Il Punto sul Fantasy Italiano
Non ho mai scritto articoli che trattassero in generale del fantasy italiano; questo sarà il primo e l’ultimo. Lascerò da parte le ovvietà – scarsa qualità media, editori che se ne infischiano della decenza, editor in giro per funghi invece di lavorare, critica assente – e mi concentrerò su un dettaglio molto più importante di quanto non sembri: l’avvilente mancanza di salamandre giganti.
No, non sono ubriaca, grazie per l’interessamento.
* * *
Nell’ambito della narrativa, il concreto è sempre più efficace dell’astratto, il dettaglio si rivela più significativo dell’insieme. È la regola generale dalla quale deriva il principio del “mostrare, non raccontare” o “show, don’t tell” per dirla all’inglese che è sempre cool. E nel rispetto di tale principio, ecco un esempio!
[1] Silvia non è un bravo genitore.
Anche assumendo che il lettore sappia chi sia Silvia, e magari ne abbia una descrizione fisica, questa frase rimane astratta. Il “non essere bravi” non è tangibile, è un etereo giudizio morale. Al lettore non è comunicata alcuna immagine: è il classico raccontare, dove invece si dovrebbe mostrare.
[2] Silvia picchia la figlia per futili motivi.
Un passo avanti: Silvia non è più “cattiva” perché lo sostiene il Narratore, ma perché picchia la figlia anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Tuttavia siamo ancora al raccontare: “i futili motivi” quali sono? E poi la picchia sempre ? Non credo. Dove e quando la picchia? Come la picchia?
Nella frase ci sono solo le premesse del mostrare.
[3] Appena tornata a casa, Silvia scoprì la figlia intenta a leggere un libro sconveniente. Senza pensarci due volte le impartì una crudele punizione.
Qui si è varcato il confine tra il raccontare e il mostrare. Adesso non sto più dicendo che Silvia è “cattiva”, sto mostrando che lo è (punisce la figlia in modo crudele solo perché legge un libro). È buona narrativa? No. La situazione manca di consistenza, è ancora troppo generica, sembra un videogioco senza texture. Lo si capisce perché molto – troppo – in questa scena dipende dagli aggettivi. A seconda di come il lettore interpreta sconveniente e crudele, si hanno situazioni molto diverse. La storia potrebbe essere ambientata ai giorni nostri o nel Medioevo, la crudele punizione potrebbero essere frustate o togliere alla figlia il collegamento a Internet.
Se si tramutano gli aggettivi in cose, oggetti o azioni concrete, subito la scena migliora:
[4] Appena tornata a casa, Silvia scoprì la figlia intenta a leggere le Cronache del Mondo Emerso. Senza pensarci due volte l’afferrò per i capelli, la trascinò in cucina, le ficcò la testa nel lavello pieno di piatti sporchi e aprì il rubinetto dell’acqua calda. Girò la manopola fino in fondo.
Meglio. I particolari permettono d’inquadrare la scena e persino io posso considerare esagerato ustionare la faccia di qualcuno perché sta leggendo la Troisi; dunque è mostrato che Silvia si accanisce sulla figlia per futili motivi. Non siamo ancora a un livello di decenza, la scena è ancora solo abbozzata, ma siamo sulla giusta strada.
L’obiettivo è di continuare ad aggiungere texture sempre più dettagliate, di trasformare sempre più l’astratto in concreto.
Prendiamo lo “scoprì”: può essere una buona scelta dal punto di vista linguistico – alcuni potrebbero preferire “colse”, altri un più colloquiale “beccò”, non cambia molto – ma dal punto di vista della narrativa è fiacco. “scoprì” non è abbastanza preciso, trasmette immagini sfocate. Avrei dovuto invece mostrare Silvia che, senza bussare, spalanca la porta della camera della figlia e intravede la copertina delle Cronache mentre la ragazzina tenta di nascondere il volume in mezzo ai libri di scuola.
Secondo esempio: i “piatti sporchi”. I “piatti sporchi” comunicano l’idea che Silvia non si curi delle condizioni in cui vive la figlia, che era uno degli obiettivi da mostrare rispetto alla [1]. O viceversa, se la figlia non è proprio una bambina, avrebbe potuto lavarli lei i piatti, mentre la madre era via: non ha ricevuto una grande educazione, la [1] è sempre mostrata (ovviamente i piatti avrebbe pure potuto lavarli il convivente di Silvia, ma supponiamo che ci siano solo madre e figlia). Tuttavia, scritta così, la texture dei piatti sporchi rimane troppo poco definita. È meglio se si aumenta la risoluzione, si tolgono i generici “piatti sporchi” e si entra in maggior dettaglio: la guancia della figlia è premuta contro una padella incrostata di sugo di pomodoro e avanzi di patate fritte, nel lavello si è accumulata acqua stagnante che puzza di fogna, tra posate e bicchieri galleggiano mozziconi di sigarette, uno scarafaggio si affaccia da una crepa tra le piastrelle sopra il rubinetto.
Più texture in alta risoluzione ci sono meglio è, ma bisogna sceglierle con cura e aver sempre presente quale sia lo scopo della scena. Qui, se esagero, sembrerà che voglia mostrare il degrado in cui vive Silvia e non come tratti male la figlia, che è invece lo scopo dichiarato della scena.
Senza texture (sopra). Con texture (sotto).
Il termine texture è usato nell’ambito della grafica al computer e dei videogiochi per indicare un’immagine che viene applicata a un modello tridimensionale. Mettere una o più texture a un modello assomiglia un po’ a dipingere una miniatura. Le texture sono utilizzate per simulare la presenza di materiali diversi, con colori e consistenza diversa, per creare dettagli altrimenti difficili da modellare, quali ruggine o scalfitture, e infine per dare l’illusione della presenza di piccoli particolari (ad esempio i bottoni su una giubba di un soldatino in un videogioco di guerra spesso sono solo disegni sulla texture della giubba e non bottoni 3D)
C’è anche il rischio di partire per la tangente e pian piano scivolare nell’inforigurgito, incidente che capita spessissimo agli scrittori di fantasy non solo nostrani e non solo dilettanti. Poniamo che cambiassi l’inizio, scrivendo:
[5] Silvia era appena tornata a casa dopo il turno di notte alle acciaierie Krupp.
Il particolare del turno di notte può essere aggiunto per mostrare che in fondo Silvia non è così cattiva come sembra. È più facile giustificare il suo modo di agire pensando a quanto possa essere faticoso il lavoro che svolge. Inoltre il fatto che torni dopo il turno di notte implica che sia mattina: forse la figlia legge la Troisi invece di andare a scuola. Non è ancora abbastanza per seviziarla ma è una ragione in più.
Perciò il cambiamento è accettabile, sebbene come texture sia scarsa, in quanto il turno di notte non si vede, non si sente, e non si tocca.
Quando insisto, sbaglio:
[6] Silvia era appena tornata a casa dopo il turno di notte alle acciaierie Krupp, fondate nel 1811 da Friedrich Krupp.
Un ulteriore dettaglio, ma… c’entra qualcosa con lo scopo della scena sapere che le acciaierie Krupp sono state fondate nel 1811 da Friedrich Krupp? No, non c’entra niente; allontana solo l’attenzione del lettore. È un dettaglio di troppo che invece di aggiungere concretezza introduce rumore.
Le acciaierie Krupp impegnate a produrre cannoni durante la Prima Guerra Mondiale
Per ricapitolare: più si esplorano i dettagli, più si tralasciano il generale e l’astratto per mostrare i particolari, più la narrativa è efficace e coinvolgente.
È in verità un concetto noto, quasi “saggezza popolare”, è un modo più articolato di esprimere la stessa idea che è alla base del detto “un’immagine vale mille parole” o “una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica.” (attribuita a Joseph Stalin).
Infatti polita e pubblicità – in generale la propaganda – usano da sempre espedienti di questo tipo.
Mettiamo che io sia un politico vecchio, bigotto e kattivo, che odia chi si diverte. Ho deciso di far approvare una legge che imponga il coprifuoco ai minorenni (qualcosa di simile si sta verificando in Inghilterra), devo convincere il Parlamento o la popolazione che è la scelta giusta.
Potrei, a sostegno della mia tesi, portare le statistiche sui reati e spiegare come siano in aumento i crimini violenti commessi da minorenni nelle ore serali. Oppure potrei mostrare un video preso dalla telecamera di sorveglianza di un supermercato: una gang di ragazzi violenta la commessa, spara in fronte al proprietario e scappa con i soldi. Quasi sicuramente il video (o, per rimanere in ambito letterario, la trascrizione romanzata dello stesso) sarà più efficace della statistica. Peggio, anche se la statistica dimostra che i reati sono diminuiti, il video da solo è probabile possa bastare.
Perché capita questo? Perché il grado di coinvolgimento di fronte a una pagina che riporti situazioni concrete è molto più profondo di quanto si pensi. Quando si dice che un bravo scrittore riesce a farti “vivere” il romanzo non è retorica. Esperimenti con la risonanza magnetica (tipo quello qui descritto) fanno supporre[1] che il lettore simuli quello che legge. Quando un personaggio prende in mano un libro, si attivano le aree del cervello predisposte alla manipolazione degli oggetti. Quando il personaggio si sposta da una stanza all’altra, si attivano le aree che normalmente sono legate alla valutazione di problemi spaziali. Però non succede sempre. Capita solo quando i dettagli sono sufficientemente vividi. L’astratto non genera questo stesso tipo di reazione “viscerale”.
Dunque, se si vuole sul serio coinvolgere il lettore, trascinarlo nella storia, bisogna affidarsi a particolari tangibili. A situazioni chiare e concrete. Si devono fornire i dettagli necessari affinché il cervello del lettore possa “recitare” la scena. Lasciare all’immaginazione semplicemente non funziona altrettanto bene, non genera questa risposta istintiva.[2]
Sempreché si voglia coinvolgere il lettore. Esiste una folta schiera di scrittori che sono quasi schifati all’idea che il lettore possa essere rapito da una storia. Secondo costoro un povero disgraziato dovrebbe pagare per comprare i loro libri e poi soffrire a leggerli, perché se la lettura è scorrevole, se il fluire del testo è naturale, allora non è vera Letteratura, con la L maiuscola. Perché, se non vuoi impegnarti, tanto vale che vai al cinema! Giusto: meglio qualunque film delle opere di questi squinternati.
* * *
Torniamo alla partenza, al fantasy italiano. Molti degli scrittori di casa nostra hanno problemi a scrivere con il giusto livello di dettaglio e ho paura che non derivi solo da scarsa tecnica, ma proprio da un approccio sbagliato. E qui veniamo alle salamandre giganti!!!
Questa è una salamandra. Non gigante
Le salamandre giganti erano in un articolo sul blog di Jeff VanderMeer. In quell’articolo, di ormai credo un anno fa, VanderMeer chiedeva al suo pubblico, in particolare agli oculisti e agli esperti di anfibi, quanto sarebbe verosimile la costruzione di una città nell’occhio di una salamandra gigante. Gigante nel senso grande quanto uno degli stati americani.
Non metto il link a quell’articolo – cercatelo! – perché non ne ho avuto bisogno per scrivere questo mio di articolo: sono passati mesi e mesi ma nella mia testa i particolari della questione sono ancora vividi.
Con quali problemi si dilettano invece gli autori italiani? Ne elenco qualcuno:
- I giovani (scrittori) rovinano il fantasy o il fantasy rovina i giovani (scrittori).
- Il pubblico è stupido, il pubblico è ignorante, il pubblico non compra abbastanza libri!!! (evidentemente questo signor Pubblico non è poi così scemo).
- I mezzi d’informazione tradizionali – stampa e televisione – non trattano il fantasy con il dovuto rispetto! Il fantasy non è narrativa per ragazzini stupidotti! (basta fare un giro in libreria… per verificare che, nell’ignoranza, questa volta stampa e televisione hanno indovinato!)
- Non si può intaccare la Libertà Artistica™ degli Autori! (sigh)
- …e un’infinita sequela di questioni pseudo-intellettuali che sono fuffa allo stato puro. Di solito si capisce subito che si è entrati in quest’ambito perché sono presenti determinate parole chiave: società, metafora, allegoria, postqualcosa, transqualcosaltro, ecc.
Med Fantasy Una delle questioni più inutili che ogni tanto affiora è quella del Med Fantasy. Ovvero fantasy ambientato nel bacino del mediterraneo, facente riferimento a mitologia e folklore italici o appunto mediterranei.
Il western all’italiana non era ambientato in Val Padana. Non vedo perché un fantasy all’italiana non possa avere draghi ed elfi(…) e yokai e vodyanoy e qualunque elemento si voglia. |
Quello che mi preoccupa è che sono convinta un sacco di gente pensi davvero che le questioni sopra elencate siano più serie, sofisticate o interessanti del sapere se una città possa essere costruita nell’occhio di una salamandra gigante. Non è così. Se ti occupi di fantasy, l’edilizia nel corpo delle salamandre è il tuo pane. Discutere sulla verosimiglianza di quella città vuol dire stabilire se i paletti dell’immaginario possono essere spostati un po’ più avanti a comprendere una fantasia che fino a quel momento non esisteva. Non ci si sta rotolando nell’astratto, si sta facendo nascere qualcosa di concreto – almeno a livello mentale.
Nel fantasy italiano manca la capacità di mettere a fuoco i dettagli, di donare aspetti tangibili alla fantasia. Sia a livello di stile, sia a livello di mentalità. Ma questa che ho appena espresso è appunto una considerazione di carattere generale e non voglio prendere brutte abitudini. Dunque primo e ultimo articolo che ha parlato nel complesso del fantasy italiano.
Continuerò invece a recensire i singoli libri e occuparmi dei singoli mostri, o mondi o trovate fantastiche degne di nota.
* * *
note:
[1] ^ La prudenza è d’obbligo, data la complessità del problema e i metodi d’indagine usati, ancora molto rozzi e approssimativi.
Per dare un’idea della difficoltà di esperimenti del genere, si immagini di avere un normale PC in funzione, magari mentre fa girare un videogioco. Ora, senza guardare il monitor, si deve dedurre quale sia l’immagine che in un dato istante appare e questo solo misurando la temperatura del case o il consumo di corrente dell’alimentatore.
[2] ^ Entro certi limiti l’immaginazione “funziona”. Quando leggiamo frasi del tipo: “Silvia picchia la figlia” e sappiamo chi o cosa sia “Silvia”, “figlia” e “picchiare”, ci sono prove indirette che avvalorano l’ipotesi che il nostro cervello generi un qualche tipo di rappresentazione della scena. Però appunto non la “vive”.
Approfondimenti:
texture su Wikipedia
Krupp su Wikipedia
Salamandra su Wikipedia
Un articolo dedicato al Pesce Siluro
Guida agli yokai
Scritto da Gamberetta •
Gamberolink •
Lascia un Commento » •
Feed dei commenti a questo articolo •
Questo articolo in versione stampabile
• Donazioni
8 giugno 2012 alle 13:41
[...] un articolo vecchio ormai di tre o quattro anni, Gamberetta si lamentava degli ambienti del fantasy italiano – e dei salotti letterari italiani in genere – perché passavano più tempo a porsi [...]
30 marzo 2012 alle 14:53
@Michele. Sì, devi eliminare le parti inutili, devi mostrare solo quello che è vitale (o almeno molto importante) per la storia. Il problema del tuo esempio non è raccontato/mostrato, il problema è che la storia di un soldato che va ad uccidere un coboldo non è molto eccitante in sé. Se metti la bottega, i ladri, gli “intermezzi”, ecc. non fai altro che allungare il brodo, non diventa una storia migliore, diventa solo una storia più lunga.
Devi partire da un’idea più interessante e ricca di spunti che non un soldato che ammazza un coboldo. Per esempio, complicando un pochino le cose: il soldato è in cerca del coboldo perché in realtà il coboldo è sua moglie trasformata; il soldato la ama ancora ma deve ucciderla perché il coboldo/moglie in versione mostro ha già sbranato la loro figlia e adesso ha rapito il loro figlio primogenito per sacrificarlo al Dio dei coboldi. Il soldato è accompagnato dal fratello della moglie che non crede a tutta la storia e pensa che sia il soldato a essere impazzito. Ok, penso che possa bastare, magari non per un romanzo ma per un racconto lungo sì, e puoi seguire solo questa trama principale senza ladri e altre deviazioni.
Detto questo, tieni presente che passare dal mostrato al raccontato è molto facile e veloce (ci vuole un attimo a tagliare, non so, tre pagine di dialogo e scrivere: “Anna e Michele litigarono sull’affidamento dei figli”), dunque mostra pure e in caso di necessità (un editore che vuole pubblicarti ma ha problemi con un manoscritto da 2.000 pagine) modificherai.
30 marzo 2012 alle 10:19
Ciao
Ho letto con interesse la tua guida sul come scrivere correttamente un romanzo e sono “Abbondantemente” XD daccordo con te, ma ora vorrei chiederti: Scrivendo un intero romanzo tutto con lo show don’t tell, quanto lungo diventerebbe? e quanto faticoso sarebbe?
dover mostrare tutti i tratti della narrazione, dal piu importante al piu inutile (tu mi dirai [forse] non mettere gli inutili, ok ma allora che gusto c’e? mostro solo che il soldato va nella tana del coboldo e lo sbudella fine della storia, niente dialoghi niente intermezzi nulla di nulla ( compra le armi dalla bottega incontra i ladro che gli frega la sacchetta etc) quindi niente è importante ai fini dell’uccisione del coboldo.
Creo una mega descrizione del soldato ed una mega battaglia epica ma il romanzo è finito in 50 pagine.
Oppure gandalf carica frodo sull’acquila e lo butta giu nel vulcano, fine a 1200pagine di chiacchiere inutili, oppure tutto il consiglio dei jedi va da dark water :P e gli fanno il deretano fine della storia o altri mile di questi esempi.
Sarò lento ma non ho capito come comportarsi in questo senso ( fare una accurata cernita delle cose da dire e non dire, bandire ogni forma di inutilità etc).
Grazie
8 agosto 2010 alle 15:57
[...] Manuali 2: Dialoghi, ovvero (guarda un po’) consigli su come impostare un dialogo; * Il punto sul fantasy italiano, Riassunto delle puntate precedenti, Scacchi e scrittura, On fairy stories, Educazione e timidezza, [...]
18 novembre 2009 alle 02:09
Vabbeh, dato che qua dentro nessuno mi si fila, l’editor(e) è tornato a funghi: oggi Clitopilus prunulus (o Clitocibe nebularis detta Prugnolo d’autunno) e Clitocibe Geotropa.
16 novembre 2009 alle 01:51
A grande richiesta (ah ah) introdurrò “La dominante emotiva”. Ogni trama deve evidenziare una dominante emotiva, aver individuato la dominante emotiva ci consente di trovare il punto della vicenda nel quale far iniziare il racconto. Definiamo macrosquenza la successione di eventi di un capitolo. Chiariamo che ogni genere letterario possiede un contenuto d’evasione tipico. Nel fantasy, scusate il bisticcio, il contenuto d’evasione stà nel desiderio di fuga e di riscatto del lettore che è chiamato a identificarsi con un protagonista sfigato che passa ad un mondo dalle regole sovvertite, dove tutto ciò che è impedito nella vita normale diventa possibile. Il lettore di fantasy gode della creazione di mondi il più possibile lontani da quello ordinario. Gode di essere trasportato nella famosa città costruituita nell’occhio della salamandra. Definito queso il contenuto d’evasione tipico del fantasy, la dominante emotiva del protagonista/lettore deve essere tale da realizzare il contenuto d’evasione. Facciamo un esempio molto comune nel fantasy: la dominante emotiva del viaggio di ricerca: la quest. Il viaggio di ricerca di un tesoro, oggetto magico, persona amata consente al protagonista e al lettore di attraversare il mondo fantastico in lungo e in largo soddisfacendo abbondantemente il desiderio di godersi questi perfetti mondi fantastici.
Bene, a partire dalla dominante emotiva, dicevo, si individua con certezza il punto della vicenda dal quale far cominciare il racconto.
Nel nostro esempio: Genere Fantasy/ contenuto d’evasione: fuga 6 riscatto / dominante emotiva: viaggio di ricerca.
Perchè la motivazione emotiva allo svolgimento del viaggio di ricerca sorregga tutto il romanzo, è necessario che il protagonista mostri inizialmente quanto importante sia per lui condurre con successo il suo viaggio di ricerca. Il configurarsi della dominante emotiva deve pertanto configurarsi al termine di una macrosequenza in cui il protagonista abbia mostrato quanto sia forte in lui la motivazione a intraprendere il viaggio (Questo effetto motivante lo si ottiene con l’illustrazione di una serie di fallimenti del protagonista; per esempio le angherie subite da Harry Potter ad opera del cugino Dursley) Avremo dunque all’inizio del libro un capitolo di sfighe che si conclude con la forte determinazione del protagonista a intraprendere il viaggio.
Ma non basta. Questo capitolo deve essere preceduto ancora da un altro: il capitolo cioè in cui succede l’evento che mette il protagonista nella difficile situazione di cui si narreranno le sfihe nel capitolo successiv (Harry viene depositato a casa Dursley)
La dominate emotiva deve essere un elemento ricorrente nelle riflessioni del protagonista per tutto lo svolgimento della vicenda.
10 novembre 2009 alle 01:19
Mi sono accorta, da alcuni commenti che è insorto l’equivoco tra scena e azione.
Spesso l’azione viene sceneggiata ma può anche essere narrata per sommi capi, in forma cioè di sommario come fa Guareschi nel suo incipit o io nell’esempio italiano.
Vorrei far notare però come nell’esempio “italiano” che ho fatto io, l’azione non sia descrittiva del personaggio. La Marcellina nel rispondere allo sconosciuto non fa nulla che la identifichi, se non mostrare una generica gentilezza. Nell’altro esempio, quello che vorrebbe essere di scrittura anglosassone invece, tutto ciò che fa la vecchia descrive il suo carattere:
se ne frega che ilprete abbia freddo, brontola tra i denti, dò bastonate ad un’auto.
Altrettanto nel sommario con cui Guareschi inizia il suo Mondo piccolo, Don Camillo getta un drappo suol Crocefisso e urla in chiesa. Il personaggio in tal modo è descritto dall’azione.
9 novembre 2009 alle 02:31
Hai ragione su Guareschi!
Non è essere italiani che ti taglia le gambe presso il grande pubblico, ma non descrivere i personaggi attraverso l’azione. Ecco l’incipit di Don Camillo (Mondo Piccolo):
“Don Camillo era uno di quei tipi che non hanno peli sulla lingua e, la volta che in paese era successo un sudicio pasticcio nel quale erano immischiati vecchi possidenti e ragazze, don Camillo durante la messa aveva cominciato un discorsetto generico e ammodino, poi a un bel momento, scorgendo proprio in prima fila uno degli scostumati, gli erano scappati i cavalli e, interrotto il suo dire, aveva gettato un drappo sulla testa di Gesù crocifisso dell’altar maggiore perché non sentisse e, piantandosi i pugni sui fianchi, aveva finito il discorso a modo suo, e tanto era tonante la voce che usciva dalla bocca di quell’omaccione, e tanto grosse le diceva, che il soffitto della chiesetta tremava.”
In tutto questo pezzo ciò che apprendiamo di don Camillo lo apprendiamo da ciò che ha fatto durante un certo episodio. Le descrizioni statiche si limitano a: non aveva peli sulla lingua, voce tonante e omaccione.
8 novembre 2009 alle 18:57
Non so… Guareschi spesso cade nel fantastico senza cadere nello stile “internazionale”. E all’estero è amatissimo.
8 novembre 2009 alle 18:07
Sì, come ho detto anche a… un ragazzo dal nome impossibile qua sotto :-), l’approccio italiano va benissimo per chi ha ambizioni letterarie. Per la narrativa di consumo, o ferroviaria, o da ombrellone, o popolare che dir si voglia, lo standard internazionale è irrinunciabile :-)
8 novembre 2009 alle 11:23
Grazie, adesso ho capito. Non volevi scrivere in due modi diversi la stessa identica situazione, ma volevi mostrare il diverso approccio a un evento centrale (l’uomo in macchina e l’aggressione alla vecchietta) e come cambiano i particolari “di contorno” a seconda dell’approccio.
Sì, adesso mi è tutto più chiaro. Le tue sono considerazioni molte interessanti.
Mi permetto di farti un’altra domanda. Pensi che l’approccio italiano sia da scartare a priori? Oppure ha la sua validità, ma non è adatto alla narrativa di genere?
7 novembre 2009 alle 23:12
Sì Lisse, mi ero fatta la tua stessa domanda. Il fatto è che non sono in grado di fare esercizi di stile alla Queneau, io devo partire da un lavoro interiore per scrivere in modi diversi. Il che è poi il succo di ciò che suggerisco. Una cosa per volta. Dicevo che per scrivere all’anglosassone bisogna ispirarsi a personaggi già appartenenti alla narrazione (filmica, letteraria, etc) mentre se l’italiano scrive della vicina di casa scrive in modo molto “italiano” appunto. (questo per compensare dicevo, un deficit di sguardo)
Nel primo esempio ho pensato alla mia vicina di casa. Nel secondo a Tina Pica, nel personaggio che era solito interpretare nei film degli anni ’50. Sono due vecchiette in situazioni simili ma ovviamente hanno personalità diverse. Il fatto è che non mi è venuto in mente alcun personaggio letterario o cinematografico che assomigliasse alla mia vicina di casa :-). Se avessi conosciuto personalmente una tizia come Tina Pica, avrei potuto fare due esempi più paralleli :-)
Se poi mi dici che gli eventi non sono esattamente gli stessi, questo invece ti dimostra come se il personaggio deve definirsi attraverso l’azione, gli eventi che gli accadono sono diversi e di più.
7 novembre 2009 alle 19:03
scusami folgorata, mi interessano molto le tue osservazioni, ma potresti spiegarmi meglio l’esempio di qualche commento fa? Quello con la sig.ra Marcellina in due versioni?
Ho qualche dubbio perchè a me i due esempi sembrano non due stili diversi di una stessa descrizione, mi sembrano proprio due brani diversi, anche Marcellina sembra avere una carttere differente da un brano all’altro. In poche parole, mi sembra che i due brani vogliano comunicare cose diverse e quindi non riesco a cogliere le differenze di stili o modi di descrivere che tu volevi evidenziare.
Ti ringrazio in anticipo per i chiarimenti che vorrai darmi.
7 novembre 2009 alle 18:24
Ecco un’altro espediente, per mostrare invece di dire. Allenarsi eliminando gli aggettivi.
Mi è capitato or ora correggendo un manoscritto:
Anna cercò disperatamente di mantenere un’espressione controllata. Ma non ci riuscì, la bocca di atteggiò in una smorfia afflitta.”
Se noi ci sforziamo di eliminare l’aggettivo “afflitta” siamo costretti a descrivere quello che succede:
“Anna cercò disperatamente di mantenere un’espressione controllata. Ma non ci riuscì, e gli angoli della bocca si piegarono vistosamente verso il basso.”
3 novembre 2009 alle 22:34
tra discoso indiretto e indiretto.
tra discorso indiretto e diretto
3 novembre 2009 alle 22:33
In realtà la descrizione dell’aspetto, l’aggettivazione mostrano: sono cose concrete, così come l’azione. La tua differenza tra “chiese dov’era il parroco” e «dov’è il parroco» è una differenza tra discoso indiretto e indiretto. In entrambi i casi c’è azione. La differenza grossa è che nell’esempio inglese, non c’è neppure una descrizione fisica. Entrambi gli esempi fatti mostravano invece che dire ma in modo diverso. Nel primo esempio attraverso elementi statici (l’espressione e la postura della donna). Nel secondo attraverso l’azione.
Bisogna tenere conto inoltre della differenza tra sommari e scene. la narrazione del primo esempio era sommarizzata.
3 novembre 2009 alle 15:29
Evangeline non ha detto niente perché non voleva rischiare di ripetere qualcosa di trito e ritrito… A me sembra che la differenza sia sempre lì, nello “show, don’t tell”. Un dialogo che mostra le peculiarità di un personaggio è più piacevole di una descrizione nuda e cruda, al di là della mentalità. La scelta di cosa evidenziare è dello scrittore, e si può essere italiani, inglesi, giapponesi o brasiliani, ma invece di scrivere che Tizia aveva gli occhi penetranti e che cercava il parroco, si può scrivere tipo: “Si può sapere dov’è il parroco?” urlò Tizia. Mi inchiodò con lo sguardo, facendomi rabbrividire.
Faccio passare gli stessi concetti, con la differenza che nel secondo esempio calco sull’azione e non sul concetto in sé.
Scusate l’esempio riduttivo, ma a me la differenza sembra sempre quella della “solita regoletta”. Semplicemente non volevo ripetere qualcosa di già detto. :)
3 novembre 2009 alle 14:54
Ed EVANGELINE?
Non dice niente? :-)
Vabb… mi diffondo.
Il problema è il seguente, gli inglesi valutano le persone in base a ciò che fanno, con distanza emotiva; gli italiani cercano di cogliere l’anima delle persone che incontrano leggendo le emozioni che manifestano. È proprio un cambio di mentalità che sarebbe necessario. Ecco perchè avevo parlato di immaginarsi Tina Pica. Fare riferimento ad un personaggio già codificato e fortemente connotato da atteggiamenti, può ovviare questo deficit di sguardo che è proprio della nostra cultura.
3 novembre 2009 alle 00:39
No Acarnil, solo nella narrativa di genere!
Se parliamo di letteratura, la sperimentazione e personalità dello stile si incarnano nella veicolazione di contenuti innovativi, chiarificatori per la collettività!
Lo stile anglosassone è però fondamentale per il libro di genere. Devo aggiungere che per noi italiani adottare lo stile di scrittura degli americani e degli inglesi è veramente difficile e su quella strada è quasi impossibile avvicinarsi a una Rowling, a una Hayer che appunto sono inglesi veramente! :-)
Lo si può vedere anche dai miei esempi: l’esempio italiano è più bello, per me scrivere all’inglese è difficilissimo.
Tuttavia.
Se vogliamo che le nostre storie viaggino, vengano lette e appassionino, dobbiamo fare lo sforzo di dare la preminenza all’azione.
2 novembre 2009 alle 23:24
Ehi ehi, ci sono! Non sono sempre on line ^^”””
Ok, grazie degli esempi, ora sono sicuro di aver compreso. In effetti, leggendo il pezzo “italiano”, mi è parso di tornare a Pavese, Silone e compagnia cantante.
Tu, da editor, ritieni sempre migliore lo stile anglosassone? O solo in narrativa di genere?
2 novembre 2009 alle 17:52
Beh vedo che i miei esempi malgrado li abbiate sollecitati non stimolano considerazioni. Se volete parliamo di “dominante emotiva” :-)
1 novembre 2009 alle 15:13
Riffo l’esempio anglosassone, deve essere ancora più asciutto:
“Che il parroco dicesse quello che voleva. Non sentiva quel puzzo? Con tutta la forza Marcellina Bisi spalancò prima una poi l’altra anta del portone principale della pieve di Tomezzo.
«Aria pura!»
«Ci saranno tre gradi sotto zero» rabbrividì il parroco.
«Poche storie, a stare chiusi ci si ammala» ringhiò la signora Marcellina e si avviò per la discesa.
«Aspetti signora, l’accompagno io» disse il prete con un tintinnio di chiavi nella tonaca.
«Sciocchezze» il bastone picchiò sul sagrato e la signora Marcellina si mise in marcia. Credevano che ormai lei fosse fuori gioco.
«È notte, è inverno, c’è ghiaccio… l’età…» supplicò l’eco del parroco.
«Roba da spaventare i rammolliti!» brontolò l’anziana con rabbia. Erano tutti convinti che fosse una povera vecchia indifesa! Ah ma li avrebbe sotterrati tutti. E svoltò per la prima curva; al ché, una luce trapanò la nebbiolina. Un pungolo d’ansia alla gola: o era la cataratta? No, era nebbia e quelli erano i fari di un’auto. A quell’ora? La sagoma dell’auto rallentò. Doveva essere Gigi, il nipote. Nipote poi, si poteva chiamare così? Non l’aveva accompagnata in chiesa e lei aveva dovuto andarci a piedi; lei, povera vecchia! Alla sua età!
L’auto si era quasi arrestata del tutto, quando il bastone si abbatté sul cofano. Il boato fu attutito dalla nebbia e dagli abeti.
Per un istante tuttavia il silenzio che seguì, parve assordante.
L’unica a non udirlo fu la signora Marcellina che si protese verso la portiera agitando il bastone.
Un cigolio, e un’ombra molto più alta e larga del nipote si erse fuori dall’auto.
I denti della signora Marcellina presero a stridere di rabbia e le congiuntive a pungere di pianto. Chi era quello? che voleva? Un lamentio le si levò dalla gola. Perché l’ombra si avvicinava con i pugni serrati? perché aveva abbassato la fronte e la guardava sotto le sopracciglia. Perché le aveva afferrato il bastone e lo aveva gettato nei cespugli. A lei? Povera vecchia?”…
1 novembre 2009 alle 02:34
Pensavo di averli già fatti gli esempi, comunque, vabbeh, mi produco:
Esempio italiano.
“Gli occhi della Marcellina erano straordinariamente vividi rispetto all’età. Neri, lucidi e mobili come gatti dal pelo bigio in una notte di luna. Le rughe riuscivano a mala pena a trattenerli nelle orbite come in una rete. La voce, anche quella, era simile a quella dei gatti. Un miagolio stridulo che faceva simpatia e che recitava la vecchiettitudine a bella posta. Ad uso e consumo del plauso corale del paese. Camminando, tentennando giù per l’erta dalla chiesa, la testa china come sotto il peso delle generazioni, tutto si sarebbe attesa la Marcellina fuorché d’essere avvicinata da un’auto sconosciuta. Non a quell’ora, non nel nero dell’inverno che in montagna non si avventura nessuno. Che cosa buon uomo? Vuole il parroco, non c’è. Non dorme qua, sta nel paese vicino, vede.
E quello a sventolare non so che carte e a sbatterle sul volante. Finché un cigolio la avvertì che la portiera si apriva e un colosso d’uomo ne barcollava fuori. Sbraitava. In che lingua sconosciuta?
I gatti della Marcellina miagolavano striduli e guizzavano più prigionieri che mai negli occhi troppo piccoli e stanchi. Piegata, il peso delle generazioni, quel tentennare: tutto inutile. Calatale la manona su una spalla, la Marcellina si trovò riversa sul ciglio tra l’erba bagnata.”….
Esempio angolosassone.
“Che il parroco dicesse quello che voleva. Non sentiva quel puzzo? Con tutta la forza del corpo esile e tentennante Marcellina Bisi spalancò prima una poi l’altra anta del portone principale della pieve di Tomezzo.
«Aria pura!»
«Ci saranno tre gradi sotto zero» rabbrividì il parroco.
«Poche storie, a stare chiusi ci si ammala» brontolò burbera la signora Marcellina e si avviò per la discesa.
«Aspetti signora, l’accompagno io» disse il prete con un tintinnio di chiavi nella tonaca.
«Sciocchezze» il bastone picchiò deciso sul sagrato e la signora Marcellina si mise in marcia. Credevano che ormai lei fosse fuori gioco.
«È notte, è inverno, c’è ghiaccio… l’età…» supplicò la voce ormai lontana del parroco.
«Roba da spaventare i rammolliti!» brontolò l’anziana con voce rabbiosa. Erano tutti convinti che fosse una povera vecchia indifesa! Ah ma li avrebbe sotterrati tutti. E svoltò per la prima curva; al ché, una luce trapanò la nebbiolina. Un pungolo d’ansia alla gola: o era la cataratta? No, era nebbia e quelli erano i fari di un’auto. A quell’ora? La sagoma dell’auto rallentò. Doveva essere Gigi, il nipote. Nipote poi, si poteva chiamare così? Non l’aveva accompagnata e in chiesa aveva dovuto andarci a piedi, lei, povera vecchia! Alla sua età!
L’auto si era quasi arrestata del tutto, quando un colpo di bastone si abbatté sul cofano. Il boato fu attutito dalla nebbia e dagli abeti.
Per un istante tuttavia il silenzio che seguì, parve assordante.
L’unica a non udirlo era la signora Marcellina che si protese verso la portiera agitando il bastone.
Un cigolio, e un’ombra molto più alta e larga del nipote si erse fuori dall’auto.
I denti della signora Marcellina presero a stridere di rabbia e le congiuntive a pungere di pianto. Chi era quello? che voleva? Un lamentio le si levò dalla gola. Perché l’ombra si avvicinava con i pugni serrati? perché aveva abbassato la fronte e la guardava sotto le sopracciglia. Perché le aveva afferrato il bastone e lo aveva gettato nei cespugli. A lei? Povera vecchia?”…
31 ottobre 2009 alle 18:36
@Folgorata.
Credo di capire cosa intendi dire, ma due esempi di stile “anglosassone” e “italiano” sarebbero i benvenuti.
31 ottobre 2009 alle 01:56
Il discorso che farò, rispondendo all’invito, va circoscritto al romanzo di genere, alla narrativa di consumo.
Immaginiamo di voler descrivere all’anglosassone il paradosso di una settantenne violentata da un giovanotto rumeno.
Lo scrittore italiano istintivamente, pensa alla vecchietta di sua conoscenza e, con la scrittura cerca di fotografarne lo sguardo, l’andatura, la parlata, il modo di vestire per rendere l’idea della vecchietta di paese.
Lo scrittore anglosassone invece, nei panni dell’autore italiano, pensa a Tina Pica e si immagina che cosa farebbe, la veliarda di tanti film con totò e De Sica, nel proprio paesino. La vede imporre al prete di mangiare spinaci, di tenere aperta la porta della chiesa per cambiare aria malgrado ci siano 10 gradi sotto zero. La vede marciare a piedi verso casa e prendere a bastonate l’auto del nipote che non si è fermato a darle un passaggio.
Se interessa mi posso diffondere ulteriormente :-)
30 ottobre 2009 alle 15:09
@folgorata. BAM!
:) Scherzi a parte, sono davvero interessata a sentire i tuoi esempi. Gli esempi pratici valgono più della teoria, a mio avviso. :)
30 ottobre 2009 alle 00:50
Quando ho letto di editor che vanno a funghi mi sono sentita provocata. Cacchio, oggi ho raccolto coprini comati, due giorni fa Hygroporus Poenarium e Cortinarius Praestans… Non sto scherzando, faccio veramente l’editor(e), vado a funghi e pubblico fantasy. Per lo meno mi sono lanciata con i primi due libri di questo genere letterario per la mia casa editrice. Sono usciti venti giorni fa. In effetti ci sono un sacco di refusi, sopratutto in uno dei due. Ma non per via dei funghi! Scagioniamoli.
I carpofori non hanno colpa anche se i coprini consumati insieme agli alcolici provocano allucinazioni, il che spiegherebbe come mi sia saltato in mente non solo di pubblicare due fantasy vampireschi ma anche di scriverne uno! Povero editor! Mi faccio pena da sola :-(. Da febbraio ad oggi, ho steso un romanzo di 400 pagine, ho curato l’editing letterario di un’altro di quattrocento pagine, degli stessi fantasy ho curato impaginazione, copertina, promozione, distribuzione, realizzazione di materiali a corredo come video trailer, audio-incipit, comunicati stampa. Ho impaginato e curato la pubblicazione di altri svariati tomi.
I funghi non c’entrano, è colpa dei fichi secchi con cui da sempre cerchiamo di fare le nozze in questo nostro Paese. L’ennesima sfida: editoria pezzente, soliti monopolisti giganti che la schiacciano, il sogno di inventare qualcosa di bello a tartassarti la notte… Oh, ogni tanto qualcuno ci riesce, la chiamano inventiva italiana.
Le osservazioni di Gamberetta, sull’indisponibilità del mondo fantasy italiano ad accettare le regole letterarie del genere, sono molto giuste. Al suo discorso sui dettagli, aggiungerei la citazione di Fernanda Pivano che lamentava come gli autori italiani non avessero mai appreso la lezione del romanzo anglosassone: “il personaggio è azione”.
Se qualcuno desidera sapere con qualche esempio, in che cosa si traduca, secondo me, sto fatto che il personaggio è azione, batta un colpo.
6 settembre 2009 alle 21:22
sono capitato per caso su questo blog, ma ora l’ho registrato tra quelli da guardare con sistematicità.
Non sono uno scrittore, nemmeno aspirante tale, ma sono un lettore critico a cui piace criticare, e leggo fantascienza e fantasy da quando ero ragazzo, il che significa moltissimi decenni fa.
Sulla qualità del Fantasy italiano concordo completamente con gamberetta, difficilmente ho trovato qualcosa che superasse la sufficienza, anche tra gli autori molto pompati da questo o quell’editore.
D’altra parte se gli editor sono del calibro del perissi letto qui, mi spiego tutto.
A parte le critiche agli autori italiani, dove c’è anche qualcuno da salvare, nella speranza che possa maturare bene, poichè anche autori stranieri, e specialmente autrici australiane, hanno esordito in modo a mio parere molto patetico, voglio esporre solo un parere semplice che vale quello che vale sulla tecnica SDT, che ritengo debba essere la base di un racconto essenziale, ma che a volte tende anche a prendere la mano.
Mi riferisco ad alcune opere che sembrano trasposizioni di giochi di ruolo, e che riportano sulla carta l’eccesso di rapidità e di predominanza della visione sul ragionamento che è tipico dei giochi elettronici.
Io vedo sempre più avanzare una tendenza del genere, che apprezzo molto poco. Ho avuto occasione di leggere praticamente contemporaneamente due racconti pubblicati da DelorsBook, uno di una autrice italiana e uno di una autrice americana, e la differenza di qualità era violentissimo, anche per l’uso, per me ecessivo, da parte dell’autrice italiana della visualizzazione dell’azione ma nei limiti dei giochi, con schematizzazione eccessiva e linguaggio troppo stringato.
Avrei tante cose da dire su questo e altri argomenti affrontati su questo blog, ma per ora credo che basti.
20 agosto 2009 alle 12:47
p.s Ho dimenticato di scriverlo nell’altro commento scusami -.-
Ti ho chiesto queste cose perchè, ad esempio, Twilight (romanzo pessssssimo) descrive ogni movimento della protagonista. Ogni suo gesto… ed è pesante.
20 agosto 2009 alle 12:46
appunto ;)
Anche io ho descritto una parte dove il mio protagonista mangia, ma perchè c’è tutta una riflessione dietro che serve a far intuire delle cose della sua personalità.
XD ho capito, amplierò delle parti. I tuoi consigli sono molto utili.
20 agosto 2009 alle 12:37
@eLLe.
Dipende. Se questo è solo un momento di passaggio senza importanza per la storia lo puoi lasciare così (però a questo punto puoi pure riprendere direttamente con la protagonista in camera, il lettore può immaginare da solo che è entrata in casa o ha salutato la mamma). Metti però che la protagonista quel giorno non sia andata a scuola, ma abbia impiegato il tempo per ammazzare qualcuno.
Adesso le solite battute, «Ciao», «Com’è andata?», ecc. non sono più così insignificanti e andrebbero mostrate.
Perché no? Se la scena ha importanza nella storia, si mostra anche quello. Per esempio leggi il seguente brano tratto da Il Talento del Dolore di Andrew Miller (tagliato moltissimo – l’intera scena dura tre pagine):
20 agosto 2009 alle 12:02
Ma che dici XD dio santo…. il romanzo deve avere: “il vero per soggetto, l’utile per iscopo e l’interessante per mezzo”. Non se ricordate che lui si era schierato proprio contro il proliferare di quei romanzetti con trame improbabili, personaggi che spuntavano dal nulla, regni fantastici, cavalieri e dame ecc… ecco quella era cattiva letteratura____ e salvo qualche eccezione, anche ora è cattiva letteratura. Tipo a me è piaciuto le Nebbie di Avalon perchè mantiene una parvenza reale, ha uno sfondo storico ben definito, tratta di argomenti importanti (il passaggio dal paganesimo al cristianesimo) e non ci sono eccessivi elementi fantasy da manga.
Ora voglio fare una domanda a Gamberetta, da quello che hai scritto viene fuori che devi descrivere e non raccontare… su questo ci siamo… però ci sono delle parti che secondo me sono inutili tipo:
Tornai a casa e salutai mia madre, mi chiese come era andata a scuola. Le dissi un tutto bene annoiato e mi rinchiusi in camera.
Non bisogna mica descrivere come la madre lo ha salutato, cosa gli ha detto, come gliel’ha detto (con i dialoghi tipo: «amore come è andata a scuola?»)
XD aspetto risposta.
Sai credo che le copertine disegnate stile manga facciano la loro parte…. nel senso che io un libro con una copertina disegnata raramente lo prenderei. A me piacciono i manga ma un romanzo non deve essere un manga, per me. Qualche elemento ci può anche essere…. ma sono due cose diverse. Due arti diverse.
Dipende sempre dalla parte che si sta raccontando… se il mio personaggio va al bagno non mi metto a dire: alzò la tavoletta, si sedette, prese la carta igienica…
XD
29 luglio 2009 alle 22:05
Forse la cosa che alla fin fine mi urta di più, non è solo quanto sia stronzo Pantera, ma come tutto gli debba andare giusto, perché lui è il protagonista, dunque è figo. Per certi versi, in “Antracite” lui galleggia tra una parte e l’altra, come (il personaggio interpretato da) Toshiro Mifune in “La sfida del samurai”, ma c’è un abisso tra i due…
29 luglio 2009 alle 20:23
Bhè, a Evangelisti piace usare delle teste di cazzo come protagonisti, Eymerich come personaggio è molto interessante, ma che sia una testa di cazzo nessuno lo mette in dubbio
29 luglio 2009 alle 19:40
Evangelisti! Io stesso ero interessato a conoscere il parere della Gamby su quello che probabilmente è uno dei veterani italiani del genere.
Ho letto il secondo (credo) libro del ciclo del Metallo Urlante, “Antracite”. Il protagonista mi sta troppo sui marroni per riuscire ad apprezzare fino in fondo il romanzo, che comunque è leggibile.
29 luglio 2009 alle 18:30
Ho letto soltanto qualche mese fa il primo libro di Evangelisti su Eymerich, ma non mi è piaciuto abbastanza da continuare la lettura dei successivi volumi. Lo ritengo scritto abbastanza bene, ma non mi ha proprio catturato la trama. E’, come molti autori decenti, sopravvalutato.
29 luglio 2009 alle 18:08
@Uriele.
Non do giudizi. Avevo letto i primi due romanzi di Eymerich molto tempo fa, e li ricordo con piacere. Tuttavia ho paura che all’epoca io fossi un po’ troppo ingenua. Quando qualche mese fa ho provato a leggere Tortuga, l’ultimo romanzo di Evangelisti, sono rimasta sorpresa in negativo dalla qualità della scrittura. Dunque dovrei rileggerlo Eymerich per esprimere un parere sensato.
29 luglio 2009 alle 17:54
Posso fare una domanda tornando sulla narrativa fantastica (o semi) italiana. Che giudizio dai alla saga di Eymerich (i primi volumi non il mediocre La cintura di Orione) e del Metallo Urlante?
6 maggio 2009 alle 18:30
Immagino che “perissi”, stia per Perissinotto. Credo frequentassi anche tu FM, se non erro…
Il senso del mio discorso, esulando Sergio Leone, del quale ho la massima stima, è che ciascuno ha la propria sensibilità e i propri strumenti per giudicare. Per quanto mi riguarda Spartacus non è un capolavoro, come non lo è Ben Hur, poi posso sicuramente accettare chi mi taccerà di ignoranza cinematografica. Pubblicità progresso: sul med fantasy c’è un recentissimo articolo su Terre di Confine. Vi invito a leggerlo :-)
4 maggio 2009 alle 21:23
x chi lo voleva sapere: la fiera del libro di Torino è tra due settimane.
23 aprile 2009 alle 23:24
Ho seguito tutta la discussione e, pur essendo inizialmente d’accordo con certe affermazioni di Perissi, sono francamente rimasta allibita da certe sue uscite, specie le ultime contro Angra (non sono un’amante del genere che affronti, ma il mondo è bello perchè vario).
21 aprile 2009 alle 16:27
Perissi avrà letto del fantasy italiano visto come lo tiene in considerazione :)
Poteva dirlo subito che era qui per farsi pubblicità e spammare allegramente, evidentemente però non è il suo mestiere, (lui è un grande curatore) perchè è risultato solamente saccente e antipatico, io di sicuro non leggerò niente di quello che consiglia, giusto per antipatia.
21 aprile 2009 alle 00:24
@perissi:
Madonna mia, sei proprio un bambino…
Vedi, io ti detesto perché parlare con te mi toglie qualsiasi speranza di un futuro migliore per la razza umana. Antifascista da generazioni come sono, ti detesto perché la tua esistenza mi costringe a rassegnarmi di fronte all’evidenza della necessità di un feroce programma di eugenetica. A meno che tu non sia uno scherzo, come comincio a sospettare.
Io invece no ^_^
@Diarista incostante
QUI! ^_^
20 aprile 2009 alle 22:58
@ perissi:
L’ultimo intervento è stato di cattivo gusto.
http://www.gapingvoid.com/mediocrity%200905.gif
Buona lettura.
20 aprile 2009 alle 21:03
Con questa frase
e questo spot
abbiamo raschiato il fondo del barile dei gamberi marci. Passo.
@Angra
Adesso sono curiosa. Dove lo trovo qualcosa di tuo da leggere?
20 aprile 2009 alle 20:42
Sei per caso parente della giornalista che ha detto che il fantasy è roba per imbecilli (tanto per fare una sintesi di quel pensiero/articolo)?
Ma se il fantasy non ti piace, cosa ci fai qui? Allora è proprio vero che sei approdato qui solo per fare pubblicità a quello che fai/scrivi/disegni, cosa che qui nessuno aveva fatto (tranne qualche autore piccato per qualche critica).
Se nei miei precedenti interventi sono stata gentile, in questo non lo sono di certo, perché stai occupando spazio a quelli a cui interessa discutere veramente questo (e non solo) articolo di Gamberetta.
Ah, senza contare che stai facendo la figura del bue che dà del cornuto all’asino, continuando a dire che Angra e altri sono arroganti, quando io l’ho vista solo dalla tua parte.
Ah(2), direi che fantasy e fantastico sono due cose un po’ diverse, ma tanto chi sono io per dire una cosa del genere? Non ho mai partecipato a qualche concorso veramente importante (anche se ne ho già scovato qualcuno di interessante a cui partecipare), non ho mai pubblicato a livello internazionale e non sono nessuno, quindi non ho il diritto di dire la mia, vero?
E ancora una volta mi scuso per essere andata OT.
20 aprile 2009 alle 20:32
P.s: avevo perso la “l” di leggerai, fortuna che l’ho ritrovata!
Citazione troppa colta per voi, lo so, ma ci provo lo stesso… un po’ di fiducia nel prossimo non guasta mai.
20 aprile 2009 alle 20:23
x Angra: mi spiace reiterare ancora una volta “ultimo intervento”, ma l’occasione che il tuo commento mi fornisce è troppo ghiotta. X Comics è una rivista di fumetti porno, sorella della più erotica ed autoriale Blue. Nulla contro, ma non ci vuole una cima per scrivere di gente che tromba.
Il concorso 500 gocce di inchiostro è riservato a racconti inediti e non a pubblicazioni professionali.
Io, perdonami, ma parlavo di ben altri premi. Sai com’è, anche a me è capitato alle elementari di vincere la medaglietta del concorso di pittura di Topolino.
L’enciclopedia del fumetto, se ti riferisci a quella edita da Coniglio, alla cui stesura e ricerca sto collaborando(inutile dire che quando eggerai il mio profilo te ne fregherà eccome!), non è ancora uscita, e comunque ci saranno tutti, ma proprio tutti, quelli che nella loro vita hanno pubblicato un fumetto, anche nelle fanzines! Per questo ripeto -come un mantra- i miei SPAM: “La Sete”, Napoli, Bologna, Piacenza, Torino(se ci sarà), Pordenone, Treviso, Lucca… Mi spiace(anzi no, per niente), ma mai come in questo caso -e non me ne frega nulla di misurare chi ce l’ha più lungo- è la qualità a fare la differenza e ad inquadrarti per il frustrato pallone gonfiato che sei. Se avremo mai l’occasione di incontrarci, magari in uno dei succitati luoghi, sarò felicissimo di ripetere la mia opinione nei tuoi confronti guardandoti negli occhi. Non temere, sono per l’uso della favella e assolutamente contrario ad ogni forma di violenza fisica, per cui la mia non è una minaccia, bensì un ulteriore invito al “confronto”.
Sono contento di essere esasperante, all’interno di un blog che fa dell’esasperazione il proprio stile, io ne esco comunque come un elegantone!
Ora però basta sul serio, voglio iniziare a leggere il mio libro da viaggio:
“Una spina nel cuore” di Piero Chiara, non è uno spam, ma un invito alla lettura di qualcosa di un attimino più elevato del fantasy e dei fumetti porno.
20 aprile 2009 alle 18:58
@ Angra:
Non esasperarti :p. E’ utile affrontare le discussioni dal giusto punto di vista, senza star li ad angustiarsi.
Per solidarietà vengo nella fogna con te.
Dato che ormai tutti hanno tirato fuori le referenze lo faccio anch’io.
Ebbene sono Joseph Ratziger!
Anch’io seguo il fantasy italiano!
(ma non ditelo in giro, è un segreto)
20 aprile 2009 alle 18:52
@ perissi:
Sull’effetto di questi blog che si ‘permettono’ di giudicare i prodotti e sul loro conseguenze sul mercato ne parla Seth Godin in vari libri.
E Gamberetta e il leader nel settore fantasy :).
Lo sai anche tu visto che sei venuto qua a auto-sponsorizzarti :p.
Grazie del gentilissimo… ma con il tuo ultimo messaggio pubblicità-spam siamo finiti nel ridicolo…
20 aprile 2009 alle 18:37
@perissi:
Sei esasperante.
Ho vinto il concorso di sceneggiatura XComics 2005 bandito proprio da Coniglio Editore, e da allora pubblico regolarmente tutti i mesi sulla sua rivista. Sono alla mia quarta serie a fumetti su XComics, ho pubblicato in Olanda per Playhouse Comix e sono sull’Enciclopedia del Fumetto. Ho vinto il terzo premio a 500 gocce d’inchiostro e altre cosette. Fosse per mi ci metterei anche un bel echissenefrega?, ma visto che continui a menarlo a sangue coi millantati premi…
Direi che siamo abbondantemente oltre i confini de La fogna dei commenti, per cui posso solo rinnovarti l’invito di andare a discutere di letteratura con Sergio Rocca, che sarà lì tutto preoccupato perché è spuntato un contendente del tuo calibro al suo primato.
20 aprile 2009 alle 17:47
p.s: il contenuto? Comprate “LA SETE” da Maggio in tutte le librerie!
20 aprile 2009 alle 17:44
Veramente ultimo intervento (ho chiuso le valige e sto per chiamare il taxi).
x Angra: non amo discutere di fantasy, ma di letteratura tout court. Se voglio discutere di “fantastico”, termine che trovo più ampio e interessante, lo faccio direttamente con gli autori conclamati, non coi millantatori(mi riferisco ai tuoi premi).
Ah, un’ ultima cosa, ‘stavolta per il gentilissimo Doc Jack: gli editori dovrebbero fare i conti con le capacità critiche di Gamberetta? Era una battuta vero? Gli editori non tengono conto neppure delle recensioni dei critici professionisti, figuriamoci di una solerte castigamatti di un blog, di fantasy per giunta!
20 aprile 2009 alle 17:42
@ perissi:
Dal mio punto di vista è giusto difendere le proprie idee.
Ma non riesci a difenderle se l’unica cosa su cui punti è dimostrare di essere qualcuno (se vuoi negarlo di nuovo fa pure :p, ma è dall’inizio che ci dici di essere ‘qualcuno’, che conosci ‘qualcuno’ che fai ‘qualcosa di importante’, alludi perfino al fatto che ‘sei così importante da non poterci dedicare più tempo’).
Il mondo moderno (ma io soprattutto :)) vuole contenuti. E li vuole in fretta.
Se fai pubblicità a te stesso senza dare nulla in cambio sei SPAM ambulante.
Pensavi di fare cosa gradita intervenendo in questo forum… beh… qua continuiamo ad attendere il contenuto. Io non sto fingendo, sono sinceramente interessato ad ascoltarti, così tanto che intervengo di nuovo anche se continui ad abusare del mio tempo facendo pubblicità a te stesso e ai tuoi eventi… a volte perfino esplicitamente.
Hai alluso che qui qualcuno (senza specificare chi) manipola e fraintende. Bene, siamo già ad un passo avanti. Ora sii chiaro, dicci ‘chi’ e ‘dove’.
Nessuno vuole costringerti a rispondere a comando. Ma mettere pulci nell’orecchio senza poi dire nulla è un comportamento che tutti sappiamo giudicare.
Se ti piace fingerti vittima fa pure… ma saresti scorretto, qua c’è gente che vuole sentire cosa hai da dire.
20 aprile 2009 alle 16:54
@perissi:
ti consiglio di andare a discutere di fantasy qui:
http://fantasyancess.splinder.com/
dove potrai trovare di sicuro una migliore affinità con il tuo livello intellettuale.
20 aprile 2009 alle 14:16
Ultimo mio intervento (anche perchè da domani sono in tour promozionale).
xDiarista incostante: non devo rispondere a comando, come io non lo pretendo da voi. Elencare brani fuori dal loro contesto, non è nel mio stile, semmai è lo stile di questo blog. Anzi, trovo sempre fuorviante questa “tecnica”, i brani decontestualizzati, infatti, sono facilmente manipolabili e fraintendibili. Sarò anche saccente, ma non mi sognerei mai di dire ad un autore che il suo stile è un troiaio e le sue opere delle porcate(so che non lo hai detto tu, il mio è solo un esempio della “modestia” dei numi tutelari di questo blog). Quindi, spiacente, ma non ho niente da rimproverarmi, se non di averti spiegato -bontà mia- il compito di un editor, in quanto le tue idee in proposito erano(spero non lo siano più, perchè altrimenti saresti di coccio) puro nonsense.
20 aprile 2009 alle 10:34
@Diarista incostante: non so, io continuo a non avere quell’impressione.
Poi non volevo fare di tutta l’erba un fascio, per carità, ma un discorso di carattere generale.
20 aprile 2009 alle 10:01
@perissi
Scusa, ma non è vero.
Se la tua intenzione fosse stata quella sopra citata, ti saresti sforzato di portare brani, titoli e qualche nome in più rispetto a Moorcock. Avresti argomentato. Io ti ho chiesto di farlo in più occasioni, e alla fine gliel’ho data su. Invece se torni indietro a rileggere i tuoi interventi noterai che i toni sono di una saccenza fastidiosa, e i contenuti rasentano il “è così perchè è così, dovete accettarlo perchè io lo so”. Che magari potrebbe anche essere vero, ma tu non ti degni di provarlo quindi non lo sapremo mai.
Non sei Dio, i tuoi post non sono la Bibbia. Non sono tenuta a crederti per fede. Voglio uno straccio di prova a sostegno dei tuoi argomenti. E non mi dire “io ci lavoro”. Io invece no, quindi cose per te scontate per me non lo sono, e mi servono nomi, titoli, autori, brani.
Ma siccome non sei un juke box possiamo scordarci tutto questo. E non lo scrivo da disfattista, riprendo una tua risposta a una mia richiesta.
@Diego
Scusa, ma qui c’è anche gente che si ricrede spesso e volentieri. Per piacere non facciamo di tutta l’erba un fascio. Se una discussione a tuo avviso degenera e hai piacere di parlare in altri toni con qualcuno in particolare, fallo. Niente e nessuno te l’impedisce, e magari ne viene fuori qualcosa di buono.
19 aprile 2009 alle 17:13
@perissi: a me dispiace che tu tolga il disturbo. Mi interessano i tuoi interventi, lo dico sinceramente. Se il tuo punto di vista è quello di un addetto ai lavori, mi interessa a maggior ragione. Capisco che i toni possano essere accesi (a dir poco, in certi casi) però converrai che se non altro su queste pagine ciascuno è libero di esprimere il suo parere, che sia l’opinione di un esperto o una ‘critica da bar’ come le chiami tu. E nessuno ti ha mai invitato a togliere il disturbo. Anzi. Quello che mi fa incazzare – e qui non parlo solo di te, ma di tutti – è questo arroccarsi tremendo sulle proprie posizioni. Avere un’opinione è sacrosanto, ma vigliacca miseria, mai uno che sia disposto a mollare la frizione e fare un po’ di marcia indietro. Si finisce sempre con il ‘Tu puoi dire quello che ti pare, tanto ho ragione io e non mi farai cambiare idea neanche tra mille anni’ che mi sembra solo una versione più articolata del bambino che si tappa le orecchie e grida ‘lalalalalala’. Finché non c’è quello che si scoccia e se ne va sbattendo la porta. E alla fine io che sto seguendo la discussione sono l’unico che ci perde. Ufff.
19 aprile 2009 alle 16:24
xDottor Jack e Diarista incostante: l’invito ai miei corsi era una battuta ironica. Come dire: se pagate per i manuali e i saggi, potete pagare pure i miei corsi(che tengo nella mia città, dai quali, che vi piaccia o no, sono usciti più professionisti che dal Giovane Holden). Non penso affatto che siate menti plagiabili, ma semplicemente che giungiate a conclusioni affrettate. Non mi riferisco alle recensioni, ma alle idee che, da quello che ho letto qui finora, molti di voi hanno di come funzionano le cose in editoria e su come si “dovrebbero” scrivere i romanzi. Recentemente, e scusatemi se parlo del mio personale, mi sono trovato a curare una trilogia antologica che comprendeva 120 autori di tutto l’occidente, da quelli famosissimi(cito soltanto Tiziano Sclavi, per rendere l’idea) a quelli meno famosi e di nicchia, trovandomi a che fare con l’ego di ognuno, dovendo discutere con loro di ogni minimo dettaglio… e via di cose che vi lascio immaginare. Questo solo per dirvi della complessità di un lavoro che è un lavoro, e non un hobby. “La sete”, invece, di autori ne ha 15, tutti italiani, alcuni probabilmente conosciuti anche da voi, come Gianfranco Nerozzi, Stefano Massaron, Dario Tonani, Paolo Di Orazio… Scrittori italiani del fantastico che, come quelli che qui leggo vengono definiti autori di porcate o dallo stile che è un troiaio(cito le vostre “elegantissime” fonti), tutti i giorni si confrontano con il mondo dell’editoria, fatto non solo di editor, ma di commissioni di lettura esterne ed interne, segreterie, redattori, capo redattori, editor, editing, proofreading… fino ad arrivare al giudizio -insindacabile- dei lettori. Ma quando i lettori sono anche aspiranti scrittori, o aspiranti critici, certi meccanismi dovrebbero conoscerli, e bene anche, senza lasciarsi andare a supposizioni senza alcun fondamento.
I manuali di scrittura… ma andiamo!
Poi, a me non interessa essere “qualcuno” o “nessuno” per voi, non cerco il vostro beneplacito per fare quello che faccio da sempre: lavorare in editoria.
La mia intenzione era solo quella di intervenire in un argomento che mi sta a cuore, e che conosco… Nell’illusione di fare cosa gradita in un blog che si occupa, o pretenderebbe di occuparsi, di letteratura e di editoria.
Detto questo, tolgo il disturbo.
19 aprile 2009 alle 15:40
Quoto Dr Jack. Perissi, data l’esperienza e il curriculum che ha indicato, potrebbe fare interventi interessanti. Non vedo l’utilità di continuare questa faida con Angra.
OT: Quando ho letto il nome Perissinotto, ho pensato “Cavoli, ma lo conosco!”. Poi mi son reso conto che l’autore di “Una piccola storia ignobile” di nome fa Alessandro. Vabbè.
18 aprile 2009 alle 22:14
@perissi:
Da quello che dici potresti effettivamente fare un intervento brillante, e io adoro gli interventi brillanti.
Non mi interessa chi conosci, quanti supporti hai e i tuoi titoli. O frasi fatte come “Chi sa fa…”
Sono frasi da politico.
A me interessano i contenuti.
Chiunque sa cosa significano le frasi: “Come amo spesso ripetere ai frettolosi: troppo comodo trovare sempre la pappa pronta.” o “pagami e vieni ai miei corsi”.
Non farmelo dire, sai anche tu cosa vogliono dire :).
Non voglio neanche sentirmi dire le boiate su “voi siete deboli mentalmente e vi fate plagiare”.
Gamberetta magari farà degli errori, ma ormai il suo valore come critica letteraria è una cosa conosciuta.
E le case editrici dovranno farci i conti.
Perissi, io non voglio arrecarti nessuna offesa, davvero. Anzi, voglio ascoltarti. Voglio sentirti parlare calmo e rilassato.
Voglio sentire un intervento brillante, con tanto di fonti e tutto il resto, come fa Gamberetta. Se me ne fai uno te ne sarò grato.
Se non me lo fai o se fingerai di non capirmi. Beh… per me non sarai più nessuno.
18 aprile 2009 alle 22:02
@Angra
Credo sia il caso di darci un taglio. Andare avanti non serve a nessuno.
Quando ha risposto che non era un juke box s’era capito che non ne aveva vogl… il tempo, adesso poi son già due volte che parla di “pappa fatta”, proponendo corsi suoi e a pagamento, se proprio vogliamo intravedere la luce alla fine del tunnel in cui trascorriamo le nostre vite inutili e frustrate. E noi che viviamo nei peggio quartieri delle peggiori città italiane (che i peggiori bar di Caracas ci fanno il solletico sotto i piedi), si sa che la vogl… che il tempo e il denaro non li teniamo.
Diciamo fine a questo toboga di squallore. Entro due giorni tornerà a ciani e pubblicazioni prestigiose in 20 paesi incluso Lilliput, convinto che siamo solo dei poveri coglioni. D’altronde è uno famoso, no? Ne ha il diritto. Voglio dire, Massimo Perissinotto, no pizza e fichi. Scusa.
Noi invece resteremo in torto, ovvero dell’opinione che è solo un pallone gonfiato. Le nostre vite andranno avanti separate. Amen. Mica ci si può sempre piacere a questo mondo.
18 aprile 2009 alle 21:14
Forse vado a Pordenone, anche se ho i miei dubbi, visto che già ci dovevo andare per la fiera del libro (che ha ben poco a che fare con le fiere, visto che è solo una serie di conferenze e non ci sono stand in un luogo preciso come in una fiera normale. Mah) e poi ho rinunciato per i motivi in parentesi e altri impegni. Ma tanto abito abbastanza vicina a Pordenone, quindi non si sa mai che una volta tanto riesca ad andare a qualche fiera (sempre che fiera si possa chiamare).
Comunque non voglio andare OT ancora, quindi chiudo qui e grazie per le delucidazioni.
18 aprile 2009 alle 20:44
X Annaf
le lotte che hai letto sono la dimostrazione che non esiste alcuna regola di autoincensamento tra operatori del settore editoriale.
In ogni caso, non hai cercato accuratamente.
Della sospensione della fiera di Torino non so nulla, non sono stato informato.
Invito anche te a Napoli e a Bologna.
E a Maggio a Piacenza, a Giugno a Pordenone, a Settembre a Treviso, e a Novembre a Lucca.
A parte Coniglio Editore, non voglio nominare il mio editore -fisso- per motivi di politica interna ed etica professionale. In poche parole: non lo voglio trascinare qui dentro.
18 aprile 2009 alle 20:33
Angra, la verità è che voi non avete alcuna qualifica da vantare.
Siete solo capaci di essere distruttivi e mai costruttivi.
Aspiranti incattiviti che credono di sapere tutto… perchè lo hanno letto sui saggi, sui manuali…
I premi che millanti, anche mia nonna in cariola dice di averli vinti…
Da anonimi, tutto si può dire.
18 aprile 2009 alle 20:31
Scusate l’OT, ma
Non l’avevano sospesa visti gli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto un noto esponente della Fiera e di un premio letterario?
Comunque anch’io sarei curiosa di sapere in quale/i casa/e editrice/i lavora perissi, visto che su internet ho trovato solo lotte tra lui e altri esponenti del fumetto italiano (se poi ho cercato male, mi dispiace).
Perdonate ancora l’OT e se Gamberetta lo ritiene necessario può spostare pure nella Fogna^^
18 aprile 2009 alle 20:19
Sempre x Angra: Ah, dimenticavo. A proposito della mia presunta reticenza: oltre ad avervi invitato a venirmi a trovare a Napolicomicon e alla Fiera del libro di Torino, colgo l’occasione per invitarvi alla presentazione dell’antologia “La Sete” (Coniglio editore), che si terrà a Bologna nella libreria Irnerio di Via Irnerio 27, il giorno 20 Maggio alle ore 18. Per l’occasione, seguirà al cinema Lumiere di via Azzo Giardino, la proiezione di “Nosferatu” di Murnau con accompagnamento musicale dal vivo.
18 aprile 2009 alle 20:11
@perissi:
Perché non serve, se uno ha qualcosa da dire la dice, punto. Tu non sai fare altro che qualificarti (per modo di dire). Chiudo qui, perché con te restare sull’argomento dell’articolo è impossibile: l’unica cosa che ti interessa è raccontare che ne sai più degli altri, senza mostrarlo.
18 aprile 2009 alle 19:54
Angra, non ho mai detto di essere un grande editor e che voi non capite niente.
Mi sono semplicemente qualificato, cosa che nessuno di voi mi sembra abbia fatto.
Vero, lavorare in una casa editrice non è difficile, diventare direttore di 7 collane, però, un po’ difficile lo è. Ci vogliono anni di esperienza sul campo, gavetta, e…risultati. La malafede è l’unica cosa che tu dimostri di avere, stando alle risposte che dai. Come quelle assolutamente gratuite e sprezzanti su Cristina Prasso, e sul pretendere di fare i conti in tasca agli editor. Bene, ora ti ho dato un elemento in più per la tua indagine: sono un direttore di collana. Ti aiuto ancora un pochino: sono anche un editor freelance, un curatore di antologie, un saggista, un insegnate, uno scrittore, uno sceneggiatore, un art director, un autore, un illustratore, un disegnatore. Lavoro nel campo da 20 anni tondi! Ho pubblicato in Italia, Spagna, Belgio, Olanda, Germania, Grecia, Stati Uniti… tutte cose facili, vero?
Mi spiace per voi che la mia lista sia così lunga, ma non ci posso fare niente.
Ho sempre avuto tante cose da dire, e nulla mi è mai rimasto nel cassetto.
In questo si, mi ritengo grande. Grande nel aver sempre realizzato i miei sogni e di non aver perso tempo a chiaccierare di cose che non conosco. Ripeto: chi sa fa, chi non sa, chiacchiera.
18 aprile 2009 alle 18:48
@perissi:
E io che ho detto? La Rocca dei Silenzi è il quarto.
Invece ne ho vinti, ma con questo? Se hai fatto caso, le persone con cui discuti su questo blog non giocano come fai tu al tu non sai chi sono io (ma adesso te lo dico così vedrai, ah ah!). Portano fatti a sostegno delle proprie opinioni, mentre tu tutto quello che sai dire è io sono un grande editor per cui voialtri state zitti che ho ragione io, sparandoti le pose con buffonate tipo ciano da controllare.
Che poi, mi sembra di capire, niente di che, vero? Lavorare per una casa editrice non è per niente difficile se ci si accontenta di quattro soldi o meglio ancora di lavorare gratis. Lo stesso discorso vale per i prestigiosi studi di architettura, di ingegneria, di giurisprudenza. Non ho idea di quale sia il tuo caso, ma immagino che se la tua posizione fosse più prestigiosa nel campo dell’editoria non saresti così reticente a riguardo.
Non che quando uno ha uno stipendio vero questo faccia di lui un’autorità in materia, sia chiaro. Prima mi hai citato Cristina Prasso, l’editor de La Rocca dei Silenzi. Dici che le è piaciuto il romanzo? Bah. Forse, per il fatto di aver lavorato anni in Nord, avrà pensato “tanto i lettori di fantasy non capiscono un cazzo, se ci sono il mago, il nano, il guerriero e l’elfa che vanno nel labirinto a uccidere i mostri vedrai che gli piace”. Be’, si sbagliava, i lettori qualcosa capiscono visto che poi il gradimento del pubblico è stato quello che è stato.
18 aprile 2009 alle 16:02
xAngra: a montare in cattedra siete voi, perarltro senza alcun titolo.
Sull’incensare gli amici, ti sbagli. Andrea D’angelo (e l’ho detto) l’ho “incensato” prima di conoscerlo, per la precisione dopo il suo secondo libro(nell’ambiente editoriale, poi, non si usa affatto incensare, ma li leggi mai i blog degli scrittori e degli autori in generale? E’ tutto uno scannarsi!).
Gli altri che ho citato, lo hanno conosciuto di persona dopo il quarto, e solo perchè lo volevano a tutti i costi, in quanto nei suoi romanzi avevano trovato tutto quello che voi non avete visto(e mettendo sulla bilancia la loro esperienza con la vostra arroganza…). Sui premi, anche qui noto sempre della frustrazione da parte di chi dice che non valgono niente(chi lo dice è chi non li ha mai vinti, ma tu guarda che caso!). Valgono, magari non sempre, ma valgono eccome! Sono un ottimo riconoscimento della qualità di un opera, purchè in giuria ci siano addetti ai lavori qualificati. Riguardo al mio mestiere, già ho parlato del libro “La sete”, per gli altri 6(ma come editor ne curo tra i 15 e i 17 l’anno) invito tutti al Napolicomicon e alla prossima fiera del libro di Torino, o a spulciare nei credits dei libri.
Come amo spesso ripetere ai frettolosi: troppo comodo trovare sempre la pappa pronta.
18 aprile 2009 alle 16:00
xAngra: a montare in cattedra siete voi, perarltro senza alcun titolo.
Sull’incensare gli amici, ti sbagli. Andrea D’angelo (e l’ho detto) l’ho “incensato” prima di conoscerlo, per la precisione dopo il suo secondo libro(nell’ambiente editoriale, poi, non si usa affatto incensare, ma li leggi mai i blog degli scrittori e degli autori in generale? E’ tutto uno scannarsi!).
Gli altri che ho citato, lo hanno conosciuto di persona dopo il quarto, e solo perchè lo volevano a tutti i costi, in quanto nei suoi romanzi avevano trovato tutto quello che voi non avete visto(e mettendo sulla bilancia la loro esperienza con la vostra arroganza…). Sui premi, anche qui noto sempre della frustrazione da parte di chi dice che non valgono niente(chi lo dice è chi non li ha mai vinti, ma tu guarda che caso!). Valgono, magari non sempre, ma valgono eccome! Sono un ottimo riconoscimento della qualità di un opera, purchè in giuria ci siano addetti ai lavori qualificati. Riguardo al mio mestiere, già ho parlato del libro “La sete”, per gli altri 6(ma come editor ne curo tra i 15 e i 17 l’anno) invito tutti al Napolicomicon, o a spulciare nei credits dei libri.
Come amo spesso ripetere ai frettolosi: troppo comodo trovare sempre la pappa pronta.
18 aprile 2009 alle 10:32
@perissi:
C’è una vasta comunità all’interno del mondo dell’editoria in cui vale il tacito accordo di incensarsi tutti a vicenda sempre e comunque, ad uso società di mutuo soccorso. Gli effetti sono abbastanza patetici agli occhi delle persone di giudizio, specialmente quando i toni sono molto sopra le righe.
Tu devi avere una soglia bassissima per il diritto (mai esistito) a montare in cattedra, se pensi che – UAU!!! – basti essere stati premiati a Lucca Comics o – triplo UAU!!! – andare a controllare le cianografiche, “ciano” per gli amici.
Puoi anche dirmi che tra i fan de La Rocca dei Silenzi ci sono Gesù Cristo, Maometto, Siddharta e Confucio: resta sempre una cagata. I personaggi agiscono perché sì, perché se ci sono un mago, un guerriero, un nano e un’elfa che vanno nel labirinto a uccidere i mostri allora – UAU!!! – è fantasi!!!111!!!!
Non so se la cosa ti è sfuggita o se hai fatto finta di non accorgertene perché l’autore è tuo amico, francamente non so cosa sia più grave, probabilmente la prima. Rinnovo la domanda: per quali case editrici fai l’editor?
17 aprile 2009 alle 23:53
@Diego: discussione interessante. Ma non vorrei monopolizzare la faccenda, quindi fermiamoci qui.
17 aprile 2009 alle 23:51
@Diego: Uhm… magari veicolo di espressione di un pensiero?
17 aprile 2009 alle 23:40
@Mariano: boh, sai che ti dico… l’Arte è solo il filtro delle esperienze reali. E che altro dovrebbe essere, d’altronde?
17 aprile 2009 alle 22:00
Ringrazio Gamberetta e ringrazio Diego. Condivido le affermazioni. Le domande potevano sembrare banali, ma ciò che appare banale è talvolta l’abc e allora non è più tanto banale.
Condivido con Diego sulla questione del filtro. In effetti l’Arte in genere è filtro delle esperienze reali, ma anche filtro attraverso le esprienze di chi opera.
è il vecchio problema della soggettività. Dopo Platone (che parlava dell’arte come copia di copia) credo che possiamo considerarlo superato, cioè mai veramente “problema”, ma dato di fatto.
17 aprile 2009 alle 21:19
@Mariano: Prima domanda: sì.
Per quanto riguarda la seconda, io non credo che sia più difficile. Per me resta una questione legata all’abilità dello scrittore. Anzi se vogliamo il lettore medio di fantasy normalmente apre un libro con il cervello già pronto a dare per scontata la presenza di determinati elementi. Forse anche più di quanto non faccia il lettore di gialli o di noir. Che poi nel dosare quegli elementi ci voglia coerenza, questo è ovvio, ma non credo che questo renda il fantasy un genere più difficile del romanzo storico o del legal thriller, tanto per fare degli esempi.
Terza domanda: sono convinto di sì. E secondo me quel filtro non solo è inevitabile, ma anche necessario.
17 aprile 2009 alle 19:02
@Mariano.
Sì.
In teoria sì. In teoria è più difficile perché devi riuscire a spacciare qualcosa di palesemente falso (esempio: i draghi) per verosimile (o credibile, o realistico, o plausibile).
Però è anche vero che se andiamo a guardare all’atto pratico il pubblico del fantasy è di bocca molto buona, dunque il livello di verosimiglianza richiesto è, anche se non dovrebbe, inferiore rispetto a quasi tutti gli altri generi.
Non so, non saprei bene cosa dire parlando di letteratura in generale. Già nell’ambito della narrativa si potrebbe discutere.
17 aprile 2009 alle 17:43
Verosimile nel senso di …credibile?
La realtà è forse credibile? Eppure non è vero-simile!
A volte stento a credere che sia vera, la realtà. La realtà…
Mah, torniamo con i piedi per terra: verosimile nel senso di attinente alle logiche del mondo in cui è ambientato il romanzo. Non puoi mettermi che gli elefanti volano senza avere le ali e senza sfruttare il comune moto dei venti, ad esempio. Perché la successiva domanda è: c’è forza di gravità? Si,no? Come e perché volano?
Vero-simile nel senso di logicamente ammissibile.
17 aprile 2009 alle 17:36
Ma verosimile in che senso? nel senso di credibile?
17 aprile 2009 alle 16:10
Med-fantasy, conclusione sull’ambientazione etc. etc.
Domanda: il fantasy (temrine super-ampio) deve essere necessariamente VEROSIMILE?
Erodoto fa di una cronaca storica letteratura, grazie alla verosimiglianza.
Seconda domanda: il fantasy è più difficile a scriversi degli altri generi? (forse dico un’eresia)
Terza domanda: in fondo la Letteratura o è verosimile o è una boiata (cioè non è letteratura). La Letteratura non può mai essere vera. Così come la fotografia o il cinema. Ci sarà sempre quel famoso (magico) filtro della realtà?
17 aprile 2009 alle 15:48
@perissi
A posto così.
Parlarti è inutile.
17 aprile 2009 alle 15:25
Forse s’avessi io l’ale / Da volar su le nubi / E noverar le stelle ad una ad una, / O come il tuono errar di giogo in giogo, / Più felice sarei dolce mia greggia, / Più felice sarei, candida luna….
Ma forse non tutti abbiamo l’ale.
Non tutti sappiamo. Anzi gran parte di noi ignora. Rifiutiamo talvolta le competenze. Siamo nel Limbo Oscuro. Riempiamo i bar sport.
Credevamo di essere nel giusto e invece…e invece ecco.
Platone era nel giusto. Platone ci ha tirato fuori dalla caverna.
Ora si, ora vediamo la luce. Ma la luce…vede noi?
Peace&Love,now!
17 aprile 2009 alle 14:46
xgli ultimi 4 intervenuti: nel post di gamberetta si parla dello scrivere narrativa e gli esempi descritti non sono strettamente legati al fantasy, ma alla letteratura in generale. Quindi, non prendiamoci in giro.
Di questo ho parlato nei miei commenti, puntualizzando la mia discordanza solo in alcuni e non su tutti i punti, per cui proprio non vedo dove sarei andato fuori tema. Sul termine “frustrato”, che non voleva essere offensivo ma semmai lessicamente aggressivo, intendevo dire -convinto a torto di trovarmi di fronte a persone di una certa elasticità mentale- che ciò che leggo in questo blog assomiglia tanto alle chiacchiere da bar sport, quelle dove chiunque critica l’allenatore, il portiere, l’attaccante… senza magari aver mai dato un calcio ad una palla od essere mai stato allo stadio. Sia chiaro, non critico le recensioni, lì il lettore è supremo e può dire ciò che vuole. Critico l’arroganza di alcune affermazioni sulla base di testi e saggi presi come oro colato. Non basta leggere On writing, ad esempio, per sapere come si scrive un libro e come funziona l’editoria e quali sono i compiti di un editor. Per questo, a gratis, non do lezioni di lettura mediante titoli e brani, troppo comodo trovarsi sempre la pappa bella pronta.
Ma se a voi piace arroccarvi in quelle che ritenete delle certezze, affari vostri, sarà la vita a riportarvi con i piedi per terra, prima o poi.
Distruggere i castelli di sabbia dei bambini non è tra i miei passatempi preferiti.
Su D’Angelo, e qui presumo che l’argomento interessi soltanto Angra, posso soltanto aggiungere che sottoscrivo ogni cosa che ho scritto su di lui, anche in tempi non sospetti, ovvero prima della nostra risaputa amicizia. Inoltre, ma solo per il piacere dell’aneddotica, aggiungo alla lista dei fans prestigiosi di Andrea D’Angelo, i nomi di: Roberto Bonadimani (pluripremiato autore di fumetti fantasy e di fantascienza), Enzo Troiano (illustratore e pluripremiato autore di fumetti fantasy e di fantascienza, con pubblicazioni in Italia, Francia, Stati Uniti), Liri Trevisanello (sceneggiatrice, scrittrice, giornalista, saggista, direttrice di collana), e Andrea Longhi (disegnatore e illustratore fantasy, premiato per tre anni consecutivi a Lucca Comics & Game). Con questo non voglio dire che voi siete delle nullità, ma ribadire un vecchio detto: chi sa, fa. Chi non sa, chiacchiera.
17 aprile 2009 alle 11:35
Grande Diarista Incostante! Purtroppo non avevo nè la forza nè l’energia di rispondere, perché non sono un pratico commentatore del web e queste polemiche non costruttive a lungo mi stancano. Preferisco in tal caso il facetoface!
Ma sei stato/a grande!
Quoto in pieno ogni tua virgola. :D
17 aprile 2009 alle 10:46
@perissi
Non ci siamo.
Ti rinfresco la memoria perchè è evidente che ti sei malamente perso per strada.
Questi commenti fanno (dovrebbero fare) riferimento a un articolo che tratta di fantasy italiano. Fantasy, ci siamo, ci sei? Hallo Mcfly? Ok.
Riassumiamo cosa c’è scritto nell’articolo:
1) show don’t tell
2) in italia gli scrittori di fantasy ignorano lo show don’t tell e si perdono dietro menate esistenziali tipo “è vero che far leggere i giovani è importante”
3) med fantasy: farsi le seghe mentali serve sì o no?
L’articolo esce. Partono vari commenti.
A un certo punto arrivi tu che puntializzi che Sergio Leone girava in Almeria, non in val padana poi dici di non aver capito cos’ha scritto Chiara/Gamberetta.
Posti di nuovo e parli di stile (che non c’entra una fava con l’articolo perchè stile e show don’t tell non sono la stessa cosa, nè sono incompatibili e tu in teoria dovresti saperlo bene) e te ne esci con la frase
Al che io ti rispondo dicendoti che la frase è già stata udita spesso da queste parti, e che magari invece potresti dirci qualcosa di utile nei tuoi interventi.
La tua risposta non si fa attendere e suppone che noi commentatori + i gamberi siamo solo dei frustrati che non hanno ancora dimostrato niente, che la critica è risibile e concludi dicendo che Chiara non è stata esaustiva nel suo articolo. Aridai.
In uno dei tuoi interventi successivi ti lanci e citi Leiber che secondo te sosteneva l’esatto contrario di quanto ha scritto Gamberetta nell’articolo (ma io Leiber l’ho letto e non sono d’accordo con te. Non so cos’ha detto in quell’intervista, ma o predicava male e poi razzolava bene, o l’intervista parlava d’altro. Che so, di cucina).
Alla mia richiesta esplicita di citare titoli e brani in cui si dimostra che la buona narrativa fantasy se ne frega di certe cose tiri fuori Moorcock oltre a Celine e Conrad. Lasciamo da parte Celine e Conrad che di fantasy non hanno mai scritto niente. Concentriamoci su mister M. che non conosco. Che faceva, narrava invece che mostrare? Aveva un linguaggio aulico? Scriveva in modo oscuro? Le sue storie erano banali?
In che modo, insomma, contraddiceva una o più di quelle 4 regolette che ti ho scritto?????? Non hai voglia di citare brani, va bene, parla però. Scrivi. Porta esempi a supporto dei tuoi argomenti, dai valore a quanto dici.
Non serve che tu proclami di essere un professionista, preferisco la sostanza.
Hai tacciato articolo, autrice dell’articolo, commentatori, passanti e donna delle pulizie di pressapochismo/mancanza di professionalità/ingenuità disarmante (meglio quella della saccenza, però grazie lo stesso tesoro)/mancanza di chiarezza/malafede. Ma a sostegno di quanto dici non hai dato assolutamente niente. Il tuo intervento è inutile.
E ciliegina sulla torta, adesso salta fuori che sei fan della Rocca dei silenzi? Oh, ti prego!
16 aprile 2009 alle 23:18
@perissi:
Vedi, su Zuddas siamo anche d’accordo. Ma se a La Rocca dei Silenzi dai 5/5 allora a Balthis l’Avventuriera di Zuddas cosa diamo, 60000/5?
Grazie per la precisazione. Pensavo che stesse per Galeazzo, e mi son detto: ma non l’avevano fucilato? ;)
16 aprile 2009 alle 23:12
@perissi:
“Tu lo dici.” (Marco 15, 2)
Vedi, quello che ti sfugge nel discorso generale è che i sostenitori delle regole non hanno come nemico genio & sregolatezza, ma la sregolatezza in mancanza di genio.
Porto come esempio La Rocca dei SIlenzi proprio perché grazie al fatto che l’autore all’inizio qualche regola la segue (lo show don’t tell, ad esempio), bisogna leggerne almeno una cinquantina di pagine prima di avere il sospetto di avere tra le mani una cagata. Verso pagina 200 poi, quando le intrusioni dell’autore che si fa domande retoriche e si risponde da solo la fanno da padrone, il dubbio diventa certezza.
Per te è un capolavoro da 5/5, ok. Se mi fai la cortesia di dirmi per quali case editrici fai l’editor evito di mandar loro i miei lavori, grazie.
16 aprile 2009 alle 23:05
sempre x Angra (prima ho dovuto tagliar corto, ciano da controllare…l’editor non conosce orari, chissà se questo i manuali lo dicono): sottoscrivo quanto scritto, e non solo sul commento su ibs che hai citato, ma anche sugli articoli e recensioni che ho avuto occasione di scrivere per le precedenti opere di Andrea D’Angelo, che considero in assoluto il miglior scrittore di fantasy italiano dopo Zuddas e Cersosimo.
p.s: ciano sta per cianografiche.
16 aprile 2009 alle 22:11
xAngra: del mio stesso parere sono anche Gianfranco Viviani della Nord e Cristina Prasso della Longanesi. Cialtroni?
16 aprile 2009 alle 21:46
@perissi:
Ad Andrea D’Angelo, naturalmente:
16 aprile 2009 alle 21:31
xAngra: nel post si parla dello scrivere narrativa. L’esempio citato da Gamberetta è generico e non ha nulla di specificatamente fantasy.
Di purosangue nella letteratura fantastica italiana, da Ariosto in poi, ne abbiamo avuti e ne abbiamo ancora molti. A chi ti riferisci?
16 aprile 2009 alle 21:27
xMariano: ho citato autori contemporanei. Punto.
16 aprile 2009 alle 21:25
xdiarista incostante: ti ho risposto a braccio anch’io, stavo lavorando come sto lavorando ora(a Napoli Comicon, Castel Sant Elmo dal 24 al 26 di questo mese, presenterò 6 nuovi libri + una nuova collana su Salgari, gli ultimi due tomi sono andati in stampa oggi alle 19). Ad ogni modo non sono un juke box, ti ho fatto i nomi di alcuni autori, sarà più divertente per te scoprire dove, come e con cosa, avvalorano la mia tesi. Poi, se proprio vuoi approfondire, puoi sempre iscriverti a qualcuno dei miei corsi.
L’editor decide, l’editore mette i soldi, ma nessun editor vuole mandare fallito il proprio editore. La tua è una visione della realtà di un’ingenuità disarmante.
On writing l’ho letto, concordo con King, ma che c’entra con quanto è qui in discussione? La competenza si vede dai concetti espressi, e qui io devo ancora vederla. Leggo, invece, tante dichiarazioni per sentito dire, e non mi riferisco alle recensioni, bensì alle omelie.
Dico chi sono e cosa faccio, non per intimorire o perchè mi sento superiore, ma semplicemente perchè qui si parla con assoluta leggerezza e incompetenza di argomenti che sono -letteralmente- il mio pane quotidiano.
Per cui , a scanso di equivoci, preferisco identificarmi.
16 aprile 2009 alle 21:04
@perissi:
Nell’articolo si parla di fantasy italiano: perché tirare in ballo quei tizi là quando in Italia abbiamo un vero purosangue della letteratura fantastica a cui salire in groppa?
16 aprile 2009 alle 20:43
Apprezzo e quoto l’intervento di Diarista Incostante. Perissi non ha ancora risposto alla domanda su Manzoni. Ma non ha importanza.
16 aprile 2009 alle 20:40
@perissi
Non mi hai citato nessun titolo, quindi del tuo intervento me ne posso fare ben poco, purtroppo. Ti rispondo a braccio, perchè ho gente a cena e i gatti affamati e la bimba che potrebbe svegliarsi da un momento all’altro.
Il discorso ogni autore è un mondo a sè condivido, è vero.
il discorso editare è guardare il mercato, no. Secondo me quello deve guardarlo l’editore, con la e alla fine.
La piega che prende spesso il tuo postare, con un’aria sul genere di “io lo faccio di mestiere e voi no, ergo io ne capisco e voi no”, fa a pugni coi discorsetti su “come facevano gli scrittori prima che fossero inventate le regolette sulla buona scrittura?”. Se hai la sagacia di capire che può esistere la competenza anche senza la scuola dell’obbligo (Elements of style), allora dovresti estendere questo concetto in modo più ampio, anche al mestiere di editor, per dirne una.
Sempre a questo proposito, c’è chi impara a leggere da solo a 4 anni e chi a 6 a scuola. Dopo però siamo tutti uguali, leggere è sempre leggere. Riga, punto, chiusa qui. I cosiddetti grandi scrittori che si fanno da sè sono come Leonardo. Pochi, rari, molto talentuosi. Se mai ti leggerai On writing vedrai che S. King divide gli scrittori in mediocri, competenti, bravi e bravissimi. Studiando si passa da competenti a bravi. Nessun altro salto di categoria esiste e/o è contemplato in questa parte di universo, nel nostro sistema solare (cit. Battiato). Ma ti faccio notare che passare da “competente” a “bravo” non è poco. Tutto questo giro di parole per dire che non saremo tutti dei Pirandello, o dei Murakami come preferisco dire io, ma possiamo essere più che delle Troisi o delle Meyer solo prendendoci la briga di studiare e imparare.
Per il resto a domani. L’ospite è arrivato e devo ancora apparecchiare la tavola…
16 aprile 2009 alle 20:35
Va bene va bene va bene va bene va bene! Va bene così!