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Il Futuro del Blog

Pubblicato da Gamberetta il 13 marzo 2008 @ 14:07 in Comunicazioni | 80 Comments

Negli ultimi dieci giorni sono incappata in tutta una serie di problemi sia tecnici sia personali, che mi hanno fatto meditare sul futuro del blog.
Purtroppo comincio ad avere poco tempo, specie se intendo scrivere seriamente. Ho un sacco di idee (alcune delle quali penso persino siano buone e originali), ma non ho ancora la scioltezza per scriverle in maniera passabile in un arco di tempo ragionevole. È come quando ho cominciato a usare una tastiera e digitavo con due sole dita, fra l’altro commettendo una marea d’errori. C’è voluto un bel po’ di esercizio e Mavis Beacon Teaches Typing per raggiungere un livello decente, che non mi costringesse a dover continuamente fermarmi per inseguire sulla tastiera le frasi che mi venivano in mente.

La confezione di Mavis Beacon Teaches Typing
La confezione di Mavis Beacon Teaches Typing versione 17

Lo stesso, su un diverso piano, riguardo la scrittura. Non sono ancora abbastanza agile, e la cosa m’infastidisce non poco! Ho nella testa trame a sufficienza per almeno un romanzo ogni anno da qui al 2100, e vorrei avere l’abilità per scriverli. Per usare un paragone cinematografico, mi sento molto più vicina a John Ford o Takashi Miike piuttosto che a Stanley Kubrick. Miike sono quindici anni che gira una media di più di quattro film l’anno. Non sempre sono capolavori, ma tranne rare occasioni, sono ottimi film. Miike ha un’idea, gira il film, passa all’idea successiva.

Takashi Miike
Takashi Miike: se non fosse giapponese, ormai sulla cinquantina e a giudicare da diversi suoi film un pervertito, lo sposerei!

Vorrei riuscire a fare lo stesso. E se quattro romanzi all’anno è probabilmente un’esagerazione, un romanzo all’anno vorrei essere in grado di metterlo assieme.
Dato che è da quasi un anno che ho cominciato a scrivere con una certa attenzione, seguendo dei progetti più o meno delineati, piuttosto che buttar giù tutto quello che mi passava per la testa, è ora che mi dia una mossa! E poi sono stufa di essere chiamata invidiosa e frustrata perché gli editori avrebbero rifiutato i miei romanzi, quando non ho ancora spedito niente! Voglio quanto prima togliermi la soddisfazione di essere invidiosa e frustrata a ragion veduta!

J.K. Rowling
J.K. Rowling: ha ricevuto dodici rifiuti prima che Harry Potter venisse pubblicato. Ah, non sposerei neanche lei!

Però tutto ciò richiede tempo, tempo che non potrò più dedicare al blog. Articoli come le recensioni della Troisi richiedono una marea di ore, sia mie sia di mio fratello (che nel caso specifico ha ricontrollato ogni singola citazione, per assicurarsi che in nessun punto il mio estrapolare il testo modificasse il significato originario), e non so quando potrò di nuovo permettermi un impegno simile – ben inteso, oltre la seconda trilogia della Troisi, le Guerre subiranno lo stesso trattamento delle Cronache, quella è una promessa!
Dunque gli aggiornamenti diverranno più radi. Posso anticipare che oltre alla Troisi è probabile terminerò le recensioni già in cantiere (in alcuni casi da mesi!) ovvero Estasia, Ethlin, Il Risveglio dell’Ombra, La Bussola d’Oro, Sky Girls, Claymore, Abarat, e qualche altra. Seguirò la terza stagione di Zero no Tsukaima, e tra i fantasy italiani aspetto sempre la possibilità di leggere Zeferina. Quasi sicuramente parlerò del signor Paolini all’uscita del suo terzo romanzo.
Ci sono poi una serie di articoli per i quali ho già raccolto parecchio materiale ed è possibile che anche questi vengano alla luce un giorno o l’altro. In particolare avevo voglia di parlare di registi giapponesi contemporanei (da Tsukamoto in poi), delle parodie fantasy (Shrek, ma anche film meno conosciuti, non per questo meno belli, tipo Ella Enchanted) e di fanfiction (che non molti sanno esistono fin da inizio secolo, no, non il 2000, il 1900! e anche prima!)

La locandina di Ella Enchanted
La locandina di Ella Enchanted

Ciò detto, se qualcun altro vuole scrivere per i Gamberi, da ora in poi sarà il benvenuto. EDIT: non più, vedi qui.
Sarò sincera: credo che per una persona “esterna” scrivere un articolo per i Gamberi non porti nessun particolare beneficio, e non vedo perché tale persona dovrebbe impegnarsi in tal senso. Ma provando a bilanciare, i vantaggi sono questi:

  • potete scrivere quanto volete, come volete, nello stile che volete, e occupare quanto spazio volete con ogni genere di allegato audio/video o altro materiale rilevante.
  • se scrivete la recensione di un fantasy italiano potrete contare che l’autore la leggerà. Quasi tutti gli autori recensiti sono intervenuti a commentare le loro recensioni in pubblico o in privato. E quei pochi che non si sono fatti vivi (ciao Licia!) so che comunque hanno letto.
  • io e mio fratello siamo disposti a un limitato lavoro di editing e a gestire l’impaginazione. Il che vuol dire che se sapete usare Word o quant’altro ma non avete mai visto l’HTML in vita vostra, posso sistemare io l’articolo perché risulti decente.

Gli svantaggi:

  • gli articoli devono essere non banali, approfonditi, documentati e scritti in maniera piacevole. So che alcuni dei primi articoli del blog non rispondono a questi requisiti, ma questo vuol solo dire che tali articoli saranno revisionati in futuro non che siano accettabili articoli sciatti!
  • se sosterrete tesi poco popolari è probabile ci siano commenti velenosi se non apertamente offensivi: rimarranno, non importa quanto “maleducati”.

Oltre a ciò:

  • sono in particolare graditi articoli che parlino di fantasy italiano, recensioni di romanzi, film e quant’altro. Non è “linea editoriale” dei Gamberi sostenere a priori che il fantasy italiano faccia schifo, constatiamo solo l’evidenza. Se la vostra “evidenza” è altra, potete sostenere le vostre tesi. Mi sta benissimo che scriviate una recensione di un romanzo della Troisi sostenendo che è un capolavoro, ma dev’essere dimostrato con la stessa accuratezza con la quale io invece ho cercato di mostrare il contrario.
  • oltre al fantasy italiano, recensioni di film d’animazione (e non) nipponici o coreani mi faranno sicuramente piacere! Ma qualunque altro argomento va bene, in fondo basta che sia interessante.
  • uno stile ironico/sarcastico è apprezzato, ma non necessario. Potete anche essere mortalmente seri, però non potete essere noiosi!
  • in ogni caso a decidere cosa, come e quando pubblicare, siamo io e mio fratello, a nostro insindacabile giudizio. E l’ultima parola spetta sempre e solo al Coniglietto Grumo!

Gnocchi con ragù di coniglio
Gnocchi con ragù di coniglio: ecco, questa è una buona foto da mettere per farsi rifiutare un articolo da Grumo! Fortuna che ora sta dormendo…

Un piccolo consiglio che ho scoperto utile in questi mesi. Serve a capire se state scrivendo una recensione decente (o a capire se è decente una recensione che state leggendo altrove): meno affermazioni generiche ci sono meglio è. Quando scrivete una frase riguardo a un’opera, pensate a quante altre opere può essere applicata, se può essere applicata a un sacco di altre opere, è una frase che non comunica niente, è solo rumore.
“Questo romanzo è bello”, “Questo romanzo è brutto”, non importa quale sia il caso specifico, sono entrambe affermazioni applicabili a milioni di romanzi, per tale ragione non valgono nulla. “Nihal piange 22 volte”, questa affermazione è applicabile solo a Nihal della Terra del Vento, dunque trasmette almeno un granello d’informazione.
Ovviamente “Questo romanzo è bello/brutto perché ecc. ecc.” non è più così generico e può essere accettabile, ma prendiamo: “Questo romanzo è bello perché può essere letto su più piani, che vanno dal più semplice, quello di ordinaria avventura, sullo sfondo dell’eterna lotta tra bene e male, a quello più complesso, legato alla crescita interiore dei protagonisti”, qui non si è fatto altro che concatenare affermazioni generiche, e il risultato è che l’intera frase è aria fritta. Non ha importanza se la frase è vera per il romanzo in questione, perché sarebbe come affermare: “Questo romanzo è formato da tante parole”. Vero, ma il lettore della recensione ne sa quanto prima!
Inutile sottolineare che eventuali articoli basati sull’aria fritta non verranno neanche presi in considerazione.

Se ancora volete collaborare, potete scrivere al solito indirizzo: gamberifantasy@gmail.com.

Inoltre, da settimana prossima il blog darà molto più spazio a quella che viene definita “pirateria”. Perché parlare di Miike è interessante, leggere un libro su Miike e il suo cinema lo è ancora di più, ma guardare i film di Miike è quello che davvero importa! Così come parlare di Pullman è interessante, consultare un saggio su di lui anche, ma ciò che davvero conta alla fine di tutto è leggere i romanzi che ha scritto.
Per questa ragione via via segnalerò le varie release riguardanti il fantastico (libri, film, videogiochi, ecc.) che spuntano in rete. Per ragioni tecniche e legali è probabile che il blog non potrà mai ospitare direttamente materiale “pirata”, cercherò il più possibile di addentrarmi nei meandri di eMule, BitTorrent, FTP e Newsgroup in modo che ognuno riesca a far da sé.

È capitato a tutti, capita a tutti di discutere di musica, libri, o film. Da un po’ di tempo tra me e i miei amici abbiamo inserito una clausola: non si parla senza DVDR! È cominciato come un gioco, ma secondo me è un concetto rivoluzionario. In pratica non si possono fare affermazioni sullo stile di “hai visto il nuovo film di Tizio & Caio?” o “ma com’è bello il nuovo album dei Tal dei Tali!” senza avere in mano un supporto ottico dov’è registrato tale film o album!
La rivoluzione consiste nel fatto che sparisce il passaparola, nel suo senso più degenere di mera pubblicità o parlare a vanvera. Sparisce il fumo e rimane l’arrosto. Sparisce la pubblicità, l’hype, il parlare di o su qualcosa, perché rimanga il solo nucleo vitale, il qualcosa.
“There ain’t No Such Thing as a Free Lunch” diceva fra gli altri Heinlein nel suo celebre romanzo La Luna è una Severa Maestra, e questa frase in una forma o nell’altra ci viene continuamente picchiata in testa. Ma è falsa.

Copertina di The Moon is a Harsh Mistress
Copertina di The Moon is a Harsh Mistress

La tecnologia attuale permette di produrre e distribuire opere (d’arte) a un costo prossimo a zero. Non succede per pura avidità. E per piacere la si smetta di dire che se la gente non paga gli artisti muoiono di fame, gli editori chiudono e chissà che altro! L’umanità ha prodotto arte dalla notte dei tempi, con qualunque tipo di governo, organizzazione sociale e qualunque fosse la religione. Questo ultimo secolo di crescente e feroce difesa del copyright e di concetti marci alla radice, quale quello di “proprietà intellettuale”, si può sapere quale incalcolabile beneficio abbia portato all’Arte? Mentre lo svantaggio mi pare evidente: l’Arte non è più pensata per essere al servizio della società, per essere fonte di progresso, benessere o divertimento, ma per essere fonte di guadagno per pochi profittatori.
Ne riparlerò al primo articolo della nuova rubrica.

Ultimo cambiamento del blog sarà che spero molto più spesso apparirà la narrativa da me medesima scritta. Ve ne dovrete fare una ragione! Penso la distribuzione avverrà con licenza Creative Commons, e nel creare fisicamente i testi cercherò di attenermi ai miei stessi buoni consigli riguardo la creazione di ebook.

Entusiasmo
Entusiasmo suscitato dalle novità del blog


Approfondimenti:

bandiera EN Mavis Beacon Teaches Typing su Wikipedia
bandiera EN Takashi Miike su IMDb
bandiera EN Un estratto da Brisingr (sic) terzo romanzo di Paolini
bandiera EN Ella Enchanted su IMDb
bandiera IT Ci sono anche le chioccioline al ragù di coniglio…


80 Comments (Mostra | Nascondi)

80 Comments To "Il Futuro del Blog"

#1 Comment By Marte On 13 marzo 2008 @ 14:34

primo commento ? :D

va bene :D

io attendo di leggere una lista di libri consigliati dai gamberi :D

per il resto.. buona fortuna :D

#2 Comment By Carraronan On 13 marzo 2008 @ 15:12

Grazie per averci aggiornato e buona fortuna per quello che stai scrivendo, qualunque cosa sia …e sperando non faccia schifo.
Mi sembrano chiare le indicazioni date per gli articoli, ma dubito che altri possano produrre qualcosa di valido quanto i tuoi spassosi, ma profondi, articoli. Io so già che non potrei mai farcela.

Una cosa che ho notato ieri e noto anche oggi: nella colonna degli “Ultimi Commenti” credo ci sia un problema con il nome di “Miserogamberettoinsapore” se usi come browser IE7, perché vedo che i due commenti più recenti (Marte e Daisy) appaiono in cima, ma quello di Gamberecc… prima di apparire (sforando di 2/3 di “e” il bordo) fa dilatare verticalmente la colonna fino a fondo pagina.

Credo sia colpa del nome formato da un singola parola troppo lunga.
Prova a controllare se capita anche a te, magari è un problema del mio IE7 (sul mio FF 2.0.12 non succede, ad esempio).

Non so cosa usi, se Widget o codice copiato brutalmente o chissà quale diabolico plugin cinosvedese, ma nel caso peggiore credo che per risolvere tutto basti accorciare il nome “a mano” nei singoli commenti già presenti e imporre un limite massimo di caratteri al campo Nome per i commenti futuri.

Ciao!

#3 Comment By Osservatore Cosmico On 13 marzo 2008 @ 18:18

Ma sai, gli artisti comunque erano sempre finanziati dai mecenati di turno…
La tua considerazione è molto “decadentista”, ma sappiamo bene che fine hanno fatto Baudelaire & Co.

#4 Comment By Niccolo’ On 13 marzo 2008 @ 18:29

Heinlein invece continua ad avere ragione – quel che appare gratis alle nostre immediate tasche ha in realta\’ un costo sociale che si paga. Come tenere in piedi tutta l\’infrastruttura internettara. :) Peccato per gli aggiornaggi piu\’ radi, ma si sopravvivera\’.

#5 Comment By Vierran On 13 marzo 2008 @ 19:45

Ella Enchanted un bel film? Salvo per le idee geniali del libro da cui è tratto, per me rimane un’esasperazione grossolana di cliché vari con interpreti che fingono di pensare di essere divertenti. Brr.
(Ma sarà che al libro ero molto affezionata.)

#6 Comment By Gamberetta On 13 marzo 2008 @ 20:00

@Osservatore Cosmico. Perché Baudelaire che fine avrebbe fatto? È nato, ha scritto alcune bellissime poesie, è morto. Vorrei farti notare che il secondo punto non è così facile da raggiungere, c’è solo da invidiarlo Baudelaire!
Non c’è proprio niente di “decadente” nelle mie idee. È decadente una società che basa ogni sua attività sul guadagno o sullo scambio monetario. Una società così convinta che sia l’unico possibile modo di vivere, da elevare emerite cazzate come la frase citata da Heinlein o l’analogo “nessuno ti da niente per niente” a principio universale.

@Niccolo’. Balle. Il costo per mantenere l’infrastruttura di Internet è minimo. Ed è per questo che le società di telecomunicazione navigano nell’oro. E in ogni caso, il costo per trasferire un libro da me a te via Internet è infinitesimale al confronto del doverlo stampare e portare fisicamente.

@Vierran. A me è parso che la “grossolanità” sia stata voluta. Non so, per esempio i giganti o gli orchi, che sembrano usciti da un film anni ’50 senza budget; a me è piaciuto.

#7 Comment By Simòn R. On 13 marzo 2008 @ 20:27

Tristessa é_è

Non ho mica capito cosa significa DVDR e, quindi, perché dovrebbe migliorare qualcosa o_O E poi il passaparola non mi sembra una cosa negativa… anzi, forse è l’unica forma di pubblicità “reale”, informativa, non spinta dal denaro ma dal gusto effettivo…

#8 Comment By Gamberetta On 13 marzo 2008 @ 21:17

@Simòn. Eh?! Un DVDR, un DVD registrabile! Ormai conviene ampiamente rispetto ai CD. Il passaparola ha il problema che lo scopo finale è far spendere soldi (o chiacchierare a vuoto). Invece lo scopo dev’essere guardare bei film (o ascoltare bella musica, leggere bei libri).

#9 Comment By Osservatore Cosmico On 14 marzo 2008 @ 14:00

@ Gamberetta: col termine “decadentista” mi riferivo alla corrente letteraria, ovviamente, e non l’intendevo con l’accezione negativa delle origini. Ma, come tu ben sai, era proprio dei decadenti il concetto di “Art for Art’s sake”, l’arte disinteressata, come valere supremo sopra ogni cosa.
La tua critica alla società la condivido; non la penso invece come te per quanto riguarda la questione più triviale (i soldi, insomma). Visto com’è messo il mondo d’oggi, l’artista deve trarre guadagno da ciò che realizza.

#10 Comment By alice On 14 marzo 2008 @ 16:53

he he he … i soldi ormani sono diventati simbolo di vita

#11 Comment By Niccolo’ On 14 marzo 2008 @ 16:58

Balle una sega! Mantenere e aggiornanre tutti i server e le linee che ne costituiscono lo scheletro non e’ roba da ridere! :)

#12 Comment By Simòn R. On 14 marzo 2008 @ 20:30

ehm… non capisco ancora, Gamberetta: qual è la differenza tra avere visto un film comprato, al cinema, nolleggiato, scaricato sull’hd o masterizzato su un dvd? O musica, o libro, o qualsiasi cosa sia… o_O Cioè, se mi è piaciuto te ne parlo e te lo consiglio comunque… e non mi pare di spingerti verso chissà che consumismo, così… c’è internet, ci sono le biblioteche… boh ?___?

@Osservatore Cosmico: sono d’accordo anch’io che con l’ “arte” si debba pure campare. In fondo le opere letterarie migliori del ’900 sono venute fuori proprio per questo: per tirare a campare. Pirandello che doveva comprare le medicine alla moglie, ecc.
Anche perché scrivere porta via molto tempo. Fidati che se stai fuori di casa 12 ore al giorno scrivi mooolto poco.

#13 Comment By Gamberetta On 14 marzo 2008 @ 21:30

@Simòn. In quanto a vederlo un film, nessuna. Averlo masterizzato può essere una buona idea perché è subito pronto per essere prestato/copiato. Vederlo al cinema o comprare il DVD originale significa dare soldi a gente che intende metterti in galera per violazione di copyright e perquisirti all’ingresso dei cinema.
Il succo della questione comunque non è questo, è sempre il fatto di documentarsi/non-parlare-a-vanvera, perché mi devi dire che un film è bello? Passami il film! Prendi la mia recensione di Cloverfield: accettabile, ma in un mondo migliore non ci sono così tante parole e invece in linea tutti quegli altri film citati. Dopo che uno li ha visti può da solo farsi un’idea di Cloverfield senza che io gli dica niente.
L’idea di parlare di film/libri, della “critica” in generale, è che c’è gente che guarda e riferisce a chi non può fare la stessa esperienza. Il “critico” guarda 100 film e ne consiglia 5. Può essere utile, ma adesso c’è la possibilità per tutti di vedere direttamente i 100 film.

Riguardo all’essere pagati. Cominciano a togliere dal discorso gli “artisti” ché sarebbe troppo complesso identificarli (Licia Troisi è un’artista? E Totti il calciatore? Totti che scrive barzellette?), diciamo se in generale un’attività deve essere pagata. No, e no in grassetto se si parla in particolare di pagamento in denaro.
Un’attività può essere pagata, e non c’è nulla di male in ciò, ma non deve essere pagate. Tra il “può” e il “deve” c’è un abisso.

Se però pensate davvero che sia giusto il “deve”, bene, vi consiglio, per i vostri stessi principi, di non leggere più il mio blog, perché, per chiunque la pensi così, il prezzo è di 1.000.000 di euro a parola per articolo. Non vorrete mica essere dei ladri?! (nota: non li voglio io i soldi, potete pure versarli a piratebay.org, eff.org o siti simili)

#14 Comment By avvocatospadaccino On 15 marzo 2008 @ 16:06

Bella l’idea di chi, mentre ti parla bene o male di un libro, canzone o film si toglie dalla tasca un dischetto (quello che sia, DVD o anche antiquato floppy) con copiata su l’opera in questione dicendoti: a proposito, dacci un’occhiata. Fa molto peer to peer (forse anche più)!
Gamby, pensi che si potrebbe fare con gmail? O con quale altro sistema?
I pescatori sanno come la penso, ne abbiamo già discusso (molto civilmente, come sempre), però su una cosa vi do ragione (e non vedo come non potrei): i produttori e i distributori ci trattano tutti da criminali (vedi pubblicità: ruberesti mai una borsa?) , che ti viene voglia di dire: SI!!!!!!!!!!!!!!! Mò vado a scippà na vecchia!!!!!!!!!!!!!!!!
Un mese fa sono stato per davvero perquisito all’entrata di un cinema per una prima, temevano avessi degli apparecchi di riproduzione. Potevo entrare gratis, ma ho detto: tieni la mani a posto, non mi va più di entrare. Pensateci, vogliono i nostri soldi ma in fondo gli facciamo schifo al cazzo!
perdonate lo sfogo, ma questa è la dimostrazione che discutere fa bene, perchè si può anche cambiare idea (poi magari si sbaglia ancora di più, ma questo è un altro discorso)
Egoisticamente mi spiace che Gamberetta si concentri su altre cose, già il buon capitano è così pigro (lol) , tanti buoni recensori in rete non mi pare ce ne siano, ma, come dicevo, è un pensiero egoista.
Forza Gamby, l’unico metodo è quello Londoniano: scrivere duemila parole al giorno (L’ha detto per primo London, mica King!) anche se non ti va, anche se sei scazzata, anche se hai la febbre, anche se hai un’interrogazione.

#15 Comment By Osservatore Cosmico On 15 marzo 2008 @ 17:23

@Gamberetta: se metterai un accesso a questo sito tramite carta di credito o simili, stai tranquilla che non verrò più… ;-)

#16 Comment By un passante On 16 marzo 2008 @ 03:14

@gamberetta e niccolo’: in termini assoluti l’infrastruttura internet costa, e parecchio. Ovviamente le società di telecomunicazioni guadagnano perchè il costo riscalato al singolo utente è basso. Immagino vi siate fraintesi… ora fate pace ;)

Volevo aggiungere la mia su pirateria&arte.
Secondo me se ci fosse una liberalizzazione dei contenuti i mecenati diverremmo un po’ tutti noi. Chiunque abbia un minimo di onestà penso non abbia problemi a pagare, per quanto gli è possibile, un’opera che ha gradito. E’ anche vero che grandi opere sono nate su commissione… potere dei soldi insomma. Opere che senza quell’incentivo magari non sarebbero nate.
La soluzione è quindi la pirateria selvaggia o l’abolizione del copyright? Secondo me no.
Mantenere il copyright attuale mi sembra ugualmente controproducente. E’ inutile negarlo, limita pesantemente la diffusione della cultura anche se in qualche modo incentiva la produzione artistica.

Ehm… mi fermo, rileggendo le mie poche righe mi sono accorto di aver scritto una cosa inutile… tutto quello che volevo scrivere andrebbe a sostenere quell’articolo linkato tra queste pagine, articolo che cercava di stimare una durata ideale del copyright. Leggete direttamente l’articolo, lo consiglio anch’io, non solo gamberetta.
Riassumendo, secondo me quella è la via ideale. Proporzionare in modo equo la durata del copyright.

Fine del mio delirio notturno.

PS: peccato per il blog, l’ho scoperto da poco e iniziava a piacermi. Mi auguro arrivino contributi esterni degni di stare a fianco dei vecchi contenuti. So che voi gamberi vigilerete ;)

#17 Comment By Federico Russo “Taotor” On 16 marzo 2008 @ 12:07

Sono in toccata e fuga.
Mi fa piacere sapere che sei artisticamente impegnata. Se devo essere sincero, quest’idea dei Gamberi come lavoro collettivo mi fa storcere un po’ il naso, ma il sito è tuo – e mi pare che l’idea originaria fosse proprio questa.
Ciao!

#18 Comment By Simòn R. On 16 marzo 2008 @ 13:19

Gamberetta, qua c’è qualcosa che non torna. Il punto è: vuoi una casa, e da mangiare per te e i tuoi figli? Hai bisogno di soldi. Punto. E. Basta.
Se riesci ad averli sfruttando un talento, sfruttando la creatività, sfruttando una-cosa-che-sai-fare, che male c’è? Poi certo, c’è chi ne fa taaanti, ma davvero taaanti. Pensa a King, a Brooks, a Follett. Anche alla Troisi.
Ma sai, perlomeno 2 su 4 dei citati, prima di pubblicare il gran successo avevano le pezze al culo. Non dovevano prenderli?
Non ti capisco, davvero. Il lavoro VA pagato. Altrimenti non si vive. E ripeto, se non hai un minimo di sicurezza economica, non scrivi. Non produci. A meno che non vuoi fare il bohemien e rischiare di morire di tisi, rinunciando a qualsiasi rapporto affettivo stabile, concreto, con un futuro.
Chi lavora DEVE essere pagato, e DEVE in grassetto. E se fa qualcosa che piace a molti, mi pare anche giusto che prenda MOLTI soldi. Perlomeno sistemerà la famiglia per le generazioni a venire, e questi figli di papà, deo gratias, potranno anche fare i bohemien se vorranno, e sputtanarsi tutto. Ma IO padre che ne ho la possibilità, di sicuro cerco di costruire qualcosa di solido con la mia passione.

Per il discorso del 1’000’000 a battuta: questa è veramente da bambini dell’asilo. Questo è internet. Al massimo puoi legarti a una testata giornalistica che ti paghi uno stipendio. O inventare qualcosa di nuovo, come gli artefici di Google. Ma di certo 1’000’000 a battuta…
Però vedi, se tu chiedessi, ad esempio, 1 € ad articolo, io ci starei. Sarebbe un prezzo accettabile. E troverei giusto che tu, per il tuo lavoro, venga pagata. Di certo, però, questo lavoro non vale un milione a battuta…

Chi invece produce con continuatività, e vende, ha diritto anche a un milione di royalties. Sinceramente non mi pare una cosa così negativa il copyright. Quello che manca, secondo me, è il “prova-prima-di-comprare”. Ovvero: guarda 15 minuti di film, se ti piace lo compri, se no no. Checcacchio, anche la gente deve vivere! Dietro a un film, o a un libro, non c’è solo l’autore e l’editore: ci sono anche i facchini e gli impiegati, la tipografia e i cameramen…

#19 Comment By Stefano On 16 marzo 2008 @ 13:22

In bocca al luo anche da parte mia: l’invito a collaborare con noi di Terre di Confine è ancora valido, se vuoi.
Un saluto
Stefano

#20 Comment By AngicourtJester On 16 marzo 2008 @ 14:02

Scrivere è un lavoro a tempo pieno: se lo si vuole fare bene e non in maniera dilettantistica bisogna spendere tempo ed energie.
Documentarsi richiede tempo.
Buttare giù una prima idea richiede tempo.
Pianificare la storia richiede tempo.
Correggere richiede tempo. E va fatto più e più volte.
Scrivere non è un lavoro che si può fare nei ritagli di tempo: devi perdere ore e ore, giornate (e spesso nottate) intere a pensare a quello che stai facendo, con cognizione di causa. E’ un lavoro duro e impegnativo, perché le storie non si scrivono da sole e, soprattutto, non vengono fuori perfette: nessuno ha mai scritto qualcosa che andasse bene alla prima stesura. Ed è duro e impegnativo perché richiede competenze tecniche, che non si possono acquisire semplicemente leggendo qualche manuale. Bisogna impegnarsi, bisogna amazzarsici dietro, altrimenti non si arriverà mai a produrre qualcosa di buono. L’ispirazione non viene a gratis, bisogna inseguirla, perché le idee ce le hanno tutti. Le idee buone (quelle che possono funzionare) sono un altro paio di maniche. Soprattutto non esiste l’ispirazione divina, quel mito secondo cui una storia “nasce” così, completa e definita, quasi un’immacolata concezione.
Ed è per questo che non sta in piedi l’idea che uno scrittore può non essere pagato. Dato che ogni essere umano ha questo fastidioso viziaccio di doversi nutrire e dato che le bollette ci sono per tutti, uno scrittore deve essere pagato per quello che fa. Se no non ha senso farlo. La società non ti mantiene perché sei un artista. E il fatto di essere pagato non ti fa diventare un “non-artista” (così come il fatto di non essere pagato non ti fa diventare un artista).
Per scrivere si deve passare attraverso mesi e anni di lavoro senza retribuzione, di duro apprendistato e di gavetta: ci si sente rifiutare i propri lavori decine di volte, prima di un barlume di luce (“Potrebbe andare, ma cambiamo questo e quest’altro, poi vediamo come va”). Devi passare anni a farti le ossa, a conoscere gente che lavora nel settore, a inserirti, spintonando a ogni passo, perché non sei mica solo tu che hai la passione per scrivere.
Alla fine chi ce la fa? Quelli che hanno la passione vera. Quelli che hanno il talento per farlo. Quelli fortunati. E non è questione di soddisfare uno dei tre requisiti: devono esserci tutti.
Perché uno, dopo essersi fatto un mazzo del genere, dovrebbe aspirare a non essere pagato?
Non ha senso.
Ritengo offensivo che la figura dello scrittore professionista sia sminuita in questo modo (cos’è, ha più merito uno scrittore che pubblica su lulu.com? E perché? Lulu.com pubblica tutti, indifferentemente, senza meriti).

#21 Comment By Gamberetta On 16 marzo 2008 @ 15:13

@Simòn. Non ho mai detto che uno debba vivere come un’asceta, se una persona riesce a farsi pagare per quello che scrive o dipinge o quel che è buon per lui. Ma deve partire dal presupposto che non gli è dovuto.
Deve partire dal presupposto che il principio della libera circolazione delle informazioni è più importante del suo eventuale guadagno. Se pubblica (distribuisce in pubblico) qualcosa, deve capire che con tale gesto la rende gratuitamente disponibile a tutti. Se poi nonostante ciò c’è gente disposta a pagare buon per lui (i recenti casi dei Chemical Brothers e dei NIN dimostrano che è del tutto fattibile), ma nessuno deve essere obbligato.
Qui si sta cercando di sostenere un principio, che la “proprietà intellettuale” è una cattiva idea e che sarebbe beneficio complessivo della società se le idee e la cultura avessero sempre libera e gratuita diffusione.

Per il pagare il blog: non decidi tu il prezzo. Se vuoi pagare, perché ti sembra giusto pagare, il prezzo se permetti lo stabilisco io, non tu. Ed evita il bambinesco, grazie, perché è bambinesco il tuo modo di fare, il Punto. E. Basta, come se la società non potesse mai cambiare. In altra epoca avresti detto: “Bisogna obbedire al Re. Punto. E. Basta.”
Il fatto che tu dica Punto. E. Basta non fa diventare le tue tesi più definitive. Il libero mercato, la proprietà privata/intellettuale, la pubblicità, e tanto della società attuale non è che sia Vangelo. È probabile che alcuni di questi principi siano anche utili e buoni, ma non sono scolpiti nella pietra, si possono cambiare, migliorare o stravolgere. Nel caso specifico della proprietà intellettuale e del copyright occorre stravolgere.

@AngicourtJester. Vale quanto detto per Simòn. Ti faccio poi notare, e non solo a te, che quando Alessandro Magno incontrò il celebre filosofo Diogene e gli chiese se poteva fare qualcosa per lui, qualunque cosa, Diogene rispose di levarsi che gli faceva ombra. Non ha chiesto un miliardo di dracme.
Non giriamo la frittata, non c’è niente di male a essere pagati, a essere “professionisti”, ma non è che sia una cosa della quale particolarmente vantarsi. Sono solo soldi. Il brutto dei soldi è che, almeno con la tecnologia attuale, non ti possono comprare per esempio la saggezza di un Diogene.
Ma d’altra parte quando leggo che secondo te farebbe parte del ruolo dello scrittore, “conoscere gente che lavora nel settore, a inserirti, spintonando a ogni passo, perché non sei mica solo tu che hai la passione per scrivere.” mi rendo conto che abitiamo su due pianeti diversi.
Io non voglio spintonare nessuno, non voglio conoscere gente che lavora nel settore (non almeno nel senso che rendi implicito tu) e mi fa piacere che tanta gente abbia passione per lo scrivere.
Come anche alla fine quando te la prendi con Lulu perché pubblica chiunque, senza meriti. A me sembra che il tuo scrittore non scriva per raccontare belle storie al prossimo, per il piacere suo e degli altri di narrare di fatti incredibili e meravigliosi, ma per ricevere un premio. DEVE essere pagato, DEVE essere riconosciuto il suo “talento” dalle case editrici, DEVE lui pubblicare e altri che lui non ritiene all’altezza neanche usare Lulu per diffondere le proprie opere.
Il problema è che questo tipo di riconoscimenti (monetari e non) si ottengono molto più facilmente in altri campi che non quello della scrittura, dunque forse il nostro scrittore ha sbagliato mestiere.
L’idea è proprio che tu t’impegni tantissimo, stai in piedi le nottate a scrivere, ci dedichi la vita, ben sapendo che niente ti sia dovuto! Perché niente ti è dovuto. Il tuo “premio” al massimo sarà indiretto: con le tue opere contribuisci a un generale miglioramento della società, e tale miglioramento potrebbe prima o poi anche riguardarti personalmente.
(fermo restando che se poi uno trova gente ugualmente disposta a pagarlo e la cosa gli fa piacere, nessuno gli vieta d’intascare).

@un passante. La riduzione della durata del copyright sarebbe una buona cosa, ma secondo me, come “via di mezzo” prima dell’abolizione dello stesso, bisogna tornare a com’erano le cose prima dell’inasprimento delle leggi in tutto il mondo: il copyright è difendibile solo se il violatore lo fa a scopo di lucro, se io distribuisco gratuitamente o scambio le opere per uso personale deve essermi consentito.
Poi per la totale abolizione, non basterebbe una prova? Abolizione per 50 anni, secondo me ci sarebbe un fiorire di creatività mai vista nella storia. Perché qui bisogna mettersi d’accordo, a casa mia le leggi sono pensate per difendere gli interessi di tutti, della società nel suo complesso, non interessi particolari.

#22 Comment By avvocatospadaccino On 16 marzo 2008 @ 22:13

ma possibile che ogni tanto salti su qualcuno a dare a gamberetta dell’infantile invidiosa mocciosa bambina?
Non è detto che dobbiate essere d’accordo con lei e non dovete esserlo sempre (nè mi sembra lei sia una persona che pretenda accondiscendenza), ma vi sembra un modo civile di discutere?
L’idea che qualcuno vada giudicato secondo le sue idee si è persa per strada dall’illuminismo ad oggi?
Allora ve lo dico io, svelo il segreto dei segreti: Gamberetta è una ottantenne sdentata, quindi, la prossima volta che volete ricorrere a mezzi termini, ditele che è senile e riconglionita! LOL!
Intanto un altro blog interessante è morto, temo proprio che il gamberi collettivo non funzionerà. Chi altri perderà tutto quel tempo e migliori letture per attaccare la nuova Troisi che tra qualche tempo sicuramente Mondadori ci propinerà?
Qualcuno nei commenti ha detto che solo i migliori riusciranno, forse quel qualcuno ha scritto il testo della canzone di morandi che fa: uno su mille ce la fa.
E la Troisi, tanto per fare un esempio?
Senza talento e senza aspettare!
Come dicono a Roma dai tempi di Paolo Sisto: anvedi sta impunita!!!!!!!!!!!!

#23 Comment By Gamberetta On 16 marzo 2008 @ 22:23

@avvocatospadaccino. Calma! Ho solo detto che dato il tempo richiesto per scrivere articoli come quelli della Troisi, il ritmo dovrà rallentare e tali articoli saranno più sporadici. Ma non ho alcuna intenzione di chiudere il blog, anche se non collaborasse nessun altro.

P.S. Gli anni solo solo 79! ^_^

#24 Comment By avvocatospadaccino On 17 marzo 2008 @ 00:39

Temevo il peggio, il tono del post era abbastanza pessimistico, tipo crisi di mezz’età!
ti prego quindi di essere più accurata nelle segnalazioni se non vuoi seminare il panico, vecchiaccia!
Ora torno a guardare Maison Ikkoku su Youtube e guai a chi mi da dell’immaturo!
Scherzi a parte, per curiosità, i tuoi progetti di romanzo riguardano fantasy, altri generi o mainstream?

#25 Comment By avvocatospadaccino On 17 marzo 2008 @ 00:42

a proposito, sempre per curiosità, capisco che non sposeresti un cinquantenne e/o un pervertito (In questo Maggie nel film Secretaty ti batte), ma perchè non sposeresti un giapponese? Arigatou Gozaimas.

#26 Comment By Hill On 17 marzo 2008 @ 12:58

Riguardo alla questione copyright in linea di massima sono d\’accordo con Gamberetta, però secondo me bisognerebbe riconoscere almeno una quota monetaria minima da pagare al detentore del copyright… ovvero il costo dovuto alla stampa, all\’editing ed al \”lavoro materiale\” svolto dallo scrittore (quest\’ultimo ovviamente difficilmente quantificabile). A questa quota minima poi ognuno dovrebbe poter essere libero di scegliere se aggiungere o meno un \”bonus artistico\” (per l\’idea, lo stile ecc.).
Però, tutto sommato, mi rendo conto che si tratta di una via irrealistica e idealista. La stragrande maggioranza delle persone non pagherebbe mai questo bonus… prima di tutto perché lo si dovrebbe fare a lettura ultimata e non all\’acquisto (e già questo è un motivo più che sufficiente) e poi perché sarebbero davvero pochi quelli disposti a pagare più del \”necessario\” per qualcosa che possono comunque ottenere ad un prezzo \”standard\”.
Nettamente più realista invece l\’idea di ridurre la durata del copyright ad un più ristretto lasso di tempo. Però, in linea di principio, anche in questo senso bisognerebbe fare una distinzione tra opere più o meno meritevoli (e questo si può fare in maniera più o meno oggettiva solo ricorrendo alla conta dei volumi venduti).
E\’ un argomento di cui si potrebbe parlare per ore senza mai arrivare ad una soluzione soddisfacente per tutti. Purtroppo temo che dovremmo accontentarci di come stanno già le cose (che è comunque un passo avanti rispetto alla situazione precedente all\’avvento del peer2peer su internet).

#27 Comment By AngicourtJester On 17 marzo 2008 @ 16:44

@avvocatospadaccino: la Troisi, infatti, non dovrebbe essere presa come esempio. E’ un caso a parte, una su un milione (cosa ammessa sia dai detrattori che dai sostenitori). Se uno pensa di prenderla come pietra di paragone sbaglia i suoi conti: per ogni Licia Troisi, ci sono mille scrittori che ottengono pubblicazione solo facendosi il proverbiale mazzo a tarallo e, mi si passi il termine, ingoiando merda a ogni passo.

@Gamberetta: come dire che a uno che lavora in borsa non gli è dovuto lo stipendio perché la circolazione economica è più importante?
In linea di principio teorico sono pure d’accordo con te: l’arte è un bene comune dell’umanità. Ma l’arte è sempre stata pagata.
Citi Diogene e Alessandro Magno?
Ottimo.
Omero (e tutti gli aedi suoi contemporanei) mica cantavano per diletto. Lo facevano per essere mantenuti dal signore locale con vitto e alloggio.
Virgilio fu pagato per scrivere l’Iliade.
Shakespeare scriveva su commissione.
Il fatto di essere pagati ha impedito loro di essere artisti? No.
Se non fossero stati pagati avrebbero scritto quello che hanno scritto? Probabilmente non ne avrebbero avuto il tempo, perché avrebbero fatto un altro lavoro.
Per carità, non fraintendermi: le tue idee sono apprezzabili, ma temo che, quando verrà il momento di fare i conti con la realtà, verranno sistematicamente distrutte. Adeguarsi non costa nulla: prepara solo ad affrontare quello che ci verrà posto di fronte e, credimi, quando si parla di pubblicare, scrivere, si parla di camminare in salita, arrampicandosi con le unghie e con i denti.
Per quanto riguarda quello che ho detto circa il “fare a gomitate” (colpa mia che non mi sono spiegato abbastanza bene), non intendo essere sleali nei confronti di altri (anzi, semmai il contrario: io cerco sempre di aiutare chi vuole intraprendere questo mestiere, principalmente dando consigli in base a quel poco che ho vissuto sulla mia pelle finora). “Fare a gomitate” significa semplicemente che è un casino madornale farsi notare in questo settore: come ti dicevo ce ne sono tantissimi che ogni giorno inviano manoscritti e soggetti. Su questo stesso blog Dazieri ne ha parlato e, credimi, è assolutamente vero: il tipico editor riceve ogni giorno manoscritti da esaminare. Su cento aspiranti autori, quanti pensi siano abbastanza in gamba da risaltare sugli altri? Non ti sto dando dell’invidiosa (per carità) e non dico quello che dico per darti addosso. Semplicemente la realtà nell’editoria è questa. Per farti notare è come in una folla: devi sgomitare. Si sgomita essendo bravi. Si sgomita avendo belle idee. Si sgomita telefonando e ritelefonando quando i nostri manoscritti non ricevono risposta. Si sgomita non arrendendosi al primo no. Né al secondo o al terzo. Non ci si arrende mai.
La differenza tra essere fortunati ed essere bravi è che un fortunato viene pubblicato al primo tentativo. Mille bravi vengono pubblicati dopo dieci.
E perché? Perché non si sono arresi. Perché hanno lottato e non si sono fermati (come tanti fanno) al primo tentativo, prendendosela con gli editor. Perché hanno fatto sacrifici, hanno speso tutto il loro tempo libero per dedicarlo alla scrittura, anche se contemporaneamente dovevano lavorare o studiare o entrambi.
E la differenza più importante è che un fortunato ben difficilmente durerà nel tempo: avrà il suo momento, sì, ma se non saprà impegnarsi, come tutte le mode, passerà.
Quello bravo, invece non si ferma mai, perché a un certo punto si girerà indietro a guardare il suo percorso e vedrà che avrà faticato troppo, sacrificato troppo per mollare adesso, per permettersi di adagiarsi sugli allori e crogiolarsi in quello che ha ottenuto.
Quello bravo rimane e diventa un Robert Jordan.
Questo è il suo premio. Il suo vero premio.
Il denaro, il compenso, è solo un mezzo. Purtroppo necessario. Robert Jordan con i suoi romanzi ci ha campato per anni. Si è fatto pagare. Se per lui il pagamento fosse stato lo scopo, sarebbe morto e basta. Invece ha lasciato materiale necessario per finire la saga. Fosse stato solo un mercenario perché avrebbe dovuto farlo?
Il premio è farcela, il premio è rimanere, sapere che sei stato capace di creare qualcosa che rimarrà anche dopo di te, che non sei semplicemente passato senza lasciar traccia. Anni fa, a Bologna, ho assistito a un incontro con Neil Gaiman. A un certo punto una ragazza si è alzata, commossa, e gli ha consegnato un disegno fatto da lei, spiegandogli perché: gli scritti di Gaiman l’avevano aiutata a passare un momento brutto della vita. Io credo che Gaiman se lo ricorderà per sempre quel momento. Quello è il premio.
E nessun premio ha valore se non lo si è ottenuto con sudore e fatica. Ti guardi indietro e vedi che non hai dovuto far nulla di speciale per ottenerlo. Forse è perché ogni cosa che ho ottenuto nella vita me la sono dovuta sudare e che nulla mi è mai stato “regalato”, per così dire. Ma ritengo che non ci sia gioia nell’ottenere una cosa bella senza faticare. Ecco perché non apprezzo il principio di Lulu.com: sì, ti pubblicano. Che tu sia bravo o meno. Vieni pubblicato tu, ma anche quello che scrive “ha” senza l’h, anche quello che scrive cose odiosissime come “nn, ke, xkè”, quello che non ha il minimo senso narrativo, quello che non ha nulla da dire, quello che si crede un grande, ma non è nessuno.
Scrivere non è un mestiere che si fa per vantarsi: non fai una cosa speciale come salvare vite umane, non attiri i membri dell’altro sesso, cavoli non ci fai nemmeno vita sociale. Scrivere è qualcosa che fai perché devi, perché non ne sai fare a meno. Una cosa così potente la apprezzi veramente solo se passi per la via dura.
Pubblicare è come scavarsi una galleria verso la superficie.
Se lo fai con le unghie e con i denti, soffrirai per tutto il percorso, ma non ti scorderai mai la prima boccata d’aria respirata una volta fuori e apprezzerai per sempre ogni respiro.
Se trovi la tua strada perché sei fortunato, invece, passerai il resto della tua vita a meravigliarti della tua fortuna e a chiederti se ce l’avresti mai fatta in altro modo.
Se invece imbocchi una galleria che è già aperta, una con il cartellone “uscita” scritto al neon, non ti ricorderai nulla, uscirai e respirerai l’aria, ma non te ne accorgerai nemmeno.

#28 Comment By Wyvern On 17 marzo 2008 @ 17:20

Anche io ho scoperto questo blog di recente e l’ho trovato molto interessante, tanto da essere dispiaciuto se la frequenza dei post dovesse diradarsi. Ma le motivazioni sono chiare, nobili e come di consueto ben esposte quindi faccio buon viso a cattivo gioco.

Ho letto con molto interesse il dibattito sul copyright e sulla remunerazione del lavoro dell’artista e mi sento di aggiungere un paio di bit.
Distinguerei tra la remunerazione per il lavoro creativo dell’artista (il cosiddetto diritto d’autore) e il guadagno della casa editrice che lo pubblica. Il primo lo trovo legittimo e sensato, sempre che l’autore non decida altrimenti, il secondo è frutto del nostro sistema economico per cui le case editrici sono principalmente aziende.
Il primo è giustificabile sul piano morale, il secondo è giustificabile sul piano economico. Tanto è che pur all’interno del nostro sistema economico troviamo anche editori no profit.

Andrea

#29 Comment By Simòn R. On 17 marzo 2008 @ 20:14

Okay. Intanto chiedo scusa per il tono. La sparata del milione mi aveva un po’ lasciato basito. Ma in effetti ho esagerato anch’io.

Infatti volevo rispondere così:

Gamberetta: “Ma deve partire dal presupposto che non gli è dovuto.
Deve partire dal presupposto che il principio della libera circolazione delle informazioni è più importante del suo eventuale guadagno.”

?!?!??!?!? Io devo partire dal presupposto che DEVO mangiare tutti i giorni!!!!

ma non avrebbe aggiunto granché.

E’ solo che, a questo punto l’ho capito, parliamo di due cose diverse: Gamberetta parte dal presupposto che puoi produrre arte E comunque campare, io parto dal presupposto che prima devi campare, POI se ce la fai produci arte. E questo significa che scrivi confidando nella speranza che sarai pubblicato, metti in gioco tutto quello che hai – lavoro, tempo libero, amici, famiglia, hobby, ecc. – sapendo che se ce la fai puoi mantenere in equilibrio il tutto, se no… hai perso tutto.

Insomma, la vedo più come AngicourtJester. Scrivere è sacrificio. E devi farci entrare dentro anche il campare.

A proposito di Lulu.com: io onestamente non vedo molto di positivo in questo genere di iniziative, come infinitestorie, scrivi.com, o anche solo i vari forum o ng dedicati alla scrittura. E questo, fondamentalmente, perché, nonostante li frequentassi in passato, ora mi rendo conto che c’è così tanto materiale scadente che neppure le cose buone spiccano. Certo, in libreria ti mettono tra Moccia e la Troisi, non è che ci sia molto da star contenti. Però insomma, hai comunque più possibilità di farti conoscere così che non ingolfando la rete di scritti di dubbia qualità.

#30 Comment By avvocatospadaccino On 17 marzo 2008 @ 21:16

x angi. Mi permetto di non essere d’accordo sul fatto che la troisi è una su un milione. é solo uno degli ultimi risultati di una strategia lucida, lucidissima, che un anno ci sforna faletti e l’altro dan brown. Almeno un tempo i seriali erano wilbur smith e king, che comunque si mantengono su livelli di scrittura più che decenti (e a me piacevano molto, non rinnegherò snobbisticamente piacevoli letture passate).
importa poco il genere (hanno persino fatto passare per intellettuale piperno, ma andiamo, un pò di serietà), presto mondadori ci delizierà con un altra perla (del signor Guttalax però)
Onestamente, ce l’ho tanto con la troisi perchè quando cominciai a vedere i suoi libri mi dissi: ok, è stato bello, ma ora sono diventato troppo grande per sta stronzata che è la fantasy. Un pò come mettere via i miei playmobil (eh, io sono del 76, con quelli giocavamo allora noi vecchi) e vergognarsi anche un pò di averli trovati speciali. Quando ho letto gli articoli di gamberetta che le facevano una bella autopsia a corpo vivo mi sono sentito vendicato. Sta diventando un supermarket, sputtanano i gialli con faletti, gli storici con dan brown e ora la fantasy con la troisi. avanti il prossimo genere, sotto a chi tocca. Non per citare sempre Orwell, ma credo abbiano già inventato delle macchine che assemblano i romanzi popolari per i nuovi prolet.
Con l’aggravante che la media nel fantasy mi pare già più bassa, bei gialli e bei romanzi storici ve ne saprei citare a centinaia, di fantasy, ehm, ci devo un pò pensare.

a gamberetta: ma sbaglio o hai messo un anti spam word erotico? Io mi trovo sempre kiss, hot, hugs e ora persino warm. Io pretendo un blog timorato di Dio, cosa sono queste sconcezze? lol!

#31 Comment By Gamberetta On 17 marzo 2008 @ 22:18

@avvocatospadaccino. Scrivo fantasy anche se non tradizionale (alla Tolkien per intenderci). Per il giapponese, scherzavo, anche se non è che in generale mi attraggano particolarmente. Hanno un che dei furetti…
Per le parole antispam non ho idea, io sono amministratrice e non le vedo neanche!

@Simòn. Per quanto riguarda Lulu: Lulu non è un editore è solo una tipografia online. Quello che si può fare con Lulu lo si può anche fare con la tipografia sotto casa, il vantaggio di Lulu è che costa molto meno. Perciò se una persona ha bisogno di avere un certo numero di copie stampate di un libro, anche in piccole quantità, può rivolgersi a Lulu e risparmiare. Perciò è solo tutto di guadagnato, altrimenti sarebbe come accusare le stampanti laser di permettere a chiunque di stampare un libro!
La scrittura come sacrificio: non la vedo così. Cioè c’è una parte di sacrificio, perché è richiesto esercizio e impegno, ma nel complesso è un’attività piacevole. Sabato sera sono rimasta a casa a scrivere. Perché, tutto sommato, preferivo così che non uscire con gli amici. Non è stato un sacrificio, è stata una scelta. Onestamente penso che se per uno la scrittura è più sacrificio che piacere forse dovrebbe fare altro. Io sono felice di dedicare la buona parte del mio tempo libero a scrivere, se non lo fossi dubito continuerei.
I forum degli aspiranti scrittori: funzionano poco, ma secondo me non perché l’idea sia sbagliata, è sbagliato l’atteggiamento dei partecipanti. È inutile che ci giriamo attorno: chi posta un racconto su tali forum vuole solo ricevere complimenti (il suo “premio”) e non gliene frega niente se la storia sia in sé bella sul serio, se possa donare piacere al lettore. E il lettore, che nella buona parte dei casi è anche scrittore, è ben disposto a elargire lodi, così quando toccherà a lui sarà ricambiato.
Nessuno ha reale interesse a migliorarsi, nessuno ha reale interesse a imparare, nessuno ha reale interesse a leggere ed esprimere un’opinione argomentata, nessuno cerca davvero in questi luoghi narrativa decente. È solo uno sterile scambio di convenevoli.

@AngicourtJester. Sono d’accordo sul fatto che lasciare qualcosa di bello sia uno degli scopi dello scrivere, lo vedo del tutto slegato dall’essere più o meno pagati. E.A. Poe sarà ricordato quando di King nessuno conserverà ricordo, eppure è vissuto in miseria. Attenzione, non sto dicendo che sia giusto che Poe sia morto povero, sto solo dicendo che l’essere ricordati o no, la qualità di quello che si scrive, non è legata ai soldi.
Altro esempio contemporaneo: Tom Clancy. Il suo primo romanzo, scritto nel tempo libero, perché doveva lavorare, è di gran lunga il suo miglior romanzo. Ripeto: non è richiesto che lo scrittore sia asceta, ma neanche che guadagni, sto sostenendo che non c’è legame diretto tra la condizione economica e la qualità letteraria.
Poi ti dico quel che farò io: quando avrò pronto il mio primo romanzo lo spedirò a quelle case editrici che mi possono garantire una tiratura superiore ai visitatori del blog (ché lo scopo di pubblicare è rendere pubblico, se si stampano 500 copie non sto “pubblicando”) e stop. Se verrà pubblicato meglio, altrimenti continuerò come prima e ci riproverò con il secondo romanzo

#32 Comment By AngicourtJester On 18 marzo 2008 @ 12:21

@avvocatospadaccino: quello che dici è vero, nel senso che ci sono diversi scrittori che riescono a pubblicare per un colpo di fortuna o perché esiste una particolare corrente modaiola. Quello che dicevo io, però, riferendomi alla Troisi come una su un milione è rispetto al numero totale di gente che invia un manoscritto (un primo lavoro per giunta) a una casa editrice e se lo vede pubblicato in pompa magna senza che siano apportate modifiche rilevanti. Succede, appunto, a una persona su un milione. Degli altri 999.999, 999.998 si arrendono, 1 continua.

@ Gamberetta: è slegato nel senso che essere/non essere pagati non determina la bravura dello scrittore, sia nel bene che nel male (e su questo ti do ragione).
Qualche consiglio pratico: il classico e immortale “non avere fretta” mi pare d’obbligo, anche se lo saprai già (va a collocarsi assieme a “devi essere il tuo critico più severo”: tratta tutto ciò che scrivi come tratteresti un romanzo della Troisi, autoinfliggiti le peggiori critiche, se necessario). Quando avrai un manoscritto completo stampalo e mettilo su CD, chiudi il tutto in una busta e spediscitelo tramite raccomandata con ricevuta di ritorno (che è il modo più economico di mettere il copyright: conserva la cedola assieme alla busta: il timbro postale fa fede, con valore legale riconosciuto, per la data). Sembra una precauzione paranoica, ma gli editori, specie quelli piccoli, talvolta si fanno pochi scrupoli.
Prova tante case editrici contemporaneamente, non una per volta. Insisti: per ogni casa editrice cerca di scoprire chi si occupa del tuo manoscritto e, a intervalli regolari, telefona per sapere a che punto è la lettura (gli editor, come si diceva, ricevono manoscritti a tonnellate, per cui se tu scrittore non ti fai sentire per primo, sarà difficile che leggano le tue cose). Abbi pazienza e testa dura: insisti e insisti, non farti scoraggiare se ti dicono “non l’ho ancora letto” per dieci volte di fila: è normale. Se ti rifutano un manoscritto, chiedi se sono interessati a riceverne altri: se ti rispondono di sì è un ottimo segnale, perché magari non è piaciuto il manoscritto in sé, ma vorrà dire che hanno visto che hai potenzialità, quindi insisti.
Smetti di insistere soltanto quando ti arriva un no chiaro e deciso (e speriamo di no): è inutile combattere quelle che si definiscono “battaglie di retroguardia”. Rischi di fare più danno che altro.
Non fidarti mai di amici e parenti come giudici di quello che scrivi: per loro sarà sempre tutto molto bello. Si ritorna al fatto che devi essere la tua prima e più severa lettrice (si chiama “fare la mossa del cavallo”: uno scrittore deve sapersi mettere in posizione “laterale” quando legge le sue opere, perché non le deve leggere come uno a cui piace quello che ha scritto, ma deve vederle dal punto di vista di un lettore in libreria che pensa “vediamo un po’quello che ho in mano”).
E veniamo alla regola numero 1: non esistono vere regole. I manuali e i corsi di scrittura creativa (caldamente consigliati entrambi) ti riempiranno di regole, che sono utilissime per imparare e iniziare e che seguirai quasi sempre, ma nella scrittura vale proprio la regola che ciascuna regola può essere infranta, se necessario. E’ però una cosa che può riuscire solo se la si fa bene e per questo servono: a) esperienza, b) conoscere benissimo tutte le regole della narrazione.
Scusa se ti dico questo, ma l’ho fatto perché, leggendo i tuoi post qui sul blog, ho visto che fai spessissimo riferimento a manuali e simili, come se fossero regole assolute (è un impressione e ti dico così non per darti addosso, ma con intento costruttivo): intendiamoci, fai benissimo a leggere quanti più manuali di scrittura riuscirai a trovare, ma tieni conto che le regole vanno bene, ma possono anche essere infrante. Se si finisce a seguirle troppo alla lettera, ci si lega e non si va avanti. Per di più si finisce con la convinzione di star facendo tutto a regola d’arte.
Chiudo con una frase che per me si è rivelata importantissima, finora: se una storia non può essere migliorata è perché fa schifo.
Una buona storia avrà sempre qualcosa che può essere migliorato, qualche ritocco da fare: è importante capire quando smettere di farlo. Se non trovi più nessun miglioramento fa fare è probabilmente perché qualcosa non funziona nella storia in sé (e, a proposito, se hai la sensazione che qualcosa non funzioni, ma non riesci a trovarlo, non lasciar perdere, nella speranza che l’editor non se ne accorga: l’editor si accorge di tutto; se non sei tu autore il primo a essere ultraconvinto del tuo lavoro, non lo sarà certo l’editor -che è un alleato, non un nemico, anche se lo odierai per la maggior parte del tempo, se sa fare bene il suo lavoro).

#33 Comment By Sandy85 On 18 marzo 2008 @ 14:17

I forum degli aspiranti scrittori: funzionano poco, ma secondo me non perché l’idea sia sbagliata, è sbagliato l’atteggiamento dei partecipanti. È inutile che ci giriamo attorno: chi posta un racconto su tali forum vuole solo ricevere complimenti (il suo “premio”) e non gliene frega niente se la storia sia in sé bella sul serio, se possa donare piacere al lettore. E il lettore, che nella buona parte dei casi è anche scrittore, è ben disposto a elargire lodi, così quando toccherà a lui sarà ricambiato.
Nessuno ha reale interesse a migliorarsi, nessuno ha reale interesse a imparare, nessuno ha reale interesse a leggere ed esprimere un’opinione argomentata, nessuno cerca davvero in questi luoghi narrativa decente. È solo uno sterile scambio di convenevoli.

Devo dissentire, o almeno non essere in parte d’accordo. Sono admin di un forum di scrittura e, personalmente, odio quelli che commentano per ricevere commenti a loro volta e poi, se gli arriva una critica negativa costruttiva si lamentano.
Io ho sempre partecipato (da quando mi è presa la passione della scrittura) a forum di scrittura, per confrontarmi con gli altri, per sapere sì, cosa ne pensassero, ma soprattutto per ricevere consigli per migliorare. Certo, ci sono forum che restano sulla cresta dell’onda solo perché i commentatori sono tutti buoni e gentili e non sanno dare un consiglio per migliorare neanche a pagarli (senso figurato), ma ci sono anche forum, dove la qualità degli scritti è ciò che conta davvero, dove, chi pubblica, vuole migliorare.
Ok, saranno casi isolati, però, non tutti i forum tengono particolarmente alla quantità.
Mi è capitato più di qualche volta, sia sul mio forum sia su altri, di stroncare il lavoro di qualcuno perché scritto malissimo, con punteggiatura inesistente, trama assolutamente discutibile (perché troppo banale e/o riutilizzata in lavori precedenti da altri autori), ecc. L’autore in un primo momento ci sarà rimasto male, ma quello che conta di più è il successivo ringraziamento per i consigli.

Scusa se ho ripreso questo punto, ma è quello che mi ha colpita di più, di tutta la discussione qui nei commenti^^

#34 Comment By Gamberetta On 18 marzo 2008 @ 15:14

@Sandy85. Ovviamente stavo parlando in generale, ma almeno per i forum più frequentati mi sembra sia un’affermazione vera. Credo anche sia inevitabile: la gente preferisce ricevere complimenti piuttosto che critiche, e un aspirante scrittore preferisce postare in un forum molto frequentato piuttosto che in uno dove non ci passa anima viva. È un circolo vizioso, che fa emergere i forum più beceri invece di quelli più interessanti.

Poi mi fa piacere ci siano eccezioni, e come detto l’idea in sé è buona, i forum di aspiranti scrittori potrebbero diventare un luogo utile agli stessi, ma secondo me deve in generale cambiare la mentalità. Troppa gente vede i forum solo come luogo di “amicizia” (in senso lato), invece per me un forum di aspiranti scrittori è dove si discute di argomenti tecnici legati alla narrativa, e il bagaglio sentimentale (“Cattiva! Io mi sono impegnata tanto e dici che il mio racconto è brutto! Ma no, non è vero, sei più brava della Rowling, non piangere!”) dovrebbe essere lasciato fuori dalla porta.

#35 Comment By AngicourtJester On 18 marzo 2008 @ 16:52

Verissimo: scrivendo l’unica cosa certa è che si riceveranno critiche. Il segreto è nell’usarle a proprio vantaggio.

#36 Comment By avvocatospadaccino On 18 marzo 2008 @ 16:59

per Gamberetta, visto che mi hai dato tanti buoni consigli, vorrei dartene uno io: quando avrai finito il primo romanzo non inviarlo a nessuno, scrivine almeno un altro paio. Non sono di quelli che pensa che non si possa scrivere qualcosa di buono con il primo romanzo (anche se è molto difficile, ripetita iuvant), ma perchè, quand’anche fosse buono, rischi di finire come Salinger nella sua torre d’avorio o Kennedy O’Toole che si suicidò (tocca ferro). Te lo dico perchè finalmente ho letto di qualcuno che dice di scrivere per piacere, vivaddio, dimenticando per un attimo le bollette e i sogni di gloria.
p.s. per gli altri che pure hanno scritto commenti giusti, ho detto “un attimo”, non mi azzannate subito eh!
Si scrive per tanti motivi diversi e tanti motivi insieme, certo, ma ogni tanto – e ripeto: ogni tanto – , mentre sgranchite le dita sulla tastiera, pensate che ci sono poche altre cose così belle al mondo, almeno poche altre cose così belle che siano legali! Voi davanti ad infinite possibilità, infiniti mondi, infinite storie (c’erano anche dei portali con questi nomi, non è pubblicità occulta) .
Se tutto questo è bello? bisogna avere provato per saperlo.

da ultimo, mi trovo d’accordo con gamberetta anche su un’altra cosa: meglio le giapponesi che i giapponesi, ha ha

#37 Comment By Federico Russo “Taotor” On 18 marzo 2008 @ 18:21

avvocatospadaccino, sono pienamente d’accordo con te. Anch’io sono della stessa politica. Voglio prima scrivere un po’ (un bel po’), e solo in futuro proporrò quello che ho scritto. Anche se per ulteriori motivi. Su internet ho trovato, per diversi editori, molti giovani pubblicati. Fanno schifo un po’ tutti. Ma la cosa peggiore è che, dopo aver commesso l’errore, come si può tentare di rimediare, sepolti sotto una valanga di merda?

#38 Comment By Simòn R. On 18 marzo 2008 @ 20:01

Bella lì! ‘sti commenti sono una figata unica, li ho bookmarkati ^___^

Rispondo a Gamberetta a questo punto perché sul resto sono sostanzialmente d’accordo:
“La scrittura come sacrificio: non la vedo così. Cioè c’è una parte di sacrificio, [...] Sabato sera sono rimasta a casa a scrivere. [...] Non è stato un sacrificio, è stata una scelta.”

Posso essere d’accordo con quanto dici, d’altronde io non uscivo mai la sera, quindi per me quello non sarebbe stato un sacrificio. Ma penso si parli di sacrificio quando a disposizione hai 3-4 ore la sera e basta (il resto lo passi al lavoro) e devi scegliere tra scrivere e passare quel tempo con tua moglie / tuo marito, o coi figli. E apposta non conto genitori, fratelli / sorelle e amici. Capisci che a quel punto la scelta diventa un sacrificio, per un verso o per l’altro. Magari una sera vorresti svagarti, vederti quel film che hai registrato dalla tv un mese prima, o fare un po’ quel videogioco che hai scaricato, o proseguire nella lettura di quel libro che ti hanno regalato a natale; ma devi scegliere. Cosa è più importante per te? Il tuo tempo libero sono 3-4 ore la sera (e devi farci entrare la cena e la doccia, magari). Poi hai il sabato – e vai a fare la spesa – o la domenica – e fai le pulizie in casa. Capisci ora cosa intendo per “sacrificio”?

“Onestamente penso che se per uno la scrittura è più sacrificio che piacere forse dovrebbe fare altro. Io sono felice di dedicare la buona parte del mio tempo libero a scrivere, se non lo fossi dubito continuerei.”

Parbleu, ma certo che ADORO scrivere! Sono un drogato di Storie, ci mancherebbe altro! Ma purtroppo raramente si può fare ciò che si vuole. “Il dovere è più pesante di una montagna, la morte più leggera di una piuma”. La vita è obbligo, è dovere innanzitutto. Devi andare a lavorare, devi risparmiare, devi rispettare gli altri, devi passare del tempo con la tua famiglia. Questi sono tutti doveri.
Poi certo, sono piacevoli se hai avuto la lungimiranza di studiare per fare un lavoro che ami e di sposare una persona che ami. Ma questo non toglie che tutto ciò ti sottragga tempo alla scrittura. E che quindi devi fare una scelta. E che qualsiasi scelta farai, qualcosa comunque dovrai sacrificare. Qualcosa che ami, o qualcuno.

#39 Comment By avvocatospadaccino On 18 marzo 2008 @ 23:13

Il grande Tatore (ok, si Taotor, va bene va bene) è d’accordo con me, finalmente, era ora! LOL
Tatore è un altro, secondo il mio modesto avviso, che promette bene e non si arrabbia neppure se lo punzecchio. Ovviamente se volete attaccarlo dite pure che è un mocciosetto. Io lo faccio sempre quando non è d’accordo con me!

per simon r: lungi da me voler l’ultima parola e questo è un altro discorso sui massimi sistemi dove possiamo parlare cent’anni senza venirne a capo, ma ion dico che il tempo lo si trova sempre per fare quello che ti piace. Sghignazzo quando sento qualcuno che dice: oh, si bello leggere, ma non trovo mai il tempo.
E ci credono pure.
E poi perchè questa concezione dello scrittore come di una persona dedicata anima e corpo solo allo scrivere? almeno ci siamo scelti una passione facile a gestire, conosco gente che fa l’attore di teatro, si fanno un mazzo tanto, una preparazione che non finisce mai, un rischio di errore altissimo, ripetersi ad alti livelli ogni sera e recitano davanti a 30-40 persone. Poi la mattina presto vanno a lavorare. Sacrifici? Bè si, certo, ne fanno tantissimi. Ma rinunciano a qualcosa?
Sono giovani e forti e per ora resistono. Ma io credo che amino di più recitare dopo una giornata di lavoro e persino che lavorare (non che recitare non sia un vero e proprio lavoro, intendo un lavoro non artistico) li arricchisca anche come attori. Per esempio, evitano il rischio di parlare con la voce impostata anche quando ordinano un caffè al bar.

Saltando di palo in frasca, si potrebbe anche aprire una discussione su come sia bello a volte quando la scrittura ti tormenta… nessuno qui conosce la teoria del dolorino piacevole? é una teoria scientifica formulata da una gran cazzara (ma non per questo meno autorevole) di amica mia negli anni 94-95.

#40 Comment By avvocatospadaccino On 18 marzo 2008 @ 23:17

ah, però voglio aggiungere una cosa (seria) a quanto ben detto da Tatore:
immaginate che Melissa P diventi davvero una brava scrittrice (tutto può essere, immaginate persino che un giorno scriva Lei i suoi romanzi), voi le dareste mai credito dopo tutto questo sputtanamento? Io sinceramente no, neppure in mille anni.
Biblicamente, c’è un tempo per scrivere, un tempo per (forse) pubblicare.

#41 Comment By divinapellegrina On 20 marzo 2008 @ 02:11

Secondo me il pubblicare cartaceo non è una cosa essenziale. Comunque puoi far circolare i tuoi lavori (sia scritti, che quadri o fumetti) via internet e farli leggere a chi è interessato. Quello che conta davvero è il dolorino piacevole come diceva l’amica cazzara dell’avvocato spadaccino. Quella sensazione irrefrenabile, l’idea che ti assilla e che non puoi far altro che farla uscire, indipendentemente dal numero dei lettori.
Poi, ovvio, più piace ciò che fai e più ti senti gratificato e onorato a continuare e migliorarsi. E’ anche vero che la grande idea non viene ogni anno e diffido sempre dagli scrittori che pubblicano un libro all’anno solo perchè hanno il nome e possono farlo. Se la gamberetta mi scrive un buon libro o racconto lo pubblico volentieri. Se l’anno dopo mi sbrodola la ciofeca solo perchè ha bisogno di soldi e quindi DEVE scrivere beh, mi spiace, ci sono altre persone che magari hanno avuto la grande idea.
Si ritorna al solito discorso. Se ti chiami Faletti, o ti fai chiamare tale puoi pubblicare ciò che vuoi, perchè per la casa editrice il rischio è minimo e il guadagno è tanto (a parte qualche flop). Ciò che mi preoccupa (e lavoro in libreria quindi di libri ne vedo passare tanti) è il fatto che è sempre più difficile trovare nel mucchio un libro veramente ben scritto ogni giorno che passa.
Comunque visto la qualità eccelente del tuo lavoro di recensione e della grande simpatia e stile piacevolissimo sono davvero curiosa di leggere qualcosa di tuo ^^
Non farci aspettare troppo ;)

#42 Comment By AngicourtJester On 20 marzo 2008 @ 11:40

@ divinapellegrina: sì, ma che merito c’è a postare semplicemente qualcosa su internet? Chiunque può farlo: non c’è merito. E non rimane nulla: quello che va su carta, invece, resta, lo leggeranno anche dopo cent’anni.

@avvocatospadaccino: mi sa che mi farò la fama di bastian contrario. Scrivere anche trenta romanzi, aspettando di “fare quello bello” da pubblicare è un errore. Certo, è vero che i primi romanzi avranno difetti (ed è per questo che bisogna minimizzarli curandoli il più possibile), ma sostanzialmente l’80% (se non di più) dei difetti di un esordiente sono dovuti all’inesperienza. E questa è una cosa che si rimedia soltanto confrontandosi con un editor professionista che ti dice dove sbagli. Da solo puoi solo sperare di correggere qualchuno degli errori più gravi, ma non tutti e, quel che è peggio, si finisce con il costruire uno stile su tutti gli errori che non ci si accorge di fare. E’ come seppellirsi con le proprie mani.
Ok, magari (molto probabilmente) il primo romanzo verrà rifiutato. E il secono, e il terzo. L’importante è cercare di parlare con l’editor che li ha corretti e farsi spiegare dove stiano gli errori: le case editrici (tutte, nessuna esclusa) hanno interesse a “coltivare” uno scrittore che abbia potenzialità e che dimostri di voler imparare. Ovviamente non si tratta di carità, ma di affari, dal loro punto di vista.
Un’altra cosa che non si può fare scrivendo molti romanzi senza spedirli è imparare a confrontarsi con chi sta dall’altra parte: il rapporto con l’editor è fondamentale per uno scrittore (tutti i più grandi scrittori hanno alle spalle un eccellente editor), perché è un primo lettore e un primo giudice di quello che si produce e, se è veramente bravo in quello che fa, succederanno due cose: 1) lo scrittore lo odierà a morte per la maggior parte del tempo, 2) lo scrittore seguirà i suoi consigli perché sono quasi sempre giusti (sto sempre parlando di un editor che sappia il fatto suo: non vuol dire che si debbano sempre accettare i suoi consigli senza discutere, anzi. Talvolta capita che lui si sbagli o che una spiegazione da parte dello scrittore lo metta nella giusta prospettiva: come si può facilmente capire è molto importante il dialogo scrittore-editor).
Inoltre si finirebbe con il perdere un sacco di tempo: per pubblicare è fondamentale iniziare il prima possibile, perché la gavetta è lunga. Si parla di anni e non sto scherzando. Quando fai una gavetta di quattro-cinque anni e poi inizi sul serio, sei fortunato. Quindi il mio consiglio è l’esatto opposto rispetto al tuo: curare bene il primo romanzo (anche se ci volessere un paio d’anni: se non siamo convinti noi per primi è inutile mandare il tutto: i colpi di fortuna sono rarissimi e, n definitiva, poco soddisfacenti). Una volta che si è soddisfatti, mandarlo a diverse case editrici (meglio se prima ci si informa su quali editor si occupino del nostro genere e spedire direttamente a loro, servirà in seguito) contemporaneamente (non trascuriamo quelle grosse: esserne intimiditi è solo dannoso), allegando una lettera in cui presentiamo noi stessi e il nostro romanzo (non un trattato enciclopedico: una pagina, anche mezza sono più che sufficienti). Iniziare a lavorare su qualcos’altro, subito. Passati un paio di mesi (un mese e mezzo sarebbe ottimale), si inizia il giro di telefonate agli editor cui si è mandato il manoscritto (se non si sa a che editor sia andato il nostro romanzo può essre problematico rintracciare qualcuno che lo abbia letto) e si chiedono notizie. Si insiste, perché prima dell’esordiente ci sono altri scrittori già affermati da seguire e hanno la precedenza, quindi dobbiamo sgomitare per farci leggere. Non accontentiamoci di un “no, non va bene”, ma siamo curiosi, chiediamo che cosa non andava, se sono interessati a ricevere altri manoscritti.
Generalmente un “no” secco e deciso viene dato solo se proprio l’editor non vede potenzialità (di solito, se deve essere dato, viene dato senza giri di parole: nessun editor ha interesse a perdere ulteriore tempo se non vede possibilità, quindi se non ci viene direttamente detto “cambia mestiere” è quasi certamente un buon segno: si può chiedere se vogliono altri manoscritti).
Di nuovo, avere pazienza, umiltà e testardaggine: nessuno nasce “imparato”, nessuno nasce già grande e dopo che si è caduti, imparando a camminare, ci si rialza e si muovono altri due o tre passi incerti prima di cadere. Alla fine magari si diventa centometristi olimpionici.

#43 Comment By marcy On 20 marzo 2008 @ 12:46

Ma come fate a trovare i nomi degli editor? a parlarci e anche a farvi dire qualcosa del vostro manoscritto? Io ho molte difficoltà a trovare informazioni e spesso (sempre) le case editrici non rispondono e non danno alcun tipo di informazione…
Comunque mi sembra che per un esordiente sia piuttosto difficile pubblicare se non a pagamento. Anzi vista la qualità di molti libri mi sembrebbe strano che non avessero pagato. Il problema è che non sono convinta che se si scrive un libro di buona qualità sia più facile pubblicare.

#44 Comment By Gamberetta On 20 marzo 2008 @ 13:54

@AngicourtJester. La storia del merito continuo a non capirla. Il merito è insito nel romanzo in sé non nella facilità con la quale è stato pubblicato o come è stato pubblicato. Se è un bel romanzo l’autore sarà “meritevole”, altrimenti no. Non credo che cambi se l’autore l’ha scritto in tre giorni e poi postato su Internet o se invece ci ha messo cinque anni e trebbiato venti editori prima di essere pubblicato.
Tra l’altro continui ad associare l’essere pubblicato con un editore tradizionale alla qualità. Non è vero, al massimo si parla di vendibilità. Dopo l’articolo di qualche tempo fa sui videogiochi, ho conosciuto un ragazzo che lavora per un’azienda che li produce. È un po’ come l’editoria, anche lì c’è di continuo gente che spedisce idee e progetti di giochi, e anche giochi (quasi)completi ed è in cerca di pubblicazione.
Sai che mi ha detto? Che per esempio non pubblicano mai giochi basati su un concetto originale. Non importa quanto il gioco sembri bello, se il concetto alla base è originale non si riesce a svolgere indagine preliminare atta a stabilire le possibili vendite. Dunque è un potenziale rischio, e non si rischia.
In altre parole, se uno ha nel cassetto l’idea per un gioco originale deve realizzarselo da solo e metterlo sul web, perché è improbabile riesca altrimenti. E costui non avrebbe merito? Ne ha ben di più di quello che invece si fa produrre l’ennesimo FPS o RTS uguale al precedente!

Riguardo gli editor credo che il tuo discorso sia valido, ma solo in teoria, o se parliamo di mercato anglosassone, ma in Italia? L’editor della Troisi è una tizia il cui apice letterario sono manuali pubblicati da harmony, siamo sicuri che costei possa darti buoni consigli e abbia le competenze per svolgere l’editing di un romanzo fantasy? E parliamo di Mondadori, che non dovrebbe avere particolari problemi ad assumere personale qualificato.

#45 Comment By AngicourtJester On 20 marzo 2008 @ 16:18

@Gamberetta: è vero, associo la pubblicazione con un editore al merito, ma non nel modo in cui lo intendi tu (evidentemente per mancanza di spiegazioni da parte mia, che avrei dovuto essere più chiaro). E’ un merito perché hai superato difficoltà (generalmente grandi), perché hai ottenuto qualcosa con un duro lavoro.
E’ legato alla qualità del prodotto? Non necessariamente, ma questo, più che dall’editore in sé, dipende dall’autore e da quello che sta cercando. Per fare riferimenti conosciuti: questo è il periodo del fantasy. Il cinema li sta vomitando uno dietro l’altro, in ogni libreria c’è una sezione fantasy aggiornatissima, i MMORPG spadroneggiano sulla rete. Mondadori ha deciso di sfruttare il momento opportuno e la Troisi ha beccato, per fortuna sua, proprio quel momento.
In questo caso l’editore cercava di sfruttare la moda, non la qualità.
E questo è purtroppo il lato duro della situazione italiana: vendono di più le mode, perché il nostro è sostanzialmente un Paese in cui si coltivano i cerebrolesi (e basta accendere la TV in un qualunque momento della giornata per accorgersene). Ai cerebrolesi vendi la moda: gli dici che cosa va di moda e glielo imponi, lui lo compra.
Un autore, per farsi pubblicare, deve essere veramente bravo, dimostrare tenacia e farsi un mazzo tanto.
Prendiamo un autore che vorrebbe scrivere fantasy (così da restare in argomento), uno che non becca la “finestra d’apertura” verso la pubblicazione in grande stile: lui deve dimostrare di valere dieci volte la Troisi per ottenere una pubblicazione più o meno pari alla sua (se gli va strachebenissimo), quindi merito anche in questo senso. A differenza di chi spara a casaccio senza nemmeno avere fiducia in quello che ha scritto (vedi la Troisi: per sua stessa ammissione, non invento nulla), uno che ottiene la pubblicazione “the hard way” sa di essersi meritato tutto quello che ha raggiunto.
Questo, semplicemente pubblicando su internet, non è possibile. E’ questo che intendo per mancanza di merito su Lulu.com: pubblichi (e puoi pubblicare anche lavori di qualità elevata: non ho mai voluto associare internet alla pessima qualità -purtroppo, essendo aperto a tutti e non essendo tutti bravi scrittori, la cattiva qualità è sempre presente in maggiori quantità rispetto ai bei lavori), ma avrai pubblicato senza fatica. Intendo non una questione di riconoscimenti da parte di altri (che casomai su Internet è più facile ottenere, per la maggior diffusione del medium), ma proprio di una questione che riguarda solo noi stessi, individualmente: girarsi alle spalle e vedere le difficoltà che hai dovuto superare per arrivare dove sei, dà soddisfazione. Come in qualsiasi buona storia, anche nella vita non è importante la meta, ma il viaggio. Almeno io la vedo così.

Riguardo agli editor: guarda, è vero che la situazione editoriale italiana (e non solo nel campo della narrativa) non è tra le più rosee, ma questo non vuol dire che i lavori vengano dati solo agli incompetenti. Tieni presente che, nella maggior parte dei casi, l’editor sa quello che fa.
Purtroppo qua in Italia non c’è una grande cultura fantasy (che, come il fumetto, viene visto come “letteratura di second’ordine”, al limite della spazzatura da viaggio o Harmony). Di conseguenza mancano (o stanno soltanto cominciando a formarsi) gli editor specializzati. Per questo ci vorranno ancora alcuni anni, credo: sperabilmente si formeranno autori degni di merito (quindi, forza! ;) ), che magari cominceranno anche a lavorare come editor di altri autori fantasy. Se si riuscisse davvero a fare una cosa del genere, allora sì che si avrebbero figure professionali in questo senso.
Per ora ci sono solo quelli che si possono “improvvisare” come editor fantasy: gente che indubbiamente ha competenze straordinarie nel proprio settore, ma che può anche trovarsi disarmata di fronte a un genere particolare come il fantasy (e questo è uno degli effetti che nascono dalla tendenza a sottovalutare il genere: molti pensano che sia solo poco più che una favola per bambini con gente che si pesta e lancia qualche abbracadabra).
Il caso Troisi, secondo me, si colloca in un altro contesto ancora: avevano già investito tanto nel tipo di pubblicazione (usano budget ridottisimi per gli esordienti) e per l’editor non hanno badato a chi ci mettevano, ma a quanto gli costava. Ed è capitato che a fare un lavoro di idraulica ci sia capitato un cementatore. Bravissimo, magari, a costruire muri, ma completamente fuori campo.

#46 Comment By Simòn R. On 20 marzo 2008 @ 22:37

@AngicourtJester: so che è dannatamente OT, ma potresti contattarmi, o dirmi come posso farlo io? La mia mail è simonrmoon@gmail.com .

@divinapellegrina:
“Quella sensazione irrefrenabile, l’idea che ti assilla e che non puoi far altro che farla uscire, indipendentemente dal numero dei lettori.”

Bé, ognuno vede la scrittura in modo diverso. Io personalmente non mi sento soddisfatto a scrivere solo per me stesso. Scrivo perché voglio essere letto. Voglio far sognare la gente, diciamo. E non solo gli appassionati in rete… possibilmente tutta la gente, o comunque taaanta gente. Ritengo che il tipo di persone cui io mi rivolgo non siano quei (pochi, ritengo) appassionati che frugano internet alla ricerca di qualcosa da leggere, ma il target cui si rivolgono le librerie e le biblioteche.

@avvocatospadaccino

“ion dico che il tempo lo si trova sempre per fare quello che ti piace. [...] E poi perchè questa concezione dello scrittore come di una persona dedicata anima e corpo solo allo scrivere? [...] Poi la mattina presto vanno a lavorare. Sacrifici? Bè si, certo, ne fanno tantissimi. Ma rinunciano a qualcosa?”

Non saprei come rispondere. Tutto questo è così diverso dalla mia esperienza personale… mi alzo alle 7, esco di casa alle 7:30, torno a casa alle 20:30. Mangio, mi lavo, sono le 21:30 o le 22:00. Almeno 7 ore le devo dormire. Restano due ore o poco più, e non posso certo trascurare mia moglie. Qualche volta chiamo un amico, o mia sorella, e la serata si brucia lì. Le mie passioni sono leggere, scrivere, seguire questo blog e anobii. Ogni tanto scrivo una mail. La serata di oggi l’ho spesa trascurando mia moglie per rispondere al blog. Se voglio proseguire la lettura di un libro, si fuma un’altra serata. Ogni tanto si guarda un film. Direi che il problema del tempo esiste.

Quando ero scapolo e più giovane, e facevo un lavoro d’ufficio, tornavo a casa alle 18, bevevo un’oretta e scrivevo fino alle 3 circa, poi dopo una telefonata alla morosa di turno crollavo addormentato, a volte sulla tastiera. Era tutto molto naif, molto bohemien. Trascuravo mamma e sorella, per non parlare delle amicizie perse per strada, ma tanto ero giovane. Potevo permettermelo.
Produzione: altissima.
Qualità: bassissima.
D’altronde ero giovane, appunto.
Ora che sono cresciutello, che potrei avere qualcosa di valido da dire, il tempo non c’è più. Tutto quel tempo sprecato, maledizione…! All’epoca ero una fucina di idee, e buttavo giù tutto, ogni cosa diventava racconto, subito, sul momento. Ora rifletto settimane, mesi su un’idea prima di raffinarla. Magari provo a buttarla giù, escono 50-70 pagine dopo settimane di duro lavoro, mezz’ora qua, due ore là. Sembra buono. Poi trovi un intoppo e non sai come andare avanti. Rileggi dall’inizio. Fa schifo. Butti via tutto. Depressione totale, buio per settimane. Poi un barlume di idea. La coltivi, la studi, la accudisci pazientemente. Finalmente la scrivi. Funziona. Forse. Potresti andare avanti, ma non sei convinto del tutto. La lasci da parte. Buio. La riprendi dopo un po’. Cambi qualcosa qui, qualcosa qua. Ecco, ecco! Così, così, così! ORA SI’! ORA CI SIAMO! …fino al prossimo buio.

Sacrificio. Fatica. Porte in faccia. Magari non è così per tutti. O forse sono solo io che pretendo troppo da me stesso. Forse se avessi spedito le mie cose alle case editrici a 15 anni mi avrebbero pubblicato, come C. Paolini. Forse si sarebbero accorti che inconsapevolmente plagiavo Benni, Pennac, Marquez, gli autori che leggevo all’epoca.

Io continuo a cercare di produrre qualcosa di veramente mio. Ma non è facile per niente. Conosci il mezzo, conosci la storia, conosci l’ambientazione. Ci hai messo… dunque, dal 2001… 7 anni a perfezionarla, a prepararla. L’hai cambiata, stravolta più volte. Hai perso giorni con una matita in mano a cercare di far combaciare tutto. Hai appunti sparsi tra CD, quadernini bisunti, foglietti di carta millimetrata, un vecchio hard disk bruciato che ti ha costretto a rifare tutto da capo.
Ma ancora non ci siamo. No.
Ancora oggi ogni tanto trovo un accenno di Jordan, un tocco di King, una citazione Martiniana. No, non va bene. Cancella. Rifai. Cancella. Rifai.

“Il Dovere è più pesante di una montagna. La Morte è più leggera di una piuma.”

Tutta la vita è impegno, sacrificio, duro lavoro. Sputare sangue. Perché scrivere dovrebbe essere diverso?

#47 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2008 @ 00:18

@Simòn.

Ancora oggi ogni tanto trovo un accenno di Jordan, un tocco di King, una citazione Martiniana. No, non va bene. Cancella. Rifai. Cancella. Rifai.

Non è che davvero sei troppo severo con te stesso? Ok, Jordan, King e Martin non sono esattamente Kafka, Cervantes e Tolstoj, ma non sono neppure da buttar via. Se sono solo cenni o tocchi, mi sfugge il problema. Non c’è niente di male a citare gli autori che ci piacciono, almeno finché rimangono citazioni.

@AngicourtJester. Possiamo essere d’accordo, ma tieni presente che non tutti sono sulla tua stessa lunghezza d’onda. C’è chi studia tutto il giorno ed è giustamente orgoglioso di prendere un bel voto, ma c’è anche chi non studia mai ed è altrettanto orgoglioso di prendere un bel voto dopo aver copiato.
La gratificazione personale può nascere (o morire) per mille ragioni diverse. Quello che per uno è vanto, per l’altro è vergogna. Se invece parliamo, per quanto possibile, in termini “oggettivi”, il merito deve andare ai bei romanzi. Punto. Non importa come, quando, perché siano stati scritti e pubblicati.

#48 Comment By avvocatospadaccino On 21 marzo 2008 @ 00:40

caro simon,
mi sembra una scenetta da un film di aldo giovanni e giacomo, hai presente? Aldo vuol passare per il corridioio stretto di un intercity, dall’altro lato un venditore con il carrello. Nessuno vuole cedere il passo all’altro, un pò come la storia di Fra Cristoforo. Aldo dice: senta, io mi sono svegliato alle 7. E il venditore: io sono in piedi dalle 6.30. E aldo: ah, va bè, allora passi lei.
Io non sono più giovanissimo (la mia compagna dubita persino che io sia mai stato giovane, ma si sa che è una str… una cara ragazza che vive alle mie spalle perchè sul marciapi… in ufficio non hanno più bisogno di lei), lavoro dodici ore al giorno dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 21, e fortuna che il mio lavoro mi piace (e questa è la prima delle tre grandi fortune di un uomo, io il saggio dei saggi ve le illustro: amare ricambiato, fare il lavoro che ami e avere un grosso ucc… ehm, il capitano sarà d’accordo con me)
E con ciò ti dico e scusa se insisto (ovvio che sia solo la mia opinione personale e probabilmente fallace): IL TEMPO SI TROVA SEMPRE.
SE NON TROVI IL TEMPO è PERCHè IN REALTà VUOI FARE ALTRE COSE.
Non sarà il tuo caso, ma per molti scrittori scrivere è solo una fuga di responsabilità. Non è che tu scrivi e riscrivi da sette anni la tua tela di penelope perchè ogni tanto tua moglie ti rompe l’anima, sei stanco morto per il lavoro e magari fai morire dei personaggi che nella vita reale ti hanno tagliato la strada con la macchina?
Scrittura come evasione.
Ma se fosse così, scusami, questo non è scrivere.
Detto questo, grazie per partecipare così attivamente al nostro piccolo dibattito.
Non ho mai detto che scrivere sia facile, capisco le tue difficoltà.

ed a tutti dico, in serità: viva il dolorino piacevole!
Ho già raccolto un’adesione a quanto pare. Fatevi avanti, c’è posto per tutti.

#49 Comment By avvocatospadaccino On 21 marzo 2008 @ 00:47

Ad AngicourtJester vorrei dire: va bene l’editing, ma in pratica chi sono sti editor? Nella maggior parte dei casi aspiranti scrittori che cercano di guadagnare qualcosa con un lavoro part time. Diversamente, chi è che farebbe l’editor? é un lavoro noioso e sottopagato, che quasi si confonde con il lavoro di “negro” (ghost writer).
Ho poi come l’impressione che tu tiri un pò troppo l’acqua al tuo mulino…

#50 Comment By mhrrr On 21 marzo 2008 @ 10:35

ho meditato molto su questo post e sui commenti che l’hanno seguito, pensando che volevo dire la mia ma non essendo sicuro di quello che volevo dire; cercherò di essere breve, e spero che avrete pazienza.
prima di iniziare, per onestà devo dire che adesso sono, a tempo perso, qualcosa di abbastanza vicino a quello che alcuni di voi (tra i quali gamberetta, immagino) giudicano il male assoluto: uno che vuole guadagnare dai libri. degli altri.
diciamo che ho dei libri e delle persone che scrivono libri (o li stanno scrivendo) e nel tempo libero faccio per ora da editor, consulente, stimolo, e poi, se le cose procederanno come vorrei, da agente. questo significa, ovviamente, tentare anche di escogitare trucchetti per vendere.
mi spiego: sono d’accordo sul fatto che l’editoria italiana necessiti di un vigoroso scossone, che nel mondo perfetto il buon autore venga premiato economicamente, anche dopo aver letto, ad avvenuta soddisfazione, per la qualità del suo lavoro e non per il peso della sua casa editrice, però penso anche che non possano essere gli autori esordienti a fare da apripista, per due ordini di motivi:
1) l’esordiente non ha peso e non ha seguito per definizione, soprattutto se scrivente in una lingua di pochi parlanti come l’italia; se uno dei miei autori si comportasse come se il mondo perfetto fosse reale (cioè come se potesse vivere della bontà delle sue opere) non avrebbe semplicemente speranze, sia perché sono ancora pochi gli italiani con un accesso ad Internet, una carta di credito e disposti a pagare a posteriori, sia perché:
2) i lettori si sono abituati ai bassi standard del mercato attuale e leggere un buon libro è più faticoso che leggerne uno scadente (leggere tolkien o la leguin è più faticoso che troisi, per fare nomi noti) ma è più appagante solo a patto di essere educati a leggere opere di qualità; quindi non è la qualità che verrebbe premiata in una situazione come quella ipotizzata: vincerebbero comunque, forse, troisi e paolucci.
in questa prospettiva applaudo l’opera di educazione alla critica dei pescatori di gamberi, che sta in un certo senso preparando il terreno. a cosa? a una manovra che dovrebbe avvenire dall’interno: perché se volo, manfredi, cherubini, faletti, sicuri della loro qualità come autori, per primi si mettessero in gioco, le cose avrebbero maggiori probabilità di cambiare. ma sono un po’… scettico, al riguardo.
perché dunque, mi sono associato a qualcosa di vicino al male assoluto (editoriale, percaritàdiddio)? perché io cercherò di vendere i libri dei miei autori alle case editrici e alimenterò il sistema così come è adesso. saremo nemici, forse, per qualche tempo.
d’altronde, se vuoi una rivoluzione ma non hai i rivoluzionari, dovrai pur farteli.

uff, alla fine di certe tirate ho sempre il sospetto di aver scritto sciocchezze. nell’eventualità, vi prego di perdonarmi.

a presto

#51 Comment By AngicourtJester On 21 marzo 2008 @ 11:41

@gamberetta: ma se la metti sul soggettivo è ovvio che ognuno abbia i suoi obiettivi. Sulla faccenda oggettiva, cioè che il merito vada sempre e comunque ai bei romanzi, mi pareva di essermi già dichiarato d’accordo (e direi che ci potrebbero essere pochi dubbi in merito).

@avvocatospadaccino: in che senso astarei tirando cqua al mio mulino? Io qui non cerco di “vendere” nessuna idea, metto semplicemente a disposizione quel poco di esperienza che ho accumulato, nella speranza che sia utile, anche perché, se uno ha come scopo la pubblicazione, allora è bene che guardi in faccia alla realtà.
L’editor è un lavoro noioso? Puoi affermare che questo sia vero per il 100% degli uomini sulla faccia del pianeta terra? Nella poca (ed è poca davvero) esperienza che ho accumulato, ho conosciuto diversi editor: a tutti il loro lavoro piaceva.
Un “aspirante scrittore”, uno che vorrebbe scrivere ma non ne ha le capacità, non potrà mai essere un buon editor. Per essere un editor devi saper scrivere. Mi chiedi chi sia l’editor. L’editor è una figura che affianca lo scrittore, per aiutarlo a correggere il suo lavoro, laddove ve ne sia bisogno. Quello che un buon editor deve fare è leggere e valutare, quindi segnalare i punti dove c’è qualcosa che non funziona. Il suo rapporto con lo scrittore è di dialogo, ma non deve mai essere propositivo (cioè l’editor non deve mai suggerire come correggere l’errore: è compito dello scrittore). Personalmente trovo che possa essere un lavoro stimolante, soprattutto da portare avanti parallelamente alla scrittura: l’editing è confronto e il confronto è esperienza. L’esperienza è tutto per lo scrittore: confrontandosi con gli altri migliora sé stesso. Quindi un buon rapporto editor-autore, migliora sia l’uno che l’altro.

#52 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2008 @ 12:22

@mhrrr. Finché sarai (sei?) un agente letterario serio (come definito da consuetudine negli altri paesi: nessun pagamento da parte dell’autore e tuo guadagno massimo il 10%), non sarai il “male”. Certo, alimenti la filosofia dell’editoria quale settore prettamente commerciale, filosofia che non mi piace, però in fondo il tuo scopo è vendere alle case editrici, non al pubblico. Chi cercherai di “fregare” non è l’undicenne che prende in mano il primo romanzo fantasy, ma Mondadori o chi per essa.
Se però sei di quegli “agenti” che chiedono soldi per “valutare” il manoscritto, chiedono soldi per proporlo alle case editrici, poi lo rifilano a case editrici a pagamento (“Visto come sono bravo?! Ti ho subito trovato un editore!”), e infine ti lasciano il 10% del guadagno, ecco allora non è che sei il “male” sei un truffatore, magari non perseguibile come tale dalle leggi vigenti, ma truffatore ugualmente.

i lettori si sono abituati ai bassi standard del mercato attuale e leggere un buon libro è più faticoso che leggerne uno scadente

No! Qui sta l’influenza nefasta di Tolkien: quello che ha scritto Tolkien può piacere, ma nonostante come sia scritto! Tolkien non scrive bene (d’altra parte non è scrittore, in tale ambito è solo talentuoso dilettante), non è uno stile che vada imitato o “premiato”. Chi dice: “Uffa! Tolkien è pesante e noioso!” ha ragione, Tolkien è pesante e noioso. Nonostante questo riesce a mettere assieme buoni romanzi, ma ripeto nonostante. Leggere non deve essere faticoso. Uno stile semplice e chiaro è la base di partenza per creare qualcosa di decente. Infatti è anche l’unico merito che viene riconosciuto alla Troisi, io stessa glielo riconosco: il problema della Troisi è che racconta stupidate, non come le racconta. Anche il come potrebbe essere migliorato, ci sono evidenti difetti, ma l’idea di fondo di semplicità è quella giusta.
Leggere (e scrivere) devono essere attività divertenti e piacevoli, questo associarle alla fatica e la dolore come più di una volta è emerso in questi commenti mi sembra malsano.

#53 Comment By avvocatospadaccino On 21 marzo 2008 @ 13:02

A Mhrrr, nessuno qui ha mai detto che editor e agenti siano agenti del male. Lo sono se si associano ad editori a pagamento.

A gamby: c’è un malinteso, il dolorino piacevole di cui parlavo non è dolore. é difficile a spiegarlo, non credo di esserne all’altezza, la sua teorica ora si è sposata e non pratica più questa filosofia. Diciamo che ho trovato alcuni principi del Jainismo – religione eretica indù – molto simili alla disciplina del dolorino piacevole. Ma all’epoca sembrava più una sorta di sadomasochismo leggero. Questa ragazza pizzicava i suoi fidanzati molto lentamente, in pubblico, durava minuti interi, millimetro di pelle per millimetro. Scioccante. E scioccante è che ai ragazzi piaceva moltissimo (al punto che veniva voglia di provare, so che è assurdo e davvero ridicolo, ma io purtroppo non ho mai provato).
Purtroppo non mi riesce di essere un pervertito, bisogna nascere così e io sono troppo normale, ma tornando alla scrittura, non hai forse provato un dolorino piacevole che una piccolissima parte della tua mente ti dava della sfigata mentre restavi a casa a scrivere il sabato sera?
Parlo per immedesimazione, penso che tutti gli aspiranti scrittori abbiano passato più di un week end a scrivere, persino intere estati.
Tu avevi deciso, eri contenta, non te ne sei pentita, eppure quella vocina del cazzo, piccola piccola, diceva: “chiaraaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, ma che fai?”
Paradossalmente questo aumenta il piacere della scrittura.

per inciso, visto che sei appassionata di cartoni giapponesi, il non plus ultra del sadomasochismo giovanile (infatti solo in italia si può pensare che i manga siano per bambini… hai presente la versione di pinocchio giapponese? mamma mia, terrore allo stato puro), i cartoni animati giapponesi sono infarciti di dolorino piacevole.

spero di essere stato più chiaro e lo ribadisco: dolorino piacevole non è dolore! Ma usatelo con moderazione, non voglio morti sulla coscienza.

#54 Comment By mhrrr On 21 marzo 2008 @ 14:12

@gamberetta.
non ho chiesto soldi per il mio lavoro e non essendo solo agente (anzi, al momento non essendo affatto agente) non mi limiterò al 10%, ma i dettagli dell’accordo sono stati negoziati ad armi pari.

quanto alla dicotomia oggetto vs. modo ti dò ragione su molte cose ma non sull’assunto, che mi pare sottinteso nel tuo discorso (ma magari è erronea la mia interpretazione), secondo il quale forma e sostanza sono completamente slegate. penso francamente che se la troisi avesse scritto non una buona storia, ma la brutta storia che ha scritto senza tutte le nefandezze che sono presenti nei suoi libri, gli stessi sarebbero stati di gran lunga meno leggibili. descrivere un combattimento realistico ti costringe ad usare strutture sintattiche e scelte lessicali di gran lunga più impegnative di “fu un combattimento lungo e difficile. sangue ovunque, urla, lame che sberluccicavano e a destra e a manca” eccetera eccetera. penso ad esempio alla questione dei duelli a cavallo dei draghi, riguardo ai quali siamo pienamente d’accordo. descrivere comporta sforzo. bada, però, questo è un discorso diverso da quello cattiva scrittura vs. buona scrittura: è evidente il fatto che un cattivo scrittore scriverà comunque male. ma magari questo (forma in parte inscindibile dalla sostanza) è solo uno dei molti punti sui quali non ci troveremo mai d’accordo.

ps: le storie di tolkien non sono buone storie in quanto tali, lo sono perché sono calate in una precisa atmosfera, che è data anche dallo stile denso e lento della sua prosa (della prima metà del secolo scorso, peraltro). ecco, questo mi pare un buon test: se onestamente pensi che il signore degli anelli possa essere completamente riscritto, adattato ai tempi e semplificato, senza che nulla vada perduto di quello speciale gusto e colore e odore che ha, allora passiamo oltre.

#55 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2008 @ 16:08

@mhrrr. Tralasciamo un attimo la Troisi che è un caso limite. Prendiamo due scrittori “normali”. Devono descrivere un duello. Tutti e due si sono documentanti, magari anche frequentando il locale circolo di appassionati di scherma storica per provare in prima persona, tutti e due hanno chiara in mente la scena, tutti e due sanno che devono mostrarla al lettore.
Lo scrittore bravo riuscirà a farlo in maniera semplice, senza rinunciare alla precisione. L’undicenne al suo primo romanzo leggerà senza alcun problema, e non per questo leggerà una stupidata.
Lo scrittore meno bravo o scarso ci metterà delle descrizioni di troppo perché non sicuro di essere chiaro, ci metterà otto termini tecnici quando ne bastano la metà, ecc. L’undicenne troverà la scena incomprensibile o noiosa.
Questo è il fulcro della questione: riuscire a parlare di argomenti complicati in maniera semplice senza instupidire il discorso. È difficile, e infatti gli scrittori bravi non è che siano tanti.
Stiamo ovviamente parlando in generale, ci possono essere mille eccezioni, ma eccezioni a parte, secondo me dovrebbe funzionare così.

Tolkien. Senza troppi giri di parole: è una lagna. L’ho letto quando avevo 14 anni, non mi pento dell’esperienza, a tratti mi è anche piaciuto, ma: non ho nessunissima voglia di rileggerlo, ed è andata bene a Tolkien che l’abbia letto allora, l’avessi letto adesso dubito l’avrei finito. Non è che Tolkien usa il linguaggio che usa perché “vecchio”, è perché è uno scrittore mediocre. Tu prendi Cervantes e vedi come un romanzo di quattrocento anni fa, non solo sia leggibile senza alcun bisogno di modernizzazione, ma abbia un senso del ritmo e del racconto che Tolkien si sogna la notte.
Il Signore degli Anelli non è un capolavoro. È un romanzo fantasy nella media, con un’ambientazione curata, qualche spunto originale e importante da un punto di vista storico per la sua influenza sul genere. Fine.
In più è scritto con uno stile lento e pesante che è una pessima idea tentare di imitare. Un caso simile è Lovecraft. Premesso che Lovecraft in generale è molto più bravo di Tolkien, anche lo stile di Lovecraft non è un granché. Funziona per lui, perché sorretto da una visione originale e unica, ma se si cerca di imitarlo vengono fuori nove volte su dieci boiate.

#56 Comment By Loreley On 21 marzo 2008 @ 18:30

OT: dopo che ho sentito dire chiaro e tondo da Gamberetta che Tolkien è, nonostante tutto, uno scrittore mediocre, ho deciso di farne la mia musa.
E’ esattamente quello che ho sempre pensato, anche se il sig. degli anelli mi è piaciuto abbastanza; ma è di una pesantezza e lentezza unica, con un quasi totale senso del ritmo narrativo. Tolkien può aver scritto la roba più originale (allora) di questo mondo, può aver dato vita a un universo coerente e complesso, ma questo, a mio avviso, non fa di lui un buon scrittore.

#57 Comment By avvocatospadaccino On 21 marzo 2008 @ 20:04

gamberetta è un pò estremista con la storia della semplicità narrativa, credo che ne abbiamo già parlato in privato (ma forse ne ho parlato con il capitano, non vorrei essere impreciso).
Anche a me Tolikien ha annoiato (avete presente la scena di Clerks 2, dove si sbeffeggia il signore degli anelli?)
C’è un punto finora non affrontato: le traduzioni.
Certe traduzioni sono fedeli, altre no e non è sempre detto che le traduzioni fedeli siano le migliori. Prendete ad esempio il doppiaggio: amo certi film perchè la voce originale è azzeccata, amo altri film in cui il doppiatore è stato bravo, più bravo dell’attore straniero che sta doppiando.
Gamby ha fatto l’esempio di Cervantes, bene, Cervantes è sicuramente un grande scrittore leggibilissimo e godibilissimo di suo, io lo capisco persino in spagnolo e premetto che non so bene lo spagnolo, ed ha sempre trovato, a mio avviso, traduzioni italiani all’altezza.
Tolkien… leggetene qualche riga in inglese se vi capita, l’impressione mia è che i vari traduttori vogliano esagerare l’importanza delle terre di mezzo, ancor più che lo stesso tolkien. si perde molta dell’autoironia, tolkien non si prendeva troppo sul serio in fondo, aveva sempre paura del ridicolo, invece tutti i traduttori e anche da ultimo Peter Jackson sembra che stiano riscrivendo l’eneide o l’iliade.
Vi piace più il tolkien epico? Guardate il film.
Oppure leggete qualcos’altro. Maestro, maestro, ma se non ci fossero stati i film staremo qui sempre a parlare di Tolkien? Onestamente no, io me li ricordo gli anni prima dell’uscita dei film, tolkien aveva uno zoccolo duro di fan – peraltro considerevole – e basta, era anche difficile trovare un tolkien usato sulle bancarelle. Se non mi credete, cercate edizioni economiche precedenti ai film, non ne troverete molte.

gamby, se puoi rimettimi “wam” “hot” “kiss” “love”, le nuove parole antispam sono banali!!! reason , tree, world… che schifo!

#58 Comment By Loreley On 21 marzo 2008 @ 20:55

In effetti anche io avevo sentito questa storia delle traduzioni dei libri di Tolkien, che li hanno resi pesanti e di difficile digestione più di quanto non fossero in lingua originale. Non so, non ho mai provato il confronto tra originale e traduzione. Ciò nonostante credo che alcune cose, come il già citato senso del ritmo narrativo, vengano attaccate solo in maniera minima da una traduzione poco riuscita. Ma posso sbagliarmi anche su questo, non so.
Forse bisognerebbe fare chiarezza sul cosa si intende con “semplicità”. Io credo che, sostanzialmente, un buon scrittore di narrativa debba arrivare al lettore nella maniera “più rapida” possibile, e ciò non avviene se il lettore si mette invece a riflettere e ragionare sul significato di una frase perché ambigua o troppo complessa oppure non riesce a visualizzarsi una certa azione o un certo luogo. Lo scrittore, quando è bravo, può coltivare il suo stile in modo tale che risulti raffinato ed elegante senza apparire eccessivamente barocco e di difficile comprensione. Uno stile così io lo trovo “semplice”.
Non credo che Gamberetta per semplice intenda “terra terra”. Io di sicuro non lo intendo in questa maniera.

#59 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2008 @ 21:23

@avvocatospadaccino. È un problema complicato quello delle traduzioni. Partiamo dai film: fino a diciamo un tre/quattro anni fa guardavo un film doppiato senza problemi. Adesso non potrei più: il solo veder muovere le labbra e sentire suoni diversi mi fa venire mal di testa. Non esistono film doppiati bene, il doppiaggio è un abominio. Non pretendo di essere creduta sulla parola, basta iniziare a guardare film in lingua originale, dopo un po’ ci si accorge che non potrebbe essere altrimenti (e qui non entro neanche nel merito della qualità della traduzione del doppiaggio).
C’è gente che sostiene la stessa cosa anche per la narrativa. Io ho cominciato a leggere romanzi in inglese solo da un anno circa, e qualche volta ho ancora difficoltà. Posso confermare che ci sono traduzioni orribili, ma non ho ancora quella sensazione di orrore diffuso che ho con il doppiaggio.
Per Tolkien può anche essere che sia vittima di una brutta traduzione, purtroppo non ho proprio nessuna voglia di rileggerlo in inglese solo per confermare o smentire tale sospetto. Comunque sono pronta ad accettare che in lingua originale scorra molto meglio.

@Loreley. La storia della musa mi fa venire in mente quella volta che Laura litigò su Internet con Calliope riguardo la lunghezza dell’alabarda di Sailor Saturn e poi finirono a sfidarsi in una gara di haiku e la musa dovette dare le dimissioni…

Per lo stile, la mia idea di fondo (non solo mia) è che la bellezza sia legata a quello che dici. Perciò il come lo dici diventa solo importante in quanto mezzo. E in quanto mezzo non ha importanza in sé, importa che riesca a comunicare quello che vogliamo. Perciò bisogno essere semplici (in modo che tutti capiscano), e al contempo precisi (perché, visto che la bellezza non è nel linguaggio, ma nel significato, occorre che tale significato arrivi “integro”). Uno stile semplice e preciso è uno stile chiaro, anzi “trasparente”. Il lettore non vede più le parole, vede solo le immagini evocate dalle parole.
Tutto ciò partendo dal presupposto di scrivere narrativa, in particolare narrativa di genere, ovvero narrativa che tende a raccontare storie. Se uno ha altri obbiettivi può anche scegliere uno stile dove la forma prevalga sul contenuto, ma per me (e non solo per me) è una cattiva idea se lo scopo è appunto raccontare storie.

#60 Comment By AngicourtJester On 21 marzo 2008 @ 21:34

Mah, prima di dire che Tolkien era una dilettante ci penserei due volte. In primo luogo è errato dire che Tolkien scriva “fantasy”. Certo, ricade in quella categoria di romanzi che vene chiamata fantasy, ma quello che lui scrive è epica. Che differenza c’è? Tanto per cominciare l’intento è culturale: Tolkien, che era un filologo e uno studioso delle civiltà medievali europee, con una predilezione per il nord europa (area anglo sassone, germanica e scandinava) propone un mezzo moderno come veicolo degli ideali della cultura nordica (non è un caso, per esempio, che i nomi dei suoi personaggi si ritrovino tutti nella mitologia scandinava). Non scrive un romanzo come passatempo del lettore, ma con un preciso intento culturale. La sua è vera e propria mitologia dell’epoca moderna.
Ora, non voglio assolutamente offendere, ma leggere tolkien a 14 anni e pensare di averlo capito è un errore (che io stesso ho commesso anch’io quando avevo 14 anni). Se il suo stile è “pesante” (ma sarebbe appropriato dire “colto”) non è per mancanza di competenza (a questo proposito consiglio caldamente la lettura de “Lo hobbit”), ma per una precisa scelta. Leggendolo in lingua originale, infatti, si nota un uso semplicemente magistrale dell’inglese colto, non privo di certi arcaismi, ma per nulla prolisso.
Al di là di questo, da un punto di vista puramente tecnico, l’unico vero errore di Tolkien, rimanendo a “Il Signore degli Anelli”, è Tom Bombadil, deus ex-machina. Poi basta. Non è un caso se viene additato ovunque come modello.

Come dicevo, ho l’impressione che spesso tu ti focalizzi troppo su certe nozioni che hai acquisito: è vero, la chiarezza e la semplicità sono doti importanti, ma non sempre necessarie. “Show don’t tell” è un’altra ottima massima, ma non vale sempre.
Spero che tu non ti offenda: se dico così non è con intento denigratorio nei tuoi confronti. Queste sono “critiche” (se così vogliamo chiamarle) che hanno scopo costruttivo.

#61 Comment By Simòn R. On 21 marzo 2008 @ 21:42

“Tolkien non scrive bene (d’altra parte non è scrittore, in tale ambito è solo talentuoso dilettante), non è uno stile che vada imitato o “premiato”. Chi dice: “Uffa! Tolkien è pesante e noioso!” ha ragione, Tolkien è pesante e noioso. Nonostante questo riesce a mettere assieme buoni romanzi, ma ripeto nonostante. Leggere non deve essere faticoso. Uno stile semplice e chiaro è la base di partenza per creare qualcosa di decente.”

Tutta questa cosa mi è… allucinante. ISdA, passata la prima parte del primo libro, e in particolare la vecchia foresta e i tumulilande, è un’opera che si beve. Pesante? Noioso? Faticoso? Colori e suoni sono vivi e vividi. Ci sono anche diversi livelli di lettura, il che te lo rende godibile più volte, in fasi diverse della tua vita. E’ praticamente un romanzo perfetto, che imho trascende pure questa definizione.

Sono veramente sconvolto. Se Tolkien non è un granché, QUALE è il fantasy meritevole, e perché?

#62 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2008 @ 22:49

@AngicourtJester. Che Tolkien fosse un dilettante è un dato di fatto: non faceva per mestiere lo scrittore. Che scrivesse o no fantasy mi pare rilevante fino a un certo punto: se non riesco a finirlo perché noioso non ha poi molta importanza cosa avesse voluto dirmi, non me l’ha detto comunque.
Per lo stile “colto” scelto apposta, mi spiace, ma non concordo. Come dice Karl Popper:

Chi ha da dire qualcosa di nuovo e di importante, ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile.

Così come non concordo che a 14 anni non dovresti capire Tolkien. Un paio di anni dopo a scuola leggi Platone, che non ha paragone come complessità di pensiero rispetto a Tolkien, e se non sei scema, lo capisci. Finiamola con quest’idea che il faticoso, il difficile, l’incomprensibile, il doloroso, l’astruso abbiano un qualche pregio. Non l’hanno. Scrivere “colto” apposta equivale a non saper scrivere.
Ripeto, Tolkien può piacere, non stiamo parlando della Troisi, ma il suo stile non ha alcuna giustificazione.
La chiarezza e la semplicità sono sempre necessarie. Su tutto il resto si può sorvolare e discutere ma non su questo. Se non riesci a farti capire, è finito lo scopo di scrivere. Se io questo commento lo scrivo in una lingua inventata da me che capisco solo io non sto comunicando niente a nessuno.

@Simòn. Intanto non c’è niente di sconvolgente. Non discuto che tu Il Signore degli Anelli l’abbia bevuto, io no. E non solo io. Dire che è un romanzo perfetto mi pare una colossale esagerazione. Se il Don Chisciotte è 10, Tolkien arriva a 4 a essere buoni.
Nell’ambito del solo “fantasy” (tra virgolette contando il discorso di AngicourtJester) si piazza meglio, ma per dirne uno, il Twain dell’Americano alla Corte di Re Artù è molto più divertente (per citare un romanzo fantasy che precede Tolkien di cinquant’anni).
Twain è semplice, diretto, ha una visione disincantata del medioevo, e al tempo stesso scrive una storia a tratti anche molto seria. È spiritoso ed è drammatico. È avventuroso, brillante, pieno di trovate (i Cavalieri della Tavola Rotonda in bicicletta!), ci sono idee innovative (credo sia il primo romanzo con un viaggio nel tempo), e altre che poi saranno copiate da tutti (il protagonista si salva prevedendo un’eclissi); è tutto quello che dovrebbe essere un romanzo fantasy: fantasia, azione, piacere della narrazione. Certo, Twain non vuole scrivere “una mitologia per l’epoca moderna”, e meno male!

#63 Comment By avvocatospadaccino On 22 marzo 2008 @ 00:39

mi viene da dire un’altra cosa: avessimo 1 cent per ogni volta che qui citiamo tolkien saremmo ricchi.
facciamo un patto? Smettiamo di citarlo (tanto a chi piace piace, a chi non piace non piace), fuori i nomi di altri scrittori fantasy.
quanti anni sono passati? 70? go on, andiamo avanti, vi prego, non se ne può più!
A proposito, e giuro che questa è l’ultima volta che ne parlo, se capitate a londra guardate il musical sull’hobbit, ero prevenuto, ma mi è piaciuto.

#64 Comment By avvocatospadaccino On 22 marzo 2008 @ 00:42

OT conoscete il film: anno zero guerra nello spazio? dovrebbe essere del 77… l’ho appena scaricato ed è così ridicolo… basti dire che fanno l’amore con una macchina che si chiama cosmic love! E per simulare le passeggiate nello spazio li appendono ad una fune ben visibile.
raccomandatissimo!

#65 Comment By Simòn R. On 22 marzo 2008 @ 08:27

@avvocatospadaccino: altri nomi fantasy…? Va bene. Citiamo allora Martin, Jordan, Hobb, Keyes, Pratchett, King (per quanto riguarda La Torre Nera), Pullman, Gemmel. Tutti nomi più che meritevoli, direi.
Poi ce ne sono altri, meno superbi ma gradevoli: Goodkind, Moorcock, Whyte, Eddings. A questo punto mi piacerebbe sapere cosa se ne pensa di loro, visto che Tolkien non viene apprezzato…

#66 Comment By Loreley On 22 marzo 2008 @ 10:58

altri nomi fantasy…? Va bene. Citiamo allora Martin, Jordan, Hobb, Keyes, Pratchett, King (per quanto riguarda La Torre Nera), Pullman, Gemmel. Tutti nomi più che meritevoli, direi.
Poi ce ne sono altri, meno superbi ma gradevoli: Goodkind, Moorcock, Whyte, Eddings. A questo punto mi piacerebbe sapere cosa se ne pensa di loro, visto che Tolkien non viene apprezzato…

Per quanto mi riguarda, Martin l’ho iniziato a leggere da poco e lo sto semplicemente adorando; Jordan ho appena preso ieri il sesto libro del ciclo e anche lui mi piace, nonostante sia tra le cose più lontane dalla sintesi e ogni tanto si perda in particolari che rallentano la lettura, rendendola un po’ forzata; la Hobb è tra le mie scrittrici preferite: sviscera (non letteralmente parlando gh, anche se a volte sa diventare un po’ splatter) i suoi personaggi in maniera sublime e le sue storie sono originali, anche se a mio parere non sempre alcune svolte narrative sono riuscitissime; di Pratchet ho letto “uomini d’arme” e mi sono fatta delle genuine risate. Gli altri ancora non li ho letti, ma rimedierò ben presto (in particolare mi incuriosisce un sacco Gemmell).

Non capisco cosa ci sia di strano nel non osannare Tolkien; sia chiaro che a me è pure piaciuto, solo che non lo definirei un capolavoro di romanzo e ha dei difetti che, nel mio modo di intendere la narrativa, mi fanno preferire gli autori da te citati rispetto a lui (parlo naturalmente del signore degli anelli visto che non ho letto altro dell’autore).

#67 Comment By Loreley On 22 marzo 2008 @ 11:05

Ah, dovrei iniziare anche “la torre nera” di King :/ Di lui ho letto di tutto meno che quella, ed era il mio scrittore preferito da ragazzina :D Ora i miei gusti sono un po’ cambiati, ma continua a piaciucchiarmi lo stesso abbastanza.

#68 Comment By AngicourtJester On 22 marzo 2008 @ 12:11

A questo punto mi confesso disarmato. Come posso rispondere quando mi si mette Platone in relazione a Tolkien? Su che basi si poggia questo accostamento? Ma a parte questo, cioè che Platone viene fatto studiare un tantino dopo i 14 anni, non è possibile cogliere tutte le sfumature delle opere di Tolkien a quell’età, proprio perché sono necessari anni di studio e di interesse per conoscere la civiltà a cui lui fa riferimento, non per mancanza di capacità intellettive. E’ un dato di fatto: la formazione culturale di un qualsiasi quattordicenne non è abbastanza completa da fornirgli gli strumenti per capire a fondo Tolkien. Bada, non sto dando dell’ignorante a nessuno, tutt’altro. Anch’io leggevo Tolkien a 14 anni e per me era solo una bella avventura con creature fantastiche. Un fantasy, appunto. Poi, negli anni, con lo studio e la mia passione per la mitologia, ho incominciato a saperne di più sui miti nordici, sul Beowulf e il Sir Gawayn, sull’Edda di Snorri Sturluson, i Kalevala e le saghe degli scaldi. Se questi sono soltanto nomi, è impossibile riuscire a capire Tolkien. Bisogna aver letto tutte queste opere, aver studiato le civiltà medievali scandinave, germaniche e anglosassoni per capire le basi su cui poggia Tolkien. Senza queste conoscenze è come essere dottori in storia e leggere un trattato di meccanica quantistica: magari capisci le frasi, ma la loro applicazione sfugge.
In questo modo mi stai dicendo che Tolkien è noioso quanto lo è un Dante (e nessuno dei due è noioso: utilizzano un linguaggio colto che è essenziale ai loro scopi: accusare un Dante di incompetenza è semplicemente bestemmiare). Non facile lettura non è né sinonimo di incompetenza né di noia ed è inutile impuntarsi sul contrario, perché semplicemente non è vero. Se lo fosse, allora dovremmo cacciare via l’80% della letteratura colta. Shakespeare andrebbe nello scarico del water assieme a Foscolo, Dante, Monti, Manzoni, ecc.
Il fatto che Tolkien scriva così per scelta e non per incompetenza, è facilmente dimostrabile: basta leggere “Lo hobbit”. Stile scorrevole, semplice e veloce. Quindi sapeva farlo e anche molto bene. Se nelle opere successive non ha mantenuto lo stesso stile è perché non gli serviva.

Non ha senso parlare di Tolkien e citare Platone (il cui insegamento è peraltro filtrato e reso più accessibile -del resto la scuola serve a questo), oppure citarmi una frase di Popper (che è giusta di per sé, ma fuori contesto: K. Popper parla di idee nuove, Tolkien non propone idee nuove, ma un formato moderno già noto per contenuti colti e antichi, che non puoi esprimere se non in linguaggio colto). Sì, sono cose che lì per lì sembrano avvallare la tua opinione, ma, se permetti (e lo dico senza alcuna acrimonia né intento offensivo), in definitiva non toccano l’argomento in questione.

Bada, continuo a sostenere che la chiarezza e la semplicità siano caratteristiche fondamentali nell’ambito narrativo, ma, come tutte le regole, ha le sue eccezioni.

Inoltre non capisco l’uso che fai del termine dilettante: da un lato sembri ritenere che uno scrittore possa essere svincolato dalla professione. E questa è la definizione di dilettante: uno che fa qualcosa, ma non per professione.
Però in questa discussione, riguardo a Tolkien, sembri utilizzarlo (o almeno è questa l’impressione che se ne ricava) con accezione negativa e come sinonimo di incompetenza.

#69 Comment By Angra On 22 marzo 2008 @ 19:30

@AngicourtJester: Tolikien sarà tutte le cose che tu dici, ma Il Signore degli Anelli dal punto di vista dell’opera di narrativa è tutt’altro che un capolavoro. Poi avrà un grosso valore aggiunto sotto tutti gli aspetti che hai citato, ma non si può negare che sia anche e soprattutto un’opera di narrativa. Tanto per dire un errore fondamentale sbaglia i tempi: ti descrive ogni pietra e ogni cespuglio lungo la via quando non succede nulla, e tira via in quattro e quattr’otto quando l’azione si fa drammatica. Ci si annoia nel primo caso, si rimane insoddisfatti nel secondo.

Il già citato episodio di Tom Bombadil è balordaggine pura. Forse un esperto di miti nordici quale io non sono potrà andare in brodo di giuggiole di fronte al personaggio, ma a me fa cascare le braccia. E’ uno dei pochi casi in cui gli sceneggiatori del film riescono a migliorare il romanzo (è bastato far sparire del tutto il personaggio).

#70 Comment By AngicourtJester On 23 marzo 2008 @ 11:38

Stiamo andando un po’OT.
Comunque Tolkien non scrive sword & sorcery. Non puoi basare un giudizio sul valore dell’autore in base a quello che tu ti aspetti da lui come genere. Sarebbe come guardare un film di Kubrik e criticarlo perché mancano le gag comico-demenziali.

#71 Comment By Angra On 24 marzo 2008 @ 07:20

Non stavo parlando di contenuti e di genere, ma di tempi narrativi. A parità di storia e di contenuti, una gestione sensata dei tempi narrativi avrebbe reso il romanzo migliore, tutto qui.

Per fare un parallelo col cinema, non è come criticare un regista perché mancano le gag comiche in un film drammatico, ma perché le inquadrature sono sbagliate.

#72 Comment By Gamberetta On 24 marzo 2008 @ 21:55

@AngicourtJester. Io sto dicendo che Tolkien è noioso. Questo è un grave difetto per chi scrive narrativa, sia “colta” sia meno colta. E tra l’altro Dante è molto meno noioso di Tolkien (almeno l’Inferno).
Poi Manzoni non me lo puoi mettere nella stessa lista con Dante e Shakespeare, per piacere! Cerca la recensione di E.A. Poe dei Promessi Sposi, direi dice tutto: buon romanzo, un affarone a 42 centesimi di dollaro!, niente di più, niente di meno. Il fatto che continuino a farlo leggere a scuola è uno schifo .

Se per apprezzare Tolkien sono richiesti anni di studi nell’ambito della mitologia nordica è solo una conferma della scarsa abilità di Tolkien come narratore. Senza contare che lo stesso discorso si potrebbe applicare a tutti: se la Troisi ti dice che per apprezzare i suoi romanzi ci vuole una laurea in fisica e dieci anni di studio di mitologia orientale tu rispondi: «Ah, ok, scemo io! Nihal è un capolavoro!» ?
Ho letto Tolkien, mi ha annoiata, a causa di precisi problemi con lo stile che usa (che lo faccia apposta o no) e per questo non lo considero un bravo scrittore. Non mi sembra ci sia niente di strano in questo discorso.
Il paragone con Platone è per dire che si possono esprimere concetti anche molto sofisticati senza rinunciare alla semplicità.
Infine è ingenuo credere che un argomento colto richieda un linguaggio colto. Perché mai? Anzi, più uno è colto, più ha chiari i concetti e dunque può esprimerli in termini semplici. La legge della gravitazione universale di Newton sono due semplici righe e benché non del tutto corretta fornisce una buona approssimazione di come funzioni l’interno universo. In due semplici righe. Non è che questi argomenti “colti” sono solo astrusi?

Riguardo al dilettante. Di per sé scrivere “per diletto” non è una cattiva cosa, però io ho l’impressione che Tolkien scriva per suo esclusivo diletto. Non ha quell’approccio dello scrittore “professionista” che comunque mette avanti a tutto la possibilità di farsi leggere da quante più persone possibile (come secondo me dovrebbe essere).

@Loreley. La Torre Nera vale la pena, almeno il primo volume, se non è il miglior romanzo di King è uno dei migliori. Riguardo agli altri:
Jordan mi ha stufata subito.
Martin è bravo, ma non è così bravo da farmi leggere “a vuoto”. Sarà un’idea fuori moda, ma a me piace quando le storie cominciano e finiscono e non dover aspettare che anche Martin si becchi una malattia mortale per vedere la conclusione della vicenda.
Di Gemmell ho letto solo un romanzo (“La perla nera”) e non mi è piaciuto granché, però forse ho beccato il romanzo sbagliato, proverò a leggere altro.

#73 Comment By mhrrr On 25 marzo 2008 @ 15:35

@gamberetta: sono… un po’ perplesso.
ho letto tolkien a 14 anni e mi ha meravigliato — senza che sapessi alcunché di mitologia nordica –, talvolta mi capita di sfogliarlo e con piacere ne rileggo qualche passo (ecco, con questo ho dichiarato la mia irrecuperabilità). io non lo trovo noioso, anzi, è uno dei pochi che riesco a rileggere. ridotta la questione, in assenza di quantificazioni e precise e misurazioni, a un fatto di pura preferenza personale, non perdere tempo a rispondermi su questo.
sul fatto che non fosse un autore professionista non posso che darti ragione, ma non vedo come questo dovrebbe a priori costituire un’ipoteca sulla capacità di narrare bene. come discorso generale, non solo in relazione a questo specifico autore (che, comunque leggeva ciò che scriveva ai suoi amichetti, gli inklings o qualcosa di simile, mi pare il giovedì pomeriggio di ogni settimana. non ho idea di quanto ci abbia messo).

quanto all’esemplificazione che hai fatto tu, deve essermi sfuggito qualcosa, perché è esattamente quel che io intendevo come paragone tra buoni e cattivi scrittori. o forse io non mi sono spiegato bene: quel che intendo dire è che l’ostensione (il termine è usato un po’ impropriamente, me ne scuserai) del duello è comunque meno facile della sua sinossi “e combatterono dandosi gran mazzate per due ore”. ma non perché è scritto male, solo e semplicemente perché ci sono più parole, più applicazioni della sintassi, perché il lettore, quando legge un duello mostrato deve fare lo sforzo di vederlo, mentre se legge soltanto che c’è un duello non deve neppure fare quello sforzo.
secondo me è a questo livello che il mercato editoriale ci sta portando, il barsa kelmes della letteratura finzionale in cui il contenuto del libro è esattamente la quarta di copertina. è in quest’ottica che ho sostenuto che una cosa scritta bene è più difficile da leggere di una scritta male. immagina di prendere il più bel romanzo fantasy che ti viene in mente, immagina di privarlo di tutte le descrizioni rimpiazzandole con gli accrocchi di parole che dicono e non mostrano, immagina di sottoporlo ai lettori adoranti di nihal insieme all’originale: sei davvero sicura che alla domanda “quale dei due è più facile da leggere” sceglierebbero l’originale?

#74 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2008 @ 16:30

@mhrrr. Lasciamo da parte Tolkien. Quello che dici riguardo al mostrare e raccontare è sbagliato. Non è più facile per il lettore seguire il raccontato, anzi, è più faticoso. Perché comunque il lettore trae immagini mentali dalle parole che legge. Se lo scrittore sta mostrando sarà facile per il lettore questa “conversione”, se sta raccontando la conversione costerà molta più fatica. È questa la ragione per la quale pagina dopo pagina di raccontato possono creare un senso di fastidio e noia. Poi ci sono le eccezioni e la bravura del singolo scrittore, ma in generale il mostrare porta a una scrittura molto più “facile” e scorrevole.
Infatti il difetto della Troisi in questo campo non è tanto il raccontare eccessivo, è lo scegliere in maniera demente cosa raccontare e cosa mostrare (tipo raccontare di una battaglia e mostrare Nihal che si taglia i capelli).
Infine il discorso delle descrizioni così come lo poni non ha senso: una descrizione è “neutra”, può essere sia mostrata, sia raccontata. Esempio:
“Merlino era vecchio e stanco” (descrizione raccontata)
“Merlino si appoggiava al bastone, a ogni passo la lunga barba bianca sfiorava il suolo” (descrizione mostrata)
Nota che la seconda è meno faticosa della prima, perché conduce passo a passo l’immaginazione del lettore, mentre leggendo la prima frase il lettore deve immaginarsi tutto da solo qualcosa di simile alla seconda frase.

#75 Comment By Carraronan On 25 marzo 2008 @ 17:28

mhrr scrive:
il lettore, quando legge un duello mostrato deve fare lo sforzo di vederlo, mentre se legge soltanto che c’è un duello non deve neppure fare quello sforzo.
secondo me è a questo livello che il mercato editoriale ci sta portando, il barsa kelmes della letteratura finzionale in cui il contenuto del libro è esattamente la quarta di copertina
[...]
immagina di sottoporlo ai lettori adoranti di nihal insieme all’originale: sei davvero sicura che alla domanda “quale dei due è più facile da leggere” sceglierebbero l’originale?

Gamberetta scrive:
Quello che dici riguardo al mostrare e raccontare è sbagliato. Non è più facile per il lettore seguire il raccontato, anzi, è più faticoso. Perché comunque il lettore trae immagini mentali dalle parole che legge.

Gamberetta hai ovviamente ragione in linea generale, ma credo che mhrrr intenda dire che certo pubblico, il pubblico di giovini fanciulli a cui si rivolge ad esempio la Mondadori, fa così schifo ed è così pigro (o perlomeno chi di dovere nella casa editrice se lo immagina così…) che nemmeno fa lo sforzo di immaginare quel che legge.

Se il pubblico di “Nihal” di fronte alla mancanza assoluta di descrizioni nei combattimenti non ha battuto ciglio, forse è perché è così pigro da leggere “Nihal uccise un fammin dietro l’altro per ore” e non cercare nemmeno per un istante di raffigurarsi la scena perché, fondamentalmente, non gliene frega niente mentre invece se dovesse leggersi tutta la sequenza dettagliata di emozionanti combattimenti non farebbe altro che sbuffare “K, K, ke 2 palle i 2lli, ma kuando e ke tipo Nial e Senar s baciano?“.

Diamine, i giovinastri di prima-seconda liceo che vedevo in giro quando io andavo in quinta liceo erano dei veri craniolesi da mettere tutti in fila contro il muro per un sano giro di mitragliatrice! E non lo pensavo solo io: tutta la mia classe era scandalizzata dal livello di degenerazione giovanile occorsa in pochi anni. E non è che fosse una classe formata da chissà quali cime intellettual-snob, seppure fosse magari un po’ al di sopra della media come livello culturale… ad esempio leggevano in molti regolarmente dei libri per proprio piacere e non guardavano il Grande Fratello.
Dubito che gli adolescenti siano molto migliorati negli anni successivi a quando ho lasciato il liceo, anzi!

Discorsi simili sul degrado anno per anno dei nuovi giovani allievi li ho sentiti anche dal maestro di karate shotokan di mio fratello e da mio fratello stesso, che spesso ha a che fare con ragazzini di terza media-prima liceo (il pubblico Mondadori!) per lezioni dimostrative di karate (si, viene sfruttato dal maestro…). “Morti cerebrali” e “sembrano più volgari bestie che esseri umani” è il complimento che sento dedicare ai giovani d’oggi con maggior frequenza che in passato.

Questa idea del “non voler faticare a raffigurarsi le cose” può suonare ridicola a chiunque sia appassionato di lettura e quindi cerchi “il film mentale” nel leggere, come me o Gamberetta o tantissimi altri, ma se teniamo conto che la Mondadori si rivolge a un pubblico di adolescenti semianalfabeti, ignoranti come capre afgane e con un orizzonte mentale che non arriva oltre il loro ombelico, con l’unico scopo (o magari “scopo principe”, se non unico) di spennar loro un po’ di monete FORSE queste considerazioni ciniche potrebbero anche esser state fatte…
…e forse hanno funzionato e hanno aiutato a vendere se davvero il pubblico è così pigro e decerebrato.

#76 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2008 @ 19:32

@Carraronan. Non so, io trovo impossibile non rappresentarmi in immagini le parole che leggo e ho sempre pensato sia una caratteristica propria della specie umana. Perciò anche il più mentecatto almeno tenterà questo tipo di rappresentazione. Magari mi sbaglio.

Poi non è vero che i giovani sono tutti scemi! O anche solo la maggior parte. Tieni conto che spesso quando si è in compagnia è inevitabile assimilarsi al livello medio di demenza, è anche il bello di una compagnia: il rinunciare alla responsabilità individuale, rinunciare a ragionare, e seguire il “gregge” senza preoccupazioni.
Il problema è che la scuola non trasmette (più?) alcuna passione riguardo la lettura. La lettura è vista solo come dovere e fatica. Secondo me se le 30 ore circa a settimana che per anni un adolescente passa a scuola venissero meglio spese, il pubblico non sarebbe o sembrerebbe così stupido.
Perciò la colpa è solo dei professori! ^_^

#77 Comment By mhrrr On 26 marzo 2008 @ 10:01

@gamberetta: mi piacerebbe capire se esistono studi e quantificazioni sull’argomento, perché io sono profondamente convinto che invece è sbagliato quel che sostieni tu. indipendentemente da come io vivo (e tu dichiari di vivere) la lettura, io non sono affatto convinto del fatto che i lettori “vedano” sempre il racconto, secondo me si può leggere “muovendo delle etichette”: un vecchio è un vecchio, e non ho nessun bisogno di immaginarmelo finché tu autore non mi costringi a valutare come si muove e cosa ha in mano e se ha la barba o meno e quanto lunga. nel primo caso come lettore ho un’etichetta che non comporta nessun genere di lavoro mentale, nel secondo ho delle informazioni che devo memorizzare e gestire all’interno di un quadro coerente. e qui mi smentisco menzionando la mia esperienza: io come lettore preferisco avere quelle informazioni da gestire, faccio più fatica se non ci sono, come te, ma non so se rientro nell’unico tipo di lettore esistente o se piuttosto — propendo per questa ipotesi — faccio solo parte di un certo tipo di lettore. il problema è che il mercato editoriale sta spingendo verso uno specifico tipo, quello del vecchio stanco.
non credo che i giovani siano tutti stupidi, ma mi pare assodato che il modello che viene premiato dalla società oggi sia quello del furbo, disimpegnato e ignorante, perché tutto sommato la legge, l’etica e la cultura non servono assolutamente a un cazzo (e qui mi fermo).

PS: le incoerenze “di sistema” e “di situazione” che tu e i tuoi commentatori denunciate nelle cronache, secondo me, sono dovute esattamente al fatto che la troisi non visualizza ma gestisce etichette, quindi un duello a cavallo di un drago è semplicemente possibile, perché non esistono veri draghi né veri duellanti (né tantomeno duelli), ma solo parole. poi, io come te trovo più faticoso l’uso delle etichette ma, in generale, credo che dipenda dal fatto che sono abituato a partecipare attivamente alla costruzione del narrato: hai efficacemente usato la metafora dell’accompagnamento e della conduzione, ma questo implica l’essere “dentro” la storia; le etichette scevrano l’esperienza della lettura dall’essere dentro la storia, è vero che lasciano il lettore solo — ed è per questo, lo capisco, che sostieni che fa più fatica — ma lo lasciano anche libero di non immaginare e di aspettare, semplicemente, il prossimo bacio, in cui potrà riversare tutto il suo traboccante vissuto dei baci (senza visualizzarlo, per carità).
per amor della noia aggiungo una cosa: quel che penso sulla lettura mi fa ancor più paura perché ho il sospetto che travalichi i confini della narrativa e si possa applicare anche all’esperienza nel mondo concreto. questa onnipervasività delle etichette spiegherebbe perché cultura, etica e leggi godono di così poco prestigio.

@carraronan: ehi, bastardo, non permetterti d’insultare le capre afgane! un mio amico ne ha una per ragazza ed è simpaticissima!

#78 Comment By Carraronan On 26 marzo 2008 @ 12:19

non permetterti d’insultare le capre afgane! un mio amico ne ha una per ragazza ed è simpaticissima!

Anche le pecore sarde sono molto simpatiche e disponibili. La stessa storia di Giasone e del vello d’oro è una metafora dell’antico amore tra uomini e ovini. Ci vorrebbe però una campagna di “Scegliete Amanti Ovini Nazionali”.

Peccato che il mondo sia crudele con noi amanti delle bestialità…
Olanda, stop al sesso tra uomini e animali
Il Parlamento approva all’unanimità la legge che vieta la zoofilia. Punito fino a sei mesi di carcere chi trovato ad intrattenersi o a filmare scene hard con pecore o caprette

Che mondo ingiusto quello che vieta il libero amore tra un uomo e una capretta…

#79 Comment By mhrrr On 26 marzo 2008 @ 15:05

:DDD

#80 Comment By Gamberetta On 26 marzo 2008 @ 16:26

@mhrrr. Non credo ci siano studi scientifici specifici sull’argomento, tuttavia è noto che fino a una certa età non si ha neanche la capacità di ragione in termini astratti di etichette come tu dici. Un bambino ha difficoltà con il concetto di numero, vede tre arance o tre caramelle, ce ne vuole prima che ne tragga il concetto di ‘tre’ senza legarlo a niente di concreto.
Inoltre il mostrare favorisce proprio la memorizzazione da parte del lettore: “il mago vecchio e stanco” sparisce dopo poche pagine, “il bastone” o “la barba bianca” rimangono magari anche a libro chiuso. Questa è nozione condivisa direi da tutti gli scrittori che ho sentito esprimersi in materia. È anche verificabile entro certi termini in maniera empirica (sicuramente è vera per me stessa).
E non si può neanche dire che il mercato editoriale spinga nella direzione del raccontare: almeno in Italia il mercato editoriale è nella buona parte in mano agli scrittori anglosassoni, e non è così facile trovarne che scrivano romanzi pieni di “vecchi stanchi”. Anche i più disgraziati il concetto del mostrare di solito riescono a capirlo.
Riguardo ai giovani ti vorrei far notare che il vero problema non è che siano premiate furbizia rispetto a etica o ignoranza rispetto a cultura, ma il premio stesso. Se si vuole una società migliore bisogna capire che il concetto di premio è un’idiozia. Il premio di scrivere un buon romanzo è scrivere un buon romanzo.

Il premio della virtù è la virtù stessa.

Come diceva… ehm, ora non ricordo quale filosofo lo diceva! ^_^

Per la Troisi, ripeto: il problema non è che racconta troppo, il problema è che racconta le cose sbagliate. Ed è ovvio che in certi punti non possa mostrare anche volendo, perché appunto un duello con spade in groppa ai draghi è impossibile, tuttavia non credo che i lettori della Troisi l’apprezzino per questo. I lettori della Troisi l’apprezzano perché mostra Nihal che piange e si taglia i capelli, e questo compensa le parti noiose raccontate.


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