Cercando il meraviglioso nei posti sbagliati
Pubblicato da Gamberetta il 17 marzo 2011 @ 13:12 in Fantasy,Italiano,Libri,Recensioni,Straniero | 202 Comments
Titolo originale: In Search of Wonder: Essays on Modern Science Fiction Autore: Damon Knight Anno: 1967 (seconda edizione) Genere: Critica letteraria, recensioni sarcastiche |
Nessuno pretende che un autore pieno di impegni spenda anni in ricerche per scrivere un romanzetto commerciale; ma se per documentarsi occorrono meno di cinque minuti, credo che il lettore abbia diritto almeno a questo.
Chi parla così? La solita Gamberetta acida e invidiosa? No, Damon Knight sessanta anni fa, recensendo il romanzo di fantascienza di Ken Crossen La rivoluzione del 1990 (Year of Consent, 1954).
Un altro estratto dalla recensione:
The writing itself incorporates every beginner’s mistake known to man. The hero-narrator describes himself while looking in the equivalent of a mirror. He asks or answers impossibly stupid questions in order to communicate background material to the reader. His confederates act in a manner only possible to clairvoyants or maniacal hunch-players, and get away with it. And —please notice this battered, inside-out echo of Nineteen Eighty-Four—the hero betrays himself in an apartment which he knows to be wired.
The dialogue between the hero and heroine has to be seen to be believed; I have watched a few TV soap-operas lately, and they haven’t been this bad. After the usual chase, hero gets his choice of being shipped off to Australia with girl just as the revolution is about to start, or sticking around to do sixteen jobs nobody else can handle. He picks Australia, but has a change of heart at the last moment, and makes a speech this long about it … I can’t go on.
La scrittura incorpora ogni possibile errore che un principiante possa commettere. Il protagonista-narratore si descrive mentre si guarda nell’equivalente di uno specchio. Chiede o risponde a domande assurdamente stupide solo per imboccare il lettore con informazioni sull’ambientazione. I suoi complici agiscono in maniera possibile solo a chiaroveggenti o a chi si affidi in maniera maniacale alle intuizioni; e va loro sempre bene. E – per piacere notare il triste eco di 1984 – l’eroe si tradisce in un appartamento che sa essere sotto controllo.
Il dialogo tra l’eroe e l’eroina è roba da non crederci; ho visto alcune soap opera in TV ultimamente, e i dialoghi non erano scritti così male. Dopo il consueto inseguimento, l’eroe ha la possibilità di scegliere tra l’essere spedito in Australia con la sua ragazza, proprio alla vigilia della rivoluzione, oppure rimanere per svolgere sedici missioni diverse che nessun altro può portare a termine. Scegli l’Australia, ma ha una crisi di coscienza all’ultimo momento e fa un monologo così lungo per spiegarlo… e non ce la faccio a proseguire.
Capisco molto bene la frustrazione di Knight. Non so se sarebbe felice di sapere che sessanta anni dopo non è cambiato molto. Ancora si pubblicano romanzi di narrativa fantastica pieni di dialoghi inverosimili, situazioni idiote e con il protagonista che si descrive allo specchio (Elena P. Melodia, fai ciao con la manina!).
Viene da chiedersi se la “critica” serva a qualcosa. Ne parlerò più avanti.
Copertine di La rivoluzione del 1990 / Year of Consent
Prima un passo indietro. Il libro dal quale ho tratto la recensione di cui sopra è In Search of Wonder: Essays on Modern Science Fiction, un volume del 1956 che raccoglie recensioni e saggi di Knight apparsi sulle riviste di fantascienza dell’epoca.
Di In Search of Wonder sono uscite diverse edizioni, io ho letto la seconda, del 1967.
Per chi non lo conoscesse, Damon Knight (1922 – 2002) è stato uno scrittore di fantascienza americano, noto soprattutto per i suoi racconti. Uno per tutti, il divertente: “To serve man” da cui è stato tratto un episodio de Ai Confini della Realtà dal titolo “Servire l’uomo”.
Knight ha anche scritto un manuale dedicato alla narrativa breve: Creating Short Fiction (1981).
Ma vista la mia passione per il weird, consiglio di dare un’occhiata all’ultimo romanzo di Knight, scritto qualche anno prima di tirare le cuoia: Messaggi per la mente (Humpty Dumpty: An Oval, 1996).
La trama di Messaggi per la mente vede il protagonista, Wellington Stout, che si risveglia in ospedale: gli hanno sparato alla testa e non è stato possibile estrarre il proiettile. Non sembra però che avere un proiettile conficcato nel cervello abbia particolari effetti collaterali. O sì?
Fatti sempre più inquietanti e incomprensibili capitano intorno a Stout. Forse è impazzito o forse la realtà sta andando a catafascio. Non ha importanza, quello che importa è il susseguirsi di situazioni assurde e surreali, tra alieni, strane creature e una società segreta di Dentisti.
Per certi versi Messaggi per la mente può essere considerato un antesignano della Bizarro Fiction. Dettaglio curioso: la prima parte del romanzo è ambientata in Italia, a Milano.
Copertine di Messaggi per la mente / Humpty Dumpty: An Oval
Ho letto In Search of Wonder con un misto di divertimento e tristezza. Divertimento perché Knight recensisce con molta ironia e altrettanta onestà, senza guardare in faccia a nessuno – e quando tira in ballo il critico letterario del Time, colpevole di parlare di fantascienza con superficialità, non si fa scrupolo a dargli dell’idiota.
Pensate che scandalo: Knight ha dato dell’idiota a un collega non da un blog di invidiosoni, ma dalle pagine di un volume rilegato con copertina rigida! Ai mentecatti del “si può esprimere qualunque opinione basta essere educati” verrà un accidente.
La tristezza nasce dal constatare che tanta passione è servita a poco. Gli errori che rileva Knight si ripetono libro dopo libro, le becere strategie commerciali delle case editrici non cambiano di una virgola, la qualità rimane bassissima. Negli anni ’50 come oggi. E alla fine, quando una rivista rifiuta di pubblicare una sua recensione, Knight si stufa e smette di scrivere recensioni.
Parlando di becere strategie commerciali, così Knight conclude la sua recensione alla mediocre antologia di Roger Lee Vernon The Space Frontiers (1955):
Again, this book is not so bad if you only take the space-opera out of it: but Signet [l’editore] appears to think that the space-opera is what makes it worth having: title, cover design and blurbs all support this idea.
What I am afraid of is that Signet might be right. This kind of ignorant nonsense ought to be well adapted to the existing mental set of a reader to whom “space,” “planets,” “galaxies,” are all words without any specific meaning, conveying nothing but a vague feeling of “out there.” If so—if there is a vast untapped audience of unsophisticated (and uneducated) science fiction readers just waiting to be fed—then we may expect to see an immediate mushroom-growth of Vernons… out of whom, in another twenty years, a little coterie of polished science fiction writers will evolve, to sit and wonder why their stuff doesn’t sell.
What a nightmare! Thank heaven I don’t believe it for a moment!
Ribadisco, questo libro non sarebbe così male se si togliesse la space-opera; ma Signet [l’editore] sembra pensare che invece proprio la space-opera renda il volume degno di essere comprato: titolo, copertina e blurb supportano questa convinzione.
Quello che temo è che Signet abbia ragione. Questo genere di idiozia senza senso potrebbe essere ben adatta per il livello mentale di un lettore per il quale “spazio”, “pianeti”, o “galassie” sono parole senza un significato preciso, che semplicemente comunicano un vago senso di “là fuori”. Se è così – se esiste un vasto pubblico di lettori di fantascienza poco sofisticati (e poco educati in materia) pronto a essere imboccato – allora possiamo aspettarci un fiorire di autori come Vernon… in mezzo ai quali, tra un vent’anni, potrebbe emergere una piccola schiera di scrittori di fantascienza decenti, che si domanderanno perché le loro opere non vendono.
Che incubo! Grazie al cielo non ci ho creduto neanche per un momento!
In America, nella prima metà degli anni ’50, c’è un boom della fantascienza. Un po’ come succede adesso con il fantasy. Gli editori come si comportano? Buttando fuori libri mediocri uno dopo l’altro; libri pensati per un pubblico ignorante, libri che si spera di vendere non perché belli, ma perché titolo, copertina e hype sono studiati per affascinare i gonzi.
Copertina di The Space Frontiers
Negli anni ’50 si impilavano sacchi e sacchi di spazzatura pieni di astronavi, galassie, e pianeti, il “là fuori”; adesso è la volta di elfi, vampiri e maghetti: il concetto non cambia. Signet non punta a costruire un pubblico, punta a sfruttare la moda. La montagna di letame travolgerà anche le opere buone? Contribuirà ad allevare una generazione di lettori incapace di distinguere un bravo scrittore da un imbrattacarte? Meglio!
Le case editrici non vogliono che la gente legga con regolarità. Non vogliono un pubblico competente. Vogliono una massa di diversamente furbi pronta a seguire la moda e a farsi accalappiare da una copertina sbrilluccicosa, modello selvaggio con le perline.
Come spiega Sandrone Dazieri – editor Mondadori e scopritore del “talento” di Licia Troisi – in una vecchia intervista su Repubblica:
Un romanzo per giovani adulti è quello che pone al centro della storia la figura di un adolescente che affronta l’amore, la morte, il sesso: sia in forma realistica che metaforica. Chi si rispecchia nell’eroe legge le sue avventure anche se non è un frequentatore di librerie: le vendite della letteratura per young adult sono così visibili perché si devono a un pubblico che abitualmente non si muove.
Che è la stessa strategia di Signet: rivolgersi al pubblico che non frequenta le librerie, che abitualmente non si muove. Il pubblico cerebroleso che non distingue un pianeta da una galassia e che compra un romanzo se in copertina vede una mezzelfa in abiti discinti o un vampiro che brilla.
Ci sarebbe da chiedersi se non sarebbe più vantaggioso rivolgersi invece al pubblico che divora cento libri all’anno: certo parliamo di una minoranza, ma ognuno di questi acquista più libri in sei mesi di un non-frequentatore-di-librerie in tutta la sua vita.
Ma rivolgersi a un pubblico appassionato implica offrire un prodotto valido: troppa fatica! E se davvero si introducessero dei criteri qualitativi, l’industria editoriale andrebbe a farsi friggere. Perché raramente (mai?) lo scopo di un editore è pubblicare buoni libri. Lo scopo di un editore è lucrare, fare favori agli amici, promuovere le idee a lui congeniali. Il valore artistico delle opere non interessa.
E il bello è che io posso sbraitare finché voglio ma non inciderò sulle vendite neanche per una manciata di volumi. Infatti, per definizione, gli editori non si stanno rivolgendo a un pubblico informato. Lo mettono già in conto che chi non è sprovveduto eviterà certe schifezze. Non gliene frega niente, ci sarà sempre nuovo pubblico semi analfabeta pronto per essere fregato.
Un’industria che si basa sull’ingenuità dei clienti. Un’industria che scientemente sfrutta, senza scrupoli, l’ignoranza altrui. E poi gli editori vengono a cianciare di “cultura” e a piagnucolare e a chiedere agevolazioni e aiuti statali. Cari editori, dovete morire di fame.[1]
Per compensare lo schifo dell’editoria ci vorrebbe l’immagine di un coniglietto. O di una fatina. O di un coniglietto-fatina!
Leggendo il libro di Knight, mi sono resa conto che in fondo non c’è molta differenza tra il mercato anglosassone e il nostro. Le logiche sono le stesse.
Dunque come si spiega il fatto che il livello medio anglosassone, per quanto riguarda la narrativa fantastica, sia molto più alto del nostro?
Secondo me è soprattutto questione di numeri e di tradizione. Ci sono molti più scrittori in lingua inglese e c’è una tradizione nello scrivere questo genere di opere. E a scuola non si viene rimbecilliti con I Promessi Sposi.[2]
L’altra differenza che noto tra l’estero e l’Italia – differenza che però, sottolineo, non so quanto incida – è il diverso approccio alla critica. Damon Knight è onesto. Anche quando parla dei suoi amyketti – come James Blish, con il quale collaborerà alla stesura di Var, l’alieno (VOR, 1958) –, mantiene il senso della misura.
Quando c’è da elogiare elogia e quando c’è da bastonare bastona.
A Knight non piace il ciclo della Fondazione di Asimov e lo dice senza mezzi termini; esalta i primi romanzi di Philip K. Dick, ma non ha problemi a dire che i racconti invece sono solo boiate commerciali; massacra il povero A. E. Van Vogt e non ha parole tenere per John Wyndham e il suo I figli dell’invasione (The Midwich Cuckoos, 1957).
Quando discute di Richard Matheson – Richard Matheson, non Licia Troisi – tra l’altro scrive:
Like most of his literary generation, he has no sense of plot; in each story he puts together a situation, carries it around in circles until he gets tired, then introduces some small variation and hopefully carries it around some more, like a man bemused in a revolving door. His stories sometimes reach their goal by this process, but only, as a rule, when there is no other possible direction for the story to take; more often they wind up nowhere, and Matheson has to patch on irrelevant endings to get rid of them.
Come molti della sua generazione letteraria, non ha alcun senso della trama; in ognuno dei racconti costruisce una situazione, la fa girare in tondo finché non si stanca, a quel punto introduce una piccola variazione e fa girare la storia ancora un altro po’, come qualcuno compiaciuto da una porta girevole. I suoi racconti ogni tanto raggiungono il loro scopo in questa maniera, ma capita solo quando non c’erano alternative; più spesso i suoi racconti non vanno da nessuna parte, e Matheson deve cucire finali irrilevanti per liberarsene.
E Knight non è più tenero con i romanzi di Matheson: Io sono leggenda (I Am Legend, 1954) è aspramente criticato per l’ingenuità delle spiegazioni pseudo-scientifiche; Tre millimetri al giorno (The Shrinking Man, 1956), che secondo Knight è stato scritto con poca cura e scarso rispetto per il lettore, è ridicolizzato per i grossolani errori di calcolo. La recensione così si conclude:
The rest of the book, like much of Matheson’s work, is a dismal interior monologue, endlessly reflecting the author’s own stream of consciousness at its most petty and banal.
Il resto del libro, come molte delle opere di Matheson, è un’orribile monologo interiore, che rispecchia di continuo il flusso di coscienza dell’autore stesso ed è per lo più insignificante e banale.
Dopodiché Knight si chiede come mai i diritti cinematografi di un libro così brutto siano stati venduti prima ancora della pubblicazione, e si domanda perché non possano invece avere successo opere più meritevoli.
Copertine di Tre millimetri al giorno / The Shrinking Man
Ma forse Knight è il solito maleducato invidioso che non capisce l’Arte. Be’, sentite il giudizio di Thomas M. Disch su Ray Bradbury – ancora, Ray Bradbury, da alcuni considerato il più grande scrittore di fantascienza di tutti i tempi, non Licia Troisi:
His sense of humor doesn’t operate on both sides of the generation gap; his horrors are redolent of Halloween costumery; his sentimentality cloys; his sermons are intrusive and schoolmarmish; he is uninformed and undisciplined. He is an artist only in the sense that he is not a hydraulic engineer.
Il suo senso dell’umorismo non funziona su entrambe le sponde del salto generazionale; i suoi orrori hanno l’aspetto dei costumi di Halloween; il suo sentimentalismo dà la nausea; i suoi sermoni sono intrusivi e degni di una maestrina; è ignorante e indisciplinato. È un artista solo nel senso che non è un ingegnere idraulico.
È un artista solo nel senso che non è un ingegnere idraulico, che non mi sembra tanto lontano dall’augurare a Bradbury di darsi all’ippica. D’altra parte poco prima Disch ha spiegato che i racconti di Bradbury li potrebbe scrivere un ragazzino undicenne non troppo sveglio, dandogli abbastanza tempo.
E come fanno Knight e Disch ad arrivare ai loro giudizi? Prendono i testi di partenza e citano passaggi rilevanti per le loro tesi. Per esempio – esempio, cioè uno dei tanti – nel caso di Disch/Bradbury:
Consider this description (from “The Night” [un racconto dell’antologia The Stories of Ray Bradbury]): “You smell lilacs in blossom; fallen apples lying crushed and odorous in the deep grass.” Ordinarily apples don’t fall when lilacs blossom, but in Bradbury’s stories it’s always Anymonth in Everywhereville. His dry-ice machine covers the bare stage of his story with a fog of breathy approximations. He means to be evocative and incantatory; he achieves vagueness and prolixity.
Considerate questa descrizione (da “The Night” [un racconto dell’antologia The Stories of Ray Bradbury]): “Senti il profumo dei lillà in fiore; le mele cadute giacciono schiacciate e odorose nell’erba alta.” Normalmente le mele non cadano quando i lillà fioriscono, ma nei racconti di Bradbury è sempre un-mese-qualunque nel paese-da-qualche-parte. La sua macchina per il ghiaccio secco ricopre il disadorno palcoscenico dei suoi racconti con una densa nebbia di approssimazioni. Bradbury pensa di essere evocativo e “magico”, ottiene di essere vago e prolisso.
Questo è anche l’unico modo serio per discutere di narrativa: si prende un testo e lo si analizza in base a una serie di criteri. Criteri tecnici, non di amicizia o di convenienza.
Copertina di On SF di Thomas M. Disch, libro dal quale sono tratte le citazione di cui sopra
Forse se anche in Italia si diffondesse una mentalità del genere ne avremmo un guadagno. Ma la vedo dura. Sembra che da noi si debba sempre parlare di politica o di chissà quali sbrodolamenti pseudo filosofici. Sporcarsi le mani con le parole è visto con disgusto. Si passa il tempo a disquisire se Heinlein è fascista, se Dan Simmons è razzista, se Tolkien è di destra o di sinistra, e non si entra mai nello specifico. Lo specifico sono i testi, non la mentalità degli autori.
E questo quando va bene. Normalmente la polemica letteraria non arriva neanche a quel livello misero, meglio discutere pregi e difetti del vestito di un’autrice mentre ritira un premio. E ci fosse qualcuno che dica: “Gente, sveglia! Un’autrice si può vestire come cavolo le pare non è quello il punto! Il punto è: come mai si sta premiando un romanzo scritto con i piedi?”
Per tacere degli spettacoli pietosi che vedono gli autori fare comunella per difendere l’indifendibile, come quel paio di scrittori mentecatti che hanno avuto il coraggio di trovare giustificazioni persino per l’inqualificabile Gli Eroi del Crepuscolo.
Ancora più scoraggiante è il fatto che non cambia mai niente.
Qualche tempo fa, mentre cercavo tutt’altro, mi sono imbattuta in un articolo di Repubblica intitolato: “Ragazzo prodigio, a 18 anni un romanzo da Feltrinelli”.
All’inizio ho pensato che fosse un nuovo autore, sulla scia appunto di Chiara Strazzulla, del Ghirardi, di quell’altro ragazzino che ha pubblicato i romanzi sui pirati per Mondadori e fenomeni da baraccone simili. Ma l’articolo era datato 21 gennaio 2003.
Ho indagato un po’ e ho scoperto che il “prodigio” si chiama Andrea Santojanni; a 17 anni impiega ben due mesi della sua vita per scrivere un romanzo, l’anno dopo viene pubblicato da Feltrinelli. Rilevante perché il romanzo è parzialmente di genere fantastico: da quel che ho capito è una storia d’amore ma con i due protagonisti che si scambiano i corpi, lo spirito di lui entra nel corpo di lei e viceversa.
Il romanzo si intitola Sono solo mostri e l’incipit è il seguente (via google books si può leggere qualche pagina in più):
Sabato ventisette marzo. Claudia saltò giù dal letto. In effetti erano le sei e mezza, e se non si fosse sbrigata avrebbe perso il pullman. E naturalmente avrebbe fatto tardi a scuola.
Ma mica questa è come la pubblicità delle merende del Mulino Bianco, dove alle sei del mattino c’è già un sole da spaccare le pietre, e si è già in forma, con il vestito elegante addosso. No! Qui stiamo parlando di gente comune. Gente mortale. Di una ragazza che si sveglia quotidianamente, [io invece mi alzo un giorno sì e uno no. N.d.G.] con il pigiamino tutto sgualcito, con tanto freddo corporale e con una confusione mentale da scandalo nazionale. E per di più era avvolta nelle tenebre della notte. E fuori dalla finestra non c’erano mica le rondini che volavano felici e spensierate. Assolutamente no! C’erano i corvi che volavano di tetto in tetto in cerca di una carogna. In cerca di un qualcosa qualsiasi.
Si piazzò davanti allo specchio e spalancò gli occhi quando vide quell’essere dai capelli tinti di rosso a maschiaccio, corti e sconvolti. Quel viso paffutello, il grande seno e gli occhi verdi. In principio non ci fece caso. Quindi si catapultò fuori dal bagno, e a passo affrettato si avviò in cucina, dove c’era la madre, che stava bevendo la sua tazza di caffè e latte. Entrambe, andavano a scuola. Col piccolo dettaglio che una stava da una parte e l’altra dalla parte opposta.
– Madre, io credo di non stare bene – disse la Claudia.
– Perché, cos’hai, tesoro? – le domandò.
– Non so, sono confusa.
La madre le sorrise, poi cercò di aiutarla dicendole che tutti erano un po’ confusi in quello stupido mondo. Tranquilla. Non s’incaricò di quel problema, e continuò a guardare la madre. Quasi non la riconosceva. Cosa diavolo voleva significare? Era forse la stessa e vecchia storia? Bisogna sapere che Claudia appena si svegliava vedeva creature soprannaturali intorno a sé. Può darsi che anche in quel momento era confusa come sempre. Quindi non fece caso a niente.
Fa schifo, ma inutile dilungarsi. Non è neanche giusto: una persona senza esperienza che scrive in fretta scrive così, il problema è che forse dovrebbe capire da sola che non è un livello degno. Non puoi scrivere in questa maniera e chiedere soldi in cambio. Tra l’altro come sempre editing zero, neanche correzione di bozze, hanno persino lasciato le virgole tra soggetto e verbo (vedi: “Entrambe, andavano a scuola”).
Copertina di Sono solo mostri
Esilaranti le due recensioni archiviate al sito Feltrinelli. Andrea Di Consoli recensisce per L’Unità e chiude con questo sproloquio:
Il sesso è, spesso, una banale manifestazione di forza e di potenza. Perciò, dopo aver letto Sono solo mostri, del sesso se ne ricava un’idea mediocre, quasi fastidiosa. A cosa serve il sesso se c’è una forma di amore che supera se stesso e straripa in un bene che porta alla fusione della testa, allo scambio dei corpi? A niente, verrebbe da dire. Il romanzo sorprendente di Andrea Santojanni ci lascia addosso la sensazione di esserci fermati sulla soglia, di esserci chiusi in un al di qua – ci lascia addosso la fastidiosa sensazione di non aver mai fino in fondo preso (vissuto) il corpo della persona amata. Non si tratta di divorarlo, il corpo, ma di sentirselo dentro, come una magia: di sentirne il piacere, le vibrazioni. Ha ragione Erri De Luca a definire il piccolo Santojanni un mago.
Ma si può sapere chissenefrega delle idee di Di Consoli sul sesso se stiamo parlando di critica letteraria? Come dicevo prima, sbrodolamenti “filosofici” quando abbiamo un testo che specifica che la protagonista si alza “quotidianamente” e che ci tiene a sottolineare che i corvi sono in cerca di “qualcosa qualsiasi”.
E siamo a pagina UNO e non entro neanche nel merito degli altri diecimila errori. È una vergogna. Una vergogna il romanzo e sono vergognose recensioni del genere.
Non dico che all’estero sia il Paradiso. Anche lì è pieno di incompetenti e lecchini, ma almeno non ci sono solo quelli!
Erri De Luca, recensendo per Il Mattino, supera qualunque limite di decenza. Antefatto: racconta lo stesso De Luca di aver conosciuto Santojanni durante un incontro tra studenti e scrittori; Santojanni gli ha rifilato il manoscritto e De Luca ne è rimasto tanto affascinato che…
Chiamo la mia agente e le dico di aver trovato un pezzo unico, un regalo per qualunque editore. A differenza di ogni altro esordiente che va al suo primo contratto allo sbaraglio, bisognava spuntare subito termini di contratto da professionisti affermati. Perché lì dentro c’era materia di contagio per comitive di lettori, perché il ragazzo era un caso letterario di quelli che capitano di tanto in tanto all’estero, ma da noi mai spuntava uno così, a diciassette anni con una storia esplosiva a miccia corta che scoppia in mano all’apertura.
Così per consuetudine ho passato il malloppo per primo a Feltrinelli però con l’ultimatum di rispondere entro una settimana, oppure andava fuori. Non era scaduto il termine-capestro e in pochi giorni l’editore aveva azzannato l’osso e il ragazzo aveva il suo primo contratto editoriale con clausole da scrittore di punta.
Senza parole. Ma come mai De Luca è rimasto così ammaliato? Be’…
La letteratura è ben fornita di magnifici viaggi: Ulisse, Dante, Chisciotte, Gulliver, Crusoe. Ma prima di ’sto ragazzo chi s’era inventato il trasloco dentro carne e ossa del dirimpettaio? Un’idea così nitida, senza sforzo d’ingegno e perciò geniale [...]
Ecco, questo leggendo i siti esteri e la critica letteraria nel mondo anglosassone non l’ho mai visto: la presa per il culo. Tipo quando Dazieri dice che i romanzi di Licia sono originali e in pratica non hanno bisogno di editing. Secondo De Luca l’idea dello scambio di corpi sarebbe un’idea mai vista prima. Diosanto.
Il triste è che se davvero Dazieri e De Luca sono convinti che la Troisi e Santojanni siano originali è ancora una presa in giro; è una presa in giro che persone tanto ignoranti siano nella posizione di decidere una pubblicazione.
Eravamo a gennaio 2003. La Strazzu pubblica a giugno 2008. Cinque anni, non cinquecento. E nessuno che dica: “Però il prodigio dell’altra volta in effetti non è che fosse ‘sto genio…” Niente. Da Einaudi in giù tutti convinti di avere a che fare con un altro prodigio.
Morale della favola? Che non esiste una morale. Non c’è un premio per l’impegno o per il talento, c’è un premio se il tuo amyketto De Luca ti raccomanda.
Lo so, lo so, avevo promesso di non occuparmi più di fantasy italiano. Mi sono lasciata trascinare. Il Lato Oscuro è molto potente, e fanno biscotti buonissimi!
come to the dark side, we have cookies
Un altro aspetto interessante del libro di Knight è che permette di osservare un pezzetto di storia della narrativa fantastica in divenire. È curioso leggere di Ballard o Philip K. Dick nel ruolo delle giovani promesse o sentire Knight lamentarsi che la gente dovrebbe piantarla di parlare solo dei classici, ma prendere in considerazione anche autori nuovi e che già hanno dimostrato notevole bravura, come Robert A. Heinlein.
Rimanendo ai classici. Quando Knight sposta il discorso dalla fantascienza al fantasy, cita Howard e Lovecraft come pilastri del genere, anche se ha delle serie riserve sullo stile di quest’ultimo. Volendo indicare un capolavoro, tira fuori Flecker’s Magic (1926) di Norman Matson, un urban fantasy nel quale uno studente di una scuola d’arte di Parigi riceve da una strega un anello magico in grado di realizzare i desideri. Seguono complicazioni. Ammetto la mia ignoranza: non avevo mai sentito nominare questo romanzo e non ho mai letto niente dell’autore.
Knight non spreca neanche mezza parola per Tolkien, nonostante Il Signore degli Anelli sia già stato pubblicato all’epoca della prima edizione di In Search of Wonder. Giusto così.
* * *
Ci sarebbe molto altro da aggiungere, ma a riassumere Knight si perde tutto il divertimento, sarebbe come leggere gli articoli di Gamberetta senza gli estratti e i commenti sarcastici.
Anche se questa è una recensione non darò un voto in Gamberi: il libro di Knight non è paragonabile alle altre opere recensite, visto che non si tratta di narrativa né di un manuale di scrittura. Lo stesso lo consiglio: è come sfogliare un blog stile Gamberi per 300 pagine!
Per chiudere, le quattro ipotesi che guidano Knight nelle sue recensioni (sostituite “science fiction” con “fantasy” e siete a posto):
1. That the term “science fiction” is a misnomer, that trying to get two enthusiasts to agree on a definition of it leads only to bloody knuckles; that better labels have been devised (Heinlein’s suggestion, “speculative fiction,” is the best, I think), but that we’re stuck with this one; and that it will do us no particular harm if we remember that, like “The Saturday Evening Post,” it means what we point to when we say it.
2. That a publisher’s jacket blurb and a book review are two different things, and should be composed accordingly.
3. That science fiction is a field of literature worth taking seriously, and that ordinary critical standards can be meaningfully applied to it: e.g., originality, sincerity, style, construction, logic, coherence, sanity, garden-variety grammar.
4. That a bad book hurts science fiction more than ten bad notices.
1. Che il termine “science fiction” è improprio, e che cercare di mettere d’accordo due appassionati sulla sua definizione porta solo al pestarsi a sangue; che etichette migliori sono state ideate (il suggerimento di Heinlein, “speculative fiction” è il migliore, credo), ma lo stesso siamo impantanati con “science fiction” e non c’è niente di male se ci ricordiamo che, come per “The Saturday Evening Post”, un termine significa quello che stiamo indicando mentre lo pronunciamo.
2. Che il blurb di copertina e una recensione sono due cose diverse e vanno scritte in maniera diversa.
3. Che la fantascienza è un ramo della letteratura degno di essere preso sul serio, e che i normali parametri critici possono essere applicati con successo. Per esempio: originalità, onestà, stile, costruzione, logica, coerenza, sensatezza, grammatica.
4. Che un brutto libro danneggia la fantascienza più di dieci recensioni negative.[3]
* * *
note:
[1] ^ Naturalmente parlo per l’ambito che conosco, la narrativa fantastica. Può essere che in altri settori dell’editoria (dalla poesia alla saggistica) sia tutto rose e fiori, ne dubito, ma non metto lingua riguardo a situazioni di cui so poco.
Si potrebbe poi sostenere la tesi che, nonostante siano inefficienti e disonesti, gli attuali editori riescono comunque a garantire un livello qualitativo superiore a quello ottenibile con altre forme di selezione. Non lo escludo in principio. Staremo a vedere.
[2] ^ Il tempo buttato dietro a I Promessi Sposi è un danno in sé, ma non è solo quello il punto. Il punto è che I Promessi Sposi sono il simbolo di un modo di studiare stupido e controproducente. Basta vedere le tracce dei temi per la maturità, fuffa del tipo: “Commento di un passo della Prefazione della Coscienza di Zeno.” o “Innamoramento. Testi di Dante, Alberoni, Gozzano, Catullo, Leopardi e Cardarelli.” O ancora: “Origine e sviluppo della cultura giovanile, con un documento di Hobsbawm.”
Al massimo qui si cerca qualcuno che ripeta a pappagallo quello che i professori gli hanno detto su Svevo o Dante. Un bello spreco di anni.
Si vuole che dal Liceo escano persone che sul serio hanno imparato qualcosa? Allora alla maturità i temi dovrebbero essere: “Scrivere un racconto romantico che faccia sciogliere in lacrime.” Oppure: “Dimostrare che la Luna è fatta di formaggio.”
Astronauta ritorna con la prova che la Luna è fatta di formaggio. Damon Knight ricorda come Lester del Rey si vantasse di essere in grado di sostenere qualunque tesi e l’esatto opposto. Ed è questa abilità che dimostra padronanza della lingua, non sapere in che anno è nato Dante.
Basta con le stronzate stile: “L’influenza sociale della scapigliatura nella Milano dell’800”. Bisogna insegnare alle persone come usare al meglio la propria lingua; come analizzare le idee altrui – a livello formale – e come esprimere le proprie. Non bisogna insegnare le singole idee (cosa ne pensava Gozzano dell’amore; tra l’altro: chissenefrega!), bisogna insegnare a manipolare le idee in generale (come faccio a esprimere un determinato concetto di amore, qualunque sia tale concetto).
Bisognare dare strumenti, non nozioni. Invece al Liceo si ottengono solo nozioni, e spesso sono pure nozioni superficiali se non sbagliate.
EDIT del 22 marzo 2011. Ho aggiunto qualche altro dettaglio, qui. Per piacere commentate quell’articolo e non questo se intendete discutere di Manzoni & Liceo.
[3] ^ Ipotesi Assiomi in voga in Italia:
1. Il termine fantasy indica quei romanzi per i quali ogni critica è ingiustificata.
2. Quello che dice l’editore riguardo a un romanzo da lui pubblicato ha lo stesso valore di una recensione.
3. Il fantasy non è letteratura, e non deve essere preso sul serio. Soprattutto non si può giudicare un’opera basata sulla fantasia usando criteri letterari.
4. Una recensione negativa danneggia il mercato più di dieci brutti libri.
Approfondimenti:
In Search of Wonder su Amazon.com
In Search of Wonder su gigapedia library.nu
In Search of Wonder su Wikipedia
Humpty Dumpty: An Oval su Amazon.com
Messaggi per la mente su Delos Store
“To Serve Man” su Wikipedia (attenzione agli spoiler!)
Damon Knight su Wikipedia
On SF su Amazon.it
On SF su gigapedia library.nu
Sono solo mostri su Amazon.it
La scheda del romanzo Sono solo mostri presso il sito dell’editore
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Gamberi Fantasy
202 Comments To "Cercando il meraviglioso nei posti sbagliati"
#1 Comment By Ewan On 17 marzo 2011 @ 13:53
Mi cascano un po’ le palle. Però ora ho voglia di leggere sci-fi dozzinale degli anni Cinquanta.
#2 Comment By Il Duca Carraronan On 17 marzo 2011 @ 14:05
Articolo meraviglioso.
Il libro di Knight, letto dietro Vostra segnalazione Hime-sama, era molto gradevole.
È bello sapere che anche negli Stati Uniti degli anni ’50 c’era quel rapporto tra lettori “negri” ed editori “padroni bianchi” che vediamo oggi in Italia.
#3 Comment By Emile On 17 marzo 2011 @ 14:23
Boia se era IMMONDIZIA l’incipit di quel libro :| Prima di imbattermi in questo blog non mi ero mai imbattuto in simili abissi di bruttura.
#4 Comment By Marv On 17 marzo 2011 @ 14:34
Ho amato l’invettiva finale contro l’istruzione liceale.
Sono assolutamente d’accordo. Il nozionismo è roba per sciatti pseudo-intellettuali che si bullano di conoscere l’ora dell’attacco a Pearl Harbor, o il nome del cugino di Dante. E pensano di essere i più forti per questo.
Ho una notizia per voi: Conoscere a memoria l’opera di Guido Cavalcanti non vi fa né più adulti né più saggi.
Insegnare a ragione, ad argomentare, a convincere, a documentarsi (e non per il gusto dell’erudizione, ma per imparare vivere meglio), è quello che la scuola dovrebbe fare. E puntualmente si adopera con tutte le sue forze per raggiungere il risultato opposto. E poi c’è chi si lamenta che gli studenti sono dei cazzoni… e ci credo, fate di tutto per addormentargli il cervello!
Chiudo con una citazione da un film purtroppo molto sottovalutato:
“Per me la scuola non è tremendamente insopportabile. La considero più una sorta di anestetico per l’anima.”
Ovviamente i più sentiti complimenti a Gamberetta per l’interessante recensione, e per la passione che mette nello scrivere.
Un saluto a tutti.
#5 Comment By ??? On 17 marzo 2011 @ 14:49
Condivido l’articolo, ma riguardo a questo:
c’è da dire che c’è gente che legge caterve di libri fantasy ogni anno ed ESIGE l’elfo, il nano, il cavaliere/guerriero/garzone di stalla e lo stregone VS. il Signore del Male.
Secondo me, in Italia questa categoria rappresenta una bella fetta dei lettori di fantasy, purtroppo.
#6 Comment By Davide On 17 marzo 2011 @ 14:57
Concordo con ciò che dice Knight… in parte. Nel senso che – non esistendo a questo mondo la perfezione – è possibile parlare male (o quantomeno, non bene) praticamente di qualsiasi cosa.
Per dire, io potrei dire che “Quale bestia brutale” di Damon Knight – un racconto che mi piace parecchio – ha uno stile che tutto è tranne che trasparente e consiglierei a Knight, se vuole far “parlare al lettore” il suo personaggio come un illetterato, di andare a prendere lezioni da Daniel Keyes o anche dallo stesso Matheson (perché tutto mi può dire tranne che “Nato d’uomo e di donna” sia un racconto compiaciuto. Ed è stato il debutto di Matheson! Altro che la Strazzu e i suoi
elfimembri di boy band); ma se mi fermassi qui avrei evidenziato solo l’aspetto negativo e non il fatto che – per esempio – la capacità del protagonista di “voltare” le sezioni della realtà è originale e ben sviluppata fino alla alquanto inaspettata conclusione.Insomma, quando c’è da parlare male di qualcosa, parlarne male è doveroso. Ma se oltre ai lati negativi ci sono anche lati positivi, è altrettanto sacrosanto farli notare e elogiarli in misura pari al loro valore. Fare di tutta un’erba un fascio (sia in un caso che nell’altro) mi sembra altrettanto nocivo.
(poi ovvio, fra lo sbrodolamento e la critica acida, se devo scegliere, vado con la seconda. Almeno è più divertente e meno imbarazzante)
#7 Comment By Guido On 17 marzo 2011 @ 14:59
Probabilmente l’errore nelle scuole è che si uniscono lingue e letteratura italiana.
Per studiare letteratura è imporatnte conoscere le opere degli autori “importanti” e conoscerne il pensiero.
Mentre per imparare a esprimersi in italiano no. Dovrebbero essere due materie separate.
#8 Comment By Gamberetta On 17 marzo 2011 @ 15:17
@???. In parte hai ragione e francamente mi sfugge come mai ci sia gente affascinata solo dall’high fantasy. Tuttavia un conto è leggere Tolkien o anche solo Terry Brooks, un conto è la Strazzu. Anche rimanendo in quest’ottica di originalità zero, gli editori potrebbero fare uno sforzo in più.
@Guido. Sì, concordo. Aggiungo che secondo me la storia delle letteratura non andrebbe proprio insegnata al Liceo. È un ambito specialistico che chi è interessato può approfondire da solo o all’Università. Come con la matematica: al Liceo studi la matematica, non la storia della matematica. Studi il tale teorema allo stato dell’arte, non tutti i passaggi intermedi dai Cinesi in poi.
#9 Comment By Daniele A. Gewurz On 17 marzo 2011 @ 16:10
Ciao Gamberetta, e complimenti! Ogni volta che pubblichi un nuovo post mollo tutto e mi fiondo a leggerlo, e non rimango mai deluso.
Un solo appunto sullo studio della letteratura. Che vuol dire “Come con la matematica: al Liceo studi la matematica, non la storia della matematica. Studi il tale teorema allo stato dell’arte, non tutti i passaggi intermedi dai Cinesi in poi”? Per la matematica è sacrosanto, ma qual è lo “stato dell’arte” della letteratura italiana? Erri De Luca e Baricco?
In matematica, quando un teorema ne generalizza un altro, o migliora una stima, o un errore viene corretto, o quel che sia, il precedente ha veramente solo un interesse storico, ma in letteratura? Ariosto ha reso obsoleto Dante? E Gadda Ariosto? E, se è per questo, Banks rende obsoleto Clarke? Ognuno di questi è un grande a suo modo, ognuno è un piacere da leggere, e se non ne apprendi qualcosina a scuola rischi di non venirne a sapere mai niente, o di imbattertici quando avrai 57 anni.
Grazie per la dritta su Knight!
#10 Comment By Noemi On 17 marzo 2011 @ 16:54
Io sono tra quelli che, tempo permettendo, leggerebbe le citate caterve di libri fantasy con i soliti nani, elfi e compagnia bella.
Apprezzo l’originalità, ma mi piace ritrovare temi a me cari. Il problema non è il contenuto, ma la forma. Posso leggere decine di libri fantasy alla tolkien senza annoiarmi, se la storia regge ed è scritta bene.
Due anni fa a Lucca ho comprato una decina di libri. Dopo il terzo, sono passata a un altro genere… >_>
Rimango invece allibita di fronte alle affermazioni di De Luca, che conosco poco come scrittore, ma per quel poco mi era piaciuto molto.
#11 Comment By ??? On 17 marzo 2011 @ 17:52
@ Gamberetta
Sul lavoro degli editori non c’è dubbio.
Per quanto riguarda il pubblico penso che vada “educato”.
E’ come per la religione: se cresci in un ambiente in cui ti dicono “l’High Fantasy è l’unico, vero Fantasy” c’è il rischio di diventare un estremista a cui non piace nient’altro.
Detto questo, penso che se si scrivessero High Fantasy con qualche elemento originale, senza cercare di essere aulici, e sforzandosi di seguire al meglio le regole di scrittura, la scena italiana farebbe già un buon passo in avanti.
Alla fine il problema è sempre e solo uno: selezione prima di pubblicare.
#12 Comment By Tapiroulant On 17 marzo 2011 @ 18:20
Sono solidale con la tua tristezza.
L’unica soluzione definitiva sarebbe un tremendo innalzamento del livello dell’istruzione dell’uomo medio. Fino a che c’è della gente da sfruttare, e che sarà conveniente sfruttare, beh, quella gente sarà sfruttata. E questo vale per la narrativa come vale per la televisione o il diritto di voto.
Quando virtualmente non esisterà più un pubblico stupido e ignorante, che compra un libro per la sfavillantezza della copertina o perché il Corriere della Sera dice che è bellissimo – solo allora questi metodi saranno abbandonati, perché non renderanno più niente.
E’ quindi ovvio che la situazione non sia molto cambiata in sessant’anni: non mi sembra che l’uomo medio sia diventato molto più intelligente nel frattempo…
Comunque condivido la tua idea di come bisognerebbe insegnare nelle nostre scuole; e mi piacerebbe proprio sapere come dimostreresti che la Luna è fatta di formaggio…
I primi romanzi di Dick sono una figata. The World Jones Made potrebbe persino piacerti, quasi quasi te lo consiglio.
#13 Comment By Talesdreamer On 17 marzo 2011 @ 18:30
Essendo al liceo, non posso non concordare circa la tristezza che ispira l’attuale sistema di insegnamento. Il mio attuale prof di italiano segue alla lettera il metodo che Gamberetta descrive, riempendoci la testa di nozionismo, facendo imparare pezzi della divina commedia a memoria, selezionando solo i testi che concordino con le sue visioni politiche, e pretendendo che si scrivano temi corti ed in stile “giornalistico”, per lui sinonimo di “secco, asciutto ed assolutamente privo di un proprio stile personale”. Uno schifo, davvero. Rimpiango un mio precedente prof che invece ci faceva fare temi basati sulla narrativa (dal “recenscisci un libro” a “scrivi un racconto”) e riuscì persino a rendere vagamente interessante la lettura dei Promessi Sposi, facendoci evitare tutti i monologhi politici del Manzoni e facendoci leggere solo le parti interessanti della trama.
Il libro segnalato è molto interessante comunque, credo che lo leggerò il prima possibile. Ho sempre adorato la vecchia fantascienza.
@Tapiroulant: ma sei vivo oO Ci siamo incontrati di sfuggita su un forum, TPC, ma poi eri svanito dalla circolazione. Felice di vedere che esisti ancora, mi piacevano i tuoi interventi.
#14 Comment By Tapiroulant On 17 marzo 2011 @ 18:47
@Talesdreamer: Oh, TPC… ma esiste ancora? Me ne sono andato per la noia, lo confesso. Devo anche confessare che non mi ricordo di te^^’
Ogni tanto bazzica da queste parti anche Pyros.
#15 Comment By Talesdreamer On 17 marzo 2011 @ 18:59
@Tapiroulant: me ne sono andata anch’io da lì per lo stesso motivo, ergo non saprei dirti se è ancora in vita. Ad ogni modo mi conoscevi con un altro nick, ero Zerothequeen. Pyros me lo ricordo, ma non credo di averlo più incrociato…
Tornando in topic, più proseguo nella lettura di Sono solo mostri e più rimango sconcertata. Ho sfogliato una decina di pagine, ma sono divisa tra la mia fascinazione per l’orrido ed il progressivo sfrigolare dei miei neuroni, increduli di fronte al fatto che simile monnezza venga pubblicata… cioè, credo di aver visto dodicenni nei forum gdr su naruto che scrivevano meglio.
Non credo di poter leggere oltre…
#16 Comment By france On 17 marzo 2011 @ 19:22
@???:
…ovvero, parlando di mercato estero, i romanzi tratti da D&D, Tolkien e Brooks. E basta.
Gente, l’High Fantasy non è tutto lì, eh. Si può essere originali nel fantasy anche senza infilarci dentro dentisti e alieni. In Gemmell, Jordan, Sanderson, Hobb, Keyes, Carey, Erikson di elfi non ne trovate uno che sia uno.
Il Fantasy non è per forza “più-strano-è-meglio-è”.
In generale, comunque, dissento sullo stato dell’editoria: trovo che ci siano editori che pubblicano anche, abitualmente, materiale con un occhio di riguardo alla qualità, anche andandoci in perdita a volte, perché si rivolgono a un pubblico di soli appassionati. Fanucci, ad esempio, nell’ambito fantasy, ha sempre puntato su buoni autori. Semmai il problema loro sono traduzioni schifide ed editing mancante, ma finora non hanno mai pubblicato una Troisi o una Strazzu. Gran parte dei loro libri sono di buon livello. Poi certo, devono campare, e quindi è nata la collana Teen.
Allo stesso modo Feltrinelli: lo stesso Erri de Luca è un ottimo scrittore (vedi “montedidio”), poi citiamo Benni, Pennac, Mariateresa di Lascia… anche loro, però, a fianco dell’opera “degna” devono pubblicare qualcosa che li faccia tirare a campare, e quindi ecco Moccia, la Allende, e altre stronzate simili.
Come si fa a parlare male di Mondadori? Loro pubblicano indistintamente tutto, pure la carta igienica. A un Marquez affiancano un Vespa, a un Martin affiancano una Troisi.
E potrei fare discorsi ed esempi simili con Bompiani, Salanai, Rizzoli…
La mia convinzione personale è che (come un po’ tutto in Italia) le Case Editrici propongano materiale di qualità, che però è scarsamente produttivo dal punto di vista economico. E allora tirano a campare pubblicando materiale di “quantità”, nel senso che anche se fa cagare è il libro che tanto compreranno tutti. Molto di rado le due cose coincidono, ma economicamente i conti devono tornare, eh.
Non credo che “solo” una maggior attenzione e cura degli editori potrebbe portare a migliorare lo stato della narrativa in Italia. E’ la testa della gente che dovrebbe cambiare, e di conseguenza cambierebbe chi ci campa sopra. Esattamente come esistono film d’essai bellissimi che non portano una lira in cassa mentre la gente va a vedersi ogni cinepanettone che passa.
Ripeto: non è un problema editoriale. E non si risolve editorialmente.
#17 Comment By AlinaSama On 17 marzo 2011 @ 19:50
france dice:
Penso che, finalmente, abbiamo centrato il problema.
Alla fine tutto si riassume al “tirare la carretta coi denti in cima alla collina”, aka “pagare gli stipendi”.
La Mondadori pubblica di tutto (anche i manuali scolastici!) a livelli vari perché deve avere entrate, e questo va a discapito della qualità.
Come ha detto france abbiamo buoni libri (che magari vendono poco) accanto a pessimi libri alla moda (ma che diventano best-sellers).
Alla fine è legge di mercato.
Bisogna pareggiare i conti e quindi si pubblica di tutto.
Per quanto riguarda la “testa della gente”, mi viene in mente una scena di il buongiorno del mattino.
Il pubblico in gamba vuole l’informazione dettagliata ed approfondita ma c’è anche il pubblico che vuole intrattenimento.
Non si può obbligare la gente a trangugiare zucchero dalla mattina alla sera ma nemmeno aspettarsi che s’ingozzi di fibra 24 ore su 24!
Bisognerebbe essere capaci di dare al pubblico una ciambella glassata di cioccolato ma impastata col farro e ricca di fibra!
E questo discorso vale anche per l’editoria. Senza puntare alla saggistica o ai libri di divulgazione dare almeno un buon prodotto di narrativa che intrattenga ma che sia di buon livello.
Certo, aspettarsi che il pubblico l’apprezzi è un altro paio di maniche…
Non si può cambiare la testa delle persone ma arrendersi senza tentare è sbagliato.
#18 Comment By Ari On 17 marzo 2011 @ 20:09
Bellissimo articolo, anche se un po’ deprimente.
Tu cosa ne pensi di Bradbury?
#19 Comment By Angra On 17 marzo 2011 @ 20:22
Spero che Santojanni sia nipote di qualche sottosegretario, perché l’ipotesi più spaventosa è che qualche genio di editor si sia davvero innamorato della sua scrittura giovane e fresca.
@france:
Omioddio, Fanucci ha intere collane di cloni di Moccia prodotti dalle peggiori moccicose che abbiano mai pestato su una tastiera. Poi non avrà pubblicato la Strazzu o la Troisi (erano già prese), ma ha pubblicato Tassitano, che forse è un po’ peggio.
Vade retro Fanucci.
#20 Comment By ??? On 17 marzo 2011 @ 20:25
@ France
Mai detto il contrario. Io ho parlato della gente che si fissa sul fantasy alla Tolkien e, riferendomi agli scritti Italiani, ho detto che dovrebbero avere qualche idea originale in più ed essere scritti meglio.
Qualcosa meglio di così insomma:
http://zweilawyer.com/2011/03/17/sitael-ii-lombra-del-principe/
Per gli autori che citi:
Erikson: mi hanno regalato il primo volume di Malazan: qualche idea carina c’è, ma non mi ha preso più di tanto. Proverò a rileggerlo più in originale, più avanti, però… un libro il cui incipit è dedicato a un segnavento in ferro battuto…
Keyes: ho letto la saga The Age of Unreason. Te la consiglio: storico alternativo con in mezzo alchemia, degli angeli/spiriti e una catastrofe di dimensioni apocalittiche. The Kingdoms of Thorn and Bone è in pila lettura.
lo stesso vale per Gemmell.
Tuttavia quando dici
non sono del tutto d’accordo: il fantasy dev’essere originale per essere interessante, le saghe da dieci o più libri raramente lo sono.
#21 Comment By Gamberetta On 17 marzo 2011 @ 20:56
@Daniele A. Gewurz. Dipende. Dante non è obsoleto, ma il Manzoni per esempio sì. In altri termini, dovrebbero essere scelti autori in base alle qualità intrinseche delle loro opere, non in base all’importanza nell’ambito della storia della letteratura. E per come la vedo io non ci si dovrebbe limitare agli italiani: un buon autore in traduzione può essere meglio di un autore mediocre in originale.
Comunque è un discorso lungo, magari scriverò nel marciume un rant più approfondito.
@Tapiroulant. Anche Knight è entusiasta di The World Jones Made che ammetto di non avere letto. Rimedierò.
La Luna è fatta di formaggio perché sì!!! Perché è fantasy!!! O no? ^_^
@france. Non vedo come potrebbe non essere colpa dell’editoria. L’editoria è stata (ed è ancora, anche se le cose stanno cambiando) il filtro tra gli autori e il pubblico. Le scelte di un ristretto numero di persone determinano cosa arriva in libreria, e cosa arriva in libreria è quello che la gente può leggere.
Non ci credo al mito che sono tutti scemi e vogliono schifezze. Io non ho visto folle oceaniche davanti alla sede di Einaudi ad acclamare la pubblicazione della Strazzu. Non l’ha voluta la “gente”.
Così come trovo bizzarra l’idea che le case editrici siano giustificabili perché ogni tanto pubblicano anche roba decente. Non funziona così. Se nelle cucine del ristorante trovano i topi il ristorante chiude, non è che è scusato perché invece il mese prima era pulito. Non ci sono giustificazioni alla pubblicazione di porcherie, specie quando sai benissimo che tali sono.
@Ari.
Di Bradbury ho letto il volume pubblicato da Mondadori nella collana I Massimi della Fantascienza che contiene Cronache Marziane, Fahrenheit 451 e 20 racconti sparsi. Mi sono divertita, in particolare ho apprezzato Fahrenheit. Ma ero molto giovane e molto ingenua. Ho letto anche Il Popolo dell’Autunno e ammetto di averlo trovato davvero “evocativo” e “magico” (a parte il finale un po’ troppo sul cretino). Rileggendolo oggi magari concorderei con Disch e lo troverei solo vago e prolisso. In effetti quando Disch parla del racconto “The Black Ferris” (che poi Bradbury espanderà ne Il Popolo dell’Autunno) cita un paio di passi proprio imbarazzanti. La sua conclusione che una roba del genere avrebbe potuta scriverla un undicenne è triste ma vera.
Però ho un buon ricordo di Bradbury dunque evito esperimenti e non rileggo. ^_^
#22 Comment By Tapiroulant On 17 marzo 2011 @ 20:59
Ah, Zero! Adesso sì che mi ricordo di te. Sono contento di ritrovarti qui, eri una degli utenti di TPC di cui sentivo un po’ la mancanza. Ottimo avatar: Devil Survivor è un gioco che dà soddisfazioni.
Okay, chiudo con la chat xD
Dagli analfabeti, giusto?
#23 Comment By Mr. Giobblin On 17 marzo 2011 @ 21:52
Wow, è una frase talmente brutta che mi sento più stupido dopo averla letta.
Beh, ogni tanto fa bene ricordarsi che nemmeno all’estero la situazione è tutta rose e fiori… i romanzi intasalibrerie sono sempre esistiti e sempre esisteranno, purtroppo. Il problema è che in Italia 1) si fa molta più fatica a trovare perle in mezzo alla melma e 2) le recensioni si concentrano più sui gusti alimentari dell’autore o sulle possibili riletture sociologiche dell’opera in questione, piuttosto che su aspetti “secondari” come tecnica o padronanza basilare della grammatica italiana.
Quoto Tapiroulant. Sarebbe stupendo, ma ahimè, credo sia più realistico sperare di inventare un macchinario per estrarre formaggio dalla Luna.
Complimenti per l’articolo, Gamberetta! Per fortuna che ci sei tu! :)
#24 Comment By polveredighiaccio On 17 marzo 2011 @ 22:07
Ho riso tanto, soprattutto in merito all’originalità dello scambio di corpi. Per quel che ne sappiamo magari non ha mai letto un libro che ne parlasse o visto un fil sull’argomento!
Bradbury l’ho letto al liceo e mi è rimasto nel cuore. Copiavo brani sul diario scolastico. Che nostalgia. Concordo con Gamberetta su alcuni autori/letture del passato: restano bei ricordi e non è il caso di stuzzicarli.
#25 Comment By maria On 17 marzo 2011 @ 22:24
E io che pensavo di aver toccato il fondo dopo aver letto l’Eclissiomante di bimboprodigio n°132231… Il libro di Santojanni è una roba allucinante! Il che conferma la mia teoria, prima di comprare un libro bisogna leggere l’incipit, tanto lo scrittore scrive allo stesso modo dall’inizio alla fine, e se già dalle prime frasi non capisci nulla allora è meglio lasciar perdere…
#26 Comment By mikecas On 17 marzo 2011 @ 22:37
Mondadori ha pubblicato La Costa dei Barbari e Costa delle Palme, i primi due romanzi della triologia dell’Orange County di Kim Robinson, ma non ha mai pubblicato il terzo romanzo. Sempre di Robinson ha pubblicato Il Rosso di Marte, primo romanzo della triologia marziana, ma mai i secondi due. E si tratta di romanzi eccellenti di ottimo successo internazionale.
Non si vendevano in Italia?
Probabile.
Ma è responsabilità di Mondadori, perchè se poi prendi una ragazzina con scarsa fantasia e dalla scrittura penosa, la pompi pubblicitariamente in modo spropositato, metti delle belle copertine e riempi le librerie di pile su pile di libri del “miracolo del fantasy italiano”, scopri che i libri della Troisi se vendono, eccome.
Con un decimo di quel battage pubblicitario si sarebbero venduti anche i libri di Robinson, tenendo conto della differenza qualitativa.
Ma non è solo Mondadori, la cosa vale per tutti gli editori. Quindi cosa si vende e cosa no dipende sostanzialmente da loro, che evidentemente preferiscono vendere schifezze.
Sembrerebbe che ritengano che i libri di buon livello si debbano vendere da soli, mentre le stupidaggini meritino un sostegno più forte. Cosa che potrebbe sembrare anche logica, purtroppo nel nostro mondo di semianalfabeti quello che succede in realtà è il contrario, ma loro lo sanno fin troppo bene.
#27 Comment By Giulia On 17 marzo 2011 @ 22:42
Io per la maturità avevo fatto il tema sull’Amore e Innamoramento! ^_^
#28 Comment By polveredighiaccio On 17 marzo 2011 @ 23:02
Sai Giulia, io avevo scelto l’evoluzione dell’uomo di scienza da Eraclito al giorno d’oggi. L’UNICA tra tutti gli studenti della mia commissione. L’ho scoperto durante gli orali, all’interrogazione mi hanno trattata come un “caso umano”. Dovevo scegliere la solita solfa sull’amicizia o l’attualità del momento, mi sarei risparmiata l’imbarazzo e le risatine.
-.-
#29 Comment By Isabella On 17 marzo 2011 @ 23:08
Leggendo il libro di Knight, mi sono resa conto che in fondo non c’è molta differenza tra il mercato anglosassone e il nostro. Le logiche sono le stesse.
Dunque come si spiega il fatto che il livello medio anglosassone, per quanto riguarda la narrativa fantastica, sia molto più alto del nostro?
Secondo me è soprattutto questione di numeri e di tradizione. Ci sono molti più scrittori in lingua inglese e c’è una tradizione nello scrivere questo genere di opere. E a scuola non si viene rimbecilliti con I Promessi Sposi.[2]
Non credo dipenda solo dalla tradizione legata al genere, che certo aiuta un bel pò, ma che ci sia sopratutto una tradizione nel leggere che, a mio modestissimo parere, aiuta molto di più e in particolare nell’uso della lingua stessa e nella varietà di parole ed espressioni a disposizione…
E non credo c’entrino i Promessi Sposi, ma il COME quel romanzo sia spiegato e come la lingua (vecchia ma ricca, a modo suo) fosse usata, anche per questo alla fine si finisce col detestarlo, immagino.
Ed infine, credo sia anche dovuto al fatto che sembra quasi ci si fermi a quel romanzo (io ho 43 anni e non ho idea come insegnino oggi ma io sono anche finita con maestri e professori non esattamente bravi o coinvolgenti) e nonostante si sia scritto altro e molto meglio.
Per quanto si abbia un problema dell’insegnamento (del come si insegna) è pur vero che là dove un professore di liceo riesce a fatica a fare un buon lavoro, di sua iniziativa e tutto a carico suo, nulla vieta che tutto vada vanificato poi all’università…
#30 Comment By Il Guardiano On 17 marzo 2011 @ 23:36
Esistono anche le vie di mezzo tra i romanzi Tolkeniani e i Dentisti assassini.
E comunque io penso sia più importante il come si racconta che il cosa si racconta. Di King potrei leggere anche una storia su come si allaccia le scarpe, ad esempio. :)
#31 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 00:01
Odi et amo Gamberetta. Leggere questo articolo per i miei neuroni è stato al pari di subire un elettroshock, per l’alta carica di spunti riflessivi ricevuti. Tenterò di non spaziare troppo, ma soffro di incontinenza cerebrale, abbiate pazienza. Utilizzerò un sistema a spoiler, in questo modo chi è interessato ad una riflessione e non ad un’altra potrà sceglierla dal menù, in caso contrario potrà saltare l’intero commento senza che esso occupi eccessivo “spazio grafico”.
Perché esistono gli editori?
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Perché la popolazione deve rimanere ignorante?
Mostra spoiler ▼
Non c’è proprio soluzione a tutto ciò?
Mostra spoiler ▼
Contributo musicale alle riflessioni di cui sopra.
Secondo questa logica un computer è più intelligente di un essere umano. Ma è stato un essere umano a costruire un computer e non il contrario. Peccato che questa cosa nelle scuole non valga.
Secondo un mio personale modello, l’intelligenza è figlia del rapporto tra saggezza e conoscenza. Avere un’ottima memoria e conoscere tutti i dati di un determinato problema, automaticamente non porta alla sua soluzione. Viceversa, anche se tu sapessi risolvere un problema, non lo puoi fare senza la conoscenza dei dati. A scuola attualmente non si fa altro che fornire dati su dati, nessuno sforzo per risolvere problemi (che non siano matematici). Il problema di una conoscenza iperstimolata è che essa può portare ad un eccesso di superbia e al blocco del desiderio di imparare ulteriormente.
Nan-in, un Maestro Giapponese dell’èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. “E’ ricolma. Non ce n’entra più!”.
“Come questa tazza,” disse Nan-in “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.
Credo di aver trovato il mio nuovo Dio, tenterò di procurarmi subito tutti i suoi scritti.
#32 Comment By Tapiroulant On 18 marzo 2011 @ 01:09
Questa volta hai superato te stesso, Alberello.
Le tue idee non sono male, ma ti faccio qualche appunto:
- Sulle banche.
Le banche in realtà non sono state inventate per mettere al sicuro i soldi. Nacquero nel Medioevo come associazioni di capitali di compagnie di mercanti, che mettevano insieme i loro soldi per affittare più navi (e relativi equipaggi) e più merci, e quindi fare più soldi, nel contempo redistribuendo i rischi (es. naufragio) tra più persone. Quindi si trasformarono in istituti di credito per mercanti, in basi d’appoggio per la circolazione di assegni e cambiali (che permettevano una circolazione più veloce dell’economia); e finalmente, messi insieme un grosso capitale e fattosi un certo nome, diventavano grandi finanziatori per botteghe, aziende, e addirittura Stati.
Ora, sembra che ti stia facendo le pulci. In realtà questa origine tradisce la vera funzione della banca nella società, ossia un istituto che: a) mette a disposizione grandi capitali per fare investimenti, es. nel commercio, nell’industria, ma anche in una campagna militare, insomma ovunque ci sia un ritorno di capitale; b) mettere in contatto tra loro e aggregare un grande numero di individui e relativi capitali, portando a una grande concentrazione di capitale che a sua volta potrà realizzare grandi investimenti, che mai e poi mai i singoli avrebbero potuto realizzare.
Conseguenza immediata di ciò è una maggiore circolazione dell’economia, e un maggior impulso alla realizzazione di grandi opere (dai cantieri per una cattedrale o una fortezza, alla costruzione di una flotta, di una ferrovia, di industrie, di una centrale nucleare – ops! -). Da questo punto di vista, i soldi dei poveri, piccoli risparmiatori non diventano altro che le fondamenta, la base sulla quale la banca può costruire le sue attività speculative ad alto livello.
Altra conseguenza? Che della banca non puoi più fare a meno. Se la banca non ti presta i soldi, non puoi impiantare la tua azienda. Diventa non solo un intermediario, ma un partecipante attivo alla tua operazione, indispensabile proprio in virtù dei suoi soldi (e, negli Stati moderni, anche del suo peso politico: una grossa banca, tipo Unicredit, è abbastanza potente da incidere sulle scelte di governo).
Altra conseguenza? La banca nel tempo non è più solamente quella che ci mette una parte del capitale. Perché la banca diventa azionista della società che finanzia; vuole i suoi uomini nel consiglio di amministrazione; prende parte alle decisioni della società, e in alcuni casi le pilota. Il banchiere può così diventare l’amministratore della società che finanzia.
Le banche hanno il potere!
…tranne quando la crisi economica le fa fallire e allora vanno a piangere da papà Governo che gli presti 100 miliardi di dollari. Al che lo Stato glieli dà, perché non può più fare a meno delle banche.
- Sull’istruzione.
Non penso che ci sia un intento consapevole di rendere la massa ignorante. Penso sia più un sistema legato a costi, passività e interessi contingenti: finanziare scuole e università pubbliche costa, a te politico non te ne frega niente della gente comune, e magari quel tale imprenditore o quel tal’altro ti ha promesso che fa entrare tuo figlio in consiglio di amministrazione se in cambio dai un po’ di soldi per finanziare la sua scuola privata… e così il sistema si mette in moto.
Il grosso problema è che, in fondo, in un sistema economico come il nostro, non c’è uno stretto bisogno di una massa acculturata, e quindi si taglia senza remore. Mi spiego meglio.
L’Italia è un caso patologico e autodistruttivo, il cui sistema economico giustamente Lenin e Gramsci chiamavano “capitalismo straccione”, per cui non lo considereremo. Vediamo invece come funziona un paese ‘mediamente’ sano, gli Stati Uniti. Approssimando, possiamo dividere la popolazione in quattro categorie di utilità sociale:
- Un élite, composta da un migliaio di famiglie ricche e potenti da cui proviene la maggior parte di politici, amministratori, banchieri, avvocati, imprenditori di altissimo livello, eccetera. Questa classe ha bisogno di produrre rampolli colti, intelligenti, preparati, perché mantengano lo status e la ricchezza della famiglia, amministrando correttamente i loro beni, facendo le giuste operazioni, etc.
- Un ceto medio di professionisti, imprenditori e funzionari, che oltre a quelle economiche e professionali hanno tre funzioni sociali. a) Essere lo standard ideale della massa, il livello di benessere a cui è ragionevole che aspirino di arrivare; quindi un modello. b) Essere una classe mediamente soddisfatta di sé, che assecondi le decisioni dell’élite (in quanto di riflesso ne sono anch’essi avvantaggiati) e quindi sia strumento di ordine. c) Fornire, all’occorrenza, aiuto pratico all’élite nel condurre le proprie operazioni. Questo ceto è fluido, e non di rado alcuni suoi esponenti riescono a entrare nell’élite.
- I tecnici: dal tecnico dei computer allo scienziato di nanotecnologie. Il loro destino sociale è di essere degli eterni subalterni dell’élite o del ceto medio (con cui spesso si confondono), assistendoli con il loro bagaglio specializzato. E’ però necessario che siano preparati perché possano svolgere il loro lavoro, quindi devono avere accesso a un’istruzione elevata.
- La massa, la cui funzione è di fornire un esercito di operai, semplici impiegati, poliziotti, soldati, consumatori ed elettori. Non è necessario in genere che possiedano un’intelligenza superiore alla licenza media: devono sapere leggere e scrivere, fare di conto, capire gli ordini e poco altro (nel caso di poliziotti e soldati, essere fisicamente prestanti, sapere sparare etc.).
Ora, il sistema americano prevede una scuola pubblica di basso livello, per tutti (che permette alla massa di raggiungere la soglia minima di istruzione perché siano utili alla società), e una scuola privata di livello medio e alto, per chi può permetterselo. Per l’élite, che deve produrre le menti più brillanti e preparate (in ambito economico, giuridico e poco altro, solitamente) ci sono istituti privati di altissimo livello; per il ceto medio, ci sono scuole e università private di buon livello.
C’è inoltre il sistema delle borse di studio, che in America funziona: poiché il sistema ha bisogno di personale qualificato, attraverso il sistema delle borse si permette a membri promettenti della massa di uscire dalla povertà e avere una chance per entrare nella classe media o nei tecnici. Attraverso le borse di studio, l’élite può così incrementare la mole di subordinati qualificati di cui ha bisogno.
Il sistema, così strutturato, produce tutto ciò di cui l’élite (che l’ha organizzato) ha bisogno:
- Un certo numero di gente specializzata tecnicamente o comunque abbastanza intelligente per rimpinguare il ceto medio e i tecnici, subordinati all’élite, che otterranno istruzione adeguata grazie ai soldi accumulati dalla famiglia o attraverso le borse di studio.
- Una massa di gente che studierà poco e male, perché tanto non c’è bisogno che sia più preparata di così, date le mansioni di basso livello che andrà a ricoprire.
Dato così l’avvio, il sistema si autoalimenta.
#33 Comment By Ari On 18 marzo 2011 @ 01:20
@ Gamberetta: Ahah fai bene :). Io ho letto l’anno scorso Fahrenheit 451 (Oscar Fantascienza Mondadori) e Viaggiatore del tempo (una raccolta di racconti, pubblicata sempre da Mondadori), solo che quest’ultimo non mi ha detto molto. Il problema con Fahrenheit 451 invece (che pure mi è piaciuto), è che la traduzione non mi sembrava perfetta, anche se l’originale non l’ho letto…
#34 Comment By Rickyricoh On 18 marzo 2011 @ 01:27
Quando si parla di ignoranza del popolo italiano è più da intendere come ignoranza specifica in particolari settori che mancanza di cultura o intelligenza. Conosco un sacco di gente colta che legge spazzatura, apprezza cinema immondizia e ascolta musica pattume.
Il problema vero è che il gusto è deviato, forse irrimediabilmente.
Perchè molti non hanno tempo per affinare il proprio gusto, anche solo per ampliare la gamma di scelta possibile. Ammetto che senza internet il mio mondo musicale ruoterebbe intorno a mtv, e per leggere dovrei basarmi sulla fortuna nel pescare qualcosa di buono in libreria.
Per cambiare rotta non basta costruire persone più intelligenti, quando poi se cerchi un fantasy trovi solo mocciosi illetterati e rubagalline, se in radio passano solo i “talenti” di amici, se in tv i film in prima serata sono sempre meno e quasi sempre pessimi, o ancora se al cinema trovi le sale invase dal cinepanettone.
Ho speso del tempo io a capire che esistevano i King Crimson, Swanwick e Yasujiro Ozu. Non tutti se lo possono/vogliono permettere.
Trovare una soluzione non è semplice, ma occorrebbe davvero forzare il senso del gusto della gente, anche con l’imposizione coatta.
Il marciume vende un sacco? Mettilo al bando, impiega le medesime risorse per pubblicizzare prodotti di qualità e vedrai che anche la gente che ora legge solo elfetti e vampiri spenderà lo stesso denaro per comprare roba seria.
#35 Comment By Sophitia On 18 marzo 2011 @ 01:33
Scusate, ma voi la sapete della storia dell’iva agevolata che c’è nel mondo dell’editoria? In breve, a me hanno spiegato che in Italia gli editori pagano l’iva del 4% allo stato sui soli volumi/riviste venduti ma nulla sui resi; ma possono farsi rimborsare dallo stato l’iva del 10% su tutto quello che comprano per stampare (carta, inchiostro ecc…) che venda o meno, perciò le case editrici in Italia guadagnano a stampare tanti volumi anche se non li vendono. Anche gli allegati in edicola (oggetti) che se vai a comprare in un negozio qualsiasi hanno già dentro l’iva del 20% (vedi i cd) con una rivista hanno l’iva del 4% con un bel guadagno a monte. Già conoscete questa storia? E’ vera?
#36 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 02:22
Questa è la cosa più bella che potessi scrivermi, significa che sto migliorando. :) E sono solo all’inizio, sto raccogliendo dati su tutto il mondo per poter scrivere la storia che ho in mente. È da pazzi, ma non posso lasciare che nessun dettaglio mi sfugga, non ci dormirei la notte. xD
-Sulle banche.
No no, hai fatto benissimo a fornirmi ulteriori dati, anche se credo che: “Le funzioni di deposito e prestito hanno origini antichissime: i privati avevano manifestato il bisogno di affidare i loro beni ai sacerdoti già tra i sumeri, popolazione dell’antica Mesopotamia, e tra i popoli della Grecia antica, dove accanto ai templi nacquero in un tempo successivo i trapeziti, banchi dietro i quali lavoravano i sacerdoti.”
Questo tipo di “banca” viene un attimo prima del medioevo. ‘^^ Il primo pensiero della gente fu: Ho bisogno di un posto dove mettere i soldi al sicuro. Poi successivamente viene tutto il discorso che hai fatto tu e che fornisce ulteriori spunti riflessivi. Io ho fatto un discorso più riassunto, tu hai ampliato e spiegato meglio come funziona la macchina investitrice. Ti faccio tanto di cappello e ti ringrazio per aver dato maggiore “credito” alla mia teoria.
-Sull’istruzione.
La mia tesi è che la popolazione deve rimanere ignorante sostanzialmente per “profitto”, tutto qui. Secondo me per profitto perché così non si rende conto di come funziona il sistema e lo permette di continuare a funzionare, secondo te per profitto perché “costa troppo” rendere efficiente il sistema d’istruzione. Credo entrambi i due ragionamenti possano essere validi e compatibili, l’uno non esclude l’altro. :)
#37 Comment By Jaja On 18 marzo 2011 @ 02:57
I problemi dell’editoria che evidenzi, Gamberetta, sono purtroppo parte di una malattia diffusa in tutti gli ambiti. Nel nostro paese le cose vanno male perche’ ci sono poca professionalita’ e poca competenza. Ieri stavo giusto leggendo un articolo sul mercato dell’acqua minerale in Giappone, che spiegava che l’Italia, anche se ha le risorse per farlo, non riesce ad affermarsi nel mercato perche’ i suoi manager sono incompetenti e badano soltanto a fare i soldi a breve termine, mentre i trasporti sono costosi e antiquati. Lo dicevano proprio cosi’, senza mandarlo a dire. E le persone che lavorano trattano gli altri come i superiori trattano loro. Se i manager sono incompetenti, lo sono anche i funzionari, gli impiegati e gli spazzini. Se ti capita di esser trattata male da un commesso, e’ perche’ probabilmente il suo capo tratta male lui. Voglio dire che generalmente non si possono neanche auspicare tendenze diverse dal basso.
Pero’ secondo me non vale la pena che ti arrabbi sempre su questa stessa cosa (o per meglio dire, sulle stesse persone). Primo perche’ sei superiore, secondo perche’ avrebbe piu’ valore se queste energie le usassi per te stessa. Quando si pensa troppo a un ambiente inadeguato ci si carica di ansia e basta. Spero che in futuro ripenserai la tua scelta di snobbare le case editrici, perche’ quello e’ l’unico territorio di confronto, l’unico in cui puoi dire “ora vi faccio vedere io come si fa” in maniera produttiva, perche’ su internet si rimane solo a chiacchiere e non e’ giusto che una ragazza in gamba sia appiattita sullo stesso livello di una persona qualsiasi che ha il blog. L’ho detto che sei superiore? ^_~
“Freddo corporale” non l’avevo mai sentito, e’ proprio LOL.
Bacini ^^
#38 Comment By Giulia On 18 marzo 2011 @ 08:56
@ Polveredighiaccio.
Ti rispondo qui perché se no non mi trovi, ma dovrei farlo in fogna, per non far sprecare tempo a Chiara. Scusa Chiara!
Io ho scelto “Amore e Innamoramento” perché la professoressa interna è passata e ha detto: “Scegliete il tema in cui potete infilare più conoscenze che potete. Qui non cercano l’originalità, vogliono vedere se sapete citare Platone, Dante ed Elliot nello stesso saggio breve senza fare casini.”
Detto fatto. Appresso a loro, ho infilato anche Freud e Shakespeare. Tanto per essere sicura. Poi ho mescolato bene (spero non si siano rotti nulla) e ho consegnato un saggio coi fiocchi (?).
#39 Comment By Raiel On 18 marzo 2011 @ 09:24
/人◕ ‿‿ ◕人\ Kyuubey approva questo articolo (scusate, non ho resistito XD). Grazie per la segnalazione, il libro di Knight sembra essere molto interessante, perlomeno per farsi una bella idea della fantascienza anni ’50, solitamente incensata come un periodo d’oro (e probabilmente per gli editori lo era eccome!), non necessariamente per la qualità a tutti i costi dunque.
#40 Comment By Raiel On 18 marzo 2011 @ 09:29
Ouch peccato non mostrava la faccina di QB in codice ASCII nel precedente commento, rendendolo senza senso ^^;; chiedo scusa^^;
#41 Comment By Gamberetta On 18 marzo 2011 @ 11:37
@tutti. IMPORTANTE!
Per far apparire l’ASCII art con la faccina di Kyuubey, copiaincollate la stringa di caratteri qui sotto:
/人◕ ‿‿ ◕人\
Tra l’altro, lui saprebbe come risolvere il problema:
/人◕ ‿‿ ◕人\ “Se l’editoria non ti piace, c’è un modo per sistemarla, basta che fai un contratto con me.”
@Raiel. Ti ho sistemato io Kyuubey nel primo messaggio.
@Rickyricoh. Gli editori hanno responsabilità proprio perché non è realistico che una persona diventi esperta su ogni argomento. Non credo che la media delle persone sia stupida, credo sia solo ignorante, e mi ci metto anch’io. Se per esempio io devo andare a comprare un’automobile possono probabilmente rifilarmi l’equivalente a quattro ruote della Strazzu senza che me ne accorga.
Dunque se tu hai invece conoscenza specifica in un campo (come dovrebbe essere la narrativa per un editore) non la devi usare per fregare il prossimo, la devi usare per fornire il servizio migliore. Non sto chiedendo tanto, solo un minimo di convivenza civile.
#42 Comment By Angra On 18 marzo 2011 @ 11:50
@Gamberetta:
Il fatto è che un autore pubblicato, specialmente se esordiente, non può nemmeno permettersi di pensare che un editore possa pubblicare spazzatura con dolo, perché equivale a gettare un’ombra anche su se stesso e trasforma in carta igienica la propria patente di Autore Pubblicato(1). E’ un atteggiamento mentale che si può anche capire, però bisognerebbe che questi autori avessero almeno il buon gusto di stare zitti, almeno quando si parla de Gli Eroi del Crepuscolo.
1. Fa eccezione GL, che essendo pubblicato dall’editore più grosso di tutti può concedersi il lusso di parlar male di autori pubblicati da editori meno importanti. Deve però apprezzare la Troisi e della Rasulo perché “scoperte” dal suo stesso editor Dazieri, e non sia mai che si dica che Dazieri fa pubblicare della cacca.
#43 Comment By Olorin On 18 marzo 2011 @ 12:43
“Cercando il meraviglioso nei posti sbagliati”… difatti io cercavo qui un articolo sul ‘punto di vista’, ma…
;)
#44 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 13:20
@Gamberetta:
Perfetto, è questo il nodo gordiano, la chiave di volta, il nocciolo di fusione del problema.
Fai finta che io sia un venditore d’automobili e tu mi debba convincere ad essere onesto. Perchè dovrei farlo?
1) Non ho coscienza.
2) Se credo in Dio è solo per convenienza.
3) Guadagno di più ad essere disonesto.
Perchè dovrei dar retta a te e cambiare le mie abitudini? La logica del pollo che gioca a poker e viene frodato dagli altri partecipanti è vecchia come il cucco. Redimimi (lol). É bellissimo il discorso: ‘Dàmose da fa’! Volèmose bene! Semo romani’, ti può portare a divenire la futura presidentessa della repubblica o papessa.
Non è che non condivida il tuo discorso Gamberetta d’Arco, ma non devi convincere me pesce pagliaccio, devi convincere gli squali e il Delfino di Francia.
Se invece dici: “Ma non sta a me convincere nessuno” allora tutto questo rimane pura aria fritta in una pescheria del porto.
#45 Comment By Aldebaran On 18 marzo 2011 @ 14:32
@Angra: per la verità GL ha pubblicato grazie a un’agenzia letteraria. Anche perché, la Mondadori pubblica solo fantasy per ragazzi. Un romanzo quasi horror come Wunderkind è entrato in catalogo solo grazie all’agenzia letteraria. Per la cronaca, la stessa a cui manderò il mio romanzo ^_^
#46 Comment By Mr. Giobblin On 18 marzo 2011 @ 14:39
@ Gamberetta
Approfitto del piccolo OT su Kyuubey per segnalarti Mostra spoiler ▼
che parla di Mostra spoiler ▼
Sono curioso di sentire la tua opinione sulla serie, una volta che sarà terminata. :)
#47 Comment By Angra On 18 marzo 2011 @ 14:41
@Alberello:
Mi sembra evidente che lo scopo del lavoro di Gamberetta non è convincere gli editori a redimersi, ma mettere in grado i lettori di evitare le fregature. Va da sé che se i lettori fossero in grado di evitare le fregature, gli editori dovrebbero redimersi per forza – ma chissenefrega, che chiudano pure se preferiscono.
Anche allo stato attuale, che sia più conveniente fregare il pollo che legge un libro all’anno piuttosto che creare un rapporto di fiducia con il lettore forte che ne legge trenta è tutta una faccenda da dimostrare, sul lungo periodo. Ma di nuovo, se gli editori preferiscono così, facciano pure.
#48 Comment By Angra On 18 marzo 2011 @ 14:48
@Aldebaran:
Io fossi in te lo direi con un po’ meno di orgoglio. ^_^
#49 Comment By Gamberetta On 18 marzo 2011 @ 14:51
@Alberello. Al venditore conviene essere onesto perché se tutti sono onesti è più vantaggioso che se tutti sono disonesti. È il classico Problema del prigioniero, dove se due sono onesti l’un l’altro hanno un piccolo vantaggio; se uno è disonesto e l’altro onesto, il primo ha molto vantaggio e il secondo danno; se entrambi sono disonesti hanno un danno ognuno.
@Mr. Giobblin. Ho messo in spoiler il link all’articolo perché spoileroso per chi non ha (ancora) visto Madoka (cosa aspettate?)
Come dicevo anche nell’articolo precedente su The Half-Made World, Madoka mi sta piacendo molto e ne parlerò sicuramente appena finirà (purtroppo la puntata di questa settimana è saltata causa terremoto, speriamo settimana prossima trasmettano regolarmente).
Per quanto riguarda in particolare quell’articolo e le ragioni di Kyuubey, be’, ci sarebbe molto da dire, tanto che ci sto scrivendo un romanzo sopra… (in S.M.Q. le “maghette” hanno lo stesso ruolo che in Madoka, solo che io l’avevo immaginato prima, uffi!)
#50 Comment By ??? On 18 marzo 2011 @ 15:07
@ Gamberetta
Devo dire che all´inizio Madoka mi sembrava di una banalita´ pazzesca.
Ho dovuto sforzarmi fino al terzo episodio.
E´ da lí che diventa interessante.
Speriam bene per il finale.
#51 Comment By Iv. On 18 marzo 2011 @ 15:25
Ciao Gamberetta, ti seguo da qualche anno, ma non ho mai commentato un tuo post (anche se circa tre anni fa ci siamo sentiti via mail). Be’, che dire? Bell’articolo, ma sono un po’ confuso. Insomma, se non ci possiamo fidare neppure più di Dick o Bradbury (di cui ho amato Fahrenheit 451, di sicuro più per la sostanza che per la forma), viene quasi a mancare il terreno sotto i piedi. Di chi ci possiamo fidare? Di Knight che lo stronca o della quasi totalità di critici e storici della letteratura che li considerano grandi scrittori tout court? Dove dobbiamo andare a pescare il buono, se nemmeno un nome rinomato come Asimov, ad esempio, è garanzia di ottima narrativa?
Lasciamo perdere l’ennesimo adolescente-grande talento buttato nella mischia: Erri De Luca è un bravo scrittore, ma ho l’impressione che non conosca poco per nulla il fantastico (lo scambio di corpi ideageniale? Uhm…).
Per quanto riguarda la critica, faccio un parallelo con la critica della musica pop, un ambito che conosco discretamente. Be’, nelle recensioni dei dischi quasi mai si parla di tecnica con criteri oggettivi (timbro, melodia, armonia…), ma ci si limita a descrivere le sensazioni o gli stimoli intellettuali che il disco trasmette (mi ricorda questo o quello, parla della situazione politica attuale, mi dà una scarica di adrenalina, mi fa arrabbiare e bla bla bla), anche perché spesso i giornalisti musicali non conosco la grammatica della musica, ma sono solo ascoltatori attenti e interessati. Fatte le debite proporzioni, una cosa del genere capita anche con la critica letteraria.
Un caro saluto :)
#52 Comment By Daniele A. Gewurz On 18 marzo 2011 @ 15:49
@ Iv.: Perché mai dovresti “fidarti” di qualcuno? Tutto il discorso è proprio che le critiche (positive o negative) devono essere ben argomentate, così poi un lettore intelligente si fa una sua opinione. Per te va bene che pur di creare un’atmosfera fiabesca si buttino alla rinfusa boccioli di lillà e mele? Ottimo, apprezzerai anche il Bradbury più melenso (e per fortuna non è sempre melenso, e ci hanno aggiunto del loro anche alcune traduzioni italiane, ma questa è un’altra storia).
Gli autori non sono autorità (e quelli seri non pretendono di esserlo), Knight e Disch non sono autorità (e non credo che dicano di esserlo), Gamberetta non è un’autorità (e anzi sbrana il concetto stesso di autorità). Che cosa ti fa pensare che ci si debba “fidare”?
#53 Comment By france On 18 marzo 2011 @ 16:04
LoL? Non definirei Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco o i romanzi di Eymerich esattamente “per ragazzi” XD
Brooks e Nicholls pure, in genere non sono definiti “per ragazzi”, anche se fruibili pure da loro.
Alla fine di dichiaratamente “per ragazzi” cosa c’è? La Troisi e basta, direi.
#54 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 16:35
@Angra:
Se davvero l’intento di Gamberetta fosse quello di “avvisare i lettori del pericolo” sarebbe una perdita di tempo. In primo luogo perché il numero di lettori che ella può raggiungere utilizzando esclusivamente un blog è ridicolmente basso rispetto al totale, dando per buono anche il passaparola, non si raggiunge una quota sufficientemente alta da impensierire i burattinai.
In secondo luogo perché è una manovra limitata nel tempo e nello spazio. Nel tempo in quanto una volta che Gamberetta chiudesse (come è già successo in passato) o morisse (condannata al rogo lol), l’intero lavoro svolto non passerebbe una generazione di esseri umani.
Nello spazio perché come lei ha fatto giustamente notare, se anche un lettore diventa esperto e sa riconoscere la merda dal cioccolato nella narrativa, appena va a comprare un auto, si ripresenta lo stesso identico problema. Se dunque, come sostiene una persona non può essere esperta di tutto, servirebbe un blog Gamberetta Quattroruote, Gamberetta Movies, Gamberetta Cucina ecc.
Senza contare che già Morando Morandini effettua un egregio lavoro di critico cinematografico e leggere il suo dizionario è come leggere un blog di gamberi sul cinema, ma nonostante egli sia stranoto e pubblicato, questo non ha certo migliorato la qualità dei film che escono. Né ha convinto il pubblico a scartare la merda per vedere il cioccolato, né ha convinto i produttori cinematografici a redimersi, né a far fallire l’industria del cinema.
I polli sono tanti, soprattutto i Capponi. Forse non è più redditizio, ma è decisamente più facile battere un niubbo a poker che battere un professionista imparando a giocare come si deve e senza barare. È pigrizia (non mi sbatto per lavorare meglio) mista ad avidità (soldi, soldi, soldi) con un pizzico di superbia (li frego perché sono più furbo). Ma non è dicendo questo che li scuoti, per loro fare schifo è un pregio, non un difetto, è una gara di rotolate nel fango.
@Gamberetta:
Hai guadagnato punti stima per aver citato il problema del prigioniero (so che non te ne fai un cazzo dei miei punti stima, ma se ne accumuli abbastanza puoi avere questo in omaggio. So che brami per averlo, gli uomini ne vanno matti), anche se purtroppo chi è disonesto parte dall’idea di non essere nella stessa situazione di quell’altro. Per uno dei due non si è entrambi prigionieri, ma uno è il boia e l’altro il condannato a morte. Si preferisce rischiare il danno minimo dall’essere entrambi disonesti sperando di avere il ricavo massimo nell’esserlo da soli. Con questo non voglio demoralizzarti, mi fa comunque piacere seguire le tue critiche/ragionamenti, solo che non è questo che può portare al cambiamento. È un processo che richiede un’energia tale che un solo essere umano non basta. IMHO.
Bonus Track.
#55 Comment By dr Jack On 18 marzo 2011 @ 16:53
- Riguardo ai venditori d’auto.
Quanto vale per il venditore di automobili il rispetto delle gente?
Perché la disonestà può diventare pubblica.
Non rischia solo di non riuscire più a vendere auto. Rischia che il suo nome venga associato alle truffe.
- Riguardo alla lotta bene e male:
I malvagi che dicono le cose come stanno, senza mezzi termini, sono molto più sexy dei buoni che usano la cortesia per difendere le loro menzogne.
La verità ha un effetto virale maggiore rispetto alla menzogna, e più duraturo.
- Riguardo al mantenere il popolo ignorante.
Gli uomini rimangono stupidi solo finché non gli si offrono altre possibilità.
Ora la possibilità c’è: internet.
Volete paragonare la situazione di 10 anni fa a quella di oggi?
Se l’impennata continua i buoni avranno sempre meno posti dove nascondersi con le loro menzogne.
#56 Comment By Tapiroulant On 18 marzo 2011 @ 17:10
Questo ci porta al solito problema del capitalismo etico… Ogni volta, quando scoppia una bolla, quando si becca un’azienda a fare falso in bilancio, quando in una crisi una banca fallimentare ne tira giù un’altra e un’azienda un’altra come i mattoncini del domino, o quando semplicemente un’azienda si dedica al suo raggiro quotidiano ai danni del cliente, ci si chiede se non sarebbe tutto più semplice se si fosse tutti onesti, se si organizzassero delle regole del gioco e tutti vi aderissero.
Sì, in teoria sarebbe tutto più semplice, e tutta la macchia girerebbe. Ma in realtà è impossibile, e i fallimenti ricorrenti lo dimostrano. Perché? Perché non puoi controllare il tuo avversario. Se tutti si accordano per seguire delle regole e delle limitazioni, il primo che le viola consegue un netto vantaggio sugli altri. Lo stimolo del vantaggio possibile, e la sfiducia (giustificata) verso i concorrenti, fa sì che ciascuno si appresti a violare le regole e a comportarsi in modo disonesto. E chi si ostina a essere onesto, nella maggior parte dei casi viene lasciato indietro; il suo destino è nella migliore delle ipotesi di occupare una fetta di mercato minoritaria, nella peggiore il fallimento o l’assorbimento.
Per rispondere a una considerazione che avevi fatto prima, il mondo (attuale) non è il mondo della convivenza civile, è il mondo della lotta al coltello per la pagnotta e la posizione sociale, rivestito di maniere civili (necessarie alla collaborazione tra esseri umani, pure in un clima di lotta al coltello). E nel mondo della lotta al coltello, alas, la regola più importante è frega prima di essere fregato, perché se non freghi in fretta stai pur sicuro che vieni fregato: semplice ma vero.
Il sistema non è riformabile.
Nel caso delle case editrici, l’unica via d’uscita è appunto che la maggioranza dei clienti non sia più raggirabile. A quel punto diventerà conveniente per le stesse case editrici puntare sulla qualità, essendo l’unico modo per portarsi a casa la pagnotta.
#57 Comment By Daniele A. Gewurz On 18 marzo 2011 @ 17:28
@dr Jack:
Magari… Il tuo è un tipo di ottimismo che condivido anch’io, ma in questo caso il realismo lo mette a dura prova. Questa speranza di avere una nuova e grande possibilità l’avevano data a suo tempo la scrittura, la stampa, i giornali, l’istruzione pubblica, …
#58 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 17:32
O il famoso castello di carte di cui avevo parlato. :)
La selezione artificiale.
Ma tutto questo rimane limitato nello spazio e nel tempo. Come per il cancro, non c’è certezza che anche rimosse le cellule patogene, esso non si ripresenti.
#59 Comment By Iv. On 18 marzo 2011 @ 18:00
@Daniele. Ciao Daniele! Forse non mi sono spiegato bene. Non intendo dire che questo o quell’autore, sia esso un romanziere o un critico, debba essere un’autorità: dico che ci sono alcuni autori universalmente riconosciuti come maestri della sf e che solo uno particolarmente interessato al genere può imbattersi in un critico che ribalta l’opione “diffusa” (fra critici e teorici della letteratura, non fra la gente comune). Per questo ho usato il verbo “fidarsi”: se fino a ieri, volendo leggere un libro di fantascienza, mi sarei fiondato ciecamente su Asimov o certa produzione di Bradbury, oggi non lo farei più con tanta sicurezza. Non è necessariamente un male, anzi è un bene: maggior conoscenza implica maggior senso critico e una lettura più consapevole. Solo che diventa un po’ come stare sulle sabbie mobili. Tutto qui. Ma, ripeto, non è necessariamente un male.
(Ho parlato di fantascienza perché conosco poco il genere e dovrei partire da zero o quasi. Per il fantasy, che mastico meglio e di cui sono più appassionato, il discorso cambia sensibilmente).
Ciao Daniele e ciao a tutti i visitatori del blog. :)
#60 Comment By dr Jack On 18 marzo 2011 @ 18:25
L’annosa questione tra pessimismo, realismo e ottimismo.
Non si sa mai dove inizia uno e finisce l’altro.
Gamberetta è arrivata anni fa, ed è stata la prima.
Oggi termini come spazzatura e monnezza sono sempre più legati al fantasy pubblicato da case editrici italiane.
Forum e blog si sono riempiti di commenti e link riguardo alle tecniche disoneste delle case editrici.
Questi sono fatti.
Il problema da risolvere non sarà l’ignoranza.
Sarà il cartello
della drogadelle case editrici: la scarsità di alternative. Ma non potrà durare in eterno.Tra l’altro ho visto un uomo barbuto parlare in pubblico di ipotesi alternative all’editoria cartacea.
Anche questo è un fatto: le cose stanno cambiando proprio mentre parliamo.
Adesso, la vera domanda è: in che direzione vogliamo andare?
Fatta questa scelta (che per noi consumatori è ovvia :p) le idee virali faranno il resto.
#61 Comment By Angra On 18 marzo 2011 @ 18:29
@Alberello:
Ok, mi hai convinto. È tutto inutile, l’umanità è senza speranza. Tanto fra cinque miliardi di anni il sole esploderà, quindi che senso ha sbattersi? Ciao, vado a darmi fuoco.
#62 Comment By Tapiroulant On 18 marzo 2011 @ 19:20
@Alberello:
E beh? L’uomo è limitato nello spazio e nel tempo, solo Dio (?) è eterno.
Senza voler essere banali, nemmeno il progresso (qualunque accezione vogliamo dargli) è mai lineare. Nessuna conquista è definitiva, e ogni società rischia di perdere ogni conquista se fa le scelte sbagliate.
I problemi si ripresenteranno sempre, ma non è un buon motivo per non cercare di intervenire. E in ogni caso, un incremento del livello dell’istruzione è sempre una soluzione dall’esito più stabile (per quanto più difficile da raggiungere) che il tentativo di emendare l’attuale sistema editoriale.
Comunque non ti facevo così pessimista.
@Dr.Jack:
Non ti seguo.
I segnali positivi di cui mi parli (Internet come veicolo di scambio di informazioni corrette, la maggior circolazione delle idee, etc.) sono positivi appunto perché rendono un po’ più informati, quindi un po’ più colti, quindi un po’ più capaci di usare il cervello. Il problema sono appunto la stupidità e l’ignoranza, e Internet può essere una delle soluzioni (ma da solo non basterà).
#63 Comment By Gamberetta On 18 marzo 2011 @ 19:41
@Iv. Il succo del discorso è proprio quello di diventare consapevoli, acquisire un minimo di strumenti, e non fidarsi di nessuno. Non c’è niente di male. Anzi, è più divertente perché ti permettere di scegliere i libri e gli autori che veramente ti piacciono e non quelli che sono famosi, o consigliati dalla critica, o di moda, o altro.
Comunque nello specifico Knight ha apprezzato i romanzi di Dick, così come ha apprezzato Asimov al di fuori della Fondazione, e ancora Heinlein e Sturgeon e tanti altri. Sono più le recensioni negative di quelle positive, ma ci sono anche molte recensioni positive. Disch invece critica Bradbury ma per esempio parla bene di Gene Wolfe e John Crowley.
@Tapiroulant. Proprio perché non sono prevedibili le scelte altrui converrebbe essere onesti. Se io so che gli altri sono onesti ho convenienza a fregarli, ma siccome non lo so forse non è il caso di rischiare. Perché tu puoi gongolare dopo avermi fregata quando vengo al tuo autosalone, ma quando poi tu vieni nella mia clinica e io ti metto la valvola cardiaca di cartapesta non ridi più.
E infatti la gran parte delle persone è onesta e coopera. Come dimostra il fatto che siamo qui a parlare: abbiamo pagato la connessione ad Internet e l’abbiamo ottenuta; abbiamo comprato un PC e nella scatola c’era un computer e non mattoni; siamo andati a fare la spesa e il cibo non era avvelenato; abbiamo attraversato la strada e le macchine non ci hanno tirato sotto; ecc.
Poi è vero che ogni tanto (spesso…) mi lascio trascinare dalla rabbia o dalla tristezza, ma non c’è solo il lato negativo. Se devo guardare alla mia esperienza personale di lettrice le cose stanno andando sempre meglio: qualche anno fa andavo in libreria tutte le settimane, buttavo un sacco di soldi, e tante volte alla fine mi ritrovavo con libri così brutti che ci mettevo mesi a finirli; adesso leggo gratis, leggo tanto e leggo quello che mi piace, e quella rara volta che compro un libro lo faccio con piena soddisfazione perché so che sto finanziando un autore meritevole. E il bello è che chiunque mi può imitare.
@Alberello.
Hai indovinato. In più d’ora in avanti evita riferimenti cretini, perché non siamo in confidenza. Quello che bramo o no non sono problemi tuoi, chiaro?
Inoltre trovo fastidioso anche il discorso di come dovrei usare il mio tempo. Sto perdendo tempo? Sono problemi miei. Non ho bisogno di consigli a riguardo.
#64 Comment By IlBianConiglio On 18 marzo 2011 @ 21:27
L’importante non è se Gamberetta cambierà o meno il mondo dell’editoria italiana; l’importante è che lei (e chi come lei) non si uniformi mai ad un sistema disonesto.
E’ una questione di morale (kantiana), non di ‘uniamoci e insieme salveremo il pianeta!’. Chi è corrotto, resta corrotto, chi non lo è combatte per non diventarlo. Non ci sono premi a restare onesti, se non la soddisfazione di poter dire di non aver ceduto. E’ faticoso, è difficile, è frustrante perchè i disonesti hanno spesso (spesso, non sempre) la meglio, e sempre sarà così.
Nell’articolo Gamberetta ha fatto notare che in più di 40 anni la storia non è cambiata: le case editrici pubblicano solo per vendere alla massa che non si informa e che non conosce, le critiche non vengono ascoltate, gli scrittori non si informano… Eppure i critici impietosi e giusti ci sono sempre, Knight o Gamberetta che siano. Anche da questo punto di vista la storia non è cambiata; perchè guardare solo il lato negativo?
Comunque non credo che la situazione sia davvero così disperata; semplicemente facciamo più attenzione agli orrori (che comunque sono i più numerosi) che alle bellezze che vengono pubblicate. Colpisce di più un aereo che precipita, che dieci che atterrano senza problemi.
Ma questa è solo una mia impressione, non ho prove per sostenerla.
Avrei da dire un’ultima cosa a proposito dell’insegnamento dei licei, ma credo che la lascerò per un altro post. Dico solo che non è una verità universale che le scuole danno un mero nozionismo e basta; dipende dalla scuola e dai professori, da caso a caso. Ci sono molte scuole che non si limitano a dare nozioni ma aggiungono qualcosa di più alla formazione dello studente. Non so se siano poche o tante, ma so che esistono.
Al di là di questo, però, è innegabile che il Manzoni sia illeggibile. :)
#65 Comment By Alberello On 18 marzo 2011 @ 22:54
@dr jack
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@Angra
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@Tapiroulant
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@Gamberetta
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@IlBianConiglio
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#66 Comment By Iv. On 19 marzo 2011 @ 01:33
@Gamberetta. Come dicevo anche a Daniele, anch’io considero il “non fidarsi di nessuno” come una cosa positiva… avere gli strumenti per giudicare permette di pensare con la propria testa e scegliere di conseguenza. Se non è un bene questo!
A presto Gamberetta :-)
#67 Comment By Tapiroulant On 19 marzo 2011 @ 08:26
@Alberello:
A che ti stai riferendo?
Io non ho nemmeno mai parlato della soluzione da adottare! Non confondermi con Dr. Jack. Io ho solo detto che il risultato dovrà essere un’istruzione diffusa, accessibile, conveniente e stimata, che renda l’uomo medio intelligente come l’attuale élite. Non ho detto come ottenere tale risultato, perché non lo so; dico che Internet potrebbe diventare uno degli strumenti di questo processo, ma non so ancora esattamente come né in che portata.
Quindi io al momento non offro una soluzione. Anche perché tutto nella nostra società è integrato: non puoi rivoluzionare l’istruzione se il resto del sistema resta uguale.
Hmmm… forse allora un’idea ce l’avrei…
@Gamberetta:
Ripeto: in teoria, il tuo ragionamento è corretto. Se con la mia onestà potessi indurre una pari onestà negli altri (cosa che io personalmente cerco di fare nella vita), non ci sarebbero problemi di questo tipo. E dici bene, che nella normale convivenza quotidiana questo atteggiamento funziona ed è condiviso.
Non funziona però nel mondo degli affari, così come in ogni ambiente altamente competitivo, e dove sono in gioco reputazione, soldi, posizione sociale. La posta diventa troppo alta. Quello che decide di essere irreprensibile e corretto, sperando in tal modo che lo facciano altrettanto, invariabilmente se la prende nel culo: perché gli altri non lo fanno. Cosa mi fa fare di mettere cemento vero nei piloni degli edifici che costruisco, se i miei concorrenti (ossia quelli che concorrono per accapparrarsi la mia stessa fetta di mercato) ci mettono la sabbia, risparmiando tonnellate di soldi; e cosa mi fa fare di concorrere legalmente per un appalto, se i miei concorrenti hanno agganci personali con politici, funzionari e mafiosi per assicurarsi l’esclusiva senza neanche indire una gara reale? E cosa dovrebbe convincere a smettere quelli che ci mettono sabbia e corrompono i funzionari, se altri tra i loro concorrenti fanno altrettanto e sarebbero lietissimi di prenderne il posto?
Questo sarebbe vero, ma i personaggi in questione hanno trovato delle soluzioni anche a questo.
1. Innanzi tutto, cercano di non rendere nota la loro disonestà. Infatti un normale lettore di fantasy può non immaginare nulla dei biechi meccanismi delle case editrici di cui compra i libri; e il sospetto potrà venirgli sono dopo diversi acquisti. Tu potrai anche essere informata sui fatti, ma magari quelli che lavorano nelle altre cliniche no…
2. Più importante, parte del lavoro dell’affarista è quello di crearsi una rete di contatti e collaboratori di cui (entro certi limiti) può sempre fidarsi. Persone che non frega, ma insieme alle quali magari frega altre persone. Più sei in alto nella scala sociale e come posizione lavorativa, più la tua rete di “amici” dev’essere estesa ed efficiente; fino ad arrivare a livelli come quello di Berlusconi, che ha i suoi medici, i suoi avvocati, i suoi politici, i suoi amministratori, i suoi funzionari… praticamente uno Stato nello Stato, che dipende interamente da lui e su cui può contare, perché c’è un mutuo scambio di interessi.
Poi, è ovvio che più sali la scala, più il sistema diventa infido e devi diffidare anche dei tuoi collaboratori, perché chiunque potrebbe tradirti per un interesse superiore e backstabbarti: se n’è accorto quel cretino di Fini… D’altronde nessuno di loro sarebbe mai neanche arrivato così in alto, nemmeno per un nanosecondo, se non fossero stati disonesti e se non si fossero costruito quella rete di “amici”…
Sì, hai ragione: anch’io voglio chiudere con una nota positiva. Le cose per certi versi e in certi ambiti (come questo) stanno davvero migliorando, e te ne dò atto, dato che tu sei una delle persone più responsabili di questo cambiamento.
Però, per l’appunto, il cambiamento può venire solo da parte di persone che sono esterne a quel sistema che ti ho appena descritto. Persone come noi che hanno tutto l’interesse a che il sistema cambi. Rispondo soprattutto ad Alberello, quando dico che l’unica possibilità di cambiamento può venire per mezzo delle persone estranee a (o ai margini di) questo sistema; non certo grazie alle case editrici stesse, che in questo sistema ci navigano, e che da questo sistema ricavano i soldi che le tengono in vita.
#68 Comment By Gamberetta On 19 marzo 2011 @ 12:01
@Alberello. Perché hai cominciato a riempire i tuoi commenti di spoiler senza senso?
L’ho già spiegato più di una volta: usate gli spoiler solo se dovete nascondere del testo per una buona ragione. Altrimenti chi legge come fa a capire se deve guardare o no?
Inoltre molti feed reader non riescono a mostrare gli spoiler, dunque se una persona (come la sottoscritta) segue la discussione via RSS è infastidita inutilmente.
Per il resto scuse accettate, ma per piacere basta con la goliardia e/o le stupidate. Non gradisco per niente.
#69 Comment By Anacarnil On 19 marzo 2011 @ 13:33
Mi fa un po’ sorridere questa crociata contro le Case Editrici Cattive, che pubblicano sciententemente pessimi romanzi per poi ridersela tutti assieme per aver somministrato roba di pessima qualità ai lettori.
Per carità, esistono (e in certi casi sono pure grossi) i casi di editori che hanno una linea chiara dal punto di vista politico-sociale. O che cercano di schiacciare sul nascere qualche buona idea se pensano che possano minare le proprie posizioni. E che pertanto si può dire che operino anche in malafede.
Ma la verità che, bene o male, sono imprese. Che devono vendere. E se creare 4 o 5 ragazzi prodigio, che scrivono un libro l’anno, e che non necessitano editing, perché vanno bene come sono, gli costa pochissimo e gli rende abbastanza, sono a posto. Qualche libro di qualità lo metteranno pure in catalogo, magari investendo anche in promozione, tanto per mantenere un certo nome.
In Italia però, questi titoli non saranno di fantastico. Il genere, in Italia, è relegato sempre a sottogenere, non a letteratura a pari dignità di un libro di Eco, tanto per fare un nome. Basta guardare il nostro cinema: film che narrano fatti di cronaca e commedie. Già trovare un thriller fatto come si deve bisogna cercare a lungo. Per un film fantasy, o comunque con elementi fantastici, mi sa che ci tocca andare a Fantaghirò.
E la verità è che se in Italia il fantasy è quello che si vede la domenica dopo pranzo su Italia 1, e il film che sbanca i botteghini è la commedia, è perché il pubblico accetta tutto questo, e spesso è di bocca buona.
#70 Comment By Alberello On 19 marzo 2011 @ 13:54
Quoto in toto Tapiroulant, in effetti avevo mischiato nella risposta a te un pezzo che non c’entrava. :/
Quando parlavo di soluzione ripetitiva intendevo la presenza di critici come Knight o Morandini o Gamberetta ecc. Probabilmente sono esistiti anche altri di questo stampo in altri settori, ma non hanno influenzato (almeno finora) così tanto la società da portare ad un cambiamento sostanziale. Possibile che tra 70 anni qualcuno apra un Olog (un blog olografico o tridimensionale) chiamato “Critica al Vetriolo” e l’autore/ice dica: “Ecco vedete, 70 anni fa in tempi non sospetti c’era su Internet una tizia che faceva ciò che faccio io ora ecc.” Questo può minare le basi della roccaforte, ma la struttura resta sempre in piedi se a ciò non segue un altro tipo di intervento.
Io tento di rimanere il più neutrale possibile in questo tipo di battaglie per la terra, perchè mi interessa tentare di fare un rapporto che sia il più oggettivo possibile. Per questo devo leggermi tutto ed il contrario di tutto, discutere con tutti, ribattere ad ogni affermazione. Non posso limitarmi a prendere per oro colato nessuna ideologia o non vengo a capo di nulla. Mi serve sia la conoscenza del lato chiaro che del lato oscuro per tentare di risolvere il problema.
Chiedo scusa di nuovo per l’umorismo non richiesto, è davvero faticoso per uno come me recitare la parte della persona seria, soffoco in giacca e cravatta. :/
#71 Comment By dr Jack On 19 marzo 2011 @ 15:12
@ Tapiroulant
Riassumo:
Ogni giorno vedo sempre più segnali che il pubblico si sta evolvendo.
Ogni giorno vedo che gli editori invece non lo stanno facendo.
Quello che dicevo nel commento è che l’ignoranza è secondaria. Il problema è la mancanza d’alternativa: il cartello editoriale.
Giusto per chiarere la mia posizione: io non accetto il ragionamento qualunquista del “popolo bue” da 1900.
Basta leggere una pagina di recensione per capire che Lici Troisi fa schifo; non servono nuove scuole d’oro o il quoziente intellettivo di Einstein.
E queste pagine le sta leggendo sempre più gente.
@ Alberello
Questo è semplicismo :p.
La mia posizione è:
I pessimisti sono le persone che cercano scuse per non impegnarsi e poi poter dire “te l’avevo detto”.
I realisti sono quelli che vogliono sentirsi superiori perché “loro sanno come stanno le cose”.
L’ottimismo purtroppo dopo una nota pubblicità (sul sale e sulla vita :p) è diventata una parola che perde di impatto.
La PNL afferma che se credi di fallire la realtà ti dimostrerà che hai ragione.
Thomas Hobbes: Spesso la profezia è la causa principale dell’evento profetizzato.
Poi tutto dipende da cosa intendi per valida.
Se intendi una scelta valida per fallire e vivere male, be’ allora sono d’accordo, il pessimismo va bene.
@ Fiducia e sulle relazioni umane di base
L’importante per me è solo non fidarsi alla cieca e non fissarsi sulle proprie posizioni solo per dovere coerenza.
Se una persona mi dà dimostrazione della sua integrità e capacità, be’ io la ripago con la fiducia.
Adesso, sono convinto che le cose miglioreranno ancora.
E prima o poi qualche editore lo capirà.
#72 Comment By Sarastro On 19 marzo 2011 @ 15:42
Bellissimo articolo. Complimenti!
#73 Comment By Giobix On 19 marzo 2011 @ 15:59
I romanzi di Eco non sono mai mainstream, sono miscugli di generi popolari compreso il fantasy, con altri ingredienti non sempre digeribili.
Il fatto che molti italiani che snobbano i generi, vadano poi a comprare in massa un pastrocchio di pulp lugubre e romanzo storico come Il Cimitero di Praga, sarebbe da studiare.
#74 Comment By Unoqualunque On 19 marzo 2011 @ 15:59
Vedo che il tema delle case editrici è di nuovo emerso…
tutto vero, ma mi chiedo: se io mi trovassi nella condizione di voler trarre profitto da ciò che scrivo, per motivi più o meno plausibili, nobili etc. etc., che devo fare? Sembra che esista una correlazione matematica “pubblicazione = monnezza”. Dunque? Le porte ad una sana, onesta, remunerativa pubblicazione di un’opera oggettivamente decente sono precluse a chiunque?
#75 Comment By Alberello On 19 marzo 2011 @ 16:07
@dr jack
Si può giocare molto su queste definizioni :)
I pessimisti sono quelli che rompono le scatole e piangono prima che le cose succedano e subito dopo: “Ecco, te l’avevo detto che sarebbe andata male, perché il mondo fa schifo e ce l’hanno tutti con me” (ç_ç)
Gli ottimisti sono quelli che rompono le scatole e dicono: “Guarda, il mondo è meraviglioso!!! Andrà tutto bene!!! Non respiri anche tu questa brezzolina primaverile di cambiamento??!!” (:D) poi se le cose vanno male piangono.
I realisti probabilmente sono dei grandissimi pezzi di merda e rompono le scatole sempre, ma almeno hanno il buon gusto di non piangere ad ogni quisquilia. (‘-.-)
La merda ha i suoi vantaggi, fertilizza il terreno e scalda nelle notti gelide. Sono fiero di farne parte.
La profezia che si autoadempie vale per entrambe le posizioni. Gli ottimisti sono più portati al successo, i pessimisti al fallimento. I realisti se ne sbattono e contano solo sulle proprie capacità e non su influenze psico-mistiche. Sei liberissimo di credere che tutto andrà per il meglio, se poi non dovesse essere così (per qualche inaspettata congiunzione astrale), ti prego di suicidarti sprecando meno materiale organico possibile, se invece le cose andranno bene ti prego di non saltare in giro urlando: “Ve l’avevo detto!!!” per evitare inquinamento acustico. xD
Beccati questo, marrano ottimista. LOL
#76 Comment By Mr. Giobblin On 19 marzo 2011 @ 16:10
Cito nuovamente Tapiroulant:
Penso che l’unica speranza stia al di fuori del sistema, in particolare in Rete. Ho grande fiducia nei futuri sviluppi della produzione/distribuzione indipendente online, e sono sicuro che molte opere letterarie di spessore nasceranno proprio nei blog e nei siti degli autori.
Dalle grandi case editrici dovremo aspettarci sempre e comunque fuffa; magari in quantità minore rispetto ad adesso (i gusti del pubblico, come dice giustamente Dr. Jack, si stanno evolvendo, anche se in maniera impercettibile) ma sempre fuffa sarà; è più conveniente per loro sfornare dieci volumi de Le Cronache del Mondo Emerso piuttosto che un singolo Cuore d’Acciaio.
Due cose mi rincuorano: la consapevolezza che è possibile creare opere di qualità anche al di fuori della logica di mercato (restando nel mio campo, il cinema, penso subito a Terry Gilliam, regista straordinario che si è sempre azzuffato con le major per girare i film a modo suo; ogni tanto ha preso qualche bastonata al box office, ma ha creato delle pellicole uniche nel loro genere, in barba a tutti), ma soprattutto, il fatto che esistono blog come Gamberi Fantasy; è grazie a questi siti che molta gente inizia a farsi delle domande. Finchè ci sarà anche solo una persona che non si accontenta della sbobba propinata da case editrici o major hollywoodiane, potrò dormire col sorriso.
#77 Comment By Gamberetta On 19 marzo 2011 @ 16:34
@Unoqualunque.
Se parliamo di narrativa fantastica in Italia l’ho spiegato nell’articolo apposito: scrivi un romanzo con un tema di moda e/o diventa amico di qualcuno. Se scrivi un buon romanzo e riesci a pubblicarlo tanto meglio per tutti. Certo difficilmente sarà pubblicato perché è un buon romanzo.
#78 Comment By Anacarnil On 19 marzo 2011 @ 16:35
@Giobbix.
Non ho mai detto che quella di Eco sia letteratura mainstream. Ecchediamine, stiamo parlando dell’autore di tomi quali “Il Pendolo di Foucault” che mette in difficoltà la maggioranza dei lettori già dalla prima pagina.
Quello che ho detto, è che il genere Fantastico in Italia non è ritenuta Letteratura (con la lettera maiuscola), quale quella di Eco, o per fare altri nomi, Dacia Maraini, Primo Levi, Silvia Avallone (ho mischiato appositamente generazioni e tipologie di racconto differenti). A parte la “Divina Commedia”, quale altra famosa opera della letteratura italiana, racconta di cose non realistiche? Quanti autori noti italiani sopra i quaranta si avventurano nella fantascienza o nel fantasy? A memoria ricordo solo Evangelisti. Alessandra Montrucchio con “E poi la sete” ha messo in piedi una distopia per parlare del problema dell’acqua, ma il risultato, a mio parere, ha visto il messaggio (peraltro non particolarmente originale) e il bello stile prevalere sulla trama e sulla capacità di immaginare.
@Unoqualunque
E’ sbagliata e irrealistica l’equazione “pubblicato = monnezza”, a meno di essere così erosi e inaciditi da diventare come gli asini di Cavour (che nessuno li loda, e allora si lodano da soli).
Nella maggior parte dei casi, si pubblica quello che si spera di poter vendere. E le classifiche di vendita hanno visto Strazzulla e Troisi battere i fantasy italiani che Gamberetta e altri qui ritenevano migliori (“Pan” di Dimitri, “Esbat” di Manni, “Lo specchio di Atlante” di NonMiRicordo ChiLHaScritto).
Inoltre, “perle” come Ancess non sono uscite per i tipi di Mondadori o Feltrinelli, ma da editoria a pagamento.
#79 Comment By Giobix On 19 marzo 2011 @ 16:55
@ Anacarnil
Mainstream inteso come letteratura non di genere, non in senso negativo.
E sì, Umberto Eco scrive di cose “non realistiche”. Poi si potrebbero citare i soliti Calvino e Buzzati, ma preferisco Tullio Avoledo ed Eraldo Baldini, e pure Mauro Corona.
#80 Comment By Unoqualunque On 19 marzo 2011 @ 16:57
intendevi:
1) essendo un buon romanzo, non credo sarà pubblicato, poiché vendono di più i romanzi idioti
2) la pubblicazione non dipenderà certamente dal fatto che sia o meno un buon romanzo
o forse entrambe?
#81 Comment By Gamberetta On 19 marzo 2011 @ 17:16
@Unoqualunque. Non è che le case editrici dicano: “Ah, che schifezza di romanzo! Pubblichiamo!” Non funziona così, funziona che le case editrici se ne fregano della qualità, nel bene e nel male.
Siccome però su 100 manoscritti che arrivano forse solo uno è decente, se tu vai a caso (ovvero scegli in base al fatto che l’autore è figlio di un cardinale, oppure in base alla presenza di vampiri nella trama, oppure in base a quanto era sobrio l’editor mentre leggeva, ecc.) c’è molta più possibilità di beccare una schifezza di un bel romanzo.
Tutto qui. Perciò è la 2) che hai detto.
#82 Comment By Unoqualunque On 19 marzo 2011 @ 17:29
Dunque, l’ottimo sarebbe scrivere un romanzo obiettivamente decente, e conoscere il politico di turno affinché la nostra storia possa ottenere la meritata visibilità in cima a qualche scaffale…e magari distogliere qualcuno da infauste letture troisiane.
Certo, è avvilente che un buon libro possa finire in libreria solo se l’autore ha leccato il culo a Qualcunocheconta. L’importante, comunque, è che ci arrivi.
#83 Comment By dr Jack On 19 marzo 2011 @ 17:59
@ Alberello:
Gli ottimisti psicomistici di cui parli io li chiamo idioti.
Gli ottimisti che si mettono a piangere quando le cose vanno storte li chiamo ingenui che vivono nelle favole.
———
Qual è lo stato migliore per raggiungere un risultato positivo?
Edison prima di inventare la lampadina sai quanti tentativi ha fatto?
Se fosse non avesse creduto in quello che faceva avrebbe mollato.
Lo stesso vale per il consumatore. Se crede di essere vittima della casa editrice e di essere troppo debole per cambiare le cose. Le cose non cambieranno.
Al contrario in giro leggo messaggi che mi fanno pensare che di passi ne stiamo facendo.
Io ho provato a legarli a cognizioni e effetti reali.
Visto che vogliamo parlare di sole parole e definizioni… be’ secondo me gli angeli sono femmine.
#84 Comment By Alberello On 19 marzo 2011 @ 19:50
“La storia della lampada elettrica è paradigmatica: molte delle invenzioni di Edison erano miglioramenti di idee altrui. Miglioramenti ottenuti con un approccio diligente ed una visione industriale sviluppata in gruppi di lavoro.
Egli era il capo indiscusso del team ma generalmente non condivideva il merito delle invenzioni. Di sé stesso diceva: “il genio è l’uno per cento di ispirazione e il novantanove per cento di traspirazione”. Nikola Tesla a proposito del metodo di Edison nella risoluzione dei problemi diceva: “se Edison deve cercare un ago in un pagliaio procede con la diligenza dell’ape nell’esaminare paglia per paglia fino a quando trova l’oggetto della sua ricerca. Ero testimone dispiaciuto di tale comportamento, sapendo che un po’ di teoria e di calcoli avrebbero evitato il novanta per cento del suo lavoro”.”
Hai probabilmente citato la persona più realista che conosco. Lo stato migliore per raggiungere un risultato positivo, secondo Edison, è quello di passare ogni singola pagliuzza di un problema, più realista di così.
Ma guarda che essere realisti non significa non credere di farcela. O_o Quelli sono i pessimisti, lol. Il realista semplicemente dovrebbe avere ben cosciente il fatto che il successo non è mai garantito al 100%, non per niente nei calcoli è previsto un errore assoluto, un errore relativo ed un errore percentuale. Ma non significa che in caso di “sconfitta” egli si debba arrendere al tentativo. Rianalizzerà ciò che è successo tentando di scoprire dove è situato l’errore con l’obbiettivo di correggerlo e fare in modo che la volta successiva l’esperimento riesca (una pagliuzza dietro l’altra). Se uno è ottimista solo perché cade la prima volta e ritenta esattamente nelle stesse condizioni il salto cadendo di nuovo, per qualcuno questa cosa potrà essere tenacia o chiamarsi coraggio o valore, io la chiamo stupidità.
Errare è realista, perdonare è ottimista, perseverare è pessimista. xD
Certo, ma io non consiglierei mai ad un uomo nudo di affrontare un carro armato solo perché ne è vittima. Sarei un ottimista se sperassi nella sua vittoria. Cercherei invece un modo più efficace per risolvere la situazione. Davide non ha sconfitto Golia con l’ottimismo e buoni propositi per l’anno nuovo, ma con una fionda e una pietra.
Ulisse non ha permesso all’esercito greco di entrare a Troia con ottimismo e buoni propositi per l’anno nuovo, ma con un cavallo di legno.
Forse sono io che non riesco a spiegarmi bene (dannate voci che sento nella testa!), non sto dicendo che sicuramente le cose andranno bene o male, ho solo espresso perplessità sul riuscire a cambiare l’intero sistema sociale usando un sistema che già applicarono Socrate, Gesù, Hitler, Che Guevara, Garibaldi, Mussolini e via dicendo.
Tutti questi riuscirono ad imporsi al loro tempo contro un sistema considerato ingiusto (secondo la loro visione) e riuscirono ad ottenere un risultato. Salvo poi che il tutto si corruppe nel giro di pochi anni. Il mio dubbio è: “Perché stavolta dovrebbe essere diverso? È stato analizzato e corretto l’errore? O lo facciamo perché si, perché è fantasy?” L’ebook e internet sono ottimi incentivi che fanno sperare in una riuscita dell’operazione, ma avrò almeno il diritto di mantenere il dubbio o mi devo per forza schierare con scudo e lancia? xD
Pace e prosperità. ^^
#85 Comment By Tapiroulant On 19 marzo 2011 @ 23:48
Dio mio, raramente ho sentito una discussione mongoloide come la vostra.
Non è un discorso di ottimismo, pessimismo, realismo (ma quantomeno apprezzo il tentativo del Dr. Jack di mantenere i contatti con la realtà e non perdersi nell’oceano autoreferenziale delle definizioni).
@Alberello:
Non capisco il senso di questa carrellata. In che modo le storie di questi personaggi sarebbero analoghe? Hanno tutti lottato per cambiare lo stato di cose della loro epoca, ma hanno adottato strategie molto diverse tra loro.
Inoltre citi questi personaggi fallimentari, ma non citi quelli che invece hanno voluto cambiare il sistema e hanno vinto: Cesare (è stato ammazzato, ma non si è più tornati alla Repubblica dopo di lui), Ottaviano, le famiglie Visconti o Medici, Washington, Danton e Robespierre (anche loro ammazzati, ma la Restaurazione è durata poco), Cavour…
Il successo o il fallimento di un tentativo “rivoluzionario”, diciamo, dipendono da un grande numero di fattori, che andrebbero analizzati caso per caso conoscendo la Storia. Una stessa strategia può funzionare in certe condizioni, e fallire in altre.
L’unico elemento comune a tutte le strategie che nella storia hanno funzionato, l’unico elemento davvero imprescindibile, è la violenza (e quindi, la passione e la determinazione del “rivoluzionario”).
@Dr. Jack:
Continuo a non capirti, ma non voglio insistere sullo stesso tasto, quindi sarò breve. Il cartello prospera sull’ignoranza del suo pubblico. Se tu anche smantelli il cartello, cosa impedirà a un nuovo cartello di imporsi attraverso gli stessi strumenti?
E’ il solito problema della propaganda. Chi vuole combattere la propaganda mobilitando le folle, spesso deve utilizzare una contro-propaganda (altrettanto semplificatoria e banalizzante), perché la maggior parte delle persone non è in grado o non ha voglia di seguire un complesso discorso scientifico come me o te.
Il mio non è qualunquismo, è la semplice constatazione di fatti che chiunque può sperimentare parlando con la gente, guardando i talk show o navigando su Internet.
Conosco diversa gente a cui la Troisi piace e che trova le recensioni di Gamberetta eccessive e pedanti (e non sto nemmeno parlando della massa di gente che è comparsa su questo blog per insultarla). Non diranno che è un capolavoro, ma lo ritengono un ottimo romanzo di genere.
Le cause di questa opinione sono quasi sempre le stesse, ossia una o più delle seguenti: scarsa conoscenza della materia (romanzi fantastici; ma più in generale, romanzi), giovane età (e di conseguenza, scarsa cultura), pigrizia mentale. Solo una minoranza di casi è dettata dalla malafede.
#86 Comment By Alberello On 20 marzo 2011 @ 02:40
Ma tu non eri ateo? xD
In realtà non so nemmeno io come ci siamo finiti lì. O_o Molto spesso io leggo un commento, metto in moto le dita, ed il cervello sta pensando ad altro.
Solo che non mi era mai capitato di discutere con dr jack, volevo provare questa emozione. ^^
Mi ritiro sconfitto, Tapiroulant riesce sempre a sgamarmi quando dico cazzate, ormai è allenato troppo bene. xD
#87 Comment By Enry On 20 marzo 2011 @ 09:05
Premesso che l’articolo è bellissimo e che condivido il tuo pensiero riguardo al dovere della scuola di insegnare ad usare la propria lingua madre (non è possibile che il relatore della tua tesi magistrale ancora ti corregga gli errori di grammatica, quasi fosse un maestrino delle scuole elementari!), non sono affatto d’accordo sul “chissenefrega” del pensiero di Gozzano, Manzoni, Dante o chi per loro. Se mai chissenefrega del tuo (seconda persona generica, chiarisco). E’ come dire che chi studia storia dell’arte non dovrebbe studiare storia dell’arte, dovrebbe studiare come scolpire una statua o come dipingere un quadro. Sono due cose diverse, che possono essere integrate. Io ho provato a scolpire nella pietra (epic fail) e forse ho capito un pochino meglio la fatica che ci vuole, ma da qui a dire: chissenefrega della concezione artistica di Michelangelo! ce ne passa. Ripeto: giustissimo dire che la scuola dovrebbe occuparsi per prima cosa di insegnare a scrivere ai ragazzi, ma è corretto che si studino anche gli autori del passato. Gozzano e Scapigliatura milanese compresi. :)
#88 Comment By Gamberetta On 20 marzo 2011 @ 12:11
@Enry.
1) La storia della letteratura è un degnissimo campo di studi, ma è un argomento specialistico che una persona studierà per conto suo o all’Università.
2) Ha senso studiare il pensiero degli autori nel campo in cui gli autori possono insegnare qualcosa o dire qualcosa di interessante. Se Dante mi parla di poesia sono tutta orecchie, se mi parla di amore, di guerra, o di astrofisica, be’, chissenefrega? E se frega perché sei fan di Dante è roba anche qui specialistica che non è il caso di affrontare al Liceo.
Un bravo autore è una persona specializzata nel ramo della narrativa, retorica, poesia, ecc. al di là di quello il suo pensiero vale tanto quanto il mio o quello del primo che passa per strada. Poi ovvio che ci può essere lo scrittore che oltre a essere scrittore è anche filosofo, scienziato, ammiraglio, banchiere, ecc. ma quello è un altro discorso.
Per ribadire: un bravo scrittore non ha particolare sensibilità o capacità di esplorare il reale, o di scavare nei sentimenti umani o stronzate del genere. Queste sono appunto stronzate che agli autori piacere ripetersi a vicenda per sentirsi importanti, ma finisce lì. Poi se io sono amyketta dell’autore in questione magari gongolerò a sentirlo parlare degli argomenti più disparati, ma a scuola non ha senso.
#89 Comment By france On 20 marzo 2011 @ 13:08
@Enry: francamente appoggio il discorso di Gamberetta. Io studio (alle serali) in un Istituto Tecnico e purtroppo perdiamo una quantità di tempo sulle stronzate pseudo-filosofiche di gente come il Parini e il Foscolo. Francamente, visto che chi esce da quella storia avrà necessità di scrivere relazioni tecniche, punterei MOLTO di più sulla pura grammatica e la produzione dei testi, visto che c’è gente che, a 40 anni suonati, continua a scrivere “a” preposizione con l’h.
#90 Comment By Tapiroulant On 20 marzo 2011 @ 13:21
@Alberello:
lol, con te non faccio nessuna fatica, proprio.
Comunque tecnicamente non sono ateo, sono un devoto della Sostanza spinoziana U.U
@Gamberetta:
D’accordo con te, soprattutto se penso con tristezza a tutte le volte che, guardando Che tempo che fa, vedevo scrittori (magari anche bravi o bravini) disquisire di società e natura umana dicendo le peggio banalità ignoranti, con Fazio lì che aveva i goccioloni agli occhi e continuava a dire “Maestro”, “Quanta saggezza”, “Io farei un applauso a quest’uomo”, e il pubblico, pure, che applaudiva, sinceramente toccato! Vabbé.
Però uno scrittore bravo non può essere bravo soltanto nello scrivere. Se bisogna scrivere di ciò che si sa, e bisogna documentarsi, allora è necessario che lo scrittore sia capace almeno in due cose: nello scrivere, e nell’argomento di cui scrive. Anche se scrivo del banalissimo slice of life urbano, devo essere esperto conoscitore dei rapporti umani nella quotidianità: ricordo varie critiche (forse una era di King) a Lovecraft perché nelle sue storie l’interazione tra i personaggi, e soprattutto i dialoghi, suonavano spesso forzati e poco convincenti; questa era una conseguenza del fatto che Lovecraft viveva come un recluso ed era un imbranato nei rapporti umani. La sua scarsa preparazione in materia si trasmetteva alle sue storie, che ne risentivano.
Per ribadire esempi che sono più volte apparsi su questo blog, se uno scrittore deve scrivere di guerra, oltre a sapere scrivere dev’essere un minimo esperto di guerra; non si pretende che sia un novello Clausewitz o che abbia la preparazione di un generale, ma che sappia parlare con una certa competenza dell’argomento “guerra”, e che di conseguenza riesca a ritrarre situazioni credibili. Così se voglio fare un romanzo ambientato nel Medioevo devo essere un po’ esperto di Medioevo, e se voglio fare un romanzo che analizzi le conseguenze su di una comunità dello scatenarsi di un’epidemia di peste (come ne La peste di Camus), devo essere esperto non solo di epidemie, ma anche della natura umana in condizioni di stress, cosicché io possa ritrarre interazioni credibili tra i personaggi.
#91 Comment By Alberello On 20 marzo 2011 @ 14:24
@Tapiroulant
ç__ç Sei troppo crudele, mi hai spezzato il cuore! Ed io che ti credevo un amychetto. Scordati che parlerò bene di te ai miei amici del manicomio. lol
Forse non hai conosciuto il filosofo Martinelli, sono certo che lui ti farà cambiare idea su tutto!
#92 Comment By dr Jack On 20 marzo 2011 @ 14:40
@ Alberello
Bene. Tutto quello che stiamo facendo è inutile. Noi siamo degli ignoranti, parlare non serve a niente e le case editrici vinceranno sempre.
Io avevo letto questo nel tuo messaggio ed era a questo che volevo rispondere, abbattendo lo scudo dell’”essere realista” che usavi.
Adesso in realtà sembri aver moderato la tua posizione e per me puoi interpretare realismo, pessimismo e ottimismo come ti pare, nonché accusare gli altri di non essere in grado di capire la realtà che solo i realisti come te sanno fare.
A sto punto suicidio di massa, perché cercare di migliorare?
Suicidiamoci tutti, tanto qualsisi cosa buona finirà sempre male :p.
(Leggi anche la risposta a Tapiroulant per capire tutto il messaggio)
@ Tapiroulant
Un altro :p.
Intanto il prossimo cartello sarà meglio di questo qua. Io ho provato a immaginarlo, ma proprio non ci riesco: non possono creare qualcosa di peggio.
E comunque non è detto che diventerà per forza un cartello.
Nella mia analisi i due principali elementi del cambiamento saranno:
- La trasmissioni delle informazioni oneste (quella che facciamo discutendo tra lettori) ha una forza notevole e sta già avvenenendo. Le sacche di ignoranza diminuiscono ogni giorno
e il male è ogni giorno più cool.- La creazione di un modello editoriale nuovo accellererebbe molto di più. Ma ancora non esiste nessuna offerta.
Certo qualcuno non avrà voglia, su questo sono d’accordo.
Ma più uno è interessato più uno avrà voglia: i lettori più assidui di voglia ne hanno, o la sviluppano leggendo questi articoli.
Sull’altra parte non sono proprio d’accordo.
Io credo nelle persone e nel potenziale umano.
Sono in diminuzione (e nessuno può rimanere teen ager per sempre), mentre aumentano quelli che si rendono conto dello schifo editoriale.
#93 Comment By Alberello On 20 marzo 2011 @ 21:12
@dr jack
Qui un pochino ci resto male perché mi attribuisci pensieri che non mi hanno mai sfiorato. Ho sempre dato possibilità di riuscita dell’impresa, solo ho espresso perplessità sui mezzi per ottenerla (e non sono stato l’unico) e davvero, seriamente, non ho mai pensato che qualcuno fosse più ignorante di me, sono il primo a dire di essere un pirla ecc. Finché si scherza va bene, ma non estremizzare ciò che ho scritto fomentando odio, non c’è né motivo. Attacca la mia idea con tutte le tue forze, scherziamo, ed insultami pure se ti aggrada, ma non snaturarla cambiandola di senso, è un colpo troppo basso nell’arte della retorica.
Di nuovo, non ho mai detto di essere l’unico a capire come funzionano veramente le cose, tant’è che Tapiroulant mi smentisce 99 volte su 100 facendomi fare la figura del cretino senza ritegno. Non so se il problema sia che mi prendi troppo sul serio o che il tuo mezzo preferito per controbattere l’avversario sia di screditarlo rendendolo più odioso di quanto già non sia.
Mi sono presentato da sempre come giullare e tale sono vestito, non addossarmi un abito che non mi sta, perché su misura non è cucito.
Auguro a te e a chiunque che la sua idea/speranza/sogno si realizzi, dico sul serio. La mia colpa è tutt’al più quella di soffrire d’insonnia.
#94 Comment By IlBianConiglio On 20 marzo 2011 @ 21:58
Torno a parlare di scuola, ma per poco che ho poco tempo:
@Gamberetta.
Migliaia di anni fa, su questo blog, in risposta ad una domanda di non ricordo più chi, hai scritto: ‘Studiare al Liceo è inutile, tanto all’Università si deve ricominciare tutto da capo’. O qualcosa di simile.
Purtroppo devo ammettere che è vero: di tutto quello che mi è stato insegnato alle scuole superiori ben poco mi è rimasto. Ricordo i pensieri degli autori, i secoli in cui vissero, le principali date di storia, le formule matematiche. Eppure, nonostante questo, se mi chiedi il vero nome di Beatrice, non ci penso due volte prima di risponderti: Bice Portinari.
Insomma, il concetto è che non credo che tutto quello che ci venga insegnato al Liceo sia inutile. Come hai detto te, l’Università è specialistica, e allora io dico che è giusto che il Liceo dia le basi per il più possibile. Potrà essere fastidioso, deprimente, noioso, stancante, quello che vuoi, ma le scuole superiori devono insegnare tutto o quasi, dare una conoscenza generale per preparare a ciò che viene dopo, qualunque cosa sia.
Torno a parlare di morale Kantiana (e dire che Kant non mi è mai piaciuto): al liceo si studia perchè si studia, perchè è utile (non tutto, ma buona parte), perchè serve per prepararsi, per dare un’idea a chi ancora non ce l’ha e per confermarla a chi se l’è già fatta, perchè sì, perchè è fantasy. E’ utile conoscere gli orbitali e il principio di esclusione di Pauli? Forse no, ma questo non è un buon motivo per non saperlo. E’ utile conoscere il nome di Bice Portinari? Forse no, ma questo non è un buon motivo per non saperlo.
E poi, non si sa mai: metti che capita come domanda al milionario!
Avevo preparato tutto un bel commentone lungo come il ramo del lago di Como, ma il mio pc ha scambiato il tasto ‘invia commento’ con quello di ‘elimina’. Peccato.
Proviamo a metterla in altri termini: sarebbe bello creare una scuola fatta solo di corsi di scrittura creativa, di corsi di ceramica, arte, filosofia, dove ti si insegna non la storia della scrittura ma a scrivere, non il pensiero dei filosofi ma ad essere filosofo, non la storia dell’arte ma a dipingere.
Questo però comporta più di un problema:
1) Dove trovare i soldi?
Ovviamente, non si potrebbero trovare. Già non ce ne sono per le nostre scuole ‘normali’, figuriamoci…
2) Dove trovare il tempo di affiancare al nozionismo liceale la scuola e l’insegnamento pratico?
Non si potrebbe trovare, a meno che di non sacrificare il primo in favore del secondo. Ma questo potrebbe rivelarsi un danno: io preferisco che la scuola mi insegni il dovere, mi obblighia studiare, e lasci a me il piacere di informarmi sul modo in cui scrivere, disegnare e quant’altro. Se fosse il contrario (il piacere insegnato e il dovere lasciato agli studenti), quanti scolari si metterebbero a studiare di loro spontanea volontà? Io per primo non lo farei, e ho appena parlato alcune righe più su di morale Kantiana!
Questo forse non sarebbe un danno? Non so per gli altri, ma per me sì: se nessuno mi avesse mai parlato di Caravaggio o di Calvino o di Heidegger (la mia personale trinità) non mi sarei mai messo a studiarli per conto mio, non li avrei mai scoperti, e questo di certo mi avrebbe danneggiato.
(Che cavolo, non so cosa darei per poter tornare indietro nel tempo e andare a conoscere Calvino di persona!)
3) Dove mettere gli insegnanti ‘normali’ per far spazio agli insegnanti ‘utili’? Dovremmo licenziarli tutti, ma questo cosa comporterebbe? Più gente disoccupata, più gente che si mette a scrivere fantasy per guadagnare qualcosa, più fantasy italiano.
Brrr… meglio non pensarci.
Una nota per @Alberello:
Il giorno in cui pubblicherai il libro che contiene tutti i tuoi interventi sarcastici avvisami: sarò il primo a comprarlo. ^_^
#95 Comment By Tapiroulant On 20 marzo 2011 @ 22:11
@Alberello: Dai, ti voglio bene, facciamo pace!
@Dr. Jack: Perdonami se insisto (dimmi pure se vuoi che smettiamo), ma:
Su che cosa basi queste tue pie speranze?
Lenin nell’Imperialismo fase suprema del capitalismo dice che la tendenza naturale delle imprese in ogni caso va da una condizione di libera concorrenza verso una condizione in cui (semplificando) le imprese più forti si associano in cartelli e monopoli per tagliare fuori le altre. Se guardiamo per esempio alle medie e grandi case editrici italiane dei primi sessant’anni del Novecento, vediamo che oggi sono perlopiù accorpate in una piccola manciata di grandi gruppi.
Norbert Elias in Potere e civiltà sostiene che il passaggio da una situazione di libera concorrenza a una situazione di monopolio (di uno solo o di un gruppo) tende a presentarsi sempre in ogni ambito; a questa situazione esistono sempre delle forze centrifughe che tentano di spezzare il monopolio e regredire a una situazione di maggiore libertà dei concorrenti, ma a sua volta questa tende a un nuovo monopolio.
Ora, io nutro molte speranze in Internet, nell’autopubblicazione, nella nascita di comunità di lettori più autoconsapevoli, nel nuovo ruolo delle case editrici come delineato dal Duca; ma cerchiamo di valutare la situazione con obiettività.
Internet e la diffusione degli ebook limiteranno il potere degli editori nella misura in cui renderanno i lettori più edotti e consapevoli, dei loro diritti e della loro forza. Il potere degli editori verrà limitato dall’accresciuta forza del suo stesso pubblico pagante. Chi, per scelta, stupidità o ignoranza, rimarrà ignorante, non contribuirà in alcun modo all’indebolimento del “cartello”.
#96 Comment By dr Jack On 20 marzo 2011 @ 22:59
@ Alberello
Ho voluto estremizzare solo per far comprendere il concetto.
Comunque i tuoi primi messaggi erano disfattisti… (e mi hai dato del marrano ottimista!)
Non direttamente, ma quando dici a uno che lui è ottimista mentre tu sei realista è quello che stai facendo.
Quindi non giriamoci intorno e non venirmi a dire che sono io a volerti screditare: io non ti ho mai etichettato in alcun modo.
… certo ho estremizzato un po’ quello che hai detto per rendere più netto il mio messaggio,
ma l’ho fatto solo a fini accademici e si poteva capire facilmente che non lo intendevo veramentema oh… io ho abbracciato dichiaratamente il lato oscuro.(se non si capiva lo dico adesso, non intendevo veramente che ci ritieni una massa ignorante: ho capito che rispetti il parere dei tuoi interlocutori)
Adesso non esagerariamo :p!
Insomma…
Non ti sei già fatto una scorza mentre combattevi contro i buoni?
PS: Alberello, apprezzo la tua reazione, non volevo farti rimanere male.
Anch’io corrispondo il tuo amore.
#97 Comment By dr Jack On 20 marzo 2011 @ 23:10
@ Tapiroulant
Seth Godin.
Cito il libro: I piccoli saranno i primi, pag. 3.
I cambiamenti che di recete hanno investito il modo di produrre le cose e di parlarne hanno una precisa consguenza: le grandi dimensioni non sono più vantaggiose. Anzi, sono il contrario.
E’ un autore attuale a differenza di quelli che hai citato e non ha avuto ancora tempo per guadagnare quella autorità che hanno Lenin e Elias. Ma a me piace.
Purtroppo io conosco poco delle teorie che hai citato, e mi baso solo su Seth. Ma diavolo. Per me è convincente.
E magari Lenin ed Elias, se avessero conosciuto internet, sarebbero stati d’accordo.
Se non conosci Seth ti consiglio il lbiro “La Mucca viola” e “Tribù”.
Sono piccoli, facilmente digeribili e fantastici.
#98 Comment By Malkcontent On 20 marzo 2011 @ 23:30
Io sono una di quelle che ESIGE il nano, l’elfo, il signore del male, una storia romantica, atti eroici e fiumi di lacrime.
Ma li esigo scritti bene.
#99 Comment By Alberello On 20 marzo 2011 @ 23:46
Sono commosso, mi sembra di partecipare ad una terapia di gruppo, dove lo step finale consiste nell’abbraccio collettivo. *_* xD
Io sono come un nocciòlo, duro fuori, ma tenero dentro. :)
A Rocco Siffredi non piace questo elemento.
#100 Comment By Charblaze On 21 marzo 2011 @ 02:05
@dr Jack:
Ti porto la mia esperienza personale recente, legata moltissimo a queste due frasi.
Attualmente seguo un corso di modellazione 3D finanziato dalla regione. Nel calendario del corso erano inserite un po’ di ore (16) su una materia chiamata “Comunicazione”. A lezione si presenta una “coach” spiegando che ci insegnerà le basi di PNL, che è la via più breve per comunicare con qualcuno “[...] perché due punti formano una retta, questa [la PNL ndCharblaze] è matematica!“. Il mio pensiero in quel momento era *stupro della geometria elementare… cominciamo bene*, però Programmazione Neuro-Linguistica suonava come una cosa seria, quindi cerco di accantonare il mio Bullshit Detector™ in allarme e presto ascolto alla lezione.
Torno a casa e decido di informarmi su questa PNL. WIkipedia la segnala come pseudoscienza, il CICAP conferma, Google scholar mi ha reindirizzato a saggi come questo e l’aneddotica a sostegno di tutta la baracca PNL si è rivelata un cumolo di boiate cosmiche e disinformazione (dalla storia del 4-Minute Mile pilastro del pensiero positivo, basta leggere la prima riga dell’articolo del Times del 7 maggio 1954 per rendersi conto della menzogna, a baggianate vere e proprie come il mito del 10% del cervello verificabile su wikipedia anche italiana, passando per riferimenti ad minchiam al lavoro di Claude Shannon che per chi ha studiato telecomunicazioni per 3 anni in un istituto tecnico come me sono un vero e proprio insulto).
Quando mi sono disocciato con orrore da tutto questo a lezione ho ricevuto all’incirca lo stesso trattamento di Gamberetta nell’editoria: come ho potuto osare tale mancanza di rispetto nei confronti del “coach” (che non si prende neanche la briga di leggere una paginetta di Wikipedia, guarda quanto rispetto ha lei per l’intelligenza degli altri), mi meritavo un sacco di botte per il mio comportamente, il coach ha detto “ma non ho mai detto che era [la PNL ndCharblaze] una cosa scientifica” (sì, e chi ha provato a spacciarla per matematica? Chi ha fatto raccontato balle sulla struttura e funzionamento del cervello? Chi ha fatto riferimento alla teoria dell’informazione in modo abominevole? ), che dovevo vergognarmi di rubare un posto (il corso era a numero chiuso, bisognava passare una selezione) a qualcuno di veramente interessato (quando la sua materia costituisce solo il 5% del corso, ha poca attinenza con il resto, molto più serio e di cui non mi sono mai lamentato, e con la paga che avrà ricevuto sarebbe stato possibile crearne un altro paio di posti).
Conclusioni? Ho difficoltà a darne, ho provato davvero orrore nell’assistere a un lavaggio del cervello simile, pensavo che nel XXI secolo e con internet certe cose non potessero più accadere se non in ambiti particolari e circoscritti, ancora non mi capacito dell’accaduto. Certe cose sono trasversali alla società e le argomentazioni di Gamberetta sull’imperdonabilità del comportamento degli editori, dopo questa esperienza, mi sembrano valide più che mai. Applicando all’editoria le conclusioni del saggio sulla PNL linkato sopra, modifiche in corsivo:
Gamberetta ha maledettamente ragione.
#101 Comment By Zave On 21 marzo 2011 @ 07:13
complimenti per l’articolo, come al solito molti interessante.
per ora non mi viene in mente nulla di intelligente da aggiungere quindi mi taccio.
#102 Comment By Tapiroulant On 21 marzo 2011 @ 10:55
@Dr. Jack: Non ho mai letto niente di Godin ma avevo già letto in giro alcuni punti salienti del suo pensiero.
Prometto che ci darò un’occhiata.
A occhio comunque mi sembra che proceda su binari diversi rispetto a quelli dei saggi di Lenin o Elias, cioè che non si contraddicano.
E ammetto che mi piacerebbe molto vedere le teorie di Elias applicate ad Internet.
#103 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 11:51
@ Charlblaze:
Lo schieramento della PNL dice le stesse cose contro la psicologia classica.
Le cose che si ripetono sempre sono:
- La psicologia cerca di scoprire come mai la gente sta male e cerca di provarlo (e a volte forza i suoi ragionamenti sulle prove).
- La NLP se ne frega di perché la gente sta male e studia metodi per risolvere i problemi della gente.
Da wiki:
In early workshops by Bandler and Grinder and in books that followed, it was often claimed that through the use of NLP, problems especially phobias could be overcome in a single short session whereas traditional therapies would have taken weeks, or even months of regular sessions to make progress.
I canali sensoriali, il metamodello, le submodalità, l’ancoramento e tutti gli altri topic che trovi nella pagina di NLP nella wikipedia inglese sono scoperte notevoli (Tranne forse il Milton Model, ma è comunque un argomento interessante).
Purtroppo la NLP insegna anche a vendere aria, e allora qualcuno ha la bella idea di commercializzarla e così nascono i guru mongoloidi (che guarda caso sono in giro anche nella scrittura
, vedi me stesso).Ma non mi sembra giusto a causa di un guru di assalire la NLP in generale.
E’ come se dicessi che le recensioni di Gamberetta sono sbagliate perché in giro ci sono dei teeneger che dicono cazzate contro le cronache del mondo emerso.
Da quando è uscita la verità su Licia sono nati anche dei cazzoni che si uniscono alla fashion del momento, sparando idiozie. Stessa cosa in NLP.
E di solito è la psicologia che fa la parte del monopolio vecchio e cerca di azzittire la NLP, “perché non è provata”.
Non sarà provata. Eppure Bandler la fa funzionare.
#104 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 12:03
@ Tapiroulant
Ripeto: non conosco bene Lenin e Elias. Può darsi che in effetti non contraddica Seth o che in qualche modo le teorie possano convivere.
Ma prendendo dati reali.
Proviamo a considerare Konrath e gli autopubblicati americani.
Sarebbero un modello interessante e decisamente migliore dell’attuale italiano. E mi sembra fattibile anche in Italia.
In italia c’è meno pubblico e non si guadagnaranno fantastiliardi (come fa quell’ingordo Konrath :p) d’accordo.
Ma magari si riuscirebbe a guadagnare abbastanza per farsi tradurre.
In pratica l’editore si scinderebbe definitivamente dal venditore/vetrina.
Che poi nasca un nuovo monopolio… ma’… non mi sento di escluderlo, anche perché Amazon sarà un gran colosso. Ma sarà più venditore che editore.
L’unica cosa certa è che un miglioramento ci sarà.
Quanto dipende dalla capacità e bravura dei nuovi modelli editoriali.
#105 Comment By GeneraleMerdez On 21 marzo 2011 @ 13:31
Condivido buona parte (la maggior parte a dire il vero) dell’articolo.
Non sono d’accordo con la parte finale riguardante le tematiche scolastiche e le “stronzate” che vengono insegnate a scuola. Potrei essere d’accordo sulle esagerazioni che si commettono insegnandole a “pappagallo” ma collegare idee stili e periodi storici non mi sembra affatto una cosa negativa.
E poi io odio, ODIO le note alla fine del testo. Le Odio.
#106 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2011 @ 13:40
@dr Jack. Non per fare polemica (o forse sì? ^_^), ma questo non è il blog di Dimitri, dunque chiariamo alcune cose:
Ho letto la pagina del CICAP linkata da Charblaze e mi sembra non ci sia molto da aggiungere: la PNL è roba a livello di Giacobbo, ma più noiosa. Il che va anche bene, se una persona è felice di credere a San Gennaro, o agli angeli custodi, o simili buon per lei, tuttavia che a un corso finanziato dalla regione (quindi presumo con soldi pubblici) si insegnino certe baggianate lo trovo scandaloso.
Poi:
Prendi un tizio disperato, che ha appena tentato il suicidio. Uno di quelli che ha sempre fallito nella vita ed è convinto che continuerà a fallire – non a caso si è gettato sotto la metropolitana ma è appunto sopravvissuto, fallimento anche lì. Portalo al casinò. Digli di giocare sempre sul rosso. Ora, siccome la realtà deve dimostrare che il tizio ha ragione a essere un fallito, uscirà sempre nero. O sbaglio? Tu giochi nero e sei a posto!
Tra l’altro mi piacerebbe sapere come si fa a dimostrare il grado di “fede” (quanto ci credi) in qualcosa. Io posso affermare: “Ero convintissima che questo articolo avrebbe avuto solo cinque commenti.” Dunque come mai la realtà non si è affrettata a darmi ragione?
È bello pensare che la realtà sia influenzata dall’atteggiamento mentale (o sia influenzata dai tarocchi, o dalle preghiere a San Gennaro, o dai sogni, ecc.), ma purtroppo la realtà se ne frega e continua tranquilla per la sua strada.
@GeneraleMerdez.
Si può anche sapere perché? Ci sono i link per raggiungere la nota e i link per tornare su, non mi sembra che ostacolino la lettura. Inoltre sono appunto note, anche se non le leggi fa niente, il discorso centrale dell’articolo è capibile lo stesso.
Per il discorso più in generale dell’insegnamento non nozionistico scriverò nei prossimi giorni qualcosa nel Marciume, anche riguardo le osservazioni del BianConiglio.
#107 Comment By france On 21 marzo 2011 @ 15:08
@Gamberetta:
Hmm. Non entro nel merito del PNL perché non la conosco bene (tranne qualcosa sentita a corsi da venditori), ma l’affermazione originale di Jack che hai quotato è riconducibile anche a molti altri pensieri “sulla vita” (filosofia, misticismo e quant’altro), da Platone a Sun Tzu passando per Paulo Coehlo (xD).
In generale, se sei convinto di farcela inconsapevolmente ti porrai, nel tuo modo di fare, in un modo più positivo, e attivo, che di fatto effettivamente possono aiutarti a raggiungere l’obiettivo.
Esempio idiota: devi scaricare da solo un pancale da 4 quintali.
Dipendente menefreghista: che palle. Vabbé. Prendiamo il cutter… via la plastica. Prima scatola… ooooh issa…
Dipendente entusiasta: cazzo! ci vorranno ore. Chissà se qui di fianco hanno un muletto. Ehi, ciao, me lo presti un attimo? Grazie! A buon rendere eh!
Diciamo che porsi positivamente ti può aiutare a migliorare le tue possibilità di successo, poiché ti da’ uno “sprint” in più – chiaramente per quanto riguarda cose che puoi influenzare! La Roulotte del casinò non la puoi influenzare, se non sei il croupier.
Questo discorse vale ancora di più se sei alle prese con un’altra persona, se il tuo obiettivo è di ottenere un successo nel convncerla di qualcosa: ad esempio, se sei il venditore del folletto vorwerk. Quella gente campa da, cosa, 60 anni vendendo il solito prodotto, alla solita gente, con un nome diverso? Conoscono tecniche di vendite (come tu conosci quelle di scrittura), che in gran parte si compongono di “sii convinto che è il prodotto perfetto per te, e riuscirai a convincerne anche loro” (ho seguito due-tre di questi corsi). L’essere convinti della genuinità/efficienza del prodotto aiuta a venderlo.
Quindi, in quest’ambito, la frase di Jack è sensata: quando parliamo, cioé, di “entusiasmo [motivazione+positività] a fare qualcosa, che ti aiuta a farla effettivamente meglio”.
E, in effetti, se pensi sempre “non ce la farò mai”, difficilmente ce la farai. Il pessimismo è un automutilazione.
Ovviamente, tutto ciò riguarda la maggior parte dei Comuni Mortali. Le Dee Ittiche sono escluse da tali miserie terrene!
#108 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 15:32
@ Gamberetta
Lo stesso vale per i corsi fuffa che fingono di insegnarti a scrivere per spillarti danaro.
Anche le regole della fiction non sono provate scientificamente. Eppure sono utili. (E sono sfruttate anche loro da guru mongoli).
Lo stesso vale per la retorica. Non è provata neanche lei.
La NLP afferma che una persona convinta di riuscire ha un sacco di probabilità in più di avere successo.
La psicologia dice che non è provato.
E hai voglia a provare una cosa del genere. Come dici tu, non è che siano cose quantificabili.
Eppure Sun Tzu scriveva già ai suoi tempi dell’importanza del fattore morale.
Non lo so. Io su questo non saprei proprio come provarlo, eppure mi sembra ragionevole.
Durante la fase “azione” è meglio essere convinti in quello che si fa.
Durante la fase analisi un altro paio di maniche, ok. Ma quando si agisce è meglio essere convinti. (non c’era anche un argomento retorico in merito? “Se sostieni con abbastanza convinzione un fatto la gente finirà per crederci.” E tutte le altre idee su rappresentazione e realtà.)
Riguardo al resto della NLP parliamone… Generalizzare così non mi sembra la scelta migliore. Anche perché dopo Bandler ci sono state una marea di ramificazioni e già Robbins (il più commerciale di tutti) spara le sue cazzate.
Io tra i sistemi riferenziali (che analizzano i canali che usiamo per assimiliare le informazioni) e la show don’t tell noto dei collegamenti evidenti.
Li noto anche sul metamodello che analizza generalizzazioni, nominalizzazioni e deformazioni linguistiche.
E l’ancoramento è una rivisatazione (o applicazione) degli esperimenti di Pavlov.
Se poi per qualcuno sono argomenti noiosi non ho nulla da dire. Posso capire.
Ma vi prego. Non generalizziamo.
#109 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2011 @ 16:53
@dr Jack.
Calma. Non è proprio così. Prendiamo appunto lo “Show don’t tell” che è il cardine della buona parte delle regole. È utile? Sì, ma solo nel senso che è utile se si vogliono trasmettere sensazioni particolarmente intense al lettore. Se tu dici “serpente” invece di “animale pauroso” hai un impatto più vivido nel lettre e questo fatto è sperimentalmente dimostrabile. Ovvero si può mostrare che con il serpente si attivano più aree del cervello, si attivano le risposte di tipo fight-or-flight, ecc.
Appurata questa utilità che è del tutto specifica e ristretta:
* Lo “Show don’t tell” è utile se lo scopo è scrivere bei romanzi? Dipende. Se fai coincidere il bello con l’intensità delle emozioni, sì, ma non è un dato né dimostrabile, né condiviso. Un sacco di lettori apprezza la literary fiction e se ne frega dello “Show don’t tell”, un’altra categoria di lettori invece apprezza proprio l’aspetto tranquillo e rilassante della lettura e dunque non vuole il tipo di coinvolgimento che lo “Show don’t tell” procura.
* Lo “Show don’t tell” è utile se lo scopo è far leggere il mio libro a tante persone? No, è indifferente, sono altri i criteri che portano una persona a scegliere di leggere un libro.
* Lo “Show don’t tell” è utile se lo scopo è far pubblicare il mio libro? No, è indifferente, sono altri i criteri che portano un libro alla pubblicazione.
* Lo “Show don’ tell” è utile se lo scopo è avere “successo”? No. Ed è inutile spiegare perché.
Io spero in un futuro mondo migliore nel quale i romanzi comunicano emozioni vivide e per questo sono apprezzati e venduti, e lettori e autori sono felici, ma è una speranza e nient’altro.
Ragionando in termini di “utilità” le regole della fiction sono una perdita di tempo: invece butta giù qualunque boiata, mettici i vampiri, fatti amico qualcuno. E quando il romanzo sarà pubblicato, la gran parte dei lettori comunque non riuscirà a distinguere questa roba da un romanzo scritto a regola d’arte.
Tu fai un’affermazione contraria a qualunque evidenza empirica e poi se ti chiedo di dimostrarla fai spallucce? E dovrebbero organizzare corsi con soldi pubblici basandosi su cretinate del genere?
A me sembra ragionevole che la Terra sia piatta! Ma che razza di modo di pensare è?
@france. Ci sono due ragazze. Aprono il diario e lo trovano pieno di compiti di matematica per il giorno dopo.
La prima ragazza pensa: “Dio, che noia! E chissenefotte della matematica! Non faccio un cazzo e domani copio da Simona. Adesso mi bevo una birra.”
La seconda ragazza pensa: “Ci sarà molto da studiare, ma adesso mi rimbocco le maniche, e faccio tutti gli esercizi dal primo all’ultimo.”
Alla fine le due hanno ottenuto lo stesso risultato. Quello dell’atteggiamento positivo, entusiasta, pieno di voglia di fare, ecc. sono vaccate. Cambierò idea solo se qualcuno riuscirà a influenzare la roulette con il suo atteggiamento mentale, ovvero quando si passerà dalla fuffa al quantificabile.
E riguardo me: i contenuti di questo blog nascono dalla passione per gli argomenti trattati, unita a rabbia, risentimento, frustrazione, voglia di cavare gli occhi a tante persone, insomma tutto quello di cui mi accusano tranne l’invidia – no, davvero, non invidio nessuno nella melma dell’editoria. L’entusiasmo oscilla, ma in generale è sempre stato sotto zero fin dai primi tempi.
Ciò detto, ribadisco: ognuno è libero di credere in quello che vuole e se pensa che una credenza lo possa aiutare, tanto meglio per lui. Ma per piacere, niente soldi pubblici.
#110 Comment By Mauro On 21 marzo 2011 @ 17:06
dr Jack:
L’effetto placebo rientra in questo? Di per sé rientra nell’atteggiamento mentale che influenza la realtà: c’è gente che è guarita anche dal cancro senza aver ricevuto medicine vere, solo perché gli hanno detto che le avevano ricevute e ci ha creduto. I miglioramenti sono spariti quando ha saputo che i medicinali erano solo placebo.
Qui sono riportati altri casi, sia di effetto placebo, sia di effetto nocebo. “Sono guarito dal cancro perché credevo di aver ricevuto una cura funzionale” mi pare un buon esempio di come l’atteggiamento mentale influenzi la realtà, ma non so se rientri in quanto dicevi.
#111 Comment By Mauro On 21 marzo 2011 @ 17:20
La cosa più triste è che un incipit come quello di Sono solo mostri sia stato considerato degno di un genio letterario; non sono ai livelli di critica di Gamberetta, anche perché onestamente non reputo di esserne in grado, ma un inizio simile fa pena. «Fuori dalla finestra non c’erano mica le rondini che volavano felici e spensierate. Assolutamente no! C’erano i corvi che volavano di tetto in tetto in cerca di una carogna»; sembra il racconto che una tata fa a un bambino di due anni, non l’inizio di un libro…
Gamberetta: conosci The Wall? È scritto in forma di resoconto in prima persona, col narratore che raccoglie le testimonianze di altri personaggi in annotazioni suddivise per data e non sempre in ordine cronologico. Devo ancora finirlo – sono circa a metà – ma al momento mi pare parecchio interessante.
#112 Comment By Alberello On 21 marzo 2011 @ 18:27
@Mauro
Che fai gaglioffo? Fornisci munizioni al nemico? Non lo sai che siamo in guerra?! xD
Scherzi a parte, il placebo non rientra nel discorso (che di per sé è deragliato in maniera che nemmeno io avrei mai potuto concepire O_O), in quanto influenza la sfera interna della persona e non quella esterna.
“Il meccanismo alla base dell’effetto placebo è “psicosomatico” nel senso che il sistema nervoso, in risposta al significato pieno di attese dato alla terapia placebica prescrittagli, induce modificazioni neurovegetative e produce una serie numerosa di endorfine, ormoni, mediatori, capaci di modificare la sua percezione del dolore, i suoi equilibri ormonali, la sua risposta cardiovascolare e la sua reazione immunitaria.”
Benché le cause siano “aria fritta”, gli effetti sono quantificabili e registrabili. È come se io volessi prevedere il futuro.
“Tra cinque minuti andrò in bagno.”
È facile che io tra cinque minuti ci vada davvero e abbia predetto il futuro, perché sono io che lo decido ed io che ci devo andare. MA, se per ipotesi in quei cinque minuti io subissi un infarto e morissi, addio previsione (sono un Texano realista, yeeee ah).
“Tra cinque anni scoppierà la terza guerra mondiale.”
È molto difficile che tale previsione si realizzi perché la cosa non riguarda più solo me, ma nazioni intere.
Il futuro in teoria è prevedibile, in pratica no perché per farlo con certezza matematica occorrono dei dati ed una capacità di calcolo superiore a qualsiasi tecnologia finora scoperta. La difficoltà di previsione è direttamente proporzionale alla distanza nel tempo dell’evento che voglio prevedere e alla quantità di materia coinvolta (spazio). Quindi se si afferma che l’ottimismo può influenzare positivamente un essere umano sono d’accordo (non è utile andare da un malato a ricordargli che la morte è dietro l’angolo), ma che questo gli dia poteri paranormali di modifica della realtà su larga scala che lo circonda no, quella è ancora fantascienza (fino a prova contraria). Magari si può discutere fin dove è placebo e dove diventa altro, ma non mi pare questo il problema quando si parla di una cosa grande come la società.
Non vi è comunque certezza che è grazie all’ottimismo che un risultato esterno al proprio corpo venga ottenuto oppure no, per questo è tutto catalogabile nella sezione: “Credenze popolari”. Avere Dio come amico immaginario è utile a volte per avere un alibi e sentirsi meno in colpa o per soffrire meno, per questo di certo non organizzerò fiaccolate di gente per gridare: “BRUCIA MARRANO OTTIMISTA!”, ma se uno mi dicesse: Grazie a Dio, io posso influenzare il corso della storia, quantomeno me lo deve dimostrare (non posso farci niente, sono un fottuto realista, vi chiedo scusa, ma non ce la faccio a cambiare idea! :/).
Il tutto è spiegato scientificamente in questo filmato. Notate come sono ottimisti i partecipanti all’esperimento. xD (già so che riceverò gli insulti di dr jack per questo, ma non ho resistito, sono malato, abbi pietà :/).
#113 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 19:12
@ Gamberetta
Lo show don’t tell ha avuto degli inidizi di essere scientificamente provabili e comunque in pratica afferma di utilizzare i canali sensoriali che sono gli stessi di cui parla la NLP (che a sua volta afferma che possono essere manipolati per indurre emozioni).
La NLP però avanza dicendo che non si può trovare un elemento universale nella mente. Le persone sono mosse da stimoli diversi. La vista del serpente può spaventare di più qualcuno, il sibilo del serpente può spaventare qualcun altro e il contatto altri ancora. La sovrapposizione di canali poi aumenta di sinergia di questa paura. Non è la stessa cosa nello show don’t tell?
Ma in realtà le reazione emotive sono per forza differenti:
Il serpente può indurre la fobia in qualcun e non fare effetto su un domatore di serpenti. Non si può generalizzare.
Ed esistono anche un sacco di teorie non dimostrate come il conflitto, il viaggio di Voegler, la simpatia che proviamo verso i personaggi che soffrono, il crogiolo e quant’altro.
Tra l’altro molte di queste teorie hanno un corrispettivo nella NLP, e non a caso visto che entrambe queste teorie puntano all’evocare reazioni emotive.
La suspense si lega un po’ ai nested loops (ma questa in realtà è un po’ forzata)
Lo show don’t tell è legato ai canali sensoriali (e questo è evidente).
I marker dei personaggi (le cose che te li fanno ricordare come la cicatrice a forma di lampo su una fronte) sono legati all’ancoramento.
Le metafore in pratica sono un argomento proprio in comune.
Poi l’utilità dipende dall’obiettivo. Vero.
Ora come ora non sono teorie dimostrabili, è evidente, lo dicono tutti, ed è una delle principali critiche che fanno anche alle regole della fiction.
Ma la questione del placebo è un indizio.
Gli indizi sullo show don’t tell valgono a loro volta.
E comunque le regole della fiction esistono da secoli, la NLP è appena nata.
Non sto dicendo che è perfetta. Voglio solo chiedere di non etichettarla come cazzate da lavaggio del cervello solo perché un idiota va in giro a blaterare che due punti che formano un’unica retta.
I guru mongoli rimangono tali.
Quando non si hanno a disposizioni dati certi o quantificabili trovo utile usare dati ragionevoli.
E’ la stessa cosa che si fa nella fiction.
Riguardo all’entusiamo posso riportare varie autorità che affermano la sua importanza, ma non posso provarlo.
Anche la questione del placebo. E’ provato l’effetto, ma non è provata la causa.
Ma fino a prova contraria è ragionevole credere che quando una persona crede che qualcosa la faccia guarire allora guarisce.
@ Mauro
Esatto. Grazie.
#114 Comment By Zave On 21 marzo 2011 @ 19:13
anche il maestro yoda mostra di credere nella PNL quando mostra a luke come sia possibile sollevare la navicella con la forza: “non posso crederci!” “ecco perché hai fallito”.
cazzate a parte posso concordare che per il genere di situazioni dove l’esito dipende molto dalle forze dell’individuo partire con un atteggiamento positivo. questo ovviamente non garantisce la riuscita ma potrebbe facilitarla.
se uno studente si ritrovasse un mucchio di roba da studiare la notte prima dell’esame partire con l’atteggiamento “posso farcela” potrebbe aiutarlo rispetto ad un “tanto non ce la farò mai” che potrebbe indurlo a perdere tempo e cedere alle distrazioni perché tanto è già convinto di non riuscire.
ma non è comunque una sicurezza.
e mi sembra un fondamento piuttosto debole per questa ennesima branca delle pseudoscienze.
poi c’è chi crede all’omeopatia (la teoria della memoria dell’acqua, necessaria per spiegare il funzionamento delle diluizioni maggiori non ha nessun riscontro scientifico) o alla fisiognomica…
ma non sarei per niente d’accordo che cose del genere venissero insegnate con soldi pubblici.
#115 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 19:14
Stronzo!
Come volevasi dimostrare :p.
#116 Comment By Mauro On 21 marzo 2011 @ 19:21
Alberello:
Sto raccogliendo informazioni sulle parti, non rovinarmi la copertura!
Su atteggiamento mentale e realtà, segnalo anche questo articolo; essendo a pagamento non ho potuto (almeno per ora) leggerlo tutto, ma qui dicono qualcosa su uno degli esperimenti.
Inoltre qui c’è un articolo del Time Magazine, e qui il sito del Connecticut College riporta la stessa citazione di Vyse in relazione all’articolo (la segnalo solo a sostegno dell’esattezza della citazione del Times).
#117 Comment By Doarcissa On 21 marzo 2011 @ 19:29
Ottimo articolo!
Riguardo la letteratura italiana c’e` anche che ora come ora l’insegnamento procede cosi`: un signore, p.e. Marcello Sensini, legge integralmente un’opera, la interpreta, e allo studente e` richiesto di leggere 10 righe di testo originale e imparare l’interpretazione di Sensini. Che e` sicuramente giusta e interessante, ma questo non spinge molto ad analizzare e a farsi un’idea propria di quello che si legge.
In letteretaura greca e latina invece, leggevamo l’opera integrale (in italiano, ovviamente, si traducevano solo alcuni passi), ed eravamo obbligati a estrapolare i concetti da soli.
Credo che se si facesse cosi` anche per l’italiano sarebbe meglio. Tra l’altro anche I Promessi Sposi, letto senza le mille sovrastrutture interpretative-educative, risulta leggibile e divertente a tratti. Insegnato cosi`, invece, e` un po’ quello che e` Bambi per i cartoni: ti segna!
Non so, a me sembrava sempre di dover mangiare qualcosa di pre-masticato e pre-digerito. Volevo sapere: a qualcun altro ha fatto questo effetto?
Per quanto riguarda la NLP, io ho letto solo Anthony Robbins, e un sacco di tempo fa, ma ne avevo ricavato un concetto piu` sensato di quello che ho letto qui. Mi era parso che si applicasse principalmente a cio` che e` nei fatti influenzato dall’atteggiamento, cioe`, banalizzando:
- te stesso: l’effetto placebo e` provato scientificamente, quotando tutti;
- altre persone: se pensi che tua moglie ti tradisca tenderai a trattarla come una moglie fedifraga e le probabilita` che ti tradisca davvero aumentano sensibilmente :P Come quando uno pensa che tutti ce l’abbiano con lui, allora tratta tutti come nemici, e in breve tutti ce l’hanno effettivamente con lui.
Ci sono molti casi in cui cambiare le parole che si riferiscono a una certa cosa cambia l’atteggiamento nei suoi confronti. Come chiamare ‘escort’ le prostitute o ‘termovalorizzatori’ gli inceneritori.
Non credo sia una cosa pensata per agire su altro: se sorrido non esce il sole, e non vinco alla roulette, ma la NLP non si propone questo. Infatti credo sia una cosa da pubblicitari e venditori, perlopiu`. Almeno a quanto ho capito io, che magari non ci ho capito niente!
Ciao!
#118 Comment By Cocca On 21 marzo 2011 @ 19:46
Non so nei libri, ma di film ne ho visti un paio in cui la trama girava attorno allo scambio di corpi di due ragazzi che poi s’innamorano. =/
Non vedo l’originalità. Bah.
Anch’io ho letto Fahrenheit 451 di Bradbury. Non l’ho trovato un brutto romanzo, anche se ha un finale che m’ha soddisfatta poco, sa un po’ di roba aggiustata alla bell’e meglio.
@Gamberetta: Io aiuto una mia amica nella stesura del suo libro, e anche grazie ai tuoi consigli evito che faccia troppi errori. Le ho fatto eliminare le scene in cui il protagonista si specchia e si descrive da solo, ma lei dice che ci tiene a quel personaggio e vorrebbe che il lettore lo immaginasse il più possibile come lo vede lei. Vorrebbe mettere, a circa una quarantina di pagine dall’inizio, una descrizione del protagonista mentre si rispecchia nell’acqua di un ruscello. Io le ho detto che è praticamente la stessa cosa dello specchio, ma non saprei dove farle inserire ulteriori descrizioni, penso che non si possa essere precisissimi per certe cose. Tu che momenti sfrutteresti per fornire informazioni più specifiche su di un personaggio?
#119 Comment By dr Jack On 21 marzo 2011 @ 19:54
@ Doarcissa
Hai capito giusto (o siamo in due a non aver capito niente).
La gente che vola con la forza delle convinzioni è la teoria proposta da Alberello :p.
Io comuque su Robbins rimango in dubbio su alcune cose. Come quando fa camminare la gente sui carboni ardenti, mi sembra più un banale trucco che, anche se a fin di bene, non mi da un senso di professionalità.
@ Zave
Il problema dei soldi è che secondo me attualmente fanno pagare un sacco cose che si possono apprendere leggendo un paio di libri. Senza poi contare i soliti guru.
Facendo l’esempio del guru della linea retta.
Secondo me voleva usare un concetto del Milton model in cui se dici tre cose riconosciute come vere puoi dirne una quarta non quantificabile o non assodabile e sarai creduto. (Stessa idea usata da Schopenauer se non sbaglio, che a sua volta non è provabile scientificamente.)
Probabilmente voleva dire tra due punti passa una sola retta… ma era un coglione e ha avuto l’effeto contrario.
(Se dici una cazzata anche il resto saranno cazzate.)
#120 Comment By Alberello On 21 marzo 2011 @ 20:18
@dr jack
Personalmente non ho secondi fini e ho sempre maltollerato ciarlatani in genere, in quanto grazie a pseudoscienze o superstizioni spesso causano un danno alle persone, riflettendo poi un danno sociale non di minima portata. Per questo sono un pò prevenuto su questa posizione e preferisco aspettare prima di gridare al “miracolo”. Questo è un discorso generale, non riguarda te o qualcun altro nello specifico.
Ti chiederei però di essere cauto ad affermare una cosa di questo tipo, perchè non è sempre vero. Se il corpo è debole e le condizioni cliniche sono effettivamente gravi, non c’è “fede” che tenga. Il placebo può essere un aiuto, non una panacea. Questo lo dico per evitare che qualcuno sovrastimi questi effetti e smetta di assumere farmaci prescritti pensando che “tanto basta crederci”.
Il placebo è legato comunque all’assunzione di una sostanza (che di per sè non ha effetti rilevanti sull’organismo) e funziona solo se la persona che l’assume non è consapevole di questo. Inoltre anche questo tipo di terapia è solo ed esclusivamente prescrivibile da un medico riconosciuto dall’albo, non è una cosa “da prendere alla leggera”.
Dico questo non per disfattismo, ma perchè ci tengo al benessere del prossimo, voglio solo evitare l’effetto Icaro. Più si vola in alto e più ci si fa male in caso di caduta.
Fine discorso serio.
Consiglio invece la visione del film: “Non è vero… ma ci credo” di Peppino De Filippo. Una commedia giusto per alleggerire il tutto. :)
#121 Comment By Mauro On 21 marzo 2011 @ 20:41
Alberello:
Di per sé mi chiedo se una puntura, senza però iniettare nulla, produrrebbe effetto placebo: il paziente sarebbe comunque convinto di aver ricevuto qualcosa.
In ogni caso, anche fosse legato all’assunzione di una sostanza, cosa cambierebbe del fatto che un atteggiamento mentale porta a un cambiamento reale?
Sull’effetto placebo: http://www.queryonline.it/2011/02/15/gli-strani-poteri-delleffetto-placebo/.
Di per sé, l’effetto placebo sembra funzionare anche se il paziente sa che non sta prendendo medicine (penultimo paragrafo).
#122 Comment By france On 21 marzo 2011 @ 21:20
@Gamberetta:
Non esattamente: all’esame di maturità, la prima ragazza non potrà copiare da Simona, e se il presidente della commissione non sarà un uomo a cui poter fare un lavoretto sottobanco, uscirà con 61 o non uscirà affatto.
L’altra ragazza invece avrà capito come funziona la materia e sarà in grado di uscire con 90/100 anche senza doversi riempire la bocca di sp…iacevolezze.
#123 Comment By france On 21 marzo 2011 @ 21:21
completo:
e comunque, l’esempio che ti ho portato è reale e pratico, vissuto personalmente. Il mio collega, alla fine del mese di prova, è stato lasciato a casa. Io ho lavorato lì finché la ditta non ha chiuso.
L’atteggiamento cambia i risultati. Eccome.
#124 Comment By tasso barbasso On 21 marzo 2011 @ 22:08
@dr jack
Scusa se interferisco, ma essendomi imbattuto (tanto tempo fa) in alcune delle questioni di cui si parla qui, sento l’esigenza di aggiungere qualcosa.
Non so cosa come sia stata utilizzato (o massacrato?) il concetto di Neuro-Linguistic Programming dopo la sua formulazione da parte di Richard Bandler e John Grinder (1980), ma ho la nettissima sensazione che quel concetto abbia molto poco a che fare con la stragrande maggioranza delle cose che ho letto in questi commenti.
Secondo me uno dei principali problemi della NLP (o NP) è che il nome scelto dai suoi ideatori ha favorito una notevole escalation di equivoci (anche dovuti ai titoli di alcuni loro lavori) tanto che alcuni hanno attribuito a Bandler e Grinder l’intento di voler diffondere l’idea che la mente umana (o addirittura la realtà stessa) sia manipolabile attraverso procedimenti di natura matematica, mentre paradossalmente alcuni altri li accusavano di atteggiarsi a leader di una specie di setta misterica. Ovviamente sarebbe bastato leggere i loro libri (o i resoconti della loro attività professionale) per rendersi conto che si trattava di altro.
Per quanto ne so la NLP è fondamentalmente un insieme di tecniche psicoterapeutiche (della psicoterapia cosiddetta breve) – sviluppate anche sulla base delle pratiche sperimentate da Milton Erickson, del comportamentismo e degli studi condotti nell’ambito della Scuola di Palo Alto (v. Paul Watzlawick) –, di natura essenzialmente pragmatica e basate sull’osservazione e lo sfruttamento dei nessi tra comportamenti umani e specifici stimoli intellettivo-sensoriali. Uno dei meccanismi messi a punto da Bandler e Grinder si può descrivere (in termini elementari) come una “ristrutturazione” del significato che il paziente attribuisce alle situazioni in cui si trova.
Purtroppo, così come accadde con le esperienze di Milton Erikson (e come accade quasi sempre con quasi tutto), pare che anche la NLP sia stata soggetta ad alcuni abusi successivi.
#125 Comment By Gamberetta On 21 marzo 2011 @ 22:15
@france. Stai facendo un po’ di confusione. Prima ragazza: ha un atteggiamento mentale positivo, studia tantissimo, si impegna, prende 90. Seconda ragazza: è scazzata, non gliene frega niente della scuola, va a letto con il preside, prende 90. Il risultato è lo stesso. Poi puoi fare considerazioni morali più o meno condivisibili, ma questo non ha niente a che fare con il problema che l’atteggiamento mentale influenza il risultato, visto che atteggiamenti opposti ottengono il medesimo risultato.
Comunque, ribadisco per l’ultima volta: ognuno è libero di fare appello alle teorie più pazzesche, ma i soldi pubblici dovrebbero essere spesi solo quando ci sono prove concrete che qualcosa funzioni.
@Cocca. Detto così il problema è un po’ troppo generico. Per prima cosa bisogna considerare il punto di vista: se è terza persona limitata con la telecamera sempre sulla spalla del protagonista o se è in prima persona, una descrizione del personaggio risulterà sempre forzata e superflua. Basta che guardi i videogiochi con quella prospettiva: tu vedi solo la canna della pistola o la lama della spada, non vedi mai il personaggio. Al limite non sai neanche se è uomo o donna, umano o alieno. Così se scrivi la storia con quella prospettiva, semplicemente non ha senso comunicare al lettore i dettagli di una descrizione fisica, tanto il lettore non immaginerà mai il personaggio con una prospettiva esterna.
Poi: a meno che non ci siano dettagli fisici particolari (tipo il protagonista è zoppo e va in giro con le stampelle), gli altri dettagli spariscono poche pagine dopo la descrizione. Dici che era con gli occhi azzurri, i capelli verdi, alto tanto, pesante tanto: 10 pagine dopo il lettore si è già scordato, a meno che questi particolari non abbiano importanza nella storia – e di solito non ce l’hanno, o comunque avrà importanza al massimo il singolo dettaglio: le orecchie a punta, la pelle scura, gli occhi di colori diversi(SIGH), ecc.
Ugualmente, se proprio vuoi, puoi lo stesso comunicare questi dettagli, spargendoli in giro: il personaggio si china entrando nella taverna (il personaggio è alto), il personaggio occupa due sedili sulla metropolita (il personaggio è grasso), il personaggio perde i capelli dopo aver fatto un giro vicino al reattore guasto in Giappone (puoi infilare il colore dei capelli), il personaggio si pulisce gli occhiali (il personaggio è miope), ecc.
Infine, se proprio devi, se no l’amica muore: metti il personaggio nella condizione di voler essere consapevole del proprio aspetto. Il classico: si sta vestendo prima di andare a un appuntamento importante. Oppure gli hanno appena rotto la faccia a calci e vuole controllare che ci siano ancora tutti i denti, ecc. Tra specchio e ruscello a questo punto sarebbe meglio lo specchio: il personaggio che si specchia nel ruscello non si può proprio vedere.
#126 Comment By Alberello On 21 marzo 2011 @ 22:51
@Mauro
Teoria interessante, ma per lo più inapplicabile, per una semplice conseguenza logica. L’effetto placebo presume che il paziente sia cosciente (per avere aspettative dalla “cura” e dare modo al suo cervello di mettere in moto i meccanismi di cui avevo riportato nei commenti precedenti), se è cosciente si accorge cosa tu stai per fare. Pertanto non puoi andare lì solo con un ago (che comunque deve essere sterile ed indossato con guanti sterili) perché capirebbe subito che non gli stai iniettando nulla. E non puoi nemmeno usare una siringa vuota, perché non puoi iniettare aria in una vena o peggio in un’arteria e nemmeno fare finta, perché il paziente si accorgerebbe di nuovo della messa in scena. Potresti farlo se il paziente è cieco, ma l’altro motivo percui non si fa è che si cerca sempre di applicare la terapia meno invasiva possibile a livello fisico (prima di bucare qualcuno si cercano sempre alternative).
Quindi può essere che la cosa funzioni anche senza sostanza, io ho solo riportato ciò che mi hanno insegnato al corso per O.S.S. e quello che ho visto sul lavoro, non mi azzardo ad andare oltre perché non ne ho le competenze, andrebbe sperimentato ciò che dici, ma credo che non si faccia perché poi non sarebbe così utile all’atto pratico (non sono poi milioni i pazienti ciechi e basta davvero una sostanza innocua qualsiasi).
Nulla, infatti avevo già scritto nel mio penultimo commento (ma l’hai letto? lol) che riconosco la validità del placebo in tal senso, ma che mi fermo lì in quanto il cambiamento è circoscritto alla persona e poco più e non ad una realtà molto più ampia come può essere quella editoriale (di cui dr jack all’inizio parlava). E soprattutto la cosa è estremamente soggettiva, non su tutti ha gli stessi valori di influenza. Io la considero un po’ una medicina dagli effetti imprevedibili. Infatti il medico o l’infermiera mi chiedono sempre di controllare più spesso i parametri vitali della persona a cui è stato somministrato ciò, per essere sicuri che effettivamente ci sia un miglioramento.
Hai aperto un vaso di Pandora che non puoi nemmeno immaginare con quell’articolo. Si è dibattuto spesso sul valore etico del placebo e della sua eventuale infrazione rispetto al Giuramento di Ippocrate (al di là della legge ecc.) in quanto può apparire discutibile “mentire” ad un paziente. Mentire è sbagliato, ma siccome la società attualmente fa acqua da tutte le parti, non è possibile avere un’istruzione adeguata che fornisca una conoscenza sulla farmacologia a tutti i cittadini in modo che essi siano pienamente coscienti. A volte essi vogliono una medicina a tutti i costi perché sono abituati così e se provi a dirgli che non serve pensano che vuoi solo evitare di lavorare o addirittura danneggiarli. Si sceglie quindi “il male minore” e gli si da qualcosa di innocuo dicendo che fa bene. Non è ovviamente la scelta più giusta, ma è per questo che bisognerebbe lottare per cambiare il sistema, la narrativa fantasy in tal senso è solo uno dei problemi (ma siccome sono tutti della stessa natura, trovata la soluzione per uno, trovata per tutti).
Se ti dicessi che i farmaci generici non sempre sono efficaci come quelli di marca? Il farmaco di marca è un farmaco che è coperto per legge dal brevetto della casa farmaceutica che l’ha scoperto per un tot di anni prima di essere “decopyrightizzato” e reso a disposizione di tutti in quanto patrimonio dell’umanità. Quando questo succede chiunque può riprodurlo in serie e di conseguenza cala il suo prezzo (più offerta, uguale richiesta, legge di mercato) e diventa “generico”. Il problema è che per legge il farmaco generico deve avere lo stesso principio attivo di quello originale, ma non è citato nessun obbligo per l’eccipiente. “Un eccipiente è una sostanza ausiliaria della produzione di una forma farmaceutica. È una definizione che include qualsiasi materiale si trovi nel farmaco finito che non sia il principio attivo. Inizialmente queste sostanze venivano definite come inerti, nei confronti del principio attivo e della forma farmaceutica: in realtà, oggi si sa che alcuni materiali usati nella preparazione dei farmaci possono – e spesso sono usati proprio per questo scopo – modificare il rilascio del principio attivo dalla forma farmaceutica.”
Per risparmiare spesso coloro che producono i farmaci generici usano eccipienti di scarsa qualità che modificano il tempo d’azione del farmaco, sbalzando i ritmi di assunzione, ma senza riportarlo sul foglietto illustrativo (è un po’ come costruire uno shuttle con pareti di polistirolo). E la cosa più divertente è che tutto ciò è legale perché la legge non è aggiornata. Dunque non sempre ciò che è legale è giusto, non sempre ciò che è giusto è legale. Ho divagato su questo tema per dimostrare come il concetto sia lo stesso de: “Scrivo un libro senza documentarmi, costruisco una palazzo con materiale scadente ecc.” Se ci estingueremo sarà per profitto. Probabilmente c’è gente che non si rende nemmeno conto che le medicine che prende non sono fatte a regola d’arte e ne accelerano il decesso, d’altronde non è tutto un business? Se io vendo libri scadenti perché dovrei aspettarmi medicinali buoni?. Ma ovviamente tutto questo è secondario, la priorità è sapere chi è il proprietario della casa di Montecarlo, oh yes.
Da quanto ne so Mauro, per ora il placebo è usato mentendo (come tutto in questo paese), se però riusciranno con la ricerca a trovare un modo per usarlo anche senza questa prerogativa, sarò il primo ad esserne felice. Io non sono contro il progresso, vado solo con i piedi di piombo.
#127 Comment By Mauro On 21 marzo 2011 @ 23:28
Alberello:
A seconda di dov’è fatta l’iniezione, si può arrivare con una siringa piena e poi sostituirla con una vuota tenuta – che so – in tasca. Nota: non sto dicendo sia facile, ma i modi per farlo ci sarebbero.
Del resto, se è vero che l’agopuntura è un placebo allora che non serva iniettare sostanza è provato.
Per quanto riguarda il discorso su placebo e menzogna: evito di entrarci in maniera particolareggiata perché sarebbe (ulteriormente) fuori tema; però nel portare quell’esempio stavo sottolineando che quanto detto da te – “[il placebo] funziona solo se la persona che l’assume non è consapevole di questo” – non è esatto, o almeno ci sono dubbi sulla sua veridicità.
Tutte le considerazioni che fai sull’etica aprono un discorso immenso, è vero; che però non cambia il punto per cui ho segnalato quell’articolo.
Comunque, una volta concordato che il placebo è un caso di atteggiamento mentale che cambia la realtà, e che dr Jack ha confermato essere un esempio di ciò che intendeva, direi che il discorso sull’argomento in questa sede ha esaurito la sua utilità (se poi qualcuno ha altro da dire leggerò ben volentieri).
#128 Comment By Il Guardiano On 22 marzo 2011 @ 00:15
Non vedo perché fare una iniezione (o dare una pillola) “di nulla” sia inapplicabile.
Una persona che conosco è stata “scelta” per una cura sperimentale in doppio cieco.
La metà di loro doveva esser sottoposta a placebo, l’altra metà alla cura.
La pillola, dunque, la prendevano tutti.
#129 Comment By Alberello On 22 marzo 2011 @ 00:16
@Mauro
Se lo scrivessi in un romanzo ti manderei a cagare per quanto è poco credibile. xD Hai idea di che tipo di divise indossiamo sul lavoro? Hanno le tasche aderentissime (percui si vedrebbe lontano un chilometro) per evitare l’introduzione di agenti esterni non richiesti e sono in materiale leggero per lavorare al caldo senza sudare e favorire la produzione di germi (quindi estremamente a rischio perforazione) ed hanno le maniche corte. Hai idea di quanto siano pungenti e sottili gli aghi da iniezione? Sottilissimi per evitare che la via cruenta sia eccessiva sul tessuto epidermico e il reflusso del sangue. Sai che da protocollo per la sicurezza è vietato re-incappucciare gli aghi per evitare rischi di contatto sanguigno tra noi e il paziente? E ti ripeto che l’ago da puntura deve essere sterile al momento dell’introduzione nel corpo del soggetto.
Tra l’altro l’ago e la camicia (la parte superiore della siringa) vanno smaltiti in modo diverso. Stiamo parlando di milioni di euro e tutto per cosa? Per evitare di usare dell’acqua e zucchero?
Trovane uno sensato e mettilo in un romanzo fantasy, è un’idea originale. Magari però prima prova a fare un mese in reparto a lavorare, così ti rendi conto. ^^ Siamo persone che lavorano in ospedale, non prestigiatori. xD
Mauro, ti ripeto, non dico di no, semplicemente non me ne prendo responsabilità perché ci sono conseguenze legali. Non stiamo parlando di elfi gay o vampiri luccicanti, stiamo parlando di medicina sperimentale. Se tu ti senti sicuro di ciò che affermi sono contento per te, se poi qualcuno ci muore con queste tue affermazioni, io non voglio saperne niente, lol. A meno che ovviamente non mi riveli che sei medico e allora cambia tutto. ^^
Mauro, non vuoi proprio capire. xD Io ti riporto la definizione che mi hanno insegnato e come è usato attualmente, se dici che non è esatto non metti in dubbio me, ma una regola scientifica attuale. Non ti vieto di farlo, ma io non me ne assumo responsabilità se qualcuno ti da retta e succedono casini.
#130 Comment By Alberello On 22 marzo 2011 @ 00:22
@Il Guardiano
Appunto, gli hanno dato qualcosa, non gli hanno dato “nulla”. Mauro con nulla intende niente di niente, nemmeno la pillola “finta”.
Intende di simulare una puntura senza introdurre nulla nell’organismo (nemmeno acqua, eccipienti ecc.).
Il tuo esempio è perfetto per indicare uno dei modi in cui viene usato l’effetto placebo.
#131 Comment By Charblaze On 22 marzo 2011 @ 02:15
@Mauro & dr Jack:
Mi permetto di dissentire, l’effetto placebo è dimostrato da molti studi ma l’atteggiamento mentale non cambia la realtà. A cambiare, semmai, è il comportamento e la fisiologia della persona e questo cambia come essa risponde alla realtà, nel limite delle leggi fisiche, non il come la realtà risponde alla persona.
Se cambi la retroazione di un sistema cambi la risposta del sistema, non il sistema o l’ambiente in cui si trova.
Il pensiero positivo è il fratello scemo del pensiero critico. Liberissimi di predicarlo, ma non ammantatelo di poteri che non ha.
Comunque questa è la cosa che mi tange di meno, che le istituzioni permettano l’insegnamento e spendano soldi per una disciplina priva di qualsiasi credito è grave.
Vorrei che i sostenitori della PNL rispondessero alle domande sottolineate.
#132 Comment By Mauro On 22 marzo 2011 @ 08:23
Alberello
Non sono io a metterlo in dubbio, ma quanto indicato in quell’articolo; se poi mi dici che sono tutte cazzate non ho problemi a crederti, ma se uno studio serio indica la possibilità che il placebo funzioni anche se il paziente lo sa allora almeno avere il dubbio non mi pare assurdo.
Questione siringa: conosci l’argomento sicuramente meglio di me, quindi prendo atto che all’interno della legislazione corrente non sarebbe possibile.
Charblaze:
Per questo ho detto che non sapevo se rientrava in quanto detto da dr Jack: se con “influenzare la realtà” s’intende cambiarne le leggi fisiche, allora no, non può farlo; se invece s’intende passare da “La realtà è che ho un cancro terminale incurabile” a “La realtà è che sono completamente guarito” allora può influenzarla.
#133 Comment By GeneraleMerdez On 22 marzo 2011 @ 09:30
@Gamberetta
E’ vero ci sono i link per andare e tornare, ma io le odio lo stesso.
Continuerò a leggere i tuoi articoli ugualmente ci mancherebbe, come continuo a leggere libri e riviste in generale provvisti di note alla fine del testo (dopo aver letto Infinite Jest non credo che troverò di peggio).
Ciò non toglie che mi infastidiscono perchè mi costringono a interrompere la lettura rimandandomi (appunto) alla fine dell’articolo/libro in cerca di informazioni che lì per lì, mi sembrano essenziali anche se una volta lette penso che ne potevo fare pure a meno, godendomi la scorrevolezza del testo.
Tutto qui.
Salut
#134 Comment By dr Jack On 22 marzo 2011 @ 16:37
Facciamo finta, per soli fini accademici, che io sia un ufficiale dell’esercito del male. Domani ci sarà una battaglia con i buoni. Io so per certo che siamo un po’ in lieve svantaggio ma possiamo farcela.
Se sento un ufficiale che crea pessimismo e disfattismo nelle truppe, vado lì e gli dico di smetterla, poi dico alle truppe che l’ufficiale era ubriaco, di non prenderlo sul serio.
Quindi proverò ad indurli in uno stato utile e il più intenso possibile (che ne so, rabbia, sicurezza in sé stessi, desiderio di vittoria, quello che preferite) così avremo più possibilità di vincere.
Il solo aumento di adrenalina ha un effetto reale.
Poi esistono decine di triliardi di altri fattori, come strategie creative, possibilità di avere armamento migliore e quant’altro.
Ma negare l’elemento morale sarebbe stupido, perchè anche molte delle altre tattiche di guerra e guerriglia non sono provate scientificamente.
Eppure qualcuno le usa.
Qualcuno ha visto che funzionavano, e quindi si sono limitati a estrarre le strategie utili, si fa in una marea di campi come la fiction e il game design.
Prima o poi qualcuno riuscirà a provare qualcosa, per ora ci si deve accontentare di teorie.
Anche per lo show don’t tell è nato esattamente e precisamente così. Oggi abbiamo qualche indizio “scientifico” che funzioni. Ma lo show don’t tell era una regola utile anche prima che potesse essere provata.
Se poi qualcuno vuole ancora affermare che il disfattismo sia una strategia valida per vincere una guerra. Be’, non so più cosa dire.
@ Riguardo alla PNL:
Me ne vado in fogna che tanto non gliene niente (o quasi) a nessuno, e comunque io stesso non voglio spingervi a fidarvi troppo dei guru della linea retta e trovo orribile che un guru della linea retta sia pagato con soldi pubblici.
Magari anche la questione della motivazione sarà da finire in fogna, ma bò, mi sembra ancora semi collegata all’argomento.
#135 Comment By Alberello On 22 marzo 2011 @ 17:47
@dr jack
Cosa che nessuno su 134 commenti ha sostenuto. E non venire a dirmi che di nuovo hai estremizzato per fini accademici ecc. Tu contrapponi continuamente “bene e male”, “buoni e cattivi”, “alto morale e disfattismo”, “bianco e nero”. Qui nessuno è buono o cattivo, ognuno è una testa pensante e praticamente ognuno di coloro i quali ha contestato questa visione ha usato esempi e argomentazioni diverse. Io ho divagato su metafore estreme e parlando di Edison (che tra l’altro avevi introdotto tu come esempio) finendo poi in campo clinico, Tapiroulant ha citato autori e saggi teorici a lui noti, Gamberetta (che tra l’altro mi odia per il mio becero umorismo spartano ç_ç) ha parlato usando le sue conoscenze sulle regole della narrativa fantastica, Tasso Barbasso (a mio parere il commentatore più sottovalutato di tutti i tempi) ha dimostrato che in realtà probabilmente non sappiamo neanche di cosa stiamo parlando (lol) e Charblaze ti ha riportato la sua esperienza di vita più articoli annessi.
Ma nessuno di coloro i quali ho citato ora ha mai scritto che essere disfattisti è una strategia valida per avere successo in qualsiasi campo, nemmeno a voler sindacare ogni singola sillaba. E non te ne uscire con:
Perché se per rendere più pulito (netto) il tuo messaggio, sei costretto a infangare quello degli altri, beh significa che il tuo non era poi così pulito e stai giocando sporco alla retorica. xD Ricorda le parole del saggio OcchioDiFalco: Se io dichiaro di essere un meticcio arancione, non è necessario che tu mi accusi di essere un pellerossa affinché la gente ti creda un muso giallo. Basta affermare che sei un muso giallo.
Augh.
#136 Comment By dr Jack On 22 marzo 2011 @ 18:33
@ Alberello
E invece te lo dico :p.
Davvero, l’esempio è semplice e diretto solo a fini accademici. Ho voluto tagliare tutto il tagliabile per evitare che mi si scartasse inserendo nuovi elementi.
In effetti ho fatto male a usare le parti bene e male (a cui sono affezionato) che richiamavano troppo lo scontro avvenuto tra noi. Mi spiace. Ormai è andata.
Fate conto che al posto di buoni e malvagi ci siano i verdi e i rossi.
Volevo solo evidenziare che esiste almeno un caso dove la motivazione conta e il disfattismo è una strategia inutile.
La motivazione ha quindi un effetto utile, e mi sembra ricollegabile anche in numerosi altri ambiti.
Ogni tanto mi era sembrato di capire che per alcuni non faceva differenza.
Ho sbagliato a capire? Be’ adesso ho chiarito.
#137 Comment By Charblaze On 22 marzo 2011 @ 19:31
@Mauro:
No, non l’influenza neanche nel secondo caso. Come ho già detto a cambiare è la risposta, non il sistema che la produce o l’ambiente. Prendiamo una macchina in movimento, se cambio marcia cambio la risposta dell’auto ma questa rimane la stessa, la strada anche. Cambiare marcia non trasforma una panda in ferrari, né una mulattiera in autostrada a tre corsie.
SCIENCE! Because it works bitches.
@dr Jack: Prendiamo pure il tuo ufficiale, anche così possiamo notare che:
1) il numero delle tue forze è rimasto invariato,
2) il numero dei nemici anche,
3) le capacità atletiche dei tuoi soldati restano quelle,
4) Quattro,
5) QI e istruzione pure,
6) idem per il campo di battaglia.
La realtà NON è cambiata.
L’adrenalina cambia la R-I-S-P-O-S-T-A dei soldati quando si troveranno di fronte al nemico, ma non aumenta la loro massa muscolare, le tecniche schermistiche o l’esperienza. Infine è comunque l’adrenalina a cambiare la risposta non il pensiero positivo in sé e di per se, come venga prodotta, rabbia, disperazione, eccitazione, paura o inniezione è irrelevante.
Riprendendo l’esempio di Gamberetta, si può riuscire in qualcosa a prescindere dal tipo di pensiero, l’importante è agire in modo vantaggioso alla riuscita e avere la perseveranza di farlo.
Poi al pensiero positivo ho contrapposto il pensiero critico non il comportamento emo che è al livello di quello positivo ad minchiam.
#138 Comment By Gamberetta On 22 marzo 2011 @ 20:26
Ho aggiunto qualche altra osservazione riguardo il Manzoni & la skuola kattiva, qui.
#139 Comment By Mauro On 23 marzo 2011 @ 08:32
Charblaze:
Nessuno ha negato simili cose, quello su cui alcuni non concordano è che passare da “Ho cellule malate” a “Le cellule malate sono sparite” non sia cambiare la realtà: per te no, per altri sì (anche usando i tuoi termini, da “la risposta è A” a “la risposta è B”; se preferisci, l’atteggiamento mentale ha portato a una risposta immunitaria che ha cambiato la realtà).
Inoltre, che qualcuno dica “può influenzare la realtà” non significa che dica “può fare il cazzo che gli pare”; quindi, gli esempi contrari portati sono giustissimi, ma non negano l’affermazione.
In ogni caso, il mio discorso è proprio che dipende da cosa s’intende con “influenzare la realtà”. Se per te significa “cambiare le leggi fisiche”, allora come detto no, non può farlo; semplicemente, per altri non ha un significato così ristretto.
#140 Comment By dr Jack On 23 marzo 2011 @ 09:49
@ Charlblaze
L’adrenalina è un effetto chimico che ha un effetto sulla realtà, ed è causata in risposta a un determinato input sono d’accordo.
Visto che siamo scientifici smettiamo di chiamarle emozioni e chiamiamole reazioni chimiche.
Ad esempio non ci sono soldati nemici oltre il fiume, ma tu te li IMMAGINI e te li IMMAGINI a migliaia (o a triliardi, o in possesso di un’arma che ti terrorizza o quant’altro). Avrai una reazione chimica. Non solo, un ufficiale anche solo con un discorso vivido (usando lo show don’t tell!) può farli IMMAGINARE.
E lo show don’t tell stesso aiuta a modificare le reazioni chimiche.
Possiamo presumere senza troppe difficoltà che esistano un sacco di altre reazioni chimiche reali ad effetti immaginari o evocati.
Queste reazioni chimiche avranno un effetto sulle decisioni della gente. E un buon generale, pur senza conoscerli scientificamente, dovrà tenerne ragionevolmente conto.
Che poi esistano metodi alternativi (come l’iniezione di stupefacenti) è vero. Ma non sempre sono disponbili e hanno effetti collaterali più evidenti.
Sull’importanza degli altri fattori e della valutazione strategica non ho nulla da dire. Sono d’accordo sulla loro importanza e sono anche d’accordo che la convinzione riposta mal riposta ha effetti catastrofici.
Ma trascurare le reazioni chimiche dell’esercito è un errore tattico.
#141 Comment By Cymon On 24 marzo 2011 @ 19:03
Vero, che tristezza, la critica in 60 anni non è cambiata di una virgola.
Sempre lì a sezionare la rana, a dividere membra da membra, a frugare tra le viscere. Ti viene a dire come la rana si muove, ma quando gli chiedi “perchè” rimane lì imbambolata.
#142 Comment By Lupo Lucio regna On 24 marzo 2011 @ 22:51
Ciao Gamberetta,
vorrei andare un attimo off topic e chiederti una cosa: hai letto/studiato ‘Writing Science Fiction’ di Christophe Evans? L’ho per caso trovato nella biblioteca locale e vorrei sapere ne vale la pena.
#143 Comment By Alberello On 25 marzo 2011 @ 01:06
@Cymon
Ci sono varie teorie a riguardo:
1) Dio
2) Big Bang
3) Disegno intelligente
4) Quattrismo
5) Panspermia
6) Pastafarianesimo
7) La forza
Sinceramente ne ho già abbastanza di gente che mi vuole spiegare perchè le cose funzionano in un certo modo e trovo molto più interessante ed utile il come. ^^
Sono alla ricerca di nuove tecniche, non di nuove religioni. :) Dio benedica la critica smembratrice.
#144 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2011 @ 12:53
@Lupo Lucio regna. Non lo conosco il libro di Evans, dunque non saprei. Ma visto che l’avresti gratis, un manuale in più non credo possa fare male.
#145 Comment By federico/cispo On 25 marzo 2011 @ 16:48
ciao Gamberetta, mi ha colpito molto il titolo di questa discussione.
Premesso che non hai intenzione di recensire Fantasy (o presunto tale) italiano, ti andrebbe di dirmi se i tre posti che elencherò sono sbagliati per la ricerca del meraviglioso?
1) Silvana De Mari
2) Mauro Neri
3) Gianfranco De Turris
grazie
P.S.: cosa ne pensi del Fantastico a servizio di altri “messaggi”?
#146 Comment By Cymon On 25 marzo 2011 @ 19:10
@Alberello
Chiunque cerchi di spiegarti perché le cose funzionano è un folle. Nessuno può spiegarlo.
Allo stesso modo l’inafferrabile perché è infinite volte più importante del come. Se non fosse così e bastasse il come allora chiunque potrebbe fabbricarsi artista.
Il problema è che qui si liquida molto semplicemente che viene pubblicata certa roba “perché il mondo è malvagio e i rettiliani ci dominano dal profondo”. A partire dal Sacro Assunto si discende con le spiegazioni di come i rettiliani agiscono.
Io penso che invece ci vorrebbe una spiegazione più articolata del perché gli anni 50 hanno prodotto certe cose e di certo arrivare alla conclusione che sono gli stessi motivi per cui questo accade sessant’anni dopo non può essere quella corretta. Sessant’anni dopo. Non c’è una sola condizione al contorno che si sia mantenuta in sessant’anni però misteriosamente il meccanismo è rimasto immutato. Allora a questo punto credo potremmo dire lo stesso di Salgari, duecento anni prima, dell’Ariosto, quattrocento, fino a scoprire che Gilgamesh, oggettivamente, era la storia di un adolescente che cercava da scopare, ma si sarebbero dovute scolpire sulle tavolette le avventure di tutt’altri gegni.
A me non spaventa scavare troppo il come (no, cioè. mi spaventa, ma meno), a me spaventa assumere come dogma il perché
#147 Comment By Alberello On 25 marzo 2011 @ 19:39
Questo è ciò che mi ha sempre dato da pensare. Sembra che la razza umana o il mondo sia evoluto solo riguardo la forma, ma il contenuto sia sempre lo stesso.
Siamo solo animali vestiti che sublimano impulsi primitivi metaforizzandoli in esternazioni accettate dalla società dell’epoca in cui vivono o effettivamente c’è stato un salto di qualità?
Le nuove tecnologie hanno apportato un effettivo miglioramento nelle condizioni di vita o inseguiamo un benessere inesistente per un problema di sovrappopolazione che viene mantenuto costante grazie ad esse?
A volte mi sembra che si cerchino soluzioni cambiando la forma della società e non il contenuto. Non riesco a trovare una soluzione ad un problema che è insito nella natura umana, sembra un ciclo infinito di déjà vu.
#148 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2011 @ 19:58
@Cymon.
Se parliamo in generale hai ragione, ma in ambiti ristretti i perché si possono scoprire. Se per esempio prendiamo l’ambito “narrativa fantastica pubblicata in Italia negli ultimi 10 anni”, il perché del fatto “il livello è molto scarso” non è un mistero insondabile. È un misto di sprezzo per il pubblico, ignoranza in materia, corruzione diffusa. E questo non è un “dogma”, nasce dal fatto che in questi anni ho conosciuto personalmente autori, editor, e fauna varia che bazzica le case editrici. Ne ho conosciuti tanti. E le conclusioni sono quelle che ho detto.
L’interessante è un altro. Il libro di Knight mi fa supporre che nell’editoria ignoranza, disonestà e corruzione siano endemici. Dunque perché all’estero funziona meglio che da noi? E qui non lo so, avanzo solo delle ipotesi. Una potrebbe appunto essere perché all’estero la critica è vista in chiave più positiva, e soprattutto è una critica molto più tecnica.
#149 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2011 @ 20:00
@federico/cispo. Premessa: il “meraviglioso” che cerchiamo io e Knight è il classico sense of wonder. Vedi questo articolo.
Di lei ho letto solo il saggio Il Drago come realtà. I significati storici e metaforici della letteratura fantastica un patetico rant della De Mari sugli argomenti più vari e che poco aveva a che fare con la narrativa fantastica. E quel poco era superficiale se non sbagliato. Mi dicono che quando scrive narrativa si impegna di più ma onestamente non ho voglia di verificare. Il fantasy con gli elfi e gli orchi e per di più orientato a un pubblico giovane è lontanissimo dai miei gusti.
Non lo conosco.
Non ho letto niente di suo di narrativa.
Penso che difficilmente funziona. Perché infilare un messaggio esplicito spesso e volentieri intacca la verosimiglianza, e se un’opera di narrativa fantastica non è verosimile è un opera che fa schifo.
Il classico esempio sono le boiate in stile Avatar: lì si vuole affermare senza mezzi termini che la Natura è bella e buona, i selvaggi sono saggi, i militari cattivi, ecc. noti cliché. Il problema è che questo distorce così tanto il mondo che viene fuori un pastrocchio senza senso. Perché da quelle premesse militari, tecnologiche e sociali l’unico risultato verosimile è il totale sterminio delle scimmie blu.
E d’altra parte se prendi un mondo verosimile, come può essere quello di 1984, il messaggio è molto meno chiaro di quanto non sembri. Qual è il messaggio di 1984? Che la dittatura e la sorveglianza sono una cattiva idea? Forse. Ma molti altri lo hanno interpretato come un manuale di istruzioni. Vedi il fatto che Londra è la città al mondo con il maggior numero di telecamere per metro quadrato accompagnate da slogan orwelliani che la gran parte della popolazione pensa positivi e rassicuranti perché si sente difesa dai “terroristi”.
E che dire dei bombardieri in “missione di pace”? Non è forse interpretabile come qualcuno che ha colto il messaggio di Orwell (certo non il messaggio che magari hanno colto altri)?
Il problema è che la realtà è complessa, dunque un romanzo realistico è anche lui complesso, e complessità e “messaggi” vanno poco d’accordo.
#150 Comment By riccardo valla On 25 marzo 2011 @ 21:35
Damon KKnigh teneva una rubrica di recensioni su varie riviste e rqppresenta con Blish (The Issue at Hand) la critica interna della fantascienza, prima che arrivassero quelli delle università. Parte dalla vecchia idea che una volta introdotto un elemento futuristico (quello che Suvin definirà un novum) tutto il resto deve seguirne logicamente. La sua cririca si basa sullla coerenza interna, ma spesso si trova a negare valore a opere basate su altri elementi. Così finisce per dire hegelianamente (l’Hegel che diceva: “Questa è la teoria e se i fatti la smentiscono, al diavolo i fatti”) che il romanzo non deve piacere e se alla gente piace al diavolo al gente. In quella serie è interessante The SF Novel (e i Blish sono interessanti) Se interesseano ho raccolto dell recensioni di Leiber e di Lowndes e le ho digitalizzate. Le trovo molto interessanti.
#151 Comment By Cymon On 26 marzo 2011 @ 01:36
@Alberello
Ehm… forse non mi sono spiegato, ma io non sono affatto convinto che la storia si stia ripetendo. A parte discorsi fatalisti di massimi sistemi non ci sono proprio condizioni perché le cose stiano così. Negli anni ’50 i libri non si vendevano nemmeno negli stessi posti di oggi. Questo senza pensare che non esisteva quasi retroterra (i generi nascevano, in quel tempo)
@Gamberetta
Ma questo non spiega perché il sistema stia in piedi e sopravviva. E la teoria del popolo bue non funziona, funziona per il cinema, per la TV, non ha più senso per la letteratura. Perché ormai il lettore non informato non esiste, il lettore non informato non legge spazzatura, fa qualcos’altro, probabilmente va al cinema o guarda la TV. Però il sistema sopravvive e un motivo ci sarà. Forse possiamo parlare di un pubblico ingenuo (e giovane, visto che il target è quello) che non è raffinato e coglie meno sfumature del superuomo, ma è forse da condannare per questo? Probabilmente crescerà e cresceranno anche gli autori, ma non temere che nessuno di loro, raggiunta la maturità, prenderà in mano il bisturi e farà a pezzi i testi. Quello è gusto del macabro.
Damon Knight fa una critica intelligente, per te, e incensa opere che oggi abbiamo dimenticato. Dove non hanno giudicato amichetti e compagnucci ha giudicato il tempo. A questo punto a cosa è servito?
Non sono i critici che guidano il crescere degli scrittori, sono gli scrittori stessi (e Knight è anche, infatti, uno scrittore). Perché il mercato anglosassone è migliore? Bhe, è più grosso, anche su medesime percentuali di buone opere può fare un numero di titoli abbastanza vasto per invadere il nostro paese e alcuni paesi limitrofi. E un mercato più grosso presuppone anche possibilità di rischio più alte e maggiore ritorno, senza contare che, globalizzato, può trovare per ogni opera un terreno adatto. Poi se vogliamo più più più più in fondo scopriamo che un mercato più vasto “merita” una critica più articolata e sotto lo spesso e sempre presente strato di pubblicità può crescere un giornalismo critico “reale”. Che è bello leggere, che è interessante, che può offrire spunti di discussione, ma che è un orpello dell’ecosistema letterario in sé.
#152 Comment By Matteo On 26 marzo 2011 @ 12:46
DK: “Matheson è inconcludente, Dick ha scribacchiato qualcosina di buono in un mare di escrementi e la Fondazione di Asimov non è niente di che.”
Umile Bepin: “Sticazzi. Me la scusi Mr. Knight.”
DK: “Anche quel farlocco di Providence è una delusione… è incredibile come la gente legga certe schifezze e non l’inspiegabilmente misconosciuto Bud Weiser con il suo capolavoro Il Dildo Di Giove Te Lo Prendi E Non Ci Piove!”
Umile Bepin: “Come ha ragione Mr. Knight! Le dispiacerebbe mettere il gomito così…? MA VAAAAAAAAFANCULO VA, te e la magia di Flecker.”
#153 Comment By Gamberetta On 26 marzo 2011 @ 13:15
@riccardo valla. Concordo con Knight: la critica ha senso solo se parte da dei presupposti e ne trae le conclusioni. Se le conclusioni sono contrarie alla “gente”, be’, pazienza. Anche perché la “gente” è un concetto troppo vago. Come si fa veramente a dire se un romanzo piace alla gente? Si costringe tutta la popolazione di uno stato a leggerlo e poi si organizza un referendum? Al massimo si può prendere in considerazione i dati di vendita. Ma è da dimostrare la relazione tra vendite e apprezzamento (per esempio conosco tanta gente che ha comprato Il Signore degli Anelli in questi anni, dopo aver visto i film, e non l’ha neanche letto). Senza contare che le vendite di un romanzo bellissimo possono essere ostacolate da un prezzo troppo alto di copertina e un romanzo brutto può vendere di più grazie alla pubblicità. E mille altre circostanze del genere.
Con questo non voglio dire che un romanzo è bello solo quando non piace a nessuno o quasi, anzi: il fatto che un romanzo piaccia a tanti (o anche solo venda a tanti) è un indizio che il romanzo ha più possibilità di essere un bel romanzo che una schifezza. Ma è una possibilità, non una certezza.
Infine nessuno è obbligato a seguire gli stessi criteri di Knight. Però se si parla di narrativa fantastica, trovo difficile non includere la coerenza interna come criterio determinante.
@Cymon.
E allora? Perché ladri e truffatori prosperano dall’alba dell’umanità? Non lo so, non sono mica una psicologa o un giudice. Forse sopravvivono proprio perché sono disonesti: l’azienda che fa tutto in nero e non paga le tasse se la cava, l’azienda che segue alla lettera la legge finisce in bancarotta.
Ma questo non ha importanza, l’importante è identificare i ladri in modo da non farsi fregare.
Non me la sono mai presa con il pubblico (se non scherzando): una persona ha tutto il diritto a non sapere tutto su qualunque argomento. Io condanno quelli che si approfittano di questo fatto. Quelli che sanno che il loro pubblico avrà difficoltà a distinguere un buon romanzo da una patacca e sfruttano cinicamente la circostanza. Non sarà tecnicamente illegale, ma rimane un comportamento poco dignitoso e da condannare.
Secondo me passerà la moda del fantasy, e del fantasy scritto da italiani non rimarrà niente o quasi.
Io lo chiamo: “Avere delle idee riguardo la narrativa ed esprimerle liberamente, evitando di essere un ipocrita leccaculo.”
Knight ha reso il mondo un posto migliore.
Detto questo, se pensi che la critica sia inutile, un “orpello”, bene, cosa commenti a fare? Io e il pubblico dei Gamberi cresceremo e quant’altro, indipendentemente da quello che dici tu.
Addio, Cymon.
#154 Comment By riccardo valla On 26 marzo 2011 @ 19:30
re: 153 Nella tua risposta tocchi due argomenti, il primo è il metodo di Knight, il secondo è la risposta del pubblico.
Il metodo di Knight contiene implicita una definizione della fantascienza. Lui dice che un romanzo deve estrapolare, e corettamente, dal novum. Il “correttamente” significa che l’estrapolazione non deve contraddire la scienza conosciuta in quel momento. Questo era anche il metodo di Suvin (e la prima volta che l’ho sentito, sulla poetica della fantaacienza, sono stato colto da un accesso di morbo di Stendhal, come quando ho letto Knight o Which Way to Inner Space di Ballard) (come avrebbe detto Matthau, “anche la critica ha i suoi tifosi”). Pero, sia in Knight sia in Suvin qual è la fantasciena che si salva? La “social science fiction” di Noi, di Il mondo nuovo, di 1984 e di quelle storie che proiettano nel fututo qualche elemento visibile oggi (per esempio Il lastrico dell’Inferno di Damon Knight) ma prendiamo un autore odierno come Egan. Rientra nel criterio di DK? Mah, nelle sue storie leggono il DNA con una facilità un po’ eccessiva, usano calcolatori quantici che non sono mai spiegati, risolvono i problemi trasformandosi in probabilità.
Se uno applica quel principio, si salva ben poca roba.
In realtà, la posizione di Knight deriva da una una scuola di autori americani che risale alle origini della fantascienza, ossia la scuola di Gernsback e delle sue riviste. E’ stato Gernsback a pore l’accento sulla trattazione “scientifica” della narrazione, e da lui vengono fuori Campbell e i suoi autori degli anni quaranta. Da una parte la fantascienza di Campbell, Asimov, Heinlein, che più o meno rientra nei canoni di Knight, dall’altra la fantacienza avventurosa di ER Burroughs e le sue principesse marziane o quella horror di Lovecraft e della rivista Weird Tales. Gernsback era un appassionato delle scienze e voleva pubblicare storie di future invenzioni.
Di fatto però non c’è molto riuscito, se non nelle belle illustrazioni di copertina delle sue riviste Amazing e Wonder. Lowndes ha scritto una serie di articoli sulla rivistga Future, negli anni 50, in cui esaminava fascicolo per fascicolo le riviste di Gernsback e constatava che anche in esse la “scientific fiction” era poca.
Più che il massimo criterio di analisi della fantascienza, il metodo di Knight è un test per controllare l’irrazionalità di un romanzo; se un romanzo piace, pur essendo pieno di buchi logici, è segno che contiene qualcosa d’altro e allora si comincia a cercare questo “qualcosa”.
Questo ci riporta al secondo punto, la risposta del pubblico. Certo il mercato condiziona il gusto – a forza di dire che erano belli, tutti ammiravano i vestiti nuovi dell’imperatore – ma fino a un certo punto. Se un romanzo piace per decenni e a generazioni diverse, qualcosa deve avere. In genere, quello che porta un libro ad avere questo successo è il passaparola da un lettore all’altro. Molti hanno comprato Tolkien senza averlo letto (specialmente in quella traduzione italiana legnosa), ma un mucchio di gente l’ha letto e l’ha apprezzato. Secondo me, la pubblicità non basta (due libri enormemente pubblicizzati a suo tempo sono stati quello di D’Arrigo e nel campo della Fantasy Il mulino dei 12 corvi; chi li legge più? La Troisi continua a vendere, ci deve essere un suo pubblico che la apprezza; magari la trova facile a seguirsi; d’altronde, la fantasy per ragazzi pare venda assai più dei – molte volte assai complessi – Urania)
#155 Comment By Unoqualunque On 26 marzo 2011 @ 19:59
Che ne pensi del così detto “realismo magico”, o più genericamente “surrealismo”, sullo stile di “Cent’anni di solitudine” di Marquez, o i libri di Borges?
Secondo me può essere un’ottima strada, assieme al New Weird, per eludere il solito monnezza-fantasy italiano.
#156 Comment By Tapiroulant On 26 marzo 2011 @ 20:23
A proposito di cercare il meraviglioso.
Mi consigli un anime, non per forza weird (anche se il weird sarebbe apprezzato)? Sto scaricando Madoka Magica, ma non ho ancora deciso se vederlo vista la mia scarsa propensione per le storie non ancora concluse (preferisco spararmi un anime tutto insieme quando è finito).
Ho visto Haruhi Suzumiya (ma non ancora The Disappearence) e mi è abbastanza piaciuto; altri anime che mi sono piaciuti negli ultimi anni (per dare un’idea) sono Higurashi No Naku Koro Ni, Baccano, Code Geass.
#157 Comment By Cymon On 26 marzo 2011 @ 23:36
Quindi, oggettivamente, il tuo giudizio oserei dire “etico” della qualità di un romanzo non ha riscontro all’esterno del giudizio stesso. Non si riflette sul mercato, né si riflette sul pubblico, che tanto è una vittima da macellare ed è poco interessante (forse la cesura tra critico e autore sta qui, all’autore interessa il pubblico al critico no).
A questo punto è ovvio che, autorefenziandosi, non può che essere esatto. E, come tutte le tautologie, deliziosamente inutile.
Quello che è stato di tutte le epoche. Il tempo è l’unico valido setaccio, ma di certo non c’è stata epoca in nessun campo dell’umano agire che si sia salvata per più del 10%
Vero, così aggiunge quel gusto di martirio che rende tutto più affascinante.
Se avesse avuto un blog avremmo sconfitto la fame nel mondo da mò.
Io commento perchè è divertente discutere dell’argomento e chissà, anche stimolante. Commento per amor di discussione perché commentare rende la navigazione web più varia.
E fermare la tua legione di Gamberi non è mai stato nei miei interessi. Ma potrebbe cogliermi in altri momenti la noia e potrei tornare qui.
Arrivederci, Gamberetta
#158 Comment By Alberello On 27 marzo 2011 @ 04:23
Gli addii mi mettono sempre tristezza. ç_ç A me piace Cymon (anche se mi ricorda il nome di un Pokemon xD), possiamo tenerlo? Mi prenderò cura io di lui, lo farò crescere forte e sano, promesso!
#159 Comment By Gamberetta On 27 marzo 2011 @ 13:20
@riccardo valla. I criteri specifici (tipo quelli di Knight) possono essere contestati, ma secondo me non si va da nessuna parte senza l’idea che dei criteri oggettivi possano esistere. Anche ammettendo che il gradimento del pubblico (qualunque cosa significhi) possa essere un criterio, al momento non ci sono strumenti per “maneggiarlo”. Non si riesce neanche a capire se un romanzo vende perché ha davvero “qualcosa” o non semplicemente per fattori esterni. Neppure il giudizio del tempo ha molto significato: ci sono state opere conosciute per secoli e poi sparite, opere recuperate, opere che magari il grande pubblico ignora ma che influenzano gli scrittori, ecc.
E comunque se lo scopo è scrivere buoni romanzi non so bene quanto il pubblico preso tutto insieme possa dare indicazioni utili.
Faccio un esempio: mettiamo che intenda scrivere un romanzo di orrore, e lo definisco “buono” quando suscita l’emozione tipica collegata a questo genere, ovvero la paura. Un buon romanzo di orrore è quello che ti spaventa e ti costringe a dormire con la luce accesa.
Però posso immaginare benissimo che un romanzo che spaventi di meno venda di più, o anche piaccia di più. In fondo per moltissimi la lettura (specie la narrativa) è vista come un passatempo, e non cercano lo stesso tipo di intrattenimento del buttarsi con un paracadute (che non si apre).
Dunque vuole dire che il romanzo meno pauroso è più bello di quello che spaventa sul serio? No. Piace solo di più.
Ovvio che se mettiamo l’equazione “buon romanzo” = “romanzo che piace a più persone possibile” e visto che il gradimento non si può misurare, “romanzo che piace a più persone” = “romanzo che vende” allora il secondo romanzo è migliore del primo. Ma a questo punto Twilight è il più grande romanzo d’orrore di tutti i tempi. E c’è qualcosa che non quadra.
Dopodiché, come dicevo, è molto più probabile che un romanzo che vende milioni di copie sia più interessante di un romanzo che ne vende due (di cui una acquistata dall’autore), ma poi bisogna andare a vedere i testi specifici, al di là del successo.
@Unoqualunque. Non ho letto abbastanza di Marquez e Borges per dare giudizi.
@Tapiroulant. Madoka sarebbe dovuto finire giovedì scorso, ma per colpa del terremoto la programmazione è saltata e non si sa quando trasmetteranno gli ultimi due episodi. Forse nel corso di Aprile, o forse usciranno solo su DVD fra sei mesi. Comunque ti consiglio di guardarlo lo stesso, vale la pena.
Altri titoli degli ultimi anni sono nelle FAQ, comunque: Bakemonogatari, Claymore, Gantz, Paranoia Agent, la prima stagione di Zero no Tsukaima. Poi mi sono piaciuti anche K-On! e Toradora ma non sono fantasy. Di recente ho visto Shiki che pur essendo una roba con i vampiri è sopra la media. Se torniamo più indietro l’elenco diventa troppo lungo, ma ovviamente almeno Evangelion devi guardarlo.
#160 Comment By Tapiroulant On 27 marzo 2011 @ 15:54
@Gamberetta:
Solo due episodi? Beh, allora potrei anche vederlo.
Di Gantz mi avevano parlato bene diverse persone, e così avevo cominciato a vederlo, ma non m’è piaciuto e ho smesso dopo due o tre episodi. La qualità delle animazioni era un po’ troppo scadente. E quando sono arrivato al punto in cui dovevano ammazzare l’alieno cipolla o quel che era, ho cominciato a sentirmi ritardato.
Evangelion lo so a memoria, è il mio anime preferito ^-^
Tra i quindici e i sedici anni ero diventato una specie di fissato di Evangelion.
Proverò con gli altri, grazie dei consigli!
#161 Comment By Cymon On 27 marzo 2011 @ 19:10
Grazie Alberello, sono sicuro che un giorno un gesto di gentilezza scioglierà il mio cuore indurito e troverò redenzione dal male che ho compiuto negli anni.
Un giorno.
In un futuro lontano.
Non oggi.
Come anime perché non consigliare per una volta Utena? E’ piuttosto vecchio, ma anche misconosciuto (anche se Man-ga l’ha mandato in onda non molto tempo fa) quindi, poiché ne sono un grande fan, sono solito spingerlo in ogni occasione possibile in cerca di nuovi proseliti.
#162 Comment By Mr. Giobblin On 27 marzo 2011 @ 22:57
Fermi tutti, ho un anime molto caruccio da consigliarvi:
Ga: Rei-Zero. Qui si tratta di esorciste e non di maghette, ma se amate gli anime con personaggi adeguatamente approfonditi (e l’atmosfera angosciosa di Madoka) questo cartone potrebbe farvi compagnia finchè non escono gli ultimi episodi di Puella Magi.
#163 Comment By Magdalena On 28 marzo 2011 @ 12:01
Vorrei sapere quanti di quelli che incensano Asimov – per fede – l’abbiano davvero letto e apprezzato.
Al di là di ciò, certi commenti mi lasciano un pochino perplessa: non credo che qualcuno nei blog cerchi di sconfiggere la fame nel mondo. Specialmente in un blog di letteratura.
Mi sa tanto di “gnè gnè”, tanto non cambierà nulla.
Be’, non è vero. Io, ad esempio, condivido alcune, magari non tutte, delle idee che vengono espresse su questo blog da titolare e anche da chi passa e commenta; sicuramente aver avuto punto di vista con cui confrontarmi mi ha reso una persona migliore.
Dire la propria opinione, supportandola possibile con argomenti validi e ponderati e non con cazzate, rende sempre il mondo un posto migliore, soprattutto lo rende un luogo in cui quella cosa che abbiamo sul collo serve a uno scopo concreto.
Tornando sul testo, Matteo, be’, mi sembra un po’ il ragionamento del male minore. Lovecraft – che per inciso è il mio autore preferito in assoluto – non era esente da limiti che lui stesso si riconosceva. Grazie tante è un essere umano.
E cosa c’è di male se un altro essere umano li rileva? O magari ce ne vede altri?
Solo perché qualcuno è sopra la media dovrebbe diventare intoccabile?
Se si aspira a diventare bravi, seriamente, ma soprattutto competenti non si guarda certo indietro. Che discorso sarebbe?
Allora dovrei considerarmi ricca solo perché ci sono bambini in Madagascar che muoiono di fame? Beh, non sguazzo nel Deposito di de’ Paperoni quindi ricca non lo sono di certo.
Idem vedasi per la letteratura: Knight di certo ha nominato dei signori qualcuno, non il primo che ha pubblicato un libro per sbaglio e questo è già un riconoscimento che meritassero la sua attenzione critica. Se poi ci trova dei difetti dov’è il problema?
Non sono divinità intoccabili, e vedere il pelo nell’uovo di un grande autore probabilmente aiuta più che battere sulle travi dei pessimi narratori.
#164 Comment By Matteo On 28 marzo 2011 @ 14:26
@Magdalena
Trovare i piccoli difetti in un grande autore è un lavoro positivo e non ho niente in contrario, visto che ovviamente sia Lovecraft che Matheson non sono esenti da errori, come qualsiasi grande autore.
Ma quando si critica aspramente la narrativa di Matheson e nello specifico Io sono leggenda, si sta pisciando fuori da un vaso appeso su un balcone all’ultimo piano di un grattacielo in una metropoli nell’ora di punta.
Specialmente se come esempio mi porti un Flecker’s Magic tirato fuori ancora un po’ umido dal cappello di una masturbazione critica degna del miglior Ghezzi. Knight me lo immagino un po’ così, che spala merda fuori sincrono spugnettandosi un autore fantasy polacco esordiente nel 1910 e morto suicida nel 1911.
#165 Comment By Cymon On 28 marzo 2011 @ 19:11
Mai amato Asimov, anzi…
Assolutamente d’accordo, per questo l’iperbole funzionava.
La tesi qui riportata è che una critica più matura riesce a migliorare la produzione letteraria “di un pochino” visto lo strapotere dei rettiliani che la guidano verso pessimi lidi.
La mia tesi è che la critica è sicuramente interessante, divertente e utile per il dibattito, ma che la produzione letteraria ha la tendenza a ignorarla (giustamente). Per migliorare la produzione letteraria l’unico modo è scrivere buoni/ottimi libri, non vedo altra strada.
Mi sembra che Knight si sia scagliato contro autori arrivati al successo secondo lui immeritevolmente e abbia cercato di dimostrare il complotto rettiliano-mediatico che li ha portato a vendere un casino e ad assurgere all’olimpo degli autori SF. Olimpo in cui sono ancora a trent’anni di distanza nonostante il complotto si sia nel frattempo ovviamente esaurito, mi piace ricordarlo. Mi sembra un atteggiamento leggermente diverso.
Battere sulle travi dei pessimi narratori mi sembra, per inciso, un’attività svolta frequentemente qui.
#166 Comment By Magdalena On 29 marzo 2011 @ 01:58
C’è un problema: se non esiste una critica, chi decide quali sono o non sono i buoni libri? Se l’editoria se ne frega di questa critica come potrà esserci lo stimolo a produrre dei buoni libri?
Partiamo da un presupposto: se l’allegra compagnia che viene derisa da mezzo web è convinta di scrivere bene, supportata ovviamente da orde di macachi che sanno battere su una tastiera, allora si continuerà a scrivere così, perché quello viene considerato scrivere bene.
Quello che da fastidio non è tanto che la Strazzulla pubblichi. Ma che venga pubblicamente incensata e incoronata, eletta ad esempio. Questo fa male alla letteratura e scordati che più di qualche sporadico idealista si sognerà di scrivere meglio di lei, perché quello è considerato scrivere bene.
Poi gli editori chiaramente possono fregarsene, ma se la critica mente consapevolmente o, peggio, mente non sapendo quello che dice, la letteratura ha i secondi contati.
Forse sono io che ho letto male gli estratti, ma non mi sembra esattamente così. Lui dice che hanno pubblicato immeritatamente, del resto anche Commodo era un imperatore indegno e lo era diventato immeritatamente – cioè non si era preso il potere come Cesare.
Non mi pare che affermare che Commodo fosse un pessimo imperatore, o Matheson un cattivo scrittore (per quanto non concordi) sia gettare basi di complotti. Lui dice che l’editoria è fraudolenta.
Non che sia una novità né una sorpresa: devono vendere, come veniva sottolineato sotto. Così come quando compri la scatola dei sofficini ti aspetti ci sia un mostro dentro e invece ti ritrovi un pugno di pan grattato, è pubblicità ingannevole di un prodotto che probabilmente non valeva neanche la pena di produrre.
Non vedo la correlazione
Anche in questo caso la storia la fanno i vincitori. Chi avrebbe dovuto schiodarli dall’Olimpo?
Non si riesce a tirar giù Manzoni che è lì da secoli, figuriamoci chi è lì – meritatamente o meno – da cinquant’anni.
E chi ha detto il contrario?
Ciò non toglie che io continuo a ritenere che didatticamente sia molto più utile – e non sono l’unica a dirlo qui dentro, eh – fare le pulci a qualcuno di bravo rispetto a vessare il fesso di turno. Quella è una cosa che si fa per il Lol e per avvertire che non è il caso di mettere nel trita-carte i nostri sudatissimi soldini in tempo di crisi.
Qualcuno pensa per caso di imparare da Melodia & Co.?
Ma io non penso proprio.
#167 Comment By Cymon On 29 marzo 2011 @ 23:45
Se il capitalismo darwinista funziona ancora i buoni libri saranno più venduti. Se anche il livello della letteratura fantasy non è eccelso nessuno vieta di scrivere libri migliori che vendano di più.
O i libri migliori vengono strangolati in culla?
Perché?
Ma perché devo scordarmelo? Perché devono esserci legioni (e per contarli basta stare qui dentro) di critici che criticano e elevano i vessilli della qualità e tra questi nessuno si mette a scrivere. Credi che sia positivo e migliori il mondo stare qui a lanciare invettive e anatemi e non credi sia più utile scrivere? Perché migliaia di critici e sporadici scrittori? Solo perché non vengono pubblicati dalle case editrici cattive? Neanche tutti queste perentorie accuse usciranno da qui dentro, ma in tanti si impegnano a pronunciarle.
Perchè la Santa Missione della Purificazione è nelle mani della critica e gli scrittori devono stare in un angolo a piangere in attesa dei tempi migliori?
Ehm… stai dicendo che è tutto assolutamente normale, che le case editrici fanno marketing e che il marketing li aiuta a vendere i libri…
E vogliamo puntare il dito contro questa realtà vecchia come il mondo? A che pro?
Il problema è che se togli l’implicazione svuoti il discorso di concetto. L’implicazione è “Matheson è un pessimo scrittore” QUINDI “vende perchè qualcuno lo ha spinto”
Non credi che Matheson sia un pessimo scrittore? Allora (e parlo di pura logica matematica, eh) tutto il discorso di Knight, per te, non dimostra nulla, mi dispiace.
Per i più matematicamente pervertiti, segue la tabella di verità del modus ponens.
P=V Q=V P->Q=V
P=V Q=F P->Q=F
P=F Q=V P->Q=V
P=F Q=F P->Q=V
Se la premessa è falsa la conclusione (vera o falsa che sia) non importa perché il ragionamento risulti vero.
Ah certo, ormai abbiamo assunto che Manzoni è un cattivo scrittore perché c’è un articolo di Gamberetta. Nessuno mi spiega perché nei duecento anni A.G. (avanti Gamberetta) egli è stato considerato geniale. Ma un motivo c’è. E sono troppo stupido per capirlo. O è troppo evidente perché lo noti. O… aspetta… com’era quell’altra cosa… ah si, sono così ingenuo da credere alla versione ufficiale dei fatti.
Probabilmente no. Ma tu trovi divertente parlarne. Io torno a dire che trovo sia un divertimento di cattivo gusto.
#168 Comment By gugand On 30 marzo 2011 @ 12:07
E’ un errore fare queste considerazioni. I libri, come i film, i videogiochi, gli album di musica e tutte le produzioni artistiche fanno fare grossi guadagni a breve termini se adeguatamente accompagnate da campagne pubblicitarie e scelte di tempi di pubblicazione. I buoni libri vendono comunque una infinita’ di copie, anche quelli non pubblicizzati, grazie al solo passaparola, ma solo con tempi lunghi che per gli editori non sono economicamente affidabili.
La critica dovrebbe innanzitutto scovare le opere che meritano, soprattutto quelle che non hanno avuto una visibilita’ adeguata. Il secondo compito e’ quello di stroncare le commercialate che non valgono l’inchiostro con cui sono state scritte.
#169 Comment By Magdalena On 30 marzo 2011 @ 12:12
Non so in che mondo tu viva, in quello in cui vivo io non funziona così per una serie di motivi che sono stati detti poco sotto e quindi non vale la pena ripetere.
Scusami ma… cosa c’entra?
Io direi praticamente nulla. Non ho mica detto che qualcuno vieti di scrivere dei buoni libri. Per dieci di marci che ne escono un paio di buoni vengono generati, grazie a Dio al mondo c’è ancora chi si prende la briga di fare un buon lavoro e probabilmente ci sarà sempre.
Ma non c’entra proprio nulla con l’appiattimento di un valore. Partiamo dal presupposto che qui si sta parlando di PUBBLICAZIONE.
Alias, se io scrivo per il mio blog/forum/sito di fanfiction posso scrivere bene o male o come mi pare, solitamente non interviene alcuna scrematura.
Se io scrivo per pubblicare, devo pubblicare con una casa editrice. Se una casa editrice vende milioni di copie di Twilight e due copie di un libro più valido mi sembra ovvio quale venga giudicato il parametro attualmente più vendibile, o sbaglio?
Mi pare che qua si stiano facendo i discorsi del grande idealismo e per quanto mi piacerebbe credere che le nuvole siano di zucchero filato così non è. Nessuno che voglia pubblicare scrive per l’ “amore dell’arte”, altrimenti presumibilmente il fine non sarebbe nemmeno pubblicare.
Guarda che qua quello che fa il fondamentalista sei tu. Io non ho mai detto che la Gambera sia il librò della verità rivelata, ma che a me Manzoni fa cagare e a dirlo sembra di fare un torto ai Grandi Antichi che dovrei essere risucchiata e risputata da Dagon per punizione.
Io lo penso da quando avevo 15 anni che Manzoni sia noioso. Che scriva bene o male non me ne può fregare meno, ma non leggo i suoi libri mano a pagarli oro (a differenza delle poesie, tra l’altro).
Poi se mi venissero a dire che devo mangiare merda perché negli ultimi duecento ani si è fatto non è che esattamente mi lascerei convincere, prima dovrebbero dimostrarmi che mi fa bene.
Sì, e io ti faccio notare che nessuno ti costringe a leggere cose che tu trovi di cattivo gusto, così come l’argomento non c’entra una cippa con il discorso che stavamo facendo.
Che tu sia contrario aprioristicamente alle idee (e al modo in cui vengono espresse) di questo posto mi sembra evidente (tanto che, chiunque non la pensi come te, è invece un fedele del Vangelo secondo Gamberetta, a quanto pare), mi spiace per te ma con tutte le formule matematiche del mondo non puoi convincermi perché in matematica sono un cane.
Io non ho mai detto che Knight sia nel giusto, nello sbagliato, sia una genio o un cretino, ho detto semplicemente che poteva aver ragione, che condivido il concetto di fondo ma che alcuni autori da lui criticati a me invece piacciono.
Se poi vuoi che ti diciamo: sì Knight fomenta i complotti, è un coglione e hai ragione tu dimmelo, si fa prima e siamo contenti tutti e due.
#170 Comment By Magdalena On 30 marzo 2011 @ 12:21
P.s.: che refusi orrendi.
Abbiate pazienza, non ho dormito.
Comunque, aggiungo che vedere questa barriera estrema di derivazione e quest’ottica di conservare per forza quello che veniva detto nei secoli precedenti è semplicemente triste.
Non perché gli Spartani buttavano i deformi dalla rupe Tarpea lo facciamo anche noi, i critici dei secoli scorsi vivevano in un mondo diverso. Visto che a quanto pare ai miei connazionali sta tanto a cuore il “contesto”, mettiamola nel contesto: alla sua epoca Manzoni era un genio?
Mi fa piacere per lui, spero che ne abbia tratto soddisfazione.
Tornato IT, concordo con Gugand sul punto in particolare e ribadisco che la critica, i concetti si dovrebbero evolvere visto che mi viene citato il darwinismo.
Quello che mezzo secolo fa poteva essere assolutamente strabiliante (la macchina a schede traforate) oggi è obsoleto. Nell’ambito cinematografico si dice che alcuni film “invecchiano male”, altri no. Vale anche per i libri, al di là dei gusti e delle competenze. Ad ogni modo, mi pare ovvio ed evidente che non arriveremo mai a un punto d’incontro nonostante i miei tentativi, indi a ognuno il suo pensiero, e a posto.
#171 Comment By Il Guardiano On 30 marzo 2011 @ 14:01
Io penso che Gamberetta faccia un ottimo lavoro.
Non sempre sono d’accordo con lei (giusto nel post di Manzoni, in una risposta, l’ho chiamata “estremista”).
E penso che il fatto che faccia trolleggiare allegramente chiunque, sia una garanzia della sua “non-evangelizzazione”. Avrebbe potuto benissimo censurare il mio post(e quello di molti altri) per far passare il messaggio che tutti sono d’accordo con lei.
Alla fine io ho detto la mia. Lei la sua. E non mi sento “evangelizzato”
#172 Comment By Alberello On 30 marzo 2011 @ 15:57
@Magdalena
Tu questo lo chiami refuso, io lo chiamo lapsus freudiano da EPIC WIN. Dovresti scrivere più spesso quando non hai dormito, mi hai fatto cappottare sulla sedia dal ridere (in senso buono). xD
Come no? Ed io che avevo già preparato la vasca con l’acqua santa per friggere il pesce. Sigh.
#173 Comment By Mauro On 10 aprile 2011 @ 13:41
Annunciati gli ultimi due episodi di Madoka: http://www.animenewsnetwork.com/news/2011-04-10/madoka-magica-anime-to-resume-on-april-21 (originali: http://www.madoka-magica.com/news/, http://twitter.com/madoka_magica/statuses/57037720932978688).
#174 Comment By Lidia On 14 aprile 2011 @ 07:25
Gamberetta,
so che avevi annunciato fin dalla riapertura del blog un rallentamento nel postare nuovi articoli, per poter scrivere anche tu e trovare anche il tempo di vivere. Lo so, lo so, ma non posso fare a meno di dirti che mi mancano i tuoi articoli. Mi spiace tanto vedere come si allungano i tempi fra una novità e l’altra, (eccezion fatta per le segnalazioni).
Torna eh, e più in forma di prima! :-)
#175 Comment By Gamberetta On 14 aprile 2011 @ 16:43
@Lidia. Il tempo è quello che è, dubito che anche in futuro riuscirò a scrivere più di 1-2 articoli al mese (segnalazioni escluse).
#176 Comment By Mr. Giobblin On 14 aprile 2011 @ 19:38
@ Gamberetta
Immagino che tu ne sia già al corrente, ma volevo comunque segnalare che tra poco più di un mese uscirà The Steampunk Bible, di S.J. Chambers e Jeff VanderMeer!
Sei poi riuscita a leggere qualcosa di A. Lee Martinez? Dato che tra poco uscirà il suo nuovo romanzo, ho scritto qualcosina qui per gli eventuali interessati.
#177 Comment By alice On 24 maggio 2011 @ 13:06
Impressioni a caso dopo aver letto un post così monumentale:
1 – Punti di vista interessanti. O, meglio, finalmente delle riflessioni non lette e rilette ovunque;
2 – mi hai fatto tornare la voglia di leggere. Negli ultimi anni (due o tre) non riesco ad aprire un libro e finirlo, quasi mai, e solo se sono classiconi (ora sto leggendo Oliver twist, tanto per farti capire). Conosco pochissimo la fantascienza letteraria (ma abbastanza bene quella cinematografica, anche se ancora non ho visto AI confini della realtà… è uno dei miei prossimi propositi) e sono sempre alla deriva, cercando romanzi che abbiano un minimo senso. Mi scontro troppo spesso con storie d’amore scritte male, con donne ai limiti del credibile (che spesso vestono i panni di, che so, ingegneri spaziali che, incontrato lo sfigato di turno, vengono ridotte a donne oggetto che non parleranno più se non per innalzare lo sfigato a dio. Stop) e con romanzi che mi SEMBRANO originali e invece copiano altri. So già che qui troverò finalmente una guida – non un oracolo, bada bene – che sto cercando da mesi, ormai. Di fantasy non so nulla. Ho letto solo Il signore degli anelli, la storia infinita e Lo Hobbit. Un po’ poco per dire qualsiasi cosa sull’argomento.
- Mi piace moltissimo il tuo essere sincera e brusca. Detesto chi vuole utilizzare per forza un “parlato pulito” per un buonismo intellettuale che di intellettuale ha ben poco. Sembra quasi che se uno dice che, che so, Asimov fa schifo (un esempio, non lo penso) si stia offendendo personalmente la madre di qualcuno e quel qualcuno debba saltare su e incazzarsi, perché è inconcepibile. Che due maroni.
3 – Sull’editoria funziona come dici tu, almeno per la mia esperienza. Ho scritto un libro (più d’uno) e – quello che dirò non è per piangermi addosso, vedrai che NON lo faccio ma sono critica con me stessa – era una cagata pazzesca. Ho trovato un editore (non a pagamento, grazie ad amicizie “altolocate” letterarie) che mi ha fatto andare in giro per il mondo a sbrodolare su un libro che ormai non sentivo più mio (l’avevo scritto troppo tempo prima e mi vergognavo di associare la mia faccia a quell’obbrobrio) sentendo elogi che non solo non mi meritavo ma a cui non potevo nemmeno rispondere in pubblico perché “eravamo lì per vendere”. Una vergogna, penserai tu, che io abbia accettato di farmi pubblicare. Ma all’epoca non ero ancora schifata così da quel mondo come lo sono oggi e in più volevo togliermi dalla “strada” (smettere di fare lavoracci che detestavo per gente che detestavo ancora di più) e vivere di qualcos’altro. NOn volevo fare l’artista, insomma, mai avuto certe tendenze ad ingrossare il mio già smisurato ego.
Il mio secondo libro aveva trovato una casa editrice più grossa, che voleva cambiare tutto il mio stile (e la trama) e voleva farmi fare un tour più grande e più motivato. Gliel’ho data su subito, scomparsa dalla terra, che l’editoria cerchi bambocci più montati di me, per fare marketing e non letteratura. Perché io, di certo, non facevo letteratura.
Ops, sembra quasi una confessione ma volevo solo dirti che non solo capisco, non solo condivido… ma confermo da persona che ha alimentato quel mercato di amiciziedasottobanco che è il pubblicato libri.
4 – Il passo sulla scuola mi ha fatto piangere. Sono anni che cercavo qualcuno che la pensasse in quella maniera (siamo nel paese di quelli che, quando non hanno più argomenti, ti sbattono un faccia in Io ho studiato Cosologia, quindi ne so più di te… fa nulla se stavano cercando di spiegarti che respiriamo usignoli sciolti senza nemmeno essere in grado di argomentare l’idea assurda). Non ho nulla da aggiungere.
Per oggi mi fermo, il tuo blog mi piace, credo che lo spulcerò dall’inizio alla fine. Spero di non disturbarti con i miei commenti (che potranno essere anche un po’ lunghi, come vedi).
Ciao!
#178 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 14:41
@ alice
Ecco, questa mi sembra una questione interessante e troppo spesso tralasciata in favore di analisi dal taglio leggermente diverso. Mi domando se le case editrici (quelle vere) non accettino “nuove proposte” (lasciamo perdere i meccanismi di selezione) esclusivamente per utilizzarne gli autori come agenti addetti alla pubblicizzazione (gratuita o quasi) del brand. Sembra banale ma molto spesso ci si dimentica che non è sufficiente (per ora) usare le facce, le età e i nomi giusti, è anche necessario avere a disposizione persone in carne e ossa, disposte a farsi vedere in giro (fisicamente e virtualmente) e a lavorare sodo nella speranza di emergere.
#179 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 15:21
@ Alice
Pardon, avevo dimenticato la citazione dei passi a cui mi riferivo:
#180 Comment By Alberello On 24 maggio 2011 @ 16:10
@tasso
Questa è un’analisi dal taglio fin troppo semplice e/o semplicistico, per questo poco spesso viene fatta, si da per scontata (almeno del 50% sul prodotto finito).
L’artista, in qualsiasi ambito, è considerato alla stregua del cavallo da corsa o da monta (dipende dal tipo di prestazione richiesta, spesso vanno di pari passo). In questo immenso ippodromo che è l’Italia, le diverse scuderie (Mondadori, DeAgostini, Einaudi ecc.) mettono in campo i loro “campioni” sperando di vincere una buona fetta di pubblico e rientrare nei soldi scommessi su di esso.
A loro non importa assolutamente un fico secco delle condizioni di salute del cavallo, spesso ne pompano le prestazioni usando sostanze dopanti (pubblicità ossessiva) e spacciano per gare eccellenti dei risultati miserrimi (sto libro è bellissimo, tutti lo recensiscono bene*, vi pentirete di non aver scommesso su di lui!!111! Vedrete nella prossima corsa!).
Spremono le bestie fino ad aver spillato tutto il possibile dopodiché lo gettano alle ortiche o lo macellano per farci salamini. Nemmeno il nome è importante, pubblicare sotto pseudonimo è il primo passo per rimuovere quel poco di umano che ti resta. Non sei più Luca o Sigfrido, sei lo scrittore anonimo numero 666 (come la marchiatura a fuoco degli ovini per evitare l’abigeato). Questo fa capire alla bestia di non essere più libera, di non avere diritti, assoggetta rimuovendo il soggetto e rendendo complemento oggetto, un trucco vecchio come la schiavitù.
Dunque, data questa logica, al di là di corse truccate (cartelli) e cavalli raccomandati (uno ogni tanto lo puoi pure far correre, se già l’hai usato per la monta) bisogna cercare il campione giusto. Quello che attira il pubblico, quello che fa scommettere alto, quello che piace al di là di ciò che produce. E fin qui tutto bene, non fa una piega, si può obbiettare sul fattore morale, ma la moralità è così noiosa che non ho voglia di predicare bene e razzolare male (in fin dei conti sono solo un pollo da spennare).
Il problema di questa logica è che tutto questo non viene detto all’artista (per ovvi motivi) e che quindi egli stesso come hai fatto notare giustamente tu, non lavora sodo nella speranza di emergere.
Nella sua mente di artista è convinto che una volta arrivato al traguardo della pubblicazione, tutto sia finito, la sua vita d’ora in poi sarà meravigliosa. Ormai ce l’ha fatta, ha vinto! Non dovrà più correre, ha battuto tutte le altre bestie del creato, può guardare dall’alto in basso conigli, gatti, pecore perché egli è stato scelto dall’uomo come compagno per le battaglie.
Questo finché l’uomo non si stufa e lo manda al macello (vedi il caso di Melissa P tanto per dirne uno). Certo ci si può indignare per il cavallo, ma anche il cavallo poteva arrivarci prima con un minimo di informazioni, sono secoli che la schiavitù di questo tipo esiste. Per me è semplice selezione artificiale. Se sei troppo stupido per capire che devi darti da fare nella vita e nessuno ti regala niente, puoi tranquillamente soccombere, non sentiremo la tua mancanza (A meno che non lo ammetti e c’è l’ipotesi del reato di circonvenzione di incapace). *Fa ciao con la manina*
Quello però che rovina questa logica è la qualità del prodotto. È ovvio che se non conta la produzione, ma solo la distribuzione, la consumazione sarà terribile. E dato che io sono un consumatore fottutamente egoista, ci tengo che ciò che mi viene offerto sia di buona qualità. Per lo stesso motivo percui poi nel mio lavoro cerco di offrire il meglio che posso. L’unica abilità speciale che hanno i consumatori è il benedetto “potere d’acquisto” ma non lo sfruttano mai. Non esiste il potere di vendita o di distribuzione, questo perché i distributori sono impotenti. L’unico modo che hanno per guadagnare e vivere è quello di sfruttare il prossimo. Nel rapporto amoroso che dovrebbe esserci tra l’artista e il suo pubblico essi giocano il ruolo del protettore nei confronti della zoccola. Il diritto d’autore ti vieta di vendere il tuo corpo autonomamente, devi sempre affidarti al pappone della situazione.
Questo è un discorso che non riguarda solo l’editoria, nella musica per esempio almeno 3 artisti diversi hanno dedicato a questo argomento una canzone. Lascio la parola e il video a loro, che di sicuro ne sanno più di me.
1.
2.
3.
*Ovviamente recensioni più truccate di Platinette.
#181 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 17:49
@ Alberello
Grazie per le osservazioni.
Si, in effetti anche a me sembra molto ovvio, ma nella mia ignoranza ho la sensazione che quel tipo di argomento non venga affrontato spesso, perlomeno in maniera diretta, solo perché altri aspetti della questione appaiono più determinanti.
Sono d’accordo con te su molto di quello che hai scritto, però ti faccio notare che anche tu non hai dato grande rilievo alla mia considerazione di fondo. Io volevo proprio dire che probabilmente le case editrici NON “mettono in campo i loro campioni sperando di vincere una buona fetta di pubblico e rientrare dei soldi scommessi su di esso”. I campioni delle case editrici, secondo me, sono esclusivamente i classici, tutto il resto sembra più che altro un modo per mostrare il marchio e per togliere spazio (anche fisico, come giustamente dice Gamberetta) al marchio dei concorrenti diretti.
Ancora due (fastidiose) considerazioni (molto) pignole su due dettagli dei due ultimi capoversi del tuo post:
“Il diritto d’autore ti vieta di vendere il tuo corpo autonomamente, devi sempre affidarti al pappone della situazione”.
Non capisco il senso di questa frase. Comunque mi viene da dire che tecnicamente il diritto di autore, in sé, è sempre personale e inalienabile (per un certo numero di anni).
“Questo è un discorso che non riguarda solo l’editoria, nella musica per esempio…”.
Questo che sto per scrivere è veramente fastidioso e superfluo, me ne rendo conto, però visto che ho già le mani sulla tastiera… Va da sé che per “editoria” si intende anche quella musicale.
#182 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 17:52
@ Alberello
Ancora una dimenticanza:
Frankie HI NRG è sempre affascinante.
#183 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 17:57
Che un eventuale dio perdoni queto triplo post.
Devo rettificare almeno una delle stupidaggini che ho scritto: forse sarebbe meglio dire che il diritto di autore è sempre inalienabile; sono i limiti all’eventuale sfruttamento commerciale che decadono dopo un certo numero di anni. Ma altri più informati di me potranno precisare o correggere questa affermazione azzardata.
#184 Comment By alice On 24 maggio 2011 @ 18:32
Posso rispondere giusto per quel che so io. Qui a bologna ho conosciuto diversi scrittori o aspiranti tali (perché si è scrittori solo raggiunta la fama, of course) e gli unici che stan facendo strada sono proprio quelli disposti a farsi mille chilometri – non pagati, sottolineo – per parlare ad ogni fiera-presentazione-occasione speciale. Quelli che non ce la fanno, sono coloro che ad un certo punto si stancano (o che non han più soldi da buttare via, visto che altrimenti avrebbero aperto la loro personalissima casa editrice). C’è poi un altro fattore, ancor più fastidioso, che va’ al di là del marketing puro. Qui si sta chiedendo ad una persona – anche una persona con ottime idee o stile – di sfornare un romanzo l’anno – minimo – per farsi conoscere. Conosco gente che ogni sei mesi tira giù un romanzo, manco fossimo alla pressa. CI credo che letteratura italiana è distrutta, questa non è letteratura, è roba scritta in serie nell’attesa di diventare tutti dei Baricco.
Per non parlare delle case editrici piccole che schifano i nomi come quello sopracitato ma soltanto perché non possono permettersi di averlo: le loro ricerche vertono tutte in quella direzione, non vogliono né la sperimentazione né nuova linfa vitale. Clonano il grande utilizzando i piccoli… e a quel punto mi chiedo cosa serva, l’editoria indipendente, se tanto indipendente non è.
E, bada, non sto parlando da frustrata: sinceramente la mia esperienza è stata, appunto, solo un’esperienza, non ho rimpianti o desideri particolare. Mi sono limitata ad osservare un piccolo universo che credevo differente, perché i libri non si prestano alle tourné, a volte non si presta nemmeno la musica a quella prassi, figurarsi la carta stampata.
Spero di aver utilizzato bene il blockquote, per me è una roba nuova.<
#185 Comment By alice On 24 maggio 2011 @ 18:33
Ok, è evidente che non l’ho usato bene (il tuo post è venuto doppio, non so perché). La prossima volta farò meglio.
#186 Comment By Alberello On 24 maggio 2011 @ 18:43
@tasso
Pardon, non avevo colto del tutto la tua osservazione. Certo, la concorrenza esiste sempre nel “libero mercato”, pertanto oltre ai loro campioni, buttano dentro anche altro per seguire l’onda del momento. Diciamo che ci sono i purosangue e le bestie da soma che si fanno carico di portare avanti la baracca lavorando per il bastone e la carota.
Per esempio la DeAgostini capendo che il momento fantasy era propizio, è andata nel mercato sotto casa editrice e ha comprato una mula di nome Allibis. È una bella bestia, pare che riesca a tirare un grosso carretto, più dei buoi. Probabilmente Allibis nemmeno esiste o verrà riciclata in futuro sotto un altro pseudonimo. Però finché traina e vende, l’imperativo è sfruttare a manetta. Ma come detto, forse hai ragione nel dire che di queste cose se ne parla poco direttamente, a me paiono concetti banali, triti e ritriti. Però per carità se ti fa piacere parlarne, parliamone. :P
I diritti d’autore li cedi nel momento in cui pubblichi per contratto standard. È come se apparisse un cartello al neon sulla tua testa con scritto: “Complimenti, hai appena venduto i tuoi diritti! Ora ti restano solo doveri.” Voleva essere una semplice butade, per far riflettere sul significato recondito delle parole usate in questo caso.
Chiedo scusa anche per il disguido editoriale. Siccome spesso le persone tendono a scindere i diversi ambiti perché non viene considerata tutta arte o cose simili, preferisco specificare. C’è chi pensa che suonare richieda tecnica, scrivere no. E chiedo scusa anche per le metafore infinitamente fanciullesche con animali, verdura e altre cose semplici ma:
“Ardo dal desiderio di spiegare, e la mia massima soddisfazione è prendere qualcosa di ragionevolmente intricato e renderlo chiaro passo dopo passo. È il modo più facile per chiarire le cose a me stesso.” (Isaac Asimov)
Per quanto riguarda Frankie HI NRG, è colpa sua se sono ridotto così. Nei suoi testi riesce sempre a creare dei giochi di parole incredibili, è un dizionario vivente.
Ho imparato più parole da lui che a scuola e non mi vergogno a dirlo.
Bon, ho finito le cose intelligenti da dire, ora torno ad essere stupido come sempre, ci rivediamo al prossimo the degli intellettuali. Che fatica ragionare, un mal di testa! xD
@Alice
Per il quote, seleziona prima la parte di testo che ti interessa quotare con il mouse e poi clicca su blockquote. C’è anche l’anteprima sotto il commento se non sei sicura di come esce. ^^
#187 Comment By Gamberetta On 24 maggio 2011 @ 19:32
@alice. Ho sistemato io il blockquote.
Per quanto riguarda la fantascienza: è un vecchio problema del genere il fatto che tradizionalmente le idee siano sempre state considerate fondamentali a scapito del resto. È difficile trovare romanzi di fantascienza che brillino per particolari qualità letterarie, caratterizzazione dei personaggi compresa. Se ne lamentava anche il già citato Thomas Disch. Magari potresti provare a leggere qualcuno dei suoi romanzi, a partire da Campo Archimede.
Per un romanzo che comincia come fantasy, finisce come fantascienza, e ha per protagonista un personaggio femminile interessante puoi vedere Ash di Mary Gentle.
Però non ho idea se possano farti tornare la voglia di leggere. Dipende molto da quello che cerchi in un romanzo.
#188 Comment By tasso barbasso On 24 maggio 2011 @ 19:55
@ alice
Grazie per la spiegazione/confessione.
Ho l’impressione che quella che noi vediamo una patologia del mondo editoriale, sia in buona parte un problema strutturale molto più ampio del concetto stesso di editoria. Per fortuna dentro i “mondi” ci sono ancora le persone e leloro energie.
@Alberello
Intellettuali siamo un po’ tutti (perfino e soprattutto quando abbiamo il mal di testa) alla faccia di varie mode, tra cui quella del politically INcorrect. ;-)
Riguardo il diritto d’autore, intendevo dire che tecnicamente (giuridicamente) il diritto di essere considerato e indicato come autore non è cedibile. È una questione terminologica: spesso si dice diritto d’autore per indicare la titolarità dello sfruttamento economico dell’opera. Da Wikipedia italiana: “il diritto d’autore è la posizione giuridica soggettiva dell’autore di un’opera dell’ingegno a cui i diversi ordinamenti nazionali e varie convenzioni internazionali (quale la Convenzione di Berna) riconoscono la facoltà originaria esclusiva di diffusione e sfruttamento, ed in ogni caso il diritto ad essere indicato come tale anche quando abbia alienato le facoltà di sfruttamento economico (diritto morale d’autore)”.
Che qualcuno possa pensare che per fare letteratura non sia necessaria una tecnica mi sembra assai singolare: il mostruoso livello di astrazione del codice linguistico, soprattutto nella versione scritta, mi sembra perfino difficile da concepire! Comunque anche questa sarà una questione di interpretazioni.
Grazie per l’ulteriore bel video/promemoria di Frankie. Anche quella è letteratura (narrativa, cinema, poesia, teatro, grafica, architettura, eccetera). D’altra parte anche la letteratura è un po’ musica.
Mi raccomando, Marco, non smettere mai di ardere e scherzare! Però ricordati (perché lo sai già) che lo scherzare, al contrario dell’ardere, è un po’ come la musica.
#189 Comment By alice On 24 maggio 2011 @ 20:06
@Gamberetta:
Faccio qualche ricerca in merito e proverò. Ho bisogno di imput nuovi, di un libro che mi appassioni dall’inizio alla fine. Il mio gusto o è peggiorato o si è affinato, fatto sta che non riesco più a finire niente. Insomma, grazie!
#190 Comment By Mauro On 25 maggio 2011 @ 17:25
Alice:
A me sono piaciuti molto The Haunted Vagina (molto breve – 105 pagine – e scorrevole, ottimo per provare) e Dragon’s Egg (meno bello, ma comunque valido, il seguito, Starquake): il secondo è fantascienza hard (di quella dove la fisica te la spiegano), il primo Bizarro Fiction (se non hai mai letto nulla del genere e vuoi nuovi input, parti da quello).
#191 Comment By Alberello On 26 maggio 2011 @ 15:02
@tasso
Visto che ci tieni ad essere pignolo, andiamo a pignolare. xD Il tecnicismo è giusto, ma secondo te quanti artisti sanno o viene spiegata loro questa differenza? Leggi per esempio l’intervista alla suddetta Melissa P.
Trovi mai dire: “Titolarità dello sfruttamento economico dell’opera”?
Oppure trovi solo la parola “diritti”?
“I diritti cinematografici furono venduti dopo soli 10 giorni.”
“Ma dice che non li ha. Alla fine ci accordiamo per 70mila. 61 netti. Però ho ripreso tutti i diritti.”
Questo linguaggio non è ad uso soltanto degli “sprovveduti artisti” (che gli anglofoni amano definire clueless xD), ma rientra nel quotidiano nonché nella terminologia stessa del contratto editoriale classico.
Leggi con attenzione:
“l’autore garantisce che l’opera è frutto del suo ingegno e di essere in possesso di tutti i diritti di sfruttamento della stessa e di avere altresì le facoltà e la capacità necessarie a stipulare il presente contratto.”
“L’autore, inoltre, con la sottoscrizione del presente contratto, dichiara che intende far pubblicare l’opera su cartaceo e si impegna a riconoscere all’editore il diritto al titolo dell’opera, per tutta la durata del medesimo contratto.”
“L’autore infine si impegna a sollevare l’editore da ogni responsabilità per il danno cagionato a terzi dalla sua eventuale mancanza di alcuni diritti sull’opera in oggetto e altresì da eventuali querele da parte degli stessi terzi i quali potrebbero ritenere il contenuto del libro lesivo per la loro immagine.”
“1) L’Autore, agendo per se stesso, con il presente atto concede all’Editore, che accetta, il diritto (autore, edizione, pubblicazione, vendita e quant’altro), per il periodo di 10 (dieci) anni dalla sottoscrizione del presente contratto, al numero di edizioni e/o ristampe che stimi necessarie, dell’opera
dal titolo………
Sono comprese nella cessione dei diritti di utilizzazione, tutte le diverse forme di riproduzione grafica di cui può essere suscettibile l’opera, tra cui: la pubblicazione in periodico, in volume, in edizione economica, in edizioni speciali per book club o simili, pre e/o post pubblicazione di parti o dell’intera opera su quotidiani e periodici o allegate agli stessi. La cessione è in essere anche mediante licenza a terzi.”
“2) Oltre alla cessione dei diritti esclusivi di cui al precedente articolo, l’Autore cede all’Editore, sempre in esclusiva, i seguenti diritti secondari:
a) diritto di adattare e rielaborare parti o l’intera opera per la riduzione cinematografica, teatrale, radiofonica, televisiva, in cartoni animati, in fumetti, in opere multimediali;
b) diritto di tradurre e diffondere l’opera in qualsiasi lingua;
c) diritto di riprodurre l’opera su supporti elettronici;
d) diritto di diffondere l’opera attraverso tecnologie informatiche;
e) diritto di riprodurre l’opera vocalmente con lettura da parte di un singolo lettore;
f) diritto di concedere licenze per la riproduzione anche solo parziale dell’opera mediante fotocopia o procedure analoghe;”
“La cessione di questi diritti, è estranea al contratto di pubblicazione su stampa cartacea, quindi è buona norma che la cessione di tali diritti venga contrattata a parte, anche perché, in mancanza di tale specificazione, l’editore non potrà sfruttare questi diritti, poiché estranei al contratto di edizione. Sarebbe anche buona norma TENERSELI questi diritti, in quanto, sebbene con i nuovi accordi l’autore che firma un contratto percepisca dalla vendita dei diritti secondari il 50%, sarete sempre vincolati dalla decisione dell’editore, se intende cederli o meno. Nel senso, se una casa di produzione cinematografica offrisse una somma al vostro editore e quest’ultimo la giudicasse inadeguata, voi non potrete fare nulla per tutta la durata del contratto (badate bene, la possibilità che il vostro libro desti le attenzioni di produttori cinematografici, non è remota, di più, ma i sogni sono in parte l’energia che ci manda avanti, quindi un minimo vanno assecondati, ma sempre in maniera razionale), anche se a voi non interessano i soldi ma solo la popolarità. Ad ogni modo, se la pubblicazione avvenisse totalmente a spese dell’editore e non avete molta scelta, ci può anche stare il cederli (ma provate a negoziare comunque), se invece la pubblicazione avviene a vostre spese, allora portatevi rispetto e non fatevi rapinare a mano armata.”
Ti è più chiara ora la mia battuta sul fatto che quando cedi i tuoi diritti ti restano solo doveri? Se vuoi ti faccio un disegnino. xD Per carità, poi si può anche andare in giro a chiamarla “titolarità dello sfruttamento economico dell’opera” ma la gente si chiederà di che diamine stai parlando, lol. Rischi di far capire ancora meno di cosa si sta parlando, applicando la vasellina del linguaggio accademico all’enorme dildo che ti stanno infilando su per il culo. Nel momento in cui stipuli un contratto del genere sei esattamente come la zoccola che cede la sua vagina ad un tizio che poi pretende i diritti su di essa (pappone). E non ho usato questo termine per la moda del politically incorrect, ma perché il termine zoccola è derivato di un latino volgare sorcula, diminutivo femminile del classico sorex -icis, sorcio, incrociato con zoccolo inteso come figurato e spregiativo per uomo rozzo e ignorante, buono a nulla. Visto che ho parlato di cavallo, che ha gli zoccoli, e ho tirato in ballo gli altri animali, mi sembrava giusto concludere con il sorcio. Se avessi voluto solo essere volgare l’avrei chiamata puttana, mignotta, bagascia, baldracca ecc.
Macché singolare, è plurale, maschile e pure femminile. xD Scusa eh, ma proprio qui su Gamberi Fantasy ci sono state eterne discussioni sul fatto che per scrivere ci volesse o meno una tecnica. C’è gente con le fette di salame di cavallo sugli occhi che va in giro a dire: “Mannò! Ci vogliono le emozioni! Io scrivo usando il mio stile che ho inventato di sana pianta ed è stupendo!!11!111!one”. Davvero tasso, a me sembra che tu mi stia prendendo in giro giusto per il gusto della discussione fine a sé stessa. Se vuoi ti do ragione, ma non lo penso minimamente.
Comunque ti ho lasciato un messaggio in fogna per una cosa completamente OT, se vuoi continuare questa diatriba sull’aria fritta, ti aspetto agguerrito nel mio regno. E ricorda di portare il vino, che di zoccole lì ne abbiamo a sufficienza! xD
Concludo citando Adam Smith nella speranza (vana) che qualcuno si illumini al suo pensiero e in futuro produca roba di qualità:
“Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio, che noi ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro rispetto nei confronti del loro stesso interesse. Noi ci rivolgiamo, non alla loro umanità ma al loro amor proprio, e non parliamo loro delle nostre necessità ma della loro convenienza.”
#192 Comment By tasso barbasso On 27 maggio 2011 @ 19:57
Riporto qui alcuni brani tratti da un lungo post che ora procedo a “infognare”. Questo sia perché mi sembrano attinenti al tema dell’articolo, sia perché sono concepiti come risposta ad un altro post qui pubblicato.
@ Alberello
Diritti di autore.
Come ho già scritto e riscrivo qui, intendevo dire che “il diritto di essere considerato e indicato come autore non è cedibile”. Questo è il punto fondamentale che mi interessava offrire alla discussione. Questo concetto, tra l’altro, non mi sembra in contrasto con nessuna delle tue osservazioni tranne una. Infatti ricordo di aver concepito la frase suddetta soprattutto come reazione (non in senso conflittuale/antagonistico ma dialettico) ad una singola frase da te scritta nel post precedente: “Il diritto d’autore ti vieta di vendere il tuo corpo autonomamente, devi sempre affidarti al pappone della situazione” (ma non è certo la metafora della prostituzione che mi interessava, come spiego nel paragrafo “altre considerazioni”). Può essere che io mi sia sbagliato nell’interpretare il senso della tua frase, ma quello che volevo dire io è questo: il diritto di autore secondo me – può essere che mi sbagli, ma siamo qui proprio per mettere insieme le varie opinioni – non ti vieta di “vendere autonomamente il tuo corpo”; semmai te lo vieterebbe, per un periodo determinato, un eventuale contratto editoriale (che di per sé non è indispensabile). Anzi, il diritto in sé, ossia la proprietà concettuale dell’opera, appare addirittura come non scindibile dalla figura dell’autore. Ma perché ho voluto precisare questo? Per pura pignoleria? No, l’ho voluto dire perché, secondo me, la consapevolezza del fatto che la proprietà concettuale dell’opera è inalienabile, aiuta ad osservare con più lucidità le questioni (del tutto differenti) della diffusione dell’opera e del suo eventuale sfruttamento economico. Tutto qui. Niente di drammatico e, se mi consenti, nemmeno pura “aria fritta”.
Tecnica letteraria.
Si, lo so che “qui su Gamberi Fantasy ci sono state eterne discussioni sul fatto che per scrivere ci volesse o meno una tecnica”, e ciò nonostante la cosa mi sembra singolare (sulla parola “singolare” vedi “altre considerazioni”). Che c’è di strano? Hai forse pensato che nella mia frase ci fosse un sottinteso sarcastico o un qualche tipo di attacco trasversale a qualcuno o qualcosa? No, non è così.
Su questo tema mi sembra anche utile osservare che a volte (ripeto: a volte) la posizione di gente che obiettivamente cerca solo di porre l’accento anche (ripeto: anche) sugli aspetti espressivi del fare letteratura, viene impropriamente enfatizzata (da alcuni interlocutori) fino al punto di renderla ridicola e insostenibile. Come sai si tratta di una manovra retorica. In realtà in alcune di quelle posizioni l’importanza della tecnica viene semplicemente data per scontata, anche perché magari l’intento è parlare di altro.
Per quanto mi riguarda e al di là di tutte le discussioni passate, presenti e future, mi sembra più che ovvio che per fare letteratura ci voglia la tecnica letteraria. Ma quello che mi interessava aggiungere (proprio per evitare di diffondere aria fritta) era un brevissimo cenno alla specifica complessità del codice linguistico (orale e scritto), soprattutto per invogliare eventuali utenti ben ferrati su questo argomento a regalare a noi tutti qualche considerazione più approfondita. Oltretutto quelle considerazioni aiuterebbero a capire ancora meglio perché, fino a che punto ed esattamente in che senso la letteratura non potrebbe esistere senza le sue tecniche. Anche perché la letteratura può anche essere vista come una mera riduzione della realtà (concreta o mentale che sia) a modelli codificati.
Per il resto e i saluti guarda dove sai.
#193 Comment By Wendy On 22 giugno 2011 @ 15:09
Mi sa che a Santojanni hanno pure rubato l’idea geniale e ci han fatto su un film: http://en.wikipedia.org/wiki/It's_a_Boy_Girl_Thing
Devo ammettere che, siccome sono acida, frigida e cattiva, avevo dato per scontato che a copiare fosse stato il Nostro…però la sua “opera” è stata pubblicata ben tre anni prima dell’uscita del film, faccio mea culpa :D
#194 Comment By CrushMySoul On 17 agosto 2011 @ 16:23
Come sempre d’accordo su quasi tutto, l’unico punto su cui vorrei discutere è il comportamento dei critici e le analisi che compiono sfruttando il background culturale, filosofico, politico, ideologico eccetera dell’autore. Premettendo che le cagate senza senso, tipo gli esempi riportati nell’articolo, che estrapolano dal romanzo assurdità senza capo nè coda, capitano spesso e non vanno minimamente prese sul serio, avrei invece da ridire su altri tipi di analisi. Il fatto che un autore appartenga a una certa generazione ed abbia determinate idee, una certa formazione culturale o abbia vissuto una serie di esperienze personali influisce eccome sul prodotto finale. Se Heinlein non fosse nato in America e non si fosse arruolato nella Marina non credo avremmo mai avuto uno Starship Troopers, se non avesse avuto idee libertine riguardo alla sessualità forse non ci sarebbe stato uno Stranger in a Strange Land. Ho letto alcuni saggi molto interessanti che analizzano la fantascienza da punti di vista filosofici e/o ideologici (su tutti “Le metamorfosi della fantascienza” di Darko Suvin) ed è estremamente interessante decodificare un autore, o la stessa fantascienza, in questi termini. E non credo sia sbrodolare o inventarsi panzane, se da un certo punto di vista è limitante non leggere un minimo di analisi prettamente stilistica d’altro canto credo sia anche importante soffermarsi su aspetti più ampi, capaci di inquadrare un romanzo in una specifica epoca storica, con tutto ciò che ne consegue (il cronotopo di Bachtin per farla breve). Soffermarsi ad libitum su un Heinlein fascista è noioso e irritante (oltre che falso), ma è anche vero che certe semplificazioni derivano da una conoscenza abbozzata dell’autore. Quello che voglio dire è che il problema non è in una critica che filosofeggia, ma in una critica che filosofeggia alla cazzo di cane, in modo riduttivo e senza sapere di cosa parla (al di là del tipo di analisi, stilistica, ideologica ecc. che sia). Forse non è vero che fuori dall’Italia non esistano critici cazzoni che parlano a vanvera, è vero però che esiste una controparte capace di essere obiettiva, oltre ad essere preparata. Ed è la controparte che manca in Italia, a parte forse in certi ambienti (universitari?).
Ritornando un attimo a Starship Troopers, che sto rileggendo ancora una volta (farò una tesi su RAH), posso dire la mia (per ricollegarmi con un esempio a quanto detto prima): stilisticamente ottimo (o quasi) scorrevole, fluido, nonostante sia tutto incentrato sull’addestramento riesce ad essere teso e in crescendo in diversi momenti (punizioni corporali, impiccagione, i-pochi-scontri con gli aracnidi), estremamente verosimile, spettacolari le descrizioni e gli usi dell’esoscheletro. Ma la morale di fondo, pur essendo ottimamente congegnata, non fa per me, la reputo reazionaria e un pò troppo “rosea” (troppa, troppa, troppa fiducia nel militare, figura che diviene incorruttibile dopo l’addestramento). Dico questo non per stare ancora a discutere di ST, ma per ribadire che, pur essendo d’accordo con lo stesso Heinlein (per cui la sci-fi è per prima cosa intrattenimento, divertimento), esiste sempre l’impronta ideologica dell’autore e il lettore se ne accorge. Proprio come se ne accorge il critico ed è quindi giusto che ne parli (con la dovuta accortezza e conoscendo l’argomento).
Ovviamente non sto dicendo tutto questo per darti contro su qualcosa, è che non ho capito bene se tu credi che la critica sia sempre insensata/inutile/inventata quando compie determinate analisi non stilistiche, se credi che ciò che le manca siano analisi prettamente letterarie/stilistiche o se semplicemente (e giustamente) vorresti vedere linciati certi idioti cialtroni.
#195 Comment By Gamberetta On 17 agosto 2011 @ 18:45
@CrushMySoul. Non sono d’accordo. Il critico letterario che si avvicina a un testo di narrativa lo deve analizzare solo dal punto di vista tecnico/stilistico, andare a indagare i contenuti (al di là della loro coerenza interna) o peggio indagare l’ideologia o la filosofia che traspare dal testo è una pratica inutile e fuorviante.
Faccio un esempio contrario: prendiamo un trattato di matematica. Lo si può analizzare dal punto di vista dello stile di scrittura? Volendo sì. Ma ha senso? Quando le equazioni sono giuste e i passaggi logici corretti, lo stile con cui è scritto è molto molto secondario. Stare lì a studiarlo è una specie di stravaganza, lo si può fare ma non è certo quello il metro con cui giudicare il trattato.
Così un testo di narrativa è narrativa. Non segue i canoni di una dissertazione filosofica, o politica o quant’altro, dunque analizzarlo in quell’ottica è bizzarro di per sé, indipendentemente da come lo fai. E inoltre: che competenza ha il critico letterario per andare oltre la sua materia (che tra l’altro spessissimo non conosce)? Per analizzare un testo dal punto di vista filosofico devi avere specifica preparazione. Così dal punto di vista sociologico, politico, ecc. Ovvio, il critico può averla, ma succede? A me non pare proprio.
Poi posso fare discorsi del tipo: “la coerenza interna del romanzo non funziona perché l’autore ha reso il mondo inverosimile pur di portare avanti la propria visione ideologica” ma è un già un di più, perché quando il critico sottolinea che il testo non è internamente coerente ha già fatto il suo lavoro. Perché non è coerente è un altro paio di maniche, ed è comunque speculazione (magari non è coerente semplicemente perché l’autore era ubriaco mentre scriveva certi capitoli).
Perciò no, non è questione di “filosofeggiare alla cazzo” è questione che un romanzo è un romanzo e non un testo di filosofia e dunque non ha senso analizzarlo come se lo fosse.
In ogni caso complimenti per la tesi, Heinlein è uno dei miei scrittori preferiti. ^_^
#196 Comment By CrushMySoul On 19 agosto 2011 @ 15:13
Non credo assolutamente che sia fuorviante: lo è nel momento in cui il critico non sa di cosa parla. Ma è una contraddizione in termini, il critico è per definizione un esperto che riesce a contestualizzare una data opera, oggettivando tutto ciò che può sfuggire al lettore comune. E riesce a fare questo proprio perché possiede una preparazione adeguata. Uno dei problemi più comuni legati alla critica è che spesso qualcuno si improvvisa tuttologo, vuoi perché certe riviste o giornali gli danno carta bianca, vuoi perché si è fatto un nome e ne abusa per megalomania pensando di poter dire tutto quello che gli passa per la testa nascondendosi dietro al suo status o per altri motivi. Riguardo all’esempio di matematica un critico, preparato nel dato settore ovviamente, potrebbe contestualizzarlo, mettere in luce determinate scelte, far capire perché in quel preciso momento storico la matematica sia arrivata a certi risultati, chiarire eventuali collegamenti con altre teorie eccetera. È questo che intendo per critico, dico “filosofia” per restare in un campo ampio e generico ma non mi riferisco precisamente e solamente a questo. Altro esempio heinleiniano (giusto perché sono fresco di letture): Bruce Franklin ha scritto un testo critico riguardo un po’ tutte le pubblicazioni di Heinlein mettendo in relazione i contenuti di romanzi e racconti con il periodo storico dell’autore, il suo essere americano, alcune sue esperienze e dichiarazioni personali eccetera. Ma perché ha potuto fare una cosa del genere? 1. Perché conosce la fantascienza e soprattutto Heinlein 2. Perché è un esperto di storia contemporanea americana. Da qui una ricerca competente senza sparate a caso non argomentate: tra dire “Heinlein è fascista” e “Heinlein appartiene ad una generazione americana ancora legata al mito della frontiera, da qui certe scelte nei suoi romanzi (protagonisti individualisti, importanza della libera impresa ecc.)” c’è un abisso. Detto questo, sono d’accordo che la narrativa di genere abbia altri obiettivi principali (intrattenimento, evasione, sense of wonder ecc.) e che solitamente la “paraletteratura” non è campo di studio da parte della critica. Ma non si può negare che anche qui l’autore metta la propria impronta personale, il proprio credo politico o religioso, le proprie esperienze, il riflesso di una serie di aspetti legati al tempo e al luogo in cui è vissuto, che plasmano il risultato finale. Stiamo usando Heinlein come esempio, ma se invece parlassimo di Sheckley o di Brown, di Pohl, della Le Guin o di Dick forse sarebbe più chiaro: le loro idee, critiche o satiriche, nei confronti di determinati aspetti del capitalismo, della tecnocrazia eccetera sono uno dei punti forti della loro narrativa e mi sembra innegabile. Io non discuto sul fatto che siano idee giuste o sbagliate, belle o brutte, ma della loro evidente presenza, che non è meno forte del militarismo di Heinlein (che semplicemente, essendo l’autore più legato all’hard sci-fi e alla speculative fiction, risalta di meno e passa in secondo piano). Spero di aver chiarito come la penso sulla critica e a cosa mi riferisca di preciso (lungi da me ovviamente valutare positivamente un libro scritto da schifo solo perché contiene due riflessioni “filosofiche”). Sul discorso utilità/inutilità, bè, ripeto che secondo me dà completezza all’analisi di un romanzo, sempre ribadendo che va da sé una preparazione sull’argomento da parte del critico di turno.
Heinlein comunque, al di là di ideologie e palle varie, è forse il mio scrittore preferito di sci-fi, peccato che in Italia sia così poco conosciuto.
#197 Comment By Gwenelan On 9 luglio 2012 @ 13:14
Salve, avrei una richiestina.
All’epoca avevo preso il libro di Damon Knight, In Search of Wonder, prima che library.nu chiudesse. Poi è successo un piccolo patatrac e adesso non lo trovo più (sì, scema io a non aver fatto un back-up più recente, lo so :/). Non è che qualche anima pia ha un altro sito/luogo in cui trovarlo, oppure sarebbe disposta a passarmelo? Grazie :).
#198 Comment By Gwenelan On 9 luglio 2012 @ 16:24
Doppio post solo per dire che ho risolto grazie al gentilissimo Duca ^-^!
#199 Comment By Coniglio Lunare On 26 giugno 2013 @ 12:16
Matheson ha appena stirato le zampe
#200 Comment By Darlene Alibigie On 3 luglio 2013 @ 00:16
La buonanima di Richard Matheson era come il Kilgore Trout di Kurt Vonnegut: aveva delle belle idee, ma non era assolutamente capace di scrivere.
(Per quanto mi riguarda, meglio così del contrario: “Tre millimetri al giorno”, con tutti i suoi innegabili difetti stilistici, mi ha fatto comunque venire i brividi).
#201 Pingback By Letteratura come arte. O forse no. – Lokee On 2 dicembre 2014 @ 15:35
[…] Ti consiglio questo articolo in cui si parla di Damon Knight e del declino anche a livello di idee della Fantascienza, appena divenne un po’ di moda: http://fantasy.gamberi.org/2011/03/17/cercando-il-meraviglioso-nei-posti-sbagliati/ […]
#202 Pingback By Il problema di chiamarla “Arte” e basta | Vaporteppa On 27 marzo 2015 @ 14:26
[…] Vi consiglio questo articolo in cui si parla di Damon Knight e del declino anche a livello di idee della Fantascienza, appena divenne un po’ di moda: http://fantasy.gamberi.org/2011/03/17/cercando-il-meraviglioso-nei-posti-sbagliati/ […]