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Alcune note sullo scrivere Recensioni

Pubblicato da Gamberetta il 26 gennaio 2009 @ 14:04 in Insalata di Mare,Scrittura | 169 Comments

Una delle ragioni dietro la nascita della Barca dei Gamberi è stata l’insoddisfazione mia e del resto dell’equipaggio riguardo le recensioni librarie che si possono trovare in Rete e non. In particolare le recensioni che parlano di narrativa fantastica sono un disastro: se ne trovano poche, scritte da cani, inutili, e più spesso che non ipocrite e disoneste. Non sempre, certo, si possono incontrare anche ottime recensioni, ma sono rare.
Penso dipenda dal fatto che ognuno vede le recensioni a modo suo. Un po’ lo stesso problema che affligge la narrativa: ognuno insegue la sua presunta Arte come gli pare e piace, fregandosene se quello che sta scrivendo sia utile, interessante e divertente anche per il prossimo. Il che è un atteggiamento legittimo, ma non aiuta chi sta cercando invece proprio l’utile, l’interessante e il divertente.
Per questo voglio proporre una serie di linee guida rispetto allo scrivere recensioni. Probabilmente non verranno prese in considerazione da nessuno, se non da me stessa e dalla Barca dei Gamberi, ma non si sa mai, tentar non nuoce.

I: Lo scopo di una recensione.

Lo scopo di una recensione libraria dev’essere offrire al lettore un parere chiaro e inequivocabile rispetto al valore del romanzo preso in esame. Questo può essere ottenuto con poche o tante parole, con un esplicito giudizio numerico o lasciando che siano discorsi più articolati a esprimere il parere del recensore, non ha importanza, l’importante è che alla fine il lettore deve sapere se spendere 18 euro per comprare il tal romanzo o no; se vale la pena perdere 10 o 20 ore per leggerlo.
Ci possono essere mille distinguo e precisazioni – del tipo che magari il romanzo può piacere agli appassionati di Elfi ma comunque non vale 20 euro e dunque è un affare solo se scaricato gratis da emule – ma il recensore non può e non deve sfuggire dall’esprimere il suo giudizio. Deve prendersi la responsabilità di dire: vale la pena leggerlo, non vale la pena leggerlo.
Può sembrare un’ovvietà ma non lo è. Ci sono quintali di recensioni che parlano di tutto e di più e poi i commenti dei lettori sono di questo tenore: “…sì, d’accordo, ma non solo non ho capito se il romanzo mi potrebbe piacere, ma non ho neanche capito se è piaciuto al tizio che l’ha recensito!” Ecco, recensioni così sono da buttar via.
Bisogna essere espliciti e prendere posizione. Perché, in generale, non ci sono vie di mezzo, non puoi presentarti alla cassa in libreria e discutere del più e del meno e dei Massimi Sistemi della Natura: o paghi i 18 euro o non li paghi.
Questo non vieta che si possa parlare di romanzi senza esprimere un parere netto, solo non sono recensioni e il lettore ne dovrebbe essere consapevole.

Sex for the eyes
Sex for the eyes. Your art is like sex for the eyes

II: Una recensione deve essere obbiettiva.

Questo significa che il recensore deve rendere noti (al limite nella recensione stessa) i criteri che intende adottare, e a quelli attenersi. Deve attenersi a quei criteri indipendentemente da quale romanzo prenda in considerazione, chi sia l’autore, la casa editrice o qualunque altro fattore esterno. Inoltre i criteri devono essere consistenti da recensione a recensione.
Un esempio: qualche tempo fa, cercando altro, mi sono imbattuta in un sito di recensioni filmiche “cattoliche”. Il criterio di valutazione del sito era basato sul verificare quanto i film presi in esame fossero in accordo con la dottrina della Chiesa Cattolica. È un sito obbiettivo? Sì, perché i criteri adottati sono espressi in maniera esplicita e applicati a ogni film. È un sito dal quale prenderò consigli? No, perché i criteri non mi paiono adeguati.
Uno dei criteri adottati dalla Barca dei Gamberi è per esempio l’accuratezza dell’ambientazione. Un altro è l’originalità. Altri sono illustrati nell’articolo Riassunto delle Puntate Precedenti. Non pretendo che nessun altro adotti i nostri stessi criteri, ma una scelta dev’essere compiuta. Il criterio: come gira la Luna al recensore mentre scrive la recensione, non è un criterio accettabile.
Una scelta a priori dei criteri è anche l’unica possibilità per il lettore di poter verificare l’attendibilità della recensione. Dato il romanzo, o al limite estratti dello stesso, e dati i criteri ognuno può controllare se quello che il recensore scrive sia obbiettivo o no.
Sempre in quest’ottica di obbiettività, io considero più interessanti i criteri basati sul testo piuttosto che quelli basati sull’interpretazione dello stesso. Mi spiego meglio: mettiamo che uno adotti un criterio “politico”, per cui un romanzo è buono se aderisce a certe idee e brutto se fa riferimento a idee diverse. Di per sé può essere un criterio valido, ma poi il nostro recensore prende in mano il classico di Heinlein Fanteria dello Spazio. Dice che è un brutto romanzo perché è un romanzo “fascista”. Solo che, come ovvio, nel testo da nessuna parte c’è scritto che si tratta di un romanzo fascista: quella è un’interpretazione. Sarà vera? Forse sì, forse no, in quanto interpretazione è soggettiva: diventa difficile stabilire se il recensore sia stato sul serio obbiettivo.
Invece stabilire se un romanzo è originale o no non è così complesso (basta guardare i precedenti) e neppure è complicato accertare la verosimiglianza o verificare la coerenza interna.
Rimanendo attinenti al testo si può dire molto su un romanzo, e dire un molto oggettivo, senza entrare nel pantano delle interpretazioni. Rimanendo legati al testo si possono fare affermazioni che sono vere in sé, e secondo me queste affermazioni sono le più interessanti, perché sono vere per tutti. Non sto più offrendo un servizio solo a chi condivide la mia filosofia (come può essere con il sito di recensioni “cattoliche”), ma sto offrendo un servizio a tutti.
Va da sé che i criteri per me perdono ogni validità quando vanno oltre il testo e l’interpretazione. Per me non ha alcun senso dire che un romanzo è bello o brutto perché l’ha scritto un autore piuttosto che un altro. O magari perché ha venduto tanto o poco, o perché ne hanno tratto un film o un videogioco. O perché aiuta l’economia favorendo la vendita di segnalibri. I criteri devono essere legati alle parole del romanzo, non a quello che ci gira intorno.

III: Quando la recensione non è obbiettiva bisogna segnalarlo.

Oltre ai criteri obbiettivi esiste anche un parere personale del recensore. Il recensore deve chiarire quando sta uscendo dai criteri per addentrarsi nelle opinioni. Se un romanzo ha sessanta pagine di fila di inforigurgito, è un oggettivo errore (secondo i criteri adottati), e come tale lo si deve rimarcare. Poi si può aggiungere che le sessanta pagine, pur non muovendo in avanti la storia di un niente, contengono però – secondo il personale parere del recensore – delle informazioni interessanti e dunque il recensore medesimo non si è annoiato.
In altri termini, i “secondo me”, “per me”, i “penso” e “credo” vanno riservati per quando è davvero così. Finché si seguono i propri dichiarati criteri non è opinione, è affermazione.

Hungry?
Hungry?. I would like to have you for dinner

IV: Il recensore deve poter applicare i propri criteri.

Sembra scontato, ma non lo è. Torniamo al sito di recensioni “cattoliche”: chi scrive su quel sito, deve conoscere a menadito tutti i testi sacri, il Catechismo e ogni altro rilevante documento. Non può inventarsi il cattolicesimo come gli pare, altrimenti i criteri adottati in realtà non corrispondono a quelli esposti.
Se io adotto come criterio l’originalità, devo conoscere a sufficienza il genere per poter appunto affermare che il tal testo è originale o no. Se io dico: “nel fantasy è importante l’originalità! finora ho letto di fantasy, uh… Il Signore degli Anelli e tutti i romanzi di Licia!” è ovvio che non potrò davvero applicare quel criterio come i miei lettori si aspettano.
Se penso che la verosimiglianza in un romanzo (pseudo)storico sia importante, e il romanzo parla di un’epoca che non conosco o conosco poco, prima di scrivere la recensione devo documentarmi. E capisco benissimo possa suonare esagerato, in fondo spesso se ne fregano gli stessi autori, ma i criteri li ho scelti io. Se non si può scrivere una recensione applicando i propri stessi criteri… be’, non la si scrive.
In alternativa si può confessare al lettore che il tal particolare non è stato verificato o si è ignoranti di quell’altro fatto. Finché sono questioni marginali può passare, ma se sto recensendo un romanzo dove la guerra ha un ruolo fondamentale e non ne so niente, è inutile confessarlo: non devo proprio scrivere la recensione di quel romanzo.
Tutti pensano di essere più o meno geniali e di avere opinioni originali e interessanti: non è vero. Veri geni esclusi (e se state leggendo queste righe geni non lo siete, altrimenti sareste a gegnalare da qualche altra parte), quando qualcuno scrive di un argomento è tanto più interessante quanto più è documentato e preparato. Perciò è inutile cianciare di ciò che non si conosce: si perde tempo e lo si fa perdere al prossimo.

In case of Fire
In case of Fire. In case of fire, use fire extinguisher!

V: Bisogna essere semplici, precisi e inequivocabili.

Icona di un gamberetto La semplicità di linguaggio è necessaria dato che ci si sta rivolgendo a un pubblico di appassionati ma non necessariamente di “addetti ai lavori”.
Come già ribadito si sta cercando di scrivere recensioni obbiettive, dove le affermazioni sono veritiere in quanto aderenti al testo da una parte e ai criteri scelti dall’altra e non perché espresse da Nicoletta o Luisa. Dunque usare paroloni su paroloni per sembrare più “intelligenti”(sic) non serve a niente, se non a infastidire il lettore.

Icona di un gamberetto La precisione è di vitale importanza. La precisione impone da un lato di usare un lessico appropriato, dall’altro di esprimere concetti il meno generici possibile.
Le due cose sono strettamente legate fra loro; per esempio, a me è capitato di leggere infinite volte nelle recensioni frasi di questo tipo: “questo è un romanzo coraggioso”, oppure “questo è un romanzo profondo” o aggettivi simili. Qual è il problema con affermazioni del genere?

  • Il lessico non appropriato crea ambiguità. Quando Mario entra nel palazzo in fiamme per salvare la vecchia vicina di casa che gli sta pure antipatica, possiamo definirlo “coraggioso”. Ma un romanzo? Quand’è che un romanzo affronta con sprezzo del pericolo una situazione di vita o di morte (perché questo è il coraggio)? O forse ci si riferisce all’autore? Ma in Italia, 2009, quale coraggio ci vuole a pubblicare un romanzo? Al massimo si rischia una denuncia per diffamazione, non si rischia la vita. O forse si fa riferimento allo stile? “Un romanzo coraggioso perché sfida le convenzioni della narrativa!” Ah, che gran coraggio ci vuole a sfidare le convenzioni della narrativa! Lo stesso di Gary Cooper in Mezzogiorno di Fuoco!
    Si possono estrarre mille significati dementi dal quel coraggioso, ed è questo il danno: la recensione non è più inequivocabile, va interpretata, diviene ambigua.
  • Proprio perché coraggioso è ambiguo, può essere affiancato a qualunque romanzo. Nihal della Terra del Vento è un romanzo coraggioso. Il Nome della Rosa è un romanzo coraggioso. Bryan di Boscoquieto è un romanzo coraggioso. Quando in una recensione si esprime un concetto così generico, applicabile a qualunque libro, si sta sprecando inchiostro. Come faccio a scegliere tra Nihal della Terra del Vento e Il Nome della Rosa quando mi viene proposta una caratteristica che possono avere entrambi? Sarebbe come dire: “leggete questo romanzo perché è un romanzo pieno di parole”. Oh bella, ma anche tutti gli altri romanzi sono pieni di parole, perché dovrei leggere proprio questo? Anche tutti gli altri romanzi possono essere coraggiosi, perché dovrebbe in particolare interessarmi questo?

Lo stesso dicasi per “profondo”, “importante”, “scomodo” e così via. Meno grave è quando l’affermazione non è ambigua ma rimane generica: “questo è un romanzo noioso”, o il classico “questo è un romanzo bello/brutto”. Detto così non vuol dir niente, il recensore deve illustrare perché quel “noioso” è applicabile in quel caso particolare.
La Setta degli Assassini è un romanzo noioso”. Questa è un’affermazione che può essere vera o falsa, ma di per sé ha valore minimo, comunica al lettore poco o niente.
“Ne La Setta degli Assassini la protagonista piange ogni poche pagine: che noia!”. Questa invece è un’affermazione specifica e dunque comunica al lettore molto di più. Inoltre questa è un’affermazione verificabile: volendo ognuno può controllare se sia vero o no che la protagonista piange ogni poche pagine.
Lo stesso vale per lo stile di scrittura. Quante volte si leggono espressioni del tipo che il tal autore ha una scrittura “fresca”, o “vivace”, o “in punta di penna”(sic) o simili. Ma che vuol dire? NIENTE. È come con i libri coraggiosi, sono ambigue frasi fatte. È vero che spesso è difficile definire uno stile, e può essere conveniente usare un aggettivo generico, però almeno il recensore deve aver ben chiaro il perché ha usato proprio quell’aggettivo. Se dico che lo stile è “trasparente”, devo poterlo dimostrare testo alla mano, anche se magari nella particolare recensione non è così importante inserire le appropriate citazioni.

Icona di un gamberetto Infine l’essere inequivocabili. In parte è compreso nella precisione, in parte significa che non bisogna contraddirsi (d’oh!). Non si può dire: “il romanzo è avvincente e noioso.” Troppo ovvio? Allora questo, preso da una recensione “vera”: “[...] vengono in mente Agota Kristof e Magda Szabò, ma sono paragoni che non reggono.” Se sono paragoni che non reggono non ha senso farli…
Essere inequivocabili implica anche evitare tutte le espressioni non quantificabili, tutti i “piuttosto”, “quasi”, “si potrebbe dire che”, “in un certo senso”: non bisogna scrivere “quasi rosso”, bisogna scrivere “arancione”, non “piuttosto in carne” ma “grasso”, non “in un certo senso è come fosse un vampiro” ma “è uno gnokko”.

VI: Bisogna entrare in argomento.

Bisogna spiegare di cosa parla il libro; è necessario fornire la trama del romanzo. Spesso i recensori si lasciano trascinare in una sorta di delirio, per cui un romanzo affronta Argomenti Decisivi, pone l’Uomo di fronte ad interrogativi Fondamentali, è una pietra miliare nella storia della Letteratura e quant’altro e si “dimenticano” di dire di cosa diavolo parla il romanzo.
Per un sacco di gente, me compresa, l’argomento è importantissimo. I marziani invadono la Terra? Una ragazza dai capelli blu ammazza gente a destra e a manca con uno spadone? Una compagnia di Elfi debosciati deve salvare una principessa? Io lo voglio sapere!
Il recensore deve perciò raccontare quale sia la trama, con due avvertenze: se si è colti da attacco di pigrizia e si decide di scopiazzare la trama dalla quarta di copertina o da qualche comunicato stampa della casa editrice, è bene accertarsi che la trama sia quella giusta, spesso non è così; se si è in dubbio se svelare o no certi particolari, si possono sempre usare gli “spoiler”, sul web è facile mascherarli come si preferisce.

Entrare in argomento significa anche rimanere attinenti al testo. Dimostrare le proprie affermazioni con citazioni adeguate. Un sacco di romanzi arrivano in libreria senza che il lettore abbia potuto leggerne una sola pagina, perciò (ampi) estratti nella recensione sono i benvenuti (e ricordo a chi si facesse di questi problemi che è legale: è legale citare e riprodurre brani di un’opera finché l’intento è di critica o studio e non si sta facendo concorrenza all’opera originale).
Siamo sempre dalle parti della precisione: la recensione è di quel particolare romanzo, dunque lì bisogna scavare, lì ci sono i punti di riferimento. Bisogna parlare di quel romanzo, non della Letteratura, dell’Uomo, della Natura, e del Diavolo-in-Carrozza.

Toy Trunk
Toy Trunk. Jimmy is finally old enough to get the toys out of the trunk all by himself!

VII: Bisogna usare tante parole quante ne servono.

Se si scrivono recensioni sui giornali o sulle riviste non si è liberi di scrivere finché si vuole: la carta costa e perciò sono quasi sempre imposti limiti ben precisi. Per fortuna sul web non è così: il costo di un testo in termini di banda consumata è infinitesimale, per cui scrivere poche righe o scrivere un trattato dal punto di vista economico è la stessa identica cosa.
Per questa ragione non bisogna porsi alcun problema di spazio. Una recensione può essere approfondita a piacere, finché non corrisponde per filo e per segno a quel che il recensore vuole dire. Così pure non ci si deve porre problemi con le citazioni: se è opportuna una (lunga) citazione dal testo originale, inserirla è tutto di guadagnato.
Questo non significa però sbrodolarsi: non è una licenza per parlare dei problemi privati del recensore o per disquisire di argomenti che nulla hanno a che vedere con il testo; ogni riga della recensione deve avere un suo perché e ogni passaggio dev’essere interessante.

Ma è raro imbattersi in recensioni sbrodolate, è molto più presente l’errore opposto: ovvero recensioni compresse in poche righe.
Qui entrano in gioco diversi fattori: pigrizia del recensore (ma se sei pigro e ti pesano le dita a scrivere forse non è il tuo “mestiere”), il desiderio bruciante di esprimere un’opinione anche se non si ha niente da dire (e in questo caso è molto meglio “linkare” qualcuno che già dice il poco che vorremo dire noi, piuttosto che riscrivere le stesse cose), e l’idea balorda che scrivendo sul web bisogna essere agili, veloci, compatti, brevi.
Perché è un’idea balorda? Perché il linguaggio sul web funziona come sulla carta, l’Italiano è lo stesso e dunque se per esprimere un concetto hai bisogno di 100 parole su una pagina stampata avrai ancora bisogno di 100 parole su una pagina web. È vero che leggere a video è più faticoso e si hanno molte più distrazioni davanti a un PC, ma questo è al di fuori delle possibilità di controllo di un recensore (a parte le ovvie – che per molti ovvie non sono – considerazioni tipografiche: per esempio non scrivere viola fosforescente su sfondo verde brillante). Non si possono tagliare pagine da un trattato di filosofia o matematica solo perché “troppo lungo per il web”: web o non web il significato deve mantenersi integro. Così una recensione: deve contenere quanto necessario che sia sul web o no.
Inoltre c’è un altro livello di balordaggine implicito nell’idea di scrivere apposta poco, di “condensare” i concetti: che scrivere poco sia facile. Non lo è. Può essere meno faticoso, meno impegnativo, portare via meno tempo, ma non è più facile, tutt’altro. Il riuscire a mantenere integro un argomento riducendo via via le parole è incredibilmente difficile. Una buona recensione da 2.000 parole può diventare uno schifo immondo in 500 se l’autore non è più che abile (abile come può essere abile qualcuno che ogni volta che scrive una short story minimo un paio di premi internazionali li vince).
Dunque il recensore non si deve porre problemi di spazio: deve scrivere quello che è necessario. Se la recensione risulterà interessante, verrà letta lo stesso, web o non web.

VIII: Il tono dev’essere funzionale.

Le mie recensioni usano un tono tra l’ironico e il sarcastico. È una scelta voluta: ritengo sia il tono più adatto per “reggere” la lunghezza dei testi e al contempo quello che meglio si adatta a certa narrativa (il fantasy di scarso valore). Altri possono scegliere di usare un tono diverso e potrà andare bene uguale, però è importante che questa scelta abbia motivazioni legate alla recensione medesima, e non “esterne”. Ad esempio usare un tono “serioso” solo per mostrare la presunta posatezza del recensore è una scelta sbagliata se il tono “serioso” rallenta la lettura della recensione. Come già più volte ribadito, si sta cercando di essere obbiettivi, dunque la “serietà” del recensore è implicita nei concetti che esprime, non nel tono che usa.
Così come non ha senso ritenere che determinati argomenti (la Letteratura con la L maiuscola) debbano per forza richiedere un certo tipo di atteggiamento: perché mai? Ho letto testi di astrofisica scritti in maniera divertente e perfino con humor nero (si veda per esempio Death by Black Hole: And Other Cosmic Quandaries di Neil deGrasse Tyson), non si capisce perché la Letteratura, la Narrativa, il Fantasy o quant’altro dovrebbero invece essere speciali.
Il recensore ha lo scopo di tenere appiccicato il suo lettore dall’inizio alla fine della recensione, e per questo deve scegliere il tono più congeniale, altre considerazioni a riguardo non hanno nessuna importanza.

Icecream
Icecream.

Extra: Domande con e senza risposta.

Icona di un gamberetto Quali romanzi scegliere da recensire? Non saprei indicare un metodo. In generale io apprezzo recensioni positive di romanzi poco noti e recensioni sia positive sia negative di romanzi famosi. Recensire in negativo romanzi sconosciuti è di solito inutile: tanto non li compra nessuno comunque. Per i romanzi famosi prima di recensirli è una buona pratica controllare che qualcuno non abbia già espresso le nostre stesse considerazioni, nel qual caso meglio “linkare” l’altro piuttosto che riscrivere le medesime cose.
Però è un’idea generale che lascia il tempo che trova. La verità è che, come diceva Lorna Sage, la gran parte dei romanzi sono mediocri, li leggi e non ti lasciano nessuna particolare emozione né in bene, né in male, dunque non si sa neanche cosa scrivere a volerli recensire.
Perciò forse conviene scegliere romanzi interessanti, che in positivo o in negativo impressionino. Inoltre come già ricordato, è utile che il recensore conosca gli argomenti trattati dal romanzo, non fosse il caso, è meglio lasciar perdere quella recensione.

Icona di un gamberetto Si possono recensire romanzi tradotti? In teoria no. La recensione dev’essere sempre sul testo in lingua originale, però è anche vero che è probabile che poi il lettore compri la traduzione, non l’originale. Credo che un lavoro ben fatto implichi il leggere in lingua originale e poi rileggere la traduzione o almeno controllarla accuratamente. Nella recensione si specificheranno eventuali problemi dovuti al passaggio di lingua. Ammetto però di non seguire io stessa questo metodo, cercherò di adeguarmi.

Icona di un gamberetto Bisogna leggere fino in fondo un romanzo per recensirlo? No. È buona norma farlo, ma se un romanzo è illeggibile è illeggibile. Se bastano le prime 5 o 50 pagine per poter affermare con adeguata dimostrazione che non vale la pena spendere 18 euro, la recensione può essere scritta anche se il recensore lì si è fermato. Tengo però a precisare che tutte le recensioni qui sul blog dei Gamberi, come elencate nell’Indice delle Recensioni, sono a fronte della lettura integrale del testo, e anzi in alcuni casi il romanzo in esame è stato letto più volte.

Icona di un gamberetto Il recensore di narrativa deve essere anche uno scrittore? No. Però se tra i criteri di valutazione include la tecnica narrativa, deve conoscerla. Magari non così bene da scrivere narrativa degna di pubblicazione, ma comunque i meccanismi gli devono essere chiari.

Icona di un gamberetto Perché scrivere recensioni negative? Non è meglio suggerire solo il bello e lasciare il brutto nell’oblio? Può essere una degna scelta, e non ho problemi con chi la adotta. Però personalmente ritengo che in molti casi sia più utile non comprare il brutto, piuttosto che comprare (anche) il bello, e dunque il recensore deve recensire sia i romanzi che gli sono piaciuti sia quelli che gli sono piaciuti meno.

Icona di un gamberetto Si’ pou usare 1 linguagio modrno nll recensioni??? Sì, cm no!!! Anzi + punti esklamativi e k si metono a kaso in 1 recensione + la rece e’ strbellixima!!!1!!!!

Icona di un gamberetto È troppo facile criticare! No, per niente: scrivere una recensione negativa richiede lo stesso tempo di scriverne una positiva. Inoltre la pressione sociale favorisce la recensione positiva: posso “tagliare le curve” in una recensione positiva (per esempio non dimostrando testo alla mano ogni singolo passaggio) senza che nessuno ne sia scandalizzato, mentre una riga maldestra in una recensione negativa significa avere in casella di posta elettronica la mail di qualche squilibrata che minaccia di pikkiarmi.

Icona di un gamberetto Non la stai prendendo troppo sul serio? Vale la pena perdere tutto questo tempo per una recensione? No, è probabile non valga la pena. D’altra parte, vale la pena perder tempo a leggere un romanzo fantasy? Perdere tempo a scriverlo? Perdere tempo a leggere o scrivere narrativa? A leggere o scrivere libri? A leggere o scrivere? Vale la pena fare qualunque cosa?

Piggy Bank
Piggy Bank. Now you try


Approfondimenti:

bandiera EN Everyone’s a Critic: a Qualitative Study to Investigate the Perceptions and Attitudes towards Book Review Websites on the World Wide Web (PDF)
bandiera EN Death by Black Hole: And Other Cosmic Quandaries su Amazon.com
bandiera EN Nocturnal Devil (autore dei disegni in questo articolo) su deviantART

 


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169 Comments To "Alcune note sullo scrivere Recensioni"

#1 Comment By CMT On 26 gennaio 2009 @ 14:30

Sono d’accordo quasi su tutto (esclusa tra le altre cose la grafia di “congeniali”… :P), tranne che per quanto riguarda il tono. Non vedo un nesso di funzionalità tra il tono e il tipo di recensione, il tono è quello dell’autore, a prescindere dall’argomento. Se poi lui/lei ritiene di adattarlo a seconda di quello che sta recensendo va anche bene, ma non direi che si tratta di una regola generale.

#2 Comment By Gladstone On 26 gennaio 2009 @ 15:16

Mah…

#3 Comment By Lorenzo “Tiemme” On 26 gennaio 2009 @ 17:22

Sono d’accordo praticamente su tutto, ma faccio un appunto: le recensioni negative sono sicuramente difficili da produrre quanto quelle positive, ma di certo portano ad un picco di attenzione.

La lettura di una recensione positiva ad un buon romanzo di solito è semplicemente “utile”. Se mi fido del giudizio del recensore ho un altro titolo da aggiungere alla lista dei futuri acquisti.

La lettura di una recensione negativa è invece per molti versi istruttiva. La presenza di brani estrapolati, esempi e correzioni può aiutare il lettore a formare un gusto critico (e qui non dico che sia questo il ruolo di Gamberi Fantasy, parlo tanto delle tue recensioni quanto di quelle di altri critici letterari/cinematografici/musicali).
Io ho letto con interesse le tue recensioni delle trilogie della Troisi perché volevo dare corpo alle idee che mi ero fatto leggendoli: avevo avuto un’impressione negativa, ma non ero sceso nei dettagli. La tua recensione mi ha aiutato ad isolare ed evidenziare i passi ed i problemi che avevano reso sgradevole la lettura.

Concludo dicendo che, al di là di tutto e con un pizzico di spirito sadico, una recensione negativa ben scritta è anche molto divertente da leggere.

#4 Comment By Cristina On 26 gennaio 2009 @ 18:45

Io non scelgo i libri da recensire, ma recensisco i libri che mi mandano dalle due riviste con cui collaboro, una è on line e l’altra è cartacea. Cerco nei miei articoli di spiegare di cosa parla un libro e come è scritto, anche proponendo dei confronti con altri autori. Penso che il compito di chi scrive una recensione sia di fare un’analisi del libro che ha di fronte: personaggi, trama, stile, aderenza ai canoni di un certo genere letterario, soprattutto nel caso dei romanzi che si vogliono collocare in un determinato filone, e poi sarà il lettore a decidere se quel tipo di contenuto o di stile risponde oppure no ai suoi interessi e ai suoi gusti.
Cristina

Se vuoi leggere le mie recensioni:
http://www.literary.it/autore.asp?id_autore=754

Due ultime annotazioni: per me è un lavoro, nel senso che vengo pagata per gli articoli che scrivo, sono anch’io una scrittrice di romanzi storici e questo può essere un vantaggio, ma anche un limite.

#5 Comment By morpheus On 26 gennaio 2009 @ 19:09

Mi è piaciuto molto l’articolo di Gamberetta, che ho trovato come sempre chiaro, esemplificativo, concreto e splendidamente scritto. Ciò nonostante ritengo che ci siano anche altri modi, certamente meno “tecnici” – e forse anche meno utili, ma non necessariamente meno piacevoli – di scrivere recensioni, per esempio quelli che si soffermano sugli stati d’animo che l’opera ha suscitato in chi recensisce.

Per Cristina, invece: oltre ad avere un’invidia pazzesca per il fatto che vive nella città più bella d’Italia… devo dire che ho letto le sue recensioni e mi sembrano fredde, troppo stringate e prive di commenti significativi (cioè utili a comprendere se a me, lettore, potrà o meno piacere quell’opera). Insomma, mi sembra che – scusate l’orrida espressione, ma non sono uno scrittore :) – Cristina “non si metta abbastanza in gioco” nelle sue recensioni andando poco oltre una qualsiasi “quarta di copertina”.
Un saluto.

#6 Comment By Cristina On 26 gennaio 2009 @ 19:17

Collaboro con due riviste letterarie una di Padova ed una di Torino, ma vivo nelle Marche, comunque, sì, io sono molto distaccata nelle recensioni che scrivo, perché il giudizio vorrei lasciarlo al lettore, per es. citando un fantasy (non è un genere che recensisco spesso perché di solito recensisco saggistica, poesia e romanzi storici) di recente ne ho recensito uno di Francesca Angelinelli, ora se io scrivo che l’ambientazione ricorda il Giappone del medioevo, che l’autrice inserisce dettagliate descrizioni dei luoghi e dei personaggi e che non svela tutto subito, ma tiene sulla corda il lettore, rivelandogli le cose a poco a poco, il lettore, può scegliere di comprare o di non comprare il suo libro perché magari un’ambientazione orientale non lo attira oppure perché al contrario lo incuriosisce, ma potrebbe pensare, se questa autrice la fa lunga con le descrizioni non mi piace, perché preferisco un autore che punta di più sui dialoghi oppure sì mi incuriosisce il fatto che la storia venga rivelata progressivamente oppure al contrario può pensare vorrei sapere le cose importanti della trama e dei personaggi subito, altrimenti cala la tensione narrativa e mi annoio nella lettura… insomma io non posso conoscere i gusti di ogni lettore che leggerà la mia recensione, però, gli fornisco una serie di elementi e in base a quelli il lettore il lettore si può fare un’idea abbastanza chiara del libro e può decidere, lo compro, non lo compro.
Cristina

#7 Comment By DelemnO On 26 gennaio 2009 @ 20:27

Io ho fatto per anni le recensioni di cd (black/viking/folk metal), e per i cd la questione è un po’ più complessa, e a volte dare il voto in decimi era davvero complesso, avrei preferito poter solo dire se valesse la pena ascoltarlo o meno XD. Poi, per quanto uno si sforzi di non fare caso all’autore/band, diventa difficile evitare commenti del tipo “cd che va bene per una band di esordio, in mano ai Darkthrone è una vera schifezza”, perchè bisogna valutare moolte cose..però quello di Gamberetta rimane un articolo interessante, concordo pressochè in toto, in particolare per il discorso di quando un libro viene definito “coraggioso, ecc.. in molti casi di fantasy odierno l’unico ad essere coraggioso è il lettore.

#8 Comment By Gamberetta On 26 gennaio 2009 @ 20:54

@CMT. Grazie per la segnalazione, non a caso sono un gegno
Per quanto riguarda il tono: infatti, va bene che un autore mantenga il suo modo di scrivere quando scrive una recensione, non va bene, come spesso accade, assumere che una recensione debba richiede un tono formale, o pseudo-accademico, o peggio che tale tono sia preferibile. Come detto nell’articolo le recensioni non sono rivolte agli addetti ai lavori, sono rivolte a chiunque, dunque bisogna cercare di coinvolgere il più possibile.

@Gladstone. Boh?

@Lorenzo “Tiemme”. È vero che le recensioni negative possono essere molto più divertenti di quelle positive, ma volendo sono sicura che potrei essere brillante nel “dimostrare” come Moccia sia in realtà il più grande autore europeo del ventesimo secolo (il problema è che sarebbe una balla – purtroppo capita spesso che romanzi di successo siano boiate, mentre che siano capolavori è rarissimo, e non perché sono romanzi di successo, ma semplicemente perché di capolavori se ne vedono pochi in assoluto).

@Cristina. Premetto che non ho molta voglia di entrare in argomento, perché ormai più di un anno fa, dopo uno scambio di mail non proprio gentili con l’autrice di Chariza, ho deciso di non occuparmi più di suoi romanzi, ma tu scrivi:

insomma io non posso conoscere i gusti di ogni lettore che leggerà la mia recensione, però, gli fornisco una serie di elementi e in base a quelli il lettore il lettore si può fare un’idea abbastanza chiara del libro e può decidere, lo compro, non lo compro.

Ora vai a prendere la tua stessa recensione di Chariza, quali elementi ci sono?
Te li elenco io:
*La trama.
*“L’abilità di Francesca Angelinelli consiste nel far scoprire a poco a poco al lettore la storia e i personaggi,”
*Il romanzo non è autoconclusivo.
*“Una volta entrati però nel meccanismo narrativo costruito dall’autrice si resta incollati alle pagine” ovvero diciamo che a tuo giudizio è un romanzo appassionante.

Be’, una recensione così secondo te offre elementi al lettore per decidere?
Stai recensendo un fantasy e non accenni né a verosimiglianza, né a coerenza interna, non accenni né a quali sarebbero gli elementi fantastici né al loro ruolo nella storia; i personaggi sono credibili? Il loro modo di agire e parlare è compatibile con l’ambientazione? Sembrano jappi o sembrano gente di Cesano Boscone trapiantata a Osaka? Lo stile è trasparente e funzionale o la Angelinelli si è lasciata tentare dalla literary fiction, per te è pregio o difetto? Come si colloca il romanzo rispetto agli altri suoi concorrenti? Meglio investire tempo e soldi in Chariza o, non so, ne La Leggenda di Otori?
ecc.

#9 Comment By Cristina On 26 gennaio 2009 @ 21:14

Un libro qualunque libro (come vedi ne ho recensiti molti altri di genere diverso dal fantasy, soprattutto historical romance o libri di poesie, però, non li ho citati perché mi sembra che tu non te ne occupi) è come un mondo a sé che l’autore costruisce in modo più o meno riuscito e in cui chiede al lettore di entrare… certo in un romanzo storico conta anche anche il lavoro di documentazione che c’è dietro e l’aderenza dei personaggi al periodo raccontato, ma in un fantasy credo che un autore si possa prendere maggiori libertà, visto che elfi, draghi, etc. sono creature di fantasia che non esistono ora né sono esistite nei secoli passati, quindi, penso che si possa parlare di verosimiglianza per un romanzo storico, ma più difficilmente per altri generi narrativi… poi non mi interessa difendere i romanzi di Francesca Angelinelli… mi sono capitati sotto mano per lavoro e l’ho recensiti…
Tutto qui… come ho premesso, io recensisco quello che arriva alla rivista e che mi viene inviato… a volte tra i libri di poesia mi capitano anche discreti “mattoncini” che non so quanti lettori poi compreranno, considerando poi, quanto poco vende la poesia in Italia…
lo scopo dellarecensione secondo me non è “aggressivo”, ma informativo…
Cristina

#10 Comment By Gamberetta On 26 gennaio 2009 @ 22:09

@Cristina.

Un libro qualunque libro (come vedi ne ho recensiti molti altri di genere diverso dal fantasy, soprattutto historical romance o libri di poesie, però, non li ho citati perché mi sembra che tu non te ne occupi) è come un mondo a sé che l’autore costruisce in modo più o meno riuscito e in cui chiede al lettore di entrare…

E dunque l’autrice di Chariza ha creato un mondo “riuscito”? Sì? No? Perché? E possibilmente dovresti mostrarlo con precise citazioni, visto che il cuore di una recensione sono i riferimenti diretti al testo. Devi essere tu che recensisci a stabilirlo, non il lettore. Se il mondo non è riuscito il lettore lo deve sapere prima di spendere i soldi.

[...] quindi, penso che si possa parlare di verosimiglianza per un romanzo storico, ma più difficilmente per altri generi narrativi…

No. Proprio la presenza di elementi fantastici obbliga l’autore al massimo della verosimiglianza, perché altrimenti diventa impossibile far credere al lettore che il Mondo Secondario (per usare la terminologia di Tolkien) esiste davvero. Se in un fantasy non c’è verosimiglianza, non c’è fantasy, c’è solo un elenco di stupidate.
Questo è un concetto alla base del genere. Ed è concetto condiviso praticamente da tutti gli esponenti del fantasy, da gente come Lovecraft(note sullo scrivere weird fiction) o Tolkien(sulla fiaba) fino a Gerrold(worlds of wonder) e Scott Card(how to write sf & f).

[...] poi non mi interessa difendere i romanzi di Francesca Angelinelli… mi sono capitati sotto mano per lavoro e l’ho recensiti…

Ma fammi capire una cosa: leggi fantasy e altro, o leggi altro e basta? Perché io ho la netta impressione che tu non solo non conosca il sottogenere (wu-xia? chambara? Se un tuo lettore interessato al romanzo della Angelinelli te lo chiedesse, sapresti rispondere e argomentare la risposta?), ma proprio non abbia mai letto un fantasy in vita tua.
Però recensisci un fantasy lo stesso, perché ti è “capitato”. La prossima volta ti capita una light novel in stile giapponese, e via, recensione, steampunk? recensione! bizarro fiction? recensione!
Ma che senso ha? Come fai, non dico a giudicare, ma anche solo a informare se tu per prima non sai di quello che si parla? E non ti sembra il caso di scrivere a chiare lettere nella recensione che NON conosci il genere?

#11 Comment By Flash On 26 gennaio 2009 @ 22:14

Leggo sempre e non commento mai, ma questa volta ne ho avuto la tentazione.
Condivido in larga parte i criteri di Gamberetta, anche perché coincidono molto con i miei: di solito in un romanzo fantastico apprezzo soprattutto la solidità della trama e la coerenza interna del “mondo” che crea.
Ma vorrei far notare una cosa relativa al punto 5 (essere precisi e inequivocabili). Se Gamberetta facesse un’analisi semiotica pura, probabilmente sarei d’accordo, perché l’analisi semiotica ben fatta è indipendente dall’autore dell’analisi stessa, cioè più studiosi produrrebbero un’analisi che raggiunge le stesse conclusioni.
In recensioni di questo tipo invece una certa parzialità del recensore è secondo me inevitabile.
Gamberetta dice ad esempio:

“La Setta degli Assassini è un romanzo noioso”. Questa è un’affermazione che può essere vera o falsa, ma di per sé ha valore minimo, comunica al lettore poco o niente.
“Ne La Setta degli Assassini la protagonista piange ogni poche pagine: che noia!”.

Ma la noia è di per sé una cosa soggettiva, dunque può essere molto difficile stabilire che cosa è o non è noioso (e ad esempio, per me una protagonista che piange in continuazione potrebbe essere non noioso). Conosco persone che trovano molto interessante lo studio della grammatica ebraica, che per me è invece un argomento mooolto noioso.

#12 Comment By Cristina On 26 gennaio 2009 @ 22:38

Mi possono capitare libri di genere letterario diverso, ma prima cerco di informarmi per capire meglio quello che leggo… di recente mi è capitato di leggere un romanzo di fantascienza ed ho scritto chiaramente che era il primo romanzo di quel genere che recensivo… forse non sono stata chiara, io faccio il critico letterario per lavoro, non per “gioco”, visto che ho una collaborazione fissa con una rivista e vengo pagata per le recensioni che scrivo e sono intervenuta in questo dibattitto, perché mi interessava l’argomento in sè, in quanto mi pongo il problema di come scrivere gli articoli per la rivista… quanto al resto, certo, se mi capita un romanzo storico che è il mio ambito, mi trovo più a mio agio, ma se leggi le rubriche dei consigli di lettura su qualunque settimanale vedrai che a tutti i recensori possono capitare generi letterari diversi e che è molto difficile pensare che una rivista possa pagare un esperto del genere fantasy, uno del genere storico, uno per i romanzi gialli, etc.
Io speravo comunque in un confronto, non in affermazioni assolute e indiscutibili…
Cristina

#13 Comment By Gamberetta On 26 gennaio 2009 @ 22:55

@Flash. Sì, in generale hai ragione. Però entrando nello specifico, in un romanzo un personaggio che piange sempre, a scanso di effetti comici, è molto vicino all’oggettivamente noioso. Nondimeno, un “per me” accanto al noioso ci può stare – più che altro perché il concetto stesso di “noia”, essendo descrizione di uno stato d’animo, è di per sé ambiguo.

@Cristina. Buon per te se ti pagano, ma non mi fa né caldo, né freddo. E sì, è un concetto assoluto: per recensire un romanzo fantasy, secondo i miei criteri, è obbligatorio conoscere il genere.
Mi sembra davvero il minimo per fornire un servizio valido ai lettori. Il lettore si trova di fronte a mille romanzi fantasy: io devo conoscerli se voglio suggergli quello o sconsigliargli quell’altro.

#14 Comment By Hendioke On 26 gennaio 2009 @ 23:17

Articolo esaustivo e interessante come tutti quelli di Gamberetta.
Però, non so bene perchè, mentre leggevo il passaggio sul non usare espressioni come scrittura “vivace”, “trasparente” o “in punta di penna” ho avuto un flash di Gamberetta intenta a manovrare lo Scrittore Automatico dell’omonimo racconto di Dahl <.<

#15 Comment By Cristina On 26 gennaio 2009 @ 23:26

Insomma, secondo te chi scrive una recensione può seguire criteri generali che prescindono dal genere letterario di appartenenza di un libro o deve esistere (se ho ben capito la tua posizione) un recensore specializzato che conosce perfettamente un solo genere letterario e si occupa esclusivamente i recensire libri che rientrano in quel filone?
vorrei che mi rispondessi su questo… tutto qui… magari spiegandomi anche come fa una rivista, anche più grande di quelle per cui scrivo io, ad avere un critico letterario per ogni filone della narrativa contemporanea… Cristina

#16 Comment By Gamberetta On 26 gennaio 2009 @ 23:56

@Cristina. Come spiegato nell’articolo ognuno può scegliersi i criteri che vuole (a patto di renderli noti a chi legge la recensione). Secondo i miei criteri – criteri che ritengo siano validi in assoluto – la conoscenza di un genere letterario è fondamentale per poter scrivere buone recensioni di romanzi appartenenti a quel genere.

Come fa una rivista? Si specializza. Nessuno obbliga una rivista a parlare di tutta la letteratura mondiale di ogni epoca e in qualsiasi ambito. Se una rivista non ha il personale adatto per affrontare certi argomenti, non li affronta.
Ti faccio un altro esempio: tempo fa ho letto un romanzo di Taichi Yamada (Una voce lontana), potrei recensirlo? No. Perché non solo era tradotto, ma tradotto non dal giapponese, ma addirittura dall’inglese. Tra me e il testo originale c’erano ben due passaggi.
Mettiamo che Una voce lontana “capiti” alla rivista: o tale rivista ha un collaboratore/recensore che conosce il giapponese e può leggere l’originale, oppure la rivista il romanzo non lo recensisce. Non ha senso dire: non abbiamo possibilità di trovare qualcuno che conosce il giapponese, ci accontentiamo della traduzione della traduzione. O le cose le fai bene, o non le fai.

#17 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 00:06

@Cristina: sicuramente nessuna rivista letteraria potrà permettersi un recensore specializzato per ciascun genere (in realtà c’è per ogni genere gente preparatissima che lo farebbe gratis, basta cercare), ma nessuno obbliga la tua rivista o altre a recensire qualunque genere. Oppure sì, c’è un motivo perché quel tale libro XYZ debba essere per forza recensito? Come lettore, non lo so e non lo voglio sapere. Se quella recensione mi è utile, bene, altrimenti a me cosa importa se la rivista non si può permettere un recensore più preparato?

#18 Comment By Cristina On 27 gennaio 2009 @ 00:10

Le riviste di solito si occupano di letteratura contemporanea e i recensori lavorano sui libri usciti da poco, generalmente pubblicati nell’arco dell’ultimo anno, al massimo si può risalire all’anno precedente, se magari un libro sta ancora circolando e fino a quel momento non era stato recensito…
In conclusione: io, siccome conosco bene il genere romanzo storico soprattutto nei sottogeneri della biografia romanzata e dell’historical romance, dovrei secondo il tuo criterio recensire solo quelli… una cosa che in teoria potrebbe anche avere una sua logica, ma che per problemi logistici diventa in una rivista difficilmente realizzabile…
comunque io non conoscevo su questo blog, ma qualche autore di fantasy che ho conosciuto su anobii.com mi ha detto che scrivevi recensioni di questo genere letterario o meglio stroncature soprattutto di autori italiani e allora mi sono chiesto se lo facevi per divertimento o per lavoro e come ti ponevi nei confronti dei libri da recensire…
Cristina

#19 Comment By Hendioke On 27 gennaio 2009 @ 00:56

@Angra
Il mio campo di lavoro (non retribuito… ma sempre lavoro) sono i film e i videogiochi ma gredo di poterti dar io una risposta perchè alla fine immagino che le meccaniche che si applicano a un publisher di film o videogiochi possano applicarsi anche agli editori (a conti fatti publisher ed editori sono sinonimi).

Se il sito per cui lavoro volesse specializzarsi, mettiamo, nei film horror e nei videogiochi survival-horror per essere competitivo rispetto ai siti simili non professionali abbastanza da sperare in un profitto non gli basterebbe semplicemente avere degli esperti del settore; avrebbe comunque bisogno di poter vedere i iflm e provare i giochi in anteprima e di essere informato il prima possibile delle novità in arrivo.

Per far questo la via è farsi mandare i materiali e farsi invitare agli eventi dai publishers o, meglio, farseli inviare e farsi mandare dai loro PR. Ma l’obiettivo di un publisher è far vendere il più possibile il proprio prodotto e quindi l’obiettivo dei PR è di far si che il prodotto riceva la massima visibilità possibile.

E poichè invitare un giornalista rispetto ad un altro o inviare i materiali a questo piuttosto che a quello è una scelta di spesa (in termini economici e di organizzazione) e che nessuno può permettersi di mandare semplicemente materiale a tutti e invitare tutti i PR lavorano scegliendo oculatamente le riviste e i siti che sanno daranno al prodotto la maggior visibilità.

Quindi un sito che si propone come specializzato nei genere horror e survival horror non riceverà mai un fico secco a meno non riesca a dimostrare al PR di essere il numero uno del settore il che ovviamente stronca sul nascere qualsiasi sito nato da poco (il quale certo non potrà crescere senza le esclusive e si instaura un circolo vizioso).
Un sito invece che si presenta come semplicemente “di settore” ha più possibilità di ricevere materiale perchè parte comunque con un bacino d’utenza virtuale allargato rispetto al sito specialistico. Inoltre affidare i propri titoli a siti di settore ma non specializzati permette di poter ottenere una grande risonanza mantenendo relativamente pochi contatti (10 siti generici invece di 5 siti per genere, ad esempio).

Ergo se sei un sito e tratti di cinema o di videogiochi non puoi permetterti d’essere specializzato a meno che: 1) tu non decida di farlo aggratis; 2) abbia non degli esperti del genere ma i massimi esperti del genere garantendoti così d’essere il punto di riferimento per tutti gli amanti del genere nessuno escluso; 3) abbia una qualche idea geniale.

Questo è il modo in cui gira il mondo dei film e dei videogiochi (soprattutto dei videogiochi) e difatti confesso di essermi ritrovato di fronte a delle difficoltà al momento di recensire film o videogiochi niente affatto nelle mie corde ma me la sono sempre cavata grazia ad una cultura comunque solida sul cinema e scegliendo bene il taglio per le recensioni dei videogiochi.

Immagino che nel campo della letteratura i rapporti fra stampa specializzata e editori non siano troppo differenti

#20 Comment By Lorenzo “Tiemme” On 27 gennaio 2009 @ 01:06

Cristina, io ho lavorato in una redazione per un certo periodo di tempo e conosco un minimo le problematiche relative alla produzione di una rivista. Gamberetta parla per imperativi assoluti che non sempre saranno realizzabili, ma non puoi negare che la logica che usa sia corretta.

Prova a trasporre il concetto al di fuori del genere Fantasy, che può portare fuori strada per la sua natura “fantasiosa”.
Pensa ad un trattato storico, che descriva un’epoca remota e poco conosciuta. Diciamo che l’autore ha scritto un saggio sul popolo dei Maya.
Ora, per recensirlo ammetterai che è meglio mettere qualcuno che sia preparato in storia, piuttosto che un appassionato di filosofia e racconti romantici.
Magari il secondo noterà la qualità dello scritto o errori davvero macroscopici, ma non avrà le competenze per metterlo in relazione con gli altri trattati storici editi. È più o meno bello di quel mattone uscito dieci anni fa sullo stesso argomento? È preciso? Mi fornisce le informazioni necessarie alla comprensione del testo?

Ecco, come i saggi storici anche i romanzi Fantasy formano un piccolo cosmo letterario a sé. Se non lo conosci puoi valutare la correttezza e lo stile della scrittura, ma potrai mai darmi una recensione ponderata sul romanzo.

@ Gamberetta: non sminuisco il valore delle recensioni positive, la mia è solo un’osservazione su quelle negative. Penso che il divertimento sia dovuto al fatto che l’ironia è un’arma molto efficace per demolire, ma è inutile per tessere lodi.

#21 Comment By CMT On 27 gennaio 2009 @ 08:51

Per quanto mi riguarda, penso che essenzialmente chiunque (posto che sappia leggere (in tutti i sensi), sappia scrivere e abbia un minimo di senso dell’osservazione) possa scrivere una recensione, ma che non tutti possano scrivere una recenzione completa.
Se non mi faccio una cultura su un determinato genere di romanzi, sarò comunque in grado di dire se trovo il romanzo bello o brutto, se esiste o meno una coerenza interna, se e quanto i personaggi sono interessanti e credibili, ma mi mancheranno i termine di paragone “intra-genere”. Come dire che se ho letto un unico fantasy sarà per forza di cose il più bel fantasy che abbia mai letto, se anche l’avessi trovato orribile. In questi termini una mia recensione sarà comunque incompleta, per quanto accurata possa essere, non per mia incapacità ma per mia ignoranza (intesa in senso stretto).

Le recensioni di Cristina, che già conoscevo peraltro, io le trovo anche ben scritte, e non ho dubbi che siano esattamente nei parametri della rivista, però io non mi baserei mai su quelle per decidere se comprare o meno un libro, perché il più delle volte mancano di un giudizio, che invece è quello che serve a me.
Se decido di affidarmi al pensiero di un recensore per decidere i miei acquisti, ciò che faccio in genere è leggere sue recensioni di cose che già conosco, vedere se i nostri pareri concordano o meno, e poi passare alle cose che non conosco e in base ai suoi giudizi farmi un’idea in merito al fatto che il tal romanzo possa piacermi o meno (va benissimo anche se non sono mai d’accordo col recensore: comunque saprò che se ne dà un giudizio negativo, a me probabilmente piacerà ^_^).
Se il recensore mi illustra solo i contenuti del romanzo… be’, non mi serve: sono informazioni che posso trovare un po’ ovunque, fa poca differenza che le abbia scritte lui/lei o chiunque altro.
E soprattutto mi serve un recensore che sappia e possa dire “questo libro fa schifo”. Anche se fosse mio (il libro, non il recensore), mi sarebbe più utile questo (ovviamente con tanto di giustificazioni e spiegazioni oggettive del perché, su questo non ci piove) che non una sospensione del giudizio.

#22 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 08:59

@Hendioke: ho presente i problemi di cui parli, ma quello è il punto di vista di chi la rivista la fa. Il discorso “io ho fatto del mio meglio per cui tu te la devi comprare/leggere lo stesso e dire che va bene così” purtroppo non funziona (farebbe comodo anche a me).

Il punto di vista del lettore è: a me questa cosa serve o no? Se compro Quattroruote e mi dicono che la nuova Toyota Ciumbia ha una bella linea allora no, non mi serve, perché ce li ho anch’io gli occhi e decido io se mi piace o no.

Poi ci sono casi decisamente bizzarri, come le due recensioni uscite su FantasyMagazine a distanza di quattro giorni una dall’altra. Si parla dell’ultimo libro della Troisi, e la prima gli assegna 2 stellette, la seconda 4. Tutto normale, secondo i signori di FM. Secondo me sono pazzi furiosi: è come se su Quattroruote mi dicessero a pag. 38 che la nuova Toyota Ciumbia è ‘nammerda, e poi a pag. 97 dicessero che è un’auto da sogno.

#23 Comment By Gladstone On 27 gennaio 2009 @ 09:47

Su molte riviste si usa riportare due punti di vista differenti. Vedi XL, ad esempio, dove esiste un apposito spazio in cui un disco viene recensito in maniera radicalmente opposta (da due recensori diversi, ovviamente).
Non si può paragonare un’automobile ad un libro, così come non si può paragonare un libro di narrativa ad uno di saggistica/trattatistica.
La letteratura non è una scienza esatta; se la riducessimo ad un solo insieme di parametri non sarebbe più letteratura.
I saggi, i libri storici, la trattatistica devono chiaramente essere vincolati alla documentazione, a fatti concreti. Verificabili.
Non tiratemi fuori la storiella del “tanto è fantasy, posso scrivere quel che mi pare”. Non sto dicendo questo. Ma la narrativa apre orizzonti più vasti, che non possono essere racchiusi in categorie assolute.

Per il resto, Gamberetta (per esplicitarti il “Mah…”) scrive alcune cose che potrebbero convincermi, altre meno, altre per niente. In generale, i manifesti programmatici troppo rigidi non mi sono mai piaciuti.

#24 Comment By mhrrr On 27 gennaio 2009 @ 10:42

ho scritto delle recensioni (ma non sono un critico, né tantomeno un critico di professione) cercando di attenermi a una regola molto semplice (che in parte rispecchia l’approccio di gamberetta e che io ho imparato scrivendo articoli di linguistica, secoli fa): fai in modo che le regole del gioco siano chiare.
il che funziona non solo per i criteri di valutazione (verosimiglianza del mondo, ragionevolezza delle azioni dei personaggi, adeguatezza dei dialoghi, ovvero — con una locuzione più generale applicabile anche ai saggi — aderenza dell’opera agli scopi dell’autore), ma anche per il resto. ad esempio non ho mai nascosto di conoscere poco il genere fantasy rispetto a quanto dovrei conoscerlo davvero per poter fare dei confronti; oppure rispetto agli scopi per i quali si scrive una recensione (d’accordo, far capire se un libro “vale la pena” oppure no. ma per cosa? farsi quattro risate? se così fosse i gamberetti marci non varrebbero i fotoni che li trasportano, perché valutano negativamente qualcosa che in effetti fa fare quattro risate. leggere un buon libro? in questo senso le recensioni di questo blog sono ottime. trovare delle “lezioni” per scrivere meglio? le trovo magari nelle recensioni di gamberetta, ma non nei libri che recensisce. e via discorrendo).
mi permetto solo un appunto: per recensire un libro, secondo me, è necessario averlo letto tutto. se il libro non è letto nella sua interezza, non va recensito, punto. se fa troppo schifo per essere letto tutto, lo si liquida senza una vera recensione. altrimenti viene meno una parte fondamentale di quel principio di autorevolezza di cui è investito il recensore e che riguarda la conoscenza del testo recensito.
il che è un motivo di apprezzamento nei confronti della barca dei gamberi.

#25 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 10:43

@Gladstone:

Non si può paragonare un’automobile ad un libro, così come non si può paragonare un libro di narrativa ad uno di saggistica/trattatistica.

D’accordo, per me la Ferrari può essere un inutile orpello mangiabenzina e per un altro il sogno di una vita perché costa un sacco di soldi e fa i 300 all’ora, ma sarà chiaro cosa interessa a uno e cosa interessa all’altro.

Se invece uno mi scrive che la trama è scontata e banale e l’altro mi dice che è originale e piena di colpi di scena che faccio, tiro una moneta?

#26 Comment By Cristina On 27 gennaio 2009 @ 10:50

Ho visto che nel frattempo un paio di utenti che collaborano oppure hanno collaborato in passato con delle riviste si sono resi conto che la situazione che io descrivevo era reale (io, per es., ho finito il dottorato di ricerca in italianistica tre anni fa e sono una specialista di letteratura italiana dell’800 ed in particolare di letteratura del periodo del Risorgimento, è ovvio quindi che se arriva a literary un libro di quel tipo il compito di recensirlo viene affidato a me e non ad un altro collaboratore, però, di libri così ne arrivano pochi in un anno).
A literary ci sono due caporedattori che smistano i libri che arrivano in redazione, cercando di tenere conto del curriculum e degli interessi dei collaboratori, però, con 5 collaboratori in tutto, non è che si possano coprire tutti i generi letterari o tutte le lingue (per es. ieri Gamberetta ha scritto che per recensire un certo libro ci voleva un conoscitore del giapponese) e le riviste vivono di abbonamenti, ma anche grazie alle case ed. che gli spediscono gratis i propri libri, per vederli poi recensiti (altrimenti per la casa ed. non sarebbe un investimento mandare dei libri gratis, il che non significa che uno deve elogiare i libri delle case ed. che spediscono i propri volumi alla rivista, però, pure le stroncature andrebbero giustificate con argomenti robusti altrimenti diventano controproducenti sia per la casa ed. sia per la rivista).
A questo punto, comunque, una volta assodato che chi gestisce questo sito lo fa gratis (nel senso che non c’è dietro una rivista che paga Gamberetta e i suoi aiutanti), io, quando scrivevo consigli di lettura per una rivista on line che non mi pagava, recensivo solo i libri che mi piacevano, gli altri li lasciavo perdere… io non posso scegliere i libri da recensire, ma devo “digerire” tutto quello che mi viene spedito, ma chi non viene remunerato e non è legato da un contratto di collaborazione ad una rivista e quindi può scegliere di quali libri scrivere, secondo me è un “masochista” se sceglie di leggere e di recensire libri che spesso già sa in partenza che non apprezzerà…
non ti piace la Troisi nessuno ti obbliga a recensirla, visto che il suo libro è pubblicato dalla Mondadori e quindi di recensioni il lettore ne può trovare già altre sia in riviste on line sia in riviste di carta…
la recensisci allora per dimostrare che anche le case ed. grandi pubblicano libri di scarso valore? Oppure ti piace smontare un libro e stroncarlo? E visto che il libro non te lo inviano gratis, te lo devi pure comprare… sinceramente è qualcosa che va al di là della mia comprensione…
Cristina

#27 Comment By morpheus On 27 gennaio 2009 @ 11:05

Mi sembra veramente surreale stare a discutere la legittimità di recensire qualcosa senza avere la necessaria conoscenza di quel qualcosa e, di conseguenza, senza poter offrire al lettore gli elementi indispensabili di una recensione. Surreale, non mi viene altro termine.
Quasi che l’essere pagati per fare qualcosa, o il farlo per “una rivista”, ci faccia automaticamente produrre un buon lavoro.
Surreale…
Non sto aggredendo ne’ giudicando LA PERSONA, giusto per chiarire (che qui circolano dei peperini…), e do per scontato che ognuno/a faccia il proprio lavoro come meglio può.
Semplicemente NON E’ POSSIBILE scrivere buone recensioni su libri fantasy (o su qualsiasi altra cosa) senza conoscere molto bene l’argomento trattato. Tutto qui.
Saluti.

#28 Comment By Gladstone On 27 gennaio 2009 @ 11:09

@ Angra
A me Frankenstein Junior non fa ridere per niente, ad esempio. Ma la maggior parte delle persone lo trova un capolavoro parodistico. Tiri una moneta?

In medio stat virtus

#29 Comment By Cristina On 27 gennaio 2009 @ 11:12

Prescindendo dalla mia posizione, io ho fatto una domanda e mi piacerebbe che chi gestisce questo sito mi rispondesse: “Chi non viene remunerato e non è legato da un contratto di collaborazione ad una rivista e quindi può scegliere di quali libri scrivere, secondo me è un “masochista” se sceglie di leggere e di recensire libri che spesso già sa in partenza che non apprezzerà…
non ti piace la Troisi nessuno ti obbliga a recensirla, visto che il suo libro è pubblicato dalla Mondadori e quindi di recensioni il lettore ne può trovare già altre sia in riviste on line sia in riviste di carta…
la recensisci allora per dimostrare che anche le case ed. grandi pubblicano libri di scarso valore? Oppure ti piace smontare un libro e stroncarlo?”
Cristina

P.S. mi interessa la risposta perché questo blog è temuto dagli scrittori di fantasy proprio per le stroncature che ospita ed allora mi sono chiesta: perché devo comprare un libro che già mi convince poco, leggerlo con particolare attenzione e poi recensirlo in modo negativo, al limite del sarcastico e quindi impiegare tempo ed energie a demolire il lavoro di uno scrittore ed anche in un certo senso della casa ed. che ha pubblicato quel libro… a quale scopo?!

#30 Comment By Gamberetta On 27 gennaio 2009 @ 11:25

@Hendioke. Secondo me tutto sta a chiarire cosa il sito di videogiochi/film vuole ottenere.
Se lo scopo principale è il profitto, be’ ho dei dubbi si possa ottenere mantenendo integrità e qualità – il problema della specializzazione mi pare molto secondario. Contando che l’unica fonte d’entrate per i siti è in pratica la pubblicità, non hai davvero molta libertà d’azione (vedi l’incresciosa vicenda di Gerstmann e Gamespot l’anno scorso).
Se invece metti avanti altri propositi e il profitto diventa secondario (se qualcuno compra/si abbona, bene, altrimenti pazienza; se qualcuno vuol fare pubblicità alle tue condizioni, bene, altrimenti pazienza – il che poi non esclude automaticamente un guadagno), penso ci si possa specializzare benissimo.
Non voglio dare alle due opzioni nessuna chiave “moralista”, ognuno può scegliere come preferisce.

@Gladstone.

Per il resto, Gamberetta (per esplicitarti il “Mah…”) scrive alcune cose che potrebbero convincermi, altre meno, altre per niente. In generale, i manifesti programmatici troppo rigidi non mi sono mai piaciuti.

Non mi sembra rigido per niente: non ho specificato quali criteri adottare, ho detto solo che bisognare adottarne; non ho detto quale tono usare, ho detto solo di scegliersene uno funzionale alla recensione; non ho detto quanto dev’essere lunga una recensione, ho solo detto di non preoccuparsi e scrivere quanto serve; ecc.

Non capisco dove stia il problema se la letteratura non è una scienza esatta. Chi se ne importa? Quando tu entri in libreria non rimani imbambolato davanti alla pila di libri fino a morire di fame perché la letteratura non è una scienza esatta e dunque non puoi scegliere. Tu usi regolarmente dei criteri per selezionare i libri e a fine lettura sai benissimo se un libro ti è piaciuto, o piaciuto meno, o faceva schifo o era bello ma quell’altro di più.
Qui si chiede solo, se vuoi recensire, che questi tuoi criteri siano resi pubblici, e che tu stesso vi si attenga, come del resto già fai in privato.
Poi puoi dirmi che tu compri i libri a caso e quando hai finito di leggerli ti paiono sempre tutti uguali ma… non ci credo. ^_^

@mhrrr. Lo scopo è consigliare un buon libro/sconsigliare un cattivo libro (senza adesso specificare con esattezza il significato di “buono” e “cattivo”). È ovvio che uno può dire: “ah, sì, la tua recensione mi è stata molto utile, in particolare quando dici che il libro è lungo 1300 pagine, mi serviva proprio un mattone così da mettere sotto l’armadio per farlo star dritto” ma se entriamo in quest’ambito non ne usciamo più.

Per la lettura nella sua interezza: dipende dai criteri. Non hai davvero bisogno di avere di fronte 50 strafalcioni per dire che Nihal è inverosimile, ne bastano (e avanzano) 5. Dato che lo scopo è discriminare se il libro in esame è un “buon libro” o no, al quinto strafalcione, in base a certi criteri, puoi già dire di no, dunque perché continuare? Poi puoi pure andare avanti, male non fa – e ti evita i mille mila commenti “gne’ gne’ gne’ non puoi giudicare un libro senza averlo letto tutto!!!”, ma per me non è un problema anche fermarsi, basta che sia chiaro il perché.

@Cristina. Leggi il “Concetto serio” all’inizio della recensione di Bryan di Boscoquieto. Quella è la ragione per cui bisogna recensire anche brutti libri: per spiegare di NON comprarli, visto che ogni acquisto di un brutto libro danneggia tutti.

#31 Comment By DelemnO On 27 gennaio 2009 @ 11:26

Magari perchè tale libro è osannato dal 98% delle altre recensioni, uno si incuriosisce, lo legge, lo trova una schifezza e si sente in dovere di comunicare al mondo che è tutto fuorchè un capolavoro e decide di fornire al lettore un’altra campana per valutare le cose.

#32 Comment By Flash On 27 gennaio 2009 @ 11:45

Secondo me bisogna differenziare un po’ le cose. I criteri di Gamberetta sono i “suoi” criteri, e secondo me hanno anche un valore in senso assoluto a proposito di recensioni(/analisi) dei libri fantasy… in questo contesto. Ovvero un blog di approfondimento che viene letto soprattutto da addetti al settore di vario titolo: scrittori aspiranti e non, editor, persone con un forte interesse nella materia.
Le recensioni di cui parla Cristina invece sono di genere diverso, soggette a una serie di regole “altre” come ad esempio gli spazi cartacei, la linea editoriale della rivista, le risorse disponibili per la rivista stessa. Leggo sempre volentieri le recensioni di Gamberetta, ma per esempio le stesse recensioni sarebbero impubblicabili sulla pagina della cultura del Venerdì di Repubblica. Troppo lunghe, fuori target (molte persone, che piaccia o no e che sia giusto o no, sono disinteressate all’analisi dettagliata di un romanzo), non soggette a linee editoriali.

Io in certi casi mi sono trovato a scrivere recensioni di questo tenore:
“Primo libro di una saga fantasy ambientata in un mondo tra tecnologia e magia. La trama presenta qualche punto debole, ma il romanzo riesce a catturare il lettore fino all’ultima riga”. Dal mio punto di vista anche questa è una buona recensione, considerati:
- i limiti di spazio imposti
- la linea editoriale
- il target (pubblico “generico” per cui il fantasy è fantasy, e sottogeneri come steamfantasy, new weird e simili).

#33 Comment By Flash On 27 gennaio 2009 @ 11:48

Ops, volevo dire:
- il target (pubblico “generico” per cui il fantasy è fantasy, SENZA DISTINZIONE FRA sottogeneri come steamfantasy, new weird e simili).

#34 Comment By CMT On 27 gennaio 2009 @ 11:54

Io sono dell’idea che una stroncatura faccia bene ai lettori (che almeno non comprano un libro senza che nessuno li abbia avvertiti) e faccia bene anche all’autore (purché sia argomentata a dovere).
Se il mio libro fa schifo e nessuno mi dice che fa schifo, io resterò convinto di aver scritto qualcosa di buono anche se non è vero (male). Poi potrò anche non essere d’accordo con le argomentazioni del recensore, se è il caso potrò ribattere, ma finché queste sono valide e giustificate e non si limitano a un “fa schifo perché a me non è piaciuto”, comunque hanno un senso, fosse anche quello di portare alla luce una possibile cattiva interpretazione di qualcosa che all’autore sembra chiarissima ma magari non lo è. (Tant’è che io l’ho scritto davvero un libro e l’ho mandato di proposito a Gamberetta: vivo o morto che ne esca (il libro) se troverà il tempo di leggerlo, avrò imparato qualcosa ^__^).
È ovvio che una rivista a pagamento non si possa permettere di stroncare tout court (e nessuno gliene può fare una colpa). Proprio per questo ha senso che qualcuno, per masochista che possa definirsi, che questi vincoli non ce li ha, lo faccia. Ovvio: quando è necessario farlo.

#35 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 12:24

@Gladstone: infatti non ha senso scrivere in una recensione che “fa ridere” o “non fa ridere”, al limite si può dire “mi ha fatto ridere” o “non mi ha fatto ridere”, che lascia il tempo che trova. Però si può dire se ha ritmo e se è loffio, se le battute entrano in modo naturale o se sono forzate, se è umorismo all’inglese o alla Vanzina, ecc.

#36 Comment By CMT On 27 gennaio 2009 @ 12:31

@Angra: sì ma è proprio per quello che uno dovrebbe leggere più recensioni e “affidarsi” a recensori che ha collaudato e che rispondono al suo modo di vedere le cose. Perché una recensione comunque avrà sempre una parte valutativa (sia oggettiva che non oggettiva), che è fondamentale.
Perché poi per dirti quanto va veloce la Ferrari, quanto consuma e cos’ha di cilindrata basta una scheda tecnica, ma è il giudizio (argomentato) a influenzare la tua decisione. Se vuoi basarti su dati nudi e crudi, la recensione non ti serve.
L’umorismo, per citare Gladstone, non si può misurare oggettivamente. Qualcosa che fa sganasciare te potrà lasciare indifferente me. Qualcosa che per me ha ritmo, magari per te è lenta. Questo è un parametro necessariamente soggettivo.

#37 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 13:08

@CMT: sì, appunto: per darti un giudizio argomentato sulla Ferrari ci vorrà un pilota o un collaudatore, non te lo può dare uno fresco di patente.

Il ritmo lo potremmo definire come il rapporto fra la durata delle scene che servono davvero e la lunghezza totale ^_^

#38 Comment By Gladstone On 27 gennaio 2009 @ 13:08

CMT, hai colto nel segno.

#39 Comment By AryaSnow On 27 gennaio 2009 @ 13:14

Il ritmo lo potremmo definire come il rapporto fra la durata delle scene che servono davvero e la lunghezza totale ^_^

Cosa “serve davvero” e cosa no però è anche questa un questione di punti di vista…

#40 Comment By Hendioke On 27 gennaio 2009 @ 14:48

Se lo scopo principale è il profitto anche cercando d’essere i più professionali possibile la qualità assoluta (che si potrebbe ottenere a seguire le linee d’analisi indicate da Gamberetta) è ovviamente irraggiungibile.

Ma anche se non assurga a un tal livello una recensione può comunque essere di qualità anche quando non segue pedissequamente questi parametri. L’importante è che sia argomentata ed esprima un giudizio chiaro e definitivo (consigliabile/sconsigliabile)

Dopo di che di fronte a riviste e recensioni che non offrono recensioni con tutti i crismi l’unica per il lettore, a mio avviso, è provare più siti e riviste, comparare le recensioni (sprattutto riguardo i titoli che già conosce) e vedere se riesce a trovare una fonte che soddisfa le sue aspettative.

Cambiando argomento, sul fatto di recensire generi poco o per niente conosciuti ritengo che per quanto sconsigliabile non è un elemento che daoslo affossa la recensione. Quando mi trovo in una situazione del genere parto sempre dal presupposto che un film deve emozionare e un videogioco coinvolgere e invece di fare una recensione incentrata su come si piazzi quel titolo rispetto ai precedenti la impronto su quanto quel titolo sia accessibile e godibile da parte di chi non conosce il genere.

Anche perchè la mia idea è che un titolo davvero valido (film, videogioco, libro vale un po’ per tutte le arti) piacerà a tutti tranne a chi non sopporta il genere (poi chi conosce il genere lo apprezzerà di più/in maniera diversa). Se un titolo è fatto in maniera tale da poter essere apprezzato solo dagli estimatori del genere allora non è un titolo valido.

Ovviamente il recensero in questo caso deve avere l’onestà di non farsi travolgere dagli elementi di genere. Se leggo Macchine Mortali e non ho mai letto steampunk in vita mia probabilmente resterò estasiato dalle aeronavi ma posso riportare come punti a suo favore che le aeronavi sono ben inserite nella trama, sono ben descritte. Di certo non metterò come punto a favore laloro semplice presenza per non incorrere (come farei) nel rischio di additare come innovativo e geniale un elemento che, per quel che ne so, potrebbe essere una costante del genere (e difatti lo è)

#41 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 14:50

Siamo d’accordo che non abbiamo a che fare con grandezze misurabili con la bilancia o con il metro, ma da lì a dire che è tutto soggettivo ce ne passa. Altrimenti, non avrebbe proprio senso scrivere o leggere recensioni.

Il fantasy ormai è sinonimo di tomi dalle 700 alle 1500 pagine. Succedono più cose rispetto a un romanzo ben congegnato di 200 pagine? Spesso si allunga il brodo e basta, il riassunto verrebbe lungo uguale.

Il discorso del ritmo è presto detto: quando l’azione accelera i tempi si devono dilatare, e viceversa. Altrimenti si genera noia o insoddisfazione, senso di “tirato via”. Vale in particolar modo per i romanzi d’avventura, ma bisognerebbe sempre tenerla presente come regola generale. Poi i geni, è ovvio, possono far come gli pare.

#42 Comment By CMT On 27 gennaio 2009 @ 15:13

Ma infatti non è tutto soggettivo.
Per come la vedo io, esistono in una recensione:
- una parte assolutamente oggettiva (quella che riguarda gli elementi del romanzo, la coesione interna, la plausibilità della trama, l’aderenza al genere, l’uso della lingua, la correttezza lessicale e ortografica e via dicendo)
- una parte oggettiva/soggettiva, come può essere un commento sullo stile (uno stile lento e prolisso può essere un difetto per me recensore – che quindi lo identificherò come tale – ma un pregio per un dato lettore, è comunque oggettivo che sia lento e prolisso) o sulla scelta dell’ambientazione o quant’altro
- una parte soggettiva che è il giudizio personale del recensore, che dovrebbe essere un elemento del tutto e non una summa (come dire che potrei dire che un libro è scritto benissimo, ha un bello stile, ma comunque non mi è piaciuto, come anche l’esatto contrario).

#43 Comment By Gamberetta On 27 gennaio 2009 @ 15:38

@Hendioke.

Se un titolo è fatto in maniera tale da poter essere apprezzato solo dagli estimatori del genere allora non è un titolo valido.

Perché mai? Un simulatore di volo è tanto più apprezzato dagli estimatori del genere quanto più è realistico e sofisticato, il che però taglia fuori tutti gli altri (non è tanto divertente quando ci vogliono ore di pratica solo per decollare o volare dritto), ma secondo te è inferiore magari a un bel “gioco di volo” senza fisica con gli aerei che sparano raggi laser.
Uno strategico a turni storicamente accurato con magari un’intelligenza artificiale che impiega 10 minuti per elaborare una mossa non sarebbe un titolo valido, tanto meno in confronto a bell’RTS clicca! clicca! clicca! per deficienti.

Io non capisco dove stia il problema: ti mettono lì da recensire un simulatore di volo o, non so, un gioco online basato sul football australiano e tu rispondi: “mi spiace, non conosco l’argomento, non m’interessa, non ho mai giocato a robe del genere, non sono in grado di recensirlo” e si troverà un altro. Perché quest’idea che tutti si devono occupare di tutto?

@Flash. Stesso discorso: perché devi scrivere una recensione in 20 parole? Te la propongono, tu rispondi: “20 parole sono troppo poche.”

#44 Comment By AryaSnow On 27 gennaio 2009 @ 16:12

@Angra:
Mica tutto è per forza riducibile ad una serie di eventi.
Ci sono un sacco di altri elementi che possono essere ritenuti più o meno importanti e interessanti, come la descrizione dell’ambientazione, la caratterizzazione dei personaggi, le riflessioni, la descrizione dettagliata di strategie militari. Se essi sono noiosi o meno dipende dai punti di vista. Posso essere interessata ad una determinata tematica oppure no, posso poi ritenere che essa sia stata trattata bene oppure no.
A me ad esempio Tolkien, quando descrive un cavolo di bosco per 20 pagine, scassa le balle. Tra l’altro, per dirla tutta, trovo piuttosto pallosa la maggior parte della Compagnia dell’Anello. Ad altri invece piace tantissimo. Questione di gusti.
Se invece leggo considerazioni sulla società borghese del XIX secolo all’interno di un romanzo di Balzac, in genere non mi annoio per niente. Per altri invece potrebbe essere la cosa più noiosa del mondo.
Il concetto di noia è molto soggettivo.
E’ per questo che in una recensione è giusto specificare il motivo per cui si ritiene una cosa noiosa. Poi comunque una recensione non ti darà mai la garanzia di sapere con certezza se quel romanzo ti piacerà o meno. Può servire solo come indizio. Inoltre è bene leggere recensioni e opinioni diverse, non limitarsi ad una sola.

@Hendioke
Se un titolo è fatto in maniera tale da poter essere apprezzato solo dagli estimatori del genere allora non è un titolo valido.
Ecco, questo è un metro di giudizio che invece io non condivido affatto… Sono abbastanza d’accordo con la risposta con Gamberetta.

#45 Comment By Flash On 27 gennaio 2009 @ 16:58

@ Gamberetta:

@Flash. Stesso discorso: perché devi scrivere una recensione in 20 parole? Te la propongono, tu rispondi: “20 parole sono troppo poche.”

So che non sarai d’accordo con la mia risposta… ma se mi propongono una recensione di 20 parole, la faccio volentieri (cercando di esprimere il più possibile quello che penso, e fare una buona recensione, negli spazi imposti. Per due motivi:
1 (lo so, squisitamente egoistico): perché è il mio lavoro, mi serve per pagare le bollette e l’affitto. Se fossi uno spazzino, accetterei di pulire la strada X anche se mi dessero 5 minuti e per fare un buon lavoro ce ne volessero 15: cercherei di pulirla per il meglio che mi è possibile in quei 5 minuti soli che mi vengono concessi. Siccome il mio lavoro è giornalista e traduttore, accetto di fare le recensioni anche in 20 parole o gli articoli in 50 o le interviste in 100, se è questo che vogliono, e di farle nel miglior modo possibile entro i limiti dati.
2: perché sono convinto che ci siano persone a cui le recensioni in 20 parole (o le interviste in 100) interessano. Ad esempio, a me stesso :) per esempio i boxettini che si trovano su Venerdì, Corriere Magazine o qualsiasi altro periodico che mi passa per le mani. E per dire, parecchi anni fa ho scoperto in questo modo un autore come Philip Roth. Perciò, in un modo senz’altro diverso dalle recensioni che tu pubblichi nel sito, secondo me hanno comunque un valore e uno scopo utile.

#46 Comment By Flash On 27 gennaio 2009 @ 17:03

Aggiungo sul punto 1: questo non vuol dire che sarei pronto a fare qualsiasi cosa. Ho rifiutato incarichi che prevedevano per esempio la “pubblicità” ad aziende, o persone, quando eticamente avrei sentito di fare una cosa sbagliata per me stesso e la società.
Quello che volevo dire è che in ambito lavorativo spesso occorre scendere a compromessi e sporcarsi le mani, e la mia scelta è stata di accettare e cercare comunque di produrre qualcosa di buono. Esempio? Traduzioni in cui ho perso ore mai pagate per informarmi ed eseguire ricerche, solo perché chi leggeva/utilizzava il prodotto potesse essere un po’ più soddisfatto.

#47 Comment By Angra On 27 gennaio 2009 @ 17:04

@AryaSnow: Tolkien ne “La compagnia dell’anello” sbaglia i tempi (e scassa le balle anche a me). Pagine e pagine per descrivere sassi, cespugli e corsi d’acqua e poi quando la sistuazione si fa drammatica (es: lo spettro dei tumuli) tira via in tre righe. Il problema è che li conosco anch’io i sassi e i cespugli, non è il caso di soffermarsi più di tanto. Uno spettro dei tumuli invece non l’ho mai visto, e mi piacerebbe saperne qualcosa di più, Tolkien però non me lo dice. Se Balzac non ti annoia quando parla della società borghese vuol dire che parla con i tempi giusti di una cosa che ti interessa. Pensi però che esista qualcuno interessato di più ai cespugli che agli spettri dei tumuli?

#48 Comment By CMT On 27 gennaio 2009 @ 17:27

@Angra: un botanico magari? ^__^

#49 Comment By AryaSnow On 27 gennaio 2009 @ 17:32

Pensi però che esista qualcuno interessato di più ai cespugli che agli spettri dei tumuli?

Beh, a questo devono rispondere i fans sfegatati di Tolkien ^_^

#50 Comment By Cristina On 27 gennaio 2009 @ 18:21

Io sono d’accordo con Flash, a me hanno chiesto di scrivere recensioni di tipo descrittivo (né sviolinate né stroncature) comprese tra le 1500 e le 1800 battute, inizialmente di libri di poesia e di saggistica, poi di recente mi sono dovuta occupare anche di romanzi storici e di fantasy (forse perché sono percepiti come generi che hanno un certo di grado di affinità o forse perché non c’era uno specialista del fantasy in redazione), non mi sembrava e non mi sembra tuttora un compromesso inaccettabile e perciò l’ho accettato e adesso questo è il mio lavoro, o meglio una parte del mio lavoro, perché anch’io faccio non solo articoli, ma anche traduzioni ed altre cosette in ambito editoriale per guadagnare…
Cristina

#51 Comment By Sonia_Lilith On 27 gennaio 2009 @ 20:02

Buona sera a tutti!
Be decisamente sono d’accordo con tutto quello che hai detto Gamberetta!

#52 Comment By Alexander On 27 gennaio 2009 @ 23:16

Premetto che quoto tutto il discorso fatto da gamberetta. Ho scoperto questo blog da poco, e raramente ho avuto modo di ammirare tanta lucidità e cultura nell’analizzare la letteratura di genere.
Detto questo, il ragionamento serio e rigoroso di gamberetta, in ambito cartaceo non viene quasi mai applicato per tutta una serie di demeriti e disfunzioni implicite nell’editoria. Spesso mancano i soldi o la volontà per puntate a collaboratori specializzati, e si ripiega su collaboratori jolly. Per cui, se tu sei un articolista che ne capisce di politica estera e arte antica, ma ti assegnano un pezzo sulla fantascienza sociologica degli anni 50, scrivi anche di quel particolare argomento pur di portare il pane a casa.
Come se non bastasse, la letteratura di genere (come fumetti e i videogiochi) viene vista da molte pubblicazioni come cacca pupù. Se anche scrivi corbellerie a chi importa?
Ma anche considerando il discorso di gamberetta uno standard che non tutti gli operatori del settore cartaceo si possono permettere, un editore serio dovrebbe sempre fare del suo meglio per avvicinarsi il più possibile alla perfezione.
Io editore non ho i soldi o il tempo per ingaggiare un esperto che abbia gli strumenti di gamberetta? Allora i collaboratori che ho, devono sputare sangue per limitare i danni. Si documentano sui siti specialistici, mendicano informazioni sui forum, telefonano all’amico del parente che ne capisce, impiegano il triplo del tempo per scrivere il pezzo, ecc… Non vale dire “ho fatto il possibile” se non è vero. E non vale nemmeno dire “tanto è cacca pupù”.

Per la critica specializzata online, semplicemente non ci sono giustificazioni. Un vero appassionato che collabora con determinati siti web “autorevoli”, dovrebbe incidere le parole di gamberetta sullo specchio del bagno e leggerle tutte le mattine mentre si lava i denti. Magari prima di scrivere l’ennesima sviolinata all’ultimo romanzo di Licia Troisi.

#53 Comment By Hendioke On 27 gennaio 2009 @ 23:45

@Gamberetta

I simulatori, e i wargame alla Harpoon Classic, sono casi particolari, paragonabili, in ambito letterario, ai saggi storici e ai manuali tecnici.

Poco sopra la parte da te quotata del mio commento ho scritto che nel mio recensire parto sempre da un presupposto per me fondamentale:
“un film deve emozionare e un videogioco coinvolgere”.

Perciò quando parlo di validità di un’opera artistica parlo di capacità di stimolare l’animo dei fruitori (divertendoli, appassionandoli, facendoli riflettere, spaventandoli, dipende, certo non annoiandoli o spingendoli a buttar via l’opera) e nel caso dei videogiochi di coinvolgere (ovvero di spingere il giocatore a portare avanti il gioco il più a lungo possibile), il che presuppone sempre uno stimolo.

Ora tutto questo me lo posso aspettare da un romanzo (opera letteraria artistica) non posso pretenderlo da un saggio (opera letteraria scientifica). Anzi se compro un saggio si presuppone che quel che sto cercando è una trattazione esatta e approfondita di un argomento. Non cerco di essere stimolato nel mio animo, sto cercando semplicemente delle informazioni e delle spiegazioni, se poi l’autore nell’esporle riesce anche a stimolarmi buon per lui ma è un aspetto decisamente secondario e non è lo scopo di un saggio.

Quindi i saggi stanno in una categoria a parte rispetto a quella alla quale applico l’idea che mi hai quotato.

Per i simulatori il discorso è quasi identico: Identico perchè anche nei simulatori prima di ogni cosa il fruitore vuole un’aderenza la più perfetta possibile alle meccaniche e ai fatti dell’argomento simulato, e degli eventuali elementi artistici del gioco non gliene frega niente; quasi perchè comunque un simulatore videoludico resta, per impostazione, un videogioco e come tale si impone come obiettivo coinvolgere il giocatore.

Ecco perchè Flight simulator, per esempio, ti permette di vedere il tuo aereo dal di fuori mentre lo piloti invece di costringerti sempre in cabina (che sarebbe la scelta corretta, l’unica proponibile, per un simulatore); perchè comunque non si rivolge solo agli appassionati che hanno come unico scopo l’aderenza ai fatti ma anche a chi avrebbe piacere di pilotare un aereo in maniera acrobatica muovendo più di 4 tasti ma non avendo l’interesse o le capacità per studiarsi tomi e tomi sull’argomento.

Quindi da oggetto sul confine, si sposta dal versante del’opera interattiva scientifica al versante dell’opera interattiva artistica e in quanto tale a questo punto deve però garantirmi, per dimostrarsi valido, di poter coinvolgere tutti, attraverso un tutorial ben fatto, capacità di selezionare il livello di simulazione e altre accortezze che gli permettano di tenere incollati sugli schermi non solo gli appasionati studiosi del settore ma tutti.

Se ce la fa è un titolo valido, se no no. Dopo di chè è ovvio che un gioco come FS sarà sempre meno diffuso dei simulatori di calcio e dei giochi sportivi non simulativi. Ma non esiste ambito artistico dove tutti i generi sono ugualmente diffusi e ugualmente apprezzati. A me basta che tutti possano, di fronte a un’opera d’arte, possano apprezzarla (nel senso proprio del termine, cavarne abbastanza da soli da poterla giudicare)

#54 Comment By Hendioke On 27 gennaio 2009 @ 23:51

“Anzi se compro un saggio si presuppone che quel che sto cercando SIA una trattazione esatta e approfondita”
Cannato modo e sicuramente ci saranno degli strafalcioni ortografici in giro…

#55 Comment By Gamberetta On 28 gennaio 2009 @ 07:30

@Flash. Che vuoi che ti risponda? Il tuo è lo stesso ragionamento di Cristina e la sua “rivista”: quello che dice Gamberetta magari è pure giusto, ma io riesco a farmi pagare, mi tengo stretto questo lavoro e chi se ne frega se le parole sono 20 o 200.
Bene, buon per voi, davvero, ma… questo vostro “esempio”, come aiuta chi vuole scrivere ottime recensioni (scopo del presente articolo)?

@Hendioke. Il tuo discorso è senza mezzi termini sbagliato. Qui non si sta parlando in astratto, qui si sta dicendo che il recensore deve prendersi la responsabilità di consigliare o no un prodotto.
Un bel programma di scacchi (o anche i board game non rientrano nei “romanzi”, ma nei “saggi”? Un po’ lunga la lista di “saggi” nei videogiochi…): mi spieghi come diamine fai a dire se vale la pena spendere 50 o 100 o anche più euro se non sai giocare ? Che fai, segui il tutorial, e poi pretendi di consigliarlo/sconsigliarlo, quando il punto di forza di questi prodotti è il livello di gioco altissimo (spesso anche a livello di Gran Maestro e più in prodotti “casalinghi”)?

Questa storia del “coinvolgimento”, dell’“emozione”, e genericità simili sono scuse. Non puoi davvero analizzare l’emozione o il grado di coinvolgimento se non conosci e non sei interessato all’argomento.
Per esempio a me quintali di poesie, anche considerate capolavori e il massimo dell’emozione, non fanno né caldo, né freddo. Allora da brava recensitrice dovrei dire di non comprare mai un libro di poesie? A me la literary fiction mi fa venir voglia d’ingoiare puntine da disegno, dunque posso tenere una rubrica dove parlo di quello e dico sempre di non comprare, anche a chi è appassionato? Ovviamente senza peritarmi di conoscere l’argomento più di tanto, così come mi capita, l’importante è l’emozione (mia di ignorante).

E qui si torna al principio di tutto, al perché appunto sto dedicando centinaia, se non migliaia, di ore a questo blog. Perché il tuo atteggiamento è lo stesso che c’è dietro le recensioni fuffa di Troisi & soci. Quelle scritte da gente che non legge fantasy, a cui non frega niente né della verosimiglianza né del sense of wonder e che però possono consigliare la Troisi a tutti perché leggendo di Nihal e Sennar sono state tanto coinvolte ed emozionate.
Ma per piacere! Non ci sono scuse: o te ne intendi di simulatori, RPG, RTS, board game, avventure punta e clicca, football australiano, o quel che sia, o eviti di recensire.

#56 Comment By CMT On 28 gennaio 2009 @ 09:01

C’è da dire che il discorso di Flash e Cristina non è sbagliato, è solo poco attinente. Nel senso che, dato che è il tuo lavoro fare una recensione inquadrata da determinati parametri, è ovvio che la fai come devi farla (da noi si dice “lega il ciuccio dove vuole il padrone”, che si traduce in “chissenefrega se è il metodo migliore o no, io è per farlo così che vengo pagato e non posso fare altrimenti”). Ha tutto il senso del mondo, ma se l’argomento è “come si dovrebbe fare una recensione perché sia utile a chi la legge” e non “come si dovrebbe fare una recensione perché vada bene a una rivista a pagamento”, stiamo praticamente parlando d’altro.

Anche per quanto riguarda Hendioke: sono d’accordo in parte con l’affermazione che si possa valutare un romanzo anche senza avere tutte le conoscenze necessarie, il problema è che questa valutazione non è una recensione, è un puro e semplice parere personale da “ignorante” (sempre in senso stretto). La mancata conoscenza non mi impedisce di valutare alcuni aspetti (lo stile, la correttezza lessicale, la capacità di coinvolgere il lettore, …), ma mi impedisce di valutarne altri (la coerenza generale e/o con altri romanzi del ciclo, l’aderenza all’ambientazione soprattutto se non creata ex novo dall’autore, l’innovazione o mancata tale rispetto al genere, e tante altre cose). Alla fine la mia presunta recensione torna utile solo se il libro deve leggerlo qualcuno che è ignorante quanto me. Se finisce nelle mani di chi possiede quelle conoscenze, bene che vada non serve a un tubo (male che vada chi la legge non sa che sono ignorante, compra il libro, scopre che lo sono e che il libro fa pena e viene sotto casa con una mazza da baseball… :-P)
Per riprendere l’esempio di Gamberetta, se vado a recensire un programma di scacchi, posso dire che la grafica è stupenda, le animazioni fluide, che è pieno di opzioni… però se sono un cane a giocare a scacchi non posso sapere se l’I.A. gioca bene o come un bambino di tre anni, informazione che è un tantino fondamentale per qualcuno che invece sa giocare e vorrebbe sapere se vale la pena comprare quel programma. Come minimo la mia “recensione” dovrebbe iniziare con un bel disclaimer del tipo “Occhio: di scacchi non so un accidente” (e lì qualcuno potrebbe giustamente chiedersi: e allora che ne parli a fare?)

#57 Comment By Flash On 28 gennaio 2009 @ 09:16

@ Gamberetta (rispondo ed è la mia ultima risposta qui, perché credo di aver finito di dare il mio contributo a una discussione interessante, e poi rischierei di diventare ripetitivo :) e torno a “lurkare”, come si dice).

Il mio aiuto a chi vuole scrivere recensioni è semplicemente: quando scrivi (e direi a questo punto, non solo una recensione) datti le regole e cerca di rispettarle, ma non prenderle come un assoluto rigido, universale e inviolabile. Perché, per cause esterne o proprie, non riuscirai mai a seguirle perfettamente. Vedi la questione della soggettività e del “che noia!” di cui parlavo nel mio primo commento.
Sbattiti, informati, chiedi consulenze a esperti del settore, sputa sangue per ottenere un risultato eccellente, ma con la consapevolezza che (a parte forse i gegni) alla perfezione non arriverai mai.
A titolo di esempio, mi viene in mente King che in On Writing consiglia come regola di evitare gli avverbi, e poi ammette che lui stesso li usa quando servono… perché tutti abbiamo peccato.

#58 Comment By AryaSnow On 28 gennaio 2009 @ 09:52

Sono d’accordo con Gamberetta sul fatto che una recensione dovrebbe essere fatta da chi conosce il genere. Altrimenti si rischiano seriamente di sparare delle cavolate allucinanti. Ma soprattutto: Il discorso che un prodotto debba poter essere apprezzato “un po’ da tutti” per essere valido a mio parere è assurdo O_o

Però alla fine la cosa più importante è che si esplicitino le ragioni del giudizio in modo corretto. Se ad esempio si considera un prodotto bello perchè coinvolgente anche per chi non ne capisce niente del genere, si spieghi questo. In questo modo la recensione sarà utile per chi rientra in questa categoria di giocatori, mentre chi è esperto del genere ne prenderà atto e probabilmente ne cercherà un’altra.
Uno può anche scrivere che i libri della Troisi sono belli perchè capaci di coinvolgere l’adoloscente medio di oggi e perchè risultano scorrevoli anche per chi non è molto abituato alla lettura. Poi è giusto che specifichi anche che, ad esempio, come cura degli aspetti militari e come idee fantasiose lasciano a desiderare, o che almeno non dica che questi aspetti sono un punto di forza della Troisi!
In questo modo almeno i lettori possono orientarsi di conseguenza. Quello che conta alla fine è il contenuto della recensione, non il voto che si mette. Se vedo che il recensore usa criteri che a me non interessano, sarò io che sceglierò di non dargli troppa retta.

#59 Comment By Cristina On 28 gennaio 2009 @ 10:08

Visto che sono stata chiamata in causa, ribadisco (forse non sono stata abbastanza chiara finora) che io accettato una collaborazione pagata con una rivista perché quello che mi hanno chiesto, scrivere recensioni di tipo descrittivo, senza dire questo libro è un capolavoro oppure questo libro fa schifo, mi andava bene, perché credo che il compito di chi recensisce un libro sia informare il lettore sulle caratteristiche del libro, poi, sarà il lettore a decidere se quel tipo di stile o di contenuto si adatta ai suoi interessi e ai suoi gusti, la mia in un certo senso, è una scheda tecnica del libro, non è né un parere personale (mi è piaciuto / non mi è piaciuto), né un giudizio con pretese di universalità sulla validità o meno di un testo… io mi limito a spiegare di cosa parla un libro e come è scritto, le recensioni le scrivevo così (anche se all’epoca ero più giovane ed ancora e stavo ancora facendo il dottorato e quindi avevo meno conoscenze tecniche per quanto riguarda la critica letteraria e le impostazioni che questa può avere) anche quando non me le pagavano… è proprio il mio stile… se volete le mie vecchie recensioni si trovano su internet e quindi potete anche verificare quello che sto dicendo…
Io lavoro sostanzialmente in modo simile ai critici letterari della scuola storica di fine ’800: Alessandro D’Ancona, Arturo Graf, etc.
Quindi non fatemi dire ciò che non ho detto: mi pagano allora recenisco qualunque cosa senza prima informarmi… io ho cercato di scrivere e di argomentare qualcosa di un po’ più complesso…
anche se ho cercato di spiegare pure a chi non lo sa come funziona una rivista letteraria (se volete capire perché spesso le recensioni sono scritte in un certo modo e non in modo diverso, torna pure utile saperlo).
Che io faccio recensioni di tipo descrittivo, l’ho sempre dichiarato, quindi, chi va a leggere le mie recensioni sa cosa ci può trovare dentro e cosa invece non ci troverà mai….
Stavolta spero di essere stata più chiara.
Cristina

#60 Comment By Cristina On 28 gennaio 2009 @ 10:20

Scusate qualche errore di battitura, vi scrivo la frase “incriminata”:

(anche se all’epoca ero più giovane e stavo ancora facendo il dottorato e quindi avevo meno conoscenze tecniche per quanto riguarda la critica letteraria e le impostazioni che questa può avere)

Ed una precisazione: la critica letteraria si è divisa dall’800 ad oggi in vari filoni e allora sarebbe giusto anche dichiarare a quale corrente uno fa riferimento, perché la critica della “nostra” Gamberetta è secondo me molto di derivazione crociana (Croce era per dare giudizi netti di valore e addirittura distingueva in un testo poetico se l’autore era davvero riuscito a creare qualcosa di poetico oppure no, nel senso che una poesia non è automaticamente dotata di ritmo, musicalità, etc. ma tutto dipende da quello che l’autore è riuscito a creare oppure a non creare… riportato ad un romanzo fantasy: l’autore di un fantasy crea un mondo parallelo a quello reale che, pur essendo inventato, deve avere una sua coerenza interna ed una sua “verosimiglianza”, anche se io la definirei più come credibilità, nel senso che le cose per quanto incredibili e mai esistite devono in qualche modo essere percepite come accettabili e realistiche da parte del lettore)
Cristina

#61 Comment By CMT On 28 gennaio 2009 @ 10:55

Cristina, a questo punto diciamo che il tuo stile di recensione si sposa con quello richiesto dalla rivista, e tagliamo la testa al toro.
Ma resta il fatto che una recensione è per definizione un esame critico e/o commento di un’opera, non la mera elencazione delle sue caratteristiche, ergo le tue sono, appunto, più schede tecniche che recensioni.
Come ho già detto, da parte mia tanto di cappello al tuo lavoro, non nego assolutamente che tu lo faccia bene, dico solo che una recensione fatta così, a me personalmente, nell’atto di decidere se comprare o no un libro, non serve. Di sicuro mi darà delle informazioni, che potranno essere utili o meno, ma non saranno determinanti nella mia scelta. Le leggerò e andrò a cercarne altrove di più adeguate a indirizzarmi.

#62 Comment By random_punk On 28 gennaio 2009 @ 11:10

Non sarò un gegno, ma scrivo obiettivo con una b sola.

#63 Comment By Mirco On 28 gennaio 2009 @ 11:21

Ciao Gamberetta, l’unica cosa che voglio contestarti delle tue recensioni è la lunghezza. E’ vero che su internet non dobbiamo rendere conto del numero di battute, dello spazio e possiamo farla lunga quanto ci pare, è pure vero però che leggendo sul monitor e non su carta l’attenzione ha dei cali spaventosi.
Quindi la lunghezza in questo caso è un’arma a doppio taglio. Da una parte puoi dire tutto quello che vuoi, quanto vuoi, dall’altra non sei mai sicura che qualcuno arrivi in fondo all’articolo, magari bypassa tutto e va a vedere i gamberetti.
Come hai accennato tu ci sono studi su questo.

#64 Comment By marco On 28 gennaio 2009 @ 11:24

@ random_punk:

Obiettivo può essere scritto sia con una che con due “b”. Non c’è nessun errore.

#65 Comment By Vale On 28 gennaio 2009 @ 11:28

@ Cristina: io non voglio certo criticare il tuo modo di recensire romanzi, ma le poche recensioni tue che ho letto, le trovo inutili se sono in dubbio sul comprare o meno un libro. Gamberetta ha recensito il primo libro di Licia Troisi, che io ero stata molte volte sul punto di comprare. Letta la sua recensione, non l’ho più comprato, ho preferito spendere i miei pochi soldi in qualcosa di più valido. Non è detto che non leggerò quel libro, sicuramente non lo comprerò, cercherò di trovarli in prestito, se avrò del tempo da perdere. È successa la stessa cosa con la Meyer. Volevo comprare il libro, Twilight, perché mi piacciono i vampiri. Mio marito mi ha detto di aspettare. Nel frattempo scopro la recensione di Gamberetta. Allora l’ho preso in prestito, ed ho constatato che Gamberetta aveva ragione.

Una recensione che parla della trama, dei personaggi, dei canoni del genere, come dicevi prima (e a questo punto mi chiedo, come si fa a fare una recenzione su un genere che non si conosce) ma non mi dice se l’autore è stato coerente, se scrive bene, o se ha iinfilato nel romanzo un mucchio di stupidaggini, per me è inutile, come del resto lo è una recensione che parla solo dei lati positivi: a me può non interessare molto l’ambientazione nel giappone medievale, ma mi piace leggere stortie ben scritte, e se decido di comprare il libro “Chariza” pretendo che l’autrice sia a conoscenza del mondo che descrive. Altrimenti vado a comprarmi direttamente romanzi di autori giapponesi.

#66 Comment By CMT On 28 gennaio 2009 @ 11:48

@Vale: vagamente OT: io ritengo che chiunque scriva debba avere la conoscenza del mondo che descrive, però, pur non avendo ancora letto Chariza, so che il romanzo non è effettivamente ambientato in Giappone ma in un mondo che gli assomiglia, perciò se ci sono differenze rispetto al Giappone vero la cosa non mi tange, mi preoccuperò al più se ci sono delle discordanze tra descrizioni interne al romanzo.

#67 Comment By DelemnO On 28 gennaio 2009 @ 12:10

Se un titolo è fatto in maniera tale da poter essere apprezzato solo dagli estimatori del genere allora non è un titolo valido.

Notato adesso..ma per te vale solo per i videogiochi o in generale? Perchè allora, secondo questo metro, tutti i cd black e death metal sarebbero da buttare perchè se faccio sentire a uno qualunque Tomb of The Mutilated dei Cannibal Corpse (brutal death) o, che so, To The Gates Of Blasphemous Fire dei Nokturnal Mortum( black) scappa a gambe levate? Eppure sono ottimi album. Ci possono benissimo essere cose che solo gli estimatori apprezzano e essere valide.

#68 Comment By Vale On 28 gennaio 2009 @ 13:24

@ CMT: sì, era per fare un esempio, mi scuso se non è esatto…

#69 Comment By Hendioke On 28 gennaio 2009 @ 15:21

@ Gamberetta

Ok, torniamo sul concreto. Anzi rifacciamo il discorso che, mea culpa, ad allargarlo (fino a toccare il “a che serve l’arte” che in effetti c’entrava un ciufolo ed è discorso opinabilissimo) mi sono incasinato come spesso mi succede e come conseguenza non si dev’essere ben compreso quel che intendevo dire. Ora vedo di essere più sintetico e riportare solo quel che attiene al discorso.

Un’opera d’arte, di qualsiasi arte, è valida se è apprezzabile. Apprezzabile ha un significato ben preciso. Apprezzabile è l’opera che contiene in sè gli elementi necessari perchè il fruitore possa darne un giudizio.

Questi elementi cambiano da una forma d’arte all’altra. Nei romanzi ad esempio sono una coerenza interna solida, personaggi verosimili in quanto coerenti col mondo narrativo rappresentato, in grado di intessere relazioni verosimili dati i loro caratteri e, ovviamente, una scrittura che riesca a rendere tutto questo senza tradirlo e senza costringere il lettore a spaccarsi la testa per capirci qualcosa (poi ci saranno altri elementi che sicuramente tu conoscerai ed io no, dopotutto il censore esperto di romanzi qui sei tu)

A mio avviso per un’opera d’arte l’apprezzabilità è la condicio sine qua non per poterla consigliare.
Se mi trovo davanti un quadro, un film, un libro, un videogioco e non ho modo alcuno di apprezzarlo, di farmene un’opinione perchè mancano degli elementi fondamentali per me non vale un fico, non importa che firma ci sia sopra.

Dopo di che ho rilevato che ci sono prodotti appartenenti comunque ad un certo ambito comunicativo che invece non necessitano del requisito di apprezzabilità in quanto non sono opere d’arte e si rivolgono a utenti che non cercano in esse un passatempo (che alla fine, salvo mestieri particolari, l’arte la si fruisce per motivazioni propri e varie ma tutte attinenti al tempo libero d’ognuno di noi) ma cercano di approfondire la loro conoscenza su un dato argomento.

E ho portato come esempio i saggi, che se mai mi mettessero fra le mani un saggio da recensire rifiuterei (salvo avere le conoscenze necessarie) perchè non si tratta di opere artistiche ma scentifiche, senza le conoscenze giuste non posso consigliare se prenderlo o no.

Invece un’opera artistica “di genere” per quanto radicata e riferita al suo genere mi sentirei in grado di recensirla e di consigliarne o meno l’acquisto basandomi sulla sua apprezzabilità. Ovviamente per avere una recensione perfetta quell’opera andrebbe recensita da qualcuno che conoscnedo il genere possa dirmi quanto vale obiettivamente quel libro rispetto agli altri libri fantasy (ad esempio potendomi dire se è il copia incolla due due romanzi preferiti dell’autore o no).

Ma se mi ritrovo costretto, e facendo il mestiere capita, a recensire un’opera d’un genere di cui non so posso sempre fare una recensione decente valutando gli elementi che lo rendono o meno apprezzabile ed evitando di dare giudizi su elementi che non conosco.

Per esempio. Se mi ritrovassi a recensire un libro della Troisi senza sapere un cappero di fantasy non lo boccerei perchè i protagonisti sono impegnati per centinaia di pagine ad andare da un tempio all’altro a raccogliere oggetti perchè non potrei sapere che è un cliché cotto e bollito ma lo boccerei senza appello per le incongruenze interne all’opera tipo la stanza sotteranea che poche pagine dopo ha una finestra che guarda fuori sul prato (o quel che era).

Resterebbe un giudizio incompleto, richierei di consigliare libri apprezzabili ma che per un amante del genere sono un coarcevo di clichè e banalità ma tutto sommato se mi sono ritrovato costretto a recensire un’opera d’un genere a me ignoto è quasi certo che sto scrivendo recensioni che vanno intese come rivolte a tutti, amanti del genere e non, quindi resta un criterio valido di recensione, anche se incompleto e imperfetto. Come dicevo precedentemente i tuoi criteri se seguiti portano alla qualità assoluta ma sotto la qualità assoluta non c’è immediatamente l’assenza di qualità, ma vari stadi intermedi.

E’ questa era la parte generale del discorso che spero si sia capita. Dopo di chè io mi ritengo avvantaggiato perchè recensisco film e videogiochi che, come ho detto: i primi devono emozionare e i secondi coinvolgere.

Il che vuol dire che mentre un libro è un’esperienza ragionata (stai leggendo, stai ragionando su quel che accade per ricostruirlo nella tua testa, ecc.) e molto dell’effetto che ti da è dovuto a quanto conosci e capisci (basta pensare alla conoscenza dei termini, non tutti hanno lo stesso vocabolario ugualmente ampio e adatto a tutti i libri) un film è un’esperienza più passiva, concentrata e priva di particolari barriere cognitive (vedere e sentire lo posson fare quasi tutti e il vocablario impiegato è sempre contenuto salvo rare eccezioni); mentre il videogioco è un’esperienza attiva e immersiva che può presentare differentissimi gradi di difficoltà nell’approccio.

A caratteristiche diverse corrispondono effetti diversi e legittime aspettative differenti.

Un film deve emozionare intendendo che deve passarti qualcosa. Cosa? Non sta al recensore dirlo poichè le emozioni che uno trae dall’arte sono sempre soggettive. Deve semplicemente trasmetterti qualcosa mentre lo guardi che non siano noia e confusione. Se un film è apprezzabile (e l’apprezzabilità si considera come sempre guardando alla presenza e alla correttezza di certi elementi oggettivi) non ti trasmette noia e confusione mentre lo guardi ed è generalmente consigliabile. Eccezione fanno i documentari che richieodno la conoscenza e la verifica dei fatti per poter esprimere un consiglio fondato di valore.

Un videogioco deve coinvolgere nel senso che deve spingere il giocatore a ritornarci spesso sopra per imprarare a gestirlo meglio, per andare avanti nella trama (se presente) o semplicemente migliorare la propria prestazione.

Quindi l’apprezzabilità di un gioco si calcola su tutti quegli elementi che permettono e spingono il giocatore ad approfondire l’esperienza e sono tutti elementi oggettivamente considerabili anche se il videogioco appartiene a un genere che il recensore non conosce (interattività, curva della difficoltà, coerenza del corpo di regole, verosimiglianza dei mondi generati dato il corpo di regole ecc.)

Quando in risposta alla mia citazione dei saggi hai replicato coi simulatori e poi coi board game hai toppato perchè anche se estremamente scientifici ed esatti restano sempre videogiochi (esistono i saggi multimediali, sono ben altra cosa e non ne recensirei mai uno), essere coinvolgenti è il loro scopo ed è un requisito dal quale non possono prescindere.

Se affronto un FS senza sapere un cavolo di aerei dopo 10-12 ore di gioco (non capisco cosa ti abbia credere che io dei giochi provi o valuti solo i tutorial) devo essere in grado (salvo deficenzen manifeste) di gestire il rolleggio di un aereo e di riuscire a far decollare e atterrare gli aerei del gioco (con maggior o minor fatica da tipo a tipo) esclusi i più complessi. Se non ci riesco o sono deficente io o FS ha fallito e non è apprezzabile perchè non mi permette di approfondire la mia esperienza di gioco e di esprimere un giudizio (e sicuramente se non mi permette questo non mi convolgerà).

Idem con un gioco di scacchi. Se arriverò a far atterrare un boing su una banconota o a vincere al livello Master Chess sarà sicuramente perchè mi ci sarò applicato e perchè conoscerò bene la materia, ma fino ad un livello intermedio devo avere la possibilità (se voglio, magari dopo 5 minuti io giocatore decido che non me ne frega niente di aerei e schacchi) di arrivare a un livello medio e proseguire con fatica ma proseguire verso quello massimo.
Se un videogioco di genere simulazione non permette il coinvolgimento vuol dire che non è un videogioco, ti sei seduto per sbaglio su un simulatore dell’aeronautica!
Ergo anche qui se mi trovo davanti un videogioco di un genere a me ignoto non potrò paragonarlo coi precedenti (e nel caso dei simulatori esprimermi sulla veridicità dei fatti) giungendo, come per i film e i romanzi, a un giudizio incompleto ma non per questo, se sono bravo a fare il mio mestiere, assolutamente invalido. Perchè un film che comunque trasmette qualcos,a e un videogioco che coinvolge meritano quasi sempre e dalla trattazione della loro apprezzabilità è sempre posibile dare al lettore elementi sufficenti, soprattutto coi videogiochi, perchè questo possa farsi un’idea di come il videogioco si piazzi nel proprio genere e quanto possa interessarlo.

#70 Comment By Gamberetta On 28 gennaio 2009 @ 15:46

@Mirco. Ovviamente non posso sapere se le persone leggono le recensioni per intero, però se qualcuno guarda subito direttamente ai “gamberi” vuol dire che si fida di me, e dubito si fiderebbe non avendo mai letto per intero almeno una recensione.
Inoltre non necessariamente poche parole si leggono più facilmente di tante. Come detto scrivere poco è molto difficile, si scivola nel generico e il generico annoia in un attimo.
Comunque se una o più recensioni ti sono parse noiose o con parti inutili, commenta pure a tal proposito. A me interessa saperlo.

@Hendioke.

Se affronto un FS senza sapere un cavolo di aerei dopo 10-12 ore di gioco (non capisco cosa ti abbia credere che io dei giochi provi o valuti solo i tutorial) devo essere in grado (salvo deficenzen manifeste) di gestire il rolleggio di un aereo e di riuscire a far decollare e atterrare gli aerei del gioco (con maggior o minor fatica da tipo a tipo) esclusi i più complessi.

Perché? Se non conosci l’argomento come fai a sapere se servono 2, 10, 20 o 100 ore di pratica? Come fai a sapere quali sono gli aerei più “complessi”? Un Boing 747 è più complesso di un F-16? Come definisci “complesso” dal punto di vista aereonautico? Come fai a sapere se il modello di volo di un aereo “complesso” è tale perché rispecchia l’aereo o perché il gioco non è adeguato?
E come fai a sapere qual è il livello “medio” a scacchi? Come fai a sapere se il “medio” nel gioco è adeguato o è troppo difficile o troppo facile?
Mi spiace, ma non c’è molto da discutere, le cose non s’inventano. O le sai, o non le sai. Se non le sai il tuo parere lascia molto il tempo che trova, il che va anche bene, nessuno vieta alle persone di formarsi giudizi anche su argomenti che conoscono poco, però non va più bene quando consigli al prossimo di spendere soldi in base a tali giudizi.
(e la stessa cosa vale col cinema, per esempio secondo te un film non deve trasmettere “confusione”. Ottimo, dunque un classico come Un Chien Andalou, dove tutte le scene sono state costruite apposta per non avere legami tra loro, non essere razionali e spiazzare lo spettatore, sarebbe una boiata… non mi convinci proprio per niente, sei supponente, pretendi di estendere a tutto l’ambito “cinema” o a tutto l’ambito “videogiochi” quello che per te è importante nei generi di film e videogiochi che conosci. Non funziona così).

#71 Comment By CMT On 28 gennaio 2009 @ 16:20

@Hendioke

Io continuo a concordare con Gamberetta.
La parte generale del tuo discorso ha perfettamente senso, ma quella specifica non va. Neanche a livello di base.
Per andare sul banale, se io che leggo X-Men da venticinque anni guardo il film degli X-Men me ne derivano determinate cose, che non derivano a chi neanche sa chi cavolo siano. Il film può piacergli, per carità, ma se mi fa lui una recensione dicendo quanto gli è piaciuto ben difficilmente avrà anche solo lontanamente a che fare con quello che mi interesserebbe sapere per decidere se è fatto bene o no.
Stessa cosa i videogiochi, e qui ti rimando a quello che ho detto prima: se un gioco di scacchi ha la capacità di un bambino di 3 anni, e io sono del tutto incapace di giocare a scacchi, mi batterà lo stesso, e probabilmente ci metterò ore o giorni a contrastarlo a un livello medio, ma lo stesso gioco in mano a uno scacchista anche vagamente esperto non vincerebbe una partita (e io questo non lo posso sapere e mai potrò saperlo, essendo incapace) e verrebbe subito bollato come scarso.

#72 Comment By Hendioke On 28 gennaio 2009 @ 18:40

Mi sa che stiamo continuando a girare attorno al punto.

Io sono completamente d’accordo con Gamberetta che un recensore dovrebbe conoscere l’argomento di cui parla MA riconosco anche che spesso succede, purtroppo questo non è un mondo ideale, che persone si ritrovino a dover recensire opere appartenneti a generi di cui non sono esperti (ed essere esperti non giustifica essere completamente ignari. Ognuno con un po’ di onestà intellettuale se non può farsi una carriera scacchistica agonistica di venti anni per recensire Master Chess deve sicuramente farsi una ricerca).

Cosa facciamo? Le cassiamo come inutili, inchiostro sprecato, o riconosciamo che hanno una loro validità, inferiore alla recensione operata dall’esperto del genere ma presente?
Questa validità da dove salta fuori? Di certo non da un atteggiamento “mi è piaciuto/non mi è piaciuto” ma dall’analisi degli elementi che un’opera deve avere, indipendentemente dal genere d’appartenenza, e che chiunque voglia fare il recensore in quel settore deve saper analizzare, indipendentemente dalla sua conoscenza del genere d’appartenenza dell’opera recensita.

Questi elementi li ho esposti, sono soprattutto elementi di coerenza e verosimiglianza (chiodi sui quali batte spesso anche Gamberetta mi pare) non certo elementi del tipo “se han fatto commuovere la mia nonnina”.
Se sono rispettati ritengo l’opera valida e nella recensione indicherò che è valida e che può esserne preso in considerazione l’acquisto (anche se ovviamente di fronte a una recensione contraria alla mia di qualcuno che del genere ne sa di più la mia perde assolutamente valore).

Se questi elementi non ci sono o sono implementati male allora il prodotto non è valido. E non mi sembra di dire niente di tragico. Sto sostenendo che l’assenza di coerenza interna e di un linguaggio che renda accessibile gli elementi interni dell’opera rende l’opera inutile. Non mi sembra niente che possa essere tacciato di opinione personale o di errore madornale.

Dopo di che se Gamberetta insiste che per giocare a FS ed esprimere un giudizio obiettivo devo sapere tutto di tutti gli aerei presenti continuo a pensare che non ha semplicemente colto il senso del discorso, ovvero che anche tolte le specifiche di genere restano degli elementi tecnici, e quindi obiettivamente valutabili che possono inficiare o meno l’opera.

In un videogioco dove piloto aerei al di là del realismo insito (ovvero, indipendentemente che sia un FS (simulatore) o un Air Combat (action)) è sempre possibile valutare i mezzi usati dal gioco per spingerti a proseguire e ad aprofondire l’esperienza videoludica (l’interattività, la curva di difficoltà, la coerenza dei mondi simulati col corpo di regole interno, la coerenza di quest’ultimo) e la loro efficacia (cioè se dopo aver seguito il gioco oltre il tutorial e le fasi di ambientazione sono in grado di fruire efficacemente il gioco, separato dalla padronanza completa solo dai miei personali limiti cognitivi, o se ancora fra me e la potenziale padronanza assoluta c’è qualche errore del sistema, per esempio il fatto che da nessuna parte venga spiegato come salvare il gioco (esempio volutamente assurdo)).

Tutto questo si può valutare anche in FS e anche senza sapere un H di aerei.

Certo se poi uno è così picio da scrivere nella recensione che “FS è aderentissimo alla realtà” senza saperne un H è demerito suo, ma può benissimo scrivere “FS è un gioco immersivo che spinge il giocare a dedicarvisi anche per sessioni di ore e ore pur di arrivare a far volare un velivolo” oppure “FS è un gioco frustrante dalla curva di difficoltà in verticale dove anche solo il girare una manopola richiede di scovare un sottomenù e premere una sequenza di tasti non riportati sul manuale”.

E un lettore da questi elementi, soprattutto il non appassionato di aerei, potrà farsi un’idea, anche se aprossimativa, se seguire il consiglio finale del recensore (quasi sicuramente “comprare” nel primo caso e “non comprare” nel secondo).

Detto ciò questo tipo di recensione ha i suoi grossi limiti perchè se voglio sapere come si inserisce nel genere quell’opera il recensore non potrà darmi una risposta soddisfacente (se ne sa poco) e non potrà darmela affatto (se non ne sa niente).

Ma come ho detto prima questo non è un mondo perfetto e per fortuna oltre a miriadi di recensori che di fantasy, per esempio, non sanno niente (anche se dovrebbero riuscire comunque a cassare un libro del tenore di quelli della Troisi per mancanza di apprezzabilità (nell’accezione che ho spiegato sopra. Continuo a specificare perchè inizio ad avere il sospetto che ovunque abbia scritto apprezzabile non si sia ben capito che non do al termine il significato di “piacevole” “meritevole” o simili) ci sono anche siti come questo che rendono giustizia ai generi.

Per quanto riguarda il tempo 10-12 ore è un esempio concreto, di persone che senza sapere degli aerei niente più del principio aerodinamico dell’ala sono arrivato con FS a padroneggiare bene alcuni mezzi e discretamente la maggior parte.
Poi se ho dei problemi cognitivi miei, si, questi tempi possono allungarsi o diventare infiniti.

Ma se Master Chess ha un tutorial completo e 20 livelli di difficoltà coi quali impratichirmi (o, ancora meglio, una opzione per la difficoltà adattiva) il gioco è valido. Se poi io giocatore mi dimentico sempre, sempre sempre, come muove il cavallo bhe quello è un problema che non sta nel gioco.

Certo se poi rimanete convinti che un simulatore videoludico senza certe conoscenze pregresse sia inaffrontabile o non ne avete mai giocato uno, o avete affrontato un simulatore professionale invece di un videogioco, o avete scelto simulatori non adatti a voi.

Questa volta mi son tenuto tutto sui videogiochi per evitare che i passaggi da una forma all’altra creassero fraintendimenti comunque tutti i tipi d’arte hanno degli elementi di base che se assenti rendono l’opera non valida o comunque incompleta (perchè può anche esserci l’opera non apprezzabile ma geniale che influenzerà gli addetti ai lavori di quel genere per sempre ma inaccessibile a tutti gli altri). Su questo credo siamo tutti d’accordo.

Dopo di chè: ultimo punto. Questa valutazione scevra dalle considerazioni sul genere ha la qualità sufficente da permettere al recensore di suggerire al consumatore come spendere i suoi soldi? Personalmente ritengo di si, soprattutto in ambito videoludico, nel cineme con meno efficacia, nella letteratura poco o niente. Ma questa è una opinabilissima considerazione personale ^^

#73 Comment By gugand On 28 gennaio 2009 @ 18:45

Bella discussione.
A me semra che per le recensioni ci siano i stessi problemi dei racconti/videogiochi/film.
Gente che non sa un acca di fantasy si mette a scrivere fantasy, ad editarli o a recensirli. Purtroppo il risultato si vede.
I difetti risaltano al volo a chi e’ appassionato di un genere. Se chi scrive il libro o lo recencisce non si documenta (la parolina magica) probabilmente scrivera’ cazzate.
Comunque credo che anche il punto di vista del non esperto possa essere utile, basta che il recensore non si metta a pontificare su cose di cui non sa nulla (tipo l’originalita’ o confroni con libri di generi diversi).
Il difetto piu’ grosso che noto nelle recensioni e’ che spesso devono tagliare corto e non possono spiegare bene il punto di vista del recensore.

#74 Comment By Hendioke On 28 gennaio 2009 @ 18:50

@DelemnO

No. Non è questo che intendevo perchè ad “apprezzabile” e “apprezzabilità” ho dato un valore ben preciso, filologico-tecnico, lontano dal linguaggio comune (e l’ho pure spiegato. Mi spiace di aver scritto dei wall of text ma almeno se dovete replicarci sopra leggeteli per intero per favore ^^’).

Adesso mi rendo conto che invece di spiegare cosa intendevo avrei dovuto semplicemente cercare un sinonimo tipo “stimabilità” e “stimabile” che avrebbe creato meno confusione :)

#75 Comment By Mirco On 28 gennaio 2009 @ 21:17

non mi annoio con le tue recensioni, anche se ti riescono meglio quelle negative e quindi sarcastiche. Però ogni volta che posti qualcosa devo essere sicuro che da qui a un’ora e mezza, minimo, non devo fare niente e posso leggere la tua recensione e i seguenti 50 commenti.
Magari altri non hanno tanto tempo :D

#76 Comment By Parvati V On 29 gennaio 2009 @ 01:07

Sono approdata su questo blog seguendo un link; non ho trovato quello che cercavo, ma in compenso ho leggiucchiato (1) questo articolo e l’ho trovato in linea di massima interessante, anche se non condivido al 100% quello che dici.

Per esempio, non sono d’accordo che il recensore debba necessariamente esprimere un giudizio sull’opera, purche’ ne esponga almeno un’analisi chiara e completa.
D’accordo invece sulla richiesta di maggiore competenza; oggigiorno informarsi non e’ poi cosi’ difficile, almeno una infarinatura alla Wikipedia ce la si potrebbe procurare senza troppa fatica.
Soprattutto la produzione di genere (vero o impropriamente cosi’ definito – come i “manga”) viene spesso trattata con grande faciloneria, il fantasy piu’ di tutti perche’ assimilato alla fiaba.
Anche qui, impropriamente tranne che per alcuni sottogeneri, ma tant’e’.

Come criterio nella fantasy pero’ non porrei la “verosimiglianza”. Il filone fantasy-favolistico non e’ sempre di bassa qualita’: vedi autori come Michael Ende (La Storia Infinita), o Mark Oakley (Thieves & Kings, una delle piu’ belle opere fantasy che io abbia mai letto, peccato che rischi di restare incompiuta).
Suggerirei invece, al posto della verosimiglianza, la “consistenza” dei personaggi e del mondo narrativo. Consistenza significa essere ben delineati, con piu’ sfaccettature – possibilmente, luci ed ombre – che formino un’immagine concreta, che trasformino la macchietta in Personaggio e lo sfondo in un Mondo.

Inoltre trovo che nelle tue recensioni lunghe tu riveli troppo della trama del libro. Certo, almeno non ti limiti a fare il riassuntino come tanti purtroppo fanno, e gli editori stessi mettono delle quarte di copertina che sarebbero da fucilazione; ma comunque, un po’ per la lunghezza delle tue analisi e un po’ perche’ davvero vai molto nel dettaglio, la lettura della tua recensione non lascia poi molto alla suspense. Il che va ancora bene per le opere che stronchi, ma se recensisci opere meritevoli, soprattutto quando siano basate sulla suspense, meno riveli e meglio e’.

(1) Ok, a scrivere solo due righe si rischia di essere imprecisi e/o lapidari, ne convengo, e apprezzo, davvero, il fatto che tu ti sforzi di argomentare le tue affermazioni. Pero’… come dire, anche la concisione e’ un dono! ;)
Inoltre ti consiglio di rileggere quello che scrivi. Il tuo tono e’ spesso molto grintoso e giustamente critichi gli errori o le brutture dell’italiano altrui, ma se ci metti degli errori ripetuti tuoi le tue critiche perdono mordente.

Non so se ricapitero’ sul tuo blog, anche se devo ringraziarti per avermi risparmiato un’amara scoperta con Boscoquieto (beh, sarei tornata indietro a lamentarmi, l’ho visto nello scaffale per ragazzi piu’ di una volta). Fatti coraggio. Di fantasy-spazzatura ce n’e’ sempre stato, e anche se prima era leggermente meno fenomeno di massa, ha sempre rubato spazio sugli scaffali alle opere piu’ meritevoli (vogliamo parlare di “mi pagano un tanto al chilo” Salvatore? o di Brooks-si-salva-solo-Landover-e-solo-perche’-dopo-quindici-anni-non-ho-il-coraggio-di-rileggerlo?)

E allora ti lascio con un piccolo regalo: ti consiglio una saga, la saga dei Vorkosigan di Lois Mc Master Bujold. Qualcosa si e’ visto in italiano ad opera della Nord e della Delos (che pero’ almeno in un caso ha falsato l’opera pubblicando uno spezzone di un romanzo come se fosse autoconclusivo), ma se puoi, leggitela in inglese. Dopo tanta spazzatura, un po’ di genuino genio ci vuole ^^

#77 Comment By Alexander On 29 gennaio 2009 @ 09:43

@ Parvati
se ho ben capito, il discorso che faceva gamberetta non si riferiva solo alla verosimiglianza in senso stretto, ma anche alle regole che un universo narrativo dovrebbe sempre a avere. Ci dovrebbe essere una sorta di “struttura” che anche se noi intravediamo a malapena, l’autore ha studiato e definito nei suoi appunti. Una guida che lo scrittore segue durante la narrazione, legando tra loro aspetti sociologici, storici e ambientali. Così facendo si ottiene un universo privo di contraddizioni dove il lettore si può immergere con naturalezza. Un risultato difficilissimo da raggiungere che distingue il buon romanzo fantasy dal prodotto carente.
Per quanto riguarda la necessità di esprimere un giudizio, condivido quanto scritto dalla proprietaria del blog. Analizzare accuratamente un romanzo senza ambiguità e senza alcuna sorta di condizionamento (politico, economico, personale, editoriale, ecc) prevede SEMPRE un giudizio. Di cerchiobottisti ne abbiamo già tanti in parlamento. Anzi ne abbiamo anche troppi. :)

#78 Comment By CMT On 29 gennaio 2009 @ 09:50

@hendioke:

Ma se Master Chess ha un tutorial completo e 20 livelli di difficoltà coi quali impratichirmi (o, ancora meglio, una opzione per la difficoltà adattiva) il gioco è valido. Se poi io giocatore mi dimentico sempre, sempre sempre, come muove il cavallo bhe quello è un problema che non sta nel gioco.

Ma, ribadisco, se l’I.A. non sa giocare a scacchi e ti batte solo perché tu sei peggio di lei, come te ne accorgi? Mi passeresti il gioco come “valido” perché a te è sembrato tale, ma lo ha fatto per una mancanza di basi tua e non perché sia valido davvero. “Io” campione di scacchi lo compro, ci gioco due volte, scopro che è una fetecchia e ti cerco per tirartelo in testa.

#79 Comment By Hendioke On 29 gennaio 2009 @ 10:48

A parte che l’esempio degli scacchi sta diventando assurdo. Al giorno d’oggi un programmatore deve mettercisi d’impegno per crare un gioco di scacchi idiota e un campione di scacchi deve presentare una vena particolarmente masochista nell’ottica di voler spendere tempo per volersi comprare un videogioco di scacchi quando è pieno di computer apposta.

Inoltre credo che chiunque sia così stupido da dimenticarsi sempre come muove il cavallo non dovrebbe essere però così stupido da non rendersi conto della sua idiozia e se è un recensore dovrebbe per una vlta lasciar perdere oppure vedere di istruirsi, trovare un amico che sappia gcoare bene a scacchi e farglielo provare (come ho detto prima se non sei un esperto del genere non sei comunque esonerato dall’informarti più che puoi mentre prepari la recensione)

Comunque spostiamoci su un altro esempio. Possiamo tornare a FS. La presenza di tutorial e di fasi che ti ambientano all’uso del gioco introducendo gradualmente elementi sempre maggiori per numero o complessità si possono verificare senza sapere niente degli aerei che stai pilotando e di come effettivamente si pilota un aereo (anche se su questo ultimo argomento ci si può informalre sommariamente googlando un poco, giusto per evitare che FS ti spacci come atterraggio possibile l’aterraggio in picchiata :) ) e sempre senza saperne niente è possibile verificare se sono coerenti e ben implementati.

Se poi il gioco mi sta insegnando a pilotare un piper e un boing usando lo stesso tipo di manovre e le stesse strumentazioni di bordo mi sta imbrogliando e io potrei non accorgermene data la mia ignoranza.
Però il gioco è ben fatto? Imparare a pilotare un piper e un boeing è un’esperienza che il gioco riesce a rendere coinvolgente attraverso la coerenza e la valutabilità (vediamo se questo termine crea meno confusione di apprezzabilità)? Si? Allora posso partire dall’assunto che è un gioco d’aerei valido. Potrò dire che è un gioco d’aerei aderente alla realtà? No (e probabilmente se mi facesse pilotare tutti gli aerei allo stesso livello di difficoltà e con le stesse meccaniche identiche nella recensione rileverei che è monotono).

A chi si rivolge questa mia recensione? A chi vuole giocare a fare il pilota senza fare troppe altre richieste. Se il gioco è valido e consente in effetti di pilotare aerei per gioco saranno questi soddisfatti? Si

Dopo di che se FS, come è successo finora nell’ipotesi, mi ha gabbato, gli esperti rimarranno delusi.
Ma, wait, io non ho scritto che FS è un simulatore coi fiocchi, ho anche premesso (sempre nella recensione) che di aerei non ne capisco un acca, se sto scrivendo una recensione senza esserne un esperto è perchè sto scrivendo da una fonte (sito, rivista) generalista ad un pubblico generalista. Perchè l’esperto è dovuto venire a leggersi la mia recensione? Ma l’ha davvero fatto? Io credo che l’esperto abbia altre fonti alle quali attingere informazioni.

Se uno sa a memoria le specifiche tecniche di quasi tutti gli aerei di linea esistenti è probabile che per decidere se acquistare o meno il nuovo FS chiederà nei forum di fan di FS dove troverà certamente esperti come lui in grado di sviscerare tutti i suoi dubbi. Se viene a scegliere se prenderlo o meno dalla MIA recensione o dell’aderenza gliene importa poco oppure, bhe, non so cosa dire ma io l’ho avvertito che sul fronte simulaizone non poteva fidarsi :P

Come ho detto e ridetto la recensione del non esperto ha un valore, che però non è il valore assoluto di una recensione secondo i crismi di Gamberetta, ergo questo tipo di recensione se non ha valore assoluto non può neanche avere un destinatario assoluto, cioè non si rivolge alla totalità degli utenti ma solo ad alcuni (è una semplice questione di logica). L’esperto dovrà decidere di volta in volta se vuole fidarsi di una recensione incompleta (da qui il mio consiglio quando si ha ache fare con recensioni di non esperti di testarne un po’ su opere co osciute) ma quasi certamente cercherà le informazioni che gli stanno a cuore altrove e difatti, per fortuna, le recensioni scritte da gente che non conosce il genere sono una buona parte ma non la maggioranza ed esistono anche siti come questo e forum ^^

#80 Comment By CMT On 29 gennaio 2009 @ 11:57

@hendioke:

Alla fine è quello che sto dicendo io dall’inizio: puoi fare una recensione, ma non puoi fare una recensione completa.
Il che va anche bene se tu metti in chiaro dall’inizio che stai valutando entro questi limiti. Non va altrettanto bene se la “spacci” come una recensione basata su dati che in realtà non hai.
Il problema nasce quando uno di quegli aspetti che tu non sei in grado di valutare è fondamentale, nel qual caso sì, la tua recensione diventa, come tale, inchiostro sprecato, e si riduce a mero parere personale.

#81 Comment By gugand On 29 gennaio 2009 @ 12:08

@Hendioke
Parlando di recensioni dei VG di cui sono molto piu’ esperto che di recensioni di libri, ti dico una cosa comune a tutti:
L’autore della recensione non specifica mai, ripeto mai, a quale fascia di giocatori e’ diretto il gioco e tanto meno spiega a che categoria di giocatori appartiene il recensore. So che a voi recensori da fastidio, ma sarebbe ora che cominciaste a creare un glossario di termini chiari per i VG che per definire le tipologie di videogiocatori. Neppure i vg hanno categorie definite o aspetti dei giochi definiti a parte le solite prestazioni, qualita’ grafica ed interfaccia. Considerare aspetti piu’ sottili che sono importanti per definire un gioco. Ad esempio cosa e’ il ruolo e come viene implementato in un VG? Esistono 2 o 3 modi per farlo, i videogiocatori fanno queste distinzioni e ne discutono ampiamente, voi del mestiere no. Altro aspetto, ad esempio, la fisica. Ci sono giochi in cui la fisica e’ usata e utile al gioco (vedi Half Life 2 e Dark Messiah), altri che la usano solo per far rotolare gli oggetti in modo realistico (Oblivion), ma a leggere molte recensioni sembra che la fisica e’ fantasticamente realistica in tutti e 3 i giochi che ho elencato tra parentesi. Potrei continuare all’infinito.
Il recensore vuole apparire come esperto di giochi a 360°, invece non lo e’. Ormai dopo averne lette tante riesco a capire dal modo in cui si esprime, su cosa si focalizza l’attenzione, il tono usato se il recensore era la persona piu’ adatta a darmi un giudizio su quel tipo di gioco.
Ma ci riesco io perhe’ ormai conosco i giochi, so quali sono le cose che si sono sempre fatte, quali sono le potenzialita’ di un programma e di un computer. Tanta gente si fida e fa male.

#82 Comment By Hendioke On 29 gennaio 2009 @ 13:27

@Gugand

Sfondi una porta aperta su questo aspetto :)
Purtroppo una catalogazione seria dei generi vidoeludici non esiste anche perchè la maggior parte dei giochi ormai è idbrida e una classificazione universalmente valida non esiste e se esistesse andrebbe aggiornata di continuo. Però sarebbe compito del recensore di volta in volta descrivere bene il tipo di gioco che sta recensendo ma non tutti si premurano di farlo ^^

#83 Comment By gugand On 29 gennaio 2009 @ 19:22

Infatti. Capisco il problema, ma una catagolazione ormai e’ fattibile, non tanto per dire che il gioco x e’ un tipo y, ma solo per dire che il gioco x e’ un y con elementi di z, w, etc…
Praticamente non ci sono novita’ di generi da una decina di anni a questa parte.
Ho notato che i recensori di riviste non sopportano termini come casual gamers o hardcore gamers proprio perche’ non ben definiti. Che aspettano a trovare una buona definizione?
Se vedi lo stile della barca dei gamberi, prima noti belle spiegazioni su cosa si intende per Fantasy, Weird Tales o Steampunk, purtroppo non noto questa cura dei “dettagli” nei videogiochi.

#84 Comment By sherlock On 29 gennaio 2009 @ 21:26

Ciao Gamberetta,
innanzitutto, visto che è il mio primo commento, complimenti per i tuoi articoli e per il blog in generale (scoperto da poco grazie a segnalazione sul blog di Roberto Recchioni).
Riguardo questo post: interessante e condivido ampiamente ma volevo confessarti che al punto 5.2 (“esprimere concetti il meno generici possibile”), pur essendo d’accordissimo riguardo l’abuso che si fa di aggettivi come “coraggioso”, “profondo” eccetera, gli esempi che hai portato mi hanno fatto inarcare due sopraccigli.
Il primo si è inarcato gravemente per quella che mi pare quasi una “gaffe” da parte di una appassionata di lettura come te, quando dici: “Ma in Italia, 2009, quale coraggio ci vuole a pubblicare un romanzo? Al massimo si rischia una denuncia per diffamazione, non si rischia la vita.”
Lasciami dire che forse Roberto Saviano avrebbe qualcosa da ridire in proposito …
Il secondo sopracciglio si è inarcato (di meno) di fronte a quella che mi pare una visione troppo restrittiva da parte tua del concetto di “coraggio”.
Tu dici: “Quand’è che un romanzo affronta con sprezzo del pericolo una situazione di vita o di morte (perché questo è il coraggio)?”
Permettimi di non concordare. Mi sembra una visione del coraggio troppo “epica”, seppur legittima.
Personalmente (ma non credo di essere il solo) credo che il termine “coraggio” non si applichi solo a situazioni di vita e di morte e per di più, come nell’esempio che porti riguardo al salvare una vita, eticamente inappuntabili.
Io vedo più prosaicamente come “coraggio” qualsiasi scelta della “strada meno facile”, in condizioni di propria debolezza o di rischio fisico ma anche sociale, fatta in coerenza con le proprie convinzioni.
E’ coraggio anche contraddire il proprio capo, se si sente sia giusto, sapendo che si rischia la carriera. E’ coraggio anche essere il primo ad alzarsi a dire una cosa che si sente giusta anche se sei l’unico a pensarla così e poi magari nessuno ti rivolgerà più la parola.
Non è detto nemmeno che coraggio e giuste cause siano correlati. Esempio idiota: un naziskin che “non” quando è spalleggiato dai compagni e in superiorità numerica, ma è da solo in un locale del bronx e dice a voce alta che odia i negri, rimane sicuramente un razzista di m..da e probabilmente è anche un po’ cogl…ne, ma gli darei atto di essere coraggioso.
Quindi concludendo non escludo che un romanzo possa essere “coraggioso”; il problema è l’abuso che si fa di tale aggettivo, spesso a sproposito.

#85 Comment By Gamberetta On 29 gennaio 2009 @ 22:01

@sherlock. Ma Saviano non ha lasciato l’Italia? E comunque aveva una scorta. Non funziona così, il “coraggio” della pubblicazione è quando c’è una legge che prevede la pena di morte per chi contesta il Presidente della Repubblica e tu, ben sapendolo, decidi lo stesso di pubblicare. Il coraggio nasce dal fatto che lo sai prima per certo che rischi la pelle, e nessuno ha pronta la scorta…
In ogni caso basta guardare i precedenti: negli ultimi 10 anni quanti romanzieri italiani sono stati uccisi per conseguenza diretta della pubblicazione di un loro scritto? A me sembra che in Italia, anni 2000, il rischio sia inesistente, dunque niente coraggio.

Per quanto riguarda la parola in sé, è vero che è usata ampiamente anche in contesti non di vita e di morte: per me in molti di questi casi è un uso sciatto, retorico. È come il calciatore che segna all’ultimo minuto e diventa un “eroe”: ma quando mai! Che poi il termine si usi siamo d’accordo, ma è usato a sproposito.
I romanzi – tranne rarissimi casi – non hanno niente a che vedere con il coraggio.

#86 Comment By Alexander On 29 gennaio 2009 @ 23:24

Nel caso di Saviano (vivo in campania e ne so qualcosa), quando scrisse il suo libro sapeva di rischiare la pelle. Ragazzi ve lo assicuro, la camorra uccide per una diceria in un paesino, figuriamoci per un libro dove ci sono nomi e cognomi. Infatti oltre che coraggioso quel ragazzo è matto come un cavallo, e deve ringraziare tutti i santi di essere ancora vivo. Ma Gomorra è un’eccezione fuori da ogni schema: parliamo di un libro di denuncia UNICO dove (è bene ripeterlo) ci sono i nomi di pericolosi camorristi. Per quanto riguarda la letteratura di genere, sono d’accordo al 100% con gamberetta. La parola “coraggio” andrebbe usata con moderazione eventualmente motivandone il motivo. Se un autore scrive un romanzo fantasy anche buono, perché è coraggioso? Forse perché ha introdotto delle soluzioni rivoluzionarie molto rischiose in termini di consenso? Ma sono DAVVERO rivoluzionarie? E QUANTE VOLTE si verifica questo caso fuori dal comune? Da come la vedo esiste nelle recensioni fantasy una retorica fatta di facili entusiasmi ingiustificati. E il paragone calcistico fatto da gamberetta è azzeccatissimo.

#87 Comment By Alexander On 29 gennaio 2009 @ 23:44

Tornando su Saviano aggiungo anche che il suo libro fu scritto senza scorta. Ricordo che quando fu edito Gomorra, in una libreria della mia città mentre pagavo un romanzo di Ursula Le Guinn, la commessa mi diede un volantino per annunciare un incontro con un giovane scrittore sconosciuto che si sarebbe tenuto l’indomani.
Siccome ero preso da altre cose non ci andai. Ma ancora oggi lo rimpiango… e quando mi capiterà più di parlare con Saviano guardandolo negli occhi, senza un cordone di sicurezza di almeno 10 metri? Ma ripeto il concetto espresso prima. Il vero coraggio di Saviano e di gente come Salman Rushdie (l’autore de i versi satanici) non possono essere applicati al fantasy. In questo senso quoto gamberetta al 100%

#88 Comment By CMT On 30 gennaio 2009 @ 13:14

Sarò cinico (oltre che OT) ma sinceramente io ancora non capisco perché lo stato debba pagare la scorta di qualcuno che invece di mettere nomi e cognomi dei camorristi in un libro poteva andare direttamente a denunciarli alle autorità competenti, cosa che oltretutto gli avrebbe pure risparmiato il problema di doversi esporre in prima persona.

#89 Comment By gugand On 30 gennaio 2009 @ 15:05

Sei OT, ma Saviano ha scritto il libro usando informazioni che i giudici che stanno indagando gli hanno passato e che lui a tempo debito aveva usato per scrivere articoli di denuncia.
E’ un giornalista prima di uno scrittore.

#90 Comment By CMT On 30 gennaio 2009 @ 16:11

Ma non l’avevo già scritto io di essere OT? ^__^;
Comunque la sostanza di quanto ho affermato non cambia, semmai diventa ancora più inutile la sua esposizione.

Tornando in tema, concordo sul fatto che l’aggettivo “coraggioso” con un’opera di narrativa poco o niente abbia a che fare, per quanto in senso lato lo si usi. Al limite il “coraggio” sarebbe associabile a un libro scritto da un’ottantenne che parla di un mondo fantasy realistico privo di elfetti e ragazzine in calore e sbaciucchiamenti e ammiccamenti vari (insomma, ci vuole coraggio a scrivere un libro che secondo l’attuale logica del mercato non dovrebbe comprare nessuno!!! :P)

#91 Comment By Alexander On 30 gennaio 2009 @ 17:17

@ CMT
Perché il magistrato che se ne occupava era abbandonato a se stesso e arrancava nell’indifferenza generale. Perché l’informazione non ne parlava o ne parlava poco e male. Perché le persone non sapevano come funzionava il malaffare in campania. Perché i politici sono spesso collusi. Ecco perché Saviano ha fatto bene a scrivere il suo libro, ed ecco perché merita la scorta dopo aver ricevuto minacce di morte. Non voglio fare la vittima, ma dalle mie parti è dura. Se le cose ti vanno benino e dopo aver aperto un negozietto ti compri una macchinetta nuova. Vengono dalla due alle tre famiglie mafiose a chiederti il pizzo…

#92 Comment By Claudia On 30 gennaio 2009 @ 18:51

Ho letto il tuo post e sono molto molto d’accordo. Non sono altrettanto d’accordo con i tuoi commenti: sembra che per avere ragione su ogni piccolo punto tu ti stia arrampicando un po’ sugli specchi. Quel povero Saviano rischia la vita ogni giorno e ha convinto un sacco di miei conoscenti pro-camorra (esistono, esistono “eh ma che fanno di male, se gli sono amico nessuno va a rubare a casa mia”) che i camorristi sono delle bestie. Almeno a lui un “coraggioso” glielo vogliamo dare?
Non sono d’accordo neanche sul fatto che uno debba rifiutarsi scandalizzato se gli propongono di fare una recensione di un genere su cui non è specializzato, o se gli impongono limiti di qualsiasi genere (parole, tempo ecc.)
Se è un genere simile si può (ad esempio chi è esperto di romanzi storici può recensire benissimo i fantasy, perchè castelli e battaglie non gli saranno estranei) e inoltre, come dici tu stessa, può (e DEVE) documentarsi sull’argomento. La prima volta dovrà impegnarsi parecchio e potrà concentrarsi solo sulla generica bontà narrativa, poi più il tempo passa più diverrà ferrato ANCHE su quell’argomento.
Stessa cosa per la lunghezza delle recensioni: un bravo recensore riesce a dare il meglio anche in poco spazio. Ad esempio io adoro le mini recensioni teatrali e cinematografiche di Repubblica, che sono pungenti e informative pur essendo corte.

#93 Comment By Gamberetta On 30 gennaio 2009 @ 19:53

@Claudia.

Ho letto il tuo post e sono molto molto d’accordo. Non sono altrettanto d’accordo con i tuoi commenti: sembra che per avere ragione su ogni piccolo punto tu ti stia arrampicando un po’ sugli specchi. Quel povero Saviano rischia la vita ogni giorno e ha convinto un sacco di miei conoscenti pro-camorra (esistono, esistono “eh ma che fanno di male, se gli sono amico nessuno va a rubare a casa mia”) che i camorristi sono delle bestie. Almeno a lui un “coraggioso” glielo vogliamo dare?

Veramente a me pare il contrario: ovvero a fronte di una considerazione generale (tra “libro coraggioso” e “romanzo coraggioso”, senza cercare altri giri di parole analoghi, google mi ritorna oltre 3.000 risultati), si è tirato in ballo un singolo caso particolare, tra l’altro dubbio. Anche se Saviano è l’eccezione tra i 3.000, ce ne sono migliaia d’altri impropriamente “coraggiosi”.

Non sono d’accordo neanche sul fatto che uno debba rifiutarsi scandalizzato se gli propongono di fare una recensione di un genere su cui non è specializzato

Non c’è bisogno che si scandalizzi, basta che rifiuti.
La tua stessa affermazione “ad esempio chi è esperto di romanzi storici può recensire benissimo i fantasy, perchè castelli e battaglie non gli saranno estranei” dimostra che io ho ragione, infatti il fantasy con i castelli e le battaglie, purché indubbiamente diffuso, è solo uno dei tantissimi sottogeneri. Al nostro recensore di romanzi storici possono capitarne a mucchi di fantasy senza castelli e battaglie. Come farà?

Stessa cosa per la lunghezza delle recensioni: un bravo recensore riesce a dare il meglio anche in poco spazio. Ad esempio io adoro le mini recensioni teatrali e cinematografiche di Repubblica, che sono pungenti e informative pur essendo corte.

Non discuto l’adorazione. Ho i miei dubbi sulla qualità, ma potrei sbagliarmi. Dove non mi sbaglio, ovvero riguardo le recensioni di narrativa fantastica, devo ancora leggerne di davvero interessanti in poche righe.
In generale è molto improbabile recensendo narrativa scendere sotto un certo limite, dato che lo strumento principale di analisi è la citazione del testo originale.

#94 Comment By Alexander On 30 gennaio 2009 @ 21:03

@ Claudia.
Credo che sia tua ad arrampicarti sugli specchi. Saviano è un giornalista che ha rischiato grosso, soprattutto nella prima fase, quando ancora non aveva la scorta. Ma è un caso talmente unico, da avere pochissimi precedenti. Tranne lo scrittore dei versi satanici, che anni fa fu scomunicato dagli integralisti musulmani, non mi vengono in mente altri casi così particolari. E poi cosa c’entra un giornalista minacciato dalla camorra con la letteratura fantasy? Il ragionamento di gamberetta si riferisce alle iperboli usate con leggerezza da alcuni recensori. Discorso analogo sul recensore non esperto. L’onestà intellettuale vorrebbe che dicesse “no grazie, non sono in grado”. Perché anche se ci mette tutta la buona volontà quella recensione sarà comunque carente. Per cui in questo blog fanno bene ad auspicare un atteggiamento adeguato nei confronti del genere. Noi appassionati abbiamo tutto il diritto di chiedere che le cose cambino in meglio.

#95 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 10:17

Allora, perché qualcuno di voi non manda il proprio curriculum a qualche rivista letteraria, facendogli presente che spesso il fantasy viene delegato a chi già recensisce altri generi ed in particolare a chi si occupa di romanzi storici, ma che questa situazione può portare a delle recensioni accettabili, ma incomplete?
Insomma, invece, di lagnarvi o di criticare chi cerca di fare il proprio meglio per scrivere una recensione, documentandosi su internet, visto che non è un esperto di fantasy, proponetevi direttamente a qualche rivista…
Altrimenti, seguendo alla lettera il ragionamento di Gamberetta, le possibilità sono due: il fantasy continuerà ad essere recensito da chi si adatta a recensirlo per ragioni di lavoro, ma lo conosce in modo limitato oppure, se vogliamo essere più estremisti, la persona a cui viene proposto un romanzo fantasy (seguendo sempre il consiglio di Gamberetta) si rifiuta di recensirlo e non c’è nessun altro all’interno della redazione più esperto di lui, quindi, il libro viene messo da parte (in fondo alle riviste arrivano tanti libri e non è che tutti vengano recensiti e i libri di genere godono già in partenza di una minore considerazione rispetto al romanzo in senso stretto) e alla fine, per un eccesso di scrupolo e di coerenza, non uscirà di quel libro nessuna recensione…
Qualcuno potrebbe pensare: meglio così, visto che una recensione di non esperto non aiuta più di tanto i lettori, ma voi considerate quanti esperti di fantasy ci possono essere nelle redazioni delle riviste letterarie italiane… alla fine secondo me, seguendo alla lettera il ragionamento di Gamberetta, le recensioni verrebbero pubblicate solo su internet all’interno di siti e blog di appassionati….
E forse è questo il suo auspicio ed è anche questo il motivo per cui ha creato questo sito…
Cristina

#96 Comment By CMT On 31 gennaio 2009 @ 11:17

@Cristina: a me sinceramente non sembra che nessuno si stia lamentando del lavoro dei recensori, ci si limita a esporre un dato di fatto: un recensore non può recensire qualcosa in cui non è competente, e se lo fa comunque non può farlo bene quanto qualcuno che competente è.
A me onestamente sembra che su questo non ci piova.

#97 Comment By CMT On 31 gennaio 2009 @ 11:22

Ah, aggiungo un pezzo che mi era sfuggito

Insomma, invece, di lagnarvi o di criticare chi cerca di fare il proprio meglio per scrivere una recensione, documentandosi su internet, visto che non è un esperto di fantasy,

Ora… il non esperto che si va a documentare su internet, esattamente da dove le prende le informazioni se non da blog e siti di appassionati?
Per cui, secondo la tua logica (che non condivido, a ogni modo), io lettore dovrei andarmi a leggere su una rivista una recensione basata su cose che avrei potuto benissimo leggermi da solo su internet, salvo poi dispregiarle perché non sono su una rivista ma su internet? ?__?

No, non penso che tu pensi questo, ma questo emerge dall’ultimo passaggio del tuo post.

#98 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 11:58

Io penso che le riviste debbano occuparsi di recensire anche romanzi di genere, tipo gialli, fantasy, romanzi storici, etc. solo che è difficile avere persone competenti in redazione per ogni filone della narrativa contemporanea, allora, mi piacerebbe che invece di criticare e basta, qualcuno mettesse le proprie competenze al servizio dei lettori, collaborando con qualche rivista… non credo che le riviste siano in senso assoluto migliori dei blog, penso, però, che se scrivi in un blog può anche assumere un tono sarcastico o fare digressioni personali o usare espressioni al limite dell’offensivo, mentre, se scrivi una recensione per una rivista, certe “licenze” non te le puoi permettere, se non in misura molto limitata… mi sono letta un po’ di recensioni pubblicate su questo blog e sono divertenti, alcune osservazioni sono anche condivisibili, perché certi spezzoni che vengono riportati di alcuni romanzi fantasy non sono certo esempi grandiosi a livello di stile o di contenuto, ma perché usare un tono distruttivo invece di analizzare un’opera con un po’ più di concisione e di distacco?
Per es. una frase del tipo: “In realtà una sconcertante parte del testo è dedicata non a queste faccende più o meno fantastiche ma alla gnocca. In particolare alla vicenda di Marta, una specie di sogno proibito di Bryan. Marta, poveraccia, ne subirà di tutti i colori, con la complicità dell’autore.” (presa dalla recensione più recente, pubblicata prima di questo articolo), in una rivista non si potrebbe usare, ma diventerebbe probabilmente una frase del tipo: “Marta accende le fantasie e i desideri del protagonista, anche in momenti in cui certi riferimenti non sono strettamente necessari per lo sviluppo della trama.”
Francamente, sarà una deformazione professionale, ma io tra i due modi di esprimere lo stesso concetto, preferisco il secondo, anche se il primo è più immediato ed è comprensibile anche a chi possiede un vocabolario italiano un po’ limitato…
Cristina

#99 Comment By Gamberetta On 31 gennaio 2009 @ 12:28

@Cristina. Punto primo: chi se ne importa delle riviste! Lo scopo è scrivere recensioni utili e interessanti, se poi appaiono su rivista, sul web, in un programma televisivo o le declami in un parco pubblico è secondario. Certo sarebbe bello che anche le fonti “tradizionali” di critica letteraria (come appunto le riviste) alzassero il loro standard di qualità, ma non è un problema mio, il “problema” mio è scrivere recensioni che rispettino i criteri di che mi sono imposta.
Nessuno si sta lagnando: ci lagnavamo prima poi abbiamo aperto il sito e ci siamo fatti la “rivista online” come ritenevamo fosse giusto farlo. E anche l’ultimo articolo, se si escludono poche righe d’introduzione, non ha niente di lagnoso, è un articolo propositivo che invita a scrivere buone recensioni. Poi, come ovvio, ognuno è libero di fare quel che gli pare.

Punto secondo, lo stile. Come più volte spiegato è una scelta voluta quella di essere ironica, sarcastica, di usare un linguaggio semplice e immediato. Questo perché la critica letteraria è argomento serio, non serioso. Lo scopo non è darsi un tono, apparire posati, comunicare chissà quale profondità di vedute.
Lo scopo è illustrare le proprie tesi, coinvolgere chi legge, divertirlo anche. In più è il succo della buona scrittura – in generale – essere diretti. Non ci sono “certi riferimenti” nel romanzo del Ghirardi, nel romanzo del Ghirardi si parla di “gnocca”.
E tra l’altro questo è un classico esempio da manuale di stile, per cui tu non scrivi: “C’è stato un periodo di maltempo”, ma scrivi: “Ha piovuto tutti i giorni per una settimana di fila”.
Non “certi riferimenti” ma “gnocca”.
Non “non strettamente necessari” ma “ne subirà di tutti i colori”.
E così via.

#100 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 12:42

Io “gnocca” non lo dico neanche a voce, comunque, ognuno di noi ha il suo linguaggio e non dico che, quando non mi funziona il computer oppure quando ho un problema di lavoro, non scappa anche a me una parolaccia o comunque qualche espressione poco controllata sinceramente, però, in un articolo di critica letteraria, scondo me, bisognerebbe usare un linguaggio più neutro e meno offensivo…
però sono punti di vista, non è una regola assoluta…
Cristina

#101 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 12:48

Anche perché io non so qual è la sensibilità o il linguaggio di chi mi legge sia inteso come scrittore che leggerà la mia recensione sia inteso come lettori che cercheranno delle informazioni su quel libro… e poi io recensisco spesso libri di poesia pubblicati da persone di una certa età e nel linguaggio che uso nelle recensioni devo anche tenere conto del fatto che, se recensisco un libro di poesie molto classiche è anche un po’ “antiquate” come stile non posso mettermi a parlare come se stessi chiacchierando con una mia amica… il registro linguistico che uno usa cambia a seconda dell’interlocutore e a seconda del contesto…
Cristina

#102 Comment By Alexander On 31 gennaio 2009 @ 13:28

@ Cristina
Ci sono illustri giornalisti schierati (a destra come a sinistra) che ricorrono a un linguaggio satirico per analizzare la politica italiana. Anche per quanto riguarda la parola “gnocca”, parliamo di un termine molto comune. Viene usato in programmi comici come Zelig per fare un esempio. O anche in molte commedie italiane. In certi contesti è un modo ironico per descrivere una donna attraente. Non ci vedo tutto questo scandalo.
Per il resto, condivido un punto del tuo intervento. L’autrice del blog avrebbe tutti i numeri per scrivere ottime recensioni su una rivista. Ed io comprerei quella rivista solo per le sue recensioni.

#103 Comment By Gamberetta On 31 gennaio 2009 @ 13:46

@Cristina. Forse l’esempio è infelice e non ci siamo capite: non è tanto che devi usare “gnocca” perché è un termine “popolare”, lo devi usare perché è quello più attinente, più specifico, e infatti è lo stesso termine che usa l’autore.
Se vuoi essere più formale lo puoi mettere appunto tra virgolette perché sia chiaro che è una citazione.
Dopo di che: dato che il termine è semplice e di uso comune, descrive con precisione il significato voluto dall’autore, è usato dall’autore stesso, quello è il termine migliore da usare.

#104 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 14:43

Dovrebbe rispondere la diretta interessata, ma la mia impressione è che qui si senta più libera di gestire le recensioni secondo i propri criteri, mentre su una rivista si sentirebbe più condizionata anche semplicemente dal numero di righe o di battute entro cui comprimere i suoi articoli…
poi non è il singolo termine che mi scandalizzava, probabilmente essendo quello di Boscoquieto un fantasy destinato ad un pubblico adolescenziale, ci sta anche un certo tipo di linguaggio molto diretto e colloquiale…
Cristina

#105 Comment By CMT On 31 gennaio 2009 @ 16:18

penso, però, che se scrivi in un blog può anche assumere un tono sarcastico o fare digressioni personali o usare espressioni al limite dell’offensivo, mentre, se scrivi una recensione per una rivista, certe “licenze” non te le puoi permettere, se non in misura molto limitata…

Appunto. Quindi sei libero di scrivere quello che pensi come lo pensi senza sottostare a delle restrizioni. Il che, quando si parla di esprimere un commento a qualcosa, è sempre e comunque la cosa migliore.
Non a caso prima di internet esistevano le fanzine.

#106 Comment By scriterio On 31 gennaio 2009 @ 16:39

Bellissimo articolo, mi è piaciuto.

Mi ero però domandato come tutto questo radicalismo intellettuale si potesse trasportare nel mondo del business letterario.
Poi è comparsa Cristina e la risposta l’ha data lei.
Non si può. Lavoro, distacco professionale e, perché no, soldi da una parte, passione, indignazione e hobbystica dall’altra.

Sebbene tifi spudoratamente per la linearità e l’onestà di Gamberetta, spezzo una lancia in favore della “professionista” Cristina.
Non solo nel lavoro, ma in una tesi non si può scrivere ciò che tu ritieni essere oggettivo e giusto (“gnocca”, insomma, non lo puoi scrivere, sebbene appaia l’unica parola giusta), perché la professionalità che possiedi ed il tuo datore di lavoro pretendono che ti attenda ad un registro preciso.
Inoltre, tornando all’esempio della tesi fatta bene; se l’argomento è circoscritto, con buone possibilità sei uno dei maggiori esperti al mondo del tema che tratti. Ciò nonostante, non sei libero di usare un registro accorato.
Perché?
Perché “come dici” qualcosa, nel mondo del professionismo, può valere quanto “cosa dici”.

Riassumendo: Gamberetta ha ragione qui, Cristina per dove dove lavora.

@ Gamberetta,
si scrive obiettivo

#107 Comment By Gamberetta On 31 gennaio 2009 @ 17:04

@scriterio. No, non siamo nell’esercito: nessuno può pretendere qualcosa da te. Sei tu che scegli consapevolmente di scendere a piccoli o grandi compromessi per ottenere quello che vuoi.
E non dico che sia sbagliato: ognuno fa come gli pare, però non è un obbligo. Nessuno ti obbliga a guadagnarti da vivere facendo il giornalista o lo scrittore o altro mestiere analogo. Se non ti piace puoi andartene quando vuoi.

obbiettivo, come già ricordato prima in altro commento, si può scrivere anche con due b.

#108 Comment By scriterio On 31 gennaio 2009 @ 17:21

@Gamberetta: riguardo obbiettivo chiedo venia, mi era sfuggito su De Mauro, eppure avevo controllato… in alternativa avevo fatto un check sul dizionario etimo.it e lì non risultava, ma credo sia un po’ datato.

Riguardo ciò che dici, è vero in assoluto. Peccato che non tenga presente del fatto che non ti paghi da solo, ma sono altri. Lavorare in comune e non da solo apre a compromessi.
Siccome per mangiare si deve lavorare, viene da sé che per mangiare si deve scendere a compromessi. A me pare si tratti di un obbligo bello e buono. Certo, si può sempre scegliere di non scendere a compromessi, ergo di non mangiare…

Come ti dicevo, intellettualmente il concetto è giusto ed apprezzabile.
Ed infantile, perché pregno di ignoranza su come gira il mondo dei “grandi”, ossia del lavoro.
In questo, abbi l’umiltà di crederci. Perché io ho avuto la tua età e ho bruciato di sacro furore.
Tu non hai la mia.
Dammi fiducia e preparati ad un po’ di amarezza per quando lavorerai per terzi.

#109 Comment By Cristina On 31 gennaio 2009 @ 19:33

Non è che la mia aspirazione sia scrivere recensioni per tutta la vita(!!!), però, siccome scrivo romanzi storici, un lavoro nell’ambito dell’editoria, mi torna utile e, poi, collaborando con due riviste, posso leggere gratis tantissimi libri e conoscere altri scrittori…
insomma ho fatto un investimento: due anni come praticante giornalista presso una rivista letteraria e poi mi dedicherò (spero) solo ai miei romanzi…
e comunque l’università, quanto a condizionamenti e compromessi, è molto peggio dell’ambito delle riviste letterarie… io ho fatto il dottorato in italianistica e, quando andavo ad un convegno, prima dovevo sottoporre al tutor della mia tesi l’argomento da portare e poi per es. nell’edizione critica dell’epistolario di Silvio Pellico che ho fatto come tesi volevo mettere i ritratti dei corrispondenti e non mi è stato permesso, perché mi è stato detto che la commissione l’avrebbe giudicata una scelta troppo originale e poco “seria” e così via… quindi in confronto a questo dover scrivere dalle 1500 alle 1800 battute ad articolo e cercare di non usare termini offensivi o troppo da lingua parlata nelle recensioni che scrivo mi sembra un compromesso più che accettabile… all’università persino per pubblicare un articolo su una rivista del settore dovevi praticamente chiedere il permesso…
Cristina

#110 Comment By scriterio On 1 febbraio 2009 @ 00:36

@Cristina: capisco perfettamente cosa intendi.
Nonostante io abbia ancora un rapporto ottimo con la mia relatrice, l’aver dato un commento troppo forte (sebbene oggettivo in base ai dati raccolti) su di un movimento nordamericano di fine Ottocento mi è costato la lode.

Riguardo il lavoro: io faccio tutt’altro rispetto ai miei studi. Ché capii presto che in dipartimento non c’era possibilità di tirare su somme decenti in tempi dignitosi.
Quindi, abbandonai il mio ambito e mi dedicai ad altro. In questo “altro” ho avuto altri casi di mobbing molto simili a quelli universitari.
Fattemi le ossa, da poco ho potuto scegliere un’esperienza più degna. Almeno spero, s’intende.

Ah, non dimentichiamocelo: da bravo storico e da amante del fantasy, ho nel cassetto un bel progetto di romanzo che spero di dare alla luce prima della pensione…

#111 Comment By Marta C. On 1 febbraio 2009 @ 15:23

I criteri esposti nell’articolo possono essere discutibili o meno, ma alcuni sono validi. Altri forse andrebbero espressi in maniera assolutamente meno imperativa. Certe sono regole oggettive, altre considerazioni e andrebbero annoverate tra i consigli (su come recensire etc.) più che come diktat. Comunque è lodevole il lavoro di “raccolta” e assemblamento di diversi elementi per portare a termine un discreto lavoro di recensione.
Cordialmente

#112 Comment By Alexander On 1 febbraio 2009 @ 19:05

@ scriterio
secondo me gamberetta ha ragione a prescindere dal contesto. Semmai sono gli editori che potrebbero avere problemi a mantenere standard così elevati. Un editore serio, onesto e competente dovrebbe consentire ai veri esperti di poter scrivere le proprie recensioni con la massima libertà possibile. Al massimo potrebbe imporre dei limiti sul numero di caratteri spaziati, ma niente di più. Se avesse qualcosa da ridire sui termini o sullo stile, rivelerebbe dei gravi limiti culturali.

#113 Comment By scriterio On 1 febbraio 2009 @ 19:38

@Alexander: vero. Hai ragione tu ed ha ragione Gamberetta.
In un mondo diverso da questo, si.
Un principio giusto non fa, però, una verità.

Le cose vanno in altro modo. Prenderne atto è un atto di umiltà ed intelligenza.
Con la realtà, e non con i principi puliti ed inapplicabili (per questioni terze e “forti” quanto se non più dei principi -profitto, scadenze, contratti- ) ci si deve confrontare.
Il resto sono pie, per quanto corrette teoricamente, speranze.

#114 Comment By Cristina On 1 febbraio 2009 @ 19:49

Al di là della realtà delle riviste e dei condizionamenti di cui abbiamo già parlato, io non direi ad una persona neppure a voce o per e-mail: “Questo libro fa schifo” sia perché lo penso raramente dei libri che leggo sia perché quando lo penso davvero credo comunque che sia scortese dirlo, ma, siccome non mi piace neppure essere falsa, dico all’autore che ci sono delle cose che non mi convincono ( e magari gli spiego in modo dettagliato quali sono tramite e-mail)…
Essere sinceri non significa essere scortesi o usare espressioni offensive… anche perché penso che se uno si trovasse dall’altra parte non gli farebbe piacere sentirsele dire…
Insomma non penso che sincerità e cortesia siano due cose che vanno ognuna per conto proprio e che non si può cercare di conciliarle…
Cristina

#115 Comment By Cristina On 1 febbraio 2009 @ 19:58

Per essere sinceri, qualche volta, sono scortese anch’io però mi capita se perdo la pazienza e quindi diminuisce il mio autocontrollo, però, non mi accade spesso e poi cerco di non essere mai scortese volontariamente, insomma, di non fare apposta ad usare espressioni poco educate oppure offensive…
Cristina

#116 Comment By Gamberetta On 1 febbraio 2009 @ 20:18

@scriterio. Non ti sembra di essere un po’ troppo disfattista? Non è che il mondo o la “realtà” siano immutabili. Anzi, la Storia è un elenco infinito di cambiamenti, il più delle volte violenti: guerre, rivolte, rivoluzioni, sommosse, ma anche incredibili invenzioni e scoperte scientifiche e ogni genere d’impresa.
Se si può scoprire l’America, andare sulla Luna, e avere un sistema di comunicazioni che, se non fosse azzoppato dal copyright, potrebbe offrire a chiunque l’intero patrimonio culturale della specie umana a costo vicino allo zero, non credo sia impresa così disperata riuscire ad avere riviste specializzate all’altezza della situazione…

@Cristina. La recensione non è per l’autore. La recensione è per il pubblico, e non è giusto indorare la pillola. Se il giudizio è “schifo”, “schifo” devi scrivere (ovviamente motivando).
Non c’è proprio niente di scortese e, per quanto riguarda me, baratterei mille volte un giudizio maleducato e brutale, con uno ipocrita.
Se scrivo qualcosa e fa schifo, voglio che mi si dica che fa schifo. Non c’è nulla da offendersi, anzi, c’è da ringraziare chi ti dice chiaro quello che pensa, dato che è rarissimo incontrare persone oneste e dirette.

#117 Comment By scriterio On 1 febbraio 2009 @ 21:18

@Gamberetta: non è che sei troppo idealista?
I grandi movimenti esistono e muoveranno le masse. L’economia, la lotta per il potere, per quanto ne so, li hanno sospinti, permeati e, spesso, guidati.

Non dico che sia dannoso cercare di migliorare, bensì che è immaturo non prendere atto che le dinamiche di mercato hanno abbastanza poco a che fare con un lavoro ben fatto.
La velocità potrebbe essere la chiave giusta per spiegare questa mancanza.
Focalizzo sull’editoria, specie sulle collane di romanzi.
Nel pubblicare fantasy le case editrici, a quanto pare, hanno grandi carenze di editing. C’è chi ci legge sciatteria e, magari, pigrizia ai limiti della malafede. Io ci vedo anche la necessità di pubblicare in lassi di tempo ridicoli.
Non credo nella volontà di fare male un lavoro.

Della mia esperienza aziendale ho presente un comandamento, che recita: se te lo chiedono per domani, fallo ora.
Le case editrici, le riviste, sono aziende.
I libri merce. Sui generis, certo, ma merce.
In quanto tali, si sottomettono a scadenze precise.
La differenza fra me e loro sta nel tipo di merce trattata.

La carenza di lavoro sui manoscitti da parte degli autori stessi, casomai, mi sconsola.
Se scrivo, creo un’opera. Gli altri vedranno in essa merce, per me invece è un oggetto che porta su di sé il mio nome. Gli errori che vi si trovano mi condanneranno.
Su di un paio di libri sulla scrittura creativa ho letto della cura mediocre che gli scrittori italiani hanno dei propri scritti.
Quello che leggo su questo sito mi fa pensare che abbiano ragione.

Il fatto poi, che la mia opera finisca in mano di chi, per forza di cose, la comincia già a vedere come merce, non può che peggiorare le cose.

Se non c’è attenzione dal “padre/madre” dell’opera, come ci si può aspettare che venga dai funzionari aziendali?

Che ne pensi?

#118 Comment By Gamberetta On 1 febbraio 2009 @ 22:15

@scriterio. No, non sono troppo idealista. Il troppo idealismo è la Pace nel Mondo, la Giustizia Sociale, e roba del genere. Qui si chiede solo un livello minimo di qualità alle pubblicazioni specializzate.

Per quanto riguarda l’editoria: proprio perché la pubblicazione è un prodotto, è merce, deve rispettare degli standard. Lo scrittore nella sua cameretta può fare come gli pare, ma quando l’editore vende il libro no.
E non ci vorrebbe molto:
* Una bella legge che obbliga qualunque opera d’ingegno venduta su territorio italiano a essere anche distribuita con licenza CC (in questo modo tutta la melma di disonestà che affligge critica e recensioni pian piano vedrai che sparisce, dato che tutti possono controllare senza spendere).
* Una serie di leggi che impongano degli standard condivisi su certo tipo di produzione (ad esempio se un romanzo ha più di tot refusi ogni tot pagine la casa editrice è multata e obbligata a ristampare al più presto un nuovo volume corretto).

Non sono obbiettivi “folli”. In ogni caso, come più volte sottolineato, non è questo gran problema: il mondo dell’editoria può pure rimanere così in eterno, chi se ne frega.
I libri non li compro, la rivista me la faccio io, e come lavoro ci sono mille altri mestieri.

#119 Comment By Cristina On 1 febbraio 2009 @ 23:06

Forse non ci siamo capite, io una frase del tipo “Questo libro fa schifo” non la direi neppure nella vita quotidiana neppure se l’autore ce l’ho di fronte e ci sto parlando guardandolo negli occhi, perché penso che chi scrive fa del proprio meglio (che non è sempre il meglio in senso assoluto), ma è il meglio che è riuscito a tirare fuori in quel momento, allora, ad una persona, se vuole una mano, la contatto in privato e gli dico: “Se vuoi, ti faccio un po’ di editing, gratis, perché penso che tra scrittori bisogna aiutarsi e sostenersi.”
Io non affondo le persone, cerco di aiutarle per quanto posso e questo mi sembra il contrario dell’ipocrisia…
Ma forse non riesco a spiegarmi bene o, se tu che vuoi capire quello che ti torna più utile per sostenere la tua tesi…
ho fatto a diversi scrittori l’editing gratis, perché pubblicando attraverso il print on demand o con case ed. a pagamento il loro file sarebbe andato (o purtroppo era già andato) in stampa senza nessuna revisione…
Se vedo uno in difficoltà, cerco di aiutarlo, non gli rifilo, visto che siamo in un blog e qui si può usare un linguaggio meno formale, un calcio sulle palle o uno spintone per farlo cadere…
Cristina

#120 Comment By Angra On 1 febbraio 2009 @ 23:42

@Cristina: guarda che se c’è una persona disponibile a mettere al servizio degli altri la propria esperienza è proprio Gamberetta.

Riguardo allo schifo: rispondere “non è male, si potrebbero migliorare un paio di cosette” riguardo a una cosa che ti ha procurato fastidio a leggerla non è un buon servizio che fai all’autore. Se ti ha fatto schifo, un buon servizio è spiegare il perché. Tenendo presente il fatto che scrivere è una cosa che si impara, non è una condanna o la stroncatura di una carriera.

#121 Comment By scriterio On 1 febbraio 2009 @ 23:49

@Gamberetta: continuo a ritenerti troppo idealista.
Quello che chiedi non è la Luna. Ma al tempo stesso lo è.

A parole è ragionevole (sebbene di un eccessivo da apparirmi, tutto sommato, ridicolo), nella realtà è tra l’indifendibile e l’inapplicabile.
Già me li vedo, migliaia di censori simili ai goblin di Mr. Potter a sottolineare con pennarello rosso tomi su tomi.
Ma per piacere!

Che lo scrittore possa fare come gli pare, invece mi lascia di stucco. E’ un po’ come negare lo splendido lavoro che fai su questo blog.
Che il correttore non colga refusi, minchiate, sciattonerie varie ecc, è una cosa, che lo scrittore le lasci lì un’altra!
Credo che quelle che per me è un errore da imputare all’autore tu lo veda nel correttore.

#122 Comment By Cristina On 2 febbraio 2009 @ 00:00

Su una cosa io sono d’accordo con Gamberetta: una grande casa ed. ha i mezzi per fare un editing serio e qualificato e dovrebbe farlo e nello stesso tempo anche l’autore dovrebbe fare il possibile perché basti correggere qualcosa per rendere il suo libro stampabile, perché se l’editor deve riscrivere metà romanzo, allora c’è in partenza qualche problema, nel senso che quell’autore potrebbe pubblicare con una casa ed. a pagamento oppure con una di medie dimensioni, ma non con una che fa in teoria una dura selezione degli autori da pubblicare…
però se si parla di autori che sono al primo libro e che sono incappati in una casa ed. a pagamento poco scrupolosa oppure hanno scelto un print on demand, perché costa meno così stampare il libro, io, come recensore, ma anche come scrittore non li posso trattare (e maltrattare) allo stesso modo di quelli che pubblicano con Mondadori…
allora posso una volta fatto il mio lavoro di recensore dirgli: “Nel libro ci sono parecchi refusi oppure ci sono delle cose da migliorare a livello di stile o nella struttura della trama, ti va di lavorarci per poi andare in seconda ed. con un libro migliore?”
Poi l’autore può anche offendersi e rispondermi che non ci vuole rimettere le mani… però io la mia parte a quel punto l’ho fatta, professionale perché ho recensito il libro in modo sincero, ma cortese e personale perché ho offerto una mano all’autore per lavorare sul proprio testo…
Cristina

#123 Comment By CMT On 2 febbraio 2009 @ 09:09

Se scrivo qualcosa e fa schifo, voglio che mi si dica che fa schifo. Non c’è nulla da offendersi, anzi, c’è da ringraziare chi ti dice chiaro quello che pensa, dato che è rarissimo incontrare persone oneste e dirette.

E su questo sono d’accordo al 100%, col sottinteso che il “fa schifo” non finisca lì ma spieghi anche il perché e il percome.

@Cristina:
D’accordo sulla cortesia, ma se a me un libro/racconto/quelcheè non è piaciuto, non vado a dire all’autore “non mi ha convinto”, gli dico “non mi è piaciuto”. Magari non userò “fa schifo”, e sceglierò altri termini, ma termini il cui significato ultimo sarà comunque “fa schifo”, perché così stanno le cose.
Poi sul discorso di aiutare qualcuno con l’editing sono il primo a farmi avanti, se il qualcuno non parte con la convinzione di aver scritto un tomo sacro e immutabile. Del resto se nessuno avesse mai corretto me, difficilmente avrei imparato a scrivere (non nel senso che sono un bravo scrittore, perché non lo sono; nel senso che conosco grammatica e ortografia)

#124 Comment By Alexander On 2 febbraio 2009 @ 11:45

@ Cristina

Clicca il link e guarda questo video:

recensione sul corriere

Riepilogando per chi non volesse guardare il video. Aldo Grasso, il celebre critico televisivo collaboratore del corriere della sera, ha detto (letteralmente) in una sua videorecensione che Lucignolo fa schifo.
Per quale motivo quindi, se lo fa un critico sul corriere della sera, non lo può fare un esperto di fantasy?

#125 Comment By Angra On 2 febbraio 2009 @ 14:26

@Cristina:

però se si parla di autori che sono al primo libro e che sono incappati in una casa ed. a pagamento poco scrupolosa oppure hanno scelto un print on demand, perché costa meno così stampare il libro, io, come recensore, ma anche come scrittore non li posso trattare (e maltrattare) allo stesso modo di quelli che pubblicano con Mondadori…

Be’, in realtà non vengono maltrattati gli autori ma eventualmente le loro opere, teniamolo presente. E poi, naturalmente, è sempre lecito prendersela con chi li ha pubblicati. Se poi le opere trasudano stupidità e ignoranza e l’autore fa la figura dello stupido o dell’ignorante, non è proprio colpa di nessuno.

Distinguere l’autore che pubblica a pagamento o con il PoD e non con Mondadori non ha molto senso: non è che lo ha fatto per libera scelta o per pudore, ma solo perché Mondadori non lo ha voluto.

Se un auotore distribuisce gratuitamente il suo romanzo, e questo è bruttissimo, si potrà dire che il romanzo è bruttissimo ma apprezzare il fatto che 1) nessuno è stato truffato di 10-20 euro 2) nessun albero è stato abbattuto 3) non ha occupato spazio nelle librerie 4) l’autore è conscio dei propri limiti

#126 Comment By Angra On 2 febbraio 2009 @ 14:34

Dimenticavo: il fatto che il romanzo abbia avuto o meno un ottimo editing o che al contrario sia stato pubblicato senza nemmeno leggerlo non ha rilevanza. Lo scopo non è quello di dare un voto all’autore, ma all’opera così come è quando arriva in libreria. Non è una differenza da poco.

#127 Comment By Efreet On 2 febbraio 2009 @ 16:23

@ Cristina

Clicca il link e guarda questo video:

recensione sul corriere

Riepilogando per chi non volesse guardare il video. Aldo Grasso, il celebre critico televisivo collaboratore del corriere della sera, ha detto (letteralmente) in una sua videorecensione che Lucignolo fa schifo.
Per quale motivo quindi, se lo fa un critico sul corriere della sera, non lo può fare un esperto di fantasy?

Ecco, questo è un esempio lampante di cattiva recensione, semplicemente perchè non informa per niente; abbiamo solo il giudizio nudo e crudo (seppur condivisibile) del signor Grasso, senza uno straccio di spiegazione ..
Tornando all’ argomento principale aggiungerei tra le note sullo scrivere recensioni anche il target a cui si rivolge la recensione e il grado di conoscenza del recensore; in fondo se io in vita mia non ho mai letto un romanzo fantasy e il romanzo recensito è scritto bene con una storia decente potrei essere interessato alla lettura anche se al lettore esperto la storia è troppo lineare, per lo stesso motivo se il recensore non esperto si prefigge come audience altri non-esperti, ben venga! l’ importante è che lo segnali.

#128 Comment By marco On 2 febbraio 2009 @ 18:41

@ Angra:

Distinguere l’autore che pubblica a pagamento o con il PoD e non con Mondadori non ha molto senso: non è che lo ha fatto per libera scelta o per pudore, ma solo perché Mondadori non lo ha voluto

Visto l’andamento delle porcate che pubblica la Mondadori quasi quasi c’è da esserne fieri. Sfatiamo il mito Mondadori = qualità. Mondadori prende ciò che è più commerciale, non sempre ciò che è più alto in qualità. (Tipo l’ultima trovata… il libro di Kledi). Oddio…

#129 Comment By Cristina On 2 febbraio 2009 @ 19:40

Potrebbe anche aver pubblicato con una casa ed. di medie dimensioni per una sua scelta e non perché è stato rifiutato da qualcuno, ma comunque al di là di tutto, io sono d’accordo con Effret, anche uno che non compra abitualmente i fantasy, potrebbe essere incuriosito dalla trama di un romanzo fantasy e decidere di comprarlo e per quel tipo di lettore anche la recensione del non specialista potrebbe essere stata utile ed essere stata decisiva nella sua scelta…
per quanto riguarda schifo / non schifo e i modi diversi di esprimersi, credo che ognuno di noi abbia il suo e che, se uno non è abituato a usare certe espressioni, non è che comincia ad usarle all’improvviso, solo perché l’ha usate un famoso critico televisivo…
Si diceva che ogni recensore ha i propri criteri: il mio è di non dare mai mazzate agli autori, ma di esprimere in modo distaccato e formale le mie perplessità, soprattutto se l’autore non lo conosco (e il 70 per cento degli autori che recensisco non li conosco di persona) e quindi se non uso certi termini con chi conosco a maggior ragione non li userò con scrittori che non so quale sensibilità (e soprattutto quale grado di permalosità) abbiano…
Si può essere sinceri, anche usando un tono distaccato e formale (forse questo è anche un retaggio del dottorato e comunque dell’ambiente universitario, non lo nego), non bisogna mica “sbracarsi” verbalmente però almeno secondo me per dimostrare che si è sinceri nei giudizi che si esprimono.
Cristina

#130 Comment By Cristina On 2 febbraio 2009 @ 19:53

Mi è uscito un però di troppo nell’ultima frase (me ne sono accorta rileggendola), comunque, credo che qui lo stile sia più spiccio e diretto e meno formale rispetto a quello che io adotto di solito e che generalmente viene usato nelle riviste letterarie, quindi, sarà difficile trovare un punto di incontro…
Io ho cercato di spiegarvi come funziona una rivista… se è stato utile non lo so, forse, penserete cose ancora peggiori dei critici letterari di professione di quelle che già pensavate… comunque volevo semplicemente dare un contributo alla discussione…
Cristina

#131 Comment By CMT On 2 febbraio 2009 @ 20:50

per quanto riguarda schifo / non schifo e i modi diversi di esprimersi, credo che ognuno di noi abbia il suo e che, se uno non è abituato a usare certe espressioni, non è che comincia ad usarle all’improvviso, solo perché l’ha usate un famoso critico televisivo…

Su questo non si discute.
Io non uso praticamente mai il turpiloquio, però se ti devo mandare a quel paese ti ci mando lo stesso anche senza usarlo (e no, non ti ci sto mandando, è un esempio ^____^)
Però c’è differenza tra “dire una cosa in altri toni” e “dire un’altra cosa” e dal tuo primo post pareva “anche se per me è il libro peggiore del mondo non glielo dirò mai”, che è appunto ben diverso da un semplice modo di esprimersi. Magari ho semplicemente frainteso.

#132 Comment By Alexander On 2 febbraio 2009 @ 21:39

@ Cristina

Guarda che Grasso SPIEGA perché il programma fa schifo… ma lo hai visto il video? A questo punto (in tutta sincerità) o hai problemi di udito, oppure sei talmente presa dalle tue idee preconcette da rifiutare la realtà. Aldo Grasso parla di immagine deleteria del paese e di immagine negativa dei giovani italiani, parla di volgarità gratuita, parla di sciatteria nel girare il programma. E ti pare una critica non motivata? E che altro doveva dire? Lo doveva dire in latino? Ripeto, ma lo hai visto il video? O sei una fan di Lucignolo?
Dopo una tale negazione della realtà, mi dai l’impressione di una persona che vuole smontare l’articolo di gamberetta a tutti i costi e non sa più come fare. A questo punto sono curioso di capire il perché. Esattamente, cosa di questo blog ti spaventa?

#133 Comment By Gamberetta On 2 febbraio 2009 @ 21:49

@Alexander. Ehm, guarda che è Efreet a dire che Grasso non motiva il suo giudizio.

#134 Comment By scriterio On 2 febbraio 2009 @ 23:11

Eheh, il granchio è sempre in agguato, per chi non riesce a non metterla sul personale…

#135 Comment By Efreet On 2 febbraio 2009 @ 23:16

@Alexander

come gia fatto notare da Gamberetta sono io a dire che Grasso non motiva il giudizio..
Come tu stesso hai grassettato parla di immagine negativa dei giovani italiani ma il video in questione mostra immagini di vip, parla di “sciatteria” in generale ma non ne mostra gli esempi e via dicendo, non commento neppure la malfatta retorica del non voler dare un giudizio morale.
Ora lo dirò chiaramante per evitare fraintendimenti, Lucignolo fa schifo e il giudizio di Grasso è corretto, il problema è che appunto quello è un giudizio non una recensione.
Il tuo esempio era ovviamente mirato a mostrare l’ esempio di fornire un giudizio diretto ma non prendertene a male se ho colto lo spunto per illustrare un altro aspetto dell’ articolo.
Fondamentalmente una recensione dovrebbe constare di due componenti, la componente oggettivo/descrittiva che illustra i contenuti e parte della trama per far capire a chi legge

se

l’ argomento può essergli di interesse e la componente personale/di giudizio che dovrebbe servire a consigliare/sconsigliare l’ acquisto.
Ora appunto la recensione di Grasso è incentrata totalmente sul giudizio mentre quella di Cristina ad esempio è mirata sul primo aspetto, a mio parere una buona recensione dovrebbe contenere entrambi per dare modo a chi legge di farsi un idea il piu’ possibile completa di cosa si trova inanzi.

A scanso di equivoci vorrei inoltre aggiungere che ho usato il video di grasso solo come spunto, mi rendo perfettamente conto che in una manciata di minuti non si possono fare miracoli e che in piu’ si tratta di una videorecensione, tuttavia mi chiedo se veramente una persona che non abbia mai visto Lucignolo in vita sua riesca a farsi un idea di cosa sia il programma e del perchè è meglio evitarlo con quella recensione.

#136 Comment By Cristina On 2 febbraio 2009 @ 23:48

Non me la prendo, non vi preoccupate, se qualcuno ha preso un granchio… è vero che nelle mie recensioni il primo aspetto è prevalente, mentre il secondo resta un po’ in ombra e di solito è affidato ad un frase finale di commento… d’altra parte a volte basta mettere un’ampia citazione dell’opera di un autore soprattutto nell’ambito della poesia per far sì che il lettore sappia cosa lo attende… nel bene e nel male…
Cristina

#137 Comment By CMT On 3 febbraio 2009 @ 08:59

@Efreet: a dire il vero per farsi un’idea di cosa sia Lucignolo basta e avanza guardare i promo ^__^;

@Cristina:

a volte basta mettere un’ampia citazione dell’opera di un autore soprattutto nell’ambito della poesia per far sì che il lettore sappia cosa lo attende…

In effetti per la poesia è già più facile, con un romanzo potrebbe non essere sufficiente.

#138 Comment By Alexander On 3 febbraio 2009 @ 10:02

@ Efret
è questo tuo passaggio (scritto nel tuo primo intervento su Grasso) che non condivido.

Ecco, questo è un esempio lampante di cattiva recensione, semplicemente perchè non informa per niente; abbiamo solo il giudizio nudo e crudo (seppur condivisibile) del signor Grasso, senza uno straccio di spiegazione ..

E’ il “senza uno straccio di spiegazione” che proprio non ci sta. Secondo me in quei pochi minuti la spiegazione è molto esauriente. In sintesi dice:

1) è incentrato solo su vip e luoghi di ritrovo vip (e fa esempi concreti)
2) c’è un uso eccessivo della nudità femminile fine a se stessa (e la mostra in video)
3) vengono usate parolacce (facendo un esempio specifico con esempio video)
4) ne consegue che l’immagine dei giovani ne esce danneggiata (trae una conclusione)
5) è sciatto dal punto di vista tecnico

Adesso sul fatto che non motiva la sciatteria ti do ragione. Ma volendo spezzare una lancia a favore di Grasso, è anche vero che era finito il tempo.
Per il resto, in quei pochi minuti ha fatto pienamente il suo lavoro di critico. E vedo nel suo metodo (mi piace molto Grasso) la stessa fiolosofia, ironia e competenza presente in questo blog.

Infine, visto che sono nuovo, e non ci conosciamo, ci tengo a chiarire che sono un appassionato di fantasy a cui piace litigare per amore della discussione. Ma non sono un troll che ama guastare il clima nelle community. Quando esagero tiratemi un secchio d’acqua sulla capoccia senza esitare! So riconoscere quando sbaglio. :-)

P.S.: a proposito, ho preso un granchio e mi sono scaldato un “pelino” nel mio reply (scusatemi) ^_^;

#139 Comment By Angra On 3 febbraio 2009 @ 11:07

@Marco:

Sfatiamo il mito Mondadori = qualità. Mondadori prende ciò che è più commerciale, non sempre ciò che è più alto in qualità. (Tipo l’ultima trovata… il libro di Kledi). Oddio…

Per carità, su questo non ci piove. Io stavo parlando non delle porcate che Mondadori pubblica, ma di quelle che rifiuta e che altri pubblicano a pagamento.

Il mio discorso è che quando leggo un romanzo non giudico l’autore ma il romanzo così come mi è arrivato nelle mani: alla fine non mi importa nemmeno se a scriverlo è stato un ghostwriter e l’autore ufficiale ci ha messo solo la faccia, o se è stato pubblicato senza nemmeno passarlo in word perché la casa editrice non ha i soldi per la licenza o se al contrario l’editing l’ha curato Umberto Eco.

#140 Comment By marco On 3 febbraio 2009 @ 13:15

@ Angra

Sì sì, ho compreso dopo il senso del tuo post. Ho voluto puntualizzare per evitare di far credere quello che poi ho scritto.
Si potrebbe dibattere a lungo sulle porcherie che vengono davvero sin troppo vendute e pubblicizzate a scapito di altri testi (buoni). Io sarei comunque favorevole anche a togliere tempo a certe pubblicazioni (tipo biografie di gente dello spettacolo, calciatori e altro che solitamente vengono pubblicati gratuitamente da Mondadori e ultra revisionati visto che i cari vip raramente capiscono e scrivono correttamente in italiano) per dedicarne in maggior quantità agli esordienti anche mediocri, ovvero risorse economiche, umane per quelle opere che necessitano di revisione e ritocchi con l’ausilio di qualche supporto in più.
Parere mio eh…
Ciao

#141 Comment By scriterio On 5 febbraio 2009 @ 00:40

@Alexander: chapeau pe ril tuo ps, very much appreciated!
Non so se ti frega, ma le quotazioni di vossia dalle mie parti stanno decollando…

#142 Comment By Alexander On 5 febbraio 2009 @ 12:27

@ Scriterio
Grazie! :-)

#143 Pingback By il valore intrinseco | AFANEAR On 5 febbraio 2009 @ 16:00

[...] letto una cosa che mi ha fatto molto ridere, di recente. ero sul blog di gamberetta e una critica letteraria ha scritto che gli scrittori temono l’autrice della maggior parte [...]

#144 Comment By CMT On 6 febbraio 2009 @ 13:04

@Afanear: Eh????

#145 Comment By Marion On 7 febbraio 2009 @ 15:01

Ciao Gamberetta. Sono d’accordo con te sui metodi di recensione, ma vorrei porti una domanda…
Spesso parli negativamente di romanzi che hanno come protagonisti gli elfi (come li intende Tolkien), pensi che tutto ciò che parli di elfi sia spazzatura, specialmente se prodotta da scrittori giovani ed emergenti?
Che caratteristiche deve avere, secondo te, un romanzo di fantasy molto classico (draghi, elfi, guerrieri vari…) per essere apprezzabile?
Grazie mille.
Saluti.
Marion

#146 Comment By Gamberetta On 7 febbraio 2009 @ 17:43

@Marion. Non è che ce l’ho con gli Elfi in quanto tali, gli Elfi sono un simbolo per tutti quei romanzi che scopiazzano il fantasy in stile tolkeniano senza aggiungere niente di nuovo. E di questo tipo di fantasy non se ne può più.
Il problema degli autori giovani è che sono… giovani. Se cominci a scrivere un romanzo a 13/14 anni non hai molta esperienza nel genere, non hai avuto il tempo fisico per leggere molto, e perciò è molto probabile che scriverai copiando altri. Ma questo in teoria, poi onestamente non m’interessa niente quanti anni ha un autore o quanti romanzi ha già scritto, io valuto quello che leggo e basta.

Ora, come fare gli Elfi originali? Non so, ci sono molte strade: per esempio ritornare alle radici della specie, quando gli Elfi non erano i debosciati con le orecchie a punta di Tolkien ma dei mostriciattoli carogna rappresentati del Piccolo Popolo. Oppure rinunciare al lato “naturistico” per abbracciare quello tecnologico. Nei romanzi di Swanwick funziona proprio così: gli Elfi sono fisicamente simili agli Elfi tolkeniani, ma rapiscono i bambini e hanno un cattivo carattere e infine sono a capo di una società tecnologicamente avanzata.
In generale penso che il primo passo sia abbandonare i cliché: se hai un nano forse si può evitare di metterlo per forza in una miniera, E di immaginarlo per forza con la barba e armato di ascia, E per forza amante della birra, ecc.
A questo punto potresti contestare che se togli ai nani troppe delle loro caratteristiche “tradizionali”, poi non sono più nani… infatti! L’idea di fondo è di partire da modelli noti e inventare qualcos’altro, i nani diventano un’altra specie e il lettore ha sotto i denti un romanzo con almeno uno sprazzo originale.

#147 Comment By Nocoldin On 8 febbraio 2009 @ 16:35

Concordo con Gamberetta, se si tolgono le caratteristiche di fondo più importanti si rischia di creare una mostruosità, come ad esempio gli gnokki della Meyer!

#148 Comment By DelemnO On 8 febbraio 2009 @ 19:25

Ma infatti quando si ridefinisce un personaggio bisogna stare attenti a calibrare abilità e difetti, altrimenti si creano personaggi poco credibili..

#149 Comment By -Ayame- On 9 febbraio 2009 @ 14:53

Ciao Gamberetta. Sono d’accordo con te sui metodi di recensione, ma vorrei porti una domanda…
Spesso parli negativamente di romanzi che hanno come protagonisti gli elfi (come li intende Tolkien), pensi che tutto ciò che parli di elfi sia spazzatura, specialmente se prodotta da scrittori giovani ed emergenti?
Che caratteristiche deve avere, secondo te, un romanzo di fantasy molto classico (draghi, elfi, guerrieri vari…) per essere apprezzabile?
Grazie mille.
Saluti.
Marion

Mi sembra di riconoscere la mia fida collaboratrice… ;)

Condivido quasi tutti i punti indicati da Gamberetta, in particolare il punto sesto: affibiare a un romanzo un aggettivo qualificativo qualunque, senza motivazione (e spesso senza senso) non serve a un tubo.

Io penso che una recensione debba aiutare un lettore a decidere se investire o meno sul libro recensito, altrimenti la recensione non ha motivo d’essere.

#150 Comment By Cristian On 12 febbraio 2009 @ 18:26

Bell’articolo. Però mi sei scivoltata sull’oBBiettività.

#151 Comment By Gamberetta On 12 febbraio 2009 @ 18:54

@Cristian. E tre. Sei la terza persona che scrive un commento sull’obbiettivo senza darsi pena di aprire un dizionario. O darsi pena di leggere gli altri commenti. O darsi pena di scrivere un commento che sia utile, “bell’articolo”, proprio, si vede che l’hai letto con attenzione…

#152 Comment By Alexander On 13 febbraio 2009 @ 00:05

Sono di parte (lo ammetto). E a volte il mio essere schierato mi spinge ad essere troppo “entusiasta” nei mie commenti. Ma uno dei motivi per cui adoro questo blog è il suo essere “scomodo”. Smontare l’estrema sincerità, indipendenza e accuratezza di questi articoli è un’impresa ardua. Al massimo si può cercare l’errore di battitura o la virgola fuori posto. Per quello che mi riguarda, ringrazio gli autori per il tempo che dedicano (senza alcun tornaconto) al mio genere letterario preferito. Il fantasy italiano aveva bisogno di un luogo come questo.

#153 Comment By Stefano On 16 febbraio 2009 @ 01:12

Per certi versi mi sento tirato in causa, collaborando con una fanzine e avendo scritto, tra le altre cose, anche alcune recensioni.
L’obiettività non si discute, anche se è difficile quando in un sito internet riporti un bannerone dove campeggia il titolo dell’ultimo romanzo dell’autore Pincopallo, o quando la stessa casa editrice del romanziere pretende di pubblicarne una recensione. Il riferimento è noto e ne ho discusso pubblicamente anche con qualcuno della loro redazione, trovando un muro. Ecco io non mi permetto di mettere in discussione la buona fede di nessuno, ma quando arrivi addirittura a negare il problema…
Anche il nostro sito riceve per posta da alcune case editrici e anche dagli autori dei romanzi da recensire, creandoci notevoli problemi organizzativi e morali: se il libro fa schifo, in soldoni, è bene recensirlo o no?
Non sono d’accordo sul fatto che un sito internet dovrebbe ignorare dei limiti di spazio: la lettura a schermo stanca e una recensione troppo lunga rischia oltretutto di svelare troppi particolari della trama.
Un merito che ti ho sempre riconosciuto è che i giudizi che riporti sono spesso giustificati da ampi stralci del testo recensito, abitudine rara. Lo dimostra il fatto che in un forum, quando cercai di fare lo stesso, venni redarguito da un moderatore che citava la legislazione sul diritto d’autore senza conoscerla. E’, comunque, un modo di recensire che trasforma il testo quasi in una scheda letteraria, e non potendo e non volendo utilizzare quel tono sadico/scherzoso con cui demolisci gli autori a te sgraditi si rischia di diventare noiosi e prolissi… poi, certo, si può essere noiosi e prolissi in altri modi, questo è il lettore a giudicarlo.
Credo , infine, che in una recensione valga molto il principio di autorità: se si ha la fortuna di conoscere i gusti del recensore dai suoi precedenti articoli ci si può facilmente orizzontare su ciò che è bene leggere o meno.

#154 Comment By Fos87 On 16 febbraio 2009 @ 08:45

Vorrei contestare Gamberetta sulla necessità di parlare di libri brutti: tu dici che è meglio parlare anche di codeste scempiaggini, così da mettere in guardia il lettore. Io però se leggo una recensione molto negativa, dove si prende una posizione estremamente forte contro un particolare libro, di solito mi incuriosisco; ovvio, il libro lo prendo in biblioteca e non in libreria, ma in ogni caso lo leggo, strappando così l’autore dall’oblio. Certo, tu dirai che però, non comprandolo, non incremento le sue vendite, ma non credo sia così: io il libro intanto l’ho letto, quindi è probabile che ne parlerò, e parlandone incuriosirò altra gente, gente che magari troverà la trama di suo gusto e comprerà l’innominabile scempio.
Credo che per smontare un libro i modi siano due: non parlarne, o parlarne senza dargli troppa importanza, nè in negativo nè in positivo.

#155 Comment By gugand On 16 febbraio 2009 @ 12:23

@Fos87
Dal detto “parlatene male, ma parlatene”. :)
Pero’ c’e’ un fine educativo nel recensire brutti libri.
Si mostrano gli errori da evitare. Se uno scrittore o aspirante tale legge queste recensioni magari cerchera’ di evitarli nel suo prossimo libro.
Inoltre mi sembra un ottimo avviso alle case editrici che i lettori non sono stupidi che si ingoiano tutto purche’ ben “incartato” dalla pubblicita’

#156 Comment By Gamberetta On 16 febbraio 2009 @ 16:48

@Stefano.

Anche il nostro sito riceve per posta da alcune case editrici e anche dagli autori dei romanzi da recensire, creandoci notevoli problemi organizzativi e morali: se il libro fa schifo, in soldoni, è bene recensirlo o no?

In generale non vedo il problema: se qualcuno ti ha spedito il romanzo apposta per recensirlo sulla fanzine, be’ recensiscilo, bello o brutto che sia. Perché non dovresti farlo?

@Fos87. Purtroppo non parlare di un libro non lo leva dagli scaffali delle librerie. E se si vuole offrire un servizio ai lettori bisogna recensire anche (soprattutto?) quello che potrebbero comprare. Un lettore si trova circondato da Meyer, Troisi, Paolini e altri orrori: ci dovrà pur essere qualcuno che lo avverte che sono boiate.
Se poi il lettore è masochista e compra apposta un romanzo schifoso, proprio perché la recensione gli ha spiegato che è una ciofeca, be’ non ci posso fare niente, si arrangi!

#157 Comment By Cristina On 16 febbraio 2009 @ 19:27

Beh, il problema è che se leggi su anobii.com o su altri siti internet che molti altri lettori prima di te l’hanno giudicato un capolavoro e solo in pochi l’hanno giudicato una schifezza alla fine come ha consigliato qualcuno per curiosità lo prendi in biblioteca e ti togli la soddisfazione di vedere davvero com’è (io per es. l’ho fatto per il libro di Paolo Giordano ed ho concluso che non è una schifezza, ma non è neppure un libro eccezionale).
Cristina

P.S. non ho ancora letto la Meyer perché alla rivista non è arrivato ed in biblioteca ancora non ce l’hanno, ma per curiosità mi riprometto di farlo… se vai su anobii.com vedrai che i libri della Meyer hanno una votazione che va dal minimo di 1 stellina al massimo che è di 4 stelline, tanto che alla fine o pensi: “Il mondo è bello perché è vario” (come diceva mia nonna) oppure ti chiedi: “Ma hanno letto tutti lo stesso libro o hanno letto libri diversi?!” Forse è davvero difficile non da critici lettarari, ma da semplici lettori stabilire che se un libro a me piaciuto piacerà anche a tutti gli altri che lo leggeranno oppure che se un libro non mi è piaciuto anche gli altri lo troveranno orribile.

#158 Comment By Fos87 On 16 febbraio 2009 @ 19:46

Gamberetta, il punto è che ad attirare, al di là del giudizio negativo o positivo, è l’attenzione che viene data ad un libro: se qualcuno si è sprecato di leggere per intero un libro e farci un’analisi minuziosa, quasi parola per parola, viene quasi naturale supporre che -magari -vale per lo meno la pena di perderci tempo dietro.

#159 Comment By zeros On 16 febbraio 2009 @ 20:27

Su anobii: la funzione utile del sito è la compatibilità: se tu e l’autore di una recensione da 4 stelline avete gusti diametralmente opposti (nessun libro in comune, oppure giudizi opposti sugli stessi libri) hai un buon punto di partenza per pensare “Ecco, forse io e questo qui non vediamo i libri nella stessa maniera e quindi se a lui è piaciuto a me potrebbe far vomitare”.
Per contro, è più probabile che condividerai i giudizi e pareri di un utente con cui hai alta compatibilità.
E se non sei iscritto (quindi senza una compatibilità da confrontare), incroci le dita, ti affidi al dio caso e nella peggiore ipotesi, dopo aver buttato nel wc dei soldi per un incauto acquisto, decidi che tu di anobii non ti fidi più.

#160 Comment By Cristina On 16 febbraio 2009 @ 21:13

La compatibilità tra utenti di solito non va mai oltre il 10-12 % perciò se io ho in libreria 800 libri significa che ne avrò letti un’ottantina circa che ha letto anche un’altra persona, peccato che almeno 50 siano di solito classici della letteratura che si leggono all’epoca della scuola superiore…
Cristina

#161 Comment By Cristina On 16 febbraio 2009 @ 21:16

Se ti vuoi divertire a vedere la compatibilità questa è la mia libreria su anobii.com: http://www.anobii.com/juliette1804/books
Cristina

#162 Comment By CMT On 17 febbraio 2009 @ 16:14

La compatibilità è relativa, magari qualcuno ha in libreria i miei stessi libri ma io li ho adorati e lui li ha odiati, o viceversa. Meglio confrontare i giudizi e/o le opinioni sullo stesso libro (o meglio ancora su più libri) per farsi un’idea.
Io comunque Twilight l’ho letto e ampiamente commentato, e il mio giudizio non è pessimo quanto quello di Gamberetta (nel senso che è pessimo, solo non così tanto), nondimeno concordo con molto di quello che ha scritto, e all’incirca me lo immaginavo.
Quindi perché l’ho letto? Perché volevo valutare in prima persona e non per sentito dire, ma di sicuro non andrò a fare pubblicità al libro e se ne parlo con qualcuno gli liquiderò la trama in due secondi (tanto bastano e avanzano) facendogli notare quanto sia piatto.

#163 Comment By zeros On 18 febbraio 2009 @ 23:19

X Cristina: La compatibilità va anche al 45% con la persona giusta, garantito: io e il mio ragazzo oscilliamo tra il 42% e il 45% a seconda delle aggiunte momentanee.
Io e te abbiamo un ridicolo 1.9%, segno che proprio non leggiamo la stessa roba: oltre a classici, nulla in comune. Ergo, se leggessi una tua esaltata recensione di un libro a cui potrei essere interessata, il tuo parere entusiasta non lo metterei al primo posto nella classifica dei motivi per scegliere un libro.

X CMT: sì, la compatibilità è relativa. E nel calcolo c’è proprio il fatto che lo stesso libro sia piaciuto in ugual maniera (più compatibilità) o semplicemente entrambi ce lo abbiano in libreria (meno compatibilità, ovviamente).

#164 Comment By Cristina On 19 febbraio 2009 @ 12:18

Io probabilmente leggendo per lavoro molti libri di poesia pubblicati da piccole e medie case ed. per quanto abbia girato tra i vari utenti ho come massima compatibilità il 12%, quindi, mi trovo poi in difficoltà per fare dei confronti…
magari avessi con qualcuno una compatibilità così alta, ora che ci penso però mio marito non è registrato su anobii.com (non fa né il critico letterario né lo scrittore quindi non gli serve più di tanto)… magari potrebbe registrarsi anche lui che legge molte cose diverse dalle mie e vediamo come va la percentuale di compatibilità…

#165 Comment By Stefano On 19 febbraio 2009 @ 16:06

@Gamberetta
Il tempo… non sono solo le case editrici a spedire ma anche i singoli autori e spesso, sopratutto quando li si conosce in rete, nasce il fraintendimento del do ut des… insomma, collaborare con la casa editrice pincopallo ci piacerebbe, ma vorremmo essere liberi di dire che un libro fa schifo, se al recensore non è piaciuto.

#166 Pingback By Kataweb.it – Blog – Lipperatura di Loredana Lipperini » Blog Archive » DEL RECENSIRE On 3 marzo 2009 @ 13:17

[...] a integrazione, la lettura di questo post di Gamberetta. Tags: Alberto Asor Rosa, [...]

#167 Pingback By a cavallo tra i generi | AFANEAR On 16 giugno 2009 @ 09:58

[...] una storia, il grado zero della narrativa, la fonte prima del vuoto. ma se mi limitassi a questo verrei giustamente bacchettato da gamberetta (anche se questa non è una recensione), quindi diamo qualche motivazione. come detto i [...]

#168 Comment By Cristiano On 17 gennaio 2010 @ 22:30

Si, ma diamo sempre il giusto peso alle cose. Parliamo garbatamente anche di ciò che non ci è piaciuto. Non c’è niente di peggio che leggere recensioni al vetriolo (gratuite) su libri o articoli che servono solo a sfogare la frustrazione di chi recensisce.
In genere, chi fa questo ha visto il proprio libro rifiutato da più case editrici e si logora i gomiti vedendone altri, probabilmente peggiori, pubblicati.Quindi resensiamo, non pontifichiamo e facciamo un bel respiro prima di spruzzare veleno!

#169 Comment By Mario On 24 marzo 2011 @ 16:59

I disegni li hai fatti tu?


URL dell'articolo: http://fantasy.gamberi.org/2009/01/26/alcune-note-sullo-scrivere-recensioni/

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