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Sulle Case Editrici a Pagamento

Pubblicato da Gamberetta il 1 novembre 2007 @ 11:00 in Insalata di Mare,Italiano,Scrittura | 47 Comments

In questo periodo mi sto documentando sulle case editrici a pagamento. Non perché voglia pubblicare con tali loschi figuri, ma perché ho intenzione di scrivere una storia che ne parli.

Le case editrici a pagamento sono quelle case editrici che chiedono un contributo all’autore. Chiariamo subito un punto: una casa editrice a pagamento non è un’impresa truffaldina.
Il reato che ipotizzerei è quello di circonvenzione d’incapace, sennonché, forse per una svista del legislatore, la figura dello scrittore esordiente non è elencata tra quelle per cui vale la definizione d’incapace. Grazie a tale scappatoia le case editrici a pagamento la fanno quasi sempre franca.
Perciò no, l’attività delle case editrici a pagamento non costituisce reato, è solo moralmente aberrante.

Denaro
Il denaro, sterco del Demonio?

La più comune strategia delle case editrici a pagamento è chiedere un contributo all’autore. La casa editrice propone di stampare 100 copie di un libro e chiede all’autore 1.000 euro. L’autore paga e il libro viene pubblicato.
Ma non è il solo modo per cavar soldi agli sprovveduti. Un’altra strategia piuttosto comune è l’obbligo all’acquisto delle copie. Funziona così: la casa editrice stampa 100 copie e l’autore è obbligato a comprarle tutte quante.
Il trucco qui è che la casa editrice fa credere all’autore di star facendo un grande affare, perché spesso l’acquisto delle copie avviene a un prezzo molto scontato rispetto al prezzo di copertina. L’editore spiega all’autore che potrà comprare le copie a 10 euro l’una, contro un prezzo di copertina di 20: se l’autore riuscirà a rivendere le copie acquistate scontate, non solo rientrerà nella spesa ma ci guadagnerà!
Si fa appello all’orgoglio e alla dignità dello scrittore: “ma come, hai talmente così poca fiducia nel tuo lavoro da non credere di riuscire a vendere 100 copie? Ma come, non hai amici e parenti e conoscenti che non vedono l’ora di leggerti?!” Ovviamente dovrebbe essere l’editore ad avere fiducia ed essere lui a rischiare.
Così l’autore, stupido quanto orgoglioso, paga e si ritrova sul gozzo le 100 copie. Qui la situazione può diventare imbarazzante, con l’autore medesimo in giro per Internet a cercare di vendere copia a copia la sua opera a perfetti sconosciuti. Quando poi uno di quegli sconosciuti compra l’opera e dice all’autore che la detta opera fa schifo, l’autore se la prende pure, ma questa è un’altra storia.

Un altro trucco è quello dell’obbligo all’acquisto delle copie invendute. Per legge, quando editore e autore concordano sul fatto che un libro non sia più vendibile, l’editore ha l’obbligo di proporre all’autore l’acquisto delle copie in giacenza, prima di mandarle al macero. Ovviamente l’autore può rifiutare. Non però se ha firmato un contratto che invece glielo impone.
Anche qui si fa appello all’orgoglio dell’autore: “figuriamoci se rimarranno copie in giacenza! Non hai fiducia nel tuo stesso lavoro?!” Come prima, per l’editore è facile aver fiducia quando non rischia niente, e all’autore pare brutto essere lui quello che dubita della propria opera. Uno o due anni dopo le 100 copie stampate sono ancora lì, non acquistate da nessuno, e le dovrà tutte comprare l’autore, spesso senza neanche lo sconto.

In generale ci sono mille possibili tranelli. Il punto chiave è uno solo: se in qualunque punto del contratto editoriale è anche solo ipotizzato un passaggio di denaro dall’autore all’editore, c’è qualcosa che non quadra. Occorre sottoporre il contratto all’attenzione di un avvocato.

Il problema però non si esaurisce con gli autori ingenui. Forse la schiera più folta è costituita da quegli autori che sanno che stanno pagando e credono davvero possano ottenerne dei vantaggi. Non è così. Vediamo alcuni casi.

Darsi delle arie

È un paio d’anni circa che bazzico per Internet su forum e siti che si occupano d’editoria. E ho scoperto che forse la ragione principale che spinge gli autori a cercare la pubblicazione è il potersene poi vantare.
Non solo con gli altri, anche con se stessi. “Ho passato la vita a insegnare a una classe di dementi al Liceo”: suona male, ma se si aggiunge “nel frattempo però scrivevo il seguito di Robinson Crusoe!” si dona a un’esistenza triste tutt’altra patina.
Anche nei rapporti sociali, ha il suo fascino: “Che mestiere fai?” “Insegno a una classe di dementi al Liceo Scrittrice!”
Perché non funziona: perché non è così semplice ingannare se stessi. Noi lo sappiamo di aver pagato, e sappiamo che ci hanno pubblicato solo perché abbiamo tirato fuori i soldi. Perciò all’esistenza triste si aggiunge solo una nota patetica.
Nei rapporti con gli altri, si riuscirà a ingannare solo i più gonzi. Quelli dotati di un minimo d’intelletto potrebbero indagare cosa uno ha scritto, peggio potrebbero provare a leggerlo. A quel punto si rimpiangerà di aver rinunciato alla sobria dignità d’insegnare a una classe di dementi al Liceo. Ovviamente sto alludendo a una persona che conosco, ma che per fortuna crede che Internet sia una marca di aspirapolvere.

Copertina di The Further Adventures of Robinson Crusoe
Copertina di The Further Adventures of Robinson Crusoe, seguito del Robinson Crusoe

Ci sono delle alternative gratuite per darsi delle arie. Per ingannare se stessi la via più semplice è convincersi di aver scritto un libro scomodo. Non viene pubblicato da nessuno perché nessuno ne ha il coraggio, in questo mondo corrotto.
Siamo troppo scomodi! Siamo così scomodi che la gente non si siede accanto a noi in metropolitana! Non ci pubblicheranno mai, ma questa sarà solo indicazione di quanto noi siamo veri scrittori! Un vantaggio collaterale di tale modo di pensare è che non è richiesta neanche la spesa per spedire il manoscritto in giro alle varie case editrici: sappiamo bene di essere troppo scomodi, è inutile anche provarci!
Si diventa i più grandi (e scomodi) scrittori contemporanei senza sborsare un euro, un bel passo avanti rispetto all’editoria a pagamento!
Nei rapporti con gli altri, l’alternativa gratuita è mentire: “Che mestiere fai?” “Scrittrice! Ho pubblicato un romanzo fantasy, La Vendetta degli Australopitechi, te ne manderei una copia, ma è esaurito, attendo la quinta ristampa.” I gonzi s’ingannano ugualmente, e quelli più furbi possono entro certi limiti essere raggirati: un romanzo immaginario è sempre meglio di un romanzo vero ma orribile! Costo zero, ma è richiesto talento nel ramo dell’ingegneria sociale.

Farsi conoscere

Se stampo un libro, anche a pagamento, comincerò a farmi un nome in giro. Magari sarò notato da qualche editore “serio”, magari per sbaglio qualche giornalista o critico si accorgerà di me! Questo è un altro ragionamento che sento abbastanza spesso. Il succo di questo ragionamento è che un editore non dia importanza ai manoscritti che riceve in lettura, ma fulminato dalla copertina di un romanzo pubblicato a pagamento, lo legga d’un fiato, per poi correre ad acquistarne i diritti.

Non succede. Per capirne il perché bisogna partire da una considerazione:

Le case editrici a pagamento pubblicano chiunque.

Se dicono il contrario stanno mentendo. Pubblicano chiunque paghi, qualunque cosa abbia scritto. Sempre e comunque. Non c’è mai selezione. MAI. Si paga, si pubblica, fine.
Data tale premessa, l’editore “serio” ha due strade: leggere uno dei tanti manoscritti che prendono polvere sulla sua scrivania o leggere il romanzo pubblicato a pagamento. Il romanzo pubblicato a pagamento è stato scritto da uno scrittore almeno ingenuo e al più stupido. Perciò agli occhi dell’editore apparirà ancora meno interessante del manoscritto numero 918.

Manoscritto
Certi manoscritti attendono di essere letti da un editore ormai da molti anni

Perciò sì, ci si fa conoscere: si avrà la fama di idioti.

Diventare ricchi e famosi

Con un piccolo investimento iniziale si possono spalancare le porte della Gloria, della Fama, della Ricchezza! La Rowling non vive forse in una reggia, tanto da far invidia alla Regina d’Inghilterra?
Sì, può succedere. Se però investite i soldi dell’editore a pagamento in schedine del SuperEnalotto avrete molte più possibilità!

Farsi leggere da un pubblico

L’ultima ragione per la quale un autore prova a pubblicare un libro è per far leggere le proprie storie agli altri. Mi rendo conto che sia una ragione flebile rispetto alla vanità o all’avidità, ma esistono davvero persone che hanno quest’idea folle in testa!

In quest’ambito, i servizi che una casa editrice a pagamento offre sono:

  • editing del manoscritto.
  • stampa del libro.
  • distribuzione del libro.
  • promozione del libro.

Partiamo dal primo punto: editing del manoscritto. È un mito! Le case editrici a pagamento prendono il manoscritto così com’è e così com’è lo stampano, senza neanche passarlo al controllo ortografico di un programma di elaborazione testi. Se si spera di avere l’aiuto di un editor, non lo si avrà. Fra l’altro anche se si viene pubblicati da una casa editrice “normale” è abbastanza difficile trovare un editor competente, specie nella narrativa di genere. Ma questo sarà argomento per un altro articolo.
Se non vi fidate, cercate in rete estratti da libri pubblicati a pagamento e passateli in OpenOffice.org Writer o Word e guardate quanti errori ci sono.
Di editing vero e proprio poi non ne parliamo: la casa editrice a pagamento non cambierà una virgola. Anzi no, forse una virgola la cambierà, e poi chiederà ulteriori 300 euro per spese di editing.

Secondo punto: stampa del libro. Neanche questa è garantita, specie nei contratti che non succhiano soldi mediante l’acquisto obbligato delle copie. Tuttavia su questo punto spesso si ottiene quel che si è pagato: il libro verrà stampato.

Terzo punto: distribuzione del libro. Normalmente consisterà in una vendita via Internet dal sito della casa editrice, più disponibilità presso le librerie online, quali iBS.it o BOL.it. Dall’ordine al ricevimento dei libri attraverso iBS e simili passeranno tempi biblici (dalle 3 settimane in su). Si potrà anche ordinare il libro nelle librerie ma non lo farà nessuno.
Fisicamente il libro sarà disponibile in una manciata di librerie, se va bene in un paio di città. E stiamo parlando dei casi più fortunati.
In altri termini, il libro non avrà distribuzione o quasi. Come se l’editore non avesse interessa a venderlo… e infatti non l’ha, il suo guadagno l’ha già ottenuto spennando l’autore!

Quarto punto: promozione. Totalmente a carico dell’autore. L’editore non spenderà un soldo per promuovere o far pubblicità al libro. Anche in questo caso si può assistere a scene patetiche, quali presentazioni organizzate dalle pro loco con presenti solo l’autore, i genitori e due amici, dei quali uno pagato per esserci. Oppure si può trovare l’autore in giro per Internet a far pubblicità disperata al suo romanzo, spammando per ogni dove, dai forum dedicati all’editoria al circolo degli amanti del lancio del nano.

Per sintetizzare: se lo scopo è far leggere il libro, pubblicandolo a pagamento non lo leggerà nessuno.

Quali sono le alternative, partendo dal presupposto di non pubblicare con un editore “normale”?

Punto primo: editing. Ci si può rivolgere a un’agenzia letteraria o a liberi professionisti che svolgono questo lavoro. Anche qui si paga, e probabilmente non vale la pena, visto che la competenza di tali tizi è tutta da dimostrare. Però almeno ci sarà una possibilità che un lavoro venga svolto, contro le zero per gli editori a pagamento. Il mio consiglio è di lasciar perdere, e di far da soli, il gioco non vale la candela, a meno di poter sfruttare gratis il lavoro di qualche scrittore amico. Scrittore vero però, non un altro fesso pubblicato a pagamento.

Punto secondo: stampa. Stampare in maniera tradizionale, cioè rivolgersi a una tipografia non vale assolutamente la pena. Bisogna rivolgersi da un lato alla distribuzione elettronica gratuita e dall’altro al print-on-demand.
La distribuzione elettronica consiste nel rendere disponibile un file contenente il romanzo. Per esempio un PDF sul proprio sito o blog. Perché distribuzione gratuita? Perché nessuno, sottolineo nessuno, compra l’ebook di un perfetto sconosciuto. Neanche i suoi amici.
In compenso si può provare la formula dello shareware implorante: “se vi piace quello che avete letto potete devolvere un obolo, metà del ricavato sarà usato per piantare alberi nel deserto del Gobi.”
Con il download gratuito qualcuno il PDF lo scaricherà, e forse uno su cento lo leggerà, e forse tra questi uno su mille donerà.
Per i pochissimi che dopo aver letto il PDF vogliono anche la versione cartacea, si ci può appoggiare a un servizio di print-on-demand. Ce ne sono diversi, il più famoso è di sicuro Lulu.com, ma non è l’unico. Un altro abbastanza conosciuto è per esempio iUniverse.com.

Bob Young
Il Signor Lulu, all’anagrafe Bob Young

Lulu.com rispetto a un editore a pagamento ha il vantaggio che… non si paga. Si pagano solo i servizi aggiuntivi, come procurarsi un codice ISBN, se lo si vuole. Ma nel caso più semplice, si “pubblica” e Lulu e l’autore ricevono soldi quando qualcuno ordina una copia.
Bello, vero? Peccato che nessuno o quasi ordinerà mai una copia. Perché dovrebbe? Credo che ci sia la stessa probabilità che qualcuno doni per gli alberi in Gobi, facendo due conti, una vendita ogni 100.000 lettori.
Sul forum di Lulu.com si discute spesso di vendite, e delle particolarità della classifica di vendita del sito, in realtà stilata non in base alle copie vendute ma ai guadagni degli autori. In media comunque pare che il numero di copie vendute per opera oscilli sulle 2. Delle quali 2, entrambe acquistate dall’autore.
Nascono così iniziative pietose, sullo stile: io compro il tuo libro e tu compri il mio. Inizia tu. No tu. Non ho voglia. Il mese prossimo. Appena posso…

Per chi fosse curioso, questa è la classifica attuale nell’ambito dei libri in lingua italiana (aggiornata al 1 Novembre 2007):

Al di là dell’Italia, qualcuno ha mai avuto successo partendo da Lulu? Ho trovato una sola storia di “successo”: questa. L’articolo parla di un libro pubblicato via Lulu e poi divenuto best seller, tanto che gli autori sono apparsi sul New York Times.
Inoltre tale libro ha vinto un premio da parte della Dog Writers’ Association of America, infatti l’argomento del libro è l’allevamento dei cani.
Capisco che forse uno scrittore aspiri a qualcosa di più che non al riconoscimento della Dog Writers’ Association, ma potrebbe essere un inizio.

Punto terzo: distribuzione. Appoggiandosi a un sito di print-on-demand quale appunto Lulu.com, il libro risulterà disponibile anche presso le librerie online, da iBS.it a Amazon.com, però per via dell’ISBN non italiano affibbiato da Lulu, il libro comparirà tra i libri stranieri.
Sarà poi prenotabile presso le librerie, sebbene anche in questo caso non l’ordinerà mai nessuno. Per una distribuzione fisica l’autore deve procurarsi lui le copie e andare a mendicare presso le librerie: nessuna vorrà tenere il libro.
Ma il principale canale distributivo in questo scenario rimane Internet con l’ebook gratuito.

Punto quarto: promozione. Come per l’editore a pagamento, è tutto sulle spalle dell’autore. Però con i soldi risparmiati è possibile investire qualcosa in pubblicità.

Lavorandoci sopra forse si possono raggiungere qualche centinaio di lettori. Magari anche vendere quattro o cinque copie.

Conclusione

Qualunque sia la spinta a scrivere, pagare per pubblicare non vale la pena. MAI. Ripeto:

PAGARE PER PUBBLICARE NON VALE LA PENA.

Se proprio volete buttare i soldi, finanziate la posa di alberi nel deserto del Gobi.

Piccola FAQ

Il mio romanzo è stato rifiutato da tutti gli editori. Perché?
Fa schifo.

Non è vero! Il mio fidanzato mi ha detto che sono più brava della Rowling!
Mente.

Ma, senti qui: ho postato alcuni capitoli su un forum dell’Internet e mi hanno coperta di complimenti!
Per qualche ragione che non ho mai del tutto colto, la gente in tali forum si spertica in complimenti, forse nella speranza segreta che poi verrà ricambiata. Chi non ha niente di positivo da dire, crede che sia più educato rimanere in silenzio. Il bello è che sono tutti degli ipocriti: in privato, specie gli aspiranti scrittori, si scannano.
Così capitano situazioni paradossali: un libro ha decine di fan che non vedono l’ora di comprarlo, o così dicono in pubblico, ma appena il libro è disponibile, via editore a pagamento, nessuno lo compra. E l’autore ci rimane pure male. Non mancano neanche quelli che spergiurano loro di averlo comprato, anche se non è vero.

Ho pubblicato lo stesso con un editore a pagamento, perché so di aver scritto un capolavoro e so di essere troppo scomodo per l’editoria tradizionale, sentiamo un po’ sono ancora un ingenuo? uno stupido? un ignorante?
Sì.

E le poesie? Le poesie non le pubblica davvero nessuno!
Forse c’è una buona ragione…

Non ti sta bene niente! Cosa dovrei fare?!
Imparare a scrivere.

Coniglietto furbo
Questo articolo è stato redatto con la collaborazione del Coniglietto Grumo. La foto ha solo scopo dimostrativo, non è il Coniglietto Grumo


Approfondimenti:

bandiera EN Servizi di print-on-demand: Lulu.com
bandiera EN Servizi di print-on-demand: iUniverse.com

bandiera IT Librerie online: iBS.it
bandiera IT Librerie online: BOL.it
bandiera EN Librerie online: Amazon.com

bandiera EN The Further Adventures of Robinson Crusoe presso il progetto Gutenberg

bandiera EN Il sito della Dog Writers’ Association of America


47 Comments (Mostra | Nascondi)

47 Comments To "Sulle Case Editrici a Pagamento"

#1 Comment By Simone On 1 novembre 2007 @ 12:19

Bellissimo articolo (mi ricorda quasi i miei ^^). Effettivamente la cosa migliore è il pdf con possibilità di stampa on demand… che poi non compra nessuno ma fa tanto autore trendy.

Ciao!

Simone

#2 Comment By Miss Grumbler On 1 novembre 2007 @ 13:34

Ciao Gamberetta,
ho letto il tuo articolo con gusto e partecipazione, appartenendo alla categoria di coloro che si sono rivolti all’editoria a pagamento.
In realtà, dopo un’analisi così approfondita del marciume che si aggira attorno al povero autore che deve emergere, mi sarei aspettata un’alternativa più sagace del semplice “imparate a scrivere”…
Per favore, non leggere alcuna nota polemica dietro questo mio intevento, perché ti assicuro che non é mia intenzione sollevare polemiche.
Diciamo che sulla carta il tuo discorso non fa una grinza, sia per l’editoria a pagamento, sia per il sistema di print on demand…però penso anche che il libero arbitrio in questi casi sia da rispettare: e cioé anche la libertà di pagare per veder realizzato un proprio sogno, anche per una delle motivazioni che tu citi…
Penso che nella vita siamo continuamente accerchiati da cose che é stupido fare: giocare al gratta e vinci o al superenalotto, accettare un lavoro sottopagato, fumare un pacchetto di sigarette al giorno e…sì, magari anche accettare di pagare per dare alla luce un libro che, teoricamente (se vale), dovrebbe essere notato e promosso senza la richiesta di contributi…
Personalmente sarei stata molto felice se il signor Mondadori o Fanucci (per rimanere sul mio genere) fossero venuti da me dicendosi interessati al mio romanzo. Così non é stato…forse (anzi, diciamo che lo credo) non perché il mio libro fa schifo, ma perchè nessuno ha avuto il tempo o l’interesse di leggerlo…così come un brillante curriculum rischia di rimanere sepolto sulla scrivania di un manager del personale senza speranza di essere notato.
Magari il mio discorso fa acqua, ma magari no, e assumendo che non la faccia…quali sono le alternative? Per il candidato rassegnarsi ad un futuro di casalingo? Per un autore continuare a rileggere da solo il proprio libro dandosi grosse pacche sulle spalle e consolandosi col pensiero che “se qualcuno l’avesse letto l’avrebbe trovato bello?”
Io non la penso in questo modo…penso che ci si debba provare, anche scendendo a compromessi con se stessi…e in effetti a compromessi ci devi scendere, quando l’unica soluzione per pubblicare é sostenere una parte delle spese.
Le trafile di pubblicazione che descrivi si avicinano alla realtà, ma non completamente, almeno nel mio caso…forse sono stata fortunata.
In ogni caso, per me non é corretto l’assunto di partenza: si, ho sostenuto parte delle mie spese di pubblicazione, e da una parte la cosa mi infastidisce…ma mi avrebbe infastidito sapere di aver scritto qualcosa di valido senza essermi data la possibilità di dimostrarlo.
Questione di punti di vista, questione di libero arbitrio…cose su cui, secondo me, é difficile sindacare in un senso o nell’altro…
Tutto quello che dici é vero: l’autore emergente si fa il sito, cerca di farsi conoscere, di promuoversi,…non ci trovo nulla di male, onestamente, e non mi va di leggerci le tonalità grottesche a cui alludi.
Detto ciò (e dai…fammi concludere con un palese spam) leggi il mio romanzo, poi mi saprai dire se é vero che pagare per pubblicare equivale a non saper scrivere :) http://www.lavocedeimeilar.it

Ciao

Roby o Miss Grumbler

#3 Comment By Gamberetta On 1 novembre 2007 @ 14:16

@Simone, non è un caso che ricordi un po’ come scrivi anche tu sul tuo blog, è per quello che mi diverto a leggerlo, perché ogni tanto c’è lo stesso tono ironico mio, che ovviamente mi piace molto.

@Miss Grumbler, è legittimo realizzare i propri sogni, compreso quello di potersi vantare con il prossimo. La stupidità non è nel sogno, è nel non provare a realizzarlo. Se pubblichi a pagamento NON realizzi il tuo sogno, qualunque sia. L’Enalotto è un buon esempio: è vero, giocare è nella buona parte dei casi una pessima idea, perché all’atto pratico si perdono solo soldi, la possibilità di vincere è microscopica, tuttavia tale possibilità c’è; allo stato attuale non c’è NESSUNA possibilità di realizzare i propri sogni pubblicando a pagamento.
Negli ultimi due anni avrò visto decine e decine di aspiranti scrittori pubblicati a pagamento, non solo non hanno avuto alcun tipo di riscontro, ma, e qui mi riaggancio al saper scrivere, è anche giusto che non l’avessero, perché scrivevano male.
Il che vuol anche dire che se per caso tu invece scrivessi bene, pubblicando a pagamento elimini ogni possibilità di successo, dato che ti mescoli a gente che notoriamente non sa tenere la penna in mano. L’editore che non guarda neppure i manoscritti spediti alla sua casa editrice non sta certo a frugare tra la fuffa altrui.
Comunque chiarirò meglio il problema del “saper scrivere” in un altro articolo domani o dopo.

#4 Comment By Miss Grumbler On 1 novembre 2007 @ 14:23

Continuo a rispettare, pur non condividendolo in pieno, il tuo punto di vista…ma a questo punto mi manca la tua soluzione!
Una distruzione non seguita da una costruzione rischia di essere un po’ sterile…
In ogni caso…non voglio inquinarti il post mettendo in piedi una chat a due…quindi mi riservo di intervenire sul tuo prossimo post.

Ciao

Miss grumbler

#5 Comment By Valpur On 1 novembre 2007 @ 17:20

Uh, confesso di aver sorriso un po’leggendo quest’articolo…
Già, perchè le case editrici a pagamento le conosco bene. E, come per una nota sindrome, le evito.
Premessa (intuibile): ho scritto un libercolo.
In un attimo di follia ho provato a inviarlo a decine e decine di case editrici.
Mi hanno risposto circa in venti. Di queste, escludendo quella che ho poi scelto (per quanto piccina, non chiede un soldino ed è mostruosamente professionale, quindi up!), alcune si sono rivelate davvero buffe.
Tralasciando i nomi:
-un Grande Signora mi ha proposto una simpatica pubblicazione in un futuro remoto, a patto di trasformare quello che, in effetti, è un fantasy abbastanza truculento in una fiaba per bambini. Ehhh… no.
-un nome bizzarro ha cercato di fregarmi, rifiutandosi di farmi leggere le due versioni del contratto prima di sceglierne una (geniale) e promettendo di stampare “al massimo” tot copie. Altra cosa a cui stare molto attenti.
-Un terzo, bizzarro individuo invece s’è appassionato ai toni cupi del romanzo e s’è fatto prendere la mano, chiedendomi di trasformare il tutto in un opuscolo splatter… quindi la comparsa poco utile che muore nell’ombra a pagina tre deve sopravvivere e allearsi col cattivone supremo, ammazzare i protagonisti e danzare sui loro cadaveri, e perchè no vendere i resti ancora palpitanti su ebay (quindi, a volte, queste case editrici a pagamento ci mettono anche troppo il naso, nei testi…)

Diciamo che parlo un po’col senno di poi; è facile farsi prendere dall’entusiasmo quando un qualsiasi ente che si autodefinisce “casa editrice” mostra interesse per qualcosa che abbiamo scritto. Non giudico chi ha optato per la pubblicazione a pagamento (so di casi quasi drammatici, ma qualcuno ha avuto fortuna), semplicemente dico che io sono contenta di non aver cacciato mezzo centesimo per vedere il mio libro prendere vita…

#6 Comment By Gamberetta On 1 novembre 2007 @ 17:56

Eh, eh, eh. Quella dei due contratti con scelta a sorpresa mi mancava, e sì che in rete ne ho lette di tutti i colori.
Simpatico l’individuo che voleva aumentare il quoziente di sangue e budella. Sempre meglio che la favola per bambini, se non fosse stato a pagamento magari io l’avrei accontentato.

#7 Comment By barbara On 1 novembre 2007 @ 19:30

Ciao!
Premessa 1: non so assolutamente nulla di case editrici a pagamento, lulu, ibs.it e simili.
Premessa 2: anche io ho scritto un romanzo (ma quanti siamo a scrivere????)
Premessa 3: non scrivo per giudicare nè chi ha pubblicato a pagamento nè chi non lo ha fatto.
Ma l’articolo mi ha letteralmente fatto sganasciare dalle risate!!! Ahahaha!
Brava Gamberetta, complimenti per l’ironia!

NB: Ovviamente ti faccio i complimenti così poi tu verrai nel mio sito/pubblicità, di cui non ho messo l’indirizzo, a ricambiare! Ahahah!

#8 Comment By Angra On 2 novembre 2007 @ 01:09

Ciao Gamberetta, in realtà la situazione che hai dipinto con gli editori a pagamento può essere anche peggio.
Tempo fa ho mandato il mio romanzo a Il Filo (che peraltro ha un sacco di recensioni positive su http://www.danaelibri.it/rifugio/agenda/caseeditrici.asp)
senza sapere che fosse a pagamento semplicemente perché si guardano bene dallo scriverlo sul loro sito. Mi hanno risposto mandandomi direttamente il contratto da firmare, che prevedeva da parte mia l’acquisto di 150 copie al prezzo di copertina di 19,50 euro (!!!) l’una,
per un totale di 2950 euro. Non 1000 euro, quindi, ma quasi 3000, e non metà prezzo ma prezzo pieno. Non gli ho nemmeno risposto, ma mi rimane una curiosità: perché il mio libro (270 pagine) sarebbe stato più caro di altri che pubblicano, che per 320-350 pagine costano 18 euro? Avranno pensato che, essendo bellissimo, li vale tutti, o che essendo ingegnere allora sarò sicuramente pieno di soldi e allora ci possono andare pesante? :)) Un’altra cosa che mi rende estremamente perplesso degli editori a pagamento sono i tempi di spedizione: 3-4 settimane. Sembra quasi che li stampino uno per uno quando vengono ordinati. Fra l’altro, con quei prezzi, ci starebbero dentro alla grande.

Poi, ovviamente ciascuno fa come vuole, l’importante è essere consci di a cosa si va incontro, e questo mi pare il senso del post.

#9 Comment By Nixen On 2 novembre 2007 @ 04:13

Non capisco perchè ti leggo Gamberetta cara, in effetti non mi interessa nulla di editoria però mi piace come scrivi. Ciao :)

#10 Comment By Simòn R. On 6 febbraio 2008 @ 13:56

Attenti attenti… arriva il mostro! ;D So bene che è un post vecchissimo, ma non potevo esimermi dal rispondere…

Ebbene sì, eccomi qui: per 6 anni ho lavorato in una casa editrice a pagamento (tra le altre cose). Non ero quello che selezionava i manoscritti, ma ero quello che li rendeva pubblicabili passandoli in Word o addirittura ribattendoli tutti da cartaceo! Da ridere, davvero.

Ma avete realmente idea di COSA arrivi? Libri scritti in misto italiano-dialetto. Sì, certo, Camilleri lo fa, bé… ha un po’ di mestiere in più, direi. No? Già. Pensi: “è lo stile”. Ne parli al tuo capo: “Ma quale stile, quello ha fatto la terza elementare!”.

Ora, esattamente, cosa avrei dovuto correggere? TUTTO? Frasi come “al va a dire bè e alora ancora qua. era lui, e andava dalla maria a portar al latte.”
Me la ricordo ancora. Brrrr. Il commento sul titolo di studio m’insospettì, indagai: l’autore aveva 70 anni. Voleva lasciare un ricordo ai nipotini (poveretti!) quando sarebbero cresciuti, e lui non ci sarebbe stato più.
Mi limitai a sistemare la prima riga del paragrafo, ad aggiungere i due punti e le virgolette dove c’era il discorso diretto; formattai e mandai “in stampa”.
La nostra tipografia era costituita da una fotocopiatrice xerox che avevamo a noleggio. Ne stampammo circa 20 copie. La copertina era un cartoncino bianco stampato con una banale canon a getto d’inchiostro a colori, poi plastificata. Per rilegare si usava una vecchissima incollatrice manuale. Il vecchio fu contentissimo. Ogni tanto ci chiedeva gli altri, e noi gliene sfornavamo 5, 6, 10 copie per volta. Pagò mille euro.

Indecente, vero? Cosa posso dire: lui era contento, ed era il mio lavoro. Non avrebbe avuto gran senso licenziarmi per lo sdegno. E non potevo certo trasformarlo nel nuovo Camilleri. Però l’idea di aprire, un giorno, uno studio di agenti letterari e redattori SERI mi venne in quell’occasione, ed è un sogno che ancora coltivo.

@ Miss Grumbler: vuoi sapere qual è l’altra via rispetto al pubblicare a pagamento? Occhio che è brutta, eh: rassegnarsi. Ma NON rassegnarsi nel senso di “lasciar perdere”: tutto l’opposto! Spedire i tuoi lavori a tutte le case editrici che trovi, e continuare ancora, e ancora, e ancora. Possibilmente lavori diversi, e non sempre lo stesso corretto mille volte: nessuno rilegge due volte un manoscritto che a pagina 5 ha buttato da parte, credimi, anche se è accompagnato con “l’ho tutto riveduto e corretto e ho aggiunto 50 pagine!”. Quel genere di cose le può fare King con L’Ultimo Cavaliere o L’Ombra dello Scorpione… se il libro regge, tira, lo avrebbe fatto comunque. La vita dello scrittore è fatta per il 90% di porte in faccia; il restante 9% sono quelli che, dopo tante porte, finalmente hanno il (meritato?) successo. Poi c’è l’1% che è gente come Terry Pratchett che ha pubblicato da subito. Ma per tutti gli altri, vale ancora l’antico detto: nemo profeta in patria.

Volete farvi una bella idea del mondo della piccola editoria specializzata? Procuratevi:
1) Il Pendolo di Focault (Eco). Il discorso sugli “autori a pagamento” è, giusto per farmi riprendere da Gamberetta, impagabile ;)
2) La Prosivendola (Pennac). Bellissimo l’espediente della “pagina capovolta” per capire se il manoscritto è stato davvero letto o no…
3) Achille Pie Veloce (Benni). Una casa editrice piccola, ma onesta. A conoscerla… :D

#11 Comment By Angra On 6 febbraio 2008 @ 15:07

@SImòn R: l’ho letto Il pendolo di Focault, la parte sulla Manuzio è in pratica un manuale su come difendersi dagli editori a pagamento.

Non ho capito se l’episodio che hai raccontato è la più grave o la meno grave tra le malefatte della “casa editrice” in cui hai lavorato.

Magari il vostro 70enne voleva solo morire felice lasciando un ricordo ai nipotini, diciamo che quelle 25 copie gliele avete fatte pagare un po’ care, e la cosa finisce lì. Certo, era meglio lasciare ai nipotini 1000 euro di bot, ma pazienza.

Se vai sul forum di FantasyMagazine scopri invece che case editrici a pagamento hanno truffato ragazzi di 16 anni (o meglio, le loro famiglie) facendo loro credere di essere bravi scrittori. Lettere di risposta adulatorie, sviolinature che nessuno con un minimo di pudore si sognerebbe di scrivere nemmeno per un premio nobel della letteratura. E, cosa più grave, nessuno di questi ragazzi ha ancora capito di essere stato truffato.

#12 Comment By Simòn R. On 6 febbraio 2008 @ 19:30

beh, noi almeno non facevamo cose del genere. Ma certo che se arrivava uno e ci diceva “voglio pubblicare un libro”, di certo non ci si tirava indietro. Anche se l’editing era inesistente e, a fronte di un contratto di 100 copie, se ne stampavano 20 e le altre su richiesta – ovviamente in teoria erano “in magazzino”.

#13 Comment By marcy On 7 febbraio 2008 @ 11:10

Quanto scrive Simòn sugli editori a pagamento dovrebbe aprire gli occhi a tutti gli esordienti che nella loro ingenuità credono,dopo una pubblicazione di questo tenore, di essere degli scrittori a tutti gli effetti… certo aiutati anche da recensioni in evidente malafede.
Tutti gli imbianchini si credono pittori e tutti gli imbrattacarte si credono scrittori.
La ricetta però è sempre la stessa: talento, tecnica, esercizio costante, e un po’ di fortuna. Ma è una strada che per il 99% delle persone è impraticabile: manca l’ngrediente fondamentale che è il talento.
ciao marcy

#14 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 13:27

Come in tutti i campi, generalizzare vuol dire essere essere pieni di ignoranza e pregiudizi. Cara Gambera, non penso che hai potuto sperimentare tutte le 3000/5000 case editrici esistenti, osservando da vicino il loro lavoro, ecc. Quindi non dire “tutte le case editrici a pagamento fanno così e colà”… Questi sono i classici discorsi da ignorante. Sono d’accordo sul fatto che esistono case editrici che se ne apporfittano, eccome se esistono! Però non bisogna fare di tutta l’erba un fascio: MAI, perchè ricorda che in questo mucchio ci sono anche persone che adesso si stanno avviando, o che non nascono piene di soldi e che quindi hanno bisogno di un aiuto legittimo, che poi ricambiano in ogni modo e con il massimo dell’impegno, non come hai detto tu, ovvero non facendo nulla per l’autore!
Poi… facile parlare quando non si sa come vanno le cose dall’interno!
Ma per favore…! E poi, tanto per chiarire un aspetto che quasi nessuno sa: IBS. Il caro IBS decide autonomamente i tempi di reperimento, ovvero: non è che voi ordinate un libro di un piccolo editore e IBS fa l’ordine il giorno dopo e l’editore invia il libro dopo 4 settimane! E’ IBS stesso che impiega settimane a contattare l’editore, facendo passare avanti, in priorità, gli ordini di editori più grossi e distribuiti dai 3 maggiori gruppi distributivi d’Italia.
Questo solo per farvi capire che le cose non sono mai completamente nere o completamente bianche e parlare in maniera così “assoluta” come se fossero tutti assassini di sogni e truffatori è da IGNORANTI E STUPIDI.
Purtroppo si sa che per i cattivi pagano anche i buoni, grazie a gente come te che non sa distinguere ma solo condannare a priori.

#15 Comment By marcy On 7 febbraio 2008 @ 13:50

Da condannare a priori è che si paghi per essere pubblicati… poi non è che lo ordina il medico di dedicarsi all’editoria o anche alla scrittura.
E ci mancherebbe altro, che dopo aver pagato per pubblicare, la casa editrice non facesse nulla per aiutare l’autore… o magari, ma sono pensieri maligni, che pubblicasse anche testi sgrammaticati, pieni di refusi, che mai avrebbero dovuto essere, appunto, resi pubblici.
Insomma, io proprio non sopporto i dilettanti allo sbaraglio, privi di un qualsivoglia talento o della necessaria disciplina che sempre si dovrebbe accompagnare al talento. Bisognerebbe tenere sotto controllo la vanità e riconoscere con umiltà i prorpi limiti.
Così come pochissimi possono guidare in formula uno o fare il neurochirurgo allo stesso modo pochi sono capaci a raccontare storie… rassegnatevi!
Ciao Marcy

#16 Comment By Gamberetta On 7 febbraio 2008 @ 13:53

Chiara, io posso generalizzare perché è il concetto stesso a essere sbagliato. Non esistono case editrici a pagamento serie, perché una casa editrice seria non fa pagare i suoi autori!
Se invece vuoi dirmi che comunque ci sono case editrici a pagamento che fanno selezione e un accurato lavoro di editing, be’, elencale, in modo che si possa controllare. Io non ne conosco nessuna, se però esistono sono pronta a rettificare su quel punto.

iBS: sarà anche colpa di iBS, non discuto, e allora? Rimane il fatto che se si pubblica con una piccola casa editrice (a pagamento) chi ordina il libro deve aspettare settimane, e questo scoraggia i più.

Infine non ho mai parlato di truffa. Ho solo detto che è moralmente aberrante. Sarebbe come andare al supermercato, lasciare invece di prendere i prodotti, e pagare lo stesso alla cassa. Se cliente e supermarket sono d’accordo non è una truffa, ma non è certo una cosa della quale andare orgogliosi.

#17 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 15:20

Gamberetta, il punto è che da come parli escludi a priori che una persona, o gruppo di persone appassionate di editoria e cultura, possano mai aprire una casa editrice, insomma fomenti il monopolio editoriale dei pochi gruppi esistenti in italia:

1 perchè le nuove case editrici dovrebbero pubblicare tutto a proprie spese, cosa che, credimi, è impossibile a meno che non hai un bel gruzzolo da investire.

2 perchè quando si inizia i distributori non ti cagano e nemmeno IBS e nemmeno i lettori: ci vuole molto lavoro per farsi conoscere e senza un aiuto reciproco non si va da nessuna parte.

Quindi non fai che dire: se non hai i soldi va a fare l’operaio e rinuncia ai tuoi sogni di aprirti un’attività.

Pagare per pubblicare non è abberrante, è abberrante pagare per avere poi un servizio di merda o non avere nessun servizio.

Ecco cosa dovrebbe garantire secondo me un editore a pagamento per essere onesto:

1 tiratura minima di copie e successive edizioni sempre a sue spese, perchè io posso anche contribuire la prima volta, ma poi non è ammissibile che per altre edizioni si chiedono altri soldi.

2 Durata del contratto in evidenza: cioè se dura 3 anni, per dire, per 3 anni il libro deve stare in commercio e ordinabile, no che dopo che ho pagato il libro scompare così all’improvviso.

3 L’editore deve avere dei distributori e deve dirmi i loro nomi per farmi capire se esistono realmente.

4 l’editore deve fare un minimo di promozione, nei suoi limiti, almeno come comunicati stampa, ecc. senza chiedere soldi a me, mai! però è ovvio che anche io mi so un po’ da fare, come fanno anche i grossi autori (pensa a Vespa sempre in giro per programmi con i suoi libri in mano).

5 l’editore mi deve riservare degli sconti, mai farmi pagare il mio libro per interno.. scherziamo?

6 l’editore deve correggere l’opera con un editor, non dico al 100% che non avviene nemmeno coi grossi editori, qualcosascappa sempre, ma almeno deve fare un bel lavoro di revisione e deve farmi sapere chi se ne occupa e farmici parlare a voce se necessario.

7 l’editore deve fare bei lavori grafici e non obbrobri tanto per farli in due secondi.

8 l’editore deve essere gentile e venirmi incontro.

ecco cosa penso e cosa vorrei, anche a pagamento (ovviamente entro i limiti). Ci sono editori così: infatti ho pubblicato, prima con un editore che mi ha maltrattata e poi con un altro che invece era più o meno come ho detto, ma non sono qui per fare pubblicità.

Comunque io non giustificherei IBS: ma vi pare giusto che favorisce solo i grossi mentre gli altri non li caga nemmeno? Bho…

#18 Comment By Gamberetta On 7 febbraio 2008 @ 15:52

@Chiara. Cominciamo dal fondo. Non giustifico iBS, non me ne frega niente, constato solo un fatto: la principale libreria online italiana si comporta come si comporta. Sbaglia? Può essere, ciò non toglie che l’aspirante scrittore deve sapere che passeranno settimane prima che qualcuno interessato al suo romanzo possa riceverlo.

Riguardo al discorso generale, non ha senso. È come se io dicessi: voglio aprire un supermercato, perciò, siccome questo è il mio sogno, la gente deve prima portarmi i generi alimentari in negozio, poi ricomprarseli. O non vorrai mica costringermi a fare l’operaia?!
Sì, aprire una casa editrice costa e le possibilità di successo sono poche, non è una novità, e non è l’unico ambito, ciò non giustifica il cercar soldi presso gli autori.

In generale, fino a prima di Internet potevano esserci dei motivi per pubblicare a pagamento, ora non più. Adesso o la casa editrice fa il suo lavoro come si deve (e pagando lei l’autore), oppure può fare tutto in proprio l’autore medesimo, spendendo meno e con risultati migliori.

#19 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 17:18

Quello che non vuoi capire è che se l’autore vende o ha grosse possibilità e garanzie, mi pare ovvio che la casa editrice deve pagarlo. Ma se si tratta di autori sconosciuti e nemmeno così brillanti (ma neanche illeggibili, sulla media della normalità diciamo), è giustificata a chiedere un “aiuto” che non significa lucrarci sopra, sia chiaro!!!!
Purtroppo nella maggiorparte dei casi è così e se dovesse scomparire l’editoria a pagamento, (quella buona, che quella cattiva può andare a quel paese), sicuramente nessun esordiente riuscirebbe più a pubblicare, se non pochissimissimi eletti che poi sono i soliti.
Si, avremmo meno libri in giro ma anche meno libertà di pensiero e clulturale, perchè le case editrici non investirebbero sulle persone ma sui personaggi.
Inoltre non paragonare l’editoria al supermercato: l’editore è un lavoro più di concetto, è un lavoro mentale, non serve una tipografia o degli operai… Anche un gruppo di amici possono crearne una se sono davvero in gamba e appassionati… Si, ci saranno diverse spese di gestione, però è un sogno che si può realizzare se si ha talento, invece con supermercati, fabbriche, ecc. ci vuole per forza il denaro mi pare ovvio.
Quindi non abbattiamo quegli ultmi lavori in cui ci si può ancora elevare e che non sono vincolati dalle grosse somme di denaro!
In realtà facendo così ci si va incontro: la casa editrice pubblica un autore senza nessuna garanzia e l’autore gli viene incontro con le spese.
Fin qui è legittimo.

Poi oltre e senza i punti sopra è solo lucrare senza passione.

gamberetta, per te così difficile vedere il grigio? o vedi solo il bianco e il nero?

#20 Comment By Gamberetta On 7 febbraio 2008 @ 17:42

Chiara, stai facendo confusione. Il gruppo di amici appassionati può al massimo fondare un’agenzia letteraria, ma un editore tradizionale ha bisogno di carta, inchiostro, spazio dove ospitare i libri, è a tutti gli effetti un’industria come quella alimentare. Anzi, più complessa: perché oltre a tutti i problemi pratici del “supermercato” c’è anche il problema che sono richieste alla gestione persone con particolare preparazione.
Riguardo ai minori libri in circolazione: hai idea di quante centinaia di titoli diversi escano in Italia ogni giorno? Tra tutti i problemi quello che ci siano (o potrebbero esserci) in circolazione pochi libri è davvero il minore!
Poi adesso c’è Internet! O un editore garantisce diritti, distribuzione capillare, e promozione (tutte cose che solo un editore medio-grande può fornire) oppure che senso ha stampare 500 copie con un editore a pagamento?
Metti il romanzo su Internet gratis, print-on-demand per chi lo vuole di carta, e 500 lettori con un po’ di sforzo li hai in un mese. O almeno 500 download, poi magari non leggono, ma questo capita anche con il cartaceo acquistato.

#21 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 18:20

Ripeto, per me le cose non sono così nette come le vuoi descrivere e se per i piccoli editori non è facile emergere è proprio per chi la pensa come te, ma ricorda che tutti sono partiti dall’inizio e in piccolo.
Inoltre è la maggiorparte della gente che fa confusione: la tipografia è una cosa, la casa editrice è un’altra cosa…
Per me non fila il tuo discorso, perchè rimane il fatto che la grosse case editrici non si filano gli esordienti: è un dato di fatto, preferiscono gli stranieri e i personaggi.
Vabbè vorrà dire che se andrà come tu speri, migliaia di scrittori in erba, più o meno bravi, non pubblicheranno più, in nessun modo (se non su internet).
E l’economia italiana avrà un altro piccolo motivo in più per andare in crisi con migliaia di piccole imprese che tu aboliresti in un secondo senza nemmeno rifletterci sopra un attimo.
Ripeto e lo ribadisco: le posizioni estreme mi sembrano le peggiori, e la storia mi da ragione.

#22 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 18:22

scusami: ribadisco che sono anche io contro le imprese truffaldine o quasi… A me spiace per quei piccoli editori onesti che ne subisconi le conseguenze e che continuano a lavorare sodo e non meritano questo trattamento così aggressivo.

#23 Comment By Simòn R. On 7 febbraio 2008 @ 20:22

Perdonami Chiara, ma… il discorso sulle Grandi Case Editrici temo che valga a seconda della Casa. Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli sicuramente curano le strategie di mercato; ma esattamente, chi glielo faceva fare a Feltrinelli di pubblicare Daniel Picouly o Mariateresa Di Lascia? O a Sonzogno, o a Sellerio? In campo fantasy, Fanucci è un autore che diverse volte ha “rischiato”, ad esempio con Luca Trugenberger (che infatti non è stato il successo che avrebbe meritato, e ha cambiato editore per il seguito); io sono, sinceramente, per il discorso Qualità: se la tua opera è DAVVERO valida, un editore lo troverai bene, e un editore “importante” (anche sperling & kupfer eh…).
Onestamente, ritengo che pubblicare a proprie spese non valga la pena anche solo perché, tanto, non c’è la distribuzione adatta per vendere, per farsi conoscere. Può andar bene per fare 50, 100 copie del proprio libro rilegato di poesie da regalare agli amici (che di certo, ne saranno deliziati…), ma se uno spera di camparci perlomeno, beh… ha decisamente sbagliato strada. Ha senso anche se pubblichi un saggio, un volume particolarmente tecnico: Mondadori difficilmente accetterà il manoscritto di “I prologomeni astrali nei paguri austroantartici”… anche se è di certo una lettura che potrebbe avere i suoi 100-200 estimatori in tutt’Italia, non lo metto in dubbio.

Ma io, personalmente, parto dal presupposto che nella vita, vorrei scrivere, farlo di mestiere, non lavorare più ma dedicarmi solo a quello. E allora la mia meta deve, Deve, DEVE!! essere per forza il grande editore, ovvero la grande distribuzione. Se no… ha poco senso. IMHO.

– OT — scusatemi se non c’entra, ma c’è modo di contattare privatamente uno dei recensori? –OT–

#24 Comment By Angra On 7 febbraio 2008 @ 20:48

@Chiara: tu conosci un editore a pagamento che rispetti non dico tutti, ma almeno i punti 1, 3 e 5 tra quelli che hai elencato? Come si chiama?

Per tutti: c’è un modo semplicissimo per riconoscere un editore a pagamento anche se non c’è scritto sul sito: se si dice interessato anche alla poesia allora è a pagamento. La poesia non ha mercato, se all’editore interessa lo stesso allora vuol dire che lucra sull’autore e non sulle vendite.

#25 Comment By Gamberetta On 7 febbraio 2008 @ 20:56

@Simòn. Ho risposto alla tua mail ieri usando il mio indirizzo di email, non è arrivato niente? Ora ho appena fatto anche un reply diretto.
In ogni caso puoi usare anche: gamberifantasy@gmail.com

#26 Comment By Simòn R. On 7 febbraio 2008 @ 21:20

–OT– uhm, purtroppo no… comunque non intendevo farti pressione, aspetterò di vedere se arrivasse domani, sai, siamo pur sempre in Italia… anche le e-mail ritardano! :D

#27 Comment By Stefano On 7 febbraio 2008 @ 22:04

Come in tante cose della vita ci sono leggi scritte e leggi non scritte. Una casa editrice a pagamento non è certo illegale, ma mi chiedo, che valore aggiunto puo’ dare a un autore? E’ qualcosa che uno scrittore emergente potrà vantare nel suo curriculum? Direi di no. Contrapporre le grosse case editrici con le piccole non ha senso, visto che ci sono piccoli editori che pubblicano senza imporre alcun contributo. Un bravo scrittore dovrebbe essere incoraggiato, un pessimo scrittore dovrebbe essere scoraggiato. Perchè? Perché il rumore di fondo disturba, e magari impedisce agli editor di valutare con serietà dei buoni scritti. Un editore dovrebbe investire sugli autori di valore: è compito dell’editore promuoverlo… chi si lamenta di non poterlo fare non sa fare il proprio lavoro. Nel panorama editoriale nascono anche fenomeni strani, che ne pensate delle case editrici che passano come associazioni culturali? Non facciamo nomi eh?

#28 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 22:10

Io conosco una casa editrice e forse più di una che rispettano tutti quei punti (almeno quasi tutti), però sono editori molto giovani che pubblicano anche gratis: c’è una casa editrice che non ha nemmeno un anno e ha pubblicato un saggio di mio zio a sue spese ma chiede aiuti per opere più difficili da piazzare, come i romanzi. Questa casa editrice mi sembra davvero seria.
Poi invece c’è Il Filo che non ancora riesco a capire… la nomino solo perchè è già stata nominata prima. Non mi garba tanto però alcuni dicono che ci si trovano bene.. non so proprio.

#29 Comment By Chiara On 7 febbraio 2008 @ 22:15

bhè Stefano hai ragione: una casa editrice non dovrebbe mai pubblicare opere di scarissimo valore o comunque senza cognizione di causa!
In ogni caso per le associazioni culturali ne conosco una che mi ha tirato un bel tiro: ha pubblicato la mia opera (facendomi pagare seppure va dicendo che è gratuita la pubblicazione) e poi ho scoperto che non aveva nemmeno letto nè pubblicizzato la mia opera.
Da lì ho iniziato a leggere meglio il contratto e a fare più domande.

#30 Comment By Angra On 8 febbraio 2008 @ 00:21

@Chiara: scusa, ma il nome di questa casa editrice non lo puoi dire? Non credo si offendano, visto che ne parli bene. Il FIlo chiede dai 2500 ai 3000 euro per stampare 150 copie che deve comprarsi all’autore = sono pazzi. Dicono di stamparne in tutto 300 ma in realtà lavorano probabilmente con il printi on demand, infatti i tempi per comprare un loro libro (direttamente da loro, non tramite IBS) sono di un mese. Io davvero mi chiedo come qualcuno possa essere contento di tutto questo. Ah sì, ecco: ti fanno fare l’intervista radiofonica…

@Stefano:

Nel panorama editoriale nascono anche fenomeni strani, che ne pensate delle case editrici che passano come associazioni culturali? Non facciamo nomi eh?

Tutto il male possibile! ^_^

Sono come quei bar travestiti da circoli ARCI che ti danno da bere nei bicchieri sudici, perché come associazioni culturali non sono tenuti a comprarsi la lavastoviglie.

#31 Comment By Stefano On 8 febbraio 2008 @ 08:24

Parlo della mia piccola esperienza: ho tentanto con due case editrici, una di esse sapevo che era a pagamento, solo per il semplice fatto che mi permettevano di mandare il mio lavoro via mail. La prima mi ha chiesto 800 euro, ma sono certo che abbiano letto almeno qualcosa del mio scritto… la seconda è arrivata a propormi addirittura 1500 euro, ma la recensione che ricevetti sembrava il commento a un poema epico, scritto con un linguaggio talmente aulico da far sorridere. Per quanto riguarda l’associazione culturale, scrivevo in alcuni noti forum, ma dopo che mi è prevenuta per ben due volte la pubblicità di un libro di uno dei gestori, mi sono sentito un pollo da battaria e me ne sono andato.

#32 Comment By Angra On 8 febbraio 2008 @ 11:04

@Stefano: avevo mandato il mio romanzo a Il FIlo non sapendo che era a pagamento (il sito non lo dice). Richiesta: comprarmi 150 copie a 19,50 euro l’una = 2925 euro. AH AH AH AH AH!!!! ^_^

Ma questa non è la cosa peggiore. La cosa peggiore è il fatto che mettere 19,50 euro un romanzo di 250 pagine di un esordiente vuol dire avere la precisa intenzione di non volerne vendere nemmeno una copia, neanche per sbaglio, tanto per non avere la rottura di palle di doverla stampare se qualche gonzo per disgrazia ne ordinasse una.

#33 Comment By Simòn R. On 8 febbraio 2008 @ 21:42

–OT– chiedo di nuovo scusa… Gamberetta, purtroppo la mitica risposta continua, imperterrita, a vagare per le lande di internet senza alcuna intenzione di giungere a destino. Ecco la mia mail, vedi se è giusta, non si sa mai: france@itroos.com . Grazie!

#34 Comment By Gamberetta On 8 febbraio 2008 @ 22:00

@Simòn. La mail è giusta, e a me gmail conferma le mail spedite. Fai così, creati tu un nuovo account gmail, ci vuole un attimo (mail.google.com), e da quello manda una mail a gamberifantasy@gmail.com. Prova anche a mandare una mail a te stesso, per verifica; se itroos.com è un’azienda può essere che per qualche oscura ragione blocchino gmail. Ogni tanto capita che ci sia diffidenza verso i provider gratuiti.

#35 Comment By Teresa M. On 5 agosto 2008 @ 00:54

Far pubblicare libri a pagamento è legittimo come comprarsi una collanina o un pacchetto di caramelle o farsi una briscola al bar o fumarsi una sigaretta. Può fare bene o male a seconda di come lo vive il diretto interessato. Ciò significa che come non si demonizzano i tabaccai, i baristi e i venditori di collanine e baggianate varie, non si possono demonizzare gli editori a pagamento che non fanno atro che un mestiere dignitoso come tutti gli altri: tutto si fa per lucro e non c’è da scandaizzarsi, trattandosi di libere scelte, altrmenti dovremmo pretendere che i negozianti distribiscano gratis la loro merce o che i commercialisti e gli avvocati diano consulenze gratis. Smettiamola di fare gli ipocriti e non parliamo a vanvera solo per partito preso!

#36 Comment By Tuareg On 5 agosto 2008 @ 23:02

@Teresa M:

Pubblicare libri chiedendo soldi all’autore non è vietato, ok, come non lo è leggere le carte o vendere talismani. Convincere qualcuno che è un talento letterario per scucirgli dei soldi sarà pure legittimo, ma non mi sembra comunque una bella cosa. L’analogia puoi eventualmente farla con un commercialista che dia una consulenza fasulla o un commerciante che ceda una merce avariata.
Una casa editrice non è una tipografia. L’autore si aspetta che il fine dell’operazione sia la diffusione e la vendita del libro. Ciò che accade veramente è che alcune copie del libro vengono appioppate all’autore stesso, e stop. Se poi l’autore è felice per questo, buon per lui, ma una transazione di questo tipo non è onesta.
Per non parlare poi del triste spettacolo di quei tizi che dopo essere stati pubblicati a pagamento lo menano a tutti convinti di essere dei geni! :-)

#37 Comment By -Ayame- On 13 agosto 2008 @ 16:22

Io collaboro con una casa editrice aperta da poco e che quando pubblica un piccolo contributo all’autore lo chiede, proprio in via di questa sua recente nascita.
Curano editing, selezione manoscritti (io lavoro in questa sezione) e via dicendo, sono seri e professionali al massimo.
Parlo dell’editrice Parole Sparse.

#38 Comment By alice On 14 agosto 2008 @ 11:02

Io collaboro con una casa editrice aperta da poco e che quando pubblica un piccolo contributo all’autore lo chiede, proprio in via di questa sua recente nascita.
Curano editing, selezione manoscritti (io lavoro in questa sezione) e via dicendo, sono seri e professionali al massimo.
Parlo dell’editrice Parole Sparse.

wow, a 17 anni collabori già con una casa editrice?!?
Beata te!

#39 Comment By Uriele On 21 settembre 2008 @ 12:00

“Gradirei che il romanzo fosse pubblicato, ma non a mie spese”- appunto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa prima di morire

Non posso che condividere TUTTO quello che è stato detto nell’articolo. La casa editrice a pagamento è la peggiore piaga per la narrativa, seguita a ruota dai roghi di libri. L’editore a pagamento ammazza sia il lettore che lo pseudoscrittore.
Da quando esistono gli editori, la pubblicazione è sempre stata come una prova del fuoco per chi scrive e, contemporaneamente, chi legge ha la possibilità di scegliere un prodotto filtrato e rifinito. Le case editrici per sopravvivere puntano a pubblicare un prodotto di qualità. Se il prodotto fa schifo freghi un lettore, forse due, ma dopo la voce incomincia a circolare e le recensioni ad uscire. A quel punto ci si trova con tanta carta da macero che non porta alcun profitto all’azienda.

Parliamo del presunto scrittore, quello che è disposto a pagare per veder pubblicata la sua opera. Non veder pubblicata la propria opera con mezzi tradizionali non sempre vuol dire che questa faccia schifo o sia scritta male (basti pensare al caso del Gattopardo, rifiutato sia da mondadori che da enaudi e pubblicata solamente postumo per intercessione di Bassani presso Feltrinelli), ma nel 99% dei casi è un indice affidabile. Se tutti gli editori non accettano la nostra opera, allora è meglio incominciare a farci delle domande sulla qualità di quello che abbiamo scritto: non ci si taglia le palle per far dispetto alla moglie.

Non ci si improvvisa scrittori da un giorno all’altro e il talento, quando c’è, senza tecnica non porta da nessuna parte. Non basta avere letto molti libri per sapere come ordire una trama e creare una storia coerente. Servono allenamento, fatica, idee e un muro su cui testare i nostri progressi. Non dico che chiunque pubblichi a pagamento sia un cane senza appello, anche se tutte le anteprime che ho letto erano al limite inferiore dell’orrendo, ma di sicuro è una persona che non riesce a mettere in discussione il suo lavoro. Così facendo non si può migliorare nè se stessi come autori, nè la propria opera.
Pubblicare ed essere pagato per farlo è un segno che il tempo speso a lavorare sul nostro progetto non solo è stato piacevole per noi, ma è stato anche apprezzato da chi su quei prodotti ci campa, una soddisfazione non da poco. Se poi si vuole rendere disponibile la propria opera anche a chi non si può permettere di comprare il libro o si pensa, giustamente, che la cultura debba essere libera, esistono sempre le pubblicazioni con licenza copyleft, appannaggio di collettivi di scrittura come Wu Ming e Kai Zen. Il vaglio dell’editoria non è altro che un controllo qualità indispensabile per non annegare fra testi che non vale la pena siano letti.

#40 Comment By -Ayame- On 16 gennaio 2009 @ 09:25

Torno sull’argomento perché mi sono accorta di non aver risposto a Chiara.

Al Writer’s Dream abbiamo diviso gli editori in tre categorie: Inferno, Purgatorio e Paradiso.
I criteri sono esposti sul forum, ma sono facilmente intuibili.

In punto, Chiara, è che in paradiso ci sono i nomi di 33 editori – piccoli, medi e grandi – che pubblicano gratis, correggono le bozze, distribuiscono. Tra questi ce n’è uno nato ufficialmente il 14 gennaio di quest’anno, Tanit, di cui ci sarà una presentazione con i responsabili (due donne straordinariamente abili nel loro lavoro che collaborano con noi da mesi) domenica sera sul nostro forum.

Quindi… l’alternativa alla pubblicazione a pagamento, se il libro è valido, C’È. Anche gli editori del Purgatorio sono buoni, nonostante chiedano contributi – bassi e non sempre, ma li chiedono – ma io sono per la pubblicazione gratuita.

E sull’argomento ho già versato fiumi di inchiostro (virtuale), quindi stop…

Gamberetta: ti stimo, sorella! (vedi Zelig xD)

#41 Comment By silvio On 17 ottobre 2009 @ 02:15

avete un elenco di case editrici a pagamento da cui stare alla larga?ho appena iniziato un rapporto con Statale11 editrice,e l’inizio e’ tutt’altro ke promettente(ho pagato 450 euro e sostengono di nn aver ricevuto nessuna mia email di contatto x la conferma ne’il fax ke attestava il pagamento)…vi terro’aggiornati

#42 Comment By Angra On 17 ottobre 2009 @ 07:09

@silvio: l’elenco è presto fatto: bisogna stare alla larga da tutte le case editrici a pagamento.

Su http://www.danaelibri.it/rifugio/agenda/caseeditrici.asp trovi un elenco di quasi un migliaio di case editrici, la maggior parte a pagamento. Quelli che ci hanno avuto a che fare possono dare “un voto”: per Statale 11 c’è solo una faccina triste, mi spiace. Se vai a vedere ce ne sono altre tipo Il Filo che hanno una lunga serie di faccine allegre. La mia personalissima idea è che siano semplicemente più bravi degli altri nell’arte di farti passar le brache dalla testa.

#43 Comment By Merphit Kydillis On 17 ottobre 2009 @ 09:06

Allora… premetto che quello che sto per dire è sicuramente una domanda stupida, ma chiedo giusto per capire una cosa.

Ma uno, quando pubblica con le case editrici a pagamento (ed è tanto furbo da evitare inculate leggere le righe piccole) poi, in base al numero di libri che vende, ci guadagna in termini economici come può capitare con una casa editrice normale?
… Anche se, in Italia, a me pare che tutte le case editrici siano a pagamento, specie Mondadori…

#44 Comment By Angra On 17 ottobre 2009 @ 10:15

@Merphit Kydillis:

Il contratto con la casa editrice a pagamento è molto simile a quello con una casa editrice normale, tranne che per un particolare: invece di essere l’editore a dare un anticipo all’autore (che in ogni caso non va restituito), è l’autore a dare un anticipo all’editore (!) per le spese (*), spesso sotto forma di acquisto di un certo numero (100-150) di copie del proprio romanzo. Per il resto è prevista come di consueto una percentuale sulle vendite per l’autore, che spesso è anche più alta (tipo il 15%) di quella normalmente prevista da un editore normale (8-10%). In realtà questa percentuale è del tutto ipotetica: l’editore a pagamento non venderà mai una copia del romanzo, limitandosi invece a stampare solo le 100-150 copie che si è impegnato a comprare l’autore, e la cosa finisce lì.

(*) presentato come un anticipo per le spese, questo invece è il vero e unico guadagno dell’editore a pagamento.

#45 Comment By PlatinumV On 6 maggio 2011 @ 08:49

Molto, molto, molto, molto interessante. E condivisibile. Ma c’è una cosa che non hai considerato in questo post: anche se hai scritto un capolavoro, potresti non venire mai pubblicato. Ora, per come la penso io, non è un grosso problema: scrivo per piacere personale, non mi è mai nemmeno venuta in mente l’idea di provare a farmi pubblicare. Ma per una persona che abbia scritto qualcosa di veramente valido e con velleità editoriali, penso che la voglia di pubblicare ci sia tutta. Per loro (che tendo a ribadire sono POCHI, praticamente inesistenti) che consigli?
Perché se proprio dovessi valutare le possibilità di pubblicazione di un VALIDO esordiente considerando ciò che viene pubblicato ogni giorno dalle patrie case editrici… beh, consiglierei piuttosto corda e sapone :-(
V

#46 Pingback By L’utente rispondente che apprezza e consiglia editori a pagamento. | giramenti On 9 aprile 2013 @ 08:02

[...] Ok, cambiamo itinerario, andiamo qui. [...]

#47 Comment By Enzo On 9 settembre 2016 @ 12:21

Mi fai morire. Sono arrivato al circolo amanti del lancio del nano; ora continuerò la lettura. Una cosa invece mi ha dato i brividi: pensavo che il seguito delle avventure di Robinson Crusoe fosse una trovata geniale per divertire i tuoi lettori, ma dal frontespizio un pò più sotto deduco sia un vero romanzo scritto da qualcuno. Brrrr.
Alt! Ho avuto una folgorazione. Devo fare una breve ricerca online.
Ecco, lo sapevo. Il lancio del nano esiste davvero… è un passatempo australiano. Era meglio non sapere. Certe volte l’ignoranza è un bene prezioso da custodire con gelosia.


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