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Recensioni :: Romanzo :: Sezione Pi-Quadro

Pubblicato da Gamberetta il 16 novembre 2007 @ 16:25 in Italiano,Libri,Non Fantasy,Recensioni,Scrittura | 33 Comments

Copertina di Sezione Pi-Quadro Titolo originale: Sezione Pi-Quadro
Autore: Giovanni De Matteo

Anno: 2007
Nazione: Italia
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori

Genere: Poca fantascienza
Pagine: 295

Napoli, 2059. L’umanità si trova in piena Singolarità, uno sviluppo frenetico e costante di ogni scienza, che porta a continui mutamenti e nuove tecnologie ogni giorno. Per dire, la lingua è cambiata, tanto da appiccicare i prefissi quanto-, olo- e nano- a qualunque cosa.
Così abbiamo gli olotelefoni, le nanolavatrici e le quantospazzole che funzionano nella stessa esatta maniera di telefoni, lavatrici e spazzole ai giorni nostri, però sono frutto della Singolarità! Cool!

In realtà, pur cianciando di chissà quali incredibili progressi, Sezione Pi-Quadro sarebbe potuto essere ambientato ai giorni nostri, anzi, per alcuni versi è quasi retrofuturistico, perché già oggi se uno vuole diffondere un documento mal visto dalla scienza ufficiale non ne fa fascicoli fotocopiati da distribuire nelle università, ma lo pubblica su Internet.
L’unico elemento fantascientifico è la possibilità di recuperare dal cervello dei cadaveri i ricordi delle ultime ore di vita. Fine. Perciò se si sta cercando un romanzo di fantascienza, tutta la fantascienza è lì, né più, né meno, il resto è rumore di fondo e technobabble.

Vincenzo Briganti, il protagonista, è un tenente della Polizia. È un “necromante”, appunto uno di quelli incaricati di cavare informazioni ai morti. Fa parte della Sezione Pi-Quadro, un reparto speciale delle forze dell’ordine istituito a tale scopo.
Il Briganti è un personaggio tormentato. Anni prima la figlia adolescente è stata rapita, torturata e uccisa, senza che lui abbia potuto far niente, né sia riuscito a identificare i colpevoli. Perciò è tormentato dal dolore della perdita e dal senso di colpa. IN. OGNI. SINGOLA. PAGINA. In altre parole il Briganti è una lagna come ne ho viste poche. Gli altri personaggi invece sono stati comprati mediante qualche offerta 3×2 al Grande Magazzino dei Personaggi Preconfezionati: il Pubblico Ministero donna in carriera, il poliziotto burbero ma dal cuore d’oro, il politico corrotto, ecc. ecc.
Il che, di per sé, non sarebbe poi una tragedia, se la storia fosse piena di ritmo e azione. Ma non lo è. La storia è di una noia allucinante. Ci sono solo due scene d’azione, due. La prima dura un paio di pagine ed è al limite del ridicolo, la seconda, che fra l’altro è il climax del romanzo, è da rotolarsi per terra dalle risate.
I nostri eroi sono circondati da un numero imprecisato di cattivi, tra loro c’è anche il Boss di Fine Livello, il Cattivo con la ‘C’ maiuscola. Come faranno i nostri eroi a cavarsela? Così:

Quello che accadde subito dopo si compì troppo velocemente perché la mente di Briganti riuscisse a catalogare con precisione gli eventi.

Rumore di spari e tutti i cattivi e il Cattivo sono a terra morti. kaos-whiteusagi06.gif Ma sono andata troppo in là. La storia è di base un giallo: il Commissario Di Cesare, capoccia della Sezione Pi-Quadro, un bel mattino viene trovato morto: qualcuno gli ha sparato in testa.

Napoli
Vedi Napoli e poi muori

Al Briganti viene affidato l’incarico di recuperare le memorie dal cadavere del Commissario e indagare sul caso.
Anche come giallo, Sezione Pi-Quadro fa acqua da tutte le parti.
A partire dalla ragione per la quale si compiono gli omicidi: il possesso di alcune foto che dimostrerebbero che la moglie del politico corrotto è un’assassina. Peccato siano foto analogiche. Già oggi per me sarebbero tutt’altro che prove decisive, visto che potrebbero essere fotomontaggi, non ci credo neanche se lo vedo che nel 2059 vengano accettate prove fotografiche che non abbiano tutta una serie di firme digitali a garantire che non siano state manipolate. E neanche il politico dovrebbe temere lo “scandalo”: sono suoi tutti i mezzi d’informazione o quasi. Ah, nel 2059 tutti i mezzi d’informazione ammontano a un paio di tradizionali canali televisivi e una manciata di giornali. Internet dev’essere stata chiusa. Dannata Singolarità!

Quelli di cui sopra erano i difetti veniali del romanzo. Quello che lo rende uno strazio è l’infodump.
L’infodump è il rovesciare sul lettore una serie d’informazioni, magari anche importanti per la storia, in maniera pedante e priva di grazia. Le informazioni dovrebbero trapelare da azione e dialogo, non essere sbattute in faccia al lettore. E questo non perché sia una “regola”, ma perché l’infodump è noioso. Spezza il ritmo della narrazione, a proposito, infodump non mi piace come termine, perché non mi piace tanto la lingua della perfida Albione,

Albione è il più antico nome della Gran Bretagna, sebbene qualche volta venga usato per indicare il Regno Unito o in maniera più specifica (ma non corretta) l’Inghilterra.
In altre occasioni Albione viene usato in riferimento alla sola Scozia, il cui nome in gaelico è Alba. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, lo usa in maniera non equivoca per indicare la Gran Bretagna: “Albion ipsi nomen fuit, cum Britanniae vocarentur omnes de quibus mox paulo dicemus.” Il nome Gran Bretagna nasce con i Pitti, una popolazione presente sulle isole inglesi prima dei Celti. Il nome Albione è stato adottato dagli scrittori medievali sulla base di Plinio e Tolomeo.
Il nome Albione ha origini celtiche, da una radice indoeuropea che indica i significati di “bianco” e “montagna”. I Romani lo intesero in connessione con albus (bianco), in riferimento alle Bianche Scogliere di Dover.
La locuzione “perfida Albione”, a indicare la spregiudicata politica espansionistica inglese, pare nasca da un sermone del teologo francese Jacques-Benigne Bossuet.

Le Bianche Scogliere di Dover
Le Bianche Scogliere di Dover

perciò credo d’ora in poi userò il termine: inforigurgito.

L’inforigurgito è una costante in Sezione Pi-Quadro. Ogni particolare è illustrato con minuziosa precisione, in spregio dell’effettiva importanza del particolare stesso o del fatto che continui copiaincolla dal libro di fisica,

Dal punto di vista fisico, il principio di indeterminazione trova una sua giustificazione nell’analisi delle perturbazioni ineliminabili che il processo di misura induce su una grandezza. Supponiamo ad esempio di voler individuare la posizione di una particella, servendoci di una particella sonda S che, inviata sulla prima particella, venga poi diffusa fornendo i valori della misura. La precisione con cui la posizione del bersaglio può venire individuata è limitata dalla lunghezza d’onda lambda della particella sonda S; e sappiamo che lambda è inversamente proporzionale alla quantità di moto di S. Quanto più precisa vogliamo che sia la misura della posizione, tanto maggiore deve essere la quantità di moto della sonda; e tanto maggiore risulta, di conseguenza, la perturbazione che la misura induce sulla quantità di moto della particella, cioè sulla variabile coniugata di quella sottoposta a misura. [Sì, questa è una pagina del romanzo...]

non rendono la lettura particolarmente piacevole.
Neppure la primitiva tecnica dei Due Scienziati Che Discutono Fatti Che Già Conoscono, è usata; è proprio un brutale vomitare nozioni sul lettore.

L’inforigurgito ha poi una sua forma più grave quando le informazioni vomitate non hanno neanche la scusa di essere informazioni vitali per la storia. Aggravante dell’aggravante è quando queste informazioni sono vomitate nel bel mezzo di una scena d’azione.
Prendiamo un classico dei classici del western: Mezzogiorno di Fuoco (titolo originale: High Noon). Gary Cooper sta sparando ai cattivi, si vede lo sbuffo di fumo dalla pistola, il fragore del colpo e… parte un documentario sulla vita e le opere di Samuel Colt?! Anche un solo fotogramma da tale ipotetico documentario apparirebbe così fuori luogo da essere ridicolo. Quando il lettore segue un romanzo si immagina nella testa le sequenze come se le vedesse. Non si può interrompere tale film nel bel mezzo di una scena d’azione, non arriva a tale carogneria neppure la pubblicità!
Ci arriva invece De Matteo, per esempio:

Un bagliore attirò l’attenzione di Briganti mentre l’uomo-razzo compiva rumorosamente una goffa virata. Il bagliore dell’acciaio squarciò la notte. Era una spada ricurva, uno di quei modelli giapponesi che avevano invaso le strade di Napoli insieme alle milizie di Kodama fin dagli anni Quaranta, quando le cosche dell’Alleanza di Ottaviano avevano trovato l’appoggio della Yakuza nella Guerra del Vesuvio contro l’effimera Nuova Camorra di Forcella.

Forcella
I vicoli di Forcella

Fino a “una spada ricurva” si sta seguendo l’azione, poi il povero lettore è costretto a lasciare le sciabolate per sorbirsi la pappardella della Yakuza a Napoli. Fra l’altro, tale particolare NON HA NESSUNA IMPORTANZA PER LA STORIA. ZERO. Non che se l’avesse avuta sarebbe stato corretto presentarlo in tal modo, ma almeno non sarebbe stato inchiostro sprecato, come invece è.
Io credo che tagliando l’inforigurgito delle 300 pagine ne rimarrebbero forse 70-80. Non sarebbe ancora un bel romanzo (o racconto lungo) ma sarebbe meglio di com’è adesso.

A braccetto con l’inforigurgito, De Matteo si bea di usare paroloni su paroloni. Roba sullo stile della necropalingenesi dello psicopompo kemiomnemonico. Non mi è chiaro quale sia lo scopo di tale sbrodolarsi, forse il De Matteo spera che la gente pensi: “Oh, come sei bravo! Quante parole conosci!”? In realtà se c’è un sintomo di scrittore incapace è questo: il dover ricorrere a termini astrusi e desueti perché non si è in grado di esporre le proprie idee in maniera semplice e chiara.

Chi ha da dire qualcosa di nuovo e di importante, ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile. Karl Popper

Sezione Pi-Quadro è un brutto romanzo. Il problema di fondo è che non ha niente che possa interessare. Ho letto romanzi con trama più brutta e scritti peggio, ma che avevano una possibile attrattiva per qualche lettore, una mezza idea originale, un qualcosa. Sezione Pi-Quadro è una specie di altare al concetto di Mediocrità. La trama è scontata, i personaggi cliché, lo stile di scrittura farraginoso, le idee fantascientifiche scarse e riciclate, l’ambientazione banale; niente è davvero schifoso, ma non ci sono neppure sprazzi di bellezza, da nessuna parte.

Su altro blog s’invitata all’acquisto del romanzo, a sostegno della moribonda fantascienza italiana. Io invito a lasciar perdere: i 3 euro e 90 centesimi li ho già buttati io, è sufficiente.

Come spendere meglio 3 euro e 90 centesimi:

Caramelle gommose Meiji
Caramelle gommose Meiji al gusto di pesca bianca: 1,25 euro

Cottonfioc a foggia di spada orientale
Cottonfioc a foggia di spada orientale: 3,20 euro

Stampino di Jiji
Stampino di Jiji (da Kiki’s Delivery Service): 3,75 euro

Noticina finale: Il Coniglietto Grumo ha trovato di cattivo gusto che uno dei luoghi del romanzo sia un locale chiamato La Tana del Coniglio Morto.


Approfondimenti:

bandiera IT Uno Strano Attrattore, blog di Giovanni De Matteo
bandiera IT The Next Station, Giovanni De Matteo vi scrive con il nome di “X”
bandiera IT Un’intervista a Giovanni De Matteo su fantascienza.com

bandiera EN High Noon su IMDb
bandiera EN Karl Popper su Wikipedia
bandiera EN J-List (per gli acquisti da 3 euro e 90 alternativi)

 

Giudizio:

Niente. -1 Inforigurgito come se piovesse.
-1 Noioso, banale, scontato, sciatto e stupidotto.
-1 Personaggi cliché.
-1 Fantascienza neppure per sbaglio.

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33 Comments (Mostra | Nascondi)

33 Comments To "Recensioni :: Romanzo :: Sezione Pi-Quadro"

#1 Comment By Alex McNab On 16 novembre 2007 @ 22:20

Questa recensione è vergognosa!
Voglio dire, passi che il romanzo non ti è piaciuto, non è un obbligo, pace.
Arrivare a sconsigliare di comprarlo, è davvero una cattiveria gratuita e di pessimo gusto (tu lo chiamerai sarcasmo).
A parte il fatto che, al solito, si insulta sottilmente l’autore, qui dai il meglio di te prendendo per scemi tutti i membri della commissione del Premio Urania 2006 che hanno decretato “Sezione Pi Quadro” vincitore dello scorso anno!
Volendo assolutamente evitare di discutere come al solito con te del “perchè voi avete ragione e noi altri tutti torto”, esorto chiunque passi di qui a non dare credito a tale recensione e a comprare con fiducia il libro, che secondo me è di ottimo livello.

#2 Comment By Gamberetta On 16 novembre 2007 @ 23:22

Oddio ho preso per scema la commissione del Premio Urania 2006!!! Aspetta che corro a piangere dalla mamma, perché adesso chissà cosa mi capiterà!
Non ho capito il ragionamento per il quale non dovrei sconsigliare un romanzo che non mi sia piaciuto. Per me Sezione Pi-Quadro non vale 3 euro e 90 centesimi, anzi, non lo consiglierei neanche se fosse gratis, perché è noioso e la noia non è compensata da una trama degna.
È una brutta copia della brutta copia di Effinger e Gibson. È un romanzo mediocre, che sconsiglio.

#3 Comment By Signor Stockfish On 16 novembre 2007 @ 23:28

L’inforigurgito è uno strano animale. A chi infila paginate del suddetto nei propri scritti, non viene mai da dire: guardà un po’, ho letto questo e questo e quest’altro romanzo così bello e famoso, e pur trattando mondi a noi alieni dove in effetti qualcosa bisognava spiegare al lettore, non ce n’era traccia!

Qualcuno poi una volta ha sentito dire che i bravi autori le informazioni le fanno trasparire dei dialoghi, e allora:

“Myrtha, sorellina mia, gioisci: sta per tornare nostro padre Berengir!”

“Oh Fynzya, sorellona mia, vuoi proprio dire che nostro padre, il buon re di tutta Trastullandia, partito nove anni fa per combattere i crudeli Okry sta tornando qui al castello di Fusszenberg?”

“Sì Myrtha! Presto, vai ad avvisare nostra madre, la bella regina Mathelda che egli sposò dopo averla salvata dalle grinfie del crudele mago Tarpantio, e i nostri coraggiosi fratelli i principi Blesko e Wanko!”

——————————————————–

@Alex: perché un romanzo vinca un concorso non c’è bisogno che sia bello, basta che sia un po’ meglio degli altri.

#4 Comment By Saryo On 17 novembre 2007 @ 10:42

Gamberetta:
Inforigurgido, un termine “sarcastico”. Ma i romanzi sono pieni di informazioni, alcune servono per la storia, alcune per dettagli tecnici validi ad invogliare il lettore a proseguire la lettura.
Una domanda interessante sarebbe: “Come immetterle senza appesantire il tutto?”.
Questo dipende dall’autore, dalla storia in sé. Da quanti personaggi ci siano in quel momento e se fosse opportuno inserire dialoghi. Dubito che in una scena d’azione l’autore possa usare dei dialoghi, per spiegare qualsiasi cosa. Allora potrebbe entrare in gioco l’acuto sguardo del protagonista, e, attraverso i suoi occhi, il lettore potrebbe carpirne la bellezza di un oggetto, anche in movimento. Usando una similitudine, senza appesantire il pezzo che stiamo leggendo, potrebbe dimostrare ciò che intendeva.
Ma questo è solo un mio parere.
Un suggerimento: il fatto che tu scriva una recensione e dia un voto alla trama e tutto ciò che ne consegue, non serve che sottolinei di NON leggere un tale romanzo. Hai espresso un giudizio e chi leggerà questo post, ne trarrà le proprie conclusioni. Nel post sono già scritti pregi e difetti di quello che hai letto, per me è già sufficente.
Stockfish:
Hai scritto un simpatico esempio, infatti le informazioni le si possono scrivere in vari modi. Non credo che fra il dialogo di due personaggi, una breve presentazione di un altro che sta per fare il suo ingresso, nuoccia alla storia. Poi, questi dati in più, potrebbero essere proposti a poco a poco, come una pillola, a piccole dosi.

#5 Comment By Signor Stockfish On 17 novembre 2007 @ 17:09

@Saryo: credo che la cosa migliore intanto sia evitare di inserire tutte le informazioni che non sono utili ai fini della storia. Molti autori però si mettono lì a creare un mondo intero, e poi dopo tutto quel lavoro smaniano per raccontarti com’è fatto anche se la storia si svolge tutta in un piccolo spazio, e sapere che il continente è a forma di drago o di aquila non cambia di una virgola. Un’altra cosa, come dici tu, è evitare di dire tutto e subito. Se anche il lettore non ha inquadrato ogni aspetto di quel mondo e di quei personaggi fin dalle prime pagine, è anche meglio, si divertirà a scoprirlo poco a poco.
Una buona tecnica per evitare l’inforigurgito potrebbe essere quella di scrivere un po’ come se chi leggerà sapesse in anticipo di cosa stiamo parlando, e poi farlo leggere a qualcuno che non ne sa nulla, farci dire cosa non si capisce, e correggerlo. In altre parole, non trattare il lettore come un tonto a cui bisogna spiegare tutto per filo e per segno.

#6 Comment By Saryo On 17 novembre 2007 @ 20:49

@Stockfish:
Purtroppo quello è un problema che nasce nell’ultima fase di una stesura di un manoscritto.
Cosa fa uno scrittore?
Scrive un romanzo in forma di manoscritto. Questa è la prima fase, Non credo immaginiate quante volte venga rimaneggiato, tagliato o allungato in varie parti. Si tratta di un lavoro lungo e complesso, e, più l’autore è pignolo con se stesso, migliore sarà il risultato.
Quando subentrano la casa editrice e l’editor, il lavoro viene messo in gioco, essendo persone esterne, leggendo ciò che è stato scritto da più che semplici lettori. Quasi giudici, oserei dire. Questo è il primo esame che affronta ciò che ha scritto l’autore, qualsiasi genere egli tratti.
Poi, se parliamo di “inforigurgido”, dipende dallo stile che predilige l’autore. Ma potrebbe anche sfuggire all’attenzione dell’editor di cui si avvale l’editore.
Se un romanzo non piace, le cause possono essere molte. Un professionista dovrebbe capire e modificare ciò che non va, poi spetterebbe all’autore stesso decidere di applicare le correzioni dell’editor.

#7 Comment By Signor Stockfish On 17 novembre 2007 @ 21:33

Immaginiamo invece, immaginiamo… ;))

Con il fatto di farlo leggere a qualcuno e rimetterci le mani dove il lettore ha bisogno di altre informazioni intendevo PRIMA di sottoporlo la prima volta ad una casa editrice.

#8 Comment By irene On 17 novembre 2007 @ 22:42

Sono arrivata qui con l’ultimo post (cioè, insomma, non questo, quello prima) e ho deciso di rimanere, se è permesso. Io faccio quella che ride sguaiatamente e senza pietà.

(comunque se presumete che i lettori, altrui o vostri, non comprino un libro perché Gamberetta ha scritto di non farlo, li presumete così idioti che mi chiedo per quale motivo ancora scriviate per loro)
(no no scusate, non dirò più nulla, rido e basta)

#9 Comment By Gamberetta On 17 novembre 2007 @ 23:46

Irene, mi fa piacere che tu ti diverta tanto. Attenta a non soffocarti a furia di ridere.

#10 Comment By Cheese On 22 novembre 2007 @ 13:14

Sì, certo che potresti correre dalla mamma. Troveresti sicura consolazione, dove altrove sarebbe ben difficile trovarla. Sai come si dice, no? “Ogni mamma capisce il figlio scemo”.

#11 Comment By Gamberetta On 22 novembre 2007 @ 14:02

Meglio essere scema che essere “Cheese”.

#12 Comment By Marcy On 26 novembre 2007 @ 12:25

Il libro di De Matteo non l’ho comprato perché a leggerne qualche riga mi è sembrato noioso, la tua recensione però mi ha fatto morir dal ridere. Mi piace come scrivi, forse è vero come dicono da un’altra parte del blog che sei arrogante, ma se tu scrivessi un libro io
sarei curiosa di leggerlo.
Ciao
Marcy

#13 Comment By Simona On 1 dicembre 2007 @ 01:32

Leggo questo blog da qualche giorno, per caso, e a furia di leggere recensioni e (pseudo)lezioni di scrittura mi sorge spontanea una domanda: chi ha insegnato l’italiano alla piccola crostacea più adatta a un’insalata di frutti di mare che alle opinioni sulla letteratura (o narrativa che la si voglia chiamare?)
Se si pretende di stroncare qualcuno, almeno lo si faccia evitando di offendere la propria lingua madre. O ci si premuri di rileggere i post prima di pubblicarli…
Quando le stroncature saranno scritte con la dovuta accortezza, senza errori di ortografia e uso pessimo del congiuntivo (a proposito, il crostaceo su quali libri portentosi ha imparato a scrivere per imitazione in luogo delle noiose lezioni di grammatica e sintassi che presumo esserle state impartite dalla sua scoraggiata maestra delle elementari? Il suo abecedario è stato 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire?), allora potremo forse azzardarci a considerarle come valide.
Forse.
Nel frattempo l’unica utilità che trovo in questo blog è leggere quali sono i libri pù disprezzati dal piccolo crostaceo e dai suoi parenti. E di acquistarli di corsa, perché è evidente che tra me e il piccolo gambero di genere femminile non esiste la minima affinità di gusti.
Au contraire.
Cordialmente.

#14 Comment By Gamberetta On 1 dicembre 2007 @ 12:45

@Simona. Prima di lamentarti per le offese alla lingua madre, dovresti rileggere quel che scrivi tu. Anche se ho paura il tuo problema sia uno solo: non avresti dovuto giocare a nascondino proprio quando distribuivano l’Intelligenza!

Leggo questo blog da qualche giorno, per caso, e a furia di leggere recensioni e (pseudo)lezioni di scrittura mi sorge spontanea una domanda: chi ha insegnato l’italiano alla piccola crostacea più adatta a un’insalata di frutti di mare che alle opinioni sulla letteratura (o narrativa che la si voglia chiamare?)

“per caso” messo dove l’hai messo pare indicare che da giorni stai facendo qualcosa “per caso”, in altri termini ti stai dando della deficiente da sola. Io lo sposterei o lo toglierei. “sorge” e “ha insegnato” sono scelte zoppicanti. Sarebbe meglio “è sorta” e “avrebbe insegnato”. “A furia di leggere… sorge” comunica l’idea che per escogitare la semplice domanda che seguirà hai dovuto impiegare giorni di lettura, così, un’altra volta, passi per deficiente. “ha insegnato” all’indicativo implica che qualcuno in effetti mi abbia insegnato l’italiano, il che è contrario alla tesi che sostieni, che io non lo conosca. Per la terza volta in due righe sembri scema… era almeno divertente il nascondino?
Il femminile di crostaceo non c’è, perciò al massimo è una “piccola crosteceo”. Dopo crostaceo sarebbe opportuna una virgola, e il punto di domanda va messo fuori la parentesi.
Rimane comunque una brutta frase, meglio spezzarla e togliere le parentesi. Ricapitolando:
“Ho trovato questo blog per caso. A furia di leggere recensioni e pseudo lezioni di scrittura mi è sorta spontanea una domanda: chi avrebbe insegnato l’italiano alla piccola crostaceo? Di certo la piccina pare più adatta a un’insalata di frutti di mare che non a dispensare opinioni sulla letteratura!”
Per ulteriori lezioni ti suggerisco di rivolgerti alla tua insegnante di sostegno. Ah, eviterei le frasi in francese, perché non sono così chic come credi, mon chéri.
Ciao!

#15 Comment By iguana jo On 13 giugno 2008 @ 09:52

Scopro solo oggi questa recensione, e mi sento chiamato in causa in quanto lettore-che-ha-apprezzato-il-romanzo.
Non ho alcuna intenzione di censurare la tua critica, tu hai tutti i diritti di sparare a zero su un romanzo che non ti è piaciuto (cavolo, lo faccio anch’io!).

Però lasciami ribadire quanto scrivevo a suo tempo sul mio blog. Così chi passa di qua avrà il piacere (?) di un’opinione diversa.

Quello che dici è vero:
- molti dei personaggi sono stereotipi, ma sono stereotipi da noir americano trapiantati in un contesto diverso. Non è detto sia per forza un difetto. Il fatto di riconoscerli (caratteristica prima dello stereotipo) rende più immediata la loro collocazione nel romanzo. E poi ‘sti personaggi saranno anche cliché, ma sono cliché ottimamente gestiti.
- la trama non è un gran che, e anche su questo punto tendo a concordare, Ma a volte i pregi di un romanzo non stanno necessariamente tutti nella trama;
- ci sono solo due scene d’azione. È innegabile, è un difetto? Boh…;
- dici che Briganti è una lagna. Questione di punti di vista, con le stesse premesse uno potrebbe dire che è un personaggio tormentato dal rimorso. (nel corso della lettura il ribadire il suo stato di persona-con-trauma non mi ha dato alcuna noia, fino alla lettura della tua recensione non avevo nemmeno notato la ripetitività dell’affermazione. Ma c’era veramente in ogni singola pagina?)

Il punto è che a me il romanzo di Giovanni De Matteo è piaciuto soprattutto per la capacità dii evocare una Napoli futura riconoscibile, credibile e affascinante. M’è piaciuto per la capacità di riciclare i cliché del cyberpunk in un contesto locale. M’è piaciuto proprio per lo stile di scrittura che tu massacri e per la gestione dell’infodump che tu disprezzi.

Probabilmente (anzi, sicuramente!) siamo lettori diversi, ma credo ci sia spazio per tutti. Lo dico perché dal tono della tua recensione percepisco una rabbia e una frustrazione che credo andrebbero riservare a bersagli più ingombranti. Insomma, leggere dovrebbe essere una gioia, se ci rimani così male lascia perdere, no? ;-)

#16 Comment By Gamberetta On 13 giugno 2008 @ 11:36

@iguana jo.

Il punto è che a me il romanzo di Giovanni De Matteo è piaciuto soprattutto per la capacità dii evocare una Napoli futura riconoscibile, credibile e affascinante.

Credibile no. Credibile in un romanzo steampunk ma non certo in uno di fantascienza post Singolarità. Già adesso siamo tecnologicamente più avanzanti in molti campi rispetto a quello che descrive De Matteo.

M’è piaciuto proprio per lo stile di scrittura che tu massacri e per la gestione dell’infodump che tu disprezzi.

Cioè ti diverti durante una delle poche scene d’azione, a metà sequenza, a leggere delle vicissitudini di una spada? In più con linguaggio spesso ampolloso apposta.
Va bene, ognuno si diverte come vuole, ma permettimi, qui siamo al livello del: “Mi piace perché la copertina è piena di rosso!”

Insomma, leggere dovrebbe essere una gioia, se ci rimani così male lascia perdere, no? ;-)

È vero, leggere dovrebbe essere una gioia, perciò:
* Non bisogna usare un linguaggio inutilmente complesso, che rende difficoltoso seguire la storia (comunque sì, forse ho esagerato a sottolineare questo difetto: tanto qui di storia non ce n’è quasi…)
* Non bisogna interrompere il flusso della storia con inserti dal libro di fisica, perché altrimenti il lettore si annoia (io mi sono annoiata, e mi è stata negata la gioia. E se voglio leggere di cibernetica leggo Penrose e Hofstadter non De Matteo)
* Bisogna che l’ambientazione sia credibile, perché il fatto che nel futuro post Singolarità i documenti siano distribuiti a mano fascicolati fa solo ridere.
* ecc. ecc. c’è lì la recensione apposta.

E poi quali sarebbero i “bersagli più ingombranti”? Ma che vuol dire? E guarda che è normale essere frustrati e rabbiosi dopo aver letto una schifezza.

#17 Pingback By ∂| Fantascienza.com Blog |uno Strano Attrattore » Blog Archive » Operazione Glasnost On 13 giugno 2008 @ 13:08

[...] Il resto della fantascienza (tutta la fantascienza che volete) è sul suo blog. [...]

#18 Comment By iguana jo On 13 giugno 2008 @ 16:30

Credibile no.

Prrdonami se insisto, ma il fatto che il background di un romanzo sia credibile o meno dipenderà ben da chi quello specifico testo si troverà a leggere, o ci sono dei criteri di oggettività da rispettare anche in come si percepisce il testo?
In altre parole, come fai a stabilire con tale assoluta certezza che io non potevo trovarlo credibile?

Cioè ti diverti durante una delle poche scene d’azione, a metà sequenza, a leggere delle vicissitudini di una spada? In più con linguaggio spesso ampolloso apposta.
Va bene, ognuno si diverte come vuole, ma permettimi, qui siamo al livello del: “Mi piace perché la copertina è piena di rosso!”

Perché?
Non è una domanda oziosa. Io certe digressioni non solo le apprezzo, in alcuni casi le adoro proprio. Giovanni De Matteo non sarà Pynchon e nemmeno Stephenson. Ma uno dei motivi per cui adoro i summenzionati è proprio per la loro capacità di partire per la tangente e infarcire di informazioni (a volte del tutto inutili dal punto di vista della trama) i più diversi passaggi dei loro romanzi.
Se a te non piace non vuol dire che sia sbagliato. Vuol dire solo che forse (forse eh!) quello non è un tipo di scrittura che ti si confà.

* Non bisogna usare un linguaggio inutilmente complesso, che rende difficoltoso seguire la storia (comunque sì, forse ho esagerato a sottolineare questo difetto: tanto qui di storia non ce n’è quasi…)

Questa, di nuovo, è una tua opinione. Del resto chi se non il singolo lettore è in grado di stabilire cos’è per lui un “linguaggio inutilmente complesso”?
Tu sei liberissima (ci mancherebbe!) di pensarla così, solo, per favore, non spacciarla come verità assoluta.
Se non era tua intenzione, beh… forse un po’ meno di enfasi aiuterebbe :-)

* Non bisogna interrompere il flusso della storia con inserti dal libro di fisica, perché altrimenti il lettore si annoia

Io no, non mi annoio, non necessariamente almeno. Non per questo mi ritengo un lettore migliore di te.

* Bisogna che l’ambientazione sia credibile, perché il fatto che nel futuro post Singolarità i documenti siano distribuiti a mano fascicolati fa solo ridere.

E perché farebbe ridere? Tu sei certa di come funzioneranno le cose in un futuro post-singolarità? Io per niente.
BTW c’è un particolare sostanziale nella trama che ho trovato incredibile visto il contesto e che da solo inficia la costruzione gialla della vicenda. Ma è un dettaglio. Come ho già detto non è la trama quello che mi ha colpito in Sezione ?² e quindi nonostante quell’incongruenza il libro m’è piaciuto lo stesso. Evidentemente sono del tutto irrecuperabile.

#19 Comment By Gamberetta On 13 giugno 2008 @ 20:58

@iguana jo.

E perché farebbe ridere? Tu sei certa di come funzioneranno le cose in un futuro post-singolarità? Io per niente.

D’accordo. Anche l’ambientazione della Troisi è un modello di coerenza e credibilità, in fondo tu sei mai stato nel Mondo Emerso? Io no.
E in generale, cosa commenti a fare? Non è una domanda oziosa, ma se pensi che, come pare, sia tutto opinabile, che senso ha discutere? Tanto non ci può essere alcun tipo di scambio, è tutto basato sul “mi piace”, o “non mi piace”, incontestabile.
Un discorso serio è invece: data la Singolarità (che ha le sue belle caratteristiche come illustrate dal signor Vinge), quale percorso di estrapolazione scientifica/tecnologia/sociale bisogna compiere perché l’informazione trasmessa via carta sia ancora attuale?
L’attuale tendenza (e siamo ben prima della Singolarità) è di eliminare la carta. Io l’ho già fatto: ho il mio lettore di ebook, il PC e Internet e questi strumenti hanno fatto sparire la carta. Non ho più alcuno bisogno della carta. Mi pare incredibile che fra 50 anni, anche senza Singolarità, rimanga una dipendenza dalla carta. Non mi pare che l’autore offra una spiegazione, se non “È fantasy!!!”, “È la Singolarità!!!”, “È così!!!” e basta.

Infine vorrei capire su quale base, in altra occasione, hai suggerito al signor Rocca di cambiare mestiere. Molti errori del signor Rocca non sono lontani da quelli che commette De Matteo. Com’è allora? Se ti “piace”, va tutto bene, non ti “piace” e l’autore deve cambiare mestiere? Così come capita? Perché in quell’articolo non mi hai contestato le stesse cose? E sono stata anche più assolutista.
Il signor De Matteo scrive oggettivamente male. Non male quanto Rocca, ma è ben lontano dalla decenza. Se ci credi bene, se no è uguale.

#20 Comment By Anisotropie On 14 giugno 2008 @ 02:47

A me e’ piaciuto.

L’infodump mi piace; sara’ perche’ i libri di fisica non mi annoiano…
se voglio leggere di cibernetica posso leggere hofstadter o penrose, o qualcuno di piu’ tecnico. Se pero’ voglio leggere qualcosa che trasporti un po’ di scienza in un contesto piu’ leggero e divertente leggo hard sci-fi e romanzi con infodump. Anzi, sarei contento di trovarne anche di piu’.

Mi chiedo anche cosa pensa gamberetta di charles stross (sono nuovo del blog, se lo ha gia’ detto chiedo venia), visto che anche lui usa parecchie informazioni di fisica non necessarie.

E quando leggo hard sci-fi tendo a non essere rigoroso nell’attenzione alle incongruenze come quando leggo un articolo di Physical Review. Piuttosto potrebbe essere interessante per la padrona del blog scovare incongruenze in articoli di giornali (che pretendono di essere) scientifici, o anche in libri di fisica divulgativa. Ce ne sono parecchie.

Ma su una cosa sono d’accordo con Gamberetta. Se tutto e’ opinabile, non serve star qui a discuterne tanto. Esprimo solo la mia opinione.

A me e’ piaciuto.

Saluti

#21 Comment By iguana jo On 16 giugno 2008 @ 10:03

È proprio a causa della sua opinabilità che un’affermazione è discutibile. Solo chi è assolutamente convinto delle proprie idee non le mette in discussione, solo gli intransigenti non ammettono questioni, solo gli integralisti strepitano e urlano alla prima critica al loro credo.

Detto questo proviamo a replicare.

Gamberetta, prima di tutto ti chiederei la cortesia di fare un bel respiro profondo, di leggere senza (troppi) pregiudizi e poi, dopo aver contato fino a dieci, prova magari a rispondere (se ne hai ancora voglia) in maniera costruttiva.
(lo so, questa premessa rischia di farti incazzare ancor più ti quanto tu già non sia, ma oh… porta pazienza, son pesante, ma mi piace questo confronto.)

E via che andiamo:

Intanto è singolare come tu svicoli completamente le mie prime domande per soffermarti sull’ultimo punto che per me è anche il meno significativo.
Ma dato che io sono un testone e che credo che anche tu lo sia abbastanza, oltre ad essere sostanzialmente corretta, faccio finta che tu sia stata presa dalla sbrusia di rispondere in fretta e che ti siano sfuggiti i punti che sottolineavo. Ovvero:

- Come fai a stabilire con tale assoluta certezza che un lettore possa trovare credibile o meno una situazione, un’ambientazione, un determinato personaggio?

- Come fai a decidere in quanto lettore qual’è il “linguaggio” migliore per raccontare una storia? Non è una decisione che spetta all’autore?

E guarda che è sin troppo ovvio che in qualità di lettore sei poi totalmente libera di criticare, contestare, massacrare o esaltare le scelte degli scrittori che decidi di leggere. Ma non puoi (assoluto imperativo! :-)) spacciare queste critiche per leggi assolute, per dati di fatto incontestabili, per verità oggettiva.
In questo modo rischi secondo me di comprendere nella tua critica anche il lettore che il determinato romanzo apprezza e gradisce (per i motivi più diversi, magari pure incomprensibili).
Per fare un esempio pratico: quando tu scrivi “il signor De Matteo scrive oggettivamente male.” fai un affermazione a) indimostrabile e b) dai del minus habens al povero lettore che si trova invece ad apprezzare la sua scrittura.
Sei ovviamente libera di proseguire in questo atteggiamento, ma secondo me in questo modo indebolisci la tua posizione critica invece di rafforzarla. Ma, inutile dirlo, questa è solo la mia umile opinione.

Detto questo rispondo (senza svicolare) alle altre questioni che poni nel tuo intervento.

Un discorso serio è invece: data la Singolarità (che ha le sue belle caratteristiche come illustrate dal signor Vinge), quale percorso di estrapolazione scientifica/tecnologia/sociale bisogna compiere perché l’informazione trasmessa via carta sia ancora attuale?

Di motivi ce ne possono essere svariati, nel mio piccolo mi limito a suggerirne un paio:

- diamo per scontato che l’accelerazione tecnologica sia l’aspetto più evidente della singolarità. Ma siamo sicuri che proceda uniformemente in tutti gli ambiti? Già ora, 2008, ci sono situazioni locali di arretratezza tecnologica inconcepibile (pubblici impiegati che scrivono rapporti con la macchina da scrivere. Assurdo, ma li ho visti!). Perché queste sacche di “resistenza” non dovrebbero continuare ad esistere?
- Chi dice che la carta è obsoleta? Mai come in questi anni si è stampato di tutto e di più con una facilità inimmaginabile solo 15 anni fa. La carta è un mezzo che riduce drasticamente la necessità di hardware specializzato per la codifica, la trascrizione e la trasmissione dell’informazione. Non è un supporto obsoleto è il supporto con il massimo grado di fruibilità, oltre ad essere anche quello con la più elevata facilità di distruzione, il che lo rende molto comodo per la trasmissione di informazioni riservate.

(Tieni presente che io non sono uno scrittore, Sono convinto che in mani più esperte le giustificazioni sarebbero ancor più valide. )

Infine vorrei capire su quale base, in altra occasione, hai suggerito al signor Rocca di cambiare mestiere. Molti errori del signor Rocca non sono lontani da quelli che commette De Matteo. Com’è allora? Se ti “piace”, va tutto bene, non ti “piace” e l’autore deve cambiare mestiere? Così come capita? Perché in quell’articolo non mi hai contestato le stesse cose?

Perché l’incipit del romanzo del signor Rocca mi ha fatto ribrezzo. Per gli stessi identici motivi che tu hai così puntigliosamente elencato in quel post. Motivi ed errori che non ho evidentemente trovato nel romanzo di De Matteo (e che in effetti tu non elenchi, limitandoti a una generica per quanto pungente critica generale).
Un’ultima cosa. Io non ho contestato nulla di quello che scrivevi a proposito di Sezione Piquadro. Mi sono limitato a esprimere il mio gradimento per il romanzo (cercando di motivarlo). Tu sei libera di trovarlo illeggibile, ci mancherebbe. Ma non aspettarti che solo perché “per te” è illeggibile lo debba essere per l’intero genere umano.
Quello che invece ho criticato è il tono e l’impostazione della tua recensione. Per i motivi che ho cercato di esprimere qui sopra.

Per riassumere: secondo me nella critica letteraria non esiste niente (niente!!!) che abbia valore oggettivo, esistono opinioni, affermazioni, posizioni più o meno condivisibili. In fondo quello che davvero conta è la reputazione del recensore, la capacità dello stesso di stendere una critica coerente con il testo recensito e di argomentarla nella maniera migliore possibile, oltre all’abilità nel trasmettere al lettore le sensazioni che una data lettura gli trasmette.
Che poi son tutte qualità che tu dimostri di avere (altrimenti mica starei a perder tempo sul tuo sito).
Poi a volte mi capita ti trovare certe tue scelte incomprensibili, tipo perdere ancora tempo con un romanzo della Troisi, con tutte le decine (centinaia!) di meravigliosi romanzi disponibili (questo detto per per tornare al discorso della gioia della lettura fatto all’inizio.)

E già che ci sono, ti posso chiedere se hai letto romanzi tipo “Dimenticato Re Gudù” o “Jonathan Strange e il signor Norrell” o “Il Maestro e Margherita” (giusto per citare qualcuno dei romanzi fantastici che più ho apprezzato nel corso del tempo)?

A presto!

#22 Comment By Gamberetta On 16 giugno 2008 @ 12:54

@iguana jo.

Solo chi è assolutamente convinto delle proprie idee non le mette in discussione, solo gli intransigenti non ammettono questioni, solo gli integralisti strepitano e urlano alla prima critica al loro credo.

Tipo un autore italiano alla prima recensione negativa?

- Come fai a stabilire con tale assoluta certezza che un lettore possa trovare credibile o meno una situazione, un’ambientazione, un determinato personaggio?

Ovvio che per un lettore può essere credibile tutto e il contrario di tutto. Così come uno può credere che la Luna sia fatta di formaggio (in realtà una bella fetta dell’umanità crede ad affermazioni ben più assurde).
Io però penso si possa fare un discorso oggettivo nel cercare di valutare la credibilità di un’ambientazione.

- Come fai a decidere in quanto lettore qual’è il “linguaggio” migliore per raccontare una storia? Non è una decisione che spetta all’autore?

Lo scrittore può scegliere di usare il linguaggio che preferisce. Ma certe scelte sono sbagliate. Nessuno vieta a Rocca di parlare delle gemme cerulee bordate di zaffiro e nessuno vieta a De Matteo di scrivere dello psicopompo neurosomatico oloquantistico, ma sbagliano. Poi non potrò mai dimostrarti che sia vero, perché tu neghi la possibilità stessa di una dimostrazione. Perciò se vuoi fidati, se non vuoi non fidarti, io so di quel che parlo (e, inciso, non me ne frega proprio niente di suonare saccente o che), e quello è un modo di scrivere da cani.

Per fare un esempio pratico: quando tu scrivi “il signor De Matteo scrive oggettivamente male.” fai un affermazione a) indimostrabile e b) dai del minus habens al povero lettore che si trova invece ad apprezzare la sua scrittura.

E allora? Questo concetto mi pare di averlo ribadito fino alla noia: prima viene la “verità”, poi l’educazione. Se io ritengo che l’affermazione più vicina al vero sia “De Matteo scrive oggettivamente male”, tale affermazione scrivo, e non me ne importa niente se l’autore, i fan o quanti altri si offendono. Affari loro.

- Chi dice che la carta è obsoleta? Mai come in questi anni si è stampato di tutto e di più con una facilità inimmaginabile solo 15 anni fa. La carta è un mezzo che riduce drasticamente la necessità di hardware specializzato per la codifica, la trascrizione e la trasmissione dell’informazione. Non è un supporto obsoleto è il supporto con il massimo grado di fruibilità, oltre ad essere anche quello con la più elevata facilità di distruzione, il che lo rende molto comodo per la trasmissione di informazioni riservate.

Eh? La carta costa tantissimo da produrre e da trasportare. Io con la mia ADSL di casa (39 euro al mese + il consumo di elettricità del PC acceso 24 ore, ma credo non si raggiunga l’euro) in un solo giorno posso distribuire ~22.000 copie di un romanzo (upload 1mbit, grandezza del file 500K, forse ho sbagliato i conti, ma l’ordine di grandezza è quello) in ogni angolo del mondo.
Prova a fare lo stesso con la carta! Massimo grado di fruibilità della carta? Immagina i costi che dovrei sostenere per stampare questo blog, con articoli anche di 7.000 parole e le foto a colori…

E comunque qui c’è un personaggio che ha scritto una ricerca scientifica “scomoda” e ritiene che il modo migliore per distribuirla sia dar via i fascicoli all’Università. Ora oggi, non nel 2050, non con la “Singolarità”, chi farebbe una cosa del genere? Già oggi si userebbe la distribuzione elettronica via Internet (basta pensare a Wikileaks), ma d’altra parte nel futuro di De Matteo è rimasta la televisione ed è sparita Internet…
Per non parlare delle foto analogiche. Ormai le macchine fotografiche tradizionali stanno sparendo, così come i vinili rispetto ai CD, davvero mi pare impossibile che nel 2050 non ci sia solo fotografia digitale.

Motivi ed errori che non ho evidentemente trovato nel romanzo di De Matteo (e che in effetti tu non elenchi, limitandoti a una generica per quanto pungente critica generale).

Qualche esempio l’ho fatto, tipo la scena con la spada o il climax finale non mostrato. Poi, va bene essere masochista, ma non ho nessuna voglia di un Rocca bis, ci perdo le ore per ottenere di essere chiamata cretina? No, grazie. Preferisco fare l’editing su quello che scrivo io.

E già che ci sono, ti posso chiedere se hai letto romanzi tipo “Dimenticato Re Gudù” o “Jonathan Strange e il signor Norrell” o “Il Maestro e Margherita” (giusto per citare qualcuno dei romanzi fantastici che più ho apprezzato nel corso del tempo)?

Ho sentito parlare molto bene del primo, anche se dalle recensione che ho letto non sembra proprio il genere di roba che mi attrae. Sono ferma intorno a pagina 50 del signor Norrell e ho messo avanti altre letture, magari lo riprendo ma non è che mi abbia proprio “presa”. Ho letto “Il Maestro e Margherita”, confermo che è divertentissimo.

#23 Comment By iguana jo On 17 giugno 2008 @ 10:05

Tipo un autore italiano alla prima recensione negativa?

Tipo un giovane recensore in erba?

Ovvio che per un lettore può essere credibile tutto e il contrario di tutto. Così come uno può credere che la Luna sia fatta di formaggio (in realtà una bella fetta dell’umanità crede ad affermazioni ben più assurde).
Io però penso si possa fare un discorso oggettivo nel cercare di valutare la credibilità di un’ambientazione.

Anch’io credo che si possa cercare di valutare la credibilità di un’ambientazione. Certo. Ma non credo nell’oggettività di una dimostrazione di questo tipo.
(certo che se il linguaggio usato dall’autore è grammaticamente/sintatticamente/logicamente sbagliato – e se non ricordo male nel caso di Rocca mi pare gli errori fossero evidenti – allora diventerà davvero difficile per il lettore – che si accorge di tali errori – valutare positivamente il romanzo. Ma questo discorso va ben oltre quello che riguarda la credibilità dell’ambientazione).

Lo scrittore può scegliere di usare il linguaggio che preferisce. Ma certe scelte sono sbagliate.

Poi non potrò mai dimostrarti che sia vero, perché tu neghi la possibilità stessa di una dimostrazione.

ehm… quando mai ti ho negato qualcosa? :-)
Quello che dico è che mi puoi “convincere” riguardo la bontà delle tue tesi, ma che le stesse non sono dimostrabili scientificamente.
(BTW per convincere qualcuno di qualcosa anche il tono usato può essere utile).

E allora? Questo concetto mi pare di averlo ribadito fino alla noia: prima viene la “verità”, poi l’educazione. Se io ritengo che l’affermazione più vicina al vero sia “De Matteo scrive oggettivamente male”, tale affermazione scrivo, e non me ne importa niente se l’autore, i fan o quanti altri si offendono. Affari loro.

Ok. Questo è un punto importante.
Tu fai benissimo a scrivere tutto ciò che ritieni giusto. Ci mancherebbe. E io apprezzo sommamente la schiettezza dell’espressione e l’immediatezza dell’esposizione (oltre allo straripante flusso d’informazioni che sempre correda i tuoi post).
Però, posso chiederti perché nel tuo blog hai deciso di dedicare molto spazio alla recensione dei libri? Qual’è lo scopo che ti prefiggi con tali recensioni?

Piccolo inciso personale:
Io scrivo qualche nota riguardo le mie letture per due motivi fondamentali. Per ricordarmi dei libri che leggo (ho una certa età e troppi libri sulle spalle :-)) e per rifletterci sopra un pochino (scrivere mi aiuta a pensare). Le pubblico un po’ perché credo possano essere utili ad altri lettori, un po’ perché spero sempre che capiti l’occasione di scambiare qualche parola con altre persone che abbiamo qualcosa da dire riguardo il dato libro.
Fine dell’inciso personale

La mia impressione, che nel caso provvederai a correggere, è che tu scriva essenzialmente per dimostrare qualcosa. Che in definitiva di quel che leggi ti importa solo nella misura in cui riesci a sopraffare l’autore con il tuo effluvio di appunti, critiche e osservazioni. Forse per questo è difficile vederti alle prese con un libro che ti è piaciuto. Forse per lo stesso motivo mi dai l’impressione di scegliere volutamente volumi che già sai potrai triturare senza troppe difficoltà.
Quel che mi chiedo è che senso abbia questo atteggiamento se scelto come stile di vita, ops… stile di blog.
Magari mi sbaglio (per questo motivo ti chiedevo le motivazioni dietro il blog), ma oh… la mia impressione (non la verità!) è questa.

Taglio sul discorso carta. (Il punto non è tanto il costo, quanto la possibilità di fruire dell’informazione su carta senza necessitò di competenze tecnologicamente evolute, senza hardware sofisticato, etc. ma ok, il discorso sarebbe lungo e non legato alla questione che lo ha originato).
Sul discorso fotografia mi trovi del tutto concorde, a suo tempo non ho mancato di segnalarlo all’autore.

#24 Comment By Alessio On 18 gennaio 2009 @ 13:21

Ciao,
sono finito su questo blog tramite una segnalazione sul blog di RRobe, con la speranza di trovare una recensione su “Apprendista Assassino” di Robin Hobb (libro di cui no mi spiego tutte le lodi sperticate che leggo in ogni dove). Ho letto Sezione Pi Quadro (SP2 d’ora in poi), se dovessi esprimere un giudizio con un voto da 1 a 10 sceglierei un 5/6. Mi sento di fare un’unica critica alla recensione.
SP2 mi sembra un palese tentativo di creare un romanzo alla Pynchon, “ipertestuale” se si vuole usare una parola figa (oddio…), “che parte continuamente per la tangente” se si vuole usare un’espressione più umana. In questo senso non trovo strana la valanga di informazioni inutili alla trama o i copia/incolla dal libro di fisica: è proprio parte dello spirito che anima quel tipo di scrittura. Che SP2 raggiunga risultati molto lontani da Pynchon si può pure essere d’accordo, ma lamentarsi dell’inforigurgito, in questo caso, mi sembra come criticare un ritratto cubista perchè c’ha l’occhi storti e il naso deforme… fermo restando il diritto di schifare il cubismo in sè.
Ciao ciao!
Alessio

#25 Comment By Leo On 21 luglio 2009 @ 12:36

Ciao Gamberetta,
devo essermi perso la tua risposta ad Anisotropie riguardo alla scrittura di Charles Stross:
“Mi chiedo anche cosa pensa gamberetta di charles stross (sono nuovo del blog, se lo ha gia’ detto chiedo venia), visto che anche lui usa parecchie informazioni di fisica non necessarie.”

Grazie
Leo

#26 Comment By Bruno On 17 dicembre 2009 @ 02:35

@Alex: perché un romanzo vinca un concorso non c’è bisogno che sia bello, basta che sia un po’ meglio degli altri.

No, perché un romanzo vinca un concorso (soprattutto quelli della Mondadori) non c’è affatto bisogno che sia bello, e neppure leggibile… basta che l’autore sia “ammanigliato” e raccomandato. Non prendiamoci in giro.

#27 Comment By bestia! On 7 gennaio 2012 @ 23:45

Cara Gamberetta, so bene che arrivo in ritardo di più di 2 anni dall’ultimo commento, ma ci tengo a rompere le scatole e a segnalarti che “climax” NON è il punto di massima tensione, ma il crescendo, l’aumento della tensione (oltre ad essere un nome femminile, almeno in origine). http://www.dizionario-italiano.it/definizione-lemma.php?definizione=climax&lemma=C08D2C00
Alternative possono essere apice, culmine, acme se proprio ci tieni a parlare greco.

Ho iniziato a leggere il tuo blog un paio di giorni fa, e devo dire che mi sto divertendo da matti! Stima assoluta…
Ciao!

#28 Comment By Steamdoll On 8 gennaio 2012 @ 23:52

Non sono Gamberetta, ma wikipedia dice che “Il termine climax può avere diversi significati. Nelle accezioni comuni del termine, la climax (dal greco klímaks, femminile, singolare, «scala») indica il culmine di un processo in crescendo.”

Poi può voler dire anche altre duemila cosa (in letteratura è anche una figura retorica), mentre alla voce cinema, narrativa, teatro et cetera “indica l’apogeo di una serie di eventi concatenati che portano ad una fase di particolare intensità”.

Per l’appunto, bestia!, non credo proprio indicasse la figura retorica :)

#29 Comment By bestia! On 9 gennaio 2012 @ 23:15

ah beh, l’ha detto Wikipedia, Fonte della Conoscenza:P
La scala, per definizione, si usa per salire o scendere, non certo per riposarsi sui pianerottoli… Ma penso ci possa arrivare chiunque.

Non immagino neanche perchè ci sia stata questa deriva di senso, forse le alternative (corrette) che ho citato non sono abbastanza esotiche: manca quella bella “x” che attira i gonzi.
La migliore, comunque (e qui rettifico il commento di prima) è “Spannung”: viva il tedesco, e il significato è quello giusto, specie usato in contesto di narrativa.
I termini specifici e corretti li abbiamo, non ha senso usarne altri presi a caso e mutati di senso perchè fa comodo…
Saluti

#30 Comment By Mauro On 10 gennaio 2012 @ 00:23

Il Treccani basta? “Allo stadio di [climax] il sistema raggiunge il massimo della biomassa e le interazioni tra le varie specie della comunità sono esclusivamente di tipo positivo”.
Oppure: “Acme, lo stadio di maggiore intensità di una malattia”.
Oppure: “In sessuologia, orgasmo” (ossia l’acme del rapporto sessuale).
Oppure: “Punto culminante di un qualsiasi processo”.
Il sinonimi e contrari della Treccani dà “acme” e “apice” come sinonimi di “climax” (come si può già evincere dall’esempio medico).

Abbiamo quindi tre significati che legano “climax” al punto massimo di qualcosa, una sinonimia con “acme” e “apice”, e un significato che esplicitamente lo lega al massimo di un qualsiasi processo; anche senza considerare che basterebbero i primi tre esempi per fare un’estensione di significato (processo normalissimo) e la sinonimia per sostenere l’uso, la quarta definizione (tratta da il Treccani, ripeto) ammette “climax” come punto culminante di una trama.

Inoltre, Gamberetta ha messo “climax” in corsivo, e il corsivo linguisticamente indica una parola straniera; quindi Gamberetta stava usando il termine con un’accezione straniera. E cosa significa climax in Inglese? (in a dramatic or literary work) a decisive moment that is of maximum intensity or is a major turning point in a plot (fonte).
Quindi, non solo lo stava usando col significato corretto, ma ha persino messo l’indicatore linguistico corretto (corsivo, in quanto termine straniero) per avere il significato specifico inglese.

#31 Comment By Steamdoll On 11 gennaio 2012 @ 04:12

Mutati di senso perché fa comodo?
Ma mi stai per caso prendendo in giro?

Mauro ti ha già risposto egregiamente, per fortuna; questo snobismo su Wikipedia, quando dice cose giuste non lo comprendo. Io ho sempre usato climax nell’accezione che ha usato Gamberetta; poi che esista anche la figura retorica mi sembra francamente un altro paio di maniche.
Stiamo parlando in italiano, non in greco, e per quanto l’etimologia abbia il suo peso, ne ha anche la lingua corrente. La prima volta che qualcuno ti disegna qualcosa con una forma ellittica, mi raccomando, che non è possibile, in quanto come figura retorica significa omettere qualcosa nella frase.

#32 Comment By heropass On 16 luglio 2012 @ 17:37

Ciao, approdo ora al tuo blog.
Apprezzo il fatto che tu abbia letto tutto il libro; io, dopo anni di letture fantascientifiche e a fronte di un principio sciocco che mi ero dato, quello di finire ogni libro che incominciavo mi sono letto molte schifezze.
Per fortuna ho cominciato a rendermi conto che il mio tempo è prezioso.
In sintesi, dopo le prime pagine ho chiuso il libro e ho deciso che non comprerò mai più nulla scritto da De Matteo.
Per quanto riguarda Iguana Jo, ho scoperto che è amico di De Matteo ed è quindi incorso nel classico vizio italiano che, molto alla lunga, ha portato l’Italia al disastro in tutti i sensi e in tutti i campi.

#33 Comment By heropass On 16 luglio 2012 @ 23:41

Ho letto adesso un pò di commenti. Non ho nessuna analisi da fare anche perché ho letto solo (solo?) dieci pagine.
Ma dal profondo del cuore posso dire che queste dieci pagine fanno veramente schifo.
A chi è piaciuto il romanzo evidentemente mancano letture di maggior qualità.
Consiglio di andarsi a leggere Dostoevskij, Dickens, Durrell, Marai e via dicendo, e poi mettersi ancora su De Matteo e chiedersi se non stanno buttando via il loro tempo.
O forse il loro tempo vale De Matteo.


URL dell'articolo: http://fantasy.gamberi.org/2007/11/16/recensioni-romanzo-sezione-pi-quadro/

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