattati…e letteratura…e manuali?!)preciso e accurato.
Sarebbe ora di sbattersi un paio d’ore su un blog che ha raccolto un bacino di utenza cosí interessante (se proprio i contenuti non vi convincono)
e pubblicare un lavoro che sia uno che non mi faccia cadere i capelli dopo le prime dieci righe!

#9 Comment By Ilario On 6 marzo 2013 @ 00:41

Gli scrittori italiani ormai sono dei casi di interesse clinico,non più letterario. Ca**o, ad uno che ritiene “l’annusarsi come cani” la summa del romanticismo vorrei davvero far fare qualche test.

All’inizio avevo pensato alla self-inserction delirante di un quattordicenne; già me lo immaginavo a casa che scriveva il romanzo tra una fantasia masturbatoria e l’altra: “oh si…sono un ribelle che fuma sotto il cartello “VIETATO FUMARE”….oddio,sono pieno di roba della Apple,siii….più forte……aaahhh,la fighetta bionda e la fighetta rossa sono pazze di me…..mmmm….c’ho pure i poteri di un demone….AAAAHHHH!!!!

Che tutto ciò sia opera di un trentenne fatto e finito è preoccupante.

#10 Comment By Edy On 6 marzo 2013 @ 09:49

Ma che bello!
Una nuova recensione!
Bentornata Gamberetta!
Molto molto interessante tutto il discorso che fai sulle scuole di scrittura.
Aspetto altre recensioni perchè sei come sempre spassosa e acuta al tempo stesso.
E le tue recensioni mi insegnano molto più di tante parole su come si scrive.

Una domanda: anche se non c’entra con la relazione libri nuovi usciti e le scuole di scrittura, hai letto l’ultimo premio Urania “i senza tempo” di Alessandro Forlani?Se sì, pensi che lo recensirai?

#11 Comment By PlatinumV On 6 marzo 2013 @ 10:38

Speriamo che almeno la Apple abbia pagato Roma per la pubblicità.
ah, allora non l’ho pensato solo io!
Vorrei segnalare anche l’esaltantissimo

pensò [Jude] ad alta voce.
come si può pensare ad alta voce? Di solito, quando si pensa, non usiamo la voce…
In ogni caso, mi pare che l’autore abbia cercato più di mostrarsi “figo” (oh, scusate, di mostrare il suo personaggio figo) che di narrare una storia.
V

#12 Comment By Merphit Kydillis On 6 marzo 2013 @ 11:53

Meriti un applauso e un caloroso abbraccio, cara Gamberetta. Finalmente, rieccoti qui con le tue recensioni e con il tuo stile pungente e profondo :D Giuro, mi sei mancata.

Anzitutto condivido appieno il tuo punto di vista sull’editoria italiana: nel passare degli anni, sì, il genere fantastico è stato sodomizzato, stuprato e lasciato a morire sul ciglio della strada da ingenui (e orridi) scrittori, con la complicità di editor inadempienti e case editrici affamate di denaro. A conti fatti mi trovo costretto dire che, se dovessi scegliere, punterei sulla Troisi. So che la odi ma, tutto sommato, lei è il male minore. Comunque, la DeAgostini ha tutto il mio disprezzo per la maledetta Unika, che è il male supremo. Ma questo romanzo, mi pare, voglia rubare la corona ad Allibis come peggior romanzo fanta-italidiota.

Okay, premesso questo passiamo alla recensione. Dunque se ho ben capito:

*Raul Montanari è stato maestro di scrittura di Davide Roma;
*Davide Roma ha poi pubblicato il romanzo per la casa editrice di Raul Montanari;
*Casualmente alcuni editori della suddetta casa editrice sono stati, in passato, studenti di Raul Montanari.

Se questo quadro è giusto, questa è una manovra atta a mettere in mostra la propria casa editrice per avere più dindini possibili. E per quanto riguarda le scuole di scrittura: riconoscono che possono essere buone per imparare a scrivere meglio, ma io ho come insegnante il libro Come NON scrivere un romanzo
^_^

A Times Square [Jude] attraversa la folla, come un petalo bianco su un ramo nero. Controcorrente.

Giuro, come ho letto questo quote stavo per cadere dalla sedia. E, proseguendo nella recensione, per rispetto parlando verso l’autore mi sembra che non abbia appreso nulla di quello che gli è stato insegnato. O, forse, gli hanno insegnato cose sbagliate.

La trama di copertina non è che un riepilogo di mezzo romanzo: grazie per lo spoiler, così vado direttamente alla seconda parte del romanzo. Dettagli inutili, tediosi e fuori dal contesto. Peggio ancora, mi ha fatto ritornare alla mente Rusty il Selvaggio, un romanzo misemerrimo dove i dettagli e le spiegazioni erano un lusso.

(…) e ad aiutare la setta segreta – così segreta da essere su Facebook – (…)

Alora… se questa “setta” agisce in copertura chiamandosi “Gli Amici dei Pony” e parlano in codice ok, ci può stare. Perchè fanno così, VERO?!

Ora, parlando seriamente… ho visto quattro quote. Gamberetta, ti prego, dimmi che te li sei inventati: mi rifiuto di credere che una persona abbia scritto questo. Per quattro e più volte. Altrimenti mi ricapita la stessa cosa con Zwei quando recensì Unika: riportò infamità tali che mi rifiutai di credergli e comprai il romanzo in questione per appurare la veridicità (con conseguente collasso neurologico passando qualche mese a delirare come un predicatore della TBN).

Insomma: con questa recensione ti ho “ritrovata” e, sebbene i miei occhi e i miei neuroni soffrono nel scoprire questo *coff coff* romanzo, è sempre un piacere rileggerti

#13 Comment By Helena On 6 marzo 2013 @ 11:56

Un applauso a Gamberetta, tornata con una recensione dei vecchi tempi! E’ stata una gioia rileggerti! E’ stata anche una continua risata – causa libro con trama improponibile – ma quella è un’altra storia.
Questo libro, come le schifezze in generale, mi lascia dietro tante domande:
-ma il titolo “Il bacio di Jude” significa qualcosa o è messo lì solo perchè fa figo?
-quant’è penosa da uno a dieci la frasetta in copertina “Se non credi nell’esistenza del Male, non hai mai conosciuto me“? Come fa una persona a guardare una copertina simile e a pensare che possa essere un buon romanzo?
-come ha fatto Roma a rileggersi quelle metafore e a non scoppiare a ridere da solo?
-quante puntate di Dawson’s Creek sono necessarie per amare sta’ schifezza?
-perchè Facebook non ha preso fuoco il giorno stesso che Zuckerberg l’ha inventato?
-io sono una sfigata perchè uso un Acer con Windows?
Ma soprattutto, l’orologio a pendolo, che accidenti di forma ha? Giuro, ho letto tre volte quello schifo e non ho ancora capito come cazzo è fatto! Qualcuno mi aiuti!

#14 Comment By Olorin On 6 marzo 2013 @ 12:48

Non ho letto il romanzo, né mai ne avrei avuta la minima tentazione, vista l’immagine di copertina…
Colgo però l’occasione per commentare la seguente affermazione (casomai non mi pubblichi e amen):

D’altra parte, come più volte constatato, l’età anagrafica non conta molto, quello che importa sono gli anni di studio e di esercizio.

Mai come in questo frangente mi torna buona l’espressione di tal Luigi Garzya, geniale filosofo dei nostri tempi: “Sono pienamente d’accordo a metà col Mister…”.
Concordo sul fatto che la sola età anagrafica non certifichi di per sé il conseguimento da parte di un autore di una rassicurante (per il lettore) competenza tecnica e stilistica; del resto il mondo è pieno di quarantenni praticamente analfabeti…
Credo però che la maturità personale che si dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) aver acquisito con gli anni, sia una condizione necessaria – anche se non sufficiente – perché una persona possa avere effettivamente qualcosa di interessante da scrivere, quanto meno per quel che attiene l’umano, tematica che comunque, all’interno di una trama animata da rapporti tra personaggi, è sempre presente.

Non mi sto riferendo alla sensibilità, caratteristica di cui un individuo può essere particolarmente dotato per natura, bensì al modo efficace ed equilibrato di utilizzare tale strumento senza esserne in balia, capacità che si acquisisce solo con l’esercizio dello stesso di fronte alle prove cui solo la vita e non la fantasia può sottoporti.

Un quindisediciasettenne – nonostante i cliché che ci vengono propinati da cinema e televisione – su certi temi squisitamente esperienziali, per un adulto di quaranta è pochissimo autorevole.
Più spesso, ridicolo.
E’ lo stesso gap che può sussistere tra un bimbo di cinque anni che crede ancora a Babbo Natale e uno di dieci che ordina i giochi su internet.

Purtroppo è anche vero che esperienze drammatiche vissute in tenera età possono far sì che alcune persone, loro malgrado, conseguano una precoce capacità in questo senso, ma l’aspetto traumatico all’inizio è dominante e – se la vita e le ‘ferite’ lo consentono – anche per loro il meglio viene fuori alla distanza.

Insomma, io il libro di un autore che abbia meno di trent’anni, difficilmente lo compro, ma visto questo tuo articolo, mi sa che dovrò elevare l’età limite.

Chiudo con un’altra citazione dotta circa il labile legame tra cultura ed età: “Ancora 5 anni e sarei diventato geometra.” (Alessandro “Spillo” Altobelli).

#15 Comment By Mao On 6 marzo 2013 @ 13:41

@ Merphit Kydillis:

Okay, premesso questo passiamo alla recensione. Dunque se ho ben capito:

*Raul Montanari è stato maestro di scrittura di Davide Roma;
*Davide Roma ha poi pubblicato il romanzo per la casa editrice di Raul Montanari;
*Casualmente alcuni editori della suddetta casa editrice sono stati, in passato, studenti di Raul Montanari.

Mi permetto di precisare: Montanari non è proprietario di Sperling & Kupfer. Se rileggi il passaggio della recensione con la giusta attenzione, vedrai che c’è scritto che Roma era allievo di Montanari, e allieve di Montanari sono anche le donne dell’agenzia che si è occupata di un primo editing. L’editore è arrivato dopo, ed è un’altra questione. Anche se poi tutti e quattro allegramente (Montanari, Roma, tizie dell’agenzia, editor della Sperling) non sono stati capaci di correggere lo scempio. ^_^
Ciao!

#16 Comment By Sandavi On 6 marzo 2013 @ 14:05

Solo io provo una sensazione di “imbarazzo” per l’autore? Si, proprio imbarazzo, quello che si prova quando vedi una persona fare una figuraccia davanti a tutti o dire una scemenza in pubblico?

Ecco, io provo quel tipo di imbarazzo per Davide Roma (e si chiama come me, accidenti!), per questa scrittura puerile, sciocca, insulsa, scialba, banale.

Basta.. ritorno nei ranghi della mia falange arcigna e compatta.

#17 Comment By Gwenelan On 6 marzo 2013 @ 15:30

Io volevo dire un’altra cosa. Mi sono fatta un giro sul sito dell’autore e link vari… possibile che nè la Punto&Zeta nè la scuola di Montanari abbiano, sui loro siti, più di un paio di facciate di descrizione dei loro servizi? Voglio dire, sul sito Punto&Zeta, per esempio, andando a Servizi, sotto la scheda Editing,che suppongo debba spiegarmi che cosa vado a comprare con i miei dindini, è scritto questo:

Quando l’agente ha deciso di rappresentare un autore, significa che considera il suo manoscritto di valore: prendere in considerazione l’editing vuol dire lavorare sul testo per aumentare le sue probabilità di pubblicazione.
Per un autore mantenere la giusta distanza dal proprio lavoro non è sempre facile. Altrettanto difficile è mettere a fuoco i problemi e vagliare le soluzioni possibili: spesso, infatti, sono sufficienti lievi accorgimenti. Scrivere significa soprattutto riscrivere e noi aiutiamo l’autore a farlo. Da un lato ci concentriamo su trama e struttura del plot. Dall’altro, lavoriamo sulla forma: evidenziando imprecisioni lessicali, ripetizioni, problemi di stile.
Lo stesso discorso vale per lo scrittore affermato che, a lavoro ultimato, desideri un appoggio e una rilettura critica del proprio testo prima di presentarlo all’editore.

Grassetto mio, per evidenziare la parte che descrive il lavoro svolto. Sono io, o è tutto molto generico? E non c’è una pagina con degli *esempi* di testi già editati dall’agenzia, o qualcosa del genere O_o. Meglio con il sito di Montanari, che mette una scaletta del corso e spiega com’è diviso, come sono le lezioni ecc. Non ci sono esempi (sui siti amerciani io vedo che chi tiene corsi spesso rilascia gratuitamente dei moduli del corso per dare un’idea concreta di quello che lo studente andrà a comprare, o di come lavora l’insegnante, di com’è fatto il corso), ma sono leggibili gli incipit dei romanzi di Montanari, e dal momento che è lui l’insegnante, uno almeno si fa un’idea della sua preparazione.
Forse Davide Roma non ha letto questi incipit…

#18 Comment By Fabster On 6 marzo 2013 @ 15:31

Bentornata, sono contento di leggere qualcosa di tuo dopo tanto tempo.

Ho molto apprezzato le tue considerazioni sul mercato italiano, l’analisi sul libro mi ha preso di meno: il romanzo del signor Roma lo avrei già cassato dal riassunto in copertina e a quanto pare ha anche il torto di scrivere male, ma non cadere nei clamorosi strafalcioni della Troisi, che tanto mi dilettavano… XD

#19 Comment By Marco On 6 marzo 2013 @ 16:06

@Clio
Che compongono haiku…di qualcun altro

#20 Comment By chico On 6 marzo 2013 @ 16:37

Evviva! Gradito ritorno. Spero vivamente che tu continui a leggere un pessimo romanzo dopo l’altro.
Federico

#21 Comment By Mayra Rohmetall On 6 marzo 2013 @ 16:42

Che tristezza mi fanno, questi imbrattacarte a piede libero. Si vantano di frequentare scuole di scrittura, ma hanno una cultura da terza elementare e continuano a trattare i lettori come ritardati, incapaci di difendersi da queste trappole. Mi chiedo quando finirà tutto questo. Sono una lettrice e sono stufa di farmi prendere per il culo.

#22 Comment By Lyu On 6 marzo 2013 @ 21:19

Che felicità rivederti! So di essere su questo sito da non molto tempo, ma mi ritrovo ad aspettare con ansia i tuoi nuovi articoli: mi hai letteralmente aperto gli occhi su certa spazzatura che circola di questi tempi.
Ok, adesso dico la mia su questa fantomatica scuola di scrittura: e ‘sti cazzi?
Non è da me usare linguaggio scurrile, ma sinceramente: qualche scuola ti rende in questo modo? Ho sentito metafore migliori alla scuola elementare, senza contare il fatto che in pratica l’intero romanzo -da quanto ho capito, perlomeno- è un collage di scene random e strizzatine d’occhio alla cultura (e qua m’immagino la cultura che fugge) per far vedere di essere 1 Typ0 IntEliGg3Nt3.
Il protagonista fa ridere i polli. Se volessi proprio descriverlo, prenderei un qualsiasi studente delle medie: nove volte su dieci si trova un ragazzo talmente identico da essere indistinguibile. Chi non è ribelle? Chi non fuma? Chi non ha facebook? Sarebbe stato più da ribelle non farle, ma ormai i “lettori” guardano a questo: un protagonista fyK0, che sia ryBelLe >8D e tutto il resto. Avrà mai possibilità di essere pubblicato (perlomeno qua in Italia) un romanzo che ha per protagonista un ragazzo studioso, rispettoso, timido e pure bruttarello? Io credo proprio di no. (a proposito, se qualcuno conosce qualche buon libro con uno o più protagonisti come quello descritto sopra, me lo faccia sapere, per favore).
La Apple e Facebook citati ogni due secondi mi hanno colpita proprio qua, nel cuore. E profondamente.

In conclusione: grazie per aver scritto questo romanzo, esimio signor Roma. Adesso so quale scuola di scrittura evitare.

#23 Comment By Callaghan On 7 marzo 2013 @ 00:40

La cosa migliore dell’articolo è che ho scoperto il libro kill the dead che potrebbe interessarmi.

L’unica cosa che non è capito è perché il voto sia +4.
Non dovrebbe essere -9?

#24 Comment By Glinda On 7 marzo 2013 @ 13:15

Che poi, a ben guardare, pure la copertina del libro è simile alla locandina di Feast (nonché alla scena del famoso bacio sul primo Spider-Man). Per la serie: banalità e/o ripetitività saltatemi addosso. Però suvvia, lì magari la colpa non è dell’ingenuo Davide, ma degli espertissimi grafici della S&K…

#25 Comment By Mao On 7 marzo 2013 @ 14:21

@ Callaghan: dalle FAQ Come si leggono i voti?

#26 Comment By Mayra Rohmetall On 7 marzo 2013 @ 17:13

Il titolo è scontato, per non parlare delle continue marchette sulla Apple o il fatto che Jude, proprio quando rischia di rimetterci la pelle, scarichi canzoni da I-Tunes. Lol. Secondo me Roma, aspetta che la Apple gli regali un Mac. Che genio.

#27 Comment By Gwenelan On 7 marzo 2013 @ 19:55

@Mayra: ma magari (circa). Secondo me tutta questa robbina Apple l’ha comprata da sè pagata pure cara… è lui che fa il favore alla Apple senza averne nulla in cambio ^-^.

#28 Comment By Makko On 8 marzo 2013 @ 07:46

“Se non credi nell’esistenza del male, non hai mai conosciuto me!” … Cazzo, fumo sotto il cartello Vietato Fumare! Tu lo hai mai fatto?

Senza parole. Grazie G. per questi articoli che (spero) evitano a molta gente di leggere porcherie come questa.
E spero che sempre più gente, prima di leggere un libro, ne cerchi qualche pagina su internet (o si soffermi 5min in più in libreria). Sono sufficienti a capire che schifezze come questa vanno evitate come la peste.

Una domanda a Gamberetta (fuori tema): so che non hai particolare predilezione per la fantascienza, ma hai letto (e se si, cosa ne pensi) la Saga di Hyperion di Dan Simmons? Io l’ho trovata molto coinvolgente e ben scritta pur non essendo nemmeno io un vero amante del genere.

#29 Comment By Stefano Lazzari On 8 marzo 2013 @ 09:10

Innanzitutto grazie della recensione. Adesso so che NON comprerò questo libro. E non per la tua recensione/opinione, ma proprio per la tua recensione.
Io scrivo scribacchio qualcosa ma davvero dagli esempi che hai fatto il tipo non sa scrivere. O almeno non come un professionista. Non ho ostilità verso di lui, ci mancherebbe, ma da ciò che ho letto avrebbe bisogno di almeno altri 5 corsi di scrittura, per capire bene cosa significa scrivere per pubblicare a pagamento.
Che poi i corsi non servano a nulla è risaputo: ti serve una connessione internet, la conoscenza dell’inglese e, se li vuoi comprare, i libri su Amazon.
E magari frequentare un buon forum italiano di scrittura. O magari più di uno.
Tutto gratis.
Poi quello con talento emergerà comunque, corsi o non corsi. E il tipo è la prova vivente che a frequentare corsi di scrittura non è che serva poi a molto, se vuoi scrivere bene.
Se vuoi solo pubblicare il discorso cambia: magari diventi amico/a dell’insegnante che ti segnala e così via.

Se trovo il libro online me ne scarico un paio di capitoli, così mi do un’idea “de visu” di cosa ha scritto.

Della tua recensione, sempre precisa, posso dire poco: non ho letto il libro ma non ho dubbio che sia come hai detto tu. Anche perché gli esempi che hai fatto parlano da soli.

Ultima cosa: bentornata! :)

#30 Comment By nicholas On 8 marzo 2013 @ 14:58

Questa recensione è bellissima!
Sono contento che hai di nuovo recensito qualcosa!
Detto questo, ti prego, dimmi che non hai comprato questo libro ma che almeno lo hai avuto gratis, ma sopratutto, cosa può costringere una persona ad affrontare un viaggio in treno con solo un libro così esecrando (questo è per te ghirardi)?

#31 Comment By Mattia Bulgarelli On 9 marzo 2013 @ 11:41

Ma quando parla della “Golden Dome” è una versione sotto mentite spoglie della “Golden Dawn”, o s’è proprio sbagliato? ?_?

http://en.wikipedia.org/wiki/Hermetic_Order_of_the_Golden_Dawn

#32 Comment By Stefano On 9 marzo 2013 @ 18:21

Arriverà un momento in cui la gente che vuole parlare di demoni e roba paranormale la smetterà di plagiare Donnie Darko?

#33 Comment By Marco P. M. On 10 marzo 2013 @ 13:13

Frequenti una scuola di scrittura seria? La prima “tecnica” che ti viene insegnata di solito è il punto di vista. E una delle prime cose che ti spiegano è che il narratore onnisciente NON ESISTE più dal 1800.

Un’altra delle lezioni fondamentali che una scuola/corso (ma anche solo una chiacchierata con un editor serio) dovrebbe impartire, è scrivi di ciò che sai. Le librerie sono stracolme di romanzi scritti da americani e ambientati in luoghi americani con personaggi americani. Un esordiente italiano che nel 2013 esce in libreria con una storia ambientata in america… o ha scritto un capolavoro o ha spinte (e comunque quelle spinte potevano consigliarlo molto, molto meglio). Tra un “Fine del mondo a Roncosambaccio” e un “Qualcosa di Joe” (o di John, o di James, tanto i protagonisti americani scritti da italiani iniziano tutti per J) non c’è e non ci può essere paragone. Roma è mai stato a Twindale, Massachussets? Sicuramente sì, per annie anni di documentazione… … …

Sono scelte editoriali che fanno davvero cadere le braccia. Uno studia, si documenta, ricerca, lavora… poi pubblicano questa robaccia. “Si pubblicano meno titoli, e meno titoli scritti da italiani. Il che, visto l’andazzo, è un bene.” Queste parole di Gamberetta corrispondono al vero, ma fanno male. Per fortuna in altri generi le porte non sono chiuse, e ci sono autori quantomeno decorosi. Ma per quanto riguarda fantasy e SF (genere che in Italia non vende e forse non venderà mai più) dovremo aspettare che il pubblico cresca (anagraficamente), e nuove generazioni di lettori dimentichino questo periodo nefasto. Quando l’eco della Troisi sarà scomparso dalle librerie gli italiani esordienti potranno tornare a scrivere Fantasy, sperando di venire pubblicati per la qualità, e non per la somiglianza o il parallelismo a un filone che “vendeva”.

#34 Comment By Attila On 10 marzo 2013 @ 14:13

pare che Shaitan sia un demone alieno. Non che all’atto pratico cambi molto, e tra l’altro il tema “il Diavolo è un extraterrestre” non è precisamente nuovo, ha una sua bella storia da Le guide del tramonto di A.C. Clarke fino a Origin di Konrath.

Visto il tipo, si sarà ispirato al demone rettiloide di Serious Sam, altro che Clarke o Konrath.

#35 Comment By Rocket Blue On 10 marzo 2013 @ 14:24

Mi siete mancata tantissimo, Miss Gamberetta.
E mi è mancato il Vostro lavoro, sempre puntuale, preciso, spiegato punto per punto, sempre fonte di ispirazione, di istruzione e ispiratore di genuine risate (genuine perchè esenti dalla volgarità che di questi tempi sembra necessaria per suscitare ilarità e consenso).
Comprendo che avendo senz’altro questioni più pressanti a cui dedicarVi, non potete più spendere il tempo che spendevate una volta alla attività civica di erudire le masse ignoranti pro bono.
Ma spero di verder presto una Vostra nuova recensione, poichè, leggere questa, è stato davvero un grande piacere.
Ancora, Vi ringrazio molto per l’interessante articolo.
R.B.

#36 Comment By Coniglio Lunare On 11 marzo 2013 @ 09:14

Credo abbia usato facebook per fare un romanzo “moderno” e ambientato tra i ggggiovani di oggi. Peccato che non sia un’idea nuova, neppure in Italia. Sul blog delle Malvestite ho letto la recensione di Amore14 e intere conversazioni su MSN fungevano allo stesso scopo. C’era già arrivato prima Moccia, per dire. Non esattamente una lince.

p.s. avevo letto “A Times Square [Jude] attraversa la folla, come un petalo bianco su un ramo nero. Controcorrente.” sbagliato. Avevo letto “petardo” e sono quasi caduto dalla sedia dal ridere, poi mi sono ripreso. In effetti era troppo persino per questo romanzo. Sono in malafede io.

#37 Comment By Chris On 12 marzo 2013 @ 11:14

Io non sono aprioristicamente contrrio all’uso di similitudini e metafore. Sono le forme linguistiche che ci consentono di comunicare le impressioni mentali che ricadono nel campo dell’irrazionale. Prendetemi per un matto ma la realtà non viene percepita solo coi 5 sensi. E descrivere le percezioni irrazionali con termini vaghi tipo gli aggettivi di HP Lovelcraft (inenarrabile, blasfemo, grottesco ecc.) proprio non funziona. Quindi una metafora messa bene può fare il suo sporco lavoro.
Ma le metafore che sua lui mi fanno venire l’affanno. Servono solo a rendere le la narrazione più astrusa senza colorarla di alcuna impressione emotiva e irrazionale.
Lo scopo dell’autore è chiaro. Far sembrare il suo romanzo un’opera forbita obbedendo al malsano concetto che purtroppo ci viene inculcato durante le lezioni di italiano alle superiori (vedi l’articolo di Gamberetta, Il Manzoni scrive da cani), per cui il livello di un’opera letteraria è direttamente proporzionale alla sua incompresibilità. Perché dove il significato non è chiaro, e magari non lo è all’autore stesso, accademici e altri tromboni possono darsi al loro amato sport dell’interpretazione a stile libero.
Leggendo la presentazione del romanzo mi è venuto da ridere non solo per la parte in cui questo Bello e maledetto fa il ribelle fumando sotto il cartello VIETATO FUMARE (cioè, no, dimmi che ti stai prendendo per il culo da solo per favore), ma anche quando, verso la fine, viene spiegato l’Inciting incident: scartabellare nell’archivio della scuola perché in punizione e trovare l’articolo di un’orribile orribile morte? Quante probabilità aveva di beccare proprio quell’articolo? Odio quando le storie partono con queste plateali botte di culo.

#38 Comment By Lhaihder On 12 marzo 2013 @ 11:48

Sono davvero felice di questo ritorno alle recensioni critiche e sanamente stroncatrici da parte della titolare del blog, che ho sempre trovato intelligenti e mai banali.
Complimenti a parte, devo dire che la prima riflessione, dopo le amene risate dovute alla lettura del testo (sia quello originale che le chiose ad esso) è stata: “e questo per scrivere ‘sta roba ha frequentato una scuola di scrittura? Avrà trovato chiuso”, peché davvero non riesco a capire la ratio di questa accozzaglia di cliché (l’ammetto, avrei preferito guardare il paesaggio al finestrino piuttosto che leggere quest’opera).
E pensare che autori del genere si credono anche benedetti dalle Muse.

PS. Ma quanto è triste chiamare il poliziotto John Doe? Lo so che è un uso anglosassone per dire “personaggio dall’identificazione impossibile” ma mi è venuto in mente il fumetto omonimo…

#39 Comment By nicholas On 12 marzo 2013 @ 12:20

Pongo questione tecnica e assolutamente OT: è possibile attivare la notifica sui commenti in qualche modo?

#40 Comment By Chris On 12 marzo 2013 @ 18:22

@ Lhaihder

e questo per scrivere ‘sta roba ha frequentato una scuola di scrittura? Avrà trovato chiuso

No no. Possibilissimo che abbia messo in pratica tutto quello che gli hanno insegnato.
Gamberetta ha segnalato dei manuali di scrittura creativa da autori italiani e io ne ho letto il primo. Siamo ancora indietro anni luce. Indietro a quello che ti insegnano alle scuole superiori, che il valore di un romanzo è proprorzionale al numero di figure retoriche che si usano.
Per carità, non sarebbe stato un romanzo brutto a prescindere. Una specie di Buffy ai tempi dell’Iphone. Per nulla originale ma almeno divertente e piacevole, se l’autore avesse avuto capacità di scrivere.

#41 Comment By Drest On 13 marzo 2013 @ 01:20

“Gamberetta è tornata grande”
– FantasyMagazine

#42 Comment By Greatad On 14 marzo 2013 @ 15:42

@nicholas: usa i feed rss, tipo su chrome ti notifica subito quando ci sono nuovi commenti =)

#43 Comment By MasterRPG On 14 marzo 2013 @ 18:59

Ma solo io, leggendo queste cose, mi vergogno di essere un italiano aspirante scrittore? >_<

#44 Comment By Chris On 14 marzo 2013 @ 20:39

Ah sì dimenticavo un’altra cosa su cui il genere urban fantasy mi ha sempre lasciato perplesso. Ma in mezzo a tutte queste manifestazioni di demoni e diavoli, e teniamo presente che questo romanzo scomoda il Satana islamico, quindi non esattamente l’ultimo degli spiritelli della ars goetia, i personaggi non si soffermano mai a pensare dove cavolo sia andato a finire Dio?
Non dico che ogni romanzo di questo genere debba includere una trattazione teologica che giustifichi il fatto che i demoni scorazzano liberi mentre le loro controparti angeliche sembrano essersi prese ferie. Ma visto che un romazo per sospendere l’incredulità del lettore dovrebbe avere personaggi dai comportamenti verosimili, non sarebbe molto verosimile per un ragazzino che scopre i demoni chiedersi dove stia Dio?
Insomma, questi personaggi che non si soffermano mai a pensare, pur avendo presumibilmente una certa educazione religiosa (ce l’abbiamo tutti, cazzo, che la condividiamo o meno), di qualsiasi religione attuale, dove stia Dio in tutto questo?
Perfino in Buffy, in una delle puntate più minchione della penultima serie, si mettono a pensare dove sia Dio. Anche se la risolvono alla fine con un’alzata di spalle.
Ripeto, non è una mia questione moralistica, ma si riferisce al comportamento dei personaggi. Che sia realistico o meno.

#45 Comment By Callaghan On 15 marzo 2013 @ 03:09

@MasterRPG: io da tutto questo traggo una cosa, non la vergogna ma più che altro la consapevolezza che scrivere fantasy o fantascienza in Italia si può e si deve fare, ma non per lavoro.
Se uno vuole farsi pubblicare dovrebbe puntare più sui gialli, romanzi romantici oppure di vita vissuta.
Se proprio uno volesse pubblicare fantasy o fantascienza dovrebbe scrivere un libro in inglese, trasferirsi in America o almeno in Inghilterra e poi cercare un editore eheh

Certo che però alcuni libri di questo genere “vengono” pubblicati e allora è giusto incazzarsi, se ne ha pieno diritto perché non è solo una truffa verso chi li compra, ma anche un danno e uno sberleffo verso chi potrebbe scrivere libri seri.
Io non posso credere che su 60 milioni di italiani non ce ne sia uno, dico uno, che possa fare un libro fatto bene che sfondi anche all’estero e venda in tutto il mondo alla grande.
Sono sicuro che qualcuno c’è, ma ha le ali tarpate da editori disinteressati e incapaci anche di fare soldi, perché con libri del genere quante copie vuoi vendere?

Detto questo volevo sollevare anche un altro punto e cioè la punteggiatura: secondo me il lavoro dell’editor si è concentrato nel riempire le frasi di punteggiatura inutile.
Esempio con tre frasi a caso:
1-Sì, lo conosco. Perché le interessa?
2-Bene. In fondo, sei un bravo ragazzo.
3-Accese il MacBook. Inserì username e password (Anne Hathaway). Quando si aprì la schermata, attivò la connessione wireless. Il solito: controllo nuove mail e Facebook.

La punteggiatura è importantissima e può fare la differenza tra il cannibalismo e una rassicurazione:
Ho già mangiato Maria.
Ho già mangiato, Maria.
E su questo penso che siamo tutti d’accordo.
Però dai brani riportati nella recensione ho notato un abuso di punteggiatura, una sequela di pause che spezzano il ritmo della narrazione e peggiorano ancora di più il tutto.

Insomma figure retoriche inutili, informazioni inutili (che cavolo che ne fot** a noi di che password hai), punteggiatura inutile, proprio un libro inutile.

E comunque mi voglio allargare e mettere pure un post scrittum e cioè ma che cavolo mi significa adesso il dài con l’accento? Avevano paura che si confondesse con la preposizione forse? Non è questa gran figata intellettualoide che si sono immaginati, è proprio da professorini poveracci XD

#46 Comment By Chris On 15 marzo 2013 @ 16:00

@ Callaghan

E comunque mi voglio allargare e mettere pure un post scrittum e cioè ma che cavolo mi significa adesso il dài con l’accento? Avevano paura che si confondesse con la preposizione forse? Non è questa gran figata intellettualoide che si sono immaginati, è proprio da professorini poveracci XD

Oh mio dio per fortuna non ci avevo fatto caso. Mamma mia nemmeno l’insegnante di italiano in prima superiore fa così. Dài con l’accento non è nemmeno contenuta nel vocabolario di Word. Proprio come diceva Gamberetta. Gli editor italiani non sanno nulla di narrativa e l’unica parte che sanno curare, con una precisione ridicola, è l’ortografia. Con effetti controproducenti perché poi il lettore si distrae cercando di capacitarsi di un dài con l’accento e di una vagonata di punteggiatura. Che, fosse per me, bandirei dai romanzi anche i due punti.

Sono sicuro che qualcuno c’è, ma ha le ali tarpate da editori disinteressati e incapaci anche di fare soldi, perché con libri del genere quante copie vuoi vendere?

Già, a volte mi chiedo se editor e editori si siano mai messi a confrontare quello che producono loro con quello che arriva dall’estero. La differenza è spaventosa, è impossibile non salti agli occhi. Come Beautiful contro Vivere, Friends contro Via Zanardi 33, CSI contro RIS Roma, Sailor Moon contro le Winx. Ma non sentono il tanfo di merda quando producono questa roba?

#47 Comment By Mayra Rohmetall On 15 marzo 2013 @ 18:02

@ Chris:

Il “bello” dei romanzi fantatrash a sfondo paranormal/demoniaco/angelico/vampiresco, è che ai personaggi non importa se esiste Dio, pensano piuttosto a mostrare i mirabolanti poteri magici o la pelle che luccica, trattare temi profondi non è figo.

#48 Comment By Ettore On 16 marzo 2013 @ 10:54

Ma perché la punteggiatura sarebbe così sbagliata? Ad esempio, la frase

Accese il MacBook. Inserì username e password (Anne Hathaway). Quando si aprì la schermata, attivò la connessione wireless. Il solito: controllo nuove mail e Facebook.

Al di là della stupida routine che descrive, non è comunque corretto mettere periodi corti che descrivono azioni brevi? Per il lettore non dovrebbe essere più semplice visualizzare quello che succede in questo modo?

Comunque grazie della recensione. Prima o poi mi aspetto una classifica del peggio :)

#49 Comment By Chris On 16 marzo 2013 @ 13:40

@ Ettore
Non è sbagliata, ma superflua. L’occhio e il cervello ricostruiscono il senso delle parole anche facendone a meno. La frase che hai quotato contiene addirittura delle parentesi, che io in narrativa trovo obbrobbriose. Ma questo è un mio gusto personale.
Quello che intendeva dire Callaghan, che ha iniziato la discussione sulla punteggiatura, è che risulta veramente ridicolo che l’agenzia di editing si sia persa a infarcire il romanzo di punteggiatura superflua, trascurando del tutto il fatto che personaggi, trama, descrizioni, dialoghi (ho dimenticato qualcosa?) fanno acqua da tutte le parti.
È una cosa miope e autoreferenziale. Il romanzo è del tutto incapace di suscitare una qualsiasi emozione a parte una mitragliata di WTF? Sta ai suoi omologhi esteri come la merda alla cioccolata? Chissenefrega, tanto ha tutta la punteggiatura al punto giusto.

@ Mayra Rohmetall

Okay, ma allora, come direbbe il termine fantatrash, dovrebbero essere romanzi pieni di azione e/o divertimento. Di quelli i cui non fai in tempo a voltarti che c’è un esercito di ibridi zombie-mummie che esce dai sarcofaghi dal british museum, e dall’altra la tua fidanzata che se la fa con il minotauro che avete svegliato per sbaglio durante la crociera per le isole greche.
Invece questo romanzo nello specifico si dà arie di serietà. È ridicolo.

#50 Comment By Eosforo On 16 marzo 2013 @ 17:40

1-Sì, lo conosco. Perché le interessa?
2-Bene. In fondo, sei un bravo ragazzo.
3-Accese il MacBook. Inserì username e password (Anne Hathaway). Quando si aprì la schermata, attivò la connessione wireless. Il solito: controllo nuove mail e Facebook.

La prima citazione mi sembra corretta. Nella seconda la punteggiatura si potrebbe cambiare, ma anche così non è terribile. La terza citazione ha problemi ben più gravi della punteggiatura.

Tornando al romanzo, non ho nulla da aggiungere a ciò che avete detto.

“Se non credi nell’esistenza del Male, non hai mai conosciuto me”. Bitch, please!

#51 Comment By Emi On 19 marzo 2013 @ 20:17

Il ritardato uscito dalle fogne è una citazione dylandogghiana involontaria? O voluta? :D

#52 Comment By Chris On 20 marzo 2013 @ 14:55

Il ritardato uscito dalle fogne è una citazione dylandogghiana involontaria?

Non credo. Si potrebbe considerare un archetipo fondamentale. L’esploratore, il guerriero, il bravo ragazzo, il burlone… e il ritardato uscito dalle fogne.
Avevo in mente da parecchio un paio di titoli per Gamberetta da cui trarre recensioni al vetriolo, ma pensavo che ormai gli avrei dato solo tedio, visto che aveva detto che non avrebbe mai più letto il fantasy italiano.
Se le va di farsi venire un altro riflusso acido c’è La Setta degli Alchimisti. L’autore usa le stesse metafore balorde di Roma. Mi rimarrà sempre in testa “L’orologio spezzettava il tempo in trucioli di secondi”. Impagabile. Solo che il libro non vale nemmeno i sei euro a cui ora lo vendono e non è assolutamente trovabile su emule.
Un po’ meno atroce è Amon Saga. MI sembra che il primo volume lo diano gratis. E se avete visto il sito, è proprio come sembra: il tentativo di lanciare attraverso dei romanzi un gioco di ruolo. E leggendo le pagine si ha l’impressione di guardare un episodio eccessivamente serioso di Yu-Gi-Oh. L’autrice saprebbe scrivere, mostra, si risparmia le metafore, ma ha la testa piena di idee sbagliate su personaggi e trama

#53 Comment By Anonimo Qualsiasi On 21 marzo 2013 @ 02:10

Ma una tassazione del 99% sul fatturato di queste madrasse dello sterco scuole di scrittura? La crisi del debito ci offre una grande possibilità.

#54 Comment By Stefano Trucco On 26 marzo 2013 @ 16:19

@ Marco P.M.

“Un’altra delle lezioni fondamentali che una scuola/corso (ma anche solo una chiacchierata con un editor serio) dovrebbe impartire, è scrivi di ciò che sai”

Solo io ci vedo una contraddizione logica? Come puoi ‘scrivere di ciò che sai’ scrivendo fantasy, cioè di cose che, per definizione, non esistono se non per convenzione letteraria? A meno che il ‘ciò che sai’ non si riferisca appunto a queste convenzioni letterarie e non alla propria esperienza della realtà.

In generale, leggendo gli altri commenti, ritorna il solito problema (spero di non essere cassato per questo…): la rece della Gamberetta è indiscutibile e mi fido completamente – non per niente ho voluto usufruire della sua competenza, costi quel che costi…
Alcune opinioni emerse dai commenti, invece, non mi paiono affatto indiscutibili.
‘Quello che viene pubblicato in Italia fa schifo mentre invece quel che viene dall’America è bello’. Può darsi che sia vero nel fantasy, non faccio fatica a crederlo, ma in tutto il resto? Perchè dovrebbe valere anche per gli altri generi, tutti. Davvero? Avete controllato? Ovviamente no, dato che qui si citano solo ed esclusivamente romanzi di fantasy e generi confinanti (SF, horror…). Potremmo parlare di gialli italiani: se ne pubblicano molti, al pubblico italiano visibilmente piacciono perchè li compra (non tutti, ovvio) in grandi quantità e non ha verso di loro alcun pregiudizio, come invece chiaramente ha verso il fantasy. Perchè? Secondo me siamo nell’ambito dello stesso problema: chi scrive fantasy in Italia conosce solo il fantasy ed ha una cultura letteraria ristrettissima (in particolare odia qualsiasi cosa puzzi dell’odiato ‘realismo’), perciò non può scrivere altro che male proprio quel che vorrebbe scrivere. Come disse Rudyard Kipling ‘non sa nulla dell’Inghilterra chi conosce solo l’Inghilterra’.
Domanda: quanti di voi hanno mai letto Walter Siti? E allora di che narrativa italiana scadente parlate? Ve lo meritate Davide Roma, altro che balle! Provate a leggere Il Contagio o Troppi Paradisi o Resistere non serve a niente e poi ditemi. E magari anche il recente breve saggio di Siti sul realismo ‘Il realismo è l’impossibile’. Oppure, rimanendo più vicino alla fantascienza, avete mai provato a leggere Tullio Avoledo? Potreste imparare come si fa a scrivere fantascienza italiana che un buon numero di italiani è disposto a leggere volentieri (indizio: c’è molto mondo reale e pochissimi stereotipi di ‘genere’)
‘Le scuole di scrittura italiane fanno schifo, non come quelle americane’. Negli Usa ogni università, ogni college ha una sua creative writing class, eppure, come qualsiasi editore americano potrà confermarvi, il 95% di ciò che arriva agli editori è merda. Come si spiega? Si spiega col fatto che una buona scuola di scrittura aiuta chi ha talento ma non può fare nulla per chi non ne ha o non vuole impegnarsi (per esempio leggendo), qui come laggiù. Raul Montanari non scrive affatto male (almeno a giudicare dall’unico romanzo suo che ho letto ‘L’esordiente’) e non è certo responsabile se un suo allievo scrive male (anche se indubbiamente è responsabile dell’averlo elogiato, pazienza…) ma bisognerebbe vedere se tutti gli allievi di Montanari che hanno pubblicato scrivono altrettanto male.
Fra l’altro vorrei sapere quanti di voi hanno effettivamente frequentato una scuola di scrittura e con quali risultati.

#55 Comment By Mao On 26 marzo 2013 @ 19:53

Stefano:

Raul Montanari non scrive affatto male (almeno a giudicare dall’unico romanzo suo che ho letto ‘L’esordiente’) e non è certo responsabile se un suo allievo scrive male (anche se indubbiamente è responsabile dell’averlo elogiato, pazienza…) ma bisognerebbe vedere se tutti gli allievi di Montanari che hanno pubblicato scrivono altrettanto male.

Non entro nel merito delle altre questioni che hai sollevato, ma questa affermazione mi fa un po’ riflettere.
Montanari dice che Roma è un Talento puro, eppure Roma scrive di merda. Di conseguenza Montanari o non è una persona onesta, o non è un bravo insegnante. Anzi, è un insegnate pietoso, e probabilmente dannoso. Insegni scrittura creativa, cioè spieghi la materia e fai fare esercizi (e ti fai pagare), e non sai neanche riconoscere un intero romanzo di merda? Che razza di insegnante sei? Di certo non uno bravo, se non riconosci neanche gli errori più grossolani ed elogi l’allievo che li commette come il migliore. E dunque che tipo di scrittore sei? Io non ho letto romanzi di Montanari, quindi non do giudizi, solo che le premesse non sono affatto buone: se non sai riconoscere un romanzo orripilante di un tuo allievo, anzi lo elogi, ci sono buone probabilità che tu stesso non riconosca i tuoi errori quando vai a scrivere. E dunque se sfiori la decenza (e questo è da vedere) è solo frutto del caso.

Se le scuole di scrittura permettono di raggiungere il livello de “Il bacio di Jude”, meglio non sprecare i soldi.

#56 Comment By Gwenelan On 26 marzo 2013 @ 20:04

@Stefano Trucco

Io ho letto libri italiani di vario genere, dal mainstream, al giallo (quelli pure tanti), al rosa, un paio di noir, molta fantescienza. Non solo fantasy. Quello che ne ho dedotto è che no, non fa tutto così schifo come la nostra fantasy, ma comunque rispetto al mercato estero sforniamo più porcherie, e abbiamo un immaginario (non solo riferito al fantastico, ci vuole immaginario anche per fare un giallo originale, per dire) più limitato. Abbiamo lo stesso buoni autori, chi dice di no, ma la media è sconsolante.
Ugualmente in America ci saranno scuole di scrittura incapaci, ma quella di Raul Montanari si presenta malissimo. Intanto, una persona che sa il suo mestiere non dice di uno che scrive come Davide Roma “talento puro e sicuro”. Non è che ha complimenttato un allievo mediocre, eh, ha “osannato” un cane. Secondariamente, Roma è stato editato dall’agenzia di altre due allieve di Montanari, e visto il risultato viene quantomeno il dubbio che anche le altre due allieve siano incompetenti. Terzo, ho letto gli incipit dei romanzi di Monatanari sul suo sito, che la dicono lunga sulla sua abilità di scrittore.
Quarto, non serve aver fatto una scuola di scrittura per vedere quando uno scrive così dimmerda come Roma O_o.

#57 Comment By Stefano Trucco On 26 marzo 2013 @ 20:46

Vuol dire solo che è parziale nei confronti dei suoi allievi, non che sia un cattivo scrittore (ovviamente non l’hai letto: è uno scrittore italiano, dopotutto) o un cattivo insegnante. Ammetto che è un difetto e sarebbe stato meglio non l’avesse fatto ma purtroppo si fa normalmente, qui come negli Usa e altrove – gli insegnanti di scrittura creativa tendono a parlare bene dei propri allievi pubblicati.

#58 Comment By Mao On 26 marzo 2013 @ 22:59

@Stefano:
Dunque siamo d’accordo: o Montanari è un disonesto (si accorge che l’allievo è scarso, ma mente perché “è costume degli insegnanti italiani e americani”) oppure è uno scrittore incapace (cosa che mi riservo di appurare per conto mio, se permetti).

@Gwenelan:
Grazie del link. Basta leggere la prima pagina de “L’esordiente” per dissipare ogni dubbio. ^_^

#59 Comment By Gamberetta On 27 marzo 2013 @ 21:05

Ho spostato in Fogna gli ultimi commenti perché si stava andando ampiamente offtopic. In quanto al pubblicare brani di romanzi sui Gamberi: se proprio volete in Fogna potete farlo, ma se il testo è più lungo di qualche paragrafo risulterà faticoso da leggere. Sarebbe meglio ospitarlo in qualche luogo più consono e mettere il link.

#60 Comment By D-Lord On 28 marzo 2013 @ 00:41

Frasi da far accapponare la pelle… di porcate ne ho lette parecchie a partire da licia ma qui si sfora nel grottesco, nel disumano, non mi era mai venuto male a leggere un libro, al massimo noia a livelli estremi, qui strapparsi gli occhi non è sufficiente: ci vuole un harakiri. Degno del peggior marciume esistente, questo commento compreso, perchè non saprei cosa scrivere su tale obrobrio. Indignazione indescrivibile.

#61 Comment By Ema On 8 aprile 2013 @ 13:44

Onestamente ho visto di molto peggio, almeno come stile. Certo, qui c’è l’aggravante “scuola”, nonché articolo del Corriere a fare da cassa di risonanza. Articolo che di fatto, come toni, dà per buono quello che viene raccontato al giornalista senza tentare approfondimenti critici, perché cavolo, se l’ha segnalato lo Strega allora andiamo sul sicuro. Trovo tutto ciò molto più grave del maestro che ha la debolezza di magnificare il proprio allievo (anche se poi l’atto in sé svaluta il maestro piuttosto che l’allievo).

#62 Comment By Eric On 20 aprile 2013 @ 10:20

No, MasterRPG, anchio mi vergogno, e sono pure dispiaciuto. Mi ero convinto che se riuscivo a scrivere le più grandi porcate della storia sarei spiccato come un petalo nero su un albero di fiori bianchi (non male è?), ma purtroppo non potrò mettere in pratica il mio arcano disegno.
Due grazie a Gamberetta.
1- Non spenderò soldi in questo libro,
2- Le sue recensioni, per me, ovvio, valgono più di certi corsi di scrittura, e sono pure gratis.

#63 Comment By Marco P. M. On 27 aprile 2013 @ 14:05

@Stefano Trucco – “Scrivi di ciò che sai” non vuol dire che solo un serial-killer possa scrivere un thriller, ma riassume un concetto molto, molto importante: lo scrittore deve riuscire a far immergere il lettore in un mondo da lui creato… se lo scrittore per primo non ha idea di come funzioni questo mondo, come può il lewttore ricavarne immagini vivide e coinvolgenti? Se l’autore Pincopallino non è mai stato a New York, come può trasportarci un lettore? Il “Fantasy” in sé cambia molto se lo ambienti a Napoli, o a Roma? NO! Ma almeno puoi rendere esperienze dirette e credibili…
Per il Fantasy epico può sembrare (ma solo in apparenza) una contraddizione: Tolkien non è mai stato fisicamente nella Terra di Mezzo, ma descrive paesaggi da lui ben conusciuti, estrapolati e ricamati dalla sua esperienza diretta…
Poi c’è la documentazione… quando leggi romanzi di esordienti (e non) in cui la protagonista usa l’arco in quanto “arma che non richiede particolare forza”… ti cadono le braccia! Insomma: scrivi di ciò che sai, e quando non sai documentati, studia!
Un esempio di altro genere: io scrivo racconti gialli ambientati nel 1800 nella mia città… è ovvio che non avrò MAI la stessa esperienza di un uomo del periodo, ma per poter creare un mio 1800 credibile studio! Per ogni racconto digerisco libri su libri e passo settimane in biblioteca, e per musei… figurati quanto si dovrebbe studiare per un romanzo ambientato negli States!

(scusa per il ritardo nella risposta, mi ero perso il tuo post!)

#64 Comment By Marco P. M. On 27 aprile 2013 @ 14:09

PPS @Stefano – ho frequentato uno dei corsi di scrittura di Franco Forte, e non posso che parlarne bene: pochi concetti ma molto chiari, tanto lavoro sulla consapevolezza della materia e sulla conoscenza del mondo editoriale. Le scuole serie esistono.

#65 Comment By Pseudolus On 4 giugno 2013 @ 17:50

Conosco una delle due editor del romanzo. Forse è meglio che non dica cosa penso di lei ma, diciamo così, non sono stupito.

#66 Comment By Cal On 9 giugno 2013 @ 18:23

Ma è strano che alla Sperling – gente che tratta la produzione di King e tanti altri grossi calibri esteri, non la Bruzzubabbarebbe Editori – pubblichino uno schifo inverecondo del genere; e c’è anche scritto, sulla pagina dei contatti del loro sito, che hanno sospeso il ricevimento dei manoscritti (da più di un anno, lo so perché avrei uno scritto per le mani che volevo spedire loro…e se hanno pubblicato questo scarto, magari potrebbero anche pubblicare me).

Avrà avuto la stessa “fortuna” di miss Licia?

#67 Comment By Darlene Alibigie On 20 giugno 2013 @ 17:33

Per restare in tema di scuole di scrittura creativa, agenzie editoriali e Chiara Beretta Mazzotta, consiglio la lettura di questo post:

http://www.dottord.it/7-collazione-da-tiffany-ovvero-agenzie-letterarie-no-grazie.html

#68 Comment By Cal On 26 giugno 2013 @ 17:30

Solo la Troisi può pubblicare al primo invio un lavoro pessimo e proseguire peggiorando, se possibile, ancora. O uno che si sia fatto gli amyketti alla scuola di scrittura, come questo pampaluga qui.

…oh, è “fortuna” xD (altresì detta “calcinculotuttoattaccatosennòsicapisce!” d.d)

Io ad una agenzia l’ho mandato però, “parole filanti” si chiama…fanno valutazioni gratuite in 3 mesi, dato che non costa niente…:P

#69 Comment By Elsbeth On 7 luglio 2013 @ 15:38

Però devo dire che quella sua foto mi inquieta assai.

#70 Comment By thyangel83 On 11 luglio 2013 @ 09:25

@ cal

Spiegazione: il discorso del fermo-ricezione dei manoscritti da parte di una c.e. funziona così:
- se sei “tizio” chiunque non ricevono il tuo manoscritto
- se qualcuno nella c.e. in questione già ti conosce, allora il tuo manoscritto viene ricevuto
Il blocco di ricezione è semplicemente dire: se non ti conosciamo evita di di farci perdere tempo, abbiamo già il nostro cerchio di autori che riteniamo da noi pubblicabili.

#71 Pingback By Da evitare: la guerra di religione On 23 agosto 2013 @ 13:17

[...] mi sono ricordata che non era la prima volta che sentivo di una cosa analoga: link qui pare succeda la stessa cosa. I “buoni e fighi” usano Wow e Uau, gli sfigati usano [...]

#72 Comment By ElettroGolem On 11 settembre 2013 @ 13:22

Hahahaha, ma come cavolo scrive? Non si capisce nulla, ammesso che quello che scrive abbia realmente un senso.

#73 Comment By Daniela On 29 novembre 2013 @ 17:25

Che dire dopo aver letto una recensione così impeccabile? Mi complimento per il tuo punto di visto spietato e critico, ma che trovo affascinante. Quasi avvincente. Non mi capita spesso di appassionarmi così ad una lettura (e stiamo parlando di una recensione!!!!). Mi hai dato interessanti spunti e chiavi di lettura nell’approccio sia alla scrittura che alla lettura di un testo. Grazie!

#74 Pingback By Esordienti, scrittori, appassionati e brutta gente del genere #1 | Cal the Pal On 3 dicembre 2013 @ 21:36

[…] perché tanti si considerano scrittori soltanto perché buttano in mezzo personaggi che si muovono come foglie bianche su un ramo nero (o era foglie nere su un ramo bianco?) come summa di chissà quale corso di scrittura? […]

#75 Comment By Gabi On 6 febbraio 2014 @ 13:42

Arrivo con un anno di ritardo, ma mi sono gustata la recensione carnivora, come ai bei tempi.

Il dubbio più inquietante rimane questo: che segreto cela quel vezzoso guanto di pelle rossa, senza dita, stile 24ore di Le Mans, che il Nostro sfoggia nelle sue apparizioni in pubblico, che si tratti del video casereccio girato tra amici o dell’intervento al TG1?
Stimmate, forse? Il segno della Bestia? Semplice poseurismo da bambino indaco?

Ah, saperlo!

Se il romanzo vi ha fatti facepalmare come se non ci fosse un domani, gustatevi il Roma in video, e vi troverete trasportati al di là del bene e del male. Anzi, del Male.

#76 Comment By Alina Sama On 17 giugno 2014 @ 22:19

Il romanzo sembra “meh” ma Shaitan (il film di bollywood) e’ “eeeh!” :-) Davvero bello! Grazie per avermelo fatto conoscere.


URL dell'articolo: http://fantasy.gamberi.org/2013/03/05/il-bacio-dellingenuo-jude/

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