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Recensione: I Boschi della Luna

Pubblicato da Signor Stockfish il 6 novembre 2007 @ 16:43 in Italiano,Libri,Non Fantasy,Recensioni,Scrittura | 21 Comments

bdl.jpg Titolo originale: I Boschi della Luna
Autore: Giuseppe Festa
Anno: 2006
Nazione: Italia
Lingua: Italiano
Casa Editrice: Larcher Editore
Genere: Non fantasy
Pagine: 256 (brossura)
Prezzo in euro: 10 scontato a 3,90

Oggi mi son svegliato con un diavolo per capello. La gamba di legno mi fa un male cane (tecnicamente, si chiama nevralgia dell’arto fantasma), e quando fa così state sicuri che cambia il tempo e si mette a burrasca. Sento quindi il bisogno impellente di sfogarmi su qualcuno, e il più adatto alla bisogna che ho sottomano al momento è il romanzo I boschi della Luna di Giuseppe Festa. Chi mi conosce lo sa: il vecchio Stockfish, dolori alla gamba permettendo, è uno di buon carattere, se non gli si fa saltar la mosca al naso. Ma quei dieci euro spesi per quel libro della malora ancora non li ho digeriti, sangue di Giuda. Cominciamo, allora.

Giuseppe Festa è il leader di un gruppo musicale, i Lingalad, che trae ispirazione dalle opere di Tolkien. Molti di voi li conosceranno senz’altro, perché li si trova a suonare praticamente in ogni manifestazione a tema Fantasy. I Lingalad sono dei bravi musicisti, se vi piace quel genere che sta fra la musica occitana e il folk irlandese. I testi però, dello stesso Giuseppe Festa che è anche il cantante, sono di una bruttezza imbarazzante. Se i Lingalad un giorno si ammutinassero e lo gettassero ai pesci, mettendosi a fare musica solo strumentale, non esiterei a comprarmi i loro CD.

La scrittura in sé.
Il libro non è scritto male, ma neanche brilla per stile. La prosa è pulita e lineare, e scorre abbastanza bene. Anche se il romanzo non mi è piaciuto per niente, tutto sommato non ho fatto troppa fatica per finirlo. Questo dovrebbe essere il minimo sindacale, mi direte voi, è un po’ come dire che il pregio del tale biscotto è quello di non essere velenoso. Ma, di questi tempi, non bisogna dar nulla per scontato.

La storia.
L’inizio non è per niente male (dialoghi a parte, come dirò in seguito). Ricorda Morte dell’erba (1956) di John Christopher, un capolavoro della fantascienza catastrofica. La storia che dà inizio a I Boschi della Luna è questa: in un futuro molto vicino, il petrolio comincia seriamente a scarseggiare. Le città sono tormentate da improvvisi black out, sempre più frequenti e prolungati, fino a che ne arriva uno che sembra proprio quello definitivo. La civiltà è al tracollo, e le città senza corrente diventano un luogo di morte e disperazione nel giro di pochi giorni. Il giovane Jari, insieme alla madre Dora, fuggono verso le montagne, nel paese dove abita il nonno. Non so se l’autore ha letto o no Morte dell’Erba, ma non ha importanza, tutto sommato. Non c’è nulla di male nel trarre ispirazione da un capolavoro, ed è sempre meglio che voler essere originali a tutti i costi e finire per scrivere delle porcherie.
L’inizio, come dicevo, rende bene il precipitare della situazione, creando la giusta tensione. Questo fino a che i due non fuggono dalla città e raggiungono il paesello tra le montagne, verso pagina 50. Purtroppo però, non si vive di sole disgrazie, e quando la situazione si tranquillizza la storia da lì in poi diventa pura fuffa, per ben 150 pagine su 240 totali. Leggeremo quindi di due giovani allegri e volenterosi, che si danno un sacco da fare per aiutare gli adulti nelle loro vicende quotidiane, risolvendo situazioni di cui non ci importa una dannata lisca grazie alla loro vitalità e arguzia.

Verso pagina 200, finalmente succede di nuovo qualcosa. La storia cerca di recuperare un po’ di tensione, senza peraltro riuscirvi granché. Sul finale poi, si passa dalle stalle alle stelle e ritorno in poche righe. Prima accade una cosa che nessuno di noi avrebbe mai voluto vedere: un adolescente affronta a mani nude un esercito di banditi armati fino ai denti (eh sì, purtroppo). Poi, il colpo di scena, degno del Signore delle Mosche di William Golding. Di nuovo, bravo Giuseppe Festa se ha letto il libro o visto il film, bravissimo se ne ignorava l’esistenza. Viene da chiedersi come uno possa avere dei lampi sporadici di genio e poi ripiombare nell’abisso della banalità mezza pagina dopo. Sì, perché il peggio deve ancora venire. Infatti, dopo il finale della storia, c’è ancora un capitoletto dove è l’autore stesso a parlare senza nemmeno tentare di nasconderlo. Ci racconta così a grandi linee cosa ha fatto il protagonista negli anni a venire, ma soprattutto si lancia in un insopportabile pistolotto di stucchevole buon senso ecologista, annegato in una melassa di buonismo di quelle da avvertenza per i diabetici. Il vecchio Stockfish è sempre stato un convinto ecologista fin dalla più tenera età, ma a leggere certe cose, scritte in quel modo, mi viene voglia di dar fuoco ai boschi e di rovesciare bidoni di liquami radioattivi nei fiumi, sangue di Giuda!

Bidoni radioattivi
Bidoni di rifiuti radioattivi

I personaggi.
Il diciassettenne protagonista, probabilmente il super-io dello scrittore (che diciassettenne non è più da un pezzo), è esattamente il fidanzatino che ciascuna nonna vorrebbe per la propria nipotina. Un ragazzo d’oro, che per giunta non ne sbaglia una. Risolve tutto lui. Questo giovanottello che viene dalla città, tanto per dirne una, procurerà in diverse occasioni il cibo per dei sostanziosi banchetti ad un’intera comunità di contadini-campagnoli-montanari, che notoriamente non se la cavano bene in questa materia, e che senza le consegne a domicilio della Bo-Frost sarebbero altrimenti spacciati. Questa gente poi, mi ricorda più che ogni altra cosa quelle comunità ideali in assoluta grazia di Dio, senza luogo e senza tempo, che venivano rappresentate nei libri di catechismo di quando andavo alle elementari. Quelli che andavano a mietere il grano vestiti di bianco, tenendosi tutti per mano sotto un cielo turchino dove volano le colombe della pace. Ben diversi, insomma, dai contadini delle nostre campagne che si odiano da sei generazioni per un metro di terra rubacchiato, e che alla prima occasione si ammazzano a fucilate facendolo passare per incidente di caccia.

Insomma, da adolescenti tutti abbiamo sognato di far innamorare di noi la più carina della classe gettandoci in mezzo alle fiamme per salvarla mentre la scuola va a fuoco. Poi però si cresce, e queste fantasie erotico-eroiche sarebbe meglio che passassero.

I dialoghi.
Tremendi! La cosa peggiore di tutte. Non c’è dialogo nel romanzo che non suonerebbe falso, artificiale, persino ad uno straniero con una conoscenza approssimativa dell’italiano. Inoltre, sembra che l’autore non sia mai stato adolescente, che non abbia mai sentito due adolescenti parlare. I ragazzi descritti da Giuseppe Festa sono educati e gentili, tra loro e con tutti. Non gli scapperebbe una mezza parolaccia neanche se si dessero per sbaglio una martellata sulle palle. E, ora che ci penso, devono essersene date parecchie procurandosi danni irreversibili, perché la massima pulsione sessuale che dimostrano questi diciassettenni verso una bella ragazza è il mano nella mano e il bacio sulla guancia. Che teneri!

Gli alberi.
Giuseppe Festa ha una grande passione per gli alberi, ed è un vero esperto in materia. Per cui, non scriverà mai che “Tizio si nascose dietro a un albero”, o al limite che “Tizio si nascose dietro a un pino”. Scriverà invece che “Tizio si nascose dietro ad un Pino Nero ad Ombrello della Patagonia Occidentale, dai caratteristici aghi corti e sottili che produce una resina dall’inconfondibile odore pungente”. Un consiglio quindi, complementare a ciò che dice sempre Gamberetta (“scrivete di ciò che sapete”): evitate di cedere alla tentazione di scrivere tutto ciò che sapete su un certo argomento, se non è strettamente funzionale all’azione principale!

Il fantasy.
Giuseppe Festa è un grande fan di Tolkien, e quindi deve per forza infilare un po’ di fantasy in un romanzo che col fantasy non c’entra un tubo, con effetti di cui è meglio non parlare. La storia si svolge in un immediato futuro, diciamo tra 5-10 anni, esattamente nel nostro mondo, in una nazione che si direbbe europea ma che non si capisce quale sia, partendo da una città, Taisla, che secondo Google Maps non esiste. I nomi dei luoghi suonano “tipicamente” fantasy, così come i nomi della maggior parte delle persone. Jari, Kuno, Munal, Aton, Archinpietra, Boschi della Luna, Monte Dente Buco, e così via. Questo “basta” a far sì che il romanzo venga in qualche modo spacciato per fantasy o affine, insieme al fatto per i monti si aggira un misterioso Anziano dei Boschi. Questo è un vecchio locale dal brutto carattere che ama la solitudine, ma anche una specie di druido dotato di superpoteri, con effetti sulla bellezza della storia che vi lascio immaginare alla luce di quanto detto finora.

Le altre recensioni.
Mi son convinto a scrivere questa tremenda recensione dopo averne trovate altre in rete, positive, e addirittura entusiaste. Questo mi ha fatto un po’ riflettere sul fatto che per ogni scrittore con le idee confuse su cosa vuol dire scrivere, ci sono cento recensori con le idee ancora più confuse.

Una, da CelticPedia, inizia così:

Raramente per comprendere appieno un romanzo è opportuno come in questo caso conoscere qualcosa della personalità dell’autore.

e già non ci siamo. Per comprendere appieno un romanzo deve bastarmi quello che c’è scritto nel romanzo stesso, altrimenti c’è qualcosa che non va.

Un’altra, da La Tela Nera, comincia così:

C’è dentro tutto l’amore di Giuseppe Festa per la natura, in questo romazo.

Ce l’ho anch’io l’amore per la natura, trabocco letteralmente di amore per la natura, perché dovrei pagare 10 euro l’amore per la natura di Giuseppe Festa? Se tiro fuori dei soldi per un’opera di narrativa, voglio leggere cose interessanti, scritte bene, capaci di suscitarmi emozioni che non siano di ferocia nei confronti dell’autore. Questi recensori sono incapaci di distinguere i vari piani logici confondendo forma, contenuti, intenzioni dell’autore e quant’altro. E’ come alle scuole medie, dove nel tema di italiano ti valutano le idee più che la forma, e se scrivi che sei favorevole alla pena di morte, ti fanno lo stesso un mazzo così anche se l’hai spiegato in ottimo italiano. In estrema sintesi, il punto è proprio questo: Giuseppe Festa scrive per avere l’approvazione della Prof. di Italiano. Nella buona letteratura la presenza dell’autore dovrebbe essere il più discreta possibile, invisibile. I personaggi dovrebbero vivere di vita propria. I personaggi di Giuseppe Festa, invece, sono dei burattini parlanti, che non fanno altro che ripetere le sue stesse idee sulla natura e su quanto è bella e buona la natura, e il protagonista è il suo stesso super-io adolescenziale che piace alla Prof. e al Preside, e i compagni e le compagne stravedono per lui e lo eleggono capoclasse per acclamazione.

La Prof. di Italiano
La Prof. di Italiano

In conclusione, sbirciando avanti qua sotto, mi rendo conto che i 5 gamberi marci che ho dato a I boschi della Luna non rendono appieno l’idea, sangue di Giuda. Ma è la mia prima recensione dalla Barca dei Gamberi, e non voglio esagerare. Un consiglio: leggetelo, così capirete che non sono io ad essere stronzo a scrivere una recensione così. Ora è anche in offerta, costa solo 3,90 euro, senza spese di spedizione.


Approfondimenti:
bandiera IT  Il sito del gruppo musicale dei Lingalad
bandiera EN The Death of Grass su Wikipedia
bandiera EN Lord of the Flies su Wikipedia

Giudizio:

L’inizio +1 -1 Tutto il resto
L’intento pedagogico +1 -2 Perché ottiene l’effetto contrario
  -1 Il pistolotto finale
  -2 I dialoghi, fastidiosissimi!
  -1 I personaggi da libro di catechismo


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21 Comments To "Recensione: I Boschi della Luna"

#1 Comment By Gamberetta On 6 novembre 2007 @ 18:13

Non posso far altro che dissociarmi con le conclusioni della per altro ottima recensione: non leggete il romanzo! Mettete da parte i 4 euro, e appena il salvadanaio suonerà pieno, ordinate carne di delfino dal Giappone. I delfini faranno una brutta fine comunque, prima o poi, tanto vale mangiarseli adesso e togliersi il pensiero.
Ne approfitto poi per segnalare un romanzo per gli ecologisti con passione per il catastrofismo: Attacco alla Terra (The end of the Dream) di Philip Gordon Wylie. Un buon romanzo con appunto una forte impronta ecologista. Oppure c’è la famosa trilogia delle catastrofi di J.G. Ballard o tanti altri, insomma, anche se al delfino preferite la balena, ci sono sempre ottimi motivi per evitare il (non) fantasy italiano!

#2 Comment By StarEnd On 6 novembre 2007 @ 21:36

Saluti..

Non ho ancora letto il libro di Giuseppe Festa (e sono sempre stato molto attirato dal farlo), ma sono un appassionato ascoltatore della sua (loro) musica. Musica che trovo splendida. Sia nelle melodie (e qui il recensore si allineerà a me), sia anche nei testi.
Sia ben inteso, sono ben conscio che molti testi (sopratutto quelli del primo cd) non sono di lor creazione, ma derivano da brani del buon Tolkien, ma trovo molto apprezzabili anche quelli scritti dallo stesso Festa.

Testi che forse non brilleranno per squisitezza delle forme, delle figure retoriche e quant’altro, ma che personalmente mi affascinano e mi trasportano. Cosa mi servirebbe di più? Non sono dell’idea che debba essere apprezzabile solo l’elaborato, il complesso, il nuovo, l’originale o il particolare.
Io trovo bellezza anche nelle semplici cose, così come nei semplici testi. Ovviamente a questo mondo siamo tutti diversi, e non posso certo pretendere che sia così per tutti.. chi non apprezza i testi dei Lingalad semplicemente non li ascolti. Personalmente apprezzo tantissimo lo sforzo che fanno per fare ciò che fanno, e in un mondo di persone “io so fare tutto meglio” questo non è affatto poco.

Comunque non mi stupisce affatto che le vicende e le realtà narrate nel libro in esame siano risultate così “stucchevoli”, poco reali o fuori dalla concezione del mondo moderno. Avete mai letto le opere di Tolkien ? Certamente si, e quindi certamente saprete come nei suoi libri siano assenti totalmente qualsiasi forma di volgarità, pulsioni sessuali e quant’altro renderebbe più similare alla realtà un qualsiasi romanzo.
E’ il mondo PURO e “perfetto” immaginato da Tolkien, il mondo che esiste solo nella testa dei bambini, o degli adulti che non hanno mai smesso di pensare come tali. Può piacere o non piacere, ma è una caratteristica di Tolkien.
Ora, non è una novità che il cantante dei Lingalad sia molto affezionato e legato alle opere di questo scrittore, quindi non trovo strano ritrovare queste realtà idilliace e pure nei suoi scritti. Perchè meravigliarsi? Ancora una volta, ci può piacere o meno, ma non teniamo giudizi oggettivi.

Quello che apprezzo maggiormente dei Lingalad è la loro capacità di infondere belle emozioni a chi li ascolta, accompagnate da una musica molto ben realizzata, senza per questo doversi preoccupare di una voce perfetta, strumenti musicali complessi e tutto ciò che li porterebbe ad essere un gruppo come tanti altri. Sono persone comuni che vogliono, con musica “comune” portare all’ascoltatore quello che loro sentono dentro.
E questo a me basta, ma si sa, non sono mai stato sofisticato :)

Comunque questa sua recensione mi indurrà maggiormente a leggere il prima possibile il libro in questione. (e comunque per 4 euro o meno si può leggere infinitamente di peggio, vedi le barzellette di Totti, per estremo).

Saluti e cieli sereni!

Marco

#3 Comment By Alex McNab On 6 novembre 2007 @ 22:07

Uhm…sembra quasi un trollaggio perfetto (e poi i troll calzano perfettamente in un blog che tratta di letteratura fantasy)
:)

#4 Comment By Signor Stockfish On 6 novembre 2007 @ 22:33

@StarEnd:

Dei Lingalad, come avrai notato, ho parlato bene come musicisti, tranne appunto per ciò che riguarda i testi. Quella sera al concerto ero con altre due persone, e i testi delle canzoni ci hanno fatto venire il pelo dritto sulla schiena, a tutti e tre.

Anch’io, non credere, amo le cose semplici: camminare nei boschi, la neve dietro ai vetri mente sto davanti al caminetto, le caldarroste, il vino novello, il gatto nel letto, una vecchia camicia di flanella, la fiammella del gas mentre aspetto che venga su il caffé. Metto in giardino i semini per il pettirosso. Amo tutte queste cose semplici, e non me ne vergogno.

Ma:

1) Non ci scrivo su canzoni, perché bisogna essere davvero bravi per non far venire la diarrea alla gente: un conto certe cose è viverle, un conto è sentirle cantare. Comunque, essendo bravi, si possono scrivere bellissime canzoni che parlano di un pettirosso o di un vecchio albero frondoso, nessuno dice il contrario. Giuseppe Festa non ci riesce, e scrive brutte canzoni a partire da temi che io nella vita amo molto, e quindi lo detesto anche perché mi rovina i pettirossi e i vecchi alberi.

2) Sempre parlando delle canzoni, non confondiamo il contenuto con la forma. Il contenuto va benissimo, è la forma che grida vendetta: tra “semplice” e “ti fa cader le palle” c’è una bella differenza.

Del libro magari ne parliamo dopo che l’avrai letto. Se hai quello delle barzellette di Totti, faccio volentieri a cambio ;)

@AlexMcNab:

Cos’è un trollaggio?! O_o

Ciao

#5 Comment By Angra On 6 novembre 2007 @ 22:57

StarEnd ha detto:

***
Avete mai letto le opere di Tolkien ? Certamente si, e quindi certamente saprete come nei suoi libri siano assenti totalmente qualsiasi forma di volgarità, pulsioni sessuali e quant’altro renderebbe più similare alla realtà un qualsiasi romanzo.
E’ il mondo PURO e “perfetto” immaginato da Tolkien, il mondo che esiste solo nella testa dei bambini, o degli adulti che non hanno mai smesso di pensare come tali. Può piacere o non piacere, ma è una caratteristica di Tolkien.
***

Ma sei proprio sicuro-sicuro che Tolkien considerava come PURO e “perfetto” un mondo privo di pulsioni sessuali? Be’, allora le sue opere andrebbero vietate ai minori di 18 anni. Insomma, non è bello lasciare gli adolescenti in balia di un autore sessualmente disturbato… qui stiamo parlando di una personalità da serial killer ;)

Non vorrei dare un dolore a nessuno, ma temo che il mondo nella testa dei bambini non sia affatto più puro di quello che c’è nella testa degli adulti. E sì che Freud è venuto ben prima di Tolkien… ma la prima edizione de “L’interpretazione dei sogni” ha venduto solo 600 copie :( Ben gli sta, così impara a scrivere tutte quelle cose sporcaccine! :))

Comunque, io a otto anni una volta ho visto a mezzanotte su Telenord un film che si intitolava “Rotte a tutte le esperienze”, e l’ho apprezzato molto ^_^

#6 Comment By StarEnd On 7 novembre 2007 @ 09:05

Mi spiace assai che il signor Alex mi abbia dato del troll, visto che sinceramente non lo sono affatto, anzi giornalmente li “combatto” nelle comunità online che gestisco/vivo.
Comunque sia ognuno è libero di pensarla come vuole.

Ritornando alla questione, StockFish scrive:

“1) Non ci scrivo su canzoni, perché bisogna essere davvero bravi per non far venire la diarrea alla gente: un conto certe cose è viverle, un conto è sentirle cantare. Comunque, essendo bravi, si possono scrivere bellissime canzoni che parlano di un pettirosso o di un vecchio albero frondoso, nessuno dice il contrario. Giuseppe Festa non ci riesce, e scrive brutte canzoni a partire da temi che io nella vita amo molto, e quindi lo detesto anche perché mi rovina i pettirossi e i vecchi alberi.”

Non voglio certo andare contro la sua opinione, visto che far cambiare idea alle persone è più difficile che far decadere un protone, e nemmeno voglio farlo. Del resto se tutti a questo mondo la pensassimo allo stesso modo sarebbe spesso una noia.

Il mio intervento era solo per farle(vi) sapere che c’è anche chi non la pensa così. I testi di Festa non mi fanno cadere le palle e nemmeno far venire la diarrea, anzi mi piacciono molto, così come anche per altri due conoscenti che ascoltano la loro musica. Sarò forse “banale”, privo di “gusto” e “raffinatezza” ? Sinceramente non saprei, e poco me ne importa.. ciò che importa è che tali melodie e testi mi piacciono molto.

Il risultato di tutto ciò? Nulla, non è una gara a chi ha ragione o meno, ma mi sembrava giusto dare l’indizio ai lettori del blog che c’è anche chi ha un parere diverso, e non meno o più importante del suo.

@Angra: I mondi Tolkeniani sono “Fiaba”, questo penso sia innegabile. Poi ognuno dia la migliore interpretazione a questa parola :)

Saluti
Marco

#7 Comment By Angra On 7 novembre 2007 @ 11:49

@StarEnd: mi sta benissimo che non vi sia sesso nei libri di Tolkien, ci mancherebbe. Di lui conosco solo le opere, non so nulla della persona, per cui quando tu, che sembri conoscerlo molto meglio, dici che considerava puro e perfetto un mondo privo di pulsioni sessuali (così almeno ho capito), mi fido. Mi viene quindi il terrore che nelle sue opere possa esserci qualche forma di messaggio subliminale capace di corrompere le giovani menti :)) A pensarci bene, è inquietante che negli anni ’70 Tolkien fosse diventato così popolare tra i giovani fascisti. Non ho mai capito il perché, dato che di fascista nei suoi libri non ci ho mai visto niente, ma forse i film che ho visto quando avevo 8 anni mi hanno vaccinato da certe forme di aberrazione come la sessuofobia o il fascismo ;))

Riguardo alle fiabe, quelle propriamente dette, attento: in realtà son PIENE di sesso, appena sotto la superficie, e di quello bello morboso.

#8 Comment By Signor Stockfish On 7 novembre 2007 @ 13:24

@StarEnd

Riguardando come ho assegnato i gamberi, vedo che per una buona parte riguardano i contenuti e non la tecnica di scrittura, e quindi il giudizio su queste parti è sicuramente soggettivo.

Però:

-Partire con una storia “fine di mondo” coi morti nelle strade e le città nel caos, che a pag. 50 diventa “le scanzonate avventure delle giovani marmotte” è un errore oggettivo.

-Dove abito io chiunque (tranne me), compresi alcolizzati, ritardati e vecchi mezzi ciechi hanno in casa almeno tre fucili da caccia. Questi tizi del paese di Munal tra le montagne, invece, la prima volta che vanno a caccia per procurarsi un po’ di carne (ma non hanno galline, conigli, ecc?) perché son stufi di mangiar polenta devono fabbricarsi delle LANCE! Una totale mancanza di verosimiglianza di questo tipo si avvicina molto ad un errore oggettivo. L’autore crede di amare un sacco la campagna e la gente che ci abita, ma sembra che non abbia mai parlato con un contadino in vita sua.

Non veniamoci, per favore, a raccontare che è una fiaba. Ci sono auto fuoristrada e acqua minerale nelle bottiglie di plastica. La crisi si scatena perché manca il petrolio, non la polvere magica da cospargere sulle ali delle fate per farle volare. E’ il nostro mondo. L’unica cosa che sembra uscita da una fiaba sono i buoni villici.

-I dialoghi che, parolacce o meno, suonano innaturali, artefatti, è un errore oggettivo.

Esempio:

Ivo, 17 anni: “Non appena lo sapranno in paese diventerai una leggenda… E stai pur certo che io rincarerò la dose di elogi!”

Oppure:

Amet (il sindaco): “Cosa c’è Jari, non sei contento? Scusa, non ho ancora avuto il tempo di ringraziare te e Ivo per tutto questo. Siete stati fantastici: così giovani e tanto in gamba!”

Ivo: “I ragazzi di Munal sono tosti e precoci,” rispose Ivo, orgoglioso.

“Verissimo!” disse Amet ridendo, “Ci siamo procurati parecchi quintali di carne e tutto grazie a voi… e al vecchio Kuno, ovviamente. Quando saremo al villaggio faremo una gran baldoria e state certi che voi sarete al centro dei festeggiamenti.”

La gente parla così normalmente, no? Che ci avrò trovato di strano? ^_^

Faccio notare che sembra tanto simpatico e affettuoso, nei romanzi, dare a qualcuno del “vecchio”, vero? Provateci un po’ nella vita:

“Mammaaaaaaa? C’è qui la VECCHIA Signora Tommasi che dice se hai due uova da prestarle!”

#9 Comment By Alex McNab On 7 novembre 2007 @ 14:03

StarEnd: non stavo dando del troll a te, scusami se hai avuto quest’impressione!

#10 Comment By Signor Stockfish On 7 novembre 2007 @ 16:11

Pliis, cosa vuol dire TROLL?! Non posso cercarlo su wikipedia!

#11 Comment By StarEnd On 7 novembre 2007 @ 17:16

Ok mi scuso con AlexMcNab :)

@Angra: tranquillo, conosco in modo nullo Tolkien come figura umana, ma solo le sue opere. Ciò che scrivo è frutto di mie opinioni, che spesso riflettono anche ciò che altri hanno pensato.
Non so se Tolkien considerasse perfetto un mondo senza pulsioni sessuali, so che nelle sue opere (quelle da me lette perlomeno) non ve ne è traccia. Perlomeno a livello evidente, il massimo che ho trovato relativamente alle esternazioni amorose è un bacio e il tenersi per mano.
E ancora tranquillo che sono consapevole di ciò che si “nasconde” dietro le più comuni favole/fiabe, non sono così piccolo e/o ingenuo da non saperlo (anche perchè è evidente a chiunque abbia un minimo di spirito di osservazione).
Quando ho tirato in ballo il termine fiaba volevo usarlo nella sua accezione più classica ed “ufficiale”… avrei comunque dovuto specificare, questo è vero.

@StockFish: purtroppo relativamente al libro devo ancora fidarmi delle tue parole, almeno fino a quando non lo avrò letto!

Nel mio ultimo intervento parlavo della loro musica e dei loro testi, e ribadisco che volevo solo dire ai lettori che c’è anche chi i loro testi li apprezza, e nemmen poco, tutto qui. Pluralità delle fonti e dei pensieri. :)

Immagino che il libro, essendo il primo scritto di Festa, sia anche ancora abbastanza immaturo nello stile.. me ne rendo pienamente conto quando anche io mi cimento nella stesura di banali raccontini. Auguro a Giuseppe di poter evolvere in questo senso. Oltre a giovarne i suoi futuri scritti ne trarranno beneficio anche i testi dei prossimi album, con la personale speranza che la lor musica possa essere ascoltata anche da chi ora non lo fa :)

Per quanto riguarda i troll:
http://it.wikipedia.org/wiki/Troll_(Internet)

Saluti a voi ;)
Marco

#12 Comment By Alex McNab On 7 novembre 2007 @ 17:57

Discorso solo in parte OT.
pare che ultimamente il fantasy si sia scisso in due grandi filoni: quello duro (minoritario) e quello classico (maggioritario).
Ovviamente le sottocategorie sono molteplici.
Nel fantasy classico la componente sessuale e il lessico da strada sono quasi tabù. I personaggi sono o molto buoni o molto cattivi, l’amore è solitamente “cavalleresco” o adolescenziale, e via discorrendo.
Il fantasy duro (Martin, ma ancor prima Gemmell) è più “realistico”, meno fiabesco, forse adatto a un pubblico più maturo rispetto a quello standard che usufruisce di questo genere.
Un tempo io pescavo da entrambi i filoni, ma ora quello classico l’ho abbandonato per quei temi un po’ stantii che, gira e rigira, son sempre i medesimi, mentre un Martin riesce comunque sempre a colpirmi con una durezza a volte addirittura eccessiva.
Detto questo, credo che ci siano scrittori buoni in entrambe le categorie, solo che non tutti riescono a scrivere del fantasy duro.
Forse perchè sono legati a troppi stereotipi del genere, o perchè le buone, vecchie e care tematiche classiche hanno pur sempre una larghissima fetta di ammiratori.
Ar!
eh eh eh

#13 Comment By Gamberetta On 7 novembre 2007 @ 20:47

In realtà io metterei Martin tra i “classici”. Sesso & violenza non sono elementi così significativi, da soli non bastano a far uscire un fantasy da certi schemi.
Il fantasy non classico è quello di Mary Gentle, Tim Powers, Neil Gaiman, Michael Swanwick, e altri. Tra l’altro a mio modesto avviso tutti questi sono più bravi di Martin.

#14 Comment By Alex McNab On 7 novembre 2007 @ 21:26

Eh, no, se mi citi Tim Powers e Neil Gaiman andiamo decisamente fuori dalla concezione canonica del fantasy (tranne che per alcuni lavori di Gaiman).
E comunque Martin è il più bravo di tutti, giurate e spergiurate il contrario ma nulla potrà cancellare questa verità suprema e incontrovertibile.
:)

#15 Comment By Rumo On 28 novembre 2008 @ 18:05

Mi scuso se intervengo così in ritardo nella discussione, ma curiosando nel sito h trovato questa discussione (OT è vero) ma sulla quale sto riflettendo poprio oggi.
Quando dici che preferisci Gaiman ed altri a Martin immagino che tu ti riferisca sia all’impianto stilistico sia al modo di “confrontarsi” con il genere. Giusto?
Ho finito giusto ieri di leggere American Gods che mi è stato molto consigliato e sinceramente ho trovato ottimo lo spunto, ma molto mal sviluppato, con personaggi bidimensionali e una scrittura decisamente pesante se non addirittura noiosa. Ho letto anche altri romanzi di Gaiman (Nassundove mi è piaciuto senza entusiarmarmi e coraline l’ho amato) e ho trovato altrove (Stardust) la stessa probelmatica nello stile. In particolare ritengo che, sebbene parta da ottime premesse, spesso le delude, talvolta banalizzando la trama. Detto questo non ritengo Gaiman un ottimo romanziere (purtroppo non conosco Sandman e per quello non lo posso giudicare), al contrario di Martin, forse meno originale ma ciò nonostante molto più curato nello stile (soprattutto nell’attenzione alla caraterrizzazione dei personaggi). Mi trovo d’accordo sul fatto che Gaiman sia (in parte) più innovativo, ma secondo i tuoi parametri è superiore a Martin per lo stile?
Ho trovato molto materiale interessante nel tuo sito e ritengo che il tuo modo di analizzare un testo riesca molto bene a spiegarne i limiti.
immagino che per i parametri che normalmente segui potresti trovare disorientante il fatto che il PDV in “A song of ice and fire” cambi in ogni capitolo, ma a parte questo ci sono altre pecche nel suo stile?
(io leggo in inglese Martin, ma quando mi è capitata fra le mani una traduzione italiana sono rimasta basita…)

#16 Comment By Gamberetta On 28 novembre 2008 @ 18:35

@Rumo. Mi sono espressa in maniera troppo sintetica: quando parlavo di bravura, intendevo bravura a scrivere fantasy, più che che tecnica di scrittura in generale.
Probabilmente il Martin del Ghiaccio e del Fuoco in media è più abile di Gaiman, la differenza è che Gaiman almeno ci prova. Non sempre riesce a tirar fuori questi gran romanzi (Stardust ad esempio a me è piaciuto pochissimo, American Gods solo a metà), però mi sembra ci sia sempre un tentativo di cercare un margine di originalità.
Invece Martin si è adagiato su un polpettone pseudostorico che non finisce più, condito con davvero troppo poco “fantasy” (nel suo significato di idee fantastiche).
Perciò hai ragione, parlavo di confronto fra tematiche, idee, “ispirazione”, non di stile o tecnica in senso stretto.

#17 Comment By Anacarnil On 24 gennaio 2009 @ 22:03

Io il libro non lo ho ancora letto, ma penso lo leggerò presto. Il Geppe me lo ha regalato di persona, dunque, comunque vada, non potrò dire che sono soldi spesi male :D

Comunque, una precisazione: non è che tutti i testi dei Lingalad siano di Giuseppe Festa. Le prime canzoni, quelle più note a chi affolla i raduni fantasy, sono estratti direttamente dai libri di Tolkien.

Ad ogni modo, de gustibus

#18 Comment By Giuseppe Festa On 13 gennaio 2010 @ 15:58

Buongiorno, sono capitato per caso su questa pagina e ringrazio l’autore della recensione de I Boschi della Luna. Mi sono divertito molto nel leggerla.
Mi sono stupito anche della lungheza della stessa e di quanto impegno sia stato profuso nello smontare il libro pezzo per pezzo. Suppongo che sia stato un lavoro lungo e faticoso…Le critiche fanno sempre piacere, soprattutto dopo tanti pareri positivi, che alla lunga possono anche stancare. Desidero solo fare una precisazione: I Boschi della Luna è un libro per ragazzi. Un buon recensore dovrebbe sempre tenere in considerazione il target al quale un prodotto è destinato. Il fatto che abbia trovato consensi anche fra un pubblico adulto è stata una sopresa anche per me. Se l’autore della recensione avesse avuto la possibilità di partecipare ad uno dei molti incontri fatti dal sottoscritto con le scolaresche che in tutta Italia hanno adottato il libro, forse capirebbe che ciò che appare stucchevole ad un trentenne può essere assolutamente entusiasmante per un bambino di quinta elementare.
Migliaia di bambini si sono identificati in Jari ed Ivo e hanno condiviso con loro emozioni impensabili in un contesto urbano e ipertecnologico. E il più bel regalo che la scrittura del libro mi ha donato è stata proprio la possibilità di confrontarmi col mondo degli adolescenti e preadolescenti, di osservare ciò che avevo scritto attraverso i loro occhi. Mi hanno dato tanto, tantissimo.
Cordialmente
Giuseppe Festa

#19 Comment By Kirtash On 6 aprile 2012 @ 21:40

*Giuseppe Festa*

Un libro, deve essere ‘perfetto’ a prescindere dal target. Anzi, spesso una ottima storia per bambini, diventa un capolavoro per gli adulti (guarda Il re leone, o la bella e la bestia disney spassosissimi per i bambini e profondi per gli adulti. Il re leone è una rivisitazione dell’Amleto di Shakespeare e la bella e la bestia veicola il seguente messaggio ‘nella nostra azienda dedicata all’immagine, l’immagine non è tutto’ da su wiki).
In altre parole, non vale la pena scrivere un libro se questo non rimane una lettura interessante a tutte le età.

#20 Comment By Kirtash On 6 aprile 2012 @ 21:50

Sostituire al messaggio precedente la parola ‘diventa’ con ‘è pensata per essere’

#21 Comment By thyangel83 On 20 aprile 2012 @ 17:30

Ho passato un po’ di tempo a riflettere sugli ultimi post inseriti in questa discussione.
Trovo interessante l’argomento su cui in definitiva l’attenzione è andata a convergere…se un libro per essere valido debba interessare qualsiasi target di lettori.
D’istinto, direi “Sì”. D’istinto. Ma, a pensarci bene, non credo sia la risposta giusta.
Non so quanti di voi abbiano dei figli. Io ne ho uno. Mio figlio si diverte moltissimo a leggere i libricini de “L’elicotterino Elio” e dei Barbapapà. Eh, certo! Per lui sono fantastici!
Sono dei capolavori? No, non direi. Valeva tuttavia la pena che qualcuno li scrivesse? Sì, assolutamente sì. Certo, io non è che apra la libreria quando sono in casa da solo per leggermi “L’elicotterino Elio” o i “Barbapapà”, ma mio figlio sì.
Se fosse un po’ più grande, leggerebbe libri più evoluti, certamente. Forse, un giorno mi chiederà di leggere un libro della Troisi. E’ il meglio del fantasy mondiale? No, o almeno non lo so: non ne ho mai letto uno; ma dalle recensioni che compaiono qui…mi verrebbe da pensare di no. Però a un bimbo-un ragazzino certi libri piacciono. E giustamente. Mica si può dare in mano a un bimbo di 6 anni “Il Rosso e il Nero” di Stendhal!
Quindi, credo che il target di riferimento (a livello di età) sia un dato davvero importante per stabilire se un libro è “azzeccato” o meno. Se no, addio “Barbapapà”…!
Certo, poi ci sono le eccezioni: quelle storie che, in un modo o nell’altro, escono dal semplice “target” per imporsi al pubblico di ogni età. Ma non si può pretendere che ogni storia sia così. Il Re Leone, La bella e la bestia, forse anche altre (Ivanhoe? Il castello errante di Howl?…) assurgono a livelli differenti. Però ci sono libri scritti “ad hoc” per una fascia di età; e vanno benissimo così.
Già non è facile scrivere per i giovani, in generale. E non sono d’accordo che sia necessario che a un dodicenne venga “sbattuta in faccia” una realtà di sesso, crudeltà, violenza…come se niente fosse. Non perché non la possa capire. Non perché bisogna avere gli occhi foderati di prosciutto. Ma perché si possono dare ANCHE altri messaggi. Perché no, un po’ di romanticismo? Due diciassettenni che sognano di tenersi per mano (cfr. recensione…)? A voi non è mai capitato di sognarlo? O la vostra adolescenza è stata popolata – forse monopolizzata – da sogni pornografici hardcore??


URL dell'articolo: http://fantasy.gamberi.org/2007/11/06/409/

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