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Il Manzoni scrive da cani

Pubblicato da Gamberetta il 22 marzo 2011 @ 20:21 in Marciume | 340 Comments

Volevo riprendere il discorso accennato nella nota all’articolo su Damon Knight. Lì ho affermato che al Liceo occorre fornire agli studenti strumenti e non nozioni: per illustrare il concetto farò un esempio, basato su fatti realmente accaduti. A me.
A un certo punto, durante la soporifera lettura de I Promessi Sposi, la professoressa ci rifilò una serie di fotocopie. Erano su tre colonne, da una parte c’era un brano preso dal Fermo e Lucia, a fianco il brano corrispondente ne I Promessi Sposi, e nell’ultima colonna annotazioni sulle differenze.
Perché io e i miei compagni siamo stati sottoposti a una simile tortura? Mai saputo, durante le ore di italiano sonnecchiavo e pensavo ad altro.
Le fotocopie le ho stracciate, però ricordo abbastanza per ritrovare via Google i pezzi incriminati. Invece purtroppo non ricordo da quale libro fossero state prese le annotazioni, dunque quelle non posso riportarle fedelmente, ma non ha molta importanza per il discorso che voglio fare.

Primo brano, dal Fermo e Lucia (1821 – 1823):

Sur una di quelle soglie stavasi ritta una donna il cui aspetto annunziava una giovinezza matura ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata ed offuscata da un lungo patire, ma non iscomposta; quella bellezza molle e delicata ad un tempo, e grandiosa, e, per così dire, solenne, che brilla nel sangue lombardo. I suoi occhi non davano lagrime, ma portavan segno di averne tante versate; come in un giardino antico e trasandato, una fonte di bianchissimi marmi che inaridita, tien tuttavia i vestigi degli antichi zampilli. V’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che raffigurava al di fuori un’anima tutta consapevole, e presente a sentirlo, e quel solo aspetto sarebbe bastato a rivolgere a sé gli sguardi anche fra tanta miseria; [...]

Secondo brano, da I Promessi Sposi (1840 – 1842):

Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo.

Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa; giudicando con i parametri odierni – i parametri che uso per le recensioni su questo blog – ci troviamo di fronte a una schifezza. Un testo del genere è al limite dell’illeggibile. E tra l’altro lo stile qui supporta un romanzetto rosa da quattro soldi (“Here is a book, equal in matter to any two of Cooper’s novels, and executed at least as well, which we receive at the moderate price of forty-two cents!” dalla recensione di E. A. Poe, e andate a chiedere a Mark Twain a proposito della qualità dei romanzi di Cooper…) non certo un’opera che allarga i confini dell’immaginario.
Però bisogna ammettere che il Manzoni si è comportato da bravo pucciolotto e ci ha messo tanta buona volontà: le modifiche che ha effettuato hanno migliorato il testo. Segnalo le più significative:

  • Nel Fermo e Lucia la donna è descritta impalata, ne I Promessi Sposi si dà una mossa, e come spiegato nell’articolo sulle descrizioni, questo è un fatto positivo.
  • Nel Fermo e Lucia c’è quella disgraziata similitudine tra le lacrime e gli zampilli della fontana: il Manzoni ha fatto benissimo a tagliarla, non si poteva proprio leggere.
  • Sono poi stati cambiati dei termini qui e là. Per esempio è sparito quell’inguardabile “per così dire”… purtroppo è invece rimasto il “non so che” che è una roba da dilettante senza talento. Manzoni, se non lo sai tu che ti spacci per scrittore, dovremmo saperlo noi? Chiarisciti le idee e poi scrivi, altro che “non so che”!

Le annotazioni che accompagnavano le fotocopie erano di altro tenore, tranne la prima che ancora ricordo, perché già allora pensai: “Grazie tante, Capitan Ovvio!”. La prima annotazione diceva che nel Fermo e Lucia la donna era ferma mentre ne I Promessi Sposi la donna è in movimento. Punto. Non spiegava perché.
E infatti nella successiva interrogazione non dovevi fare alcun ragionamento, dovevi solo ripetere a pappagallo: “Le differenze tra il Fermo e Lucia e I Promessi Sposi sono questa e quest’altra. Nella scena che abbiamo studiato le differenze sono qui e lì.” Fine.
Questo è un classico esempio di insegnamento nozionistico: ti inculcano un singolo elemento di informazione (o una serie di elementi) che di per sé non ha alcun valore, né alcuna utilità. Non hai imparato niente, se non forse la solita lezione: ripeti quello che il professore vuole sentirsi dire e non fare domande.
Invece il professore dovrebbe partire dall’esempio di editing svolto dal Manzoni, spiegare perché una descrizione dinamica è migliore di una descrizione statica e insegnare agli studenti a fare altrettanto.
All’interrogazione il professore non dovrebbe neanche nominarlo il Manzoni, invece dovrebbe scrivere alla lavagna una descrizione statica e chiedere allo studente di trasformarla in una dinamica. A quel punto lo studente ha imparato qualcosa. Quando leggerà il capitolo successivo de I Promessi Sposi (o di Nihal della Terra del Vento) non ci sarà più bisogno delle note.
Sull’utilità o sul valore di questo strumento poi potremmo discutere, ma di sicuro ha più valore e più utilità della singola nozione. Così come sapere svolgere le addizioni ha molto più valore e utilità di sapere che la singola addizione 112 + 87 è uguale a 199.

La verità è che gli strumenti danno fastidio. Perché fanno sorgere domande, del tipo: “Come mai studiamo fino alla nausea un autore che scrive come un ritardato fuggito dalle fogne?”, “Come mai l’insegnante che ne sa meno di me dovrebbe giudicarmi?”, “Come mai abbiamo tra le mani queste annotazioni vomitate da un mentecatto?”, ecc.
Che seccatura!
Invece le nozioni sono una pacchia. Le nozioni sono “perché sì”, non hanno bisogno né di essere spiegate, né di avere una base razionale. È così e basta. O al massimo ci si appella all’Autorità: “Le annotazioni le ha scritte un Professore dell’Università di Vatte La Pesca!” Peccato che la deduzione sia: “L’Università di Vatte La Pesca è composta da incompetenti”, e non: “Le note sono valide”.

Del resto non la si vede tutti i giorni questa manfrina? “Se l’editor di una Prestigiosa Casa Editrice™ dice che il romanzo è bello allora è bello”, “Se il critico sul Famoso Quotidiano Nazionale™ dice che il romanzo è bello allora è bello”, “Se l’autore pubblicato dalla Prestigiosa Casa Editrice™ recensisce sul Famoso Quotidiano Nazionale™ il romanzo di un suo collega, allora il romanzo è strabello!”
Questo modo di pensare degno di un macaco è anche frutto degli “insegnamenti” al Liceo. Del miscuglio nozioni + autorità invece di strumenti + ragionamento.

Perciò la mia modesta proposta è di cambiare il modo di insegnare l’italiano nei Licei. Non si deve studiare la letteratura in sé (o peggio ancora la storia della letteratura); lo studio della letteratura deve essere solo un mezzo per dare agli studenti gli strumenti minimi con i quali esprimere le proprie idee e analizzare le idee degli altri.

* * *

Rispondo a qualche osservazione sollevata nei commenti all’articolo su Knight:

Gamberetta, la tua idea è buona, ma manca il tempo.
• Secondo me di tempo ce n’è fin troppo, basta non sprecarlo. Lo spreco di tempo deriva da due fattori: da un lato il fatto che gli studenti si annoiano a morte di fronte a un approccio nozionistico, e dunque bisogna ripetere all’infinito le stesse cose; dall’altro che si insegnano un sacco di cose inutili – il pensiero filosofico degli scrittori (al massimo è roba per filosofia), il contesto sociale/storico (roba specialistica), la minuziosa disamina delle opere (se dai gli strumenti non hai bisogno di entrare ogni volta in dettagli), cretinate come la parafrasi delle poesie… ecco, se c’è un’attività che dimostra quanto il Liceo sia stupido è la parafrasi delle poesie.
Le poesie, per loro natura, sono literary fiction, ovvero una forma d’arte nella quale stile e contenuto sono indissolubilmente legati. Fare la parafrasi di una poesia è come prendere un quadro, grattare via il colore, e rimettere insieme le scagliette a riprodurre un disegno che abbia una vaga somiglianza con l’originale. Qualcuno sa spiegarmi a cosa dovrebbe servire?
Mi rispondo da sola: a niente.
Serve solo a dimostrare agli insegnanti che si è pronti a svolgere a comando un’attività inutile e noiosa. “Brava Chiara, continua a fare come ti viene detto senza domandarti se quello che fai ha un senso, e farai carriera!”

Gamberetta, la tua idea è buona, ma richiede troppi soldi.
• Richiede solo corsi di aggiornamento per gli insegnanti di italiano. Non ci sono i soldi? Pazienza, vorrà dire che gli studenti subiranno ancora questa generazione di professori e cominceranno il nuovo programma con la generazione successiva.

Gamberetta, tu non capisci: se cento anni di critica letteraria dicono che il Manzoni è un genio chi sei tu per affermare il contrario?
• Evidentemente sono una persona che ha maggiori conoscenze riguardo la narrativa di cento anni di critica letteraria. Non è mica strano. Qualunque studente al primo anno di fisica ne sa di più sull’argomento di Aristotele, San Tommaso, Sant’Agostino e altri Giganti del Pensiero™ messi assieme.

Gamberetta, hai avuto brutte esperienze al Liceo e vuoi solo sfogarti.
• Sì, voglio sfogarmi, e con questo? Il mio ragionamento non cambia di una virgola.

Nota finale per i troll pro Manzoni: evitate pure di commentare, tanto non sprecherò mezza parola per rispondervi.

* * *

Questo articolo fa parte del Marciume. Maggiori informazioni sul Marciume, qui.


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340 Comments To "Il Manzoni scrive da cani"

#1 Comment By Jaden On 22 marzo 2011 @ 21:50

Oh, da come si parla su Tumblr di questo post mi aspettavo molti più commenti. Oh, che delusione.

#2 Comment By Vigliag On 22 marzo 2011 @ 21:54

Concordo in pieno sulla necessità cambiare l’approccio alla letteratura e alla scrittura in genere nelle scuole.

Sono un ragazzo appena uscito da liceo, e a parte qualche figura retorica non ho mai avuto il piacere di sentire considerazioni sullo stile che consentissero di mettere un po’ le mani in pasta. Es. il prof poteva leggerci la poesia e chiederci “cosa vi trasmette questa scelta di suoni?”, anziché leggere le note che parlano di atmosfera cupa.

La parafrasi l’ho sempre considerata anch’io qualcosa di noioso, ma non sempre inutile… se non altro, è uno strumento con cui lo studente può assicurarsi di aver capito il significato di ogni parola.
Ciò che mi chiedevo giorno per giorno era invece a cosa servisse studiare la commedia parola per parola, quando per una buona parte delle espressioni avrei semplicemente affermato “è qui per far risultare rima ed endecasillabo”. Mi sembrava quasi divertente che studiosi passassero anni a ricamare sopra una scelta di parole fatta evidentemente per quel motivo.

Non rinuncio al troll su Manzoni; a quanto ho studiato, scriveva per trasmettere quanto più “significato morale” possibile al lettore, quindi si permetteva di riempire le descrizioni di roba astratta. Almeno un po’, quindi, ai suoi tempi, credo fosse scusato :) Oggi nessuno sceglierebbe di leggere I promessi sposi rispetto a qualsiasi altro romanzo. Ed il motivo è che secondo criteri moderni è scritto male (o almeno non risponde a quello che cerchiamo).

#3 Comment By IlBianConiglio On 22 marzo 2011 @ 22:01

In parte sono solidale con te.
Anche a me è successa la stessa cosa al Liceo: Fermo e Lucia da una parte, I promessi sposi dall’altra, e infinite note di confronto da studiare a memoria.
In gergo giapponese si direbbe mendoxe!
A me è pure andata peggio: almeno le tue note dicevano che da una descrizione statica si passava ad una dinamica; sulle mie c’erano cose come
‘Il Manzoni inverte l’ordine aggettivo/sostantivo.’
‘Il Manzoni abbandona la tipica costruzione latina della frase per una più legata al toscano parlato.’
No comment.

Però c’è un però (anzi due):
1) Il primo prof di italiano che ho avuto odiava il Manzoni, e d’accordo con te diceva che il suo libro dovrebbe essere abolito dall’insegnamento.
2) Il secondo prof di italiano era un signor prof di italiano. (Questo credo di averlo già detto in altri commenti, perdonami se mi ripeto.) Non esigeva il nozionismo ma ci spingeva a fare confronti e riferimenti ad altre opere, ci spiegava non solo i cambiamenti dal Fermo Lucia a I promessi ma perchè Manzoni aveva deciso di fare questi cambiamenti, quali opere lo avevano ispirato, le sue considerazioni ecc… Insomma, le lezioni erano molto più interessanti.
Anche con lui, comunque, si restava al nozionismo. Non dava insegnamenti pratici sulla scrittura, ma almeno non era pesante come professore.

Per riassumere direi che è più una cosa che cambia da scuola a scuola: molti professori si accontentano di impartire nozioni base da sapere a pappagallo perchè loro stessi sono incapaci di fare confronti o dare insegnamenti sui metodi di scrittura; altri cercano di dare qualcosa di più ma rimangono comunque ancorati alla tradizione del nozionismo, per quanto siano più sopportabili dei primi. E infine, da qualche parte, c’è anche qualche docente che dà insegnamenti sulla scrittura e bypassa le storie di vita/morte/miracoli degli autori. Ne dubito, ma è possibile.

Concludendo dico che:
1) Per conoscere il significato delle opere di un autore sia necessario conoscere anche la filosofia e quanto meno il contesto storico in cui lo scrittore ha vissuto. Esempio scemo: come fai a capire il senso de I promessi sposi se non conosci la conversione di Manzoni, il suo concetto di Provvidenza ecc…? O come puoi apprezzare Leopardi se pensi a lui come ad un gobbo sfigato mezzo cieco?
2) Se invece quello che interessa è capire i metodi di scrittura degli autori del passato e fare un confronto con quelli moderni, o studiare comunque la loro tecnica, allora sono d’accordo: qualunque notizia sulla filosofia dell’autore è superflua.

Rimango un po’ sorpreso da quello che dici a proposito della parafrasi alle poesie: dalla sfuriata che hai tenuto contro il personaggio di John Keating ero convinto che fossi favorevole a parafrasi/mezzi di confronto tra autori e poesie scritte/scale di gradimento/commenti alle figure retoriche e tutto ciò che spezza stile e contenuto. Forse ho capito male; mi rileggerò i commenti a quell’articolo.
Dico solo (e questo non ti piacerà) che sono strafavorevole alle parafrasi: senza quelle si rischia di perdere buona parte del senso della poesia, di incontrare termini o costruzioni che lette così hanno un senso e lette con la parafrasi ne hanno un altro (migliore e più sensato).
Nota: includo nella parafrasi anche le costruzioni retoriche, i significati di alcune metafore, tutto ciò che in generale ‘distrugge’ una poesia.
Solo dopo che la poesia si è distrutta si può ricostruirla: e una volta che viene ricostruita si apprezzerà di più.
Esempio: ‘E quindi uscimmo a riveder le stelle.’
1) Senza parafrasi = Dante afferma che finalmente è uscito dall’Inferno e vede le stelle del Purgatorio.
2) Con parafrasi = quindi è usato in correlazione con quinci nelle esperessioni tipiche dell’italiano del 300: indica ‘di qui, da questa parte’. Stelle è un riferimento a Dio. Il verso diventa:
‘Da questa parte [cioè arrampicandosi sulla trippa di Lucifero] uscimmo dall’Inferno e rivedemmo la luce divina [=la redenzione dai peccati, la beatitudine, qualunque significato religioso vuoi dare al termine.]‘

#4 Comment By Se questo è un nerd On 22 marzo 2011 @ 22:07

quindi sei una di quelle persone che uscite dalle scuole superiori continuano per tutta la vita a pensare gli stessi pensieri adolescenziali e acerbi?

seguendo il tuo ragionamento, tutta la storia insegnata è semplicemente nozionistica. è ovvio che sei tonto ti limiti ad imparare a memoria invece di sfruttare l’occasione d’oro che ti viene data di imparare cosa è venuto prima di noi (e non solo evento A ed evento B, ma anche un pò di cultura sincrona a questi eventi, che magari riesce a spiegarti un pò il perchè di questi eventi).

questi ragionamenti da bambini borghesi annoiati, che si lamentano di essere stati mandati a scuola ad imparare nozioni, mentre tuttoggi la maggior parte dei bambini del mondo vive in condizioni terribili rispetto ai nostri, sono inutili.

senza la trasmissione della letteratura, all’inizio per via verbale e non scritta, il popolo tutto starebbe ancora a credere alla favoletta di gesù cristo che camminava sull’acqua e cazzi vari.

sparare a zero su manzoni non risolverà i tuoi rancori irrisolti nei confronti dei professori del liceo che ti hanno messo voti bassi.

si vede proprio che la storia della letteratura non l’hai mai studiata ma solo imparata a memoria.

#5 Comment By sommobuta On 22 marzo 2011 @ 22:08

Leggo sempre con molto interesse i post di questo sito, anche se non commento quasi mai. Questa volta però intendo fare una piccola eccezione.

Ho trovato l’articolo interessante, dato che propone un punto di vista niente male.
Io però mi pongo in maniera diametralmente opposta.
Conoscere “la nozione” è, a mio avviso, parte integrante ed essenziale dello “strumento”.

Conoscere la storia della letteratura, i suoi protagonisti e la sua evoluzione, credo sia un ottimo modo per capire come si è arrivati alla letteratura moderna/contemporanea poichè senza quel “tipo” di letteratura, a mio avviso, non ci sarebbe la letteratura moderna/contemporanea.

Penso infine che l’approccio di partenza sia sfasato. E’ ovvio che secondo i canoni di oggi Manzoni scrive(va) da cani. Ma se non sapessimo come si scriveva nell’800 (o nel ’700, o nel 500 a.C.), come potremmo capire la differenza con la letteratura di oggi (e ovviamente migliorarla)?

Magari “I promessi sposi” oggi sono una schifezza secondo i parametri letterari contemporanei, ma sarebbe come dire che la Ford T oggi farebbe schifo. :)

Ps: che poi Manzoni fosse un autore “mediocre” se paragonato ai suoi contemporanei russi ed europei – che sfornavano un capolavoro all’anno grande il doppio de “I Promessi Sposi” – non ci piove.

#6 Comment By Doarcissa On 22 marzo 2011 @ 22:55

Concordo con l’articolo e aggiungerei una cosa:

credo che questo discorso vada spostato dal piano ‘etico’ (e` giusto o sbagliato insegnare cosi` o cosa`) a un piano pratico.

Dopo il liceo una persona vive mediamente un’altra sessantina di anni. La letteratura italiana si e` sviluppata, da Manzoni a oggi ~200 anni. E` impossibile studiare bene 200 anni di letteratura, infatti si studiano decine di autori tutti male. L’idea dovrebbe essere quella di dare in cinque anni quegli strumenti necessari ad approfondire la conoscenza e la comprensione della letteratura italiana, e magari anche l’interesse, nei successivi 60.

All’atto pratico chi esce dal liceo non solo non ha gli strumenti per analizzare da se` un testo e goderselo, non solo non ricordera` nessuna delle migliaia di nozioni incamerate 12 ore prima dell’interrogazione e perse nelle 2 ore successive, ma ci sono buone probabilita` che:
- non voglia mai piu` aprire un libro di letteratura (italiana) nella propria vita;
- qualora ne avesse voglia, non avrebbe gli strumenti per capire e giudicare quello che sta leggendo;
- anche se riuscisse a elaborare dei pensieri originali non saprebbe esporli per iscritto.

Quindi secondo me ci si dovrebbe 1) chiedere quali sono gli obbiettivi dell’insegnamento dell’italiano al liceo, 2) osservare i risultati, 3) giudicare il metodo dal confronto tra obbiettivi e risultati.

Guardando i dati del ministero circa il 40% degli iscritti alle scuole superiori fanno un liceo, e i lettori decenti totali (12 libri/anno) sono circa il 15% (non tutti provenienti da un liceo). Le universita` devono organizzare corsi di lingua italiana. Secondo me sarebbe anche ora di rivedere la qualita` dell’insegnamento.

#7 Comment By Gamberetta On 22 marzo 2011 @ 23:01

@Jaden. Spiacente che tu sia rimasto deluso, prenditela con il signor Tumblr che illude la gente.

@IlBianConiglio.

1) Per conoscere il significato delle opere di un autore sia necessario conoscere anche la filosofia e quanto meno il contesto storico in cui lo scrittore ha vissuto. Esempio scemo: come fai a capire il senso de I promessi sposi se non conosci la conversione di Manzoni, il suo concetto di Provvidenza ecc…? O come puoi apprezzare Leopardi se pensi a lui come ad un gobbo sfigato mezzo cieco?

No. Sarebbe come dire che il mio giudizio sulla Strazzu dovrebbe essere influenzato dal fatto che ha scritto il romanzo a quindici anni. C’è il testo e solo il testo. Se devi andare oltre il testo per capire il significato vuol dire che lo scrittore non era abbastanza bravo, dunque non è degno di essere studiato. Omero non si sa chi fosse, se fosse addirittura mai esistito, se fossero più di una persona, ecc. E allora? Hai problemi a divertirti con Ulisse che acceca Polifemo? Sono le parole che contano, non il contesto. Al massimo il contesto sarà approfondito in sede universitaria da chi è appassionato.
Se apprezzi Leopardi perché era uno sfigato vuol dire che oltre a essere sfigato scriveva pure poesia di merda. E se scriveva poesie di merda possiamo evitare di parlarne a scuola.

Sulle parafrasi il discorso è troppo lungo per un commento, mi riserbo un altro marciume in futuro.

@sommobuta.

Conoscere la storia della letteratura, i suoi protagonisti e la sua evoluzione, credo sia un ottimo modo per capire come si è arrivati alla letteratura moderna/contemporanea poichè senza quel “tipo” di letteratura, a mio avviso, non ci sarebbe la letteratura moderna/contemporanea.

E chissenefrega di sapere come si è arrivati alla letteratura contemporanea?
Quando impari la matematica ti frega qualcosa di sapere la vita privata di Archimede? La polemica tra Leibnitz e Newton? Come è morto Gödel? Impari lo stesso senza la minima conoscenza di questi argomenti. Così puoi imparare a esprimerti in modo efficace senza avere la minima idea di chi fossero Manzoni e i suoi colleghi.
Il punto fondamentale è che la cultura, la vera cultura, è nell’uso degli strumenti, non nelle nozioni. La persona di cultura sa calcolare l’area del triangolo, indipendentemente dal fatto di sapere chi fosse Pitagora. E sa calcolare l’area degli altri poligoni anche senza sapere niente di Euclide e senza avere letto gli Elementi in greco. Dopodiché posso non escludere in linea di principio, se avanza tempo, di parlare del Manzoni o della pazzia di Gödel, ma è un di più, non il punto principale.

#8 Comment By Charmen On 22 marzo 2011 @ 23:41

Sono le parole che contano, non il contesto.

Insomma. Cioè, banalizzando: se adesso un ragazzo si rivolge all’ innamorata dicendo che tanto onesta pare mentre saluta sembra fuori di testa, ai tempi di Dante Alighieri invece era visto come un giovane tanto carino e tanto perbene.

Il nostro gusto è influenzato dal momento in cui viviamo, nella storia della letteratura che ci piaccia o no ci siamo fino al collo. Viviamo benissimo anche senza conoscerla, eh, ma limitandoci a imparare solo le cose tecniche senza contestualizzare si rischia di prenderci delle cantonate – capirle, invece, non significa trovarci d’ accordo.

#9 Comment By sommobuta On 22 marzo 2011 @ 23:48

E chissenefrega di sapere come si è arrivati alla letteratura contemporanea?
Quando impari la matematica ti frega qualcosa di sapere la vita privata di Archimede? La polemica tra Leibnitz e Newton? Come è morto Gödel? Impari lo stesso senza la minima conoscenza di questi argomenti. Così puoi imparare a esprimerti in modo efficace senza avere la minima idea di chi fossero Manzoni e i suoi colleghi.
Il punto fondamentale è che la cultura, la vera cultura, è nell’uso degli strumenti, non nelle nozioni. La persona di cultura sa calcolare l’area del triangolo, indipendentemente dal fatto di sapere chi fosse Pitagora. E sa calcolare l’area degli altri poligoni anche senza sapere niente di Euclide e senza avere letto gli Elementi in greco. Dopodiché posso non escludere in linea di principio, se avanza tempo, di parlare del Manzoni o della pazzia di Gödel, ma è un di più, non il punto principale.

No, quando imparo la matematica non mi interessa sapere di Archimede, nè di Euclide o compagnia bella. Così quando imparo a leggere non mi interessa nulla di Leopardi, Manzoni o Pirandello. :)

2+2 fa sempre “4″, così come c+a= “ca”, s+a= “sa” e “ca”+”sa”= “casa”.

Il problema, secondo me, è che sappiamo calcolare l’area del triangolo perchè prima di noi l’ha fatto Pitagora, aprendo un mondo matematico tutto nuovo.
E chi si occupa di narrativa sa (non solo come deve fare per scrivere bene) come deve orchestrare il tutto perchè ha alle spalle tutta una “storia” letteraria, che gli fornisce regole utili per capire come imbastire una storia.
Stessa cosa per il lettore, che riesce a capire se il testo che ha di fronte è buono o no perchè ha esperienza anche di ciò che letterariamente è venuto prima.

Ma queste regole non sono comunque basate su un’esperienza pregressa, basata a sua volta su strumenti che a loro volta sono basati mere nozioni?
Per esempio, i parametri che tu usi per giudicare se un libro è buono o no, non sono strumenti che però si basano su nozioni di fondo ben precisi?

Poi sono comunque d’accordo che il nozionismo puro&duro sia controproducente e non serva a nulla, se non è supportato dagli strumenti di cui sopra. Quello è normale. :D

#10 Comment By Mr. Giobblin On 23 marzo 2011 @ 00:04

Aah, il classico scontro competenze vs nozioni. E’ una questione davvero spinosa.
Penso che il sistema scolastico italiano (soprattutto per quanto riguarda le scuole superiori) stia tuttora pagando le conseguenze della Riforma Gentile; tante, troppe nozioni, specie nelle materie umanistiche, e zero competenze.
Io ho frequentato il liceo classico. Sinceramente, avrei preferito imparare più competenze “tecniche” per produrre testi piuttosto che imparare a memoria il Terzo Canto dell’ Inferno di Dante .
(Con tutto il rispetto per il Sommo Poeta, che mi garba assai.)
Non sarebbe meglio dare agli studenti gli strumenti adatti per comprendere e realizzare un’ampia gamma di testi, piuttosto che infarcirli di nozioni che verranno prontamente dimenticate nel 90 % dei casi? Poi, chi vorrà approfondire il discorso (Manzoni era religioso? Quanto alta era la gobba di Leopardi?) o leggerà per conto suo o continuerà con un corso di laurea appropriato. Gli altri resteranno ignoranti e faranno magre figure se intervistati per strada, ma almeno avranno imparato qualche abilità tecnica, che è già qualcosa.

Mi fermo qui perchè non ho soluzioni. Quel poco che so di competenze e nozioni me lo ha pazientemente spiegato la mia dolce metà, che fa la maestra, scandendo bene le parole e con l’aiuto di pupazzetti.

#11 Comment By Tapiroulant On 23 marzo 2011 @ 00:07

Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa

A occhio direi che è nella media. Stendhal è da quelle parti, Walter Scott è forse solo leggermente meglio. Balzac è anche peggio. I russi di quel periodo, invece (Puskin, Lermontov, Gogol’), tendenzialmente sono più bravi.
Devo però riconoscere che tutti questi autori li ho letti in traduzione.

Ah, appunto scemo: si scrive Leibniz, non Leibnitz (in realtà Wikipedia precisa: “in passato francesizz. in Leibnitz”, ma si tratta comunque di una forma desueta).

@BianConiglio:

Solo dopo che la poesia si è distrutta si può ricostruirla: e una volta che viene ricostruita si apprezzerà di più.
Esempio: ‘E quindi uscimmo a riveder le stelle.’
1) Senza parafrasi = Dante afferma che finalmente è uscito dall’Inferno e vede le stelle del Purgatorio.
2) Con parafrasi = quindi è usato in correlazione con quinci nelle esperessioni tipiche dell’italiano del 300: indica ‘di qui, da questa parte’. Stelle è un riferimento a Dio. Il verso diventa:
‘Da questa parte [cioè arrampicandosi sulla trippa di Lucifero] uscimmo dall’Inferno e rivedemmo la luce divina [=la redenzione dai peccati, la beatitudine, qualunque significato religioso vuoi dare al termine.]‘

Ah sì? Davvero dopo aver fatto la parafrasi di quella frase, la apprezzi di più?
Perché io no, proprio per niente.
A parte il fatto che è scontato che per uscire dall’Inferno si sia passati per il corpo di Lucifero (posto che uno si sia letto il resto del Canto e non solo quel verso lì, il che mi sembra il minimo), tutta la differenza starebbe tra “stelle” e “luce divina”? E cosa me ne frega a me, lettore, che le stelle significhino la luce divina, e quindi simboleggino le cose che hai detto? Una lettura non è un’esegesi. Manco fosse un testo sacro.

#12 Comment By Gamberetta On 23 marzo 2011 @ 00:12

@sommobuta.

Stessa cosa per il lettore, che riesce a capire se il testo che ha di fronte è buono o no perchè ha esperienza anche di ciò che letterariamente è venuto prima.

Non necessariamente. Ti faccio un esempio: se tu sai come funziona lo “Show don’t tell” capisci perché i giornali o i politici non dicono quasi mai: “I crimini violenti sono aumentati dello 0,02% in 40 anni” (tell), ma dicono: “Un negro albanese ha massacrato a martellate una ragazza sull’autobus e poi ha violentato il cadavere!!!111!!!!” (show).
Ora, c’è bisogno di sapere che lo “Show don’t tell” lo ha “inventato” un abate scozzese? O un filosofo inglese? O un drammaturgo giapponese? E dove finisce la catena di quel che è venuto prima? Se il drammaturgo giapponese ha copiato da un poeta cinese ci interessa per capire il meccanismo dello “Show don’t tell”? No.
Infatti se prendi il mio articolo a riguardo e salti l’introduzione storica impari uguale. Poi io, essendo appassionata, mi vado a leggere Campbell, Spencer e Monzaemon (e prima o poi imparo pure il giapponese), ma in generale sono conoscenze inutili.

#13 Comment By Il Guardiano On 23 marzo 2011 @ 01:02

Gamberetta, i tuoi articoli mi piacciono un sacco ma a volte ti fai prendere dalla foga del momento e sembri una talebana della letteratura :)
Tu parli di Omero e dici:

C’è il testo e solo il testo. Se devi andare oltre il testo per capire il significato vuol dire che lo scrittore non era abbastanza bravo, dunque non è degno di essere studiato.

Questo è l’inizio dell’Odissea (una traduzione trovata su internet, mi scoccia andare a cercare il mio libro a quest’ora).
Se fosse vero quel che dici tu “c’è il testo e solo il testo.” allora tutto quello prima del quanto? 1950? sarebbe spazzatura.

Musa, quell’uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Ilïòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desïava i suoi compagni,
Ché delle colpe lor tutti periro.
Stolti! che osaro vïolare i sacri
Al Sole Iperïon candidi buoi
Con empio dente, ed irritâro il nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh! parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia e diva.

Un testo del genere è incomprensibile se non si studia prima Omero (e non intendo se erano più di uno, se era veramente cieco e stupidaggini varie).
Da wikipedia:

l’epiteto ha funzione esclusivamente ornamentale: non aggiunge cioè al nome che accompagna una specificazione necessaria, e spesso nemmeno coerente con le caratteristiche del personaggio che qualifica (Menelao, ad esempio, è costantemente definito nell’Iliade “forte nel grido” anche se non grida mai, e allo stesso modo personaggi moralmente negativi possono essere qualificati con l’aggettivo “valoroso”);

Un’altra volta io gli stendea la coppa.
Tre volte io la gli stesi; ed ei ne vide
Nella stoltezza sua tre volte il fondo.
Quando m’accorsi che saliti al capo
Del possente licor gli erano i fumi,
Voci blande io drizzavagli: “Il mio nome
Ciclope, vuoi? L’avrai: ma non frodarmi
Tu del promesso a me dono ospitale.
Nessuno è il nome; me la madre e il padre
Chiaman Nessuno, e tutti gli altri amici”.
Ed ei con fiero cor: “L’ultimo ch’io
Divorerò, sarà Nessuno. Questo
Riceverai da me dono ospitale”.

Se io dovessi giudicare Omero secondo i canoni moderni, questa sarebbe merda. La cretinata di dire “Nessuno” è una trovata da bambino da 5 elementare.
Almeno dal mio ignorante punto di vista.
Ogni opera va contestualizzata e per farlo si deve studiare l’autore e il periodo.

Hai ragione quandi dici che la scuola andrebbe riformata.
Imparare le differenze tra il Fermo e Lucia e I Promessi Sposi o anche soffermarsi troppo (tanto da leggere l’intero libro saltando solo alcuni capitoli davvero troppo noiosi anche per la mia prof) sul Manzoni è una esagerazione. Conoscere il Manzoni e i PS mi sembra una buona cosa. Leggere la Commedia senza Conoscere un minimo Dante mi sembra una perdita di tempo. Come si può apprezzare Celestino V all’inferno senza sapere il motivo? Era una cosa straordinaria per quel tempo. Certo, potresti dirmi “chi se ne frega”. Ma a questo punto su tutto si potrebbe rispondere “chissenefrega”.
Bisognerebbe trovare una via di mezzo. Si dovrebbe partire dalle nozioni per usare il cervello.

Per quanto riguarda la matematica, io non ricordo che mi insegnavano la storia di Pitagora e compagnia bella.

#14 Comment By pu*pazzo On 23 marzo 2011 @ 01:51

non puoi giudicare un opera scritta nel 1830 come se fosse un libro edito nel 2011… è semplicemente un grosso, madornale errore :) tu fai l’errore comune nelle scuole di “trascinare” qualcosa di storico (che sia un evento, un libro, un personaggio) nella propria personale contemporaneità! questo è proprio errato dal punto di vista storico e anche filologico! Se manzoni avesse scritto come piace a te nessuno dei contemporanei lo avrebbe capito XD

puoi tranquillamente dire “non mi piace manzoni” ma non puoi dire “manzoni scriveva da cani” è una cosa che mi fa sorridere … è come se io mi scandalizzassi perché chessò, Giulio Cesare ha conquistato la Gallia, infrangendo tutti i possibili diritti civili, o giudicassi un coglione Torquato tasso perche si autodenunciò all’inquisizione in preda a paranoie mistiche, o, ancora deridessi Talete che era convinto che la terra fosse piatta e galleggiasse sull’acqua! Tutto questo senza assolutamente tener conto dell’epoca storica in cui questi personaggi sono inseriti, della società, delle credenze e delle conoscenze dell’epoca …. direi che sarebbe un tantinello ridicolo no? ;)
insomma il qualunquismo del “cheppalle Dante, ma come cazzo scrive? e perche tutto in versi come una fottuta filastrocca ” è a un passo … attenzione ;)

#15 Comment By pu*pazzo On 23 marzo 2011 @ 02:26

dopo aver letto tutti i commenti non posso che dirmi amareggiato …
CHISSENFREGA se non conosci archimede o manzoni! massì dai buttiamo nel cesso 2000 anni di storia perche non SERVONO A NIENTE.

a che serve imparare la filosofia, la storia, la letteratura? a che serve sapere che cos’è la metrica, l’impressionismo, la tragedia greca o la commedia dell’arte? a niente no?

la parola cultura non significa obbligatoriamente “saper fare qualcosa”
altrimenti un operaio edile specializzato analfabeta sarebbe infinitamente piu colto di un filosofo o di uno storico perchè l’uno sa costruire una casa senza nozioni di architettura e gli altri no .
ma davvero credete a quello che dite? io spero tanto che lo diciate solo per voglia di provocare.

che amarezza.

#16 Comment By Alberello On 23 marzo 2011 @ 03:31

Ogni volta che mi capita di pensare al tempo passato in classe, mi viene l’ansia e sto male.
Mi annoiavo da morire e per passare il tempo inventavo storielle stupide su ciò che ci obbligavano a leggere ed imparare a memoria e poi quando tornavo a casa ci mettevo delle immagini per aumentare il senso di idiozia o per rielaborare gli appunti. Alcune cose le ho ancora in giro:

Manzoni.
Tasso.
Leopardi.
Dante.
Anarchia.
Manzoni 2.
Dante 2.
Leopardi 2.
Leopardi 3.
Poesia.

Sul momento non l’avevo capito, ma era il mio modo inconscio di “alleggerire” ciò che trovavo tremendamente pesante. Lo stesso meccanismo poi mi è rimasto, per questo scherzo su tutto e tutti, il mondo è veramente troppo pesante e si prende decisamente troppo sul serio. Quando riguardavo queste storielle poi ricordavo meglio cosa mi avevano obbligato ad imparare. Ogni mattina che mi alzavo mi sentivo così.

Un giorno poi, la goccia finale. La prof di italiano mi beccò mentre scrivevo una delle mie storielle stupide, e mi urlò davanti a tutta la classe una cosa tipo: “Come ti permetti di insultare Leopardi? Non capisci l’importanza che ha avuto per la nostra cultura?”
Sigh. Venni mandato dalla psicologa dell’istituto perché “scrivevo cose strampalate e non mi integravo abbastanza” (non si può manco starsene in biblioteca per i fatti propri a leggere quello che ti pare che vieni bollato automaticamente).
La tizia mi osservò inarcando il sopracciglio e mi chiese di raccontarle i miei pensieri. Pazzesco pensai, è la prima volta che succede. E allora le dissi che secondo me Leopardi aveva sofferto un lutto, per questo la sua poetica ne è uscita così. Le dissi che come accade quando perdiamo qualcosa di caro la prima reazione che viene spontanea è quella dell’idealizzazione (Oh, com’era cara quella persona, come mi manca ecc.), poi viene una fase di acido tremendo con cui cerchiamo di demonizzare ciò che è perso per distruggerlo e non soffrire più (la volpe e l’uva, non possiamo averlo e quindi è acerbo) ed infine arriviamo ad un compromesso ricordando ciò che serve, dimenticando ciò che è inutile. Lei mi chiese cosa avesse perso Leopardi di così caro da giustificare questa mia analisi ed io risposi: la libertà.

Egli era incatenato in casa e guardando fuori dalla finestra nella sua prima fase la idealizzava dicendo quanto fosse bella e struggendosi per il fatto di non poterne godere. Nella seconda fase invece l’attacca con tutte le sue forze dicendo che sono illusi coloro che pensano di essere felici, perché in realtà fa tutto schifo. Solo alla fine, dopo un lungo travaglio arrivò all’ultimo passo scrivendo di una ginestra che nonostante intorno fosse tutto bruciato resiste e ha voglia di vivere. È come la digestione affermai, quando introduci del cibo in bocca tutto ti sembra buonissimo eppure parte di ciò verrà scartato, subito dopo l’acido gastrico distrugge tutto per permetterti di assorbirlo ed infine trattieni ciò che serve e scarti ciò che è inutile.

La psicologa mi disse a quel punto di non preoccuparmi e che non era necessario che andassi da lei, mi consigliò però di fingere con gli altri di essere interessato alle lezioni per evitare problemi futuri. I peggiori anni della mia vita, senza dubbio. Mi hanno fatto passare completamente la voglia di andare all’università e quasi quella di leggere altro. Però credo sia colpa mia, non ho le capacità per studiare in un certo modo.

#17 Comment By Rickyricoh On 23 marzo 2011 @ 03:49

Come ho già avuto modo di scrivere la tua è una visione estremista delle cose, ma al tempo stesso utilissima visto che batti su argomenti che vedono invece una sproporzione maligna diametralmente opposta. Ma appunto bisogna prenderti con la giusta “tara” perchè un mondo che segue al millimetro le tue idee sarebbe un vero inferno :)
Ma veniamo al punto del post.
Riguardo al sistema scolastico dici bene, troppo sbilanciato sul nozionismo fine a se stesso. Non so se è così per tutti ma da me i promessi sposi son stati argomento di lezione di un intero anno, un’ora a settimana. La divina commedia addirittura di tre anni. Pazzesco!
Lezioni sugli strumenti essenziali alla scrittura di un testo invece zero. Il tema poi come hai detto nell’altro post è solo una ripetizione delle nozioni studiate in precedenza. Oserei dire che nemmeno la grammatica viene insegnata in modo adeguato: impari a memoria la difinizione di pronome, di aggettivo, ma mai come usarli sul serio. Al massimo poi ti viene insegnato come scrivere un articolo di cronaca, non però un testo di narrativa. Che esista infine una narrativa di genere e che abbia una sua dignità o lo scopri da solo oppure non lo scopri più (e questo è un problema tutto italiano, visto che siamo il popolo che più disprezza le opere di genere. Per noi fantascienza, fantasy, fumetti, cartoni, sono tutta roba per bambini. I capolavori del cinema di genere che abbiamo prodotto un tempo – perchè adesso ce li scordiamo – qui li abbiamo chiamati film di serie B, all’estero li studiano come arte di prima grandezza, vedi mario bava).
Però poi tu vai oltre quando arrivi a negare la storia della letteratura, l’interpretazione e il contesto. Il giusto sta per me nel mezzo.
La storia delle letteratura e dei pensieri non è inutile, anzi. E’ proprio ciò che dà sostanza alle riflessioni che possiamo fare adesso. Se do un tema sull’amore, è vero che non devo ripetere le teorie dei pensatori illustri che si studiano a scuola, ma saperle è necessario per costruirsi un opinione ancora più precisa. Perchè in ogni epoca, in ogni pensiero, ci sono spunti interessanti e attuali. Anche nel Manzoni, che pur mal sopporto anch’io, ma che non mi sogno di negarne l’importanza e la necessità del suo studio.
In matematica le regole superate sono regole che non hanno più nulla da dire, quelle nuove le possono sostituire in tutto e per tutto. In letteratura è diverso: puoi dire che la scrittura del manzoni è obsoleta, sono d’accordo tutti, ma non che non abbia nulla da dire. Anche il solo sapere come sia cambiata la lingua italiana grazie ad essa è un qualcosa che confluisce nell’attualità.
Detto questo, visto è considerato che la situazione reale delle cose è quella che è, appoggio al 100% quello che dici, perchè la cosa importante è il segnale che che si vuol dare, il cambiamento di rotta che proponi. Per mettere dei paletti in modo da evitare le punte estreme dei tuoi ragionamenti ci sarà tempo, se e quando le cose miglioreranno.

#18 Comment By Tapiroulant On 23 marzo 2011 @ 08:15

Secondo me molti di volti stanno fraintendendo il discorso di Gamberetta. Non mi sembra che sia contraria alla storia della letteratura in sé; dice solo che, trattandosi di uno studio specialistico, dovrebbe essere riservata ad un ambito specialistico come l’Università.
E non ha tutti i torti. Molti di voi parlano di contesto, ma quanti hanno davvero capito il contesto dell’opera e non fanno finta? Considerato il modo in cui generalmente si studia storia al liceo, ho i miei dubbi. Prendiamo la FIrenze di Dante: quanti di voi hanno sul serio una conoscenza esauriente di quei periodo storico, sanno cosa rappresentassero ghibellini, guelfi bianchi, guelfi neri, cosa distinguesse un Comune (quale Firenze) da una città priva di carte di franchigia (come ce n’erano molte in Europa), in cosa consistesse la lotta tra Papato e Impero, chi fossero Bonifacio VIII, Filippo il Bello, Enrico VII, Cangrande della Scala, giusto per citare personaggi di quei periodo? Chi al liceo ha le competenze filologiche necessarie per fare davvero (cioè non per finta) un discorso sulla lingua di Dante, o sulle differenze linguistiche tra il Fermo e i Promessi Sposi?
Perché io al liceo non ne sapevo assolutamente niente, ergo ho passato il tempo a barcamenarmi fingendo di aver capito un contesto storico che non era mai stato realmente spiegato. In un certo senso il liceo mi ha insegnato una cosa: a essere simulatore di competenze.

Onestamente non c’è bisogno di conoscere prima il contesto storico. Posso cominciare a leggere l’opera, mosso da curiosità: se incontro delle cose che non conosco o capisco (es. personaggi storici), e se il libro ha cominciato a interessarmi, allora posso andare a leggere le note, o fare un salto su Wikipedia, e informarmi su tutto ciò su cui ho voglia di informarmi. L’apprendimento da passivo (come a scuola) diventa attivo, e le cose poi me le ricordo pure meglio.
Non ho bisogno che la scuola mi dia questo contesto: ciò di cui ho bisogno, al limite (e che mi sarà utile nella vita), sarà che mi siano dati gli strumenti, le conoscenze, la tecnica, diciamo, per reperire informazioni. Con la tecnica, posso cavarmela benissimo da solo. Ecco perché la tecnica dovrebbe essere studiata a scuola, a scapito delle nozioni.

In generale, si tratta di un rapporto dialettico e non di precedenza.
Nella prassi di un lettore, non ha senso che prima io mi studi il contesto, e poi attacchi l’opera. Io prima comincio a leggere l’opera, perché mi va; se e quando ne ho bisogno per capire meglio dei passaggi, posso staccarmi dall’opera e vedere il contesto; quindi, dal contesto, così arricchito, posso tornare all’opera.

la parola cultura non significa obbligatoriamente “saper fare qualcosa”
altrimenti un operaio edile specializzato analfabeta sarebbe infinitamente piu colto di un filosofo o di uno storico perchè l’uno sa costruire una casa senza nozioni di architettura e gli altri no

Guarda, talvolta penso che sia proprio così, considerando che spesso il filosofo è colto solo di aria fritta. Io dico che ogni uomo dovrebbe essere istruito insieme nelle cose manuali, nelle cose tecniche e nelle cose intellettuali. Ne tratterrebbe giovamento.

#19 Comment By Symbolic On 23 marzo 2011 @ 08:44

Smontare i classici è cosa buona e giusta, valà. Proprio per amore della letteratura e dell’arte.

Lo diceva anche Madame De Stael già nel secondo Settecento che la letteratura italiana è composta da una “classe di eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche ceneri”.

Ma è inutile ragionare con un popolo che premia la mediocrità, soprattutto quando ricevi risposte tipo “non c’è bisogno che mi fai una lezione di Italiano, sono una professoressa”. Esperienza personale (e questa qua insegna matematica).

#20 Comment By Gamberetta On 23 marzo 2011 @ 10:19

@Il Guardiano. Allora:
1) Io ho letto l’Odissea per conto mio e l’ho capita benissimo (e i pochi passaggi oscuri erano spiegati dalle note). L’ho trovata più scorrevole di Tolkien.
2) L’Odissea è literary fiction: non possiedo gli strumenti per darne un giudizio sensato. Senza contare che la literary fiction deve essere letta in lingua originale se si vuole tentare un’analisi seria. Invece il Manzoni è un romanzo storico/rosa o al massimo mainstream, non è proprio il mio campo ma già è più alla mia portata.
3) Ma ammettiamo pure che lo stile di Omero non sia più adeguato. Nell’Odissea non c’è solo lo stile, ci sono anche le Sirene, Scilla e Cariddi, Polifemo (che non era un’aquila, la storia del “nessuno” non mi pare così inverosimile), la maga Circe, ecc. Spakka. Invece se togli lo stile al Manzoni cosa rimane? Don Abbondio? La Monaca di Monza? L’Innominato? Fuffa e nient’altro.

Come si può apprezzare Celestino V all’inferno senza sapere il motivo?

Perché dovrei apprezzare che Celestino V stia all’Inferno? Dante è bello in sé, mica per quello che significa. Nell’Inferno c’è un sacco di sense of wonder, figurati se mi frega qualcosa di tutti i tizi piazzati in questo o quel girone. Mi perdo il “significato” della storia? Pazienza. Chi scrive literary fiction lo deve mettere in conto.

@pu*pazzo.

non puoi giudicare un opera scritta nel 1830 come se fosse un libro edito nel 2011… è semplicemente un grosso, madornale errore :)

1) Io posso giudicare, come dimostra il fatto che l’ho appena fatto (…).
2) È un errore andare oltre al testo. Andare oltre al testo vuol dire che non puoi giudicare un romanzo scritto da una donna come se fosse scritto da un uomo; non puoi giudicare un romanzo di un cinese come se fosse scritto da un francese (problemi di traduzione a parte); non puoi giudicare un romanzo di un quindicenne come se fosse scritto da un cinquantenne; non puoi giudicare un romanzo di un fascista come se fosse scritto da un comunista; non puoi giudicare un romanzo di un cattolico come se fosse scritto da un protestante; ecc. Non puoi più giudicare niente.
Puoi giudicare un romanzo del 2010 come se fosse stato scritto nel 2011? E un romanzo del gennaio 2011 lo puoi giudicare con il metro del marzo 2011? Perché un anno o dieci anni vanno bene e cento no? Se guardi il contesto, ogni volta il contesto è diverso, per ogni singolo romanzo. La verità è che il contesto è fuffa inutile, esiste solo il testo e niente altro. Questa è una condizione basilare per qualunque seria disamina successiva (disamina dal punto di vista letterario, il contesto può venire buono parlando di sociologia o storia, ma sono altri ambiti). Se non sei d’accordo, pazienza, è inutile discutere.
Sulla faccenda dell’operaio e del filosofo non hai capito un’acca: non si stanno confrontando rami diversi del sapere, si sta discutendo, all’interno di uno stesso ambito, quale approccio sia il migliore. Per un filosofo è più importante conoscere in che anno è nato Aristotele o saper usare la logica aristotelica? Per un matematico è più importante sapere cosa mangiava Newton a colazione o saper usare il calcolo infinitesimale? Per un letterato è più importante sapere quanti cugini aveva il Manzoni o saper esprimere efficacemente le proprie idee?
Nessuno ha fatto confronti tra ambiti diversi.

@Rickyricoh.

E’ proprio ciò che dà sostanza alle riflessioni che possiamo fare adesso. Se do un tema sull’amore, è vero che non devo ripetere le teorie dei pensatori illustri che si studiano a scuola, ma saperle è necessario per costruirsi un opinione ancora più precisa.

Sì, ma allora studi le opere di chi ha qualcosa di serio da dire sull’amore: sessuologi, psicologi, neurologi. Gli scrittori cosa ne sanno dell’amore? Ne sanno quanto ne puoi sapere tu o il tuo compagno di banco. Gli scrittori servono a costruirsi un’opinione riguardo la narrativa, la retorica, la poetica; non riguardo l’amore, la guerra, l’astrofisica o la coltivazione delle patate.
Vogliamo inserire lo studio dell’amore tra le materie al Liceo? Va anche bene, ma non ha niente a che vedere con la letteratura italiana.

Anche nel Manzoni, che pur mal sopporto anch’io, ma che non mi sogno di negarne l’importanza e la necessità del suo studio.

Qual è l’importanza del Manzoni? Togli Omero e sparisce una bella fetta dell’immaginario collettivo della specie umana, togli Manzoni e non se ne accorge nessuno. Il Manzoni è importante perché è studiato a scuola e dunque se è studiato a scuola allora è importante. Il Manzoni è un circolo vizioso.

#21 Comment By Il Guardiano On 23 marzo 2011 @ 10:31

Ti odio Tapiroulant…anche se non sono d’accordo con te, sono d’accordo con te. :)

Però sai, come si fa a conoscere Tasso e le sue operene per poi approfondirle, se non non studi la storia della letteratura?
Come si può discutere di strumenti e apprenderli, se non si ha qualcosa su cui applicarli?
Non per polemica, ma come si può insegnare la tecnica senza una base su cui applicarla? O si povrebbero applicare su romanzi moderni? E insegnare tecniche di narrativa, non è anche questo specialistico? Se uno vuole sapere come si costruisce un romanzo, che lo faccia da sé (un po’ come noi). Non pensi che queste tecniche (se questo intendi per tecniche) siano inutili e specialistiche a molte persone come la storia della letteratura è inutile e specialistica per altre?
Io penso che il leceo debba dare una infarinatura generale. Senza mai entrare nello specifico (o specialistico) ma spaziando il più possibile.
E’ logico che spaziare non vuol dire inculcare nozioni e basta. Ma usarli come spunto di riflessione.
La mia professoressa di italiano e latino ci parlava dell’impero, del papa, di Dante. Del “sole e la luna che brilla di riflesso” e da cose del genere poi si passava a una discussione anche di attualità. Si può dire che spesso facevamo “educazione civica” prendendo spunto da queste cose. Parlavamo della laicità dello stato. Leggevamo la Costituzione italiana.
Con la letteratura latina la stessa cosa.
Devo dire che dei guelfi e dei ghibellini mi è rimasto ben poco, ma devo ringraziare la Professoressa (con la P maiuscola) se oggi non accetto tutto supinamente.

#22 Comment By Lan On 23 marzo 2011 @ 10:36

Il Guardiano, non puoi valutare lo stile di Omero come se stessi valutando una narrazione in prosa. Un conto è citare l’esempio di Omero per dire che non è necessario sapere TUTTO di un autore per capire il senso di quello che scrive, e che un’opera ti può piacere anche se è anonima e anche se non sai quando è stata scritta; un altro conto è giudicare la leggibilità di un testo facendo finta che poesia e prosa siano la stessa cosa e debbano rispondere alle stesse regole. Da un punto di vista poetico, i passi che hai citato di Omero – anche da un punto di vista moderno – sono tutt’altro che merda. Sarebbe merda se uno si illudesse di essere un genio scrivendo un romanzo scimmiottando quel modo per suonare aulico – tipo quel soggettone di Sergio Rocca.

Quanto al resto, la funzione delle nozioni dovrebbe essere complementare a quella degli strumenti. Se c’hai la padella e il gas, hai solo gli strumenti per fare una frittata. Se hai solo le uova, hai solo una frittata in potenza, ma non si mangia. Ed è francamente innegabile che nella scuola italiana (anche ai miei tempi) si mangiasse molto poco. I risultati – un’orda di subumani incapaci di articolare anche solo verbalmente un discorso compiuto più lungo di tre minuti e privi di un qualsiasi punto di vista autonomo sulla realtà – direi dimostrino che questo sistema è un epic fail. Tuttavia io personalmente non trovo che faccia così male conoscere ANCHE la storia della letteratura. E’ comunque parte del bagaglio culturale di un popolo che ha sguazzato troppo nell’ignoranza per restare impunito. Quindi, quando sarò imperatrice del mondo, a scuola si studierà italiano E storia della letteratura, come due insegnamenti distinti. In questo modo un giorno avremo finalmente una generazione di studenti in grado di argomentare con cognizione di causa che Manzoni fa effettivamente schifo, e il problema sarà risolto.

#23 Comment By Siobhán On 23 marzo 2011 @ 10:43

A me sembra che dire I grandi autori della storia sono stati importanti, quindi bisognerebbe studiarli sia un po’ come dire la Troisi ha venduto un sacco di copie, avvicinando alla lettura anche adolescenti che di solito non leggevano, quindi è un bene che sia stata pubblicata.

Sarebbe vero se ci fosse spazio infinito nelle librerie, ma non c’è, e quindi pubblicare la Troisi ti impedisce di pubblicare altri libri migliori.
Allo stesso modo la quantità di nozioni che vengono insegnate al liceo non è infinita: non è che si può insegnare agli studenti la scrittura e la storia della letteratura. Già non si riesce a insegnare bene la storia della letteratura! E’ per questo che avendo uno spazio limitato sarebbe meglio che si insegnasse la tecnica.
Riprendo l’esempio di Pitagora: dal momento che è stato molto importante nella storia della geometria si potrebbe dire che bisogna studiare come ha vissuto, la situazione culturale e politica dell’epoca, il movimento filosofico che ha fondato e, perché no, i dettagli curiosi della sua biografia. In fondo è stato molto importante.
Solo che non c’è tempo per insegnare la vita e per spiegare il teorema, mica le ore di matematica sono infinite, bisogna scegliere l’insegnamento più importante.

Secondo me far studiare la storia della letteratura senza insegnare le tecniche narrative è come far studiare la vita di Pitagora senza spiegare il teorema. Ha ragione Gamberetta: prima usiamo il poco tempo che abbiamo per imparare il teorema, poi se c’è qualcuno di interessato può anche studiarsi la vita, non è una cosa difficile.

@Il Guardiano

Musa, quell’uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Ilïòn le sacre torri;

A me non sembra che sia illeggibile in sé l’Odissea, a me sembra illeggibile questa traduzione. Trovo irritanti le traduzioni obsolete, ai tempi di Omero l’odissea non era mica difficile da capire, non vedo perché usare una traduzione che uno si deve poi ritradurre in italiano corrente. O usi una traduzione leggibile o ti studi il greco e te lo vai a leggere in originale. A me l’Iliade in originale era piaciuta (certo, avrei potuto studiare una miriade di cose più utili e sarebbe stato meglio, ma pazienza).

#24 Comment By Il Guardiano On 23 marzo 2011 @ 10:55

Se non sei d’accordo, pazienza, è inutile discutere.

Se non è d’accordo è inutile discutere.
Se è d’accordo, che senso ha discutere?

Il Manzoni è importante perché è studiato a scuola e dunque se è studiato a scuola allora è importante. Il Manzoni è un circolo vizioso.

Potrei amarti per questa frase :)

Comunque abbiamo due punti di vista diversi.
Non basta dire che togliendo lo stile di omero rimangono le Sirene, Polifemo, Circe e i suoi porci (mailona, questa Circe :P ).
E’ come dire che togliendo lo stile della Troisi rimangono i Fammin, i Draghi, la Magia e i Talismani.
E se di “Anna Karenina” si toglie lo stile, cosa rimane che ti potrebbe interessare visto che non ci sono Sirene e Maghi?
Tu guardi, e giudichi, solo in base al tuo tempo e in particolare al sense of wonder.
Tutto quello che non ha Sense of Wonder non è degno di considerazione.

Che poi Manzoni sia noioso, siamo d’accordo. Si potrebbe dire che è stato il precursore dell’Infodump ^_^

Puoi giudicare un romanzo del 2010 come se fosse stato scritto nel 2011? E un romanzo del gennaio 2011 lo puoi giudicare con il metro del marzo 2011? Perché un anno o dieci anni vanno bene e cento no? Se guardi il contesto, ogni volta il contesto è diverso, per ogni singolo romanzo. La verità è che il contesto è fuffa inutile, esiste solo il testo e niente altro.

Questo non ha senso.
Un romanzo scritto nel 2010 ha uno “stile” molto simile al nostro.
Uno scritto nel 2011 o a marzo 2011 lo stesso.
Uno scritto 100 o 200 anni fa no.
Quello che 100 o 200 anni fa era apprezzabile o bello, ora può far schifo. Quello che adesso è apprezzabile o bello, probabilmente avrebbe fatto schifo 100 o 200 anni fa.

Non so, il tuo ragionamento non mi convince. So che non è la tua intenzione convincermi. So anche che a questo punto reputi inutile discutere. Quindi………vado a lavoro :)

#25 Comment By Il Guardiano On 23 marzo 2011 @ 11:18

@Lan:
Omero è stato tirato in ballo, se non sbaglio, da Gamberetta. Io ho solo quotato, accettando la sua citazione.

@Siohban:
Questa è la traduzione su internet. Me la ricordavo un po’ diversa sul mio libro, ma che ci posso fare se esiste anche questa traduzione?
E non sapendo leggere il greco, non posso giudicare mica quale traduzione è migliore.

#26 Comment By Angra On 23 marzo 2011 @ 11:20

Mi rendo conto che sto per fare un discorso antipatico e settario, ma pazienza.

@Gamberetta:

Il nozionismo nella scuola è l’ancora di salvezza per una grossa parte degli studenti, ed è il motivo per cui la percentuale dei promossi alle superiori si aggira dalle parti del 99%. Il tuo ideale di scuola è basato su te stessa e sulle persone che scegli di frequentare, ma questa non è la media della popolazione. Ragionare non è per tutti, mentre qualsiasi idiota (o quasi) è in grado di imparare a memoria che il Leopardi era un gran pessimista e a ripetere il verso della gallina tornata sulla via e così portare a casa un bel voto. In una scuola come dici tu ci sarebbero pochissime persone che smetterebbero finalmente di annoiarsi, poi una minoranza di borderline che grazie agli stimoli verrebbe recuperata tra quelli che ragionano, e infine una maggioranza che non sarebbe in grado di prendere il diploma nemmeno ripetendo dieci volte ogni classe fino ai sessantacinque anni. Come le giustifichi poi percentuali del 70% di bocciati? In una società orientata all’egualitarismo una cosa del genere non è pensabile, sembra Brave New World di Huxley con gli Alfa, i Beta e i Gamma.

Prescindendo poi da ogni considerazione di carattere politico, dal lato pratico il problema è: anche volendo, come iniziare un circolo virtuoso? Non è questione di soldi, il problema è proprio che al momento attuale dovresti importare gli insegnanti da un altro pianeta per coprire il fabbisogno della scuola pubblica.

#27 Comment By Erwin On 23 marzo 2011 @ 11:43

Lo stesso principio dovrebbe essere applicato alle cosiddette “scuole d’arte”. Penso venga dato troppo spazio a chi, come, dove quando, etc, piuttosto che alla tecnica pittorica o quello che.

In ogni caso Manzoni va bruciato in piazza.

Io alle scuole elementari ho studiato l’Iliade e ne ho fatto la parafrasi. Ora mi viene da pensare che fino a quando sei così piccolo forse è utile, ti appassiona ad una storia che altrimenti non capiresti, ti insegna la variazione del linguaggio, da spunti per contestualizzare, etc.

Che ne pensi?

#28 Comment By dr Jack On 23 marzo 2011 @ 11:44

- Sui contenuti

Secondo me molti di volti stanno fraintendendo il discorso di Gamberetta. Non mi sembra che sia contraria alla storia della letteratura in sé; dice solo che, trattandosi di uno studio specialistico, dovrebbe essere riservata ad un ambito specialistico come l’Università.

Sono d’accordo.
I settori di conoscenza aumentano ogni giorno. Il tempo invece diminuisce (il mondo sta finendo!).
Bisogna tagliare e riassumere. Non si può scappare.
Chiaramente chi ha voglia di approfondire è libero di farlo, ma non si può insegnare TUTTO a TUTTI.
Ci si dovrà specializzare sugli argomenti preferiti da ciascuno e insegnare a TUTTI solo gli strumenti più utili.

- Sui metodi
Visto che il tempo è poco sarà il caso anche di valutare quali sono i metodi di apprendimento più rapidi.
Non si può rimanere al vecchio modello ripeti e impara.
Un esempio possono essere le mappe mentali

Buzan da sempre raccomanda la realizzazione delle mappe mentali su carta, perché la manualità e la sensorialità del disegno manuale stimolano l’emisfero cerebrale destro che sono preposte alla creatività, alla fantasia, all’intuizione, attingendo sia a quanto si trova nella sfera del cosciente, sia a quanto si trova fuori da essa

E’ anche lei una pseudo scienza. E anche qui ci sono prove scientifiche indiziarie.

Mind maps provide an effective study technique when applied to written material. However before mind maps are generally adopted as a study technique, consideration has to be given towards ways of improving motivation amongst users.

Ma ci si impiega tre secondi a imparare qualche tecnica per apprendere più velocemente. Basta anche leggersi solo la pagina di wikipedia.
E anche se non sono ancora scientificamente provate. Be’, i professori potrebbero impiegare quei 3 secondi per leggerle e si possono iniziare a utilizzarle in alternativa a quelle che usiamo per ora (a loro volta non scientificamente provate come migliori). Magari qualche concetto ritorna utile.

#29 Comment By Solvente On 23 marzo 2011 @ 11:45

Gamberetta, la tua idea è buona, ma presuppone professori capaci e propositivi.

Il vero ostacolo è la mancanza di docenti in grado (o vogliosi) di servire agli studenti una torta in cui, ad un sottile strato di marzapane nozionistico, sia aggiunta una consistente quantità di crema e panna di strumenti per analizzare, comparare e infine esprimere se stessi.
La ciliegina finale sarebbe il riuscire ad attrarre l’attenzione, e a coivolgere i ragazzi nella preparazione della torta stessa.
Fin qui la teoria. La pratica è il ciambellone bruciato infornato da professori incapaci, impreparati e/o annoiati e imbolsiti. Per questa stragrande maggioranza di docenti, preparare la torta comporterebbe fatica “inutile” e una sfida che non hanno voglia di accettare. Molto più facile, per loro, dire: “studiate da pag x a pag y, e fate la parafrasi, che domani interrogo. Ah! Ora vi parlo di quello che è successo ieri al mio cane, non ci crederete mai…”

#30 Comment By Siobhán On 23 marzo 2011 @ 11:49

@ Il Guardiano

Questa è la traduzione su internet. Me la ricordavo un po’ diversa sul mio libro, ma che ci posso fare se esiste anche questa traduzione?
E non sapendo leggere il greco, non posso giudicare mica quale traduzione è migliore.

Temo che tu non abbia capito una cosa: a prescindere dallo stile la lingua si modifica nel tempo. Questa traduzione è brutta non perché non sia fedele, ma perché e obsoleta: utilizza parole che non sono più di uso corrente, non sono più italiano. Una traduzione, prima di essere fedele o poetica, deve essere comprensibile. Perchè dovrei sforzarmi per tradurre quello che leggo (italiano obsoleto) nella mia lingua (italiano moderno) se comunque non è il testo originale?

Questo non ha senso.
Un romanzo scritto nel 2010 ha uno “stile” molto simile al nostro.
Uno scritto nel 2011 o a marzo 2011 lo stesso.
Uno scritto 100 o 200 anni fa no.
Quello che 100 o 200 anni fa era apprezzabile o bello, ora può far schifo. Quello che adesso è apprezzabile o bello, probabilmente avrebbe fatto schifo 100 o 200 anni fa.

Appunto, la lingua si evolve: una cosa che è di linguaggio corrente adesso tra cento anni non lo sarà più.
A prescindere da questo ci sono delle regole obbiettive che permettono di distinguere una frase più efficace da una meno efficace. O non si potrebbe parlare neanche dello stile di un autore contemporaneo leggendolo in traduzione.

@Angra
Secondo me non è che uno nasce idiota. Gli idioti sono tanti perché la scuola è così noiosa che per la maggior parte degli studenti non vale la pena sforzarsi di essere intelligente, anche riuscendoci sarebbe noioso. Se la scuola fosse fatta meglio gli idioti sarebbero di meno. Se tu a partire dalle elementari insegni ai bambini a esprimersi e a ragionare poi al liceo non sono delle capre in grado solo di impararsi la lezioncina a memoria.

#31 Comment By Hendioke On 23 marzo 2011 @ 11:54

Sono d’accordo che nei licei si pecca di nozionismo, ma ritengo che uno studio della letteratura incentrato sulle competenze non possa prescindere dallo studio di quanto è venuto prima di noi.

Non si tratta di imparare chi ha inventato il sense of wonder (mera nozione, quindi inutile) ma di imparare:
1) Cosa c’è stato dietro questo passaggio. Se si capiscono i meccanismi dietro i cambiamenti storici, in qualsiasi campo, diventa più facile comprendere eventuali nuove meccaniche lettarie che dovessimo trovarci di fronte e suscitare noi stessi nuovi cambiamenti
2) Farsi una scorta di materiale. Se paragoniamo il creare un romanzo al costruire una casa oltre alla tecnica letteraria (alla tecnica edilizia) c’è anche la sostanza (i mattoni, il cemento, le trave in ferro ecc.). Se a scuola si imparasse solo l’ultima e più avanzata tecnica letteraria esistente disinteressandosi delle opere che hanno condizionato (quando non proprio formato) la nostra cultura si rischierebbe di formare torme di lettori/scrittori consapevoli che finirebbero con l’entusiasmarsi per un moderno Promessi Sposi scritto bene, oppure col creare una storia di tradimento e riscatto ben scritta ma non cagata da nessuno perché “quella di Dumas è più avvincente”

Inoltre il paragone letteratura-matematica che hai spesso fatto in questi commenti per sostenere la tua idea secondo me non regge. Conoscere solo lo stato dell’arte della matematica è sufficiente per chi usa la matematica come strumento nella vita di tutti i giorni (il lavoratore che tiene i propri conti) o di lavoro (il commercialista), ma chi fa della matematica il proprio lavoro (il matematico) deve conoscere i perché e i percome del susseguirsi dei modelli matematici nella storia (bada, non semplicemente sapere che prima era così e poi è stato cosà, ma il perché s’è passati dal così al cosà) altrimenti non sarà mai un buon matematico in grado di far evolvere la matematica.

Allo stesso modo conoscere solo lo stato dell’arte della tecnica letteraria è utile per il lettore o il critico che ne fanno strumento di un proprio hobby o della propria professione ma lo scrittore, per il quale la tecnica narrativa è la sua professione, deve conoscere i perché e i percome dell’evoluzione della tecnica, altrimenti rischia di non riuscire a farla evolvere.

#32 Comment By dr Jack On 23 marzo 2011 @ 12:01

@ Angra

Come le giustifichi poi percentuali del 70% di bocciati?

Io personalmente boccerei gli insegnanti che non sono capaci di insegnare :p.

E’ scientificamente provato che ogni mente umana è capace di ragionare.
Adesso sarà utile accettare che le menti delle persone sono diverse tra loro.
Qualcuno apprende più certe cose, altri altre. Alcuni apprendono più in un modo, altri in un altro.
Un insegnamento uguale non può funzionare per menti diverse.
Se un professore non riesce a insegnare a x persone deve essere allontanato perché inefficiente e incapace di adattarsi.

Prescindendo poi da ogni considerazione di carattere politico, dal lato pratico il problema è: anche volendo, come iniziare un circolo virtuoso?

In assenza di prove scientifiche certe.
1 – Si identificano le possibili soluzioni, si decide cosa tagliare, cosa cambiare e cosa riassumere.
2 – Si procede a tentativi per piccole dosi e si analizzano i risultati.

#33 Comment By Cecilia On 23 marzo 2011 @ 12:19

Stavolta non sono d’accordo.
Gli autori pensano al perché e al percome delle scelte che fanno (perlomeno l’hanno fatto Dante e Manzoni). Perché limitarsi solo al testo e sbattersene di tutto il resto? Non è estrememente riduttivo questo?

Si dica quel che si vuole ma Dante non ha scritto per raccontare una bella storia e basta, bisogna tenerne conto. Tu potrai non essere d’accordo con quello che vuol passare lui, ma è un altro paio di maniche. Solo e unicamente il testo sarebbe sbattersene di tre quarti del suo lavoro. No, grazie.

Inoltre, ai professori non interessa insegnare a scrivere o lo farebbero.
Sarò io, ma per quanto mi sarebbe piaciuto avere più informazioni, non vedo perché dovrebbe prevalere solo la pratica e fanculo la teoria.
Tra l’altro, se si va a convenienza, a chi servirebbe uscire dalle superiori sapendo scrivere narrativa? Pochissimi. Se certe cose si studiassero solo all’università, chi cazzo ci andrebbe se non le avesse mai sentite prima e non gli fosse nato l’interesse? Nessuno.

E, tra parentesi, tutto quest’odio contro Manzoni comincia a rompermi le scatole. Aveva tutti i suoi fottuti, ottimi motivi per fare quel che ha fatto e dal punto di vista della tecnica con la lingua della 40ana ha “inventato” un italiano comprensibile più o meno a tutti, scusa se è poco. E la “fuffa” sui personaggi, Gamberetta perdonami, ma rientra nei gusti. Per te quella è fuffa e ti stanno antipatici, a me stanno sul culo tutti o quasi i personaggi che piacciono a te. Ma non sostengo che siano fuffa se sono resi bene. E l’Innominato è reso bene.

Mi si perdoni lo scazzo.

#34 Comment By Gamberetta On 23 marzo 2011 @ 12:48

@Il Guardiano. Per discutere dobbiamo avere basi comuni: se tu parli francese e io polacco è inutile discutere. Se parti dalla base che un testo letterario non sia le parole che lo compongono ma le parole che lo compongono + il contesto storico + la vita dell’autore, parti da una posizione troppo distante dalla mia perché ci possa essere un dialogo.

Tu guardi, e giudichi, solo in base al tuo tempo e in particolare al sense of wonder.
Tutto quello che non ha Sense of Wonder non è degno di considerazione.

Ovvio. Si vive una volta sola e io voglio andare su Marte.
Per l’età dei romanzi. Ok, dimmi tu allora qual è il limite: 1 anno è ok. 10 è ok? 20? 30? 40? 99? 100? Qual è la soglia magica che rende di colpo un romanzo ingiudicabile con i criteri attuali? E se io, come quell’autore cecoslovacco citato in un vecchio articolo, scrivo un poema di fantascienza in greco antico imitando Omero con che parametro dovrei essere giudicata? E se ti dico che il mondo è cambiato dopo Hiroshima, o dopo l’11 settembre, o dopo la diffusione di Internet significa che devo cambiare i parametri tra un romanzo uscito il 10 settembre e uno uscito il 12?
Quello che non ha senso è tirare in ballo il contesto quando non serve. E, tranne eccezioni, non serve mai.

@Angra. Secondo me il gioco vale la candela. Come dice Bryan Caplan nel suo libro sulla democrazia (The Myth of the Rational Voter) se una società passa dall’avere un 100% di elettori ignoranti come delle capre a solo il 99% di ignoranti, i benefici sono enormi, ben maggiori di un 1%. Così se si passa dall’1% di “ragionanti” al 2% i vantaggi nel lungo periodo valgono lo sforzo. E il diploma puoi darlo comunque anche agli altri: anche adesso i diplomi sono regalati, puoi continuare a farlo.
Per i professori: si fanno i corsi di aggiornamento, si fanno venire commissioni dal Giappone e si licenziano in tronco tutti i professori che non si dimostrano all’altezza, si aumentano gli stipendi per rendere attraente la posizione, ecc. Non è un piano impossibile in un certo numero di anni.

@Erwin. Onestamente non lo so se studiare/fare la parafrasi dell’Iliade alle elementari sia utile. A naso forse sì, prima si comincia meglio è, ma non ci metterai la mano sul fuoco.

@dr Jack. Per le mappe mentali non saprei, non conosco l’argomento. In ogni caso si può insegnare quello che ho detto anche senza.

@Cecilia.

Si dica quel che si vuole ma Dante non ha scritto per raccontare una bella storia e basta, bisogna tenerne conto.

No. No. NO.
Questo modo di pensare è una delle radici del Male. Non importano le motivazioni di Dante, non importa quello che voleva scrivere, non importa se ha scritto su commissione o via scrittura automatica ispirato da un canguro, importa solo quello che ha scritto.
Così come il romanzo in cui l’autore ci mette il cuore, ci rovescia dentro l’anima, lo ammanta di ogni più alto ideale, non per questo acquisisce il minimo merito al di là dell’elenco delle parole.
Quando tiri dentro il contesto la Strazzu pubblica con Einaudi – “È così giovane e già scrive un romanzo” => contesto; “È così giovane e perciò la gente è incuriosita e vendiamo di più” => contesto; “Non è fantasy, Gli Eroi del Crepuscolo è epica (cit.)” => contesto; “La Strazzu dà il buon esempio: invece di giocare con i videogiochi, scrive” => contesto; “Ne Gli Eroi del Crepuscolo si mostra come si possono superare le differenze bla bla bla sciocchezze anti-razziste” => contesto; “La Strazzu ci ha messo l’anima e bisogna apprezzarla per questo” => contesto e così via. Niente di tutto ciò ha valore, come non hanno alcun valore le motivazioni di Dante. Hanno valore le parole e ti assicuro che non è riduttivo. Proprio per niente.
Poi non si vuole insegnare a scrivere narrativa, si vuole insegnare a scrivere (e a leggere). Il che prevede anche di imparare le basi della narrativa, visto che al di là della comunicazione più tecnica e specialistica, quasi sempre ci esprimiamo attraverso una forma di narrativa.

E, tra parentesi, tutto quest’odio contro Manzoni comincia a rompermi le scatole. Aveva tutti i suoi fottuti, ottimi motivi per fare quel che ha fatto e dal punto di vista della tecnica con la lingua della 40ana ha “inventato” un italiano comprensibile più o meno a tutti, scusa se è poco.

Anche la RAI nel dopoguerra, dunque bisognerebbe dedicare all’argomento almeno un anno delle superiori.

#35 Comment By Angra On 23 marzo 2011 @ 12:57

@dr Jack

Secondo me non è che uno nasce idiota.

Be’ tu puoi pensarla come vuoi, ma la realtà è che uno può nascere idiota eccome. Il ritardo mentale congenito non è l’unica causa e forse non è la più importante, ma di certo esiste. Il fatto è che il ritardo mentale viene posto al di sotto di un valore di QI di 70 in modo arbitrario, ma non è che fra ciò che viene considerato ritardo e ciò che viene considerato normale ci sia il vuoto in mezzo, anzi. E il valore 100, la normalità per definizione, non dice niente riguardo all’intelligenza assoluta come capacità di portare avanti ragionamenti complessi.

In sintesi: credo che la scuola così com’è sia tarata all’incirca sulle capacità medie della popolazione. Una scuola diversa, basata sul ragionamento, diventerebbe molto più interessante per una minoranza risicata e potrebbe recuperare un po’ di gente in bilico in grado di migliorare con gli stimoli adeguati, ma diventerebbe impossibile per tutti gli altri, la maggioranza.

#36 Comment By Angra On 23 marzo 2011 @ 12:59

@Gamberetta: anche secondo me il gioco vale la candela, ma non puoi semplicemente “regalare il diploma agli altri”, devi fare classi o scuole diverse.

#37 Comment By Angra On 23 marzo 2011 @ 13:29

Sul Manzoni: alle superiori mi costringevano a fare l’analisi del periodo su I Promessi Sposi, ed è proprio lì, ragionando a mente fredda su come scriveva, che impari a odiarlo sul serio.

Sospetto che il motivo per il quale I Promessi Sposi ci viene inflitto da generazioni non abbia nulla a che fare con questioni letterarie, ma che sia invece legato all’insegnamento morale di cui è impregnato dall’inizio alla fine: “state buoni, non protestate, e se avete bisogno di qualcosa andate a chiedere favori ai preti.”

#38 Comment By Alberello On 23 marzo 2011 @ 13:30

Se non è d’accordo è inutile discutere.
Se è d’accordo, che senso ha discutere?

“Se c’è soluzione perché ti preoccupi?
Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?” (Aristotele)

La logica aristotelica spakka sempre, a prescindere dal contesto (LOL).

Gamberetta VS Cecilia.

Teorema della scimmia instancabile.

Scusate se il filmato è umoristico, ma lo trovo più efficace per spiegare il mio punto di vista del solito polpettone lungo 1000 caratteri. Se offende la vostra sensibilità, mettetelo pure in fogna e mi preoccuperò di scrivere una cosa più sobria e seria.

#39 Comment By france On 23 marzo 2011 @ 14:16

Sono d’accordo con te su quasi tutto, tranne due punti:

1) a me i Promessi Sposi è piaciuto. Probabilmente perché non l’ho studiato a scuola. Un po’ bigotto, è vero, ma i personaggi sono ben tratteggiati e non è privo di un suo umorismo! Poi certo, lo stile è quello che è, ma pace, alla fine un libro non piace solo per come è scritto, ma anche per il “cosa” ^^

2) esplicare i concetti è sensato, ma sarebbe ancora meglio, per rendere l’insegnamento più pratico possibile, fare esempi concreti. Prendere un brano da tizio e spiegare dov’è che possiamo ritrovare quanto appena studiato. E in quest’ottica, conoscere perlomeno le basi della situazione storica/politica dell’epoca è importante; non puoi comprendere I Sepolcri di Foscolo se non sai cosa furono il Trattato di Campoformio e l’Editto di Saint-Cloud.
Idem per la vita dell’autore: probabilmente non capisci quel poema anche se non sai che gli sono morti padre, fratello e amici.
Certo non c’è chissà che bisogno di conoscere tutta la vicenda Napoleonica o il colore delle mutande del Foscolo, quindi bisogna anche avere “senso della misura”.

Quello su cui invece sono d’accordo è evitare la disamina filosofica dell’autore: se mi dai gli strumenti giusti, mi rendi in grado di capire da solo cosa avesse per la testa. Semmai potrebbe essere interessante un confronto studente-allievo, anche per verificare la comprensione del testo e della materia studiata: “spiega cosa vuol dire Foscolo nei Sepolcri (dopo essertelo letto!)”.

Poi, intendiamoci: quest’ultima parte avrebbe senso, ad esempio, in un Liceo Classico. In un Istituto Tecnico punterei più sulla Produzione del Testo. Certo, un minimo di cultura di base non fa male, ma se posso dire “ok” al conoscere il Foscolo e le sue opere principali (per una questione eminentemente storica della nostra nazione), decisamente la disamina delle opere può andare a farsi fottere. Un perito tecnico deve saper scrivere una relazione sensata, coerente, corretta e comprensibile, non fare la parafrasi di so-un-cazzo-io.

#40 Comment By france On 23 marzo 2011 @ 15:16

Dopo aver letto i commenti altrui, integro il mio:

Si parla più e più volte di intelligenza. Già solo definire cosa sia è compito arduo; farlo in relazione all’insegnamento lo è ancora di più. Non ho idea se c’è qualcuno appassionato come me di Scienze dell’Educazione (Bruner, Piaget, Vigotskji per la parte teorica, Montessori, Milani, Pennac per quella pratica), ma più o meno tutti sono concordi nell’affermare che esistono diversi tipi di intelligenza. Il che tra l’altro coincide col poco di biologia umana che ho studiato (ovvero, siamo geneticamente “predisposti” ad avere risultati migliori in certi campi piuttosto che in altri, a seconda di quali proteine il nostro DNA sintetizza in maggior quantità).

Dire che la maggior parte degli studenti (o degli italiani, è uguale) è idiota è un po’ riduttivo. Ma dire, ad esempio, che la maggior parte degli studenti fatica a comprendere ragionamenti diversi da causa-effetto è già più sensato.
Esiste chi ha un’intelligenza più logico-matematica, chi più mnemonica, chi più coordinativa (nel senso di coordinare gli arti, il che può essere sfruttato per giungere a coordinare anche conoscenze e il rapporto necessità-scopi), e via così.

Penso che il fulcro della soluzione della questione stia nella netta divisione istruzione/formazione.

Generalizzando, se ho più intelligenza logico-matematica, posso diventare un OTTIMO Ingegnere, e l’Italia ha GRANDE bisogno di Ingegneri.
Se ho più intelligenza mnemonica, posso diventare un ottimo Magistrato, e l’Italia ha GRANDE bisogno di Magistrati.
Se ho più intelligenza coordinativa, posso diventare un ottimo Amministratore (pubblico, o Imprenditore Privato), e l’Italia ha GRANDE bisogno di Amministratori capaci.

Anche senza scomodare le Lauree (eh già, c’è un intero mondo di non-laureati e non-liceali… incredibile, eh?! :))) ), essere molto coordinati (mentalmente E fisicamente) è indispensabile per un magazziniere, avere memoria fotografica lo è, ad esempio, per un barista (il cappuccio si fa così, l’orzo così, il mokaccino così – questo va a lui, questo a lui, quell’altro a quello in angolo – ecc.), e la logica può essere importante per un ragioniere (automatizzare un processo significa causare meno errori e risparmiare tempo).

Cosa cambia rispetto alle varie categorie di persone citate? Bé, le prime sono Istruite, le seconde Formate. Nel primo caso ho dato loro maggiori conoscenze teoriche rispetto ai secondi, che ne hanno avute “solo” di pratiche. L’Architetto DEVE conoscere storia e arte e correnti e mode dell’Edilizia nei secoli. Il Muratore non ne ha bisogno. Ha però bisogno di conoscere tante altre cose, ad esempio l’ordine in cui si piazzano i mattoni per tirare su un muro (sì, c’è un ordine preciso), cosa che l’Architetto può permettersi di conoscere solo per sentito dire.

Concludendo, io sarei per una netta divisione: scuole d’Istruzione (Licei) e di Formazione (Istituti), con programmi estremamente specifici. Ora come ora, nelle materie in comune tra i due tipi di scuole si prediligono per gli Istituti gli stessi programmi, argomenti, nozioni dei Licei. E’ questo che non torna.
Preoccupiamoci, dico io, di dare ad ognuno, in base alle sue possibilità e aspirazioni (e NON a quelle di genitori, amici, società o chi per essa) l’istruzione adeguata a quella persona – il che, tra l’altro, sarebbe dovuto anche secondo la Costituzione – poi deciderà lui/lei cosa fare della sua vita, nella sua vita. Ma intanto lo avremo fatto migliorare fino al massimo possibile per lui.

#41 Comment By Francesco On 23 marzo 2011 @ 15:18

la mia supposizione – maligna- è che per fare un libro di testo contenente gli strumenti standard per scrivere bene in vari stili bastano relativamente poche pagine. I libri di letteratura sono più voluminosi, e possono avere un prezzo di copertina più alto. Del resto è noto il legame di semi-connivenza fra case editrici e Ministero dell’Istruzione.
Non sono contrario all’insegnamento della Storia della Letteratura (è dando informazioni agli studenti che si accende il loro interesse su argomenti che in altro modo non verrebbero mai a conoscere) ma oggettivamente non c’è bisogno di analizzare col microscopio ogni testo. In particolar modo il Manzoni, che è oggettivamente palloso tanto.
Io ho avuto fortuna, durante il triennio del Liceo Classico. Ho avuto un professore che si divertiva immensamente a mostrarci gli elementi nascosti nelle opere di Boccaccio, gli autori più curiosi, gli stumenti di scrittura e di analisi di fiabe e leggende, oltre che promuovere concorsi di narrativa. Devo precisare che appartengo a quel periodo in cui non si erano ancora sviluppati i temi specialistici (saggio breve, articolo giornalistico, etc.) e questo mi permise, ad esempio, di citare Neil Gaiman e Calderon De La Barca in un compito incentrato su di una poesia cinese. Ma non si può affidare l’apprendimento della lingua italiana alla fortuna. Quindi, come insegnante – di Disegno e Storia dell’Arte, ma anche lì la questione è abbastanza simile – mi devo dire sostanzialmente d’accordo. Diamine, pure Rodari ci scherzava (insomma) sull’aberrazione di trattare i Promessi Sposi come un libro sacro!

#42 Comment By dr Jack On 23 marzo 2011 @ 15:21

@ Angra

Secondo me non è che uno nasce idiota.

Non l’ho detto io. E’ stato Siobhàn!

E’ vero che si può nascere con determinate malattie. Vorrei escluderle dal ragionamento e considerare solo menti sane.

I test del QI sono solo un metodo per misurare l’intelligenza, non è sicuro al 100%, è molto criticato, varia in base al tipo di test proposto e potrebbe cambiare in base all’educazione ricevuta.
E in ogni caso è accettato che il QI rappresenti solo una parte dell’intelligenza e non l’intelligenza tout court (da wiki) – direi emisfero sinistro.

Non a caso molti “geni” non sono altrettanto abili nella cosiddetta intelligenza sociale (ancora non quantificabile, ma riconosciuta dai tempi antichi). Questo offrirebbe spunti per introdurre un metodo diverso se uno ha più capacità nell’ambito logico o nel sociale.
Ma entrambe le discipline (sociale e logica) hanno degli sbocchi “pratici” a cui si possono offrire strumenti per ragionare.

devi fare classi o scuole diverse.

L’idea è quella. Personalizzare il possibile. Ma senza usare la scusa dell’intelligenza per ghettizzare.

Per quanto possa accettare come ragionevole che ci siano persone “più intelligenti in generale” non si può continuare a trascurare il fatto che la gente ragiona usando metodi differenti che possono devono essere ottimizzati.

#43 Comment By Rickyricoh On 23 marzo 2011 @ 16:20

Gamberetta, credo che parlare di attenzione al contesto non voglia dire che bisogna dare maggiore importanza al fatto che un romanzo viene scritto da una quindicenne piuttosto che da un trentenne.
Il testo è la cosa più importante, d’accordo; ci si dovrebbe soffermare di più su quello invece che sulle pippe mentali di contorno. Però non si può lavare del tutto ciò che va oltre il testo: i motivi, l’intreccio storico, le connessioni col presente, sono cose che devono essere valutate. Ora si studia solo storia della letteratura ed è sbagliato; ma anche studiare solo tecnica di scrittura lo sarebbe, perchè anche la comprensione della stessa ne sarebbe limitata, se non si ha alcuna idea sul perchè si sia arrivati a quei risultati.
Non si può nemmeno dire che la storia va studiata solo all’università, perchè è come dire adesso che anche la tecnica di scrittura va studiata come specializzazione, mentre sappiamo che è sbagliato.
I due insegnamenti devono procedere di pari passo, basta ridurre lo studio storico (manzoni un mese invece di un anno, dante un anno invece che tre) e il tempo si trova. La storia della letteratura stessa deve essere poi modernizzata, andando a comprendere tutti gli sviluppi più recenti come la narrativa di genere che viene puntualmente ignorata nei programmi.

#44 Comment By Mauro On 23 marzo 2011 @ 16:22

Entro un momento nel discorso del contesto: la tecnica narrativa si è evoluta nel corso del tempo, scoprendo nuove cose, cambiando il modo di scrivere e i criteri (ciò che era richiesto/innovativo N tempo fa non lo è oggi). Valutare un autore senza considerare il periodo in cui ha scritto ignora questo fatto: magari oggi il suo romanzo fa schifo, ma quando l’ha scritto? Se, come detto nei commenti scorsi, Manzoni per il suo periodo era un autore medio, dire che scrive(va) da cane significa che mediamente gli autori di quel periodo scrivevano da cane. Oppure per il loro periodo scrivevano mediamente, e sono i criteri di oggi a declassare il loro lavoro? Sottolineo che non sto dicendo che non si possa giudicare negativamente il Mostro Sacro™, mi sto solo interrogando sul senso di astrarsi dal contesto e giudicare solo e unicamente il testo.
In non ricordo quale articolo, hai parlato del modo di Saramago di strutturare il discorso (niente virgolette, niente punti interrogativi, ecc.), dicendo – se ben ricordo – che trovi distragga, ma che magari tra cinquant’anni ci sarà la Gamberetta del futuro che parlando di te dirà: “Ma guarda questa, che pensava ci volessero le virgolette!”. Questo cosa significa, che i libri che oggi consideriamo buoni tra cinquant’anni magari lo saranno di meno, perché i criteri del tempo richiederanno di non usare le virgolette? O, meglio, che sono meno validi di quanto pensiamo (perché lo sono sempre stati, altrimenti stiamo contestualizzando)?
Anche perché: se I Promessi Sposi per l’epoca era un romanzo medio e oggi fa schifo, possiamo giudicare un romanzo? Magari un libro oggi considerato medio tra cinquant’anni sarà considerato sotto la media (vedi il discorso virgolette/no virgolette); in altri termini, se è vero che quel testo nell’Ottocento era nella media e oggi fa schifo, nel giudicarlo negativamente lo stiamo contestualizzando nel presente.
Se costruissi oggi un motore come venivano costruiti cinquant’anni fa sarebbe costruito da cani; però cinquant’anni fa era allo stato dell’arte.

Del resto, facendo un esempio estremo (ma realizzabile): prendo Characters and Viewpoint, lo copio e lo metto in Internet a nome mio; se guardiamo al solo testo, il “mio” è identico al suo, quindi sono bravo come lui. È vero?
Uscendo dall’estremo, il primo che usa qualcosa (i Cheela, per dire) avrà introdotto un elemento innovativo; il centesimo che lo usa sarà usando un cliché del genere. Senza contestualizzazione, introdurre elementi di novità o usare gli stessi esistenti da secoli sarebbe la stessa cosa (certo: conta anche come li si usa; ma avere buone idee fuori dai cliché di genere non ha valore?).

Poi, certo: se la scuola fosse meno nozionistica sarebbe un bene (non mi arrischio a dire che non dovrebbe esserlo assolutamente, devo ragionarci), se non altro perché essendo più facile usare una tecnica che una nozione è più facile ricordarle; e per quanto il modo di ricordarsi i cieli del Paradiso dantesco sia divertente non ho mai capito il senso di farlo. Però che il contesto sia inutile, anche parlando della valutazione di un testo… non so, non mi convince.

#45 Comment By Siobhán On 23 marzo 2011 @ 16:24

@ Angra
Non intendevo dire che è impossibile nascere con un ritardo mentale, facevo riferimento al 70% degli studenti che secondo te non sarebbe in grado di imparare a esprimersi anche se glie lo insegnano. Io dubito che il 70% degli adolescenti italiani sia nato idiota.

Poi esistono scuole migliori e peggiori anche adesso. Potrebbero benissimo esistere scuole che richiedono standard comunicativi più alti o più bassi. In fondo adesso a seconda della scuola un determinato argomento lo devi saper meglio o peggio per ottenere la sufficienza.
Gamberetta fa un discorso qualitativo, secondo lei dovrebbe essere insegnata una cosa piuttosto che un’altra, non parla di quanto bene dovrebbero saperla gli studenti.

@ dr Jack
Sono una femmina! >.<

#46 Comment By sommobuta On 23 marzo 2011 @ 16:26

Non necessariamente. Ti faccio un esempio: se tu sai come funziona lo “Show don’t tell” capisci perché i giornali o i politici non dicono quasi mai: “I crimini violenti sono aumentati dello 0,02% in 40 anni” (tell), ma dicono: “Un negro albanese ha massacrato a martellate una ragazza sull’autobus e poi ha violentato il cadavere!!!111!!!!” (show).
Ora, c’è bisogno di sapere che lo “Show don’t tell” lo ha “inventato” un abate scozzese? O un filosofo inglese? O un drammaturgo giapponese? E dove finisce la catena di quel che è venuto prima? Se il drammaturgo giapponese ha copiato da un poeta cinese ci interessa per capire il meccanismo dello “Show don’t tell”? No.
Infatti se prendi il mio articolo a riguardo e salti l’introduzione storica impari uguale. Poi io, essendo appassionata, mi vado a leggere Campbell, Spencer e Monzaemon (e prima o poi imparo pure il giapponese), ma in generale sono conoscenze inutili.

No, ma sugli esempi da te fatti siamo d’accordo e la vediamo alla stessa maniera.
Forse mi sono spiegato io male, ma per dirla “papale papale”, il succo del discorso è: come si fa a dire che “la Strazzu fa schifo” (cit.) se non hai strumenti basati a loro volta su nozioni ben precise che ti permettono di dire che la Strazzu fa schifo? :)
Ragionando per assurdo, se non ci fosse stato nessun altro libro prima di quello della Strazzu, dopo averlo letto, potremmo mai dire che il libro della Strazzu è una boiata?
A mio avviso no, poichè non avremmo termini di paragone non essendoci altri libri in giro.

Ecco cosa intendevo io quando dicevo che è importante comunque sapere “la storia letteraria” per poter capire quella moderna/contemporanea. Perchè è anche grazie a essa che riusciamo a capire come funziona un meccanismo letterario (essendoci mille mila esempi) e se abbiamo di fronte un bel libro o una ciofeca.

#47 Comment By Elia On 23 marzo 2011 @ 16:42

Perdonate se mi inserisco nella conversazione ma dopo aver letto l’articolo mi sono attardato sui commenti e ho notato che è stato intavolato un buon dibattito.
Per quanto ho capito la base della discussione sta nella valutazione di un testo solo attraverso le caratteristiche tecniche piuttosto che contestualizzando l’opera sia temporalmente che concettualmente (ossia che cosa l’autore vuole comunicare).

Per citare un commento di Gamberetta:

No. No. NO.
Questo modo di pensare è una delle radici del Male. Non importano le motivazioni di Dante, non importa quello che voleva scrivere, non importa se ha scritto su commissione o via scrittura automatica ispirato da un canguro, importa solo quello che ha scritto.
Così come il romanzo in cui l’autore ci mette il cuore, ci rovescia dentro l’anima, lo ammanta di ogni più alto ideale, non per questo acquisisce il minimo merito al di là dell’elenco delle parole.
Quando tiri dentro il contesto la Strazzu pubblica con Einaudi – “È così giovane e già scrive un romanzo” => contesto; “È così giovane e perciò la gente è incuriosita e vendiamo di più” => contesto; “Non è fantasy, Gli Eroi del Crepuscolo è epica (cit.)” => contesto; “La Strazzu dà il buon esempio: invece di giocare con i videogiochi, scrive” => contesto; “Ne Gli Eroi del Crepuscolo si mostra come si possono superare le differenze bla bla bla sciocchezze anti-razziste” => contesto; “La Strazzu ci ha messo l’anima e bisogna apprezzarla per questo” => contesto e così via. Niente di tutto ciò ha valore, come non hanno alcun valore le motivazioni di Dante. Hanno valore le parole e ti assicuro che non è riduttivo. Proprio per niente.
Poi non si vuole insegnare a scrivere narrativa, si vuole insegnare a scrivere (e a leggere). Il che prevede anche di imparare le basi della narrativa, visto che al di là della comunicazione più tecnica e specialistica, quasi sempre ci esprimiamo attraverso una forma di narrativa.

Personalmente mi pare si faccia confusione fra due concetti ben distinti:
- il valore artistico di un opera
- la qualità di un opera
Per qualità di un opera intendo quello che usualmente Gamberetta valuta nelle sue recensioni.
Se un opera è bella o meno da leggere, oggi e per un lettore dotato di un minimo di cultura (si intende), dipende dalla qualità dell’opera. Ossia un testo non deve rovinare la sospensione dell’incredulità con scene malfatte (cosa vista e rivista in libri scadenti), deve mostrare al lettore con precisione cosa sta accadendo e non lasciarlo sul vago (altrimenti il testo è poco godibile), ecc…
Prima di tutto tali giudizi sono fortemente caratterizzati dal punto di vista della nostra epoca, ovvero da cosa ci aspettiamo da un romanzo (es: coinvolgimento, storie credibili, ecc…), e risultano oggettivi solo in tale contesto. Un colto uomo del medioevo non capirebbe eventuali critiche mosse a Dante per la sua, evidente, pesantezza. Al contrario non potrebbe apprezzare un testo privo di rimandi colti e con più livelli di lettura (che indubbiamente appesantiscono l’opera).
Faccio notare che quello dell’uomo medioevale non è un errore di giudizio, è solo un metodo di giudizio diverso e, no, non è la stessa cosa che dicono i fan della Troisi. Il fatto che gli estimatori di Nihal si auto convincano che il testo è coinvolgente, narra una storia straordinaria (soprattutto nuova), ecc… è un problema di schietta ignoranza. Infatti perché un testo risulti coinvolgente deve seguire determinate regole, qui entrano in gioco i parametri di giudizio di Gamberetta.
Questo per il giudizio sulla qualità di un’opera. Il valore artistico di un testo, ossia quello che si insegna in letteratura, è tutt’altra cosa. Il valore artistico è fortemente collegato al significato del libro stesso. Un artista di alto livello è colui che coglie il modo di pensare e i temi cardine della propria epoca e li esprime nel miglior modo possibile in lettere. E anche qui no, non è lo stesso che decidere a braccio che un concetto è importante. Importante non è socialmente utile (no alla discriminazione), importante non è buono (w la pace no alla guerra) e, soprattutto, importante non è una sparata filosofica da due soldi.
Per questo ogni opera viene valutata con il giudizio di qualità del proprio tempo e, insieme a quello, vengono poste considerazioni su cosa l’opera esprime. Essenzialmente è ciò che differenzia arte da artigianato. L’arte deve (spesso e non sempre) essere buon artigianato, buon artigianato non è arte.
Se poi vogliamo chiederci se sarebbe opportuno insegnare a valutare un testo moderno nelle scuole questo è tutt’un altro paio di maniche ma che insegnare letteratura come arte sia stupido, questo no.

Esempio flash: in pittura Giotto dipinge da cane rispetto a come possiamo dipingere ora (alcuni quadri realistici sono impressionanti) ma il valore artistico di un paesaggio dipinto a casa mia è zero mentre lui, che ha ripreso con il realismo quando tutti facevano sfondi oro, non hanno prezzo.

ps: concordo con il fatto che valutando il valore artistico si rischiano di prendere più cantonate che valutando la sola tecnica, ma anche questo è parte del gioco.

#48 Comment By x7969 On 23 marzo 2011 @ 17:14

SIccome non tutti possono o vogliono divenire scrittori, ma tutti hanno diritto a comprendere le idee degli altri, anche per evitare fregature inflitte dagli altri, e a vedere le idee degli altri, poichè la maggior parte delle povere persone disgraziate non riescono a farsi subito delle idee da sole ma hanno bisogno di confrontarle con quelle degli altri, e tutti DEBBONO SAPERE LA STORIA, bisogna quindi che la scuola faccia “leggere almeno un capitolo dei Promessi Sposi” per capire una mentalità storica presente nella cultura cattolica italiana, e via dicendo altri esempi e situazioni…
Quindi, all’esame di maturità, dovrebbero esserci sia la traccia “L’impatto dell’esistenzialismo nella cultura della Belle Epoque” sia “Correggi il registro del seguente passo per renderlo più adatto al contenuto”.
QUesta non è un offesa, è un’idea,e non voglio che la prendi come una provocazione inutile o un ‘offesa, è solo che non capisco se tu voglia elminare completamente un tipo di apprendimento che ha un risvolto sociologico.

#49 Comment By Tapiroulant On 23 marzo 2011 @ 17:37

Scusate – ma, francamente, mi viene da ridere a leggere di come, secondo molti di voi, per migliorare sensibilmente il livello dell’istruzione e quindi le capacità mentali della popolazione, basterebbe una riforma scolastica.
Non si può modificare davvero l’istruzione in questo paese se non si cambia radicalmente l’organizzazione di tutto lo Stato. Anzi, direi che lo stato relativamente pietoso della nostra scuola non è che un riflesso dello stato pietoso di ogni, singolo, fottuto settore dell’amministrazione del nostro Stato.
Perché l’istruzione possa migliorare, bisognerebbe innanzitutto che la popolazione vedesse nell’istruzione un valore positivo, uno strumento concreto di felicità, miglioramento della propria condizione, ascesa sociale; invece, più la popolazione si accorge che non è così, più perde interesse nell’istruzione. Se la popolazione italiana, come dice Angra, in larga parte non sarebbe attrezzata per una scuola organizzata come dice Gamberetta, è proprio in conseguenza di questo: la percezione che non valga la pena sbattersi per diventare più intelligenti e più colti. L’incapacità di apprendimento in linea di massima non è un’incapacità reale, ma la decisione (più o meno cosciente) di non spendere le proprie energie nell’apprendimento (perché percepito come inutile, noioso, stupido, etc.).
Se questo in parte è imputabile ai modelli sbagliati di insegnamento, in parte nettamente più grande è imputabile a una realtà che non promuove, e anzi spesso disprezza esplicitamente, l’istruzione. In un quartiere popolare di Napoli, un giovane avverte (sia per pressione sociale, sia per ragionamento personale) molte più chance di successo e di una vita appagante diventando un camorrista invece che sforzandosi per diventare un bravo tecnico, o un esperto di qualche altro tipo; allo stesso modo per cui un aspirante scrittore non è promosso per il suo impegno nell’apprendimento della tecnica, quanto piuttosto secondo le solite logiche clientelari.
La cosa più importante non è una riforma della scuola, ma un cambiamento radicale della percezione dell’istruzione (cambiamento che richiederebbe, tra i vari passaggi, e non certo per primo, una riforma della scuola); e innanzitutto, che al grado di istruzione raggiunto corrispondesse realmente una pari possibilità di successo nella vita e realizzazione sociale.
Il passo finale di questo processo, dovrebbe essere l’interiorizzazione del valore della cultura a tal punto che un uomo dovrebbe essere stigmatizzato socialmente se fosse stupido e ignorante, così come oggi è stigmatizzato chi non si lava, chi non sa usare le posate a tavola o chi non sa nemmeno leggere e scrivere. La stupidità dovrebbe suscitare disgusto così come oggi suscita disgusto chi puzza di pipì (almeno tra ampi strati della popolazione).
La riforma delle scuole dovrebbe inserirsi in questo processo nel modo indicato da Gamberetta, ma come appendice dell’intera (e graduale) riforma del sistema.

@Gamberetta:

Per l’età dei romanzi. Ok, dimmi tu allora qual è il limite: 1 anno è ok. 10 è ok? 20? 30? 40? 99? 100? Qual è la soglia magica che rende di colpo un romanzo ingiudicabile con i criteri attuali? E se io, come quell’autore cecoslovacco citato in un vecchio articolo, scrivo un poema di fantascienza in greco antico imitando Omero con che parametro dovrei essere giudicata? E se ti dico che il mondo è cambiato dopo Hiroshima, o dopo l’11 settembre, o dopo la diffusione di Internet significa che devo cambiare i parametri tra un romanzo uscito il 10 settembre e uno uscito il 12?
Quello che non ha senso è tirare in ballo il contesto quando non serve. E, tranne eccezioni, non serve mai.

Questa cosa che stai dicendo non ha senso.
E in fondo, dovresti saperlo tu stessa. Quando nell’articolo sullo “Show don’t tell” hai citato Flaubert e James, ti eri chiesta, se non ricordo male, perché mai fossero considerati dei “mostratori” nella loro epoca, se ai nostri occhi appaiono come dei “raccontatori”. Beh, che risposta ti eri data? Che nell’Ottocento erano tutti ritardati e nessuno si era accorto che Flaubert e James scrivevano come dei cani morti?
No: ti eri risposta che l’asticella del mostrare si è spostata nel corso del tempo. Allo stesso modo (tu stessa ne parlasti, mi pare), l’asticella dell’orrore si è spostata da Poe a Lovecraft, ma questo non significa che Poe fosse un incapace. Beh, questa riflessione da cos’altro è dettata, se non da una contestualizzazione? Uno che oggi scrivesse come James scriverebbe da cani; ma all’epoca di James, il suo stile era avanguardista. Questo è contestualizzare.
Poi, c’è un posto per la contestualizzazione e un posto per il giudizio non contestualizzato. Se sto scrivendo una recensione, o se devo consigliare un libro a un amico, il contesto non ha valore; allo stesso modo, se devo semplicemente esporre una tecnica narrativa.
Se invece voglio esprimere una valutazione oggettiva dell’autore e dell’opera in questione, cioè del suo valore nella Storia della Letteratura, allora devo inserire l’opera nel contesto in cui è stata scritta. Proprio perché esiste un progresso tecnico nella letteratura, è necessario tener conto delle condizioni “ambientali” di un’opera del passato per darne una valutazione del tutto obiettiva.
Poi, tu chiedi quale sia la soglia magica. Dipende. Per saperlo, dovresti studiare la storia (intesa sia come storia delle istituzioni, sia come storia della mentalità). Per esempio, i nostri schemi interpretativi non sono cambiati dall’11 Settembre a oggi, ma certamente sono diversi da quelli di un uomo del Medioevo (e direi che su questo sono d’accordo tutti gli storici, anche i più eclettici). Non solo: la nostra mentalità è cambiata radicalmente già dall’Ottocento a oggi. Nell’Ottocento (e soprattutto nella prima metà) non potevi parlare del corpo nudo né del sesso, e non solo per censura, ma proprio per la mentalità dell’epoca; perciò non puoi parlare di un difetto oggettivo (un difetto che lo scrittore avrebbe potuto evitare) quando mi dici che in Stendhal non sono mai descritte le scene di sesso ma a un certo punto salta fuori che la donna del protagonista è incinta.

#50 Comment By Tapiroulant On 23 marzo 2011 @ 17:41

Domando scusa, l’ultimo messaggio era mio.
Siobhan (che è la mia ragazza) ha usato il mio pc per postare, e non mi sono accorto che il sito ha tenuto in memoria il suo nome e il suo indirizzo xD
Se Gamberetta può sistemare questo casino e mettere il nome giusto al post di prima… ^-^”

#51 Comment By Gamberetta On 23 marzo 2011 @ 18:28

@Rickyricoh.

Però non si può lavare del tutto ciò che va oltre il testo: i motivi, l’intreccio storico, le connessioni col presente, sono cose che devono essere valutate.

Ma si può sapere perché? Quando ho recensito la Strazzu ho parlato di motivi? Di intreccio storico? Di connessioni col presente? No. Tu mi dirai: “Ma Dante non è la Strazzu!”. Invece sì: Dante è uguale alla Strazzu. Entrambi hanno motivi, hanno intrecci storici, hanno connessioni con il presente. La differenza è il testo.
Senza voler essere cattiva e senza voler giudicare nessuno (a parte la Strazzu ^_^), ma io ho l’impressione che tu e molti altri partiate da una serie di pregiudizi di fondo, sullo stile: “non può essere tutto bianco o tutto nero”, “la verità sta nel mezzo”, ecc. Ma sono appunto pregiudizi, miti, leggende urbane. Non è che la Terra gira intorno al Sole e parzialmente il Sole gira intorno alla Terra. La verità ha tante probabilità di stare nel mezzo come ne ha di stare da una parte o dalla parte opposta o in qualunque posizione intermedia.
È la stessa reazione a quando io dico: “mostrate sempre e tagliate, non raccontate mai”. E sembra che sia un sacrilegio non lasciare uno spiraglio a un’idea diversa, per il solo gusto di lasciare uno spiraglio, senza reali motivazioni. Qui lo stesso: il contesto non serve. Fine. Se tu sai quello che fai leggi un testo, non sai niente dell’autore, dell’epoca, dei contesti, ma puoi lo stesso analizzarlo con grande precisione. Anzi, il contesto può rovinare l’analisi, perché può introdurre pregiudizi inconsci.

@Mauro. / @sommobuta. / @Tapiroulant. State mischiando due discorsi diversi: il Manzoni fa schifo è un inciso. Il punto è che posso pure ammettere che il Manzoni fosse un genio e date le condizioni storiche e sociali in cui ha scritto non avrebbe potuto fare di più, ugualmente non lo insegno a scuola.
Così in un corso di elettronica non faccio la disamina della Pascalina. Ciò non vuol dire che Pascal fosse un deficiente, ma bisogna rendersi conto che il suo design per i calcolatori è sorpassato. E bisogna rendersi conto che se metto di fronte la Pascalina a una macchina calcolatrice da 5 euro comprata al supermercato, la Pascalina risulta una schifezza. E infatti io mi porto in tasca la calcolatrice (se non il cellulare che ha anche il software per il calcolo), non la Pascalina.
La Pascalina rimane curiosità storica per gli appassionati. Con la letteratura uguale: se un romanzo è uno schifo – adesso – è uno schifo. Ma 100 anni fa era bello! E allora? Non è un problema morale, è un problema pratico di insegnare alle persone a leggere e a scrivere sul serio.

@sommobuta. Vero riguardo i punti di riferimento, e può darsi che se una persona legge solo la Strazzu la possa considerare un genio (pur avendo gli strumenti per capire che non sia così), d’altra parte se la persona non leggerà altro in vita sua il problema lì è un altro. Non è che la scuola di adesso faccia leggere: si legge pochissimo, si legge con odio, e si leggono testi che non possono fornire riferimenti (il Manzoni a chi lo paragoni nelle possibili letture extra scolastiche?)

@Elia.

Un artista di alto livello è colui che coglie il modo di pensare e i temi cardine della propria epoca e li esprime nel miglior modo possibile in lettere.

Questa è una tua idea. Io dico che un artista che incarna i temi cardine della propria epoca è un artista di bassissimo livello. Un artista di grande livello è universale ed eterno. Leggendo le sue opere chiunque si può emozionare, che abiti in Giappone nel 1600 o in Italia nel 2011.

@Tapiroulant.

Nell’Ottocento (e soprattutto nella prima metà) non potevi parlare del corpo nudo né del sesso, e non solo per censura, ma proprio per la mentalità dell’epoca; perciò non puoi parlare di un difetto oggettivo (un difetto che lo scrittore avrebbe potuto evitare) quando mi dici che in Stendhal non sono mai descritte le scene di sesso ma a un certo punto salta fuori che la donna del protagonista è incinta.

In Italia nel 2008 il fantasy era considerato una roba per bambini, e non solo per la censura, ma proprio per la mentalità dell’epoca; perciò non puoi parlare di un difetto oggettivo (un difetto che lo scrittore avrebbe potuto evitare) quando mi dici che nella Strazzu gli elfi fanno il bagno nella schiuma.
Se manca la scena di sesso che avrebbe dovuto esserci è un difetto oggettivo. E a scuola così devo presentarlo. Poi tra appassionati discuterò se Stendhal ha sbagliato in assoluto, è stato censurato dal cugino, era un fesso, ecc., ma è un altro problema.

#52 Comment By Rickyricoh On 23 marzo 2011 @ 18:43

@Tapiroulant

Questa cosa che stai dicendo non ha senso.
E in fondo, dovresti saperlo tu stessa. Quando nell’articolo sullo “Show don’t tell” hai citato Flaubert e James, ti eri chiesta, se non ricordo male, perché mai fossero considerati dei “mostratori” nella loro epoca, se ai nostri occhi appaiono come dei “raccontatori”. Beh, che risposta ti eri data? Che nell’Ottocento erano tutti ritardati e nessuno si era accorto che Flaubert e James scrivevano come dei cani morti?
No: ti eri risposta che l’asticella del mostrare si è spostata nel corso del tempo. Allo stesso modo (tu stessa ne parlasti, mi pare), l’asticella dell’orrore si è spostata da Poe a Lovecraft, ma questo non significa che Poe fosse un incapace. Beh, questa riflessione da cos’altro è dettata, se non da una contestualizzazione?

Quoto.
Gamberetta, da ragazza colta qual è, è la prima che è capace di contestualizzare nel modo migliore un’opera riconoscendone il giusto valore artistico, e lo dimostra in tutti gli articoli che ci proprone. Poi però quando vede alcuni suoi personali spauracchi come i Promessi Sposi si infervora e diventa estremista :)
E la capisco, perchè col manzoni ce l’hanno oggettivamento sussato in lungo e in largo, ma in fondo credo che nemmeno lei approverebbe un programma di italiano nelle scuole dove gli unici volumi ammessi sono Characters and Viewpoint di Orson Scott Card, The Elements of Style di William Strunk e Worlds of Wonder di David Gerrold.
Verrebbero fuori studenti capaci tecnicamente di scrivere, ma con gravi lacune nei contenuti e impotenti nel saper presentare qualcosa di davvero nuovo (perchè il nuovo è tale se si è capito come e perchè si è sviluppato il vecchio)

#53 Comment By Rickyricoh On 23 marzo 2011 @ 19:24

@Gamberetta

Ma si può sapere perché? Quando ho recensito la Strazzu ho parlato di motivi? Di intreccio storico? Di connessioni col presente? No. Tu mi dirai: “Ma Dante non è la Strazzu!”. Invece sì: Dante è uguale alla Strazzu. Entrambi hanno motivi, hanno intrecci storici, hanno connessioni con il presente. La differenza è il testo.

Ma perchè la strazzulla è monnezza, punto e basta. Non ha senso contestualizzare la spazzatura, perchè non porta a niente.
Invece ipotizziamo che la strazzulla abbia scritto un ottimo romanzo, e che addirittura crescendo sia diventata un’autrice fondamentale del fantasy mondiale (ok nel mondo dei contrari forse). Bene a quel punto il fatto che il suo primo romanzo l’abbia scritto a 15 anni diventerebbe un elemento interessante da valutare e, perchè no, studiare. Sarebbe utile notare l’evoluzione dello stile, i topoi ricorrenti, le fonti utilizzate e così via. Come vedi prima viene sempre il testo, perchè la conditio sine qua non è che il romanzo sia valido.
Allo stesso modi i Promessi Sposi sono stati un’opera considerata al tempo di eccelsa qualità. Magari sovrastimandola già allora, perchè nel resto d’europa uscivano capolavori di ben altro livello (Delitto e Castigo è di pochi anni dopo), ma in Italia la situazione era quella. La sua importanza per lo sviluppo della lingua è palese, e questa non è una cosa che posso decidere di trascurare se studiamo “italiano”. Così come l’influenza per ciò che è stato prodotto dopo.
Se poi invece ci limitiamo a dire che il nozionismo e l’autoritarismo per certi autori siano dei cancri nell’istruzione moderna sono d’accordissimo, ma perchè sono fortemente sbilanciati all’eccesso.
La regola oggi purtroppo recita “studia il Parini e il Goldoni e lascia perdere quelle robe per bambini che tieni sotto il banco”; ma non dovrebbe essere nemmeno “chi se ne fotte del Parini, studia Heinlein e Swanwick”, perchè sarebbe lo stesso errore.
E non è vero che

la verità ha tante probabilità di stare nel mezzo come ne ha di stare da una parte o dalla parte opposta o in qualunque posizione intermedia

, perchè le posizioni opposte sono solo due, le intermedie sono spesso infinite.
Magari nella matematica e nelle scienze si può essere più netti, ma per il resto quasi sempre la virtù sta nel mezzo, lo dicevano gli antichi e oggi mi sento antico pure io. :)

#54 Comment By mgcgio On 23 marzo 2011 @ 19:48

Mi permetto di inserirmi in questa discussione per fare due osservazioni, una riguardo all’utilità di capire il “contesto”, una sull’utilità dello studio della letteratura.

Per quanto riguarda il contesto, sono strad’accordo con Gamberetta: per capire un’opera non serve a nulla, serve solo leggere l’opera stessa.
In primo luogo, è inutilissimo (e dannoso!) conoscere la vita dell’autore. Perchè a cosa serve? A nulla! E’ ovvio che molti autori sono influenzati dalle proprie vicende, quando scrivono qualcosa, ma sono affari loro, a noi lettori interessa il risultato finale, e non le motivazioni dell’autore. Le sue opinioni, la sua visione del mondo, la deve esprimere con la sua opera, e solo con essa. A parte Manzoni, mi permetto di fare un esempio più in linea con il blog di Gamberetta (visto che si occupa di narrativa fantastica): Dick. A me piace un casino, e quando leggo i suoi romanzi ho la brutta abitudine di leggere anche le prefazioni. Bene, si fa sempre riferimento alla sua vita privata, soprattutto ai suoi rapporti burrascosi con le mogli. Ma è solo gossip, non serve a nulla sapere che il personaggio X è l’alter ego della moglie Y! Io giudico i personaggi e i loro rapporti in base alla storia che leggo, e non in base alle persone a cui l’autore si è ispirato. Dick esprime con i suoi romanzi varie riflessioni su temi vasti, ed è assurdo star lì a discutere dei suoi rapporti con le mogli, su come questo influenzi i suoi personaggi femminili. Chi se ne frega!
Più interessante è il contesto storico. Questo può servire a una maggiore comprensione per certe opere, ma attenzione: è sufficiente un’infarinatura. Quando ho letto Delitto e castigo ero totalmente ignorante sia della vita dell’autore sia della situazione russa nell’Ottocento, ciò non toglie che il romanzo mi sia piaciuto tantissimo.
In realtà, il contesto storico relativo ad un’opera è interessante più per apprendere la Storia che non per comprendere un’opera letteraria. Aiuta a imparare meglio la storia, non la letteratura.

Per quanto riguarda la storia della letteratura, non sono d’accordo con Gamberetta: essa è utilissima. Perchè è uno “strumento”, esattamente come studiare le tecniche narrative. Infatti, più conosci la storia della letteratura, più hai la possibilità di evitare stereotipi, situazioni già utilizzate in abbondanza, ecc. E aumenta la “fantasia”! Proprio in questo blog ho letto (non mi ricordo più se sulla Troisi o sulla Struzzo o su qualcun’altra!) una critica giustissima di Gamberetta per l’ignoranza che l’autrice ammetteva di avere del fantasy. Come puoi scrivere un fantasy se hai letto solo il Signore degli anelli? E’ ovvio che aumenta la possibilità di scrivere vicende ultra-stereotipate e stupide.
Se uno ignora l’esistenza della saga di Elric di Melnibonè, magari si sveglia la mattina con l’idea di un guerriero succube della propria spada, e si crede un genio, e scrive il proprio romanzo che probabilmente risulterà ridicolo in confronto alla saga di Moorcock. Se invece la saga la conosce, magari riprenderà l’idea, migliorandola (se ha talento).
So che sono stato prolisso e poco chiaro, me ne scuso (è il motivo per cui non scrivo quasi mai commenti!)

#55 Comment By Daniele A. Gewurz On 23 marzo 2011 @ 19:54

Due piccole osservazioni del tutto personali:

1) Tutto quello che volete sul Manzoni, sull’illeggibilità secondo criteri attuali, sull’insensatezza di dedicargli un anno sano a scuola etc., ma… volete mettere il gusto per le buone cose di pessimo gusto? C’è chi si rimira estasiato i pastorelli kitsch di Capodimonte, chi ascolta le canzoni ultime arrivate a Sanremo di 10 anni fa, chi rimira le pubblicità della brillantina degli anni Trenta. Perché uno non può assaporare la prosa rétro, superata, allappante di 170 anni fa? (Non sto rispondendo a Gamberetta, lo sto dicendo per dire, e caso mai a qualcuno che diceva che oggi nessuno leggerebbe oggi Manzoni).

2) Cosa un po’ più delicata: È vero che è più utile imparare a scrivere, a esprimersi, ad argomentare, a interessare il lettore, che non studiare la conversione del Manzoni o la topografia di Recanati, ma ho come una sensazione – che non sono sicuro di saper esprimere e che non vorrei che suonasse polemica – che trascurando completamente guelfi, scapigliati e gobbi si rischi di vivere, non so, in un presente piatto, liscio, ben funzionante, ma privo di profondità, di una terza dimensione. È ben vero che per saper scrivere o fare di conto oggi non mi è indispensabile conoscere Dante o Euclide, ma è anche vero che ho paura di una specie di appiattimento, di non saper distinguere le grandi scoperte dell’umanità dal nuovo modello di iPad, quello che ha richiesto duemila anni di affinamenti da quello che ha richiesto un mese di sviluppo, un motto latino su una facciata da un cartello di divieto di sosta.
Non so… non si può conoscere tutto, tutte le lingue, tutte le epoche, tutte le evoluzioni, ma non vorrei neanche sapere solo quello che è utile, concreto, attuale. Un po’ di superfluo culturale alla fine male non fa, secondo me.

#56 Comment By Berto On 23 marzo 2011 @ 20:03

Nell’Ottocento (e soprattutto nella prima metà) non potevi parlare del corpo nudo né del sesso, e non solo per censura, ma proprio per la mentalità dell’epoca; perciò non puoi parlare di un difetto oggettivo (un difetto che lo scrittore avrebbe potuto evitare) quando mi dici che in Stendhal non sono mai descritte le scene di sesso ma a un certo punto salta fuori che la donna del protagonista è incinta.

De Sade aveva già raggiunto livelli di sesso e violenza tutt’ora insuperati. Che poi si rischiasse grosso, è un altro discorso.

#57 Comment By Tapiroulant On 23 marzo 2011 @ 20:08

@Gamberetta: Preciso innanzitutto che per quanto riguarda l’insegnamento sono d’accordo con te (come mi pare di aver detto diverse volte); neanch’io insegnerei il Manzoni a scuola. Non lo trovo utile.

Se manca la scena di sesso che avrebbe dovuto esserci è un difetto oggettivo. E a scuola così devo presentarlo. Poi tra appassionati discuterò se Stendhal ha sbagliato in assoluto, è stato censurato dal cugino, era un fesso, ecc., ma è un altro problema.

Farò un discorso pratico.
Se sto discutendo delle tecniche narrative, delle regole del “buon scrivere”, sicuramente riterrò quello di Stendhal un errore oggettivo e un esempio da evitare, per le ragioni che sappiamo.
Preciserò tuttavia che si tratta di un errore che nell’epoca di Stendhal errore non era; e che noi oggi riconosciamo come errore, sia per il progresso tecnico della letteratura negli ultimi due secoli, sia per il superamento dei tabù legati a quell’ “errore”.

Ora, detto questo, ho già specificato come anche secondo me lo studio della storia della letteratura andrebbe riservato all’Università (infatti io non stavo facendo un discorso sull’insegnamento). Ma, tra di noi, possiamo pure dire che un contesto esiste: in quel senso, intendevo dire che, a seconda che: a) io stia facendo una recensione o dando un consiglio, oppure: b) io stia scrivendo una critica, dovrò o meno fare un discorso sul contesto (nel caso a) no, nel caso b) sì).

Un discorso sul contesto per quanto riguarda la Strazzu è inutile, perché eravamo tutti vivi nel 2008 e conosciamo già il contesto. Inoltre tu hai scritto una recensione, e le recensioni come precisato sopra non devono fare un discorso sul contesto.
Una critica della Strazzu, invece, potrebbe fare benissimo riferimento alla sua giovane età (per spiegare, e forse in parte scusare, la pochezza della sua scrittura) o alla considerazione di cui godeva nel 2008 il fantasy (per spiegare, ad esempio, come un tale aborto abbia raggiunto la pubblicazione).

#58 Comment By IlBianConiglio On 23 marzo 2011 @ 21:09

@Tapiroulant
Scusa se arrivo tardi, probabilmente ti sarai già dimenticato del tuo commento. Si stava parlando dell’ultimo verso dell’Inferno e della sua parafrasi. Riporto quanto hai scritto:

Ah sì? Davvero dopo aver fatto la parafrasi di quella frase, la apprezzi di più?
Perché io no, proprio per niente.
A parte il fatto che è scontato che per uscire dall’Inferno si sia passati per il corpo di Lucifero (posto che uno si sia letto il resto del Canto e non solo quel verso lì, il che mi sembra il minimo), tutta la differenza starebbe tra “stelle” e “luce divina”? E cosa me ne frega a me, lettore, che le stelle significhino la luce divina, e quindi simboleggino le cose che hai detto? Una lettura non è un’esegesi. Manco fosse un testo sacro.

Ammetto che non sono molto bravo con gli esempi. Cercherò di spiegarmi meglio a proposito del verso Dantesco.
Immagina che io non abbia mai sentito parlare di Dante in vita mia. Non so chi fosse, quando visse, in cosa credesse. Nulla. Prendo la Divina Commedia (mi ispira il titolo e la copertina) e inizio a leggerla. Alla fine dell’Inferno il mio pensiero è:
‘Bene. Ho appena letto del viaggio immaginario di un uomo che nel mezzo del cammin di sua vita(?) si è ritrovato all’Inferno, lo ha attraversato, ha incontrato alcuni dannati e poi è uscito a rivedere le stelle.’
Di un autore come questo che cosa potrò apprezzare? Al massimo la fantasia, o l’essere riuscito a scrivere in versi perfetti tutti quei canti, aver dato descrizioni particolareggiate, a volte volgari ma efficaci dei personaggi.

Adesso prendi una persona che sa tutto di Dante, del trecento e della grammatica: figure retoriche, allegorie, contesto storico ecc…
Finito l’Inferno pensa:
‘Questo è il viaggio allegorico di un uomo stanco del suo tempo, dei peccati che la sua società e la Chiesa commettono senza remore, che odia i suoi concittadini che l’hanno tradito esiliandolo dalla patria che tanto amava. La Divina Commedia è una valvola di sfogo per un uomo costretto a fuggire e a vivere in un disonore che non ha mai meritato. E’ lo sfogo di chi non merita le ingiustizie ma le affronta con coraggio, di petto, e dato che non può trovare soddisfazioni dalle leggi corrotte, l’Italia divisa, la Chiesa debole, allora costruisce quest’altro mondo, questo regno di cui lui solo è il padrone. Ed ecco che si pone a giudice degli uomini del suo tempo.
‘Inoltre Dante è un personaggio profondamente religioso: lui stesso è consapevole della sua superbia. Ecco quindi che instaura il suo viaggio sotto la ‘luce divina’; tutto è mosso da Dio: ogni passo che Dante compie, il cammino di redenzione che è costretto ad affrontare prima di uscire dall’inferno, i dannati che incontra, la guida di Virgilio. Tutti portano un insegnamento morale, o politico, o semplicemente servono per obbligare Dante a riflettere su di sè e sui suoi comportamenti.’
Potrei andare avanti per ore, ma credo che il senso sia chiaro. Forse che con tutta questa interpretazione (che comprende anche la consapevolezza che la ‘luce’ non è quella del sole ma quella della fede) uno non non apprezza più la fantasia, la capacità di scrivere in versi, le descrizioni ecc..? Al massimo le apprezza ancora di più.
Nota: tutta questa descrizione è specialistica o universitaria? Sì, lo è. Io l’ho ricevuta al Liceo, ma ammetto che è molto specialistica. Forse che sia inutile? Per me, che non ho scelto Lettere all’Università, no. Perchè grazie al Liceo posso prendermi la Divina Commedia e leggerla sotto un’altra interpretazione senza dovermi prima informare con vari libri o opuscoli del contesto storico della Commedia stessa. Poi non dico di sapere tutto della Commedia, ma ne so abbastanza per andare oltre il primo livello interpretativo. E’ stata una faticaccia al Liceo, tutte nozioni e basta? Sì. Ne valeva la pena? Suono presuntuoso se rispondo sì?

Mi permetti di andare avanti a sproloquiare ancora un po’? Volevo fare un ultimo esempio con Dante:
Prendi un uomo del 300 che ha letto la Commedia. Viveva nel 300, conosceva le leggende, i bestiari, aveva sentito parlare dell’esilio di Dante, conosceva i modi di dire, le bestemmie del periodo, le critiche nei confronti dei papi corrotti, era stato allievo di Brunetto Latini. Come credi che possa leggere lui la Divina Commedia? Di certo non gliene fregherà niente della ‘fantasia’ di Dante (all’epoca all’inferno ci credevano davvero) o dei versi (tutti parlavano in latino e le uniche cose in volgare erano alcune poesie; i versi e le strofe erano all’ordine del giorno). Magari non comprenderà tutte o buona parte delle allegorie, ma di certo si divertirà a leggere del destino di Ciacco, un personaggio all’epoca famoso (?) e di cui oggi non si ha notizia da nessuna parte. Insomma apprezzerà la Commedia in modo ancora diverso da come noi la apprezziamo.

Detto questo ci sono tre destini:
1) Leggere la Commedia come un personaggio del 300, il che sarebbe la cosa migliore, ma per noi è impossibile.
2) Leggere la Commedia senza sapere nulla di Dante, e questo non è nè ‘bene’ nè ‘male’, ma devi essere conscio che non potrai apprezzare tutta la grandiosità (passami il termine) di Dante.
3) Leggere la Commedia dopo essersi mediamente informati sul contesto storico e aver compreso le principali allegorie (luce=Dio). E per me questo ultimo punto è il migliore per comprendere pienamente un testo.

Che poi il contesto culturale non serva a niente per dire: quest’opera è scritta male perchè il personaggio viene descritto mentre si guarda allo specchio, è ovvio. Nel senso che se vogliamo concentrarci sul metodo di scrittura (cosa, ancora una volta, che non è nè bene nè male, ma non è quello che si fa al Liceo al giorno d’oggi), allora è ovvio che non gliene freghi niente a nessuno che Dante rivestisse Beatrice di potere salvifico. Beatrice potrebbe essere stata la prima prosituta che passava per strada e non cambierebbe di una virgola le capacità descrittive di Dante e la sua abilità (pensiero soggettivo) come scrittore.

Precisazione: con l’ultima frase non intendo dire che Dante fosse bravo a scrivere in versi (lo era, ma è un altro discorso). Intendo dire che Dante sapeva come caratterizzare i personaggi, come far commuovere il lettore: Paolo che non parla e piange solo, Francesca che usa l’espressone ‘la bocca tutta tremante’, tanto che quasi sembra di vederla; Dante che si sente strattonare per il mantello, si volta e dice: ‘anche voi qui ser Brunetto?’, e anche se non aggiunge altro si intende subito la sorpresa e il dolore nella domanda.

Scusa per il commento lunghissimo. Concludo riproponendo un altro esempio (più calzante della luce dantesca) sull’utilità delle parafrasi:
Montale senza parafrasi è illeggibile. Con parafrasi diventa uno dei più grandi autori italiani.

@Gamberetta:
Sono consapevole che conoscere contesto storico, vita ecc… degli autori sia specialistico, ma non lo è anche mettersi a leggere le opere del passato e commentarle solo dal punto di vista stilistico? Se esistessero università per diventare scrittori credo che questa sarebbe una materia obbligatoria.
Forse, anzichè proporre di cambiare il Liceo, si dovrebbe fondare una nuova facoltà.

Comunque, riguardo questo:

Sulle parafrasi il discorso è troppo lungo per un commento, mi riserbo un altro marciume in futuro.

Lieto di ispirarti sempre nuovo Marciume (non scherzo, ne sono lieto davvero). ^_^

#59 Comment By Jaja On 23 marzo 2011 @ 21:59

In realta’ l’idea non richiederebbe sforzi economici straordinari in una gestione come si deve dell’istruzione, ovvero una in cui il Ministero recuperi la sua funzione. Spiego.
Una volta era il Ministero a fare i programmi scolastici. Dopo svariate riforme(*) (“riforma della scuola” si legge “strumento politico”), i prof si trovano tra le varie cacchiate burocratiche anche quella del POF, Piano Offerta Formativa, sarebbe una paginetta dove illustrano il programma di cio’ che verra’ insegnato. Insomma: io Ministero non ho piu’ la competenza per fare i programmi (la competenza costa) e allora vi scarico il compito addosso chiamandolo autonomia scolastica.
Inoltre non so se hai visto i prof ai corsi d’aggiornamento, sono somari e indisciplinati peggio degli alunni, tanto se falliscono non li licenziano.

Poi ci sarebbe da parlare del modo scellerato in cui vengono insegnate le arti, alla Strazzu: devovo essere uno starnuto, mica qualcosa di pensato…

(*) Gelmy non c’entra niente, sta roba mi pare sia opera di Berlinguer (orribile riforma anche quella).

#60 Comment By Gwenelan On 23 marzo 2011 @ 22:04

Secondo me alcuni di voi non hanno ben capito cosa intende Gamberetta parlando del contesto e del fatto di non studiare la storia della letteratura al liceo. Per come ho capito io, Gamberetta NON sta dicendo di prendere le opere che già oggi si studiano e di insegnarle con “l’occhio” di oggi. Sta dicendo di partire da questo presupposto: “insegniamo agli studenti come poter ben esprimere quel che pensano”. E di scegliere le opere da studiare di conseguenza. Quindi, se per esempio una “lezione” da insegnare è “le espressioni concrete veicolano il concetto meglio delle espressioni vaghe”, si prendono passi di opere in cui questa “lezione” è ben espressa. Qualcuno nei commenti (scusate se non dico chi, ma ho letto tutti i commenti insieme e non trovo più quello a cui mi riferisco) ha detto che così facendo gli studenti non possono avvicinarsi a molte opere e quindi non avranno mai voglia di provare a leggerle… secondo me è proprio il contrario. Concentrarsi sulla tecnica permette di scegliere un sacco di esempi da fare, e dà quindi la possibilità di “toccare” numerosi autori. Al contrario di come si fa adesso, che per un mese ci si concentra su UN autore (escludendo Manzoni e Dante che hanno rispettivamente un ANNO e tre ANNI tutti per loro -_-). Infatti spesso non si riesce neanche ad arrivare ad autori “moderni” come Pirandello e Svevo.
La storia della letteratura (che a me, personalmente, piace) non è una cosa utile per sapersi esprimere – non “per imparare a scrivere narrativa”, non è questo che dovrebbe essere insegnato nel liceo. Per imparare che invece di dire “animale pericoloso” è meglio dire “seprente” se si vuole incutere paura, non serve far la storia di come il pensiero “immagini concrete vs immagini astratte” si è evoluto da Omero ai giorni nostri (o ai giorni di Pirandello).

Il mio parere anche sulla parafrasi. Per prima cosa… temo che a me sia stata insegnata una parafrasi diversa da quella di cui parlate voi. Da me era il ricomporre i versi della poesia (o della strofa) in modo che fosse quasi “in prosa”. Per esempio, un classico: “Cantami o Diva del Pelide Achille l’ira funesta ecc ecc” diventava semplicemente un “Diva, cantami l’ira funesta del pelide Achille ecc ecc”, non ci soffermavamo sul fatto che quel “cantami” fosse un “dammi l’ispirazione per cantare”. Non durante la parafrasi. In ogni caso, anche io ho sempre pensato fosse inutile e una noia mortale. Prima di tutto perchè personalmente io prima capivo la poesia e poi facevo la parafrasi, ergo, a che mi serve fare la parafrasi se la poesia l’ho già capita? Secondo: in casi “estremi”, tipo se sono alle prese con Dante, in cui alcuni vocaboli hanno un significato diverso da quello odierno (la parola “quindi” nell’esempio de IlBianConiglio) ci sono le note. Ma lì, appunto, è la lingua ad essermi “di ostacolo”, non la poesia in sè, quindi o studio la lingua di Dante (cosa che non penso proprio serva al Liceo) oppure uso le note. Infatti a me al liceo bastava un po’ di “riscaldamento” per capire Dante senza problemi e senza alcun bisogno di parafrasi. Ultima nota, su Dante: forse il prof che ho avuto quando ho studiato l’Inferno di Dante era particolare, dopotutto lui ci ha presentato Leopardi proprio come uno sfigato gobbo che non aveva niente da fare (se non ricordo male le sue parole son state: “era malato e sapeva leggere benissimo latino e svariate lingue a 15 anni… pensate che palle di vita doveva avere”)… ma di Dante noi abbiamo preso in considerazione prima di tutto il senso letterale e *poi* quello allegorico. E il prof ha usato proprio quello letterale per “rompere il ghiaccio”: ci ha detto: “la divina commedia è divertentissima! E’ una specie di film d’avventura, ci sono i mostri, c’è l’eroe e c’è la gnocca” ^_^.

Scusate se il commento è un poco sconnesso, l’ho riletto, ma causa stanchezza qualcosa potrebbe essermi sfuggito.

#61 Comment By Zave On 23 marzo 2011 @ 22:51

@gamberetta:
quanto scrivi è in gran parte condivisibile, anche se il tuo sfociare nell’estremismo più sparato mi suona più come una provocazione.
provocazione perché nemmeno tu nelle tue recensioni segui quanto dici.
per quanto tu rimanga il più possibile legata al mero testo uno dei criteri che dici di valutare è un criterio esterno: l’originalità. questo significa che valuti diversamente un testo dove un’idea è usata per la prima volta rispetto ad un’altro dove è presente la stessa idea che però nel frattempo è stata utilizzata da migliaia di altri scrittori.

a livello di qualità del testo nulla importa chi è stato il primo ad usare una certa idea ma solo chi l’ha implementata meglio.

è vero che comunque nelle tue recensioni tieni i livelli separati, infatti se ti ritrovi a recensire un bel romanzo con elfi e nani dici che è un bel romanzo ma che ne hai piene le palle di elfi e nani.

chiaramente concordo con te per quanto concerne il fatto che sia una cosa sbagliata idolatrare i promessi sposi e presentarli come modello da seguire.
non cestinerei la storia della letteratura come dici di voler fare tu ma sicuramente la ridimensionerei e la utilizzerei in modo funzionale (come sembri voler affermare anche tu al di là delle provocazioni).

per opere di epoche diverse conoscere un minimo di contesto storico è importante per poter apprezzare appieno il testo.
vale per dante come per il manzoni. come anche per il dozzinale romanzo di spionaggio ambientato durante la guerra fredda.
sono testi che sono stati scritti rivolgendosi ai propri contemporanei, quindi un’infarinatura sul contesto è utile e a volte anche necessaria.
poi è palese che non si debba andare fuori misura.

hai perfettamente ragione quando dici che i licei dovrebbero ridimensionare di molto lo studio di certi classici (che andrebbero comunque insegnati) e limitare il più possibile il nozionismo per fornire invece gli strumenti per imparare a scrivere bene ed esprimere le proprie idee.

io non penso assolutamente che la verità stia nel mezzo, anzi reputo questo concetto uno dei più odiosi che esistano, però a eccedere con la provocazione rischi che molti lettori si fermino solo a quella.

#62 Comment By Alberello On 23 marzo 2011 @ 23:45

@mgcgio

So che sono stato prolisso e poco chiaro, me ne scuso (è il motivo per cui non scrivo quasi mai commenti!)

Ma va! Non farti sti problemi! Se possono sopportare me, vuol dire che CHIUNQUE può commentare! Io sto ai commenti come Nihal nella terra del vento sta al fantasy, peggio di me non puoi fare. :D
Sentiti libero di commentare quando vuoi, non farti intimorire dai bestioni come Mauro, Tapiroulant o dr jack ecc. non sono kattivi come sembrano una volta che li conosci meglio… sono peggio! LOL
E se mai ti dessero contro per dimostrare alla loro ragazza che sono virili (perché legge anche lei il blog, fregato Tapiro xD) io me ne accorgerò ed interverrò in tuo soccorso parlando di tutt’altro distraendoli dalla preda principale. Non c’è nulla che con un po’ di retorica ed un paio di pillole non si possa fare. LOL

Quindi rilassati e sentiti libero di dire ciò che ti passa per la testa, lo zio alberello veglia su di te. U_U

#63 Comment By uriele On 24 marzo 2011 @ 03:32

Non sei l’unica a pensarla così, anche fra i critici letterari italiani. Un professore universitario di Bologna ogni hanno incominciava le su sue lezioni dicendo, “C’è una differenza sostanziale fra Piero e Alessandro Manzoni: uno ha fatto il romanzo della merda, l’altro un romanzo di merda”

(non so il nome del professore, erano storie che giravano quando uscivo con degli amici di lettere e filosofia)

#64 Comment By Il Guardiano On 24 marzo 2011 @ 09:02

@Gamberetta:

Ovvio. Si vive una volta sola e io voglio andare su Marte.
Per l’età dei romanzi. Ok, dimmi tu allora qual è il limite: 1 anno è ok. 10 è ok? 20? 30? 40? 99? 100? Qual è la soglia magica che rende di colpo un romanzo ingiudicabile con i criteri attuali? E se io, come quell’autore cecoslovacco citato in un vecchio articolo, scrivo un poema di fantascienza in greco antico imitando Omero con che parametro dovrei essere giudicata? E se ti dico che il mondo è cambiato dopo Hiroshima, o dopo l’11 settembre, o dopo la diffusione di Internet significa che devo cambiare i parametri tra un romanzo uscito il 10 settembre e uno uscito il 12?
Quello che non ha senso è tirare in ballo il contesto quando non serve. E, tranne eccezioni, non serve mai.

Sfoci nell’estremismo.
Ti potrei domandare: la nostra morale è uguale a quella del 1800? e a quella del 1900? e a quella di soli 50 anni fa? Io dico di no. E tu sapresti dire esattamente in quale periodo è successo il cambiamento di morale? Qual è la soglia magica dalla quale si può dire “ecco, da qui siamo diventati così”?
E’ lo stesso discorso. E’ impossibile determinare il momento esatto ma è così, è innegabile.

Anche la Divina Commedia, se non si contestualizzasse anche a livello inconsio, sarebbe da piangere. Non mi fraintendano gli amanti di Dante.
Se presentassi la Commedia a un ipotetico italiano che, vivendo su un’isola deserta, non ne ha mai sentito parlare e gli dicessi che l’ho scritta io, penso si metterebbe le mani nei capelli.
Ok tutto il Sense of Wonder e il voler andare su Marte, ma ci sarebbero delle cose che ai nostri occhi sarebbero inspiegabili se non contestualizzati. Cosa cazzo fa Caronte in un romanzo cristiano? Cosa fa Minosse, che appartiene a tutt’altra “cultura”? E Catone, pagano e suicida, custode del purgatorio?
Mi potresti rispondere: Si, ma a me chemenefrega di tutti questi qui? Io cerco il Sense of Wonder e lì ce ne è tanto. E invece no. Tu lì trovi il Sense of Wonder e ignori o capisci il resto perché contestualizzi (anche lo stretto indispensabile) – forse inconsciamente – la Commedia e Dante. Se quell’ipotetico italiano leggesse la Commedia direbbe: “ma questo è scemo a mettere tutta sta religione in un libro, oggi? Ed è scemo che dopo che mi parla tanto di religione, poi mi mette un pagano e un mostro mitologico greco! E tutte ste altre cagate sulla politica? E chi se ne frega…io voglio Sense of Wonder!!”.

@tapiroulant:
Hai ragione quando dici che andrebbe riformata tutta la società italiana.
Ma da qualche parte si deve pur partire? Io penso che quello che abbiamo ora non si può cambiare (se non in peggio) ma possiamo sperare di rendere la vita migliore in futuro, o almeno alle prossime generazioni. E per fare questo bisogna puntare subito sull’istruzione perché è da lì che si formano le persone che tra 15-25 anni saranno il nuovo tessuto sociale ed è lì che si formano le idee base.
Quando io mi guardo attorno stringo i denti tanto da farmi venire il mal di testa.
Vedo politici che salutano tutti e stringono le mani (magari è la prima volta che li vedi e non sai manco chi sono) sentendosi padri eterni.
Altri politici ignoranti o arroganti che pretendono (e fanno) quel che gli pare perché possono farlo. E nessuno può fermarli. Chi si metterebbe contro di loro?
Colleghi che sono disponibilissimi a fare salamelecchi al primo che passa e altri che usano col pubblico la stessa arroganza di cui sono state vittime poco prima.
Ragazzi di 20-25 anni che mi hanno detto, vedendomi leggere un libro del magistrato Scarpinato (ma non perché sapessero chi è Scarpinato, perché me lo hanno prima chiesto), “eh, si…Ma lo sai come si stava bene prima di Mani Pulite? Si poteva fare di tutto, i miei si sono fatti le case con giardino. Mo, invece, non si può fare niente”; e tu lo fissi a bocca aperta pensado che lui farà strada perché non verrà fermato da nessuno scrupolo morale.
Persone che ricoprono incarichi “alti” che non si sforzano nemmeno di far finta di capire il motivo per il quale si trovano lì; e per chiedergli il permesso, IL PERMESSO!, di mettere un foglio con una spiegazione sul muro (pure per questo, vogliono che chiedi il permesso…così hanno modo di marcare la loro autorità) si arrabbiano con te. Ti minacciano, dicendoti che ti potrei far perdere il posto. Mi basta fare una telefonata. Poi ti dicono che possono renderti la vita complicata. Poi rimangiano tutto. Poi fanno quello che gli hai chisto (effettivamente se ne traeva giovamento). E poi ti rendono effettivamente la vita un pelino più complicata, giusto per far vedere che avevano ragione loro anche se non ce l’avevano.
E durante tutto questo, devi stare attento a non essere minacciato dal primo che passa (che non è poi il primo che passa; e ha un chilometro di precedenti).
A volte vorrei non aver mai iniziato a lavorare o aver fatto l’università per andare all’estero. Almeno ora mi potrei ancora illudere che tutte queste storie sono solo storie inventate da qualche invidioso buono a nulla (non che io non lo sia) e senza un minimo di fondamento.

E da dove si parte, in tutto questo? Non ancora visto un solo settore immune se non dalla corruzione vera e propria, almeno dalla corruzione morale. Cosa bisogna riformare prima?

#65 Comment By Tapiroulant On 24 marzo 2011 @ 10:03

@Guardiano: Io lo so da dove comincerei, ma non si può dire :)
Ma che lavoro fai? Quello che mi dici è terribile (ma non strano).
E comunque attualmente la corruzione sarebbe anche maggiore e più pervasiva che ai tempi di Mani Pulite.

@Bianconiglio: Perdona la mia fiscalità, ma ogni tanto mi viene da dubitare che tu abbia capito così bene il contesto dantesco, considerando passaggi come questo:

tutti parlavano in latino e le uniche cose in volgare erano alcune poesie; i versi e le strofe erano all’ordine del giorno

Di che stai parlando? Innanzitutto, il latino era conosciuto solamente da una ristretta élite: i chierici di medio e alto livello, i professionisti (notai, magistrati, accademici), e i più benestanti tra gli abitanti della città. Non lo parlavano (parlavano in volgare), se non come lingua internazionale quando viaggiavano all’estero, semplicemente lo sapevano scrivere.
Le cronache cittadine, le cronache di viaggio, le vite dei santi, i libri di ricette, le raccolte di novelle, le memorie personali di nobili e mercanti, erano tutte scritte in volgare. Il latino era riservato per gli atti notarili, i documenti ufficiali, la trattatistica, le opere dotte.
Inoltre il secolo dei riferimenti storici di Dante non è il Trecento ma semmai il Duecento, dato che la Commedia è scritta nei primi anni del Trecento.

Alla fine dell’Inferno il mio pensiero è:
‘Bene. Ho appena letto del viaggio immaginario di un uomo che nel mezzo del cammin di sua vita(?) si è ritrovato all’Inferno, lo ha attraversato, ha incontrato alcuni dannati e poi è uscito a rivedere le stelle.’
Di un autore come questo che cosa potrò apprezzare? Al massimo la fantasia, o l’essere riuscito a scrivere in versi perfetti tutti quei canti, aver dato descrizioni particolareggiate, a volte volgari ma efficaci dei personaggi.

Beh? Ti sembra poco?
Ti racconto un aneddoto. Un mio amico a undici anni si era letto tutto l’Inferno di Dante. Gli era capitato di leggere un fumetto di Topolino ispirato all’inferno, si era preso bene, e gli era venuta voglia di leggere Dante.
Cosa ne poteva sapere lui, a undici anni, della Firenze del Duecento, delle lotte tra Papato e Impero, della teologia cristiana, della vita privata di Dante? Esatto: un beato cazzo. E allora? Si è divertito lo stesso. Anzi: dopo aver letto l’Inferno, gli è venuto spontaneo porsi delle domande: chi era Farinata degli Uberti? E il conte Ugolino? E cos’era successo a Firenze di tanto terribile?
Capito, no, come funziona? Prima si è letto l’opera, e dopo (o durante la lettura), la bellezza del testo gli ha suscitato una naturale curiosità verso l’extra-testo. Perché gli era venuta voglia a lui, e dopo; non come premessa inderogabile per cogliere appieno la bellezza di Dante.
Questo dovrebbe essere il rapporto tra testo ed extra-testo.
Che tu conosca o meno l’extra-testo, non c’è una fruizione superiore o inferiore del testo: ci sarà una fruizione diversa. Ma se io, invece, dopo aver letto l’Inferno sono soddisfatto così, senza che mi interessi il contesto storico, pace: mi sono goduto il libro lo stesso.

#66 Comment By Mauro On 24 marzo 2011 @ 10:19

Gamberetta:

il Manzoni fa schifo è un inciso. Il punto è che posso pure ammettere che il Manzoni fosse un genio e date le condizioni storiche e sociali in cui ha scritto non avrebbe potuto fare di più, ugualmente non lo insegno a scuola

Non discuto questo, però a leggere l’articolo e i tuoi commenti l’impressione – fortissima – era ed è che tu dicessi che si deve guardare al testo e solo al testo, almeno per valutarlo; cosa di cui non sono assolutamente convinto, per i motivi detti (e sotto aggiungo un altro esempio).
Se poi è solo un’impressione, nessun problema; staremmo pure dicendo cose molto simili.

Tapiroulant:

a) io stia facendo una recensione o dando un consiglio, oppure: b) io stia scrivendo una critica, dovrò o meno fare un discorso sul contesto (nel caso a) no, nel caso b) sì)

In realtà bisogna contestualizzare anche nel primo caso; in modo diverso, ma bisogna farlo. Per portare un esempio: se non contestualizzo nell’epoca, come posso valutare la lingua usata? Quando Marozzo scriveva, “inãci” (per “inanci”, oggi “[in] avanti”) era normale, oggi sarebbe sbagliato (o comunque molto, molto antiquato). Se non so in che epoca ha scritto l’autore, come posso valutarlo?
Ovviamente il caso di un autore che scriva oggi volendo consciamente imitare lo stile di allora è ancora diverso.

Alberello:

Sentiti libero di commentare quando vuoi, non farti intimorire dai bestioni come Mauro, Tapiroulant o dr jack ecc. non sono kattivi come sembrano una volta che li conosci meglio… sono peggio

Non è colpa mia: io volevo andare a scuola d’arte, ma mi hanno rifiutato!

#67 Comment By Pu*pazzo On 24 marzo 2011 @ 10:36

il guardiano@ hai spiegato molto bene cosa intendo!

gamberetta@ insomma …qui non si tratta di nozionismo alla “chi vuol esser milionario” nessun sano di mente crede che sia fondamentale conoscere la data di nascita di Manzoni (tantomeno nessun professore, suvvia) ma è fondamentale sapere in quale epoca storica visse!

faccio un esempio cosi stupido che temo di insultare la vostra intelligenza :)
se io domani scrivessi in un mio libro “quivi lo messere cadde” sarei giustamente definito un idiota!
se lo avessi scritto 300 anni fa mi considereresti un idiota? non credo, perche ALL’EPOCA questo linguaggio era normale!!

ecco che si dimostra facilmente la mia teoria! se si vuole comprendere appieno un opera è necessario conoscere in che contesto storico e sociale è stata scritta. Dirò un altra banalità: più l’opera è antica, più è necessario compiere questo sforzo! l’esempio del guardiano su Dante è perfetto!
Pensate poi, non so, a Flaubert … alla sua madame Bovary … se quella storia fosse pubblicata oggi sarebbe ridicola! poco piu di un romanzetto di liala! WOW una donna ricca e annoiata che tradisce il marito con uno stalliere! pfui! e che c’è di nuovo/interessante? nulla OGGI, ma nel 1850 fu un caso nazionale, messo all’indice per oltraggio alla morale etc etc
è un romanzo che HA FATTO STORIA, HA CAMBIATO (assieme a tanti altri del periodo) IL SENSO DELLA MORALE COMUNE PERSINO!

In ogni caso questo principio dovrebbe essere valido anche per i contemporanei o semi tali. Prendiamo ad esempio philip k dick … autore quasi contemporaneo, che ha sfornato capolavori della fantascienza come tutti sanno. Essendo vissuto nella NOSTRA epoca, non dobbiamo fare particolari sforzi per comprendere la sua morale, i suoi punti di vista etc . I suoi libri sono belli. Ma se conosci la sua storia personale, le sue psicosi violente, i suoi libri assumono sicuramente un significato diverso. Insomma sono migliori!
noi umani nasciamo come tabula rasa, almeno fino a prova contraria. Tutto ciò che viviamo, la nostra famiglia, la nostra educazione, le nostre origini, la società, il periodo storico etc etc FANNO quello che siamo. E’ facile capire che se tu fossi nata nel 1800 non avresti scritto come scrivi ora. Se mai avessi scritto (dato che sei una donna e allora erano rare le scrittrici) avresti probabilmente scritto al massimo cose alla mary shelley …che se lette oggi sembrano favolette per bimbini e che allora erano considerate scandalose al pari, non so, di isabella santacroce ora XD

vabbe poi volevo concetrarmi sulla questione storia della letteratura : non sta scritto DA NESSUNA PARTE che al liceo si debba imparare a scrivere romanzi XD lol!!! ma perche? tutti quelli che escono da scuola devono essere in grado di scrivere un romanzo? anche no!! Gli insegnanti del liceo insegnano a scrivere in senso lato, ovvero a scrivere senza errori ortografici, seguendo la concordanza dei tempi, a esprimersi in modo corretto. PUNTO. Uscito dal liceo devi essere in grado di scrivere una risposta ad un blog facendoti capire e senza violentare la lingua,essenzialmente, non il romanzo rivelazione del 2011 XD

All’universita invece potrebbero fare corsi del genere, sarebbe davvero auspicabile! ma l’universita è fonte (in teoria) di un sapere specialistico, perciò va benissimo un corso di scrittura narrativa! non al liceo nel quale l’insegnamento prevede un infarinatura di tutto!

ultimissima cosa:
anche io credo che si perda troppo tempo su manzoni, a scuola. Ma a questo mi è stata data, una risposta dal mio prof al liceo. I promessi sposi viene è un romanzo scritto con una lingua quasi de tutto presa dal toscano, pulita da ogni latinismo e dialettismo, cosa che all’epoca era normalissima nella letteratura italiana. Tutti ricorderete la famosa frase “ho sciacquato i panni in Arno” no? insomma all’epoca un lombardo non avrebbe mai potuto capire un libro scritto da un genovese … manzoni cercò di eliminare queste differenze, anche perche era appassionatissimo fautore dell’unità di italia. Direi che ci riuscì, perche appunto i promessi sposi viene visto come importantissimo dai linguisti.

poi per carita… io invece di passarci un anno sopra preferirei che si facesse piu velocemente e che fosse dato spazio anche ad altri autori, sia piu contemporanei che anche ottocenteschi (ad esempio scommetto che pochi di voi hanno studiato la scapigliatura italiana …)

#68 Comment By Tapiroulant On 24 marzo 2011 @ 10:36

@Mauro: Innanzitutto dovresti domandarti a cosa serva una recensione. Una recensione è un consiglio per gli acquisti; è la risposta alla domanda: “Vale la pena che io spenda il mio tempo (ed eventualmente i miei soldi) con questo libro?”.
Ora, il problema di Marozzo non è che scrive “inaci” per “in avanti”; il problema di Marozzo è che era un maestro di scherma del Cinquecento! Siamo in un ambito ultra-specialistico, di stranicchia, dalle parti dei libri sulle baionette citati dal Duca.
A parte il fatto che mi domando quale possa essere l’utilità di scrivere mai una recensione su un trattato di scherma cinquecentesco; posto che io la scriva, questa recensione dovrà innanzitutto puntualizzare che si tratta di un trattato di scherma del Cinquecento, con tutti i conseguenti problemi di lingua. In sede di recensione non è importante giustificare o spiegare perché l’autore abbia usato quel determinato linguaggio: basti dire che l’ha usato, e che per un lettore contemporaneo saranno cazzi amari se vuole decifrare la scrittura del Marozzo.

#69 Comment By Pu*pazzo On 24 marzo 2011 @ 10:45

ah volevo aggiungere che mi chiedo quali scuole abbiate frequentato …io la parafrasi delle poesie l’ho smessa di fare il 5 elementare XD

in 5 anni di liceo classico mai fatta una parafrasi LOL dove siamo al cottolengo? non ci credo che davvero i vostri prof ve la chiedano dai XD XD

#70 Comment By Gamberetta On 24 marzo 2011 @ 12:14

@tutti. Ribadisco per l’ultima volta che non sto facendo un discorso morale ma pratico. A cosa serve valutare (ovvero analizzare) un testo?
Di solito a due cose:
* Stabilire se valga la pena che il mio prossimo lo legga anche lui (una recensione).
* Capire quali parti funzionano (per imitarle, dedurne regole generali) e quali parti no (per evitare errori analoghi).
Se prendo un testo scritto in maniera incomprensibile la valutazione sarà negativa (un’altra persona non può leggerlo, essendo il testo incomprensibile; non c’è molto da imparare, se non appunto evitare di scrivere in maniera incomprensibile). Questo vuol dire che l’autore era un cretino? No. Può essere benissimo che fosse un genio, perché i suoi contemporanei erano ancora più incomprensibili di lui. E allora? Non c’è il reato di “torto agli scrittori morti”.
Ma se conoscessi il contesto storico capiresti!
E allora?
Lo scopo è insegnare a esprimersi. E una delle regole è che l’interlocutore può non conoscere il tuo contesto. Non conosce i tuoi problemi familiari e non sa che da piccolo hai preso una botta in testa. Non lo sa e non lo vuole sapere, lo stesso devi imparare a comunicare efficacemente con lui.

@Pu*pazzo.

I suoi libri sono belli. Ma se conosci la sua storia personale, le sue psicosi violente, i suoi libri assumono sicuramente un significato diverso. Insomma sono migliori!

E se poi conosci Dick così bene come lo conosce la sua mamma, i suoi romanzi sono i più migliorissimi dell’Universo!
Per carità, è un modo di ragionare legittimo, ma poi non stupitevi se viene pubblicata la Strazzu o se l’editoria è piena di raccomandati.

#71 Comment By Siobhán On 24 marzo 2011 @ 12:23

@ Pu*pazzo
Non è che Gamberetta proponga un programma che insegni agli studenti a scrivere romanzi. Lei propone un programma che insegni agli studenti a scrivere. Scrivere temi, scrivere articoli, scrivere saggi. Adesso si pretende che gli studenti sappiano farlo, ma senza che gli sia insegnato. Risultato: la maggior parte dei temi fa schifo. Dire “è scritto come un tema” non è certo un complimento. Scrivere non è una cosa ovvia, scrivere è difficile. La tecnica ti permette di passare da temi leggibili a temi efficaci e piacevoli da leggere. E scusa se è poco.

Non solo, padroneggiare gli strumenti della retorica permette di poter esprimere la propria opinione nella maniera davvero efficace, di costruire un dibattito. Di riconoscere i discorsi validi e argomentati da quelli che si basano sul niente. Secondo me è più importante capire se un politico spara cazzate che aver letto la Divina Commedia.

@Tapiroulant
Oh, quanta cultura, come sei virile! <3

#72 Comment By Il Guardiano On 24 marzo 2011 @ 12:59

Lo scopo è insegnare a esprimersi. E una delle regole è che l’interlocutore può non conoscere il tuo contesto. Non conosce i tuoi problemi familiari e non sa che da piccolo hai preso una botta in testa. Non lo sa e non lo vuole sapere, lo stesso devi imparare a comunicare efficacemente con lui.

No. Lo scopo è anche imparare a scrivere. Ma imparare il contesto è importante.
Gamberetta, tu parli di non fare entrare nello specifico al liceo. Insegnare tecniche per scrivere un buon romanzo, non è specifico? Ma io direi: chi se ne frega del buon romanzo contemporaneo. Al massimo questa potrebbe essere qualcosa che viene affiancata alla storia della letteratura. Dovrebbero essere due cose complementari.
Come in altre cose, sei troppo estremista. E l’estremismo porta a pensare di avere ragione…e basta.

Ribadisco per l’ultima volta che non sto facendo un discorso morale ma pratico. A cosa serve valutare (ovvero analizzare) un testo?
Di solito a due cose:
* Stabilire se valga la pena che il mio prossimo lo legga anche lui (una recensione).
* Capire quali parti funzionano (per imitarle, dedurne regole generali) e quali parti no (per evitare errori analoghi).

Questo che dici tu può esser valito in questo blog. Può essere una cosa buona tra noi. Tra te che mi spieghi cosa evitare, e io che VOGLIO capire cosa evitare per scrivere un romanzo. Ma questo è specialistico.
A scuola puoi insegnare solo questo? No, sarebbe tremendamente incompleto. Sarebbe una scuola peggiore di ora.

#73 Comment By Tapiroulant On 24 marzo 2011 @ 13:45

Io sono completamente d’accordo con quello che dice Gamberetta.
Lo studio del contesto può avere un valore pratico, ma soltanto in ambito specialistico (per esempio se sto studiando l’evoluzione della lingua italiana o la mentalità di un’epoca; se voglio scrivere un romanzo di ambientazione bassomedievale urbana, studiare la poetica stilnovista e Dante potrebbe essermi utile per ricreare la giusta atmosfera), e di certo non dovrebbe essere imposto per legge nella scuola, come se si trattasse di una cosa utile per tutti.
A tutti quelli che cercano sempre il compromesso, faccio presente una cosa. Come nelle librerie lo spazio è limitato, e la presenza di alcuni libri è per sé stessa impedimento alla presenza degli alti, così le ore scolastiche sono limitate, e ogni insegnamento impedisce un altro insegnamento. Proprio perché non c’è spazio per tutti, bisogna capire quali sono gli insegnamenti più utili e insegnare quelli. E la storia della letteratura, alas, non è tra quelli più utili.

@Guardiano: A te faccio inoltre presente che, se non fosse bastato tutto ciò che ha detto Gamberetta, Siobhàn stessa ha già risposto a quello che dici: ossia che l’insegnamento a scrivere non è un insegnamento specialistico, perché non è specificamente rivolto ai romanzi ma allo scrivere tout-court; alla comprensione delle regole della retorica, della logica, delle tecniche dell’argomentazione. E queste conoscente non sono “specializzazione”, sono una delle basi di tutte le altre conoscenze.

Le parole di Siobhàn tra l’altro mi hanno fatto venire in mente una cosa. Sarebbe utile portare a scuola, a lezione, delle registrazioni di discorsi dei politici (in campagna elettorale, o ad un talk-show, o in un’intervista) per sezionarli, vedere cosa c’è sotto di concreto, quali tecniche retoriche adottano, come trattano il loro pubblico. Renderebbe le persone più auto-consapevoli e meno supine ai comizi.

@Siobhàn: Grazie, grazie, troppo gentile.

#74 Comment By Rickyricoh On 24 marzo 2011 @ 15:11

@Tapiroulant

A tutti quelli che cercano sempre il compromesso, faccio presente una cosa. Come nelle librerie lo spazio è limitato, e la presenza di alcuni libri è per sé stessa impedimento alla presenza degli alti, così le ore scolastiche sono limitate, e ogni insegnamento impedisce un altro insegnamento. Proprio perché non c’è spazio per tutti, bisogna capire quali sono gli insegnamenti più utili e insegnare quelli. E la storia della letteratura, alas, non è tra quelli più utili.

Ora non c’è spazio perchè la storia della letteratura occupa TUTTO il programma disponibile. Basta limitarlo, non eliminarlo.
La storia della letteratura in sè non è meno utile di altre materie, basta trattarla nel modo giusto. E’ inutile perdere ore di lezione per inculcare date di vita, morte e pubblicazione di ogni opera; ma avere un quadro generale per sapere come e dove inserire un’opera nel suo contesto non è affatto inutile.
Poi un testo si può leggere anche senza sovrastrutture, e sono d’accordo che i capolavori immortali lo sono anche se letti in tale maniera, ma sfido chiunque a dire che una lettura di un testo non venga limitata nella comprensione se non si conosce un minimo del suo contesto. Anche chi crede il contrario non può dirsi privo di capacità di contestualizzazione, perchè fa leva sulla propria cultura personale che non è scevra da nozioni in tal senso.
La cosa diventa palese leggendo un testo moderno: uno crede di leggere il testo e basta, ma inconsciamente lo contestualizza in base all’insieme delle nozioni dell’epoca che sta vivendo e alle relazioni con le precedenti letture.
Già il solo dire che la Troisi scrive male è dovuto anche al perchè si conosce una realtà di fatto in cui la regola ottimale seguita da altri autori è diversa. E’ così che Gamberetta riesce a svolgere eccellenti recensioni, facendo sempre riferimenti alle regole del buon scrivere che ha conosciuto leggendo romanzi e manuali di ogni tipo. Io invece magari potrei genericamente dire “non mi piace” ma senza esplicitare i motivi precisi, perchè non possiedo la cultura di gamberetta dell’argomento. Anche questo è contestualizzare.

#75 Comment By Hendioke On 24 marzo 2011 @ 15:18

Resto dell’idea che insegnare a scuola a leggere e scrivere con consapevolezza del mezzo senza però dargli una infarinatura delle opere che hanno formato la cultura e i riferimenti di contenuto della società in cui il ragazzo si troverà a vivere e muoversi (nel nostro caso l’occidentale, e direi che dall’Iliade all’Amleto almeno e quanto ci sta in mezzo che sia riferimento per tutti dovremmo essere tutti d’accordo) significherebbe creare lettori/scrittori che non si farebbero infinocchiare dall’artifizio retorico, o compierebbero errori grossolani di scrittura (e ciò sarebbe buono), ma si farebbero infinocchiare dall’idea banale, o produrrebbero solo scritti banali (e questo sarebbe male).

Inoltre insisto, ma con questo esco dal discorso sull’educazione dell’obbligo, che lo Scrittore deve conoscere l’evoluzione della tecnica narrativa e i perché e i percome che vi stanno dietro altrimenti rischia di diventare un ottimo scribbacchino ma nient’altro. Capace di scrivere secondo la tecnica all’ultimo grido ma incapace di, o molto impedito nel, evolvere la tecnica.

Il mondo ideale tratteggiato da Gamberetta mi fa spesso pensare al racconto “Lo Scrittore Automatico”, se l’unica cosa che davvero conta è padroneggiare la tecnica (e ovviamente l’informazione quando si parla di argomenti specifici) allora perché non creare un computer che la padroneggi e abbia al contempo un database enciclopedico? A quel punto lo scrittore dovrebbe solo avere un’idea per la storia, mettersi di fronte al pc, dargli gli input relativi allo svolgimento della trama e questo farebbe il resto. Tutti potrebbero scrivere e non esisterebbero più libri brutti ^^

#76 Comment By Gamberetta On 24 marzo 2011 @ 15:49

Siccome adoro quando mi danno dell’estremista, dirò una cosa che farà felice l’egregio Duca: nelle ore risparmiate buttando a mare la storia della letteratura, si potrebbe imparare l’oplologia e l’uso pratico delle armi.
Come ci insegnano i popoli più civilizzati del nostro:

Nell’immagine qui sopra, scattata nel 1934 presso la base di Tokyo del terzo reggimento di fanteria, liceali giapponesi imparano a sparare con il fucile.

Non si vuole forse comprendere il contesto storico? La guerra è sempre stata elemento fondamentale del contesto storico. Inoltre l’uso delle armi rende felici e migliora la salute:

Se bene il gran piacere, che io traevo da questo mio scoppietto, mostrava di sviarmi dalla arte e dagli studii mia, ancora che questo fussi la verità, in uno altro modo mi rendeva molto piú di quel che tolto mi aveva: il perché si era, che tutte le volte che io andavo a questa mia caccia, miglioravo la vita mia grandemente, perché l’aria mi conferiva forte. Essendo io per natura malinconico, come io mi trovavo a questi piaceri, subito mi si rallegrava il cuore, e venivami meglio operato e con piú virtú assai, che quando io continuo stavo a’ miei studii ed esercizii; di modo che lo scoppietto alla fin del giuoco mi stava piú a guadagno che a perdita.

Da La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze. E si tenga presente che con il suo “scoppietto” Cellini non andava solo a caccia di colombi: Benvenuto Cellini è considerato uno dei primi cecchini della storia; il 6 maggio 1527, nel corso del sacco di Roma, sparando dalle mura di Castel Sant’Angelo, ammazzò Carlo III di Borbone.

#77 Comment By Hendioke On 24 marzo 2011 @ 16:07

Provocazione simpatica ma potevi sforzarti di più :)
Sai bene anche tu che sarebbe una cosa inutile, inoltre se proprio volessimo prendere sul serio questa becera proposta solo la reintroduzione della leva o una liberalizzazione dell’uso delle armi da fuoco potrebbe dargli un senso: da un punto di vista meramente educativo e di crescita interiore degli allievi risultere più utile un corso d’arma bianca così da avere anche una competizione diretta facilmente ottenibile ^^

#78 Comment By Giulia On 24 marzo 2011 @ 17:00

Per carità, è un modo di ragionare legittimo, ma poi non stupitevi se viene pubblicata la Strazzu o se l’editoria è piena di raccomandati.

Non ho capito se ti riferisci solo al tener conto del contesto storico e alla vita dell’autore o anche all’analisi dei simboli.
Sono d’accordo anch’io che giudicare un libro partendo dal contesto storico/personale è sicuramente fuorviante, ma affermare cose del tipo “beh, questo romanzo è scritto in maniera oscena, ma è pieno di significati simbolici, quindi non conta!” è semplicemente prendere per il sedere il prossimo consapevolmente, non è una corrente di pensiero.
Analizzare un testo anche a livello simbolico non significa che non siano più giudicabili gli altri ambiti, tutt’altro, semmai hai un elemento in più da tenere in conto, se a uno frega qualcosa dell’interpretazione dei simboli, sennò lo si ignora e basta.
Niente toglie che se un testo è efficace lo è indipendentemente dal contesto e dai riferimenti.
Orwell o Golding, per dire, si possono leggere e apprezzare tranquillamente anche senza analisi dei simboli, ma se c’è chi dopo averli analizzati li apprezza di più (a me è successo con Lord of the Flies), tanto meglio.
Viceversa, se un testo è illeggibile nessuno andrà ad analizzarne i simboli, se non appunto perché costretto dalla scuola.

Per il resto sono d’accordo, sarebbe meglio ridurre la storia della letteratura a favore dello studio dell’uso efficace della lingua italiana orale e scritta, se non altro per non ritrovarsi gente che in quinta liceo ha problemi seri ad articolare un discorso logico, e crolla come gli si rivolge una domanda.

P.S.
Per quanto riguarda l’avvicinare i ragazzi alla lettura, io vengo da un linguistico e noi abbiamo letto anche Orwell e Poe, per citarne due; per due anni abbiamo avuto un professore che si soffermava sugli autori che giudicava più divertenti e appassionanti da farci leggere, pur rimandendo nel programma (l’Inferno di Dante, l’Ariosto, alcune novelle del Decamerone ecc.), e non c’era la volontà di farci subire il peggio bovinamente.
Può darsi che io sia stata fortunata, e poteva essere ancora meglio, ma non è molto corretto generalizzare con il Manzoni, che a livello di interesse narrativo è forse il peggiore che può capitare.

#79 Comment By Il Duca Carraronan On 24 marzo 2011 @ 18:05

La proposta di Gamberetta è provocatoria, ma non è vuota provocazione: coglie il senso stesso di cosa rende il buon insegnamento tale.

Il buon insegnamento deve essere utile, piacevole e non fine a sé stesso. Lo scopo non è dare nozioni che nel giro di poche settimane verranno dimenticate (cosa che succede anche nella massa dei corsi universitari, autentiche farloccate di inutilità anche al tempo del Vecchio Ordinamento), ma fornire STRUMENTI per migliorare la vita del Cittadino in quanto Cittadino.

I greci e i romani non consideravano vitale l’insegnamento della retorica perché erano dei dementi sottosviluppati, ma perché solo la retorica permette di disporre dei mezzi critici di base per partecipare alla vita decisionale del proprio paese… è proprio delle dittature voler privare i cittadini della conoscenza della retorica, in modo da tramutarli in pecore in mano alla propaganda e alla ideologia delle emittenti di stato spartite tra i partiti politici, secondo il vecchio sistema italiano che portò oltre 30 anni fa alla Censura di tutte le affermazioni scandalose di Capitan Harlock (quelle che mettevano in cattiva luce il sindacato o che davano del fesso al primo ministro).

Insegnare i fondamenti della dialettica eristica, che con poco sforzo una volta imparata permette di notarne l’abuso quotidiano in telegiornali e nelle affermazioni dei politici, e affrontare in generale la retorica applicata alla narrativa è fattibile senza problemi nell’ambito dell’orario disponibile.

Il principio del Mostrare è alla base della storiografia anglosassone da tempo ed è il motivo per cui i loro testi sembrano “avvincenti come romanzi” anche se parlano di cose noiose e stupide come, non so, la Grande Guerra e il modo in cui è scoppiata (Martin Gilbert ha scritto un testo molto bello a riguardo). A proposito di nozionismo: le nozioni fornite nei tipici libri di storia scolastici e/o documentari a tema su come è scoppiata sono FALSE. Non è nozionismo, è propaganda diffamatoria e antistorica, costruita sul disprezzo delle fonti d’epoca e dei reali avvenimenti. Idem la questione meridionale nel Risorgimento. Ha senso mentire sugli avvenimenti storici, ovvero mentire sapendo di mentire e confidando che pochi studenti poi affronteranno davvero l’argomento su testi specialistici che smonteranno le cazzate dando un quadro meno farlocco della vicenda?

Mostrare nella storia è facile. Basta conoscere l’argomento un minimo e averlo studiato su buoni libri, in grado di fornire spunti interessanti per rendere vivida e quindi interessante e di conseguenza memorabile la vicenda storica narrata. Bastano pochi dettagli vividi per rendere interessante tutto e magari gli studenti un giorno decideranno di approfondire altri argomenti correlati.
Lo scopo non è fare in modo che gli studenti sappaino quattro cazzate, le ripetano e poi le dimentichino. Lo scopo dovrebbe essere tramutare i giovani in curiosi divoratori di resoconti storici, anche solo su un singolo periodo che li ha colpiti. Stimolare la curiosità ed educare alla ricerca abituale, resa facilissima con internet (ma che richiede un certo addestramento per individuare -anche tramite i mezzi della retorica- le fonti affidabili), ottiene benefici per tutta la vita del cittadino che sarà portato a controllare le informazioni prima di scrivere o sparare cazzate (si veda la cialtronaggine di FM denunciata pochi mesi fa), di conseguenza sarà più difficile estorcere il suo voto con i classici mezzi della demagogia e dell’emozione del momento (se uno è educato a controllare SEMPRE ogni affermazione NON può per definizione cadere vittima di questi trucchi), di conseguenza vi sarà un miglioramento dell’intera burocrazia e della classe politica.
Le cose fanno schifo in Italia perché sono montate da schifo e gestite da schifo da una massa di pecore con un educazione sommaria e nozionistica. I pochi che tentano con buona volontà di cambiare le cose si trovano contro un muro di gomma di indolenza e idiozia collettiva.
Solo cambiando dalla base, dai giovani, si può ottenere quel cambiamento generazionale necessario. I giovani sono il futuro, come sosteneva Mussolini e come aveva capito alla perfezione il Partito Comunista Italiano (che dal suo punto di vista fece un ottimo lavoro all’epoca nelle scuole).

Abbiamo oltre un secolo di storiografia fatta con i controcazzi che insegna come fare. Chi non è IGNORANTE nel suo ambito deve saperlo fare, punto. Se uno è abilitato come insegnante di storia deve saperlo fare, altrimenti non dovrebbe essere abilitato.

L’insegnamento corretto della storia porta automaticamente a poter risvegliare l’interesse dei giovani verso tutti i campi che si possono toccare di sfuggita con episodi curiosi e spiegazioni atte a catturare l’attenzione. Storia della scienza, storia delle tecnologie (chiunque con un inciso di 15 minuti e due immagini può spiegare come funziona un motore a vapore, e in pochi minuti può ricollegarsi al fatto che il principio dell’acqua che bolle è rimasto anche nelle centrali nucleari), storia militare, oplologia, balistica e pirostatica (che perfino io saprei integrare nei corsi di fisica senza sforzo… di balistica già qualcosina si accenna, comunque, ma senza rendere più emozionanti le cose con spiegazioni ulteriori più spendibili).
Un’infarinatura di balistica terminale rende molto più concreto il senso di cosa sia una ferita d’arma da fuoco. In un’ora di lezione si può affrontare tutto il necessario, con abbondanza di illustrazioni e l’approccio considerato più valido a livello internazionale: quello di Martin Fackler. E si sta anche facendo educazione concreta: gli americani sparano addosso a gente varia per mezzo medio oriente con i loro 5,56,x45: sapere che genere di ferite disumane e disgustose causano quei proiettili quando, come previsto, si frammentano nella ferita vale più di 100 coglionate a base di triti di “L’Italia rifiuta la guerra” e bandiere arcobaleno (e si può tirare in ballo l’argomento di come i trattati sugli aspetti umanitari della guerra vietino sempre e solo cose ormai considerate come “trascurabili” dai militari stessi).

Il fatto che finito il liceo ancora molti pensino che nel ’700 – primo ’800 si schierassero in linea e si sparassero felicemente in bocca a bassa distanza, stile film farlocco di hollywood, senza aver capito che quella è proprio la condizioni idiota da EVITARE attorno a cui si costruisce TUTTA la battaglia vera e propria fatta di manovre, avvolgimenti, cambi di formazione e l’uso misto delle TRE ARMI fondamentali (cavalleria, artiglieria e fanteria: ognuna ha lo scopo di stimolare una reazione in una seconda in modo che la TERZA agisca).
Ci vogliono 20 minuti per fornire una spiegazione molto più che sufficiente per capire la guerra nel ’600 e nel ’700. E si può fare in modo divertente. E l’ho già fatto più volte, con gente di età diverse.

Se i giovani cominciassero a pensare che la storia non è “lo studio delle cialtronate irrilevanti di mongoloidi che si ammazzavano senza alcuna furbizia”, ma è invece “le emozionanti vicende di figoni fuori di testa come Warneford che distrusse un convento tirandogli addosso un Dirigibile” FORSE gli si accenderebbe maggiormente la voglia di studiare in modo autonomo. E di leggere.
Grazie al CC, ai media di Wikipedia e all’uso non commerciale per le scuole, c’è una valanga di materiale sfruttabile per mostrare agli studenti divise, quadri di vita quotidiana (perfetti per la rivoluzione industriale), ecc… che accendano la fantasia e permettano a chi non sa nulla di immaginare qualcosa di sensato.

Ancora meglio sarebbe iniziare a fare Educazione Fisica come già sarebbe previsto che si faccesse. Che non è giocare, ma è studiare il corpo e l’alimentazione e poi anche fare attività fisica. I professori essendo istruiti nell’ambito delle scienze motorie hanno già tutto il bagaglio culturale su alimentazione ecc… per fornire CONCRETI mezzi ai giovani per capire come funziona il loro corpo, come devono pensare al cibo, cosa è il cibo, come funziona la crescita muscolare (in soldoni) ecc…
Si parla di anoressia, problemi delle giovani verso il loro corpo, cattivi esempi dai media e bla bla bla tutte cose che si annullerebbero in gran parte con l’adeguata conoscenza di come la dieta deve ruotare attorno al fabbisogno proteico (e non alla “calorie”, concetto usato ancora solo dalle peggiori teste di cazzo).
Questo deve essere al centro. Dotare i giovani degli strumenti per essere buoni cittadini imparando a valutare criticamente ciò che mangiano e perchè lo mangiano. E sarebbe la rovina di pilloline magiche e riviste con fantasiose diete femminili.

Tra gli sport da introdurre ritengo che il più adatto per la formazione del Cittadino sia la scherma di baionetta (Juken do). La scherma d baionetta è fondamentale perché, come compreso dall’esercito giapponese all’epoca e tuttora insegnato nell’esercito britannico, il vero problema dei soldati è la paura del corpo a corpo: tutti possono sparare sopra i dieci metri, ma quando nel tipico scontro urbano ti trovi a sparare e lottare a un metro o meno contro i nemici, tutti si cagano addosso. Dare strumenti per essere sicuri di cavarsela in corpo a corpo NON serve per la baionetta in sé, che se tutto va bene non servirà mai ad altro che come coltello multiuso, ma per evitare che il soldato si congeli di fronte alla minaccia e non riesca reagire. Quando un civile ride vedendo quante risorse ancora i britannici mettono nell’insegnare lo scontro corpo a corpo (con il goffo SA-80 poi…), ecco potete essere certi di stare vedendo un idiota ignorante: solo un idiota (perché non capisce) ignorante (perché non sa) può ridere di qualcosa che è alla base della comprensione del nuovo modello di conflitto urbano che richiede un ritorno di primo piano al ruolo del SINGOLO fante.

Insegnare a non temere, tramite l’abitudine del gioco (come già mostra il mondo animale), lo contro corpo a corpo permette di formare cittadini migliori per quando dovranno difendere i propri diritti dalle aggressioni straniere. In più l’insegnamento del corpo a corpo con armi bianche (bastoni con imbottitura per la punta) fornisce allo stesso tempo la capacità di affrontare anche la POLIZIA con scudi e manganelli in caso di debbano difendere i propri diritti contro lo Stato stesso.
Solo le dittature vogliono cittadini pacifici e disarmati. Nei paesi davvero democratici il fatto che i cittadini siano un minaccia possibile per il governo garnatisce che il governo stesso righi dritto. Fu Hitler il primo in europa a dare una Moderna regolamentazione al possesso delle armi da fuoco nel suo paese. Nessuna democrazia si sarebbe mai sognata di togliere ai propri cittadini il diritto di ricorrere, come prevedono i principi di Locke, alla rivolta. Hitler ha aperto la strada, a braccetto con Stalin e Mussolini (gagliardi sostenitori pure loro del bisogno di controllare le armi in mano ai cittadini). E ora fa molto liberale e cool e civile che tutti siano disarmati e che non ci sia un Esercito di Cittadini (le leva istruiva tutti per un minimo, quando ancora era fatta bene coi 12 mesi), ma un esercito di soli professionisti scollegati sempre più dal corpo civile dello Stato.

Fine.
Sono intervenuto solo perché Gamberetta ha scritto “egregio Duca” e il mio ducale cuoricino è stato colto da un amoroso principio di infarto. ^___^

#80 Comment By Hendioke On 24 marzo 2011 @ 18:59

Come sempre gli interventi del Duca sono puntuali e interessanti ma, resta un ma.

Io sono perfettamente d’accordo sul fatto che si dovrebbe basare lo studio sulle competenze più che sulle nozioni, sul “perché” più che sul “è così” ma non sono affatto d’accordo nel sostenere che storia della letteratura sia incompatibile con un sistema di insegnamento basato sulla tecnica e non sulle nozioni.

Ho avuto la rara fortuna di fare un liceo classico che fra i vari indirizzi ne aveva uno sperimentale dedicato alla comunicazione.
Abbiamo studiato retorica, abbiamo analizzato le tecniche del linguaggio televisivo, giornalistico, cinematografico, radiofonico e ipertestuali, abbiamo studiato le tecniche di comunicazione, di analisi e produzione dei testi fino alla nausea e le nostre tesine di maturità erano tutti lavori ipermediali.

Ma per far questo non abbiamo sacrificato la storia della letteratura. L’abbiamo fatta (sì, abbiamo pure fatto Manzoni), ridotta, concentrandoci più sul perché e il percome Dante questo concetto lo esprimesse così e Boccaccio cosà invece di limitarci a mandare a memoria 4 stronzate in croce, ma l’abbiam fatta.
E sapete che vi dico? Che a fronte di questa esperienza studiare per il verso giusto storia della letteratura mi è stato utilissimo.

Se avessimo sacrificato le ore fatte per concentrarci ulteriormente sulla tecnica sarei uscito dal liceo con una conoscenza non sterile quanto quella nozionistica ma più sterile di quella che possiedo ora.

Senza studiare come, e soprattutto perché, si sia arrivati dalla macchina di Gutemberg all’HTML, come, e soprattutto perché, si sia passati dalla tecnica dell’Iliade a quella dei contemporanei non avrei adesso una piena coscienza delle tecniche comunicative che mi sono state insegnate e di fronte a una quantità immane di testi d’ogni tipo che di questa storia subiscono ancora l’influenza la mia tecnica sarebbe meno efficace.

La posizione estremista “la storia della letteratura è materia inutile alle superiori” mi trova in disaccordo perché mi pare si demonizzi inutilmente una materia che, se affrontata con piglio diverso (come quasi tutte le materie scolastiche) può rivelarsi (nel mio caso è stato così) molto utile e perfettamente integrata al diverso principio di insegnamento da tutti noi auspicato.

Per quanto poi riguarda il rapporto Storia della Letteratura-Scrittore, come ho detto prima riprendendo il paragone matematico di Gamberetta, la conoscenza delle attuali tecniche matematiche fa il buon ragioniere ma è la conoscenza delle attuali tecniche matematiche e del come e del perché sono venute e formarsi che fa il matematico.
Quindi anche il concetto “storia della letteratura è materia utile solo per appassionati e storici dal campo di lavoro specifico” mi trova in disaccordo ^^

#81 Comment By sommobuta On 24 marzo 2011 @ 23:07

@sommobuta. Vero riguardo i punti di riferimento, e può darsi che se una persona legge solo la Strazzu la possa considerare un genio (pur avendo gli strumenti per capire che non sia così), d’altra parte se la persona non leggerà altro in vita sua il problema lì è un altro. Non è che la scuola di adesso faccia leggere: si legge pochissimo, si legge con odio, e si leggono testi che non possono fornire riferimenti (il Manzoni a chi lo paragoni nelle possibili letture extra scolastiche?)

Ti dirò, forse sono stato fortunato io, ma al liceo (ho fatto il classico) ho avuto professoresse di italiano che nel bene o nel male ci hanno sempre fatto leggere buoni volumi, spaziando da Eco e Ellroy fino ad arrivare a Brizzi(!) e a Dick.
Anche dal punto di vista meramente didattico, durante i “mattonazzi” come la Divina Commedia o I promessi sposi non abbiamo fatto orripilanti comparazioni, ma letture a tema che si intrecciassero anche con le altre materie (non mi dilungo per non scocciare).

Poi comunque è vero che nella maggior parte dei casi, i classici a scuola te li fanno odiare e schifare.

Il Manzoni a chi lo paragono? A nessuno, se penso alla produzione storico/letteraria italiana pre-manzoniana dove la “fiction” era quasi nulla. Se poi, come ho già scritto nei miei precedenti commenti, allarghiamo il campo ai colleghi franco/russo/tedeschi dello stesso periodo, Manzoni scompare. :)

#82 Comment By roberto On 24 marzo 2011 @ 23:12

Giusto un paio di appunti (quattro, a dire il vero).

1 – Su nozionismo vs competenze: negli anni ’50 mio padre andava a sucola; interrogato sui Promessi Sposi la domanda fu:” Come volavano le rondini quando Renzo Tramaglino uscì di casa?”. Scena muta – 3 – al posto. Da allora mio padre si ricorda che quelle rondini volavano basse. Oggi per lo studio dello stesso libro si chiede almeno un po di analisi testuale. Non sarà sufficiente, ma la direzione è quella. Non sbaglia per niente Gamberetta; sarà estremista nelle conclusioni, ma la sua “modest proposal” non è affatto strampalata.

2 – In Italia abbiamo tassi assurdi di analfabetismo di ritorno; significa che un gran numero di persone, a distanza di anni dall’esperienza scolastica, non sono in grado di leggere e comprendere un articolo di giornale. Scommetto che non pochi di loro si ricordano delle rondini di Renzo e di Don “vaso-di-coccio” Abbondio. Io preferirei che non avessero mai sentito parlare di Manzoni, ma avessero le capacità di esercitare almeno un minimo di pensiero critico.

3 – Mi pare giusto che l’analisi testuale sia condotta non su testi qualunque, ma su un “canone” di testi “classici” (ovvero testi che hanno resistito alla prova del tempo, sul cui valore c’è un certo accordo a livello accademico; o testi che vadano a formare una cultura comune a tutti). Studiare Dante o Manzoni bene, Moccia Troisi o Faletti meno, insomma. Però: questo non significa che il canone sia immutabile nel tempo. Fino a qualche anno fa Alfieri, Parini o Carducci erano ritenuti fondamentali; ora a scuola vengono solo accennati. Nessuno è intoccabile; e magari tra qualche anno pure Manzoni sarà argomento per non più di un paio d’ore di lezione. Non c’è nulla di male, non morirà nessuno per questo, non mi sembra il caso di indignarsi, qualunque cosa si pensi dei PS.

4 – Su testo e contesto: giusto partire dal testo, giusto dargli più importanza; però, Gamberetta, mi pare che ci sia un equivoco (non del tutto colpa tua, mi rendo conto, ci stanno cadendo un po tutti). Studiare il contesto per avvicinarsi al pensiero o alle fantomatiche “intenzioni” dell’autore lascia un po’ il tempo che trova; ma inserire un’opera nel suo contesto storico \ culturale significa anche riconoscere che un testo cambia di significato a seconda di quando viene letto. La stessa sequenza di parole assume diversi significati per un lettore del 1842, per uno del 1923, del 2011 o del 2145. Questo perchè un testo non esiste nel vuoto, ma è inserito in un flusso comunicativo che comprende sia l’autore sia il lettore (e tante altre cose). Dell’autore ce ne possiamo fregare: quello che ha scritto, ci basta. Ma non possiamo far finta che il lettore non esista, o sia una macchina. I parametri oggettivi di oggi sono, per l’appunto, di oggi; tu li applichi secondo la tua mentalità di donna del 2011. Comprendere un testo significa anche saperlo contestualizzare, al di là della lettera.
Insomma, il paragone con la matematica non è del tutto azzeccato: 2 + 2 fa quattro ora, al tempo di Pitagora e tra 10.000 anni. In letteratura (nell’arte tutta) esiste, ed è innegabile, un fattore legato all’interpretazione, al tempo presente, al lettore, insomma. Non mi pare inutile tenerne conto.

#83 Comment By Alberello On 24 marzo 2011 @ 23:28

è proprio delle dittature voler privare i cittadini della conoscenza della retorica, in modo da tramutarli in pecore in mano alla propaganda e alla ideologia delle emittenti di stato spartite tra i partiti politici

Come dimostra l’esempio di Socrate (filosofo/cicuta), Gesù (profeta/crocifisso) o Gandhi (avvocato/ucciso a colpi di pistola).
“Dobbiamo impedire che questa mente continui a pensare” Mussolini su Gramsci.

Stimolare la curiosità ed educare alla ricerca abituale, resa facilissima con internet (ma che richiede un certo addestramento per individuare -anche tramite i mezzi della retorica- le fonti affidabili), ottiene benefici per tutta la vita del cittadino che sarà portato a controllare le informazioni prima di scrivere o sparare cazzate

Un esempio concreto su questo è il caso degli spinaci.
“The cartoon character Popeye the Sailor Man is portrayed as having a strong affinity for spinach, becoming physically stronger after consuming it. A frequently circulated story claims that this portrayal was based on faulty calculations of the iron content. In the story, German scientist E. von Wolf misplaced a decimal point in an 1870 measurement of spinach’s iron content, leading to an iron value 10 times higher than it should have been. This faulty measurement was not noticed until the 1930s.”

Per 60 anni, dico 60 anni (ho già detto SESSANTA anni?) la gente ha creduto che gli spinaci fornissero un sacco di ferro e che per questo faceva bene mangiarli. Paragoniamo un attimo gli spinaci a Manzoni. Leggi Manzoni figliolo, fa bene alla salute e rinforza il fisico. Sarà, ma a me fa proprio cagare il cazzo non piace molto, lo trovo noioso (a me gli spinaci non piacciono). Beh, ma perché non conosci il suo contesto storico, l’impatto sociale, bla bla bla bla (zzzzzzzzzzz), hai mai visto Braccio di Ferro?
MA CHE CAZZO C’ENTRA BRACCIO DI FERRO? Gli spinaci non hanno tutto quel ferro e se per 60 anni (dico 60 anni!!!) nessuno si è accorto dell’errore, non è colpa mia. Se la società avesse formato cittadini curiosi, probabilmente a qualcuno sarebbe venuto prima il dubbio e non si sarebbe dovuto aspettare il solito scassa cazzo pignolo di turno che dice: “Hey ragazzi, ma sapete che in realtà gli spinaci hanno meno ferro?”.

Se non volete farlo per me, fatelo per quei poveri bambini costretti a mangiare spinaci per un errore decimale.

Questa è la cruda realtà.
Cruda realtà numero 2.

Che poi esistano feticisti di Manzoni e di Braccio di Ferro, non me ne frega niente, però magari non insegnerei a scuola yoga tantrico solo perché Sting lo fa.

PS: Non sono sicuro che il mio discorso abbia senso, ma avevo del risentimento inespresso contro gli spinaci che mi obbligarono da piccolo a mangiare dicendo che “fanno bene”, prendetelo come sfogo contro questa verdura. xD Buona giornata.

#84 Comment By IlBianConiglio On 24 marzo 2011 @ 23:31

@Tapiroulant.

Perdona la mia fiscalità

Certo che la perdono. Ho sparato un’immensa cazzata, me ne rendo conto e chiedo umilmente scusa. Per punizione indosserò il cilicio per una settimana.
Al di là di questo, però, il resto del ragionamento non cambia. Ho già espresso la mia opinione, e molti altri hanno detto cose simili alle mie, quindi non aggiungerò nulla di nuovo.

L’undicenne che descrivi è più un’eccezione che una regola, e credo che anche tu ne sia consapevole. Se tutti facessero come lui avremmo metà popolo italiano che conosce Dante, un quarto che ama Pirandello, un quarto che adora Boccaccio, e nessuno che legge Petrarca, Leopardi o Manzoni solo perchè non piacciono.
La scuola insegna ciò che non piace e ciò che piace perchè è indirizzata a tutti. Se facessero corsi di scrittura e di interpretazione dello stile dei testi sarebbero in molti ad annoiarsi, nè più nè meno di quanti si annoiano adesso a seguire letteratura italiana.

Tu mi dirai che è meglio imparare come scrivere, che la storia della letteratura. Forse hai ragione, ma distinguiamo i casi:
1) Si insegna lettere e non scrittura:
Se anche uno non impara lettere può imparare a scrivere per conto suo, istruendosi per conto suo (Gamberetta mi sembra che abbia fatto così). E in più conoscerà anche la letteratura, che male non fa.
2) Si insegna scrittura e non lettere: chi non ama scrivere cosa si ritrova una volta uscito dal Liceo? Non saprà nemmeno chi è Dante o cosa ha fatto.

Nota: non parlo di tutti gli altri aspetti sollevati nella discussione: insegnamento retorica, interpretazione di discorsi politici o commerciali, ecc… Preferisco attenermi alla scrittura e basta.

#85 Comment By Symbolic On 25 marzo 2011 @ 10:43

Quanto vi affannate a convincere Gamberetta del vostro punto di vista.

Fornire strumenti anziché nozioni non mi sembra oppugnabile come affermazione.

Studiare storia letteratura non è inutile in sé, ma è come studiare storia della matematica: non impari a fare 2+2.
Imparare a scrivere bene aiuta la mente, aiuta a pensare bene. Un concetto che si applica sul pensiero critico che affianca la lettura: lo strumento in questo caso serve a leggere bene.

Anche in questo caso il suggerimento non è oppugnabile.

Ma non sono sicuro che l’italiano medio si meriti questo carico di idee eversive e illuminanti.

#86 Comment By PlatinumV On 25 marzo 2011 @ 11:44

Io ti AMO!!! Sono anni che lo dico! A cosa diamine mi serve leggere il Manzoni alle elementari, alle medie e pure alle superiori??? E’ un libro noioso, la storia è mediocre, la prosa pessima e tutti i commenti, i simbolismi, le idiozie che ci ricamano sopra i critici, al Manzoni stesso non sono mai venuti in mente! (e vale per il 99% di quello che ci propinano in letteratura… pensa che io mi sono sciroppata pure quella dell’antica Roma -_-’ ) (parliamone: a cosa DIAMINE serve il latino ad uno studente di liceo SCIENTIFICO??? Facevo più ore di italiano e latino che di matematica e fisica!)
E sai qual è la cosa che mi dà più ai nervi? Che conosco persone che sono invece convintissime dell’alto contributo che possono dare simili letture alla cultura e allo sviluppo mentale di una persona (gente della mia età che dice questo, non il professore di 50 anni che grazie a simili meccanismi perversi ci campa!).
Aggiungerei: smettiamola di buttare soldi in ricerca per finanziare gli ennesimi studi sulla letteratura. Tanto tutto ciò che si potevano inventare per dare una parvenza di senso a queste opere è già stato inventato!
V

#87 Comment By Symbolic On 25 marzo 2011 @ 11:55

@PlatinumV. Non credo che si volesse intendere questo. Da un «Manzoni scrive da cani» passare a «Andiamo in piazza a bruciare tutti i libri»

#88 Comment By Alberello On 25 marzo 2011 @ 12:17

Compagni Gamberi (il gambero è rosso e cammina al contrario, dunque è comunista), oggi mi sento particolarmente bolscevico e vorrei condividere con voi ulteriori riflessioni provenienti dalla Wera Cultura:

“Lo scrittore più autorevole, più studiato nelle scuole e probabilmente il più popolare, è una dimostrazione del carattere non nazionale-popolare della letteratura italiana: «Il carattere aristocratico del cattolicismo manzoniano appare dal compatimento scherzoso verso le figure di uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoi), come fra Galdino (in confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa Lucia [...] i popolani, per il Manzoni, non hanno vita interiore, non hanno personalità morale profonda; essi sono animali e il Manzoni è benevolo verso di loro proprio della benevolenza di una cattolica società di protezione di animali [...] niente dello spirito popolare di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo. L’atteggiamento del Manzoni verso i suoi popolani è l’atteggiamento della Chiesa Cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di immediatezza umana [...] vede con occhio severo tutto il popolo, mentre vede con occhio severo i più di coloro che non sono popolo; egli trova magnanimità, alti pensieri, grandi sentimenti, solo in alcuni della classe alta, in nessuno del popolo [...] non c’è popolano che non venga preso in giro e canzonato [...] Vita interiore hanno solo i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l’Innominato, lo stesso don Rodrigo [...] il suo atteggiamento verso il popolo non è popolare-nazionale ma aristocratico».

Una classe che muova alla conquista dell’egemonia non può non creare una nuova cultura, che è essa stessa espressione di una nuova vita morale, un nuovo modo di vedere e rappresentare la realtà; naturalmente, non si possono creare artificialmente artisti che interpretino questo nuovo mondo culturale, ma «un nuovo gruppo sociale che entra nella vita storica con atteggiamento egemonico, con una sicurezza di sé che prima non aveva, non può non suscitare dal suo seno personalità che prima non avrebbero trovato una forza sufficiente per esprimersi compiutamente». Intanto, nella creazione di una nuova cultura, è parte la critica della civiltà letteraria presente, e ***** vede nella critica svolta da Francesco De Sanctis un esempio privilegiato:

«La critica del De Sanctis è militante, non frigidamente estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica della struttura delle opere, cioè della coerenza logica e storica-attuale delle masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l’umanesimo del De Sanctis [...] Piace sentire in lui il fervore appassionato dell’uomo di parte che ha saldi convincimenti morali e politici e non li nasconde». Il De Sanctis opera nel periodo risorgimentale, in cui si lotta per creare una nuova cultura: di qui la differenza con il Croce, che vive sì gli stessi motivi culturali, ma nel periodo della loro affermazione, per cui «la passione e il fervore romantico si sono composti nella serenità superiore e nell’indulgenza piena di bonomia». Quando poi quei valori culturali, così affermatisi, sono messi in discussione, allora in Croce «subentra una fase in cui la serenità e l’indulgenza s’incrinano e affiora l’acrimonia e la collera a stento repressa: fase difensiva non aggressiva e fervida, e pertanto non confrontabile con quella del De Sanctis».

Per *****, una critica letteraria marxistica può avere nel critico campano un esempio, dal momento che essa deve fondere, come De Sanctis fece, la critica estetica con la lotta per una cultura nuova, criticando il costume, i sentimenti e le ideologie espresse nella storia della letteratura, individuandone le radici nella società in cui quegli scrittori si trovavano a operare.
Non a caso, ***** progettava nei suoi Quaderni un saggio che intendeva intitolare «I nipotini di padre Bresciani», dal nome del gesuita Antonio Bresciani (1798 – 1862), tra i fondatori e direttore della rivista La Civiltà Cattolica e scrittore di romanzi popolari d’impronta reazionaria; uno di essi, L’ebreo di Verona, fu stroncato in un famoso saggio del De Sanctis. I nipotini di padre Bresciani sono, per *****, gli intellettuali e i letterati contemporanei portatori di una ideologia reazionaria, sia essa cattolica che laica, con un «carattere tendenzioso e propagandistico apertamente confessato».
Fra i «nipotini» ***** individua, oltre a molti scrittori ormai dimenticati, Antonio Beltramelli, Ugo Ojetti – «la codardia intellettuale dell’uomo supera ogni misura normale» – Alfredo Panzini, Goffredo Bellonci, Massimo Bontempelli, Umberto Fracchia, Adelchi Baratono – «l’agnosticismo del Baratono non è altro che vigliaccheria morale e civile [...] Baratono teorizza solo la propria impotenza estetica e filosofica e la propria coniglieria» – Riccardo Bacchelli – «nel Bacchelli c’è molto brescianesimo, non solo politico-sociale, ma anche letterario: la Ronda fu una manifestazione di gesuitismo artistico» – Salvator Gotta, «di Salvator Gotta si può dire ciò che il Carducci scrisse del Rapisardi: Oremus sull’altare e flatulenze in sagrestia; tutta la sua produzione letteraria è brescianesca», Giuseppe Ungaretti.

Secondo ***** «la vecchia generazione degli intellettuali è fallita (Papini, Prezzolini, Soffici, ecc.) ma ha avuto una giovinezza. La generazione attuale non ha neanche questa età delle brillanti promesse, Titta Rosa, Angioletti, Malaparte, ecc.). Asini brutti anche da piccoletti».”

Chi sarà mai questo fascista et volgare et Kattivo et chiaramente invidioso critico letterario? Come si è permesso di parlar male del Manzoni e di tanti suoi contemporanei?

Antonio Gramsci, critico letterario italiano.

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#89 Comment By PlatinumV On 25 marzo 2011 @ 12:29

@ Symbolic: e io non stavo dicendo “bruciamo tutti i libri”. Ma è ridicolo che si perdano più ore la settimana ad analizzare opere letterarie già viste e riviste nei precedenti anni scolastici, invece di imparare l’inglese, l’informatica, le materie per cui mi iscrivo ad un liceo SCIENTIFICO (tipo matematica, fisica, biologia, chimica, ecc), ecc. Se proprio vorrò analizzare a tale livello la letteratura, potrò sempre iscrivermi ad un liceo classico, o frequentare Lettere all’università. O magari comprarmi un libro e studiarmelo da sola.
Forse, nelle ore di lezione, mi sarebbe più comodo imparare ad esprimermi come un essere pensante, che imparare a memoria l’intero 6° canto dell’inferno dantesco (no, non sto scherzando, lo so ancora a memoria… e tuttora mi domando a cosa diamine possa essermi servito nella vita).
Se poi tu vedi allo stesso livello questo con “bruciamo tutti i libri”, non so che dirti.
V

#90 Comment By roberto On 25 marzo 2011 @ 13:25

@Symbolic:

Quanto vi affannate a convincere Gamberetta del vostro punto di vista.

Se ti riferisci a me, non cerco di convincere nessuno, solo dare il mio contributo alla discussione, che mi sembra interessante. Mi spiace aver dato un’altra impressione.

Studiare storia letteratura non è inutile in sé, ma è come studiare storia della matematica: non impari a fare 2+2.

Se vogliamo continuare il parallelo con la matematica, allora diciamo che l’analisi e l’interpretazione di un testo non è simile alla semplice operazione algebrica 2+2, ma ad un’equazione di terzo grado. Ci sono delle regole, certo; ma ci sono anche molti fattori in gioco. In linea generale, un testo non è isolato, ma immerso in un contesto; se non ci interessa quello storico in cui l’opera è stata concepita, ci dovrebbe interessare almeno quello in cui l’opera è letta, cioè il nostro. Tutto qua. La storia della letteratura aiuta a risolvere alcune variabili.
Poi, che non possa essere il solo approccio scolastico alla letteratura, e che il Manzoni non debba per forza farne parte, spero si fosse capito dal mio commento precedente.

#91 Comment By Doarcissa On 25 marzo 2011 @ 14:07

(@ PlatinumV
La storia, la lingua, la letteratura e il pensiero italiani (e non solo) derivano in parte dalla cultura latina, quindi leggiamo letteratura latina, e per farlo si deve studiare un po’ di lingua latina.

Se uno trova sia inutile studiarla, si iscrive a uno scientifico tecnologico.)

In generale sono contraria a ragionare in termini di ‘cosa mi serve nella vita’, preferisco pensare cosi`: ‘avendo cinque anni per dotare gli studenti delle capacita` x, y, z, cosa insegnare e come’.

Il problema sta nel fatto che attualmente sembra che le capacita` x, y, z corrispondano a cose come: saper memorizzare per breve periodo testi e ripeterli a richiesta. E non, per esempio, saper elaborare un pensiero coerente e saperlo comunicare efficacemente, o saper analizzare le argomentazioni degli altri, saperle confutare, per esempio, tutto cio` con l’aiuto di questi e questi altri testi.

(Questo per rimanere in campo ‘umanistico’, perche` se oltre alla illiteracy diamo un’occhiata al livello di ‘innumeracy’ con cui si esce dal liceo, *qualsiasi* liceo, si entra tutti in depressione.)

P.S.

La cosa divertente e` che tutto cio` e` stato recepito anche daglle scuole, infatti nel programma di italiano del mio liceo (classico Brocca) leggo:

Finalità specifiche del biennio per le abilità linguistiche sono: l’acquisizione della capacità di usare la lingua nella ricezione e nella produzione orale e scritta; l’acquisizione dell’abitudine alla lettura come mezzo per accedere a più vasti campi del sapere, soddisfare personali esigenze di cultura, maturare capacità di riflessione e partecipazione alla realtà. Per la riflessione sulla lingua: l’acquisizione della conoscenza e dei processi comunicativi e del sistema della lingua; l’acquisizione di un metodo più rigoroso nell’analisi della lingua, in analogia con le esperienze in altri campi disciplinari. Per l’educazione letteraria: la maturazione, attraverso l’accostamento a testi di vario genere e significato e l’esperienza di analisi dirette condotte su di essi, di un interesse per le opere letterarie.

Dopodiche` l’implementazione e` quella che e`, i professori sono quelli che sono, il triennio viene visto come finalizzato all’esame e all’esame c’e` sempre Manzoni, e anche il miglior programma del mondo si deve piegare a fare Manzoni.

#92 Comment By Cairy On 25 marzo 2011 @ 14:54

Scusate se mi intrometto, ma non si sta facendo un pò di confusione? Il punto secondo me non è che la storia della letteratura sia da fare o no, in quanto può essere un argomento interessante, il punto è che gli strumenti in grado di farci analizzare effettivamente un testo o di scriverne uno sono sacrificati in favore di essa. Invece prima si deve imparare la tecnica e solo dopo la storia della letteratura ha un’ utilità: i lettori sono a questo punto in grado di comprenderla ed è sicuramente più stimolante se ho gli strumenti adatti. Invece dal liceo spesso si esce sapendo magari dire il significato di ogni singola parola scritta dal Manzoni e non si è capaci di fare un testo argomentativo convincente o di sostenere un dibattito.

#93 Comment By roberto On 25 marzo 2011 @ 15:01

@cairy:
perfettamente d’accordo

#94 Comment By PlatinumV On 25 marzo 2011 @ 15:12

@Doarcissa: latino (ai miei tempi almeno) si faceva solo al classico e allo scientifico. Stai dicendo che tutti quelli che non frequentano queste due scuole sono un branco di imbecilli ignoranti perché non hanno studiato il latino e che chiunque in passato non l’abbia studiato sia un imbecille ignorante? (dove qui ignorante non è inteso come “che ignora [il latino]“, ma come persona di serie B). Io non penso. Ritengo quindi stupido far studiare il latino per forza. Sennò, visto che la matematica rientra sicuramente di più nelle “utilità quotidiane”, facciamo frequentare a tutti un bel corso di economia, che sarà sicuramente utile nel momento di decidere come investire i risparmi (io sono favorevole).
Ai “miei tempi” (e non arrivo ai 30) non c’era lo scientifico tecnologico. C’era lo scientifico PNI (Piano Nazionale Informatica) che aveva informatica e più ore dedicate a matematica e fisica fin dal primo anno. Io ho frequentato quello. E comunque facevo più ore di italiano e latino che di tutte le materie scientifiche messe assieme.

Comunque, back on topic, il punto è che esistono tipi diversi di scuole perché dovrebbero specializzare la preparazione in campi differenti, sennò basterebbe che tutti gli indirizzi avessero lo stesso programma e le stesse materie. Se c’è una differenziazione, allora è giusto che questa differenziazione sia reale e non solo sulla carta. Quindi, una base di cultura generale per tutti, perché un minimo ci vuole, poi l’insegnamento degli strumenti necessari per crescere come individui (appunto ciò di cui parla il post: il modo critico di analizzare e scrivere un testo, il modo di argomentare, la comprensione, ecc e non “impara a memoria 800 poesie”) e la parte più specifica relativa all’indirizzo scelto.

#95 Comment By Tapiroulant On 25 marzo 2011 @ 15:28

@Alberello: Apprezzo lo sforzo, ma a parte il primo paragrafo (quello sulla critica a Manzoni) non si capisce niente.

#96 Comment By Doarcissa On 25 marzo 2011 @ 15:54

@ PlatinumV

Stai dicendo che tutti quelli che non frequentano queste due scuole sono un branco di imbecilli ignoranti perché non hanno studiato il latino e che chiunque in passato non l’abbia studiato sia un imbecille ignorante? (dove qui ignorante non è inteso come “che ignora [il latino]“, ma come persona di serie B). Io non penso. Ritengo quindi stupido far studiare il latino per forza.

Ovviamente non sto dicendo nulla di cio`. Ho solo risposto alla domanda “Perche` si studia il latino?” e ho proposto una soluzione per chi non vuole studiare il latino: fare una scuola dove non insegnano il latino.

Quindi, una base di cultura generale per tutti, perché un minimo ci vuole, poi l’insegnamento degli strumenti necessari per crescere come individui (appunto ciò di cui parla il post: il modo critico di analizzare e scrivere un testo, il modo di argomentare, la comprensione, ecc e non “impara a memoria 800 poesie”) e la parte più specifica relativa all’indirizzo scelto.

Infatti, d’accordissimo. Tra l’altro questa cosa di imparare a memoria le poesie non l’ho mai capita. Inizio a sospettare che sia finalizzata unicamente allo sfoggio.

Eliminavo l’utile dalle categorie di giudizio perche` ognuno ha una propria idea di utile, ognuno vive in una situazione in cui ‘utile’ ha un significato diverso e non e` possibile fissare dei parametri su cui basare un giudizio condiviso.
Tra l’altro il liceo per definizione e` una scuola a carattere prettamente formativo, non professionalizzante, per cui fare un discorso su ‘cosa e` utile nella vita di tutti giorni’ (che si riduce a: soldi, tanti) non so a che tipo di istruzione porterebbe.

#97 Comment By Geki On 25 marzo 2011 @ 15:57

@Platinum V: tu sottolinei sempre liceo SCIENTIFICO. Ma ricorda che e’ anche LICEO scientifico. Se ti interessano solo come funzionano le cose, mica e’ obbligatorio. E poi non capisco: mentre Gamberetta fa una critica (che io non condivido molto, ma non e’ questo il punto) a come viene insegnata una materia (Italiano) tu contesti una materia (Latino, ma a questo punto immagino anche filosofia, altrimenti il discorso perde significato e si rifugia nel gusto personale) che erano nell’offerta di quello che tu hai scelto.

Come dire: Gamberetta si lamenta del metaforico libro istruzione perche’ e’ scritto male, tu ti lamenti perche’ nel libro trovi “un inutile indice ma non un file musicale”. Voglio dire, che ti aspettavi?

#98 Comment By Alberello On 25 marzo 2011 @ 16:14

@Tapiroulant

non si capisce niente.

Benvenuto nel mio mondo. xD
Scherzi a parte, prenditela con wikipedia, ho solo copia e incollato da lì. xD Volevo solo dimostrare come la storia tende a ripetersi (si spera con finali diversi).

Carducci: “fondò la società letteraria degli Amici pedanti [Gamberi fantasy versione beta xD], dal taglio fortemente classicistico e anti-romantico, intervenendo in modo battagliero nelle discussioni tra manzoniani e anti-manzoniani, ai quali ultimi appartiene.”

Gramsci fondò il Partito Comunista d’Italia (Gamberi fantasy versione 1.0 xD), critico letterario che riprende una frase del Carducci e idee critiche sul Manzoni.

Gamberetta fonda Gamberi Fantasy (versione finale?) che riporta idee di critici del passato (tipo Knight) e critica Manzoni usando un diverso strumento di valutazione.

Un giorno Chanel (nome femminile del futuro) fonderà Critica al Vetriolo, che riprenderà le idee di Gamberetta e criticherà Manzoni magari usando ancora altri parametri (e che probabilmente sarà ancora studiato a scuola per il contesto).

Ciò su cui voglio far riflettere è: Premesse le giuste motivazioni e condizioni umane, avrà mai questo fine? O siamo condannati ad un susseguirsi di “polemiche” tra chi la pensa in un modo e chi in un altro, ma che sostanzialmente non porta mai ad un finale a sorpresa?

«Mario Rapisardi (1844-1912) non iscrive nei giornali; non accetta nomine accademiche,
né candidature politiche ed amministrative; non vuol essere aggregato a nessun sodalizio;
non ha tempo di leggere tutti i libri che gli mandano, molto meno i manoscritti;
né di rispondere a tutti coloro che gli scrivano. E di ciò chiede venia ai discreti.»

Non ricorda un po’ ciò che sostiene Gamberetta quando dice che non ha tempo di leggere ciò che le viene inviato e che si scusa se non risponderà e che non crede nella comunità di blogger (sodalizio)?
Vi giuro su quello che ho di più caro che non è una critica alla critica (paradosso O_o), anche perché sto azzardando paragoni tra Gamberetta e Carducci, Gramsci e Rapisardi, non con personaggi di poco conto o deprecabili per le loro azioni. Questa riflessione dovrebbe servire come aiuto per non ripetere stesse situazioni già avvenute in passato e con finale “prevedibile”. Ovvio che poi siete liberi di dirmi: Ma no, stavolta non andrà così e non abbiamo bisogno dei tuoi consigli. Cerco solo di “mettervi in guardia” perché credo che le vostre motivazioni siano giuste e mi spiacerebbe molto non avere un finale alternativo. ^^

#99 Comment By Enrico On 25 marzo 2011 @ 17:42

Il Manzoni mi piace? No.
Il Manzoni è ampiamente sopravvalutato e a scuola te lo fanno odiare ancor più di quanto meriti? Sì.
Il Manzoni non sapeva scrivere? Dipende. Per venire dietro al tuo paragone, Aristotele disquisiva di logica, ma un qualunque matematico cresciuto a pane e Goedel oggi lo metterebbe nel sacco in due secondi. Nessuno però direbbe mai che Aristotele fosse un cretino. Lavorava con quello che aveva a disposizione, in un contesto storico e culturale ben preciso. Stessa cosa per il Manzoni. In confronto ai suoi contemporanei era un drago e tra l’altro aveva per le mani una lingua ancora “in divenire”. La differenza che dovresti notare tra Fermo e Lucia e i Promessi Sposi non è tanto il movimento della donna, ma il fatto che il primo è un blaterare senza senso antiquato e prolisso, il secondo ha almeno un briciolo di pulizia stilistica e modernità, anche se poi ai nostri occhi risulta lo stesso antiquato e prolisso.
Che poi a scuola pretendano che usiamo i Promessi Sposi come modello stilistico anche nell’Anno Domini 2011 è un altro paio di maniche. Ma se è per quello fanno anche cose peggiori.

#100 Comment By Gamberetta On 25 marzo 2011 @ 20:00

@Enrico.

La differenza che dovresti notare tra Fermo e Lucia e i Promessi Sposi non è tanto il movimento della donna, ma il fatto che il primo è un blaterare senza senso antiquato e prolisso, il secondo ha almeno un briciolo di pulizia stilistica e modernità, anche se poi ai nostri occhi risulta lo stesso antiquato e prolisso.

Nel passaggio illustrato, il movimento della donna è la differenza più significativa. La “pulizia stilistica” (cosa vuole dire esattamente? Scusa, ma mi suona molto di frase fatta scolastica di chi non ha mai aperto un manuale di stile in vita sua) mi sembra molto discutibile. Per esempio:
“e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale”
Non è per niente più “pulito” di:
“e vi traspariva una bellezza velata ed offuscata da un lungo patire, ma non iscomposta”
E in ogni caso passaggi di questo genere sono così schifosi che ogni commento è superfluo.

#101 Comment By PlatinumV On 25 marzo 2011 @ 21:29

@ Doarcissa: secondo me il punto è proprio questo: quando scelgo che tipo di scuola frequentare, sto definendo ciò che per me è utile da ciò che non lo è (ad ex, nel mio caso, il greco non è considerato utile, ma matematica e fisica sì, quindi scelgo uno scientifico). Per questo avere più tipi di percorsi scolastici è una buona cosa… e per questo, a parer mio, è inutile che alla fin fine (almeno ai tempi in cui ci sono stata io) i licei siano tutti uguali tranne che per un paio d’ore di differenza!

@Geki: come da discorso sviluppato nel post, alias che gli studenti si annoiano col nozionismo, secondo me moltissime cose non andrebbero introdotte a forza nei programmi scolastici perché annoiano e sono pressoché inutili. Ad esempio rifare la letteratura 3 volte durante i vari cicli scolastici (se proprio, dopo averla fatta 2 volte, uno volesse approfondirla può farlo da solo se ha gli “strumenti” per farlo [questi sì che andrebbero insegnati a scuola] o iscriversi ad una facoltà universitaria adatta). Poi, parlando di letteratura, avevo detto “io ho dovuto pure fare quella latina!” e mi sono state chieste delucidazioni in merito. Ho semplicemente risposto.
Comunque, a guardare il cavillo, non ho scelto il latino. Ho scelto un percorso scientifico: il minore dei mali implicava pure il latino tra i piedi. Ma da qui a sceglierlo, ce ne passa ;-)

#102 Comment By gli_dnt On 25 marzo 2011 @ 21:46

Non si deve studiare la letteratura in sé (o peggio ancora la storia della letteratura); lo studio della letteratura deve essere solo un mezzo per dare agli studenti gli strumenti minimi con i quali esprimere le proprie idee e analizzare le idee degli altri.

Ma tu sei una grande! Non ce l’ho con Manzoni (a me non l’hanno fatto leggere, quindi non so ancora se mi piace o no, darò una chance prima o poi), ma quello che dici nella citazione che ho riportato è praticamente la stessa cosa – quasi le stesse parole – che ho esposto sere fa a mio padre, mentre parlavamo di quanto si perda tempo a scuola e di quanto si perda il gusto per il creare (per la produttività in senso lato).
Ricordo che alla maturità avrei voluto portare una tesina in grande stile su come la scuola dovrebbe riorganizzare i propri programmi partendo dalle conoscenze della cultura e del mondo contemporaneo (per poi arrivare con un percorso a ritroso al passato). Non l’ho fatto, sono passati un po’ di anni e tutto sommato sono pentita di non aver detto la mia.
Vabbè, è il tuo primo post che leggo, penso proprio che inizierò a seguirti con costanza.
Ciao!

#103 Comment By orlando On 25 marzo 2011 @ 23:56

Gamberetta e il Duca: i due blog che seguo con più costanza e interesse. Non sto facendo ironia: vi considero praticamente due semidei. Ho un po’ il mito del “sapere le cose” e voi due ne sapete più di quante io mai ne potrò ancora imparare nella vita, adoro leggere ma voi due avete letto più libri di quanti io riuscirò a leggerne nella vita (non è che mi sto autoflagellando, è così che stanno le cose e, insomma, non siamo tutti geni).
Ripeto: non sto ironizzando, ho davvero un’enorme stima per la vostra cultura e per il fatto che oltre a ragionare, stimolate il mio, di ragionamento. Spesso non sono daccordo con quanto affermate, ma non ha importanza perché è utile, mi serve proprio, mettermi in discussione, mettermi a confronto con idee diverse dalle vostre. (Scusate se uso il plurale, ma è perché ho da dire una cosa a entrambi, e poi tornerò a leggere con interesse e stima e a non commentare).
Proprio perché vi stimo e vi seguo con tanto interesse – e amore, direi, se non apparisse un po’ ridicolo – ci tengo quest’unica volta a dirvi che:
1. ho adorato, e adoro ancora, leggere la storia della letteratura, perché mi stimola a leggere un sacco di libri che a me, magari solo a me e a qualche vecchio parruccone, piacciono :)
2. non voglio, davvero non voglio!, vivere in un mondo come quello prospettato dal Duca, con la non-paura degli scontri fisici e imparare a sparare ecc. Scusa Duca, ma proprio non voglio e per quanto questo mondo così com’è sia abbastanza orrendo, quello che prospetti tu mi terrorizza ancora di più.
Detto ciò, non cambio di una virgola la stima e l’affetto (ok, “virtuale” ^__^) che hoo per voi. Ma ci tenevo che sapeste che si può pensarla diversamente da voi e non essere politically correct o comunisti o bimbiminkia (potrei essere vostro padre come età, ahimé…) o superficiali o appassionati della troisi :-)
un abbraccio conigliettoso!
(non rileggo se non non mando, sorry per eventuali errori)
O.

#104 Comment By Zarathustra On 26 marzo 2011 @ 18:42

Yawn. Gamberetta sbaglia di grosso, a questo giro. L’errore è di fondo, lo ricordo in un altro articolo (forse addirittura nelle FAQs, chissà): non cercare l’Arte, la Letteratura. Gamberetta non è una critica letteraria: non prendetela per tale. Piuttosto, è la persona che davanti ai covoni di Monet disquisisce delle proprietà chimiche dei pigmenti, oppure pensa “che coglione sto Monet, dipinge sempre la stessa cosa e manco troppo bene!”. Non si può criticare senza contestualizzare, per un semplice motivo: non si capisce. Poi si può legittimamente dire “la Divina Commedia è una porcheria, Dante non usa le tecniche!”, ma se ci si mette a capire perché Dante dice quello che dice si apprezza l’opera, la si capisce. Altro esempio banale: si può capire un brano musicale solo conoscendo la teoria? Nì. Puoi ascoltare Giant Steps di Coltrane, ti può piacere, ma che ne sai se è grande musica oppure no? Magari è una roba oscenamente vetusta e citazionista! [Per la cronaca: no, non lo è, è anzi tremendamente innovativo come pezzo, ma non mi dilungo] Devi dunque contestualizzarlo, rapportarlo alla storia del jazz. Ancora, Hendrix. Se analizzo tecnicamente Hendrix, lo massacro in cinque minuti, senza problemi. Se contestualizzo Hendrix al periodo capisco che è stato un innovatore, e capisco perché i suoi pezzi suonano così, perché i testi sono quelli lì, perché a Woodstock ha sfigurato l’inno americano. E così via. La critica d’arte è universale, quindi a musicisti e canzoni si possono sostituire scrittori e libri, pittori e dipinti, performance artists e esibizioni, e così via.

#105 Comment By mgcgio On 26 marzo 2011 @ 19:28

@Zarathustra: è giusto quello che scrivi, ma il punto è: all’ascoltatore di adesso, che gliene frega se Hendrix è stato innovativo per la sua epoca?
E, ritornando in topic, indubbiamente Manzoni per la sua epoca era il miglior romanziere italiano (anche perchè non è che ci fosse molta concorrenza….), ma noi siamo vivi ora, nel 2011. A noi, come lettori, e non come studiosi di letteratura, cosa può interessare se all’epoca era un romanzo innovativo?
Il punto è: “I promessi sposi” ha ancora qualcosa da dire? E’ ancora da considerare una lettura piacevole? E, soprattutto, ha senso insegnarlo alle superiori?
E poi, dobbiamo pure capire cosa significa contestualizzare, perchè fin quando si parla di inquadrare l’opera nel suo periodo storico, può pure avere un senso. Ma imparare la vita dell’autore, proprio no. Nè per Manzoni nè per nessun altro: imparare la vita dell’autore è sempre inutile. Sempre. Perchè se un autore non è in grado di esprimere la propria visione del mondo, il proprio “messaggio”, ecc (ammesso e non concesso che ce l’abbia) semplicemente con i propri romanzi, ma ha bisogno che il lettore conosca la sua noiosa vita, vuole dire che è un autore cane. Come cacchio faccio a conoscere la sua vita? Devo sperare che non bruci tutte le sue lettere personali, così qualcuno le legge e ce le racconta (puro gossip)? E ne deduce che il personaggio X simboleggia Y….
Io ritengo che sia utile inquadrare un’opera nel suo periodo storico, ma giusto un’infarinatura, e in realtà la materia Storia esiste già. Se ce la insegnassero bene, io Pinco Pallo dovrei sapere che se “I promessi sposi” è pubblicato nel 1840, il contesto storico è tal dei tali. Quindi, in realtà, non credo che storia della letteratura serva per contestualizzare.
Casomai, la sua utilità è nel “formare” il pensiero, nel capire i stereotipi, i meccanismi delle narrazioni (che non sono solo le tecniche, le quali sono solo uno strumento per narrare la storia… conoscere le storie considerate classici, permette di avere dei parametri di riferimento, a livello di immaginario. Questo servirebbe non solo per la cosidetta Letteratura con la elle maiuscola, ma anche per i generi: un scrittore fantasy che non conosce il fantasy a parte il Signore degli Anelli, è quasi sicuramente un scrittore cane, così come il giallista che ha letto solo un paio di gialli e che quindi propone soluzioni già straabusate, ecc.)

#106 Comment By glue On 27 marzo 2011 @ 00:02

Ho letto la discussione con molto interesse e devo dire che entrambe le posizioni mi hanno fatto riflettere. Tanto per cominciare sullo scopo della scuola: c’è una vecchia diatriba sul suo essere strutturata come un ambiente lavorativo per mantenere una struttura mentale e comportamentale prevedibile e controllabile nelle varie fasi della crescita: devi imparare ad arrivare in orario, socializzare con i colleghi (i compagni), a non indispettire i supervisori e il capo (insegnanti e preside), a fare poche domande, a lavorare al massimo per ottenere un pagamento e dei benefit (il voto) pena il licenziamento (la bocciatura). Praticamente viene insegnato a diventare dei bravi impiegati, non a pensare fuori dagli schemi e costruire gli strumenti per esprimersi efficacemente.
A mio modo di vedere l’utilità della scuola non dovrebbe essere relegata ad imparare delle ‘materie’ come ‘compartimenti stagni’ ma diventare in grado di vedere la conoscenza come qualcosa di più ampio. Insomma essere in grado di fare collegamenti imparando a discernere le informazioni utili da quelle inutili e rielaborarle di conseguenza. Il ragionamento di gamberetta mi è sembrato sempre coerente, il problema non è tanto che Manzoni sia insegnato a scuola ma il fatto che prima e dopo, e ci sarebbe tanto tempo per farlo, non vengano dati gli strumenti per comprenderlo e decidere da soli se possa essere considerato interessante o meno, posto che:
a) il suo italiano volgare non sia riadattabile come modello di riferimento per scrivere bene in italiano volgare corrente.
b) che un intero anno scolastico sia probabilmente un pò troppo per dedicarlo ad un solo romanzo come “I promessi sposi” specialmente partendo dall’assunto, vero o falso ma in entrambi i casi valido, che ci siano le capacità per comprendere ciò che si sta facendo.
Pensando alla situazione dell’insegnamento nelle scuole negli anni in cui vi studiavo, ho trovato particolarmente calzante la discussione al bar nel film Will Hunting : “La cosa triste per uno come te è che tra 50 anni comincerai a pensare per conto tuo, capirai che ci sono due certezze nella vita. Una, non fare queste cose. E due, hai sborsato 150000 dollari per un’istruzione che potevi avere per un dollaro e 50 in sovrattasse alla biblioteca pubblica.”

#107 Comment By Alberello On 27 marzo 2011 @ 03:55

@Zarathustra

Devo sperare che non bruci tutte le sue lettere personali, così qualcuno le legge e ce le racconta (puro gossip)? E ne deduce che il personaggio X simboleggia Y….

Vai così mgcgio, spacca tutto!
Anche perchè spesso non è solo gossip, ma pure falso dato che:
1) La storia la scrivono i vincitori (e chissà a volte come la rimaneggiano).
2) Il passaparola crea incompresione in un mondo in cui la tecnologia dovrebbe permettere una comunicazione chiara ed immediata, figurati in un mondo in cui la gente diceva una cosa tipo: “Hai sentito che ecc.”.

Già adesso c’è diatriba se un tal politico ha fatto o non ha fatto questo o quello e ci saranno sempre dubbi. Omero è esistito o no? E Socrate? E Zorro? E Robin Hood da cosa è stato tratto? Gesù storico esiste? E se si è il figlio di Dio? Guglielmo Tell da dove diamine salta fuori? Jack lo squartatore? Fino a poco tempo fa perfino di Shakespeare non si sapeva una beata mazza e c’era chi sosteneva fosse di origini italiane.

Quello che mi chiedo è dunque, come facciamo ad essere sicuri al 100% di un fatto di vita di qualche scrittore di due secoli fa e da questo trarne addirittura l’interpretazione di un’opera, molte opere si fa fatica a capirle pure adesso (tipo i film dei fratelli Coen o David Lynch). Se non è stato l’autore stesso a lasciare note a margine dell’opera per far capire la sua intenzione non possiamo arrampicarci sugli specchi dell’anima per assurgere ad una presunta verità. Il che non significa non doverla leggere e sconsigliarla a chiunque, significa non insegnarla come un Dogma a scuola pretendendo che sia l’unica interpretazione possibile.

La scuola dovrebbe insegnare il più possibile di ciò che si avvicina all’oggettivo, dando poi modo di far esprimere il soggetto su ciò che ha valutato e non insegnare ciò che è soggettivo pretendendo che gli alunni si esprimano come oggetti inanimati.

Tu mi parli di musica, benissimo. Prendiamo ad esempio “La sonata per pianoforte n. 14 in Do diesis minore” se io la chiamo così, quasi nessuno sa di che cosa sto parlando. Ma se aggiungo: “Chiaro di luna” è già più facile che si giunga a capire che sia questa.

Il problema è che: “Il maestro aggiunse la scritta “Quasi una Fantasia” perché la struttura non rispecchia quella tradizionale di una sonata[...]”
Quindi la dovremmo chiamare quasi una fantasia e riconoscerla come tale invece che: “Il titolo “Chiaro di luna” non fu invenzione di Beethoven, che difficilmente dava titoli alle proprie opere, ma fu introdotto in età romantica dal compositore tedesco Ludwig Rellstab (probabilmente nel 1832 o 1836), perché vedeva nel primo movimento, – l’Adagio sostenuto – la descrizione di un idilliaco panorama notturno schiarito dalla luna (in particolare egli si riferiva ad un paesaggio reale, il lago dei Quattro Cantoni, anche se è discussa la veridicità delle sue affermazioni). Da allora la denominazione fu assunta come nome ufficiale della composizione.”

“Beethoven scrisse la sonata nel 1801 e la dedicò alla sua alunna prediletta, la contessa Giulietta Guicciardi, con cui era (o era stato) legato sentimentalmente.”
Dunque, la luna non c’entra una beata fava! Perchè io a scuola dovrei insegnare nell’ora di musica tutto questo se è sempre frutto di “probabilmente” o di “forse”. Si dovrebbe ascoltare il brano in silenzio e decidere da soli cosa esprime cercando di capire che “la struttura non rispecchia quella tradizionale di una sonata, che solitamente consta di quattro movimenti: un allegro (spesso in forma sonata), un adagio, un minuetto o uno scherzo e un altro allegro finale (frequentemente un rondò). Il primo movimento sembra invece omesso da quest’opera”.

Poi per carità, se uno è stra-appassionato di Beethoven o di altri può andare a fare ricerche approfondite per conto suo e scoprire quanti peli del culo aveva prima di morire, ma siamo davvero nello specialistico più puro. Una persona può imparare a suonare e a vivere la musica anche senza tutto ciò. Ascoltate la sonata e chiudete gli occhi, questo è il mio parere.

Stesso discorso per Per Elisa. “Riguardo l’identità di Elisa, in precedenza l’ipotesi più accreditata era che originariamente la composizione fosse dedicata a Therese Malfatti von Rohrenbach zu Dezza (1792–1851), la figlia di un commerciante viennese (secondo altre fonti di un medico). Si riteneva pertanto che Ludwig Nohl, colui che nel 1865 scoprì l’autografo a Monaco presso una collezione privata, abbia trascritto erroneamente la dedica sopra la composizione. Il manoscritto autografo, che era giunto a Monaco tramite Rudolf Schachner, un amico di Therese von Malfattis, è oggi considerato disperso, per cui non è possibile avere con certezza conferme riguardo questa teoria.

Un’ipotesi più recente, avanzata dallo studioso berlinese Klaus Martin Kopitz, vuole che invece ad ispirare Beethoven sia stata Elisabeth Röckel (1793–1883), cantante tedesca spesso nota anche come Elise. Nell’anno di composizione di Per Elisa (1810) pare che Beethoven fosse in stretta amicizia con la cantante.” (Sto Beethoven era un marpione senza ritegno che dedicava sue opere a tutte xD).

Chi se ne frega se la Silvia di Leopardi si chiamava Teresa, così come forse l’Elisa di Beethoven (senza contare la Teresa di Foscolo che in realtà era Isabella O_O) o che la Beatrice di Dante fosse forse Bice Portinari “Sebbene non unanime, la tradizione che identifica Bice di Folco Portinari con la Beatrice amata da Dante è ormai molto radicata.” (Non è sicuro nemmeno questo, cosa diamine lo studio a fare se non è sicuro! Allora insegnamo che probabilmente esiste Babbo Natale che in realtà è San Nicola).

Diamine, ma è contesto tutto ciò o è la trama di beautiful? Ditemelo, perchè ci terrei a sapere come va a finire prima di schiattare. xD

#108 Comment By Zarathustra On 27 marzo 2011 @ 12:10

No Alberello, quello non è contesto. Inquadrare Per Elisa nella musica di fine Settecento e inizio Ottocento, all’interno della produzione di Beethoven, farsi un’idea di come fu accolta dalla critica contemporanea e se è stata rivalutata o svalutata in seguito, sapere perché è stata composta è contestualizzare. Non si può dividere la conoscenza in “nozioni cacca, emozzziòne bello” ;)

#109 Comment By Gamberetta On 27 marzo 2011 @ 13:19

@orlando.

[...] adoro leggere ma voi due avete letto più libri di quanti io riuscirò a leggerne nella vita (non è che mi sto autoflagellando, è così che stanno le cose e, insomma, non siamo tutti geni).

In realtà leggere è un hobby come un altro, non richiede particolare genio, né rende intelligenti.

non voglio, davvero non voglio!, vivere in un mondo come quello prospettato dal Duca, con la non-paura degli scontri fisici e imparare a sparare ecc.

Il mondo prospettato dal Duca è un mondo migliore del nostro, molto più pacifico. C’è molta meno violenza quando due persone sanno entrambe sparare. Se invece solo una è armata finisce male.

@Zarathustra.

Yawn. Gamberetta sbaglia di grosso, a questo giro. L’errore è di fondo, lo ricordo in un altro articolo (forse addirittura nelle FAQs, chissà): non cercare l’Arte, la Letteratura.

Infatti, confermo. Ma stiamo parlando del Manzoni, mi spieghi (con argomentazioni tecniche, non perché sì, o perché ti hanno detto così a scuola o perché lo dice tizio o caio) dove sta la Letteratura (L maiuscola) o l’Arte (A maiuscola) ne I Promessi Sposi?

#110 Comment By Murasaki On 27 marzo 2011 @ 13:50

La questione è interessante, tutto il post è interessante e i commenti lo sono quasi di più, per tanti aspetti. Comunque qui rispondo in veste di insegnante di lettere.
Lavoro alle medie, e alle medie rimarrò, non ultimo perché non sono mai stata molto convinta dell’utilità dello studio della letteratura – anche se a me piaceva, anche se prendevo voti molto alti, anche se i miei tre (ottimi) insegnanti di letteratura delle superiori oltre a una buona quantità di nozioni per me interessanti mi hanno trasmesso pure la capacità di analizzare un testo. Al ginnasio, in verità, la storia della letteratura non l’abbiamo nemmeno toccata e l’analisi del testo era fatta in modo collettivo, guidata dall’insegnante. Perché Tizio faceva questo e non quello? Perché veniva usata quella parola e non un’altra? Perché quel passo era stato eliminato? (Sì, abbiamo fatto anche quello ^__^).
Questo per dire che, volendo, anche con i programmi attuali e un po’ di buona volontà una parte del lavoro suggerito da Gamberetta si può fare comunque, almeno al biennio, se l’insegnante è all’altezza e, soprattutto, se non è convinto in cuor suo che sia indispensabile imbottire l’allievo SOLO di nozioni.
Di fatto, ai tecnici e ai professionali, si fa già, a quanto ho capito. Almeno, parecchi lo fanno.
Vorrei chiarire però qualche punto.
1) la parafrasi serve a capire se l’allievo ha capito il testo. Farla scritta serve ad avere la prova concreta che ci ha lavorato su – si sa che la carne è debole, a volte la creaturina dietro il banco preferisce fare altre cose etc. Quindi ha un senso alle elementari e anche alle medie quando si lavora sull’italiano arcaico o più letterario: serve ad ampliare il lessico e a familiarizzare la creaturina con strutture linguistiche non usate nella lingua parlata, quindi per fornirgli strumenti linguistici più efficienti. Usata con cautela, con certe classi e in certe circostanze e in presenza di alcuni testi più ostici può rivelarsi utile – agli ultimi anni delle elementari e alle medie. E’ un lavoro che si può fare ANCHE con la parafrasi, insomma. Alle superiori, sinceramente, non dovrebbe avere senso, se gli insegnanti delle elementari e delle medie hanno fatto il loro lavoro.
2) Non è vero che “il tempo non c’è”: il tempo c’è già (come osserva Gamberetta) se si lascia perdere un certo tipo di studio nozionistico. Il punto è che più di tanto non si può lasciar perdere: come ha osservato uno dei commentatori, all’esame certi autori sono in programma e gli esaminatori si aspettano che gli alunni siano a conoscenza di un certo tipo di nozioni. Nessun insegnante serio manda a cuor leggero le sue classi allo sbaraglio solo per il gusto di essere alternativo a tutti i costi. Comunque, facendo scelte oculate, con un’accorta programmazione, il tempo volendo c’è.
3) I soldi per istruire gli insegnanti.
Ecco, questo è un punto dolente. Ma è previsto, per formare i futuri insegnanti, un biennio di studio universitario dedicato proprio a loro. COSA insegnare in quei due anni è questione discussa. Quando ho fatto la leggendaria (non in senso buono, almeno per me) SSIS, ovvero Scuola di Specializzazione per Insegnanti, il corso biennale è stato dedicato a farci… tanta bella letteratura italiana. Per carità, a livello di cultura personale certe lezioni sono state anche interessanti, ma ogni tanto chiedevo se non si poteva parlare un po’ dell’insegnamento della grammatica, visto che con Dante me la cavavo già, grazie, e comunque alle medie più di tanto non mi serviva, mentre a spiegare il corretto uso dei pronomi a volte avevo qualche problema; ma non mi ha filato mai nessuno manco di striscio – nemmeno tra le colleghe, e questo l’ho trovato inquietant, perché poi quando spiegano i pronomi anche loro qualche problema ce l’hanno, ho visto.
Insomma, prima ancora che i soldi per insegnare agli insegnanti (che prima o poi salteranno fuori) sospetto assai che manchino gli insegnanti per insegnare ai futuri insegnanti.
E perché mancano?
Ecco, credo per il punto 4.

4) Scrive Gamberetta:

La verità è che gli strumenti danno fastidio. Perché fanno sorgere domande [...].
Che seccatura!
Invece le nozioni sono una pacchia. Le nozioni sono “perché sì”, non hanno bisogno né di essere spiegate, né di avere una base razionale. È così e basta. O al massimo ci si appella all’Autorità

Il liceo è una scuola nata due secoli fa, come impostazione – mi sembra che l’abbia inventata Napoleone, o comunque i suoi funzionari. Il liceo italiano è stato codificato un secolo fa, anno più anno meno, da un ministro fascista (che non vuol dire stupido, vuol dire fascista). C’era l’idea di formare una classe dirigente, di trasmettere un canone, di “aprire la mente” ma NON di incoraggiare il senso critico. Ne doveva uscire una classe dirigente colta (= ben imbottita di nozioni UTILI e IMPORTANTI), intelligente (capace di orizzontarsi bene tra le nozioni) e diligente (dotata di pazienza, memoria, dedizione alla causa), fornita di un ricco lessico ma NON dotata di eccessivo senso critico. Perché il senso critico porta a fare domande (che sono scomode) e non si ferma al “perché sì”.
Da questa scuola escono quasi tutti gli insegnanti di lettere.
Un insegnante di lettere molto spesso è una persona che si trovava bene con lo studio nozionistico, cui piaceva leggere letture guidate, che sapeva esporre bene le nozioni imparate e che è fermamente convinta che educare le nuove generazioni secondo quel criterio sia giusto e sensato.
Aggiungo che NON SEMPRE ha un rapporto creativo con la scrittura, non sempre ha una grandissima autonomia nella critica di un testo o nell’approccio critico. In compenso ha molto rispetto per le nozioni ed è convinto dell’importanza di trasmetterle pari pari come gliele hanno trasmesse.

#111 Comment By Marco I On 27 marzo 2011 @ 15:49

Segnalo un articolo pubblicato sul Corriere della Sera di oggi: Il corpo dello scrittore. Se il carisma dell’autore mette in ombra l’opera di Alessandro Piperno.
La mia impressione è che Piperno sia un po’ troppo “rassegnato” alle logiche dell’editoria, ma almeno ne ammette l’esistenza a differenza di altri: “Certo, è innegabile che qualsiasi editor di buonsenso, a parità di qualità, preferisca pubblicare il libro di una splendida teenager che quello di un professore di liceo in pensione.”

#112 Comment By Skeight On 27 marzo 2011 @ 19:45

“Infatti, confermo. Ma stiamo parlando del Manzoni, mi spieghi (con argomentazioni tecniche, non perché sì, o perché ti hanno detto così a scuola o perché lo dice tizio o caio) dove sta la Letteratura (L maiuscola) o l’Arte (A maiuscola) ne I Promessi Sposi?”

Sono a digiuno di terminologia letteraria, quindi forse le mie argomentazioni non suoneranno molto tecniche, però provo a rispondere alla domanda che hai posto a Zarathustra.
Sulla letteratura: al di là del linguaggio che oggi può risultare ostico alla lettura – ma nemmeno tanto, se uno ci mette un minimo di impegno, riusciamo a leggere Boccaccio che è di parecchi secoli prima… – mi sembra che ne I promessi sposi ci siano molte idee e soluzioni narrative che lo rendono più avanzato rispetto alla prosa italiana di quel periodo, e che sono rimaste nella narrativa successiva, non solo quella letteria. Qualche esempio: quando l’oste osserva Renzo addormentato, metafora aulica (Orfeo e Psiche) subito seguita da un “Pezzo d’asino!” mormorato dall’oste stesso, che è una classica trovata umoristica (tono alto che precipita all’improvviso), e che ritorna anche quando, in vescovado mi pare, il cardinale Borromeo, l’Innominato e Lucia escon fuori e l’autore descrive le reazioni commosse, ammirate eccetera degli astanti per poi chiudere netto con Don Abbondio “cui nessuno badò”. Poi, anche se non sempre, ma comunque è indubbia la bravura del Manzoni nel show, don’t tell, ad esempio nella notte di paura di Renzo dopo la fuga dall’arresto, o nella resa degli eventi della notte degli imbrogli, o nel modo in cui viene svelata poco a poco la presenza di Don Rodrigo nel Lazzaretto. Senza contare che anche il modo in cui muove i diversi fili della trama facendo separare e ritrovare i personaggi è un bell’esempio per parecchi autori di oggi, che nonostante sia passata tanta acqua sotto i ponti non ne sono capaci.
Mi fermo qui perché sto citando a memoria i pezzi che mi sono rimasti più impressi, e non ho il romanzo sottomano. Per dire che I promessi sposi, oltre a essere un’opera letteraria, sono anche Arte, mi limito a considerare un fatto: partendo da uno spunto non molto significativo (l’abuso di un potente su due giovani, parlando del ’600 non era certo qualcosa di inaudito) e da personaggi che in sé non avevano particolari qualità fisiche e intellettuali (tranne Lucia, che però per buona parte del romanzo è più un soggetto passivo che attivo negli eventi), Manzoni scrive una storia che appassiona (mi riferisco alla trama, chiarò che risulti meno appassionante per chi non digerisce lo stile) e che arriva a toccare temi sociali (la superstizione delle folle, la corruzione dei potenti) e universali (la provvidenza) senza che ciò vada a inficiare la narrazione generale. Lo so, qui non sto dicendo nulla di diverso da quanto scritto in molti manuali di letteratura per le superiori, ma questo non lo rende per forza di cose sbagliato, chi rilegge il libro al di fuori dell’obbligo scolastico se ne può benissimo rendere conto.
Il problema è che pochissimi lo fanno, perché la scuola non insegna veramente a leggere Manzoni, tranne che in pochi casi fortunati: io ho avuto la fortuna di leggere l’edizione critica annotata da Gene Pampaloni, mentre i miei compagni di classe che han comprato l’edizione indicata dalla scuola si sono trovati analisi critiche pessime. Ma il fatto che la scuola trascuri, in questo romanzo, l’umorismo, la resa cinematografica delle scene d’azione, l’atmosfera onirica nelle scene di angoscia e via dicendo, non vuol dire che allora I promessi sposi siano privi di queste virtù narrative; né, per dirlo, basta scrivere un articolo basandosi su poche righe del romanzo.

#113 Comment By Skeight On 27 marzo 2011 @ 19:47

Ops, a quanto pare mi sono incasinato con il tag per il corsivo… my bad.

#114 Comment By Zarathustra On 27 marzo 2011 @ 22:22

@Gamberetta: io e te non abbiamo il potere di decidere cosa sia Letteratura (o letteratura) e cosa non lo sia, temo. Perché Mozart è storia della Musica? Mah. Lo è e basta, per tradizione consolidata. Noi possiamo accettare questo fatto, e studiarlo in modo critico e ragionato (senza i paraocchi di chi ritiene esistano Autori Intoccabili). Diciamo che, proprio a voler indagare (…contestualizzare?), bisogna inserire l’opera in una catena cause-conseguenze, dove le prime sono lo sfondo e le seconde ciò che ci fanno assegnare a quell’opera un “ruolo” nella storia.

#115 Comment By Alberello On 28 marzo 2011 @ 00:33

No Alberello, quello non è contesto.

Affermato ciò, perchè allora a scuola continuano a torturare persone con questa fissa di sapere i nomi veri delle varie dediche artistiche e non dicono solo: “Da sempre è stato uso per gli Artisti usare nomi fittizi al posto di quelli veri per le dediche da fare alle dame che richiamavano il loro amore”? Non è meglio così?

Perché Mozart è storia della Musica?

Secondo me perchè quando ascolti un pezzo come questo, è quasi impossibile riuscire a rimanere impassibili.

Diciamo che, proprio a voler indagare (…contestualizzare?), bisogna inserire l’opera in una catena cause-conseguenze, dove le prime sono lo sfondo e le seconde ciò che ci fanno assegnare a quell’opera un “ruolo” nella storia.

E perchè bisogna farlo, a cosa serve? Che utilità ne ricaverò?

#116 Comment By Magdalena On 28 marzo 2011 @ 11:06

Avete scritto troppo.
Fatto sta che ho colto qua e là delle cose (diciamo che non ho letto tutto tutto tutto. Se ripeto quello già detto da altri, va be’ amen):

- il contesto ha importanza? E perché? Perché a suo tempo aveva un valore? E a me nel 2011 che me ne frega che, a suo tempo, Ciccio Malese era un genio? Se Dio vuole io nella sua epoca non mi ci troverò mai.
- Ho visto nominare Giotto. Ora cercatemi uno che non sia debole di mente che verrebbe veramente a dirmi che le opere di Giotto non siano di una estetica oggettivamente riconoscibile come godibile. Oggi, ieri, l’altro ieri, duecento anni fa. nessuno che abbia occhi e cervello può dire una cosa simile. Le tecniche pittoriche forse si sono evolute, ma ciò che è bello rimane bello anche oggi e, ops, anche fuori contesto storico.

Il ragionamento non ha senso a priori, per il semplice fatto che se dovessimo partire da questo presupposto non dovremmo mai provare un autore di per sé, o andare a vedere un museo. Voglio dire, volete per caso dirmi che eravate a conoscenza di TUTTI i contesti storici prima di vedere la città di Barcellona e le sue opere a cielo aperto?
Io no. E me le sono godute un sacco.
Poi, incuriosita, ho cercato informazioni e guide.

Il processo inverso, che si fa passare per sacrosanto, è innaturale e inquietante; partire dal generale per arrivare al particolare è davvero molto inquietante.
E’ come dirmi che i morti per un’epidemia di peste oggi sarebbero diversi dai morti di un’epidemia di peste nel 1600. No, i morti sono uguali, sono meno, forse, perché oggi abbiamo delle conoscenze mediche più avanzate.

Il mondo non funziona a epoche stagne e soprattutto se vogliamo contestualizzare io vivo nel xx secolo. Se la scuola ha il compito – e mi pare lo abbia, almeno per quanto riguarda la scuola dell’obbligo – di fornire un sapere enciclopedico che per sa definizione NON può essere specifico, si deve necessariamente scegliere.

Ora il discorso sarebbe assai lungo: serve a me sapere che Alessandro Magno a Gaugamela ha vinto puntando a una determinata strategia? Oggi sarebbe utilizzabile, forse, come metafora, ma l’arte della guerra è cambiata, gli strumenti sono cambiati, è una bellissima nota di colore e argomento di conversazione la falange macedone, ma sapere che esiste non mi porterà a capire perché mai oggi stiano facendo piovere bombe sulla Libia.
E’ uguale, a mio avviso, per la letteratura: che Leopardi fosse un gobbo disadattato ha influito sui suoi testi? E al popolo?
Nulla. Perché questo non autorizza a studiare mongoloidi che scrivono stronzate perché venivano gettati in un pozzo da piccoli e a suo tempo usava così (il discorso è identico, a ben vedere).

#117 Comment By Zarathustra On 28 marzo 2011 @ 11:19

@Alberello: serve a capire.
@Magdalena: idem. Non ho MAI detto che senza contesto non si apprezza un’opera…ma è innegabile che contestualizzandola si capisca molto, molto, molto di più, e quindi la si apprezzi molto, molto, molto di più. Altro esempio: Guernica. Mi sembra palese che il processo sia: vedo/leggo/sento l’opera—>la apprezzo/non la apprezzo—>cerco di capirla fino in fondo, contestualizzandola—>la apprezzo/non la apprezzo con cognizione di causa, con solide motivazioni che non siano “Mnzn fa skif!!1111!!!1! Nn usa lo sciò dontell!11!”. Mi sento quasi scemo a spiegare sta roba comunque, la darei anche per scontata ;)

#118 Comment By Magdalena On 28 marzo 2011 @ 11:50

@Zarathustra

Non sei scemo tu e non lo sono neanche io.
Infatti, come ho detto, dato che mi ha affascinato IO mi sono premurata di informarmi; mica ho chiesto alla docente di farmi dieci ore sulla storia artistica di Barcellona sottraendole dal poco tempo che l’istruzione ha per comunicarmi i concetti basilari.

Dobbiamo renderci conto che il tempo è limitato.
Per quanto tendano a dilatarlo sempre più se Yoda fosse partito a spiegare dalle origini della sua razza a oggi forse Luke non avrebbe mica imparato a usarla la forza.

Contestualizzare è bello.
Ma la domanda giusta non è sia corretto farlo, ma se sia necessario e, soprattutto, fondamentale farlo a scuola.

#119 Comment By Aulos On 28 marzo 2011 @ 12:56

Anche se non sono nuovo del blog, è la prima volta che commento: mi interessa quello di cui si discute.
Voglio solo intervenire riguardo a quello che dice Zarathustra: sono d’accordo con lui non per i concetti di Arte e Letteratura (“Cuore” di De Amicis fu molto apprezzato al tempo, anche se come prova letteraria non è granché valido; stesso discorso per “Storia di una capinera” di Verga. Al contrario, passando alla similitudine musicale, la musica di ?ajkovskij venne definita “puzzolente”, e sappiamo come è andata a finire), ma per quanto dici sul contesto.
In questo sono d’accordo con te. Si è parlato del Sense of Wonder abbondantissimo nella “Divina Commedia”: ad esempio, secondo me si aumenta il SoW nell’episodio dell’orgoglioso Farinata se si conosce il contesto (Farinata ghibellino, Dante non ghibellino solo per ragioni cronologiche e bla bla bla).

#120 Comment By Gamberetta On 28 marzo 2011 @ 13:20

@Murasaki.

Il punto è che più di tanto non si può lasciar perdere: come ha osservato uno dei commentatori, all’esame certi autori sono in programma e gli esaminatori si aspettano che gli alunni siano a conoscenza di un certo tipo di nozioni.

Come dicevo nell’articolo originale su Knight bisogna appunto partire da qui. Ovvio che i professori non possono inventarsi i programmi da zero.
Il punto è anche che il nozionismo diventa sempre più inutile: ci metto tre secondi ad andare su wikipedia e leggermi vita, morte e miracoli del Manzoni. Ci metto tre secondi a recuperare il testo de I Promessi Sposi. Ce ne metto magari dieci per scoprire a che altezza volavano le rondini, ma insomma siamo lì.
E prevengo subito la solita obiezione imbecille: se in futuro mi troverò nella condizione di non avere Internet, vorrà dire che siamo all’Apocalisse e del Manzoni non fregerà niente a nessuno – durante il terremoto in Giappone e nelle ore immediatamente successive Internet funzionava, eh, il che significa che chi aveva bisogno di nozioni letterarie mentre veniva investito dal maremoto poteva soddisfarsi.
Perciò il tempo dedicato alle nozioni è sprecato. Invece il tempo dedicato ad affinare le doti di ragionamento e analisi è quello che permette di avere cittadini più consapevoli.

@Skeight.

Ops, a quanto pare mi sono incasinato con il tag per il corsivo… my bad.

Ho sistemato io.

mi sembra che ne I promessi sposi ci siano molte idee e soluzioni narrative che lo rendono più avanzato rispetto alla prosa italiana di quel periodo

E già qui partiamo male: perché si possono coniare quante definizioni per “Letteratura” e “Arte” si vogliono, ma mi sembra ragionevole che debbano avere come punto di partenza dei valori assoluti. Se un mongoloide di cinque anni scrive un romanzo è una grande impresa per lui e si dimostra molto più “avanzato” degli altri bambini, ma non per questo ha prodotto Arte o Letteratura.

Qualche esempio: quando l’oste osserva Renzo addormentato, metafora aulica (Orfeo e Psiche) subito seguita da un “Pezzo d’asino!” mormorato dall’oste stesso, che è una classica trovata umoristica (tono alto che precipita all’improvviso), e che ritorna anche quando, in vescovado mi pare, il cardinale Borromeo, l’Innominato e Lucia escon fuori e l’autore descrive le reazioni commosse, ammirate eccetera degli astanti per poi chiudere netto con Don Abbondio “cui nessuno badò”.

Accidenti, metafora aulica + “Pezzo d’asino!”. C’è anche nel romanzo della Strazzu con “Testa di pigna!”. Dovremmo studiare anche lei a scuola.

Poi, anche se non sempre, ma comunque è indubbia la bravura del Manzoni nel show, don’t tell

Se accetti lo “Show don’t Tell” come criterio, ci sono migliaia di opere migliori de I Promessi Sposi. Migliaia di opere scritte nello stesso periodo in Italia? Forse no. E con questo? Si sta cercando l’Arte o si sta cercando il primo tra gli ultimi?

Lo so, qui non sto dicendo nulla di diverso da quanto scritto in molti manuali di letteratura per le superiori, ma questo non lo rende per forza di cose sbagliato, chi rilegge il libro al di fuori dell’obbligo scolastico se ne può benissimo rendere conto.

Sono banalità appunto degne della scuola. Quale romanzo non tocca temi sociali e universali? A tutti i romanzi si può appiccicare la coccarda di “sociale & universale”. Moccia con tutte le sue opere, la Meyer anche, persino i fumetti di Topolino. Invece, sempre partendo dal presupposto che potremmo scannarci per anni sulle definizioni di “Letteratura” e “Arte”, forse proprio la presenza di personaggi degni può significare qualcosa. Forse nella Letteratura e nell’Arte si trovano Ulisse, Amleto e Don Chisciotte, non Renzo Tramaglino. Forse nella Letteratura e nell’Arte si viaggia all’Inferno, che non è lo stesso di organizzare un matrimonio tra mentecatti.

Ma il fatto che la scuola trascuri, in questo romanzo, l’umorismo, la resa cinematografica delle scene d’azione, l’atmosfera onirica nelle scene di angoscia e via dicendo, non vuol dire che allora I promessi sposi siano privi di queste virtù narrative; né, per dirlo, basta scrivere un articolo basandosi su poche righe del romanzo.

Quello era un esempio, il resto sarebbe pure peggio. Comunque si sta ancora sviando il discorso, il punto non è tanto quanto il Manzoni sia bravo o abbia importanza storica, il punto è: il Manzoni è così bravo e così importante da dedicargli decine e decine di ore di lezione? No, santo cielo, no!
Così come a Fenimore Cooper non le si dedicano.

@Zarathustra.

io e te non abbiamo il potere di decidere cosa sia Letteratura (o letteratura) e cosa non lo sia, temo.

Parla per te, io non ho problemi a decidere che I Promessi Sposi non sono Letteratura ma solo un romanzetto rosa. Se tu invece non hai le conoscenze per catalogare un testo di narrativa, magari sarebbe meglio se ti informassi prima di commentare di nuovo.

#121 Comment By Zarathustra On 28 marzo 2011 @ 13:21

@Aulos: è raro che i contemporanei capiscano. Per questo ho detto cause–>opera–>conseguenze. E le conseguenze si vedono solo col senno di poi, anche se ovviamente il bravo critico dovrebbe poterle prevedere.

#122 Comment By Zarathustra On 28 marzo 2011 @ 13:24

@Gamberetta: se la tecnica fosse il parametro, i Beatles sarebbero disprezzati sommamente. Informati TU sulle metodologie e sulle scuole della critica, e poi vieni a parlare di critica – altrimenti continua tranquilla a fare le pulci alle parole, e lascia la critica a chi è competente. Curiosissimo come tu abbia risposto a quello che ti pareva, ma sono così abituato al trolling che lascio perdere.

#123 Comment By Skeight On 28 marzo 2011 @ 14:09

Non sono d’accordo sulla tua risposta sui temi sociali. Certo, ogni autore può essere interpretato in un’ottica di questo tipo, Moccia e Strazzulla compresi, perché tutti viviamo in un determinato contesto e le nostre azioni sono sempre, in qualche misura, influenzate socialmente, le opere d’arte soprattutto. Ma io non parlo di rappresentazioni sociali passive o implicite (come può essere quella del “disagio giovanile” nel descrivere una gara di corse clandestine), ma di quelle dichiarate. Ci sono moltissimi autori che, per inserire un messaggio preciso nei loro romanzi, li trasformano in sermoni noiosissimi; Manzoni infarcisce la sua opera di commenti moralisti, di descrizioni di leggi, di lamenti sui difetti degli uomini, interrompe anche la trama principale per qualche capitolo per parlare di peste, e ciò nonostante il ritmo della narrazione non ne risente, anzi: le pagine sulla peste sono bellissime di loro. Questa, secondo me, è la differenza.

il punto è: il Manzoni è così bravo e così importante da dedicargli decine e decine di ore di lezione? No, santo cielo, no!

E invece secondo me sì, ma perché dico questo? Perché è vero, ogni singolo aspetto positivo del Manzoni che ho indicato si può ritrovare in altri autori, magari in forma anche migliore. Ma quanti sono gli autori che in sé racchiudono tutti questi aspetti positivi?
Se un professore di lettere volesse insegnare ai propri studenti tutte le tecniche su come si scrive un romanzo, per ognuna di esse potrebbe citare un qualche ottimo autore. Ma Manzoni può essere citato per praticamente tutte! Ci sono altri autori oltre a lui con questa versatilità? Probabilmente sì, ma allora si potrebbe porre la stessa domanda: perché l’autore X o Y invece di Manzoni? Se la loro utilità ai fini di insegnamento narrativo è la stessa, e in più con Manzoni ci sono i vantaggi a livello di storia della letteratura e di contesto di cui parla Zarathustra, allora Manzoni è davvero il miglior autore da studiare, alla scuola dell’obbligo come nei corsi di scrittura creativa (ammesso che lì parlino mai di Manzoni… non ho esperienza diretta di tali corsi).

#124 Comment By glue On 28 marzo 2011 @ 14:55

Quello che non capisco bene è perchè la discussione verta tra la correttezza nel fare approfondimento storico e il non farlo completamente.
Partendo dal presupposto che passare più tempo a imparare per bene le basi di scrittura dovrebbe essere considerato più importante di quanto non lo sia oggi, e questo indipendentemente dal fatto che gli studenti nutrano o meno il desiderio di diventare scrittori, mi vengono in mente due considerazioni:
a) imparare il contesto non ha un’utilità pratica in se, è la logica richiesta nel concatenare informazioni che giustifica lo studio di storia, geografia, storia della letteratura e via dicendo. Non è inutile, a meno che non sia fine a se stessa.
b) il discorso iniziale parte da una base diversa, a meno che io non abbia interpretato male, e cioè che prima di fare approfondimento bisogna avere gli strumenti per mettere le informazioni ricevute nella corretta relazione e questa è una cosa che non viene tenuta in giusta considerazione dalle scuole precedenti al liceo fino all’università dove alcune materie esistono solo per fare numero. Il tempo per insegnare le cose per bene c’è, e la storia della letteratura potrebbe essere usata neli ultimi anni del liceo posto che si siano date basi solide prima. Ho trovato l’esempio dell’educazione fisica fatto dal duca calzante perchè segue lo stesso principio logico: prima ti dovrebbero insegnare a conoscere bene il corpo, l’alimentazione e gli esercizi utili e poi dovrebbero portarti in palestra a fare esercizi adatti al tuo corpo per abituare a tenerti in attività, e non per fare fare capriole una volta e lasciarti libero di fare il cavolo che ti pare le successive.
A proposito di arte e dell’esempio di ‘Guernica’ fatto da Zarathustra volevo fare una precisazione: l’arte, in qualunque campo del sapere, è un linguaggio e come tale per essere compreso vanno dati strumenti per capirlo, strumenti che per inciso non vengono insegnati se non in alcune scuole e quasi mai nel modo giusto. Imparare il contesto non ti serve a nulla se non comprendi comunque la logica dietro le regole di composizione ed equilibrio di un quadro, giusto per fare un esempio. Tutto ciò che puoi fare è guardarlo e metterlo in relazione ad un contesto spiegato da qualcun altro che non puoi neppure sapere se sta omettendo informazioni utili per una migliore comprensione dell’opera che hai di fronte: qualunque cosa accada avrai comunque bisogno di qualcun altro che te la spieghi per poter andare oltre la ‘sensazione’ e l’arte per essere tale deve essere molto di più. Questo vale per musica, pittura, scultura, scrittura e via dicendo.

#125 Comment By Hendioke On 28 marzo 2011 @ 17:34

Io ci provo un’altra volta a dare la mia opinione e vediamo se stavolta qualcuno la prenderà in considerazione. Per sicurezza semplificherò ulteriormente il concetto.

Insegnamento solo nozionistico: inutile. Senza apprendere le competenze che stan dietro la produzione di uno scritto sarò sempre alla mercè del primo retorico scribacchino e scriverò per lo più banalità

Insegnamento solo strumentale: poco utile. Apprendendo solo le competenze che stan dietro la produzione di uno scritto eviterò di farmi far fesso dal primo retorico scribacchino, ne lo diventerò, ma verrò fatto fesso dal primo che scrive banalità e scriverò banalità

Insegnamento strumentale e dell’evoluzione dello strumento (ovvero storia della letteratura fatta NON in modo nozionistico ma apprendendo i perché e i percome dei vari cambiamenti): epic win. Non solo avrò piena coscienza delle competenze dietro la produzione di uno scritto, ma avrò introiettato abbastanza esempi e materiale da scordare difficilmente quanto appreso e non farmi infinocchiare dal primo scrittore banale che passa, ne rischierò di diventarlo.

Fra l’altro un insegnamento di quest’ultimo tipo è possibile senza troppe modifiche alla scuola così com’è. Nel mio liceo classico studiavamo Comunicazione riuscendo a ridurre storia della letteratura, cambiarne l’approccio e dintegrarla con argomenti più tecnici ed interessanti quali semiotica, ermeneutica, retorica ecc.

Al prossimo giro proverò a fare un disegnino ^^

#126 Comment By Alberello On 28 marzo 2011 @ 18:51

@Zarathustra

Non ho MAI detto che senza contesto non si apprezza un’opera…ma è innegabile che contestualizzandola si capisca molto, molto, molto di più, e quindi la si apprezzi molto, molto, molto di più.

Da bifolco bucolico che gira con forcone quale io sono, è questo che mi lascia in dubbio. Quando vidi Arancia Meccanica per la prima volta ne ho tratto delle conclusioni personali (era il primo film di Kubrick che vedevo e non sapevo nulla di lui o del suo modo di girare film), poi spinto dalla curiosità cercai di informarmi un po’ di più sull’autore e scoprì che al tempo in cui i suoi film uscirono la critica ed il pubblico lo osteggiavano per l’alto tasso di violenza espressa in essi contenuti (Perché nessuno pensa ai bambini???). Allora egli ci fece sopra un film apposta (arancia meccanica appunto) nel quale dimostrava la sua idea (espressa in un’intervista) in cui diceva che secondo lui i film “non insegnano la violenza, tutt’al più insegnano uno stile.”

Ed ecco perché il personaggio di Alex che di natura è violento, anche se con metodi di coercizione forzata e artificiali viene indotto alla pace dei sensi, alla fine non riesce ad adeguarsi a questo suo nuovo stato e ritorna esattamente come prima, secondo la sua natura. In pratica ha voluto dimostrare la sua teoria ribaltando le premesse. A prescindere che si concordi o meno con questa teoria (siamo nel campo della famosa diatriba genetisti VS comportamentisti che al tempo era molto in voga), lo scoprire tutto questo non mi ha fatto capire di più l’opera e di conseguenza apprezzarla meglio. Il mio giudizio sul film rimane esattamente quello che ho avuto quando l’ho visto la prima volta. Quello che è cambiato è che ho capito meglio l’autore e mi ha fatto apprezzare di più lui come persona per la simpatica trovata.

Questo non significa che da quel momento Kubrick è diventato il mio Dio e qualsiasi cosa abbia girato dopo lo classifico come bello solo perché l’ha fatto lui (anche se mi piacciono tutti i suoi film in realtà). E di certo non racconto tutto questo a chiunque abbia visto il film e me ne parli, perché non serve a niente. Se uno mi dicesse: “A me Arancia Meccanica non è piaciuto” Non replicherei dicendo: “Perché non sai l’autore cosa pensava e il contesto storico in cui l’opera si colloca”.
Se una persona è spinta da curiosità e dopo aver visto il film viene tentata e mi chiede: “Ma tu che ne pensi, secondo te Kubrick cosa voleva dire con questo film?” Allora finalmente si comincia una discussione interessante ed un dibattito. Ma la premessa è aver visto l’opera ed essere stati incuriositi da essa, non il contrario.

E adesso scusate, ma devo andare a mungere le mie mucche che ascoltano Beethoven, con la nona sinfonia mi producono più latte o latte più.

Bevete più latteIl latte fa beneA tutte le età.

#127 Comment By mgcgio On 28 marzo 2011 @ 20:02

@Gamberetta: “I promessi sposi” un romanzo rosa?
Non credo proprio. Se non altro, i romanzi rosa puntano a creare un coinvolgimento emotivo. Manzoni non riesce a creare nessun coinvolgimento. Sfido chiunque a dire che si è immedesimato nei personaggi. E’ pressochè impossibile, perchè l’autore fa di tutto per non permetterlo, tranne rari passaggi. Ogni tanto interviene direttamente per dare dei giudizi sui personaggi (sottolineando come sia impulsivo Renzo, codardo don Abbondio, ecc.) o sulle situazioni (tipo il comportamento della folla). E’ il modo giusto di scrivere, questo? Mah.

#128 Comment By Zarathustra On 28 marzo 2011 @ 21:14

@Alberello: Mica ho detto che uno deve sapere tutto prima di fare l’esperienza, sarebbe quasi un controsenso!

#129 Comment By glue On 28 marzo 2011 @ 21:23

@Hendioke
Concordo parzialmente sul fatto che si debbano bilanciare anche le nozioni, ma come ho detto prima solo per una questione di esercizio logico non semplicemente mnemonico. La tua teoria mi lascia perplesso, quando dici:
Insegnamento solo strumentale: poco utile. Apprendendo solo le competenze che stan dietro la produzione di uno scritto eviterò di farmi far fesso dal primo retorico scribacchino, ne lo diventerò, ma verrò fatto fesso dal primo che scrive banalità e scriverò banalità
non mi convince. Se voglio scrivere bene dopo aver imparato le basi continuerò a vedere esempi di scrittura per fare mie le regole e imparare ad applicarle coerentemente, non andrò a leggere la storia dell’autore per apprezzare di più lui o i suoi lavori.
Un altro esempio banale: quando studio qualcosa di nuovo per aggiornarmi professionalmente non mi serve conoscere la storia del mio insegnante, che potrebbe avere dieci anni in più o in meno di me, potrebbe essere una persona splendida o un gran bastardo. Mi serve comprendere ciò che sto studiando al meglio per perfezionare le mie competenze e diventare un professionista migliore. La conoscenza appresa a scuola non ha ragioni differenti da quella appresa in un corso specialistico: entrambe servono a formare professionalmente le persone offrendogli le stesse opportunità quando al termine degli studi arriverà il momento di decidere cosa fare della loro vita. Riuscire ad emergere dalla banalità è una cosa completamente diversa che non può comunque essere insegnata a scuola.
Quando guardo un film, dove spesso di banalità ne prendi a carrettate, mentre apprezzo la storia presto anche attenzione alla qualità della regia, della fotografia, dei dialoghi, e degli effetti speciali. Vedo il prodotto come insieme e nelle sue singole parti e posso farlo perchè ho competenze del settore; questo non significa che non apprezzo un prodotto perchè guardo anche al lato tecnico, significa solo che il mio giudizio sarà più completo e potrò decidere scientemente se ho perso ore della mia vita oppure se c’era del buono.

#130 Comment By Alberello On 28 marzo 2011 @ 23:27

@Zarathustra
Il problema è che attualmente le due cose si fanno in contemporanea a scuola. Mentre si leggono i promessi sposi si fa in contemporanea la storia di Manzoni e la storia generale. Ed è terribile tutto questo, perché è come se ad ogni fotogramma di un film di Tarantino ci fosse un tizio che mette in pausa e ti spiega quella o questa citazione da quale film l’ha copiata. In questo modo alla fine non hai capito un cavolo del film e nemmeno delle citazioni.

Secondo me si dovrebbe prima leggere tutto il libro senza dire niente di niente riguardo il contesto e poi tutto il resto. A prescindere da questo, comunque, i promessi sposi sono effettivamente brutti come romanzo per i motivi espressi da Gramsci più quelli espressi da Gamberetta, pertanto è plausibile che gli studenti dicano: “A me frega un kaiser se Manzoni era il più figo della sua epoca, possiamo parlare di gnocca?” Non è che per questo siano ignoranti, sono dannatamente pragmatici.

È come se tu incontri una ragazza che è un cesso, per quanto ti dicano che sia avvocato, ricca e quello che ti pare, se per te non è attraente un minimo fisicamente del suo “contesto” te ne fregherà alquanto (a meno che tu non sia una persona senza scrupoli con l’unico obiettivo del profitto ereditario).

Se invece incontri una gnocca stellare, vorrai subito sapere tutto di lei per cercare di conquistarla, anche se poi magari scoprissi che è una zingara di nome Esmeralda.

È l’opera che deve attrarre il lettore e non il suo contesto. La creatura deve essere stilisticamente efficace per invogliare colui che si approccia a continuare la lettura e la conoscenza di ciò che le sta intorno. Se si offrisse agli studenti qualcosa di meglio de I Promessi Sposi, probabilmente si riuscirebbe ad accendere in loro la passione per la lettura e per tutti i contesti che vuoi, invece di causare l’impotenza mentale.

Percui sono d’accordo sull’insegnare prima le tecniche e di dedicare lo studio del contesto solo in maniera più specialistica a chi volesse approfondire. È un surplus, non una necessità.

#131 Comment By Hendioke On 29 marzo 2011 @ 01:22

@Glue

Mi spiego meglio.

Studiare esempi di scrittura dopo aver imparato le tecniche narrative moderne può declinarsi in due tipi di studio (perchè alla fin fine anche apprendere dagli esempi è un tipo di studio):

1) nozionistico. Prendo “Il conte di Montecristo” e rilevo che la trama parla di questo e quello, i paragrafi dal 3° al 5° del capitolo 6° narrano questa azione o delineano quel personaggio. Scevro il tutto dallo stile antiquato e immagazzino.
E’ nozionismo: sto apprendendo, per esempio, che il Conte viene descritto così oppure cosa e ne trarrò ispirazione per i miei scritti o rimettendo qualche elemento paro paro oppure inventandone di miei ma ispirati su quanto ho appreso.

2) retroingegneristico. Con le mie capacità d’analisi vado a capire perché Dumas nei paragrafi dal 3° al 5° del capitolo 6° fa queste scelte tecniche invece di altre, queste scelte narrative invece di altre e comprendendo il perché mi approprio di un concetto, che forma un materiale di costruzione migliore del mero dato stilistico/narrativo espresso; un concetto che sta, come materiale per lo scrittore, alla nozione come il forno per mattoni sta al mattone nell’edilizia.

Il bello è che mentre il primo tipo di studio è eseguile anche da un idiota salvo problemi di lessico e ortografia completamente mutati dal tempo (le note lessicali son lì per quello) il secondo non è eseguibile con una mera conoscienza strumentale dello stato dell’arte narrativa.
E’, purtroppo, richiesto di sapere un attimo sto benedetto contesto storico, che non vuol dire sapere che Dumas era mezzo nero (chiseneincula) ma sapere che all’epoca la tecnica narrativa dei romanzi era quella e non un’altra e soprattutto perchè!

A mio avviso studiare delle opere che hanno contribuito a formare il nostro bagaglio culturale (l’insieme del materiale edile narrativo della nostra civiltà) a scuola, accanto alle tecniche, incentrandosi su uno studio non meramente nozionistico delle opere (inutile) ma d’analisi delle stesse e della storia della tecnica è l’ideale per formare lettori e scrittori davvero coscienti (indipendentemente che vogliano poi fare gli scrittori o meno).

Limitandosi a insegnare gli ultimi strumenti disponibili rischi di produrre aridi tecnici della lettura e della scrittura incapaci di analizzare uno scritto più vecchio di tot perché “WTF where is the Show don’t tell?!” tagliati fuori da una messe enorme di opere che, ops, sono quelle che hanno formato il bagaglio culturale e il cui materiale, trito e ritrito e ancora ritrito forma il 90% della produzione letteraria odierna e quindi facili prede di trame e concetti banali.

Inoltre, lo ripeto, uno Scrittore serio che quindi fa della tecnica narrativa NON il suo strumento di lavoro ma il suo lavoro deve conoscere il perché la tecnica narrativa s’è evoluta così e cosà altrimenti col piffero che riuscirà a contribuire all’evoluzione della stessa (certo può tentare col metodo “try and repeat” ma vabbè…)

P.S.
L’esempio costruito sul cinema regge poco, molto poco. Questo perché il cinema ha 116 anni e analizzando a ritroso i film con gli strumenti della tecnica contemporanea bene o male se non capisci tutto capisci molto (anche se ante-Griffith e ante-Ejzenštejn iniziano ad essere un po’ cazzi), la letteratura ha qualche migliaio di anni. Vedi te quanto puoi andare a ritroso senza prima doverti fermare un attimo a chiederti perché in quell’epoca e in quel luogo le descrizioni le facevano così e i dialoghi cosà.

#132 Comment By Alberello On 29 marzo 2011 @ 09:41

@Hendioke

Vedi te quanto puoi andare a ritroso senza prima doverti fermare un attimo a chiederti perché in quell’epoca e in quel luogo le descrizioni le facevano così e i dialoghi cosà.

Perfetto, ma comunque questa domanda viene spontanea solo se l’opera (di qualsiasi epoca sia) ti è piaciuta e ti ha incuriosito. Tutto qui il problema. Se io leggo i promessi sposi, dopo due secondi mi viene a male e me ne frega altamente del perchè lì è scritto così e di là è scritto cosà. Sono un lettore, non uno storico della letteratura.
Viceversa, se leggessi un’opera che mi attrae, comincerei a chiedermi: “Chissà perchè qui l’autore ha scritto così o fatto cosà”.

Arancia meccanica mi è piaciuto e mi ha incuriosito, questo mi ha spinto ad andarmi ad informare sul suo contesto, Il pesce innamorato mi ha fatto cagare e non me ne può fregar di meno di chi l’ha diretto e perchè. Mi pare chiaro come ragionamento, se un’opera te lo fa ammosciare (il cervello), anche l’uomo più curioso di questo mondo (quale io sono) si rifiuterà di imparare ed inconsciamente rimuoverà ogni ricordo di quell’opera.

Prova ad andare in giro a chiedere a chiunque qualcosa di un pò più specifico sui promessi sposi e vedrai che nessuno si ricorda niente. Chiedigli qualcosa del suo libro preferito e vedrai che saprà dirti tutto, perfino il numero di caratteri che contiene. Cercare un testo più appetibile da insegnare nelle scuole non mi sembra un crimine, insegnare prima le tecniche neppure se il risultato di questa combo sarà promuovere la curiosità personale verso la lettura e l’approfondimento del contesto (che si può trovare in internet in tutte le salse).

L’idea alla base è formare cittadini curiosi e che siano in grado di informarsi da soli su tutto, dando loro gli strumenti di lavoro adeguati.

#133 Comment By Hendioke On 29 marzo 2011 @ 11:49

E secondo me l’idea di base, “formare cittadini curiosi” è giusta, il metodo è sbagliato.

Se non gli fai un minimo di storia della letteratura come l’ho delineata nei miei post (quindi non “le rondini volavano basse” ma “perché all’epoca la tecnica narrativa dei romanzi poteva essere quella o un’altra ma non un’altra ancora? Evoluzione del romanzo dal Don Chisciotte ai primi romanzi inglesi e a seguire”) quando incontreranno un testo che li incuriosisce, ma sfugge all’analisi delle tecniche apprese a scuola, sarà per loro come trovarsi davanti qualcosa di nuovo, dovranno partire da zero o quasi.

Che potranno fare? Andare a spulciare Wikipedia (nozionismo a gogo), oppure leggersi un saggio critico sull’opera (ermeneutica…la divinità ce ne scampi)?
Con un po’ di coscienza dell’evoluzione storia della tecnica sapranno già, quale che sia l’opera, inquadrarla a grandi linee e sapere cosa cercare e su cosa concentrarsi per arrivare a fruire compiutamente l’opera.

Inoltre se insegni delle tecniche ma non dai dei benedetti esempi rischi di formare una massa di persone non solo autodidatte ma forse nemmeno curiose.
Quante possibilità ha uno di appassionarsi al romanzo d’appendice russo se non gliene fai studiare manco uno?
Certo potrebbe entrare in una libreria e comprarsi Anna Karenina.
Ve lo immaginate un giovane uomo formato a “Show don’t tell” e a digiuno di storia della letteratura che sceglie le 1000 pagine narrative e introspettive di Anna invece di, che ne so, un libro di VanderMeer?

Peccato che mentre il secondo non c’è ancora arrivato (magari ci arriverà ma adesso ancora no) il primo libro ha influenzato qualche migliaio di scrittori. E’ citato in andata e ritorno e ha ispirato fraccate di soluzioni a livello di trama e tecniche successive.
Altro motivo per cui non sarebbe schifo studiare un po’ di opere a scuola, per evitare che questi giovani virgulti tecnici e curiosi finiscano col pensare che l’idea del viaggio avventuroso che s’accompagna a una crscita interiore l’abbia inventato Keruac o Poe e non Omero

#134 Comment By Zarathustra On 29 marzo 2011 @ 12:41

Ma perché, le persone “diventano” curiose al liceo? Lol.

#135 Comment By Tapiroulant On 29 marzo 2011 @ 12:51

Quante possibilità ha uno di appassionarsi al romanzo d’appendice russo se non gliene fai studiare manco uno?
Certo potrebbe entrare in una libreria e comprarsi Anna Karenina.
Ve lo immaginate un giovane uomo formato a “Show don’t tell” e a digiuno di storia della letteratura che sceglie le 1000 pagine narrative e introspettive di Anna invece di, che ne so, un libro di VanderMeer?

Cioè, tu mi stai dicendo che io devo andare a scuola perché mi insegnino a farmi piacere una cosa che altrimenti non mi piacerebbe. Geniale.
In sostanza, potremmo dire che lo studio della storia della letteratura al liceo serve per giustificare il lavoro di critici letterari ed esegeti che hanno bisogno di un puntello morale per rendere conto del fatto che hanno dedicato la loro vita a scrivere commentari sui classici del passato.

Guarda, sarò franco: non ho mai letto una sola riga di Tolstoj, ma penso di essere comunque una persona sana, curiosa e versatile. Non si capisce perché un qualunque essere umano dovrebbe sentirsi in dovere di leggere un Classico, come se questo lo elevasse in qualche modo a una sfera superiore.
Se poi Tolstoj è stato un innovatore e un maestro della tecnica (prima volta che lo sento dire), non c’è motivo per cui io debba leggerlo, così come un matematico non deve leggere gli Elementi di Euclide o l’Al-Kit?b al-mukhtasar f? his?b al-jabr wa l-muq?bala di Al-Khwarizmi.
Guarda che gli esempi di come si applicano le tecniche letterarie, li si può fare anche sulla letteratura successiva alla *scoperta del principio*; li si può fare sugli stessi libri che la gente legge, ossia sui libri che presumibilmente le interessano di più. Se un principio scoperto da Tolstoj funziona, indipendentemente da Tolstoj avrà molto più senso dimostrarlo sulla letteratura successiva che non sullo stesso Tolstoj. FAIL.

Per inciso, gli autori dell’Ottocento che ho letto e amato di più (Poe, Gogol’, Dostoevskij, Balzac, Melville, Conrad) sono tutti autori che non ho studiato a scuola, neanche per mezza lezione. Degli autori che ho studiato non ho avuto, fino ad adesso, alcuna curiosità; e se me ne venisse in futuro, non sarà stato certo merito della scuola.
Ah, non vale rispondere che sarà stato perché ho avuto cattivi insegnanti.

Concludo: nessuno al mondo è talmente mongoloide da credere che il viaggio di formazione sia stato inventato da Kerouac.

#136 Comment By Hendioke On 29 marzo 2011 @ 14:38

Vabbé non son stato capito un’altra volta vedo di riassumere ete semplificare.

Studiare storia della letteratura fatta come vien fatta oggi è inutile e su questo son d’accordo con voi. Ritengo però possa, se fatta in altro modo, avere un’utilità.

Questo altro modo implica l’analizzare le opere e, cosa più importante, l’evolversi, esemplificato dalle opere studiate, delle tecniche narrative.
E per studiare l’evolversi delle tecniche non intendo studiare che prima si faceva così e poi si faceva cosa (INUTILE) ma perché si è passati da una tecnica all’altra (UTILE).

I vantaggi di uno studio siffatto sono sostanzialmente due:

1) Maggior comprensione della tecnica.
Se ti insegno una tecnica e ti faccio anche capire come ci si è arrivati a quella tecnica ottengo che l’avrai appresa meglio e ho anche speranza che tu possa meglio contribuire alla sua evoluzione.

Se ti insegno la tecnica e basta (lo Show don’t tell è l’unica tecnica possibile perché sì) avrò fatto di te un ottimo tecnico ma ho scarse speranze tu possa diventare un innovatore e rischio che tu assorba lo strumento come avresti assorbito la nozione.
Ce l’hai, sai usarlo ma non è propriamente tuo quindi difficilmente andrai oltre questo.

Ok, è infinitamente meglio di un insegnamento solo nozionistico ma perché aver tanto quanto con poco sforzo in più potresti avere tutto?

2) Maggior conoscienza del materiale.
Siamo immersi, che ci piaccia o meno, in un humus culturale fatto di rimandi, influssi, reciproche influenze che spaziano attraverso millenni e ampie regioni geografiche.
Lo studio delle influenze passate per riutilizzarle è uno dei pilastri dell’epoca post-moderna, parliamo quindi di qualcosa che oltre ad attraversare la storia sta contraddistinguendo un’epoca!
Studiare le opere più riprese, (che certo non è, a livello occidentale, Manzoni, Tolstoj si ma c’è sicuramente chi ha influito di più: troviamolo), le più influenti (quelle che un tempo si cercava barbaramente di mettere nei canoni quando in realtà più che di canoni si parla di flussi di opere) torna utile al momento di scrivere e torna anche utile nel momento di leggere e comprendere i testi che ci stanno attorno.

Tapiroulant. Ti si un ragazzo intelligente ma non credere siano tutti come te. Se davvero bastasse avere la tecnica per essere curiosi (altra cazzata invereconda…un tecnico può essere caratterizzato dalla curiosità di un sasso) o se tutti lo fossero a prescindere allora non ci sarebbero particolari problemi.
Le persone da sole di fronte alle opere interessanti ricercherebbero le opere a cui queste fan riferimento e allargherebbero il loro sapere da sé (resterebbe il problema che di fronte ad opere troppo diverse per tecniche impiegate si troverebbero in difficoltà ad analizzarle).

Purtroppo non funziona così. Di gente che non si incuriosisce da sé e non si fa domande sull’origine di quel che fruisce è pieno, direi che noi qui siamo una felice elite circondati da masse di persone che credono che John Doe sia un’opera dalle trovate originali, Vasco Rossi la storia del rock italiano e Umberto Eco un grande giallista.

A questa massa di gente se dai la tecnica ma non dai un’infarinatura su che cazzo è venuto prima magari smetterà di leggere Eco perché fa troppi infodump ma finirà con l’osannare il primo Eco non infodumparo che comparirà all’orizzonte.

#137 Comment By Alberello On 29 marzo 2011 @ 15:24

Quante possibilità ha uno di appassionarsi al romanzo d’appendice russo se non gliene fai studiare manco uno?

Con una parola magica: Biblioteca!
La scuola attualmente ti obbliga selezionando opere preconfezionate (che tra l’altro ti fa comprare spendendo soldi, quando nemmeno sai se ti piaceranno). L’evoluzione potrebbe essere dell’insegnante che ti dice: “Questa particolare tecnica è stata per esempio utilizzata nell’Anna Karenina, vi consiglio di leggerlo perché bla bla bla, lo trovate facilmente in biblioteca”.
La differenza tra una mensa ed un ristorante è che al ristorante tu scegli cosa mangiare a volte consigliato dal cameriere che può dire: “Vi consiglio la spigola, oggi è freschissima”.
Diamine, ci vendono qualsiasi puttanata con questo sistema, possibile che non si riesca a far leggere un libro con un po’ di savoir-faire? Non significa che poi piacerà sicuramente, ma almeno magari uno su venticinque in classe poi si appassiona di Tolstoj e ti arriva all’esame che ti sa dire tutto di lui. Sarebbe un enorme guadagno avere un vero appassionato che fa questo piuttosto che 25 automi che citano a memoria la vita del Manzoni.

Uno magari si appassiona a Tolstoj, un altro a Manzoni, un altro a Dickinson, un altro a Twain, un altro a Shakespeare e magicamente ti ritrovi 25 persone che parlano di tutto e di più riguardo alla letteratura e si scambiano pareri e impressioni (magari litigandoci pure sopra, sarebbe il traguardo più ottimale raggiungibile).

Ma perché, le persone “diventano” curiose al liceo? Lol.

A parte che non parlo solo di licei (da dove di solito sono usciti i peggiori snob/cagacazzo che io abbia mai conosciuto, pieni di sé e che poi hanno bisogno dei tecnici anche solo per cambiare una lampadina, senza offesa per i presenti. Lol) e comunque non solo a scuola non si diventa curiosi, fanno di tutto per fartela passare la curiosità.
Mi considero un lettore vorace e curioso, mi sono letto i peggio mattoni e le cose più leggere, non ho pregiudizi in base alle copertine, all’autore o alla lingua ma… la scuola non mi è MAI stata d’aiuto in questo. Tutti gli autori che mi hanno fatto leggere (Manzoni, Leopardi, Tasso, Montale, Pirandello, Foscolo, Dante ecc.) me li hanno resi di una noia mortale.
Appena potevo mi rifugiavo in biblioteca e mi leggevo di nascosto Dickinson, Gibran, Baudelaire, Twain, Rimbaud, Wilde ecc.
Vivevo l’aula come una prigione e la biblioteca come l’ora d’aria.
La curiosità è insita in ogni essere umano, tutti i bambini imparano attraverso di essa, non c’è bisogno di far diventare nessuno curioso, basterebbe fargli mantenere questa attitudine anche quando diventa un orribile adulto. L’unica volta che provai a fare una domanda al prof di italiano la risposta fu: “Qui le domande le faccio io”. Minchia. Mi sono cascate le palle e non ho mai più chiesto niente.

Poi ci si stupisce che l’Italia sia il paese dove si legge di meno in europa. Misteri della fede.

#138 Comment By Hendioke On 29 marzo 2011 @ 16:16

Mi sa che siete fuori parametro ragazzi, guardatevi allo specchio: quello che vi vedete riflesso non è la maggior parte della popolazione (strano a dirsi).

Aniway Alberello c’è arrivato a capire che volevo dire

L’evoluzione potrebbe essere dell’insegnante che ti dice: “Questa particolare tecnica è stata per esempio utilizzata nell’Anna Karenina, vi consiglio di leggerlo perché bla bla bla, lo trovate facilmente in biblioteca”.

Giacché il tempo è quello che è e le opere che è utile studiare tendono ad essere millemila concentrarsi sull’analisi tecnica e narrativa estrapolando brani e passaggi sarebbe più economico che far leggere le intere opere senza però sacrificare la conoscienza (che verrebbe comunque acquisita ma attraverso il nuovo metodo di studio).

Poscia dopo di ché uno studio dei perché e i percome coi controcazzi richiederebbe sempre una fruizione completa dell’opera, quindi io alcune opere sono per farle leggere integralmente nelle scuole.
Ma l’importante è che venga trasmessa di ogni opera l’analisi del suo contributo alla tecnica e alla narrativa (semplificando; dello “stile&trama”), se poi non leggerà mai Tolstoj o Omero amen (di Tolstoj fino a qualche mese non avevo mai letto una riga ora che ci penso…chissà perché l’ho preso ad esempio), anche se trovo difficile che ci siano opere non interessanti se ben spiegate, ma almeno li avrà studiati e saprà riconoscerne le tracce in giro.

#139 Comment By glue On 29 marzo 2011 @ 17:24

@ Hendioke
Sai forse il disegnino non ci sarebbe stato male, sto cominciando a pensare che grosso modo siamo tutti daccordo sullo stesso principio base. Forse il mio esempio del cinema non era esattamente calzante, però l’idea di base rimane grosso modo valida: quando usi l’esempio del perchè una tecnica si è evoluta in un determinato modo stai comunque parlando di insegnamento della tecnica, che è ciò a cui mi riferisco anch’io, quando si parla di studio del contesto e della storia della letteratura ci si riferisce in genere solo al nozionismo: mi riassumi in pratica la vita dell’autore, cosa voleva comunicare, quale relazione c’era tra le correnti di pensiero dell’epoca ecc. Migliaia di pagine piene di opinioni di esperti ma nessuna spiegazione realmente utile dal punto di vista della formazione, nozioni che rientrano nella definizione “cultura generale” e che possono servire solo da un punto di vista logico in un quadro più ampio di assimilazione delle informazioni.
Imparare la vita e il pensiero di un autore non mi serve a migliorare la tecnica nè rende le sue opere oggettivamente più interessanti, studiare lo stile utilizzato e l’evoluzione precedente e successiva ad un periodo storico potrebbe, ma visto che lo scopo della scuola dovrebbe essere insegnare cose utili, imparare come scrivere bene usando l’italiano corrente forse dovrebbe essere prioritario rispetto alle tecniche passate.
Se la tua preoccupazione è che gli studenti possano rischiare di diventare dei tecnici senza ispirazione, credo di poterti rassicurare: tra di loro non tutti saranno comunque portati per la scrittura. Molti seguiranno comunque percorsi più adatti alle proprie abilità, dalla fisica nucleare all’impiantistica idraulica, ma se più persone fossero capaci di distinguere una cosa fatta bene da una fatta palesemente male probabilmente si alzerebbe un pò l’asticella qualitativa in molti campi e questo sarebbe già un piccolo successo. Naturalmente ci saranno sempre quelli che sfrutteranno le amicizie e le opportunità, ma questo temo sia più un problema sociale che non una cosa risolvibile migliorando la cultura individuale.

#140 Comment By Tapiroulant On 29 marzo 2011 @ 18:09

@Hendioke:

Posso essere d’accordo sul punto uno, purché l’enfasi venga posta sullo studio e l’esemplificazione della tecnica, e non l’analisi delle opere. Lo studio dell’opera dev’essere funzionale allo studio della tecnica, e non il contrario.

Il punto due però è mongoloide.
Innanzitutto, sto ancora aspettando che qualcuno mi spieghi cosa sia questa famigerata “epoca post-moderna” (definizione adorata dagli umanisti intellettualoidi ma che per quanto mi riguarda non designa alcun oggetto reale).
In secondo luogo, l’unica cosa che può avere senso fare, relativamente al punto due, è uno studio approfondito dell’ambiente in cui tu stesso vuoi lavorare: ad esempio, se vuoi scrivere fantasy, una buona conoscenza dei classici del genere e dei libri vicini alla tua ambientazione; se vuoi scrivere una reinterpretazione del romanzone ottocentesco, allora dovrai farti delle sessioni intensive di Tolstoj, Dostoevskij, Hugo, Hardy, Collins, Thackeray, James, e perché no, volendo anche Manzoni. Ma questo è già un ambito specialistico, che può andar bene per l’università, o per un corso facoltativo, o te lo fai a casa tua da solo, ma certo non a scuola.
Quindi il punto due è un FAIL.

Purtroppo non funziona così. Di gente che non si incuriosisce da sé e non si fa domande sull’origine di quel che fruisce è pieno

Beh? In questo la scuola può farci ben poco.
Riguardo alle direzioni che prenderà la curiosità dell’individuo, la responsabilità sta in grossissima parte nella famiglia e nella società. Per quanto impegno ci si possa mettere, anche riformando la scuola in meglio, dubito che in una borgata popolare di Napoli più di uno studente ogni 50 si interesserà sinceramente alla letteratura. Perché? Perché il suo ambiente lo porta verso altre direzioni.
Qui si torna al mio discorso iniziale, ossia che un reale innalzamento del livello di istruzione e di intelligenza si potrà avere solo con una trasformazione completa della nostra società, di cui la nostra scuola è solo un piccolo frammento.
Ho riaperto questo discorso solo per farti capire che non è nelle possibilità della scuola fare miracoli; e che di certo il tuo sistema non otterrebbe i risultati che dici tu; ora lo chiudo.

Naturalmente sono in disaccordo anche con la lettura integrale di opere canonizzate.
L’unica cosa che vedo utile è proporre ad ogni studente di leggere un libro a sua scelta (o magari di rileggere un libro che ha amato) e analizzarlo stilisticamente, per vedere cosa hanno appreso e rendere l’apprendimento più dinamico e attivo.
Per quanto riguarda lo studio di “classici del passato” utili a verificare l’evoluzione della tecnica, pochi brani da antologia dovrebbero bastare in tutti i casi. Se i brani risulteranno accattivanti a qualcuno, quel qualcuno potrà anche decidere di leggersi il libro integrale per conto suo (non c’è libro di narrativa che con un po’ di sforzo non si possa leggere da soli, nemmeno Dante – vedi mio commento precedente); e magari potrà decidere, di testa sua, di fare gli esercizi di analisi proprio su quel classico che l’ha colpito.
Amplierei però il discorso. Accanto al romanzo, analizzerei con gli stessi strumenti cose come i discorsi dei politici, gli slogan pubblicitari, gli articoli di giornale: tutto quello che può essere utile all’apprendimento dei meccanismi della retorica e del raccontare.

Nota finale: a me Il nome della Rosa piace.

#141 Comment By Riccardo On 30 marzo 2011 @ 22:51

Un saluto a tutti. Faccio una breve premessa. La scuola ha il compito di dare una base culturale comune a tutti. Soprattutto a chi, finito l’obbligo, decide di non volerne più sapere niente di matematica e latino e va a fare il muratore. A quel punto le nozioni e le tecniche che servono ad ogni persona per capire le altre, vivere civilmente e trovare ulteriori informazioni quando servono dovrebbero essere già note e padroneggiate. “Il metodo” come diceva il mio prof, sapendo che la scuola non poteva insegnare tutto, è quello importante.
Secondo me, quindi, se questa base viene reputata troppo debole allora si dovrebbe intervenire a monte, nella scuola primaria e adeguarla a standard più alti. Non sarà certo aver letto o meno Manzoni a 15 anni a cambiare la forma mentis o la capacità di comprensione del testo di un ragazzo che non sa fare analisi logica, costruire una frase semplice o dove mettere gli accenti o le “h” (il livello attuale è questo, purtroppo). Sarebbe come partire dallo studio dell’equazione di equilibrio di un corpo rigido senza aver fatto almeno le equazioni differenziali (un esempio più chiaro non mi veniva, però se non avete capito vuol dire che non sapete di cosa parlo ma siete vissuti bene lo stesso XD).

Detto questo, da quel che ho capito, mi sembra che riduciate il dibattito a cosa bisognerebbe studiare al posto della parte del programma di Italiano che riguarda Storia della Letteratura Italiana e i “classici” del biennio. La maggior parte di voi propone un affinamento della grammatica (che se non avete professori mongoli dovreste sapere abbastanza bene già alla fine del biennio) e soprattutto lo studio della tecnica narrativa.

Apro una parentesi: il latino non si fa perché il giorno dopo si va in giro a leggere le targhe nelle piazze o sui monumenti. Si fa perché permette di ripetere all’infinito la grammatica italiana e l’analisi logica (senza gravare sulle ore dedicate alla letteratura) conoscendo allo stesso tempo usi e costumi del popolo romano, facendo collegamenti con la storia e approfondendone alcuni aspetti che per tempo non sono stati affrontati nelle ore di Storia. Se non ve ne siete accorti mentre facevate una traduzione vuol dire che copiavate perché io bestemmiavo come un turco ogni volta che scambiavo un complemento con un altro. Se adesso pensate ancora che sia inutile non perderò certo tempo a farvi cambiare idea. Avete vissuto bene lo stesso finora, continuerete ancora a farlo. XD Chiusa parentesi.

Dicevo..Se per tecnica della narrativa si intende sapere come si sceglie un registro linguistico e come si imposta un articolo di giornale, un saggio scientifico, storico o d’opinione, scrivere una lettera commerciale o di altro tipo, questo al liceo si fa già (in tutti e 5 gli anni, e anche agli esami). Suppongo lo si faccia anche nelle altre scuole. Se non lo avete fatto non è colpa della scuola, è colpa del prof, o in alternativa degli alunni a cui non andava di fare un c***o e a cui non avete detto nulla quando facevano casino. Dunque vostra. Nessuna novità.

Perciò dai discorsi che facevate (show don’t tell e altre cose) ritengo che vi riferiate esattamente alla tecnica utile a chi vuole scrivere racconti e romanzi di qualsiasi genere.
Mi viene spontaneo fare una prima domanda: siccome questo è un ambito talmente specialistico da essere sviluppato in corsi appositi e siccome lo show don’t tell non aiuterà nessuno nella vita di tutti i giorni a capire se la banca sta cercando di appioppare una polizza farlocca ai clienti, a scrivere un bollettino, a pagare le tasse, a scrivere una relazione tecnica, a “lavorare” (a meno che non pensiate che tutti in Italia debbano scrivere un libro, ma allora sono problemi vostri) perché intestardirsi tanto con la tecnica narrativa e non invece nel “come leggere/redigere un contratto”? Oppure “come archiviare il proprio materiale?” “come leggere e trovare riferimenti normativi?” o per rimanere in campo artistico “come girare un film?”. Il linguaggio visivo mi sembra abbia anche più importanza della scrittura nel plasmare le persone se volessimo farne un discorso sui massimi sistemi, ma non è il caso.
La scuola dell’obbligo non si può permettere il lusso di curare gli interessi di pochi fortunati che vogliono studiare narrativa/cinema, piuttosto che giornalismo, o giurisprudenza. E a me che voglio fare analisi agli elementi finiti chi ci pensa? A questo dovrebbe servire l’università, no? La scuola deve occuparsi di quella massa informe di ragazzi che se non ci fosse il professore a dirgli “guarda che lì ci vuole un accento, là c’è una “h” di troppo” starebbero davanti alla tv a mandarsi sms criptici del tipo “ai visto amici? La amoroso e trpp brav” pensando che sia italiano e magari lo mettono per iscritto su un CV che mandano ad un’azienda appena finito il liceo.

Riguardo l’utilità dello studio della letteratura italiana, molto spesso in questa discussione si è fatto ricorso al termine “contesto” per riferirsi a “vita morte e miracoli di un autore”. Beh, se i vostri prof indicavano con questa parola il “gossip” perché volevano sapere a memoria la vita di Leopardi, vi hanno plagiato e non vi hanno reso un buon servizio. Il contesto per il Leopardi, per esempio, non è “essere lo sfigato di turno”, ma si spera sia il “Il romanticismo”, le influenze ricevute dagli autori tedeschi e inglesi (con tanto di opere da leggere l’estate magari), l’innovazione portata dall’autore stesso e gli autori che ha direttamente influenzato in Italia e in Europa. Perciò il “contesto storico/letteriario” è lo studio comparato dei testi, di qualunque natura, che dovrebbe permetterci di collegare un autore con l’altro e se lo vogliamo, se siamo interessati, di arrivare autonomamente al fantasy moderno o allo steam.
Inoltre, come è stato già ricordato, lo studio della letteratura (come anche della musica e della storia dell’arte) permette di avere un primo impatto (bello o brutto che sia) con autori di cui normalmente non si parla e che verrebbero, secondo me, dimenticati dalla massa.
Sinceramente quanti di voi discutono amabilmente del pessimismo Leopardiano con gli amici nonostante tutti lo abbiate studiato? E di Monet? Van Gogh? Omero? Della Roma Imperiale?
Non vi è mai capitato di incontrare persone che non sapessero chi sono Shelley, Keruac, Milton, Munch o che non si ricordano nulla, a parte il nome degli autori italiani studiati a scuola? Non penso di essere il solo ad avere il 99,9% degli amici che discute costantemente di poker, scommesse e calcio.
Al massimo con qualcuno si riesce a parlare di un film di Tarantino o Scorsese, ma già Miike non sanno nemmeno chi è, figurarsi Kitano o Miyazaky (per dirne 3 a caso). Figuratevi la letteratura. Faccio solo qualche nome. Steinbeck, Keats, Baudelaire si accennano soltanto al liceo.
Sbaglio o è opinione molto diffusa che nelle librerie lo spazio sia poco e occupato per la stragrande maggioranza da pattume? Se la letteratura non fosse studiata a scuola come farei a prendere sullo scaffale più basso “Furore” o “i fiori del male” se non lo avessi studiato a scuola? Sentendo i miei amici parlare della Strazzu o della Troisi come è successo l’altro giorno in facoltà?

A mio modestissimo parere riassumendo, il problema non è tanto la scuola o I Promessi Sposi, quanto la capacità dei professori di generare interesse. E anche se questi fossero iper-preparati e super-simpatici dubito che tutti gli alunni sarebbero interessati ad approfondire i loro insegnamenti. Purtroppo/per fortuna è così, tutti abbiamo interessi diversi.
Scusate lo sproloquio, non mi sono reso conto della lunghezza totale del post finché non ho visto l’anteprima. Spero di aver contribuito alla discussione in qualche modo.
Riccardo

#142 Comment By Magdalena On 31 marzo 2011 @ 00:17

A mio modestissimo parere riassumendo, il problema non è tanto la scuola o I Promessi Sposi, quanto la capacità dei professori di generare interesse. E anche se questi fossero iper-preparati e super-simpatici dubito che tutti gli alunni sarebbero interessati ad approfondire i loro insegnamenti. Purtroppo/per fortuna è così, tutti abbiamo interessi diversi.

Ecco, scegliere I Promessi Sposi come esca per una generazione che ormai di Renzo e Lucia non gliene può fregare di meno è usare un gomitolo per pescare, né più né meno.
Generare interesse e curiosità dev’essere il primo compito. Stimolare, immettere germogli, ditela come volete e Aristotele già lo sapeva.

Detto ciò, ah sì?
I ragazzi dovrebbero sapere la grammatica di base?
Sono d’accordo. Ora, torna su questo mondo e vai a vedere come scrivono non dico i liceali, ma molti giornalisti e poi ne riparliamo.

#143 Comment By Alberello On 31 marzo 2011 @ 19:08

Sapevo che quando consigliai a Magdalena di fari chiamare Maria non avrei sbagliato sul suo conto, ella è proprio Santa. Oggi sono incappato in un articolo dell’anno scorso ed ho pensato: Questo è perfetto per la discussione sul Manzoni. Arrivo qui e leggo:

Ora, torna su questo mondo e vai a vedere come scrivono non dico i liceali

Ella ha predetto il futuro.
Ave a colei che tutto sa, che tutto può. U_U

Ah, e ovviamente se un liceale su tre non sa scrivere è grazie al fatto che conoscono benissimo il contesto. Dio benedica Manzoni. :3

#144 Comment By Riccardo On 31 marzo 2011 @ 19:45

Ecco, scegliere I Promessi Sposi come esca per una generazione che ormai di Renzo e Lucia non gliene può fregare di meno è usare un gomitolo per pescare, né più né meno.
Generare interesse e curiosità dev’essere il primo compito. Stimolare, immettere germogli, ditela come volete e Aristotele già lo sapeva.

Non mi sembra di aver detto niente di diverso. Sono d’accordissimo con te. Un “Manzoni” in più o in meno cambia solo il fatto che usciti dalla scuola gli alunni avranno qualche collegamento in più o in meno con la storia dell’Italia e della letteratura europea da sfruttare se dovesse servire loro in futuro. Stop. Chi sapeva scrivere, utilizzare bene la logica e la retorica, continuerà a farlo, con o senza Manzoni; e gli altri rimarranno ignoranti (in questo campo) anche se tutte le ore dedicate alla letteratura nel 2° anno di scuola superiore fossero usate per ripetere grammatica.

Detto ciò, ah sì?
I ragazzi dovrebbero sapere la grammatica di base?
Sono d’accordo. Ora, torna su questo mondo e vai a vedere come scrivono non dico i liceali, ma molti giornalisti e poi ne riparliamo.

Anche qui sono d’accordissimo con te. L’ho scritto anche io. Non credevo che il mio discorso fosse così difficile da capire. Devo pensare che io sia uno di quei ragazzi che non riesce ad esprimersi bene se mi dici di tornare su questo mondo. Me ne scuso.
Riassumo i punti del mio ragionamento:
- la grammatica, le strutture verbali, la costruzione dei periodi, ecc si studiano alle scuole primarie e nel biennio.
- le ore di grammatica sono quindi tante, tantissime e non vengono influenzate (se non in minima parte) dalle ore di letteratura e dal “Manzoni” (che si fanno al triennio).
- Quando si legge “Manzoni” i ragazzi di 15 anni se non hanno avuto professori mongoli dovrebbero aver già studiato tanto la grammatica e avere dei “requisiti minimi” se non essere proprio “padroni della lingua”. Se non hanno avuto prof mongoli e comunque non conoscono la grammatica, vuol dire che sono stupidi o questo argomento non interessava loro. In entrambi i casi questo gruppo di persone non si interesserà nè alla letteratura, nè alla grammatica.
- se i “requisiti minimi” prodotti da un buon insegnamento su studenti “medi” sono bassi (e la situazione attuale come ho già detto sembra portare a questa conclusione) bisogna cercare di risolvere il problema a monte, non certo alle superiori. Un ragazzo di 15 anni che non sa fare una cosa, ha già imparato a copiarla. Quindi aumentare le ore di grammatica alle superiori è inutile e dannoso perchè toglie tempo per altre cose. Chi non sa Latino copia le traduzioni, chi non sa Matematica copia gli esercizi, ci sarà chi copia l’analisi del testo.

Personalmente penso che il male della nostra formazione siano i 3 anni della “scuola media” (non so come si chiama adesso che c’è il ciclo unico). Lì dovrebbero essere concentrati i professori migliori, quelli più preparati, quelli che dovrebbero essere l’amo con cui pescare dalla marea nera gli studenti più curiosi e indirizzarli alle scuole secondarie più vicine agli interessi dei singoli. Invece spesso sono quelli più inetti dai quali non si riesce a imparare nemmeno la disciplina.

Scusate tutti la ripetizione. Riccardo

#145 Comment By mgcgio On 31 marzo 2011 @ 20:52

@Riccardo: concordo con quasi tutto. In particolare sullo studio della grammatica: è innegabile che si fanno tante ore. Dalle elementari, alle medie, fino al biennio (naturalmente, con livelli diversi). I prof scarsi capitano, ma onestamente credo che se molti sono una frana con la grammatica (io compreso) e perchè non si sono mai impegnati un granchè (io ne sono un esempio!)
Sono anche d’accordo sul fatto che studiare le tecniche narrative, ha più senso per chi vuole fare lo scrittore, e quindi per una scuola specialistica.
Sulla vita degli autori: purtroppo, quella viene fatta studiare. E’ proprio nei programmi: sembra che sia importantissimo sapere che Leopardi si rifugiava nella biblioteca del padre, più di conoscere quali erano le sue influenze e il contesto letterario dell’epoca.
Ma non sono molto convinto che il contesto letterario sia poi così importante. Perlomeno, non uno studio approfondito. A grandi linee, viene insegnato già alle medie e nel biennio (perlomeno, così è stato per me, e io ho fatto ragioneria, non un liceo) le principali correnti letterarie, e quello è gia sufficiente, secondo me.
Non dico che non sia utile storia della letteratura, ma ha senso solo se è incentrata soprattutto sul testo, e non sul contesto. Non tanto (o non solo) per le tecniche narrative (anche perchè qualunque lettore accanito, dopo un po’, riesce a capire se uno scrittore scrive bene o no, e riesce ad affinare il gusto, a riconoscere i stereotipi, ecc), ma soprattutto perchè è dal testo che si apprende il “pensiero”, l’evoluzione, e insomma tutto quello che invece viene studiato soprattutto a livello teorico (non so se mi sono spiegato). Inoltre, bisognerebbe studiare più testi, e non solo di autori italiani, se proprio si vuole fare storia della letteratura.
Studiare per un anno Manzoni, non ha senso sia che si consideri vitale Storia della letteratura, sia che la si consideri inutile. Perchè soffermarsi così tanto su un autore che forse è importante a livello nazionale, ma di certo è quasi ininfluente a livello internazionale? E magari ignorare completamente o quasi Dostojevski, Kafka, Stevenson e altri, che possono piacere o meno, ma la cui influenza a livello mondiale è indubbia? Perfino Verne è un autore molto più importante di Manzoni!
Quindi, più studio sui testi, e su tanti testi. Approfondendo di più solamente quelle poche opere la cui importanza è davvero abnorme, la cui influenza davvero travalica i confini di spazio e tempo (ad esempio le due opere di Omero, la Divina Commedia, Don Chisciotte (quest’ultimo totalmente ignorato a scuola, altro che storia della letteratura!) ).
Questo è come la penso, dopo aver seguito la vostra interessante discussione. Mi riscuso per la mancanza di chiarezza.

(e comunque, resta il punto di fondo: Manzoni è un grande autore? E la risposta che mi do è: forse lo era, al suo tempo. Almeno in Italia. Ma ora non dice nulla, non ha resistito per nulla nel tempo, molto meno di altri suoi coetanei, con un romanzo che difficilmente riesce a creare coinvolgimento emotivo, e allora, mi ripeto, che senso ha studiarlo in modo così approfondito?? )

#146 Comment By Magdalena On 1 aprile 2011 @ 09:55

Sì, in effetti Riccardo siamo d’accordo, direi.
Alberello, pare che sono Santa!

Ovviamente io seguo il Verbo ma oggi avendo dormito non potrò fornire perle di saggezza, perciò mi limito a prendere atto della luce divina che mi nutre e protegge e inorridisco di fronte alla statistica.

Forse siamo messi anche peggio di quello che pensassi (ma non è detto).
Speriamo qualcuno prenda in considerazione l’idea di cambiare le cose, un giorno, una ribellione guidata a colpi di contesto, c’est clair.

#147 Comment By Murasaki On 3 aprile 2011 @ 14:46

Volevo ricordare un’autentica domanda a un autentico esame di concorso a cattedre: “In quante osterie si ferna Renzo nei Promessi Sposi?”.
A tutt’oggi l’unica risposta opportuna mi sembra quella suggerita da mio padre “In quante osterie si è fermato LEI, professore, prima di venire qua a interrogarci?”.
Perché in fondo per molti insegnanti (anche quelli che non sono bravi come la mia meravigliosa insegnante di ginnasio, che ci trasformò quasi tutti in manzoniani DOC) sarebbe possibile rendere il Manzoni almeno commestibile se solo bevessero un po’ meno prima di far lezione – stante che per adesso Manzoni va fatto comunque perché all’esame te lo chiedono.

#148 Comment By ‘povna On 3 aprile 2011 @ 22:53

@Murasaki: che poi dipende da come si fanno, le domande; perché la questione delle osterie di Renzo, dal punto di vista di cronotopo, costruzione della trama romanzesca e Bildungsroman è significativa e pure figa per comprendere che appunto al suo personaggio è deputato prima il compito della componente melodrammatica (osteria e notte degli imbrogli) e poi di quella più di formazione (osteria della luna piena e inizio della parentesi avventurso-romanzesca di ‘deviazione’ Waverleyana che porta fino a oltre l’Adda). E quindi il fatto che siano più di una (e una al paese e una fuori), che siano sempre (come è tradizione, dal picaresco in poi) portatrici di una deviazione eccentrica (in termini sia di spazio e movimento sia di morale/educazione) ha una sua importanza per comprendere le strutture portanti del romanzo (anche rispetto alle somiglianze con l’Ottocento europeo). Però posta così sembra una domanda da rischiatutto, mentre la questione non è se sono quattro, cinque, o dieci, ma che sono più di una e in due volte sono lo snodo significativo…!

#149 Comment By zora On 4 aprile 2011 @ 13:46

@ Povna: esatto, stessa cosa per le famose rondini che volano basso: lo fanno perché preannunciano la tempesta che segue in tutto il romanzo. Il problema è che nessuno lo spiega e sembrano davvero domande da quiz televisivo.
Io sono d’accordo su Gamberetta per quanto riguarda l’insegnare a scrivere: quando impari a guidare non ti danno una ford T, nè ti spiegano la storia dell’auto nel secolo ventesimo.
Inizierei chiedendo di scrivere un saggio/racconto, e partendo dagli errori o dai punti notevoli imposterei le lezioni, aggiungendo esempi da libri editi.
Però farei anche un po’ di storia della letteratura, poche nozioni, tanto sviluppo e nascita dei generi.
E, come consiglia Pennac, farei un’ora di lettura pura da opere che mi piacciono, spaziando tra tanti generi

#150 Comment By AliceCreed On 4 aprile 2011 @ 18:40

Oh, ma in questo momento ti sto davvero amando :D
No, davvero, lasciando da parte le critiche tecniche (che non so fare), son cose che ripeto da quando mi hanno piazzato davanti Il Sabato del Villaggio chiedendomi di farne la parafrasi. Col Manzoni, poi, non ne parliamo; ho avvertito la prof che non avrei letto il libro, ed ho preso il mio bravo 4 nella verifica che ne è seguita.

Ti dirò, una volta mi è capitato di prendere un otto in un tema consegnato in brutta e senza conclusione (testualmente, avevo iniziato a cazzeggiare ed invece di concludere avevo scritto ”sai perchè? Perchè sei un piece of shit, fuck you! Sì sì sì no no no”, e poi non avevo avuto il tempo di copiare per vari motivi); quando ho visto che sul foglio non c’era neanche un segno rosso, sono andata a chiedere il perchè di un voto così alto, visto l’evidente sconcezza che avevo consegnato.
Mi fu risposto di andare a sedermi, e che nessun altro si sarebbe lamentato per un otto.

#151 Comment By Mauro On 4 aprile 2011 @ 22:34

AliceCreed:

una volta mi è capitato di prendere un otto in un tema consegnato in brutta e senza conclusione (testualmente, avevo iniziato a cazzeggiare ed invece di concludere avevo scritto ”sai perchè? Perchè sei un piece of shit, fuck you! Sì sì sì no no no”, e poi non avevo avuto il tempo di copiare per vari motivi)

Magari non l’avrà nemmeno letto: una volta un mio compagno aveva consegnato una relazione inframezzandoci la ricetta della torta di mele, proprio chiedendosi se venivano lette; voto 7+ (o 7,5, ora non ricordo bene) e nessun errore segnato.

#152 Comment By K On 5 aprile 2011 @ 18:16

In un Istituto Tecnico punterei piu sulla Produzione del Testo. Certo, un minimo di cultura di base non fa male, ma se posso dire “ok” al conoscere il Foscolo e le sue opere principali (per una questione eminentemente storica della nostra nazione), decisamente la disamina delle opere puo andare a farsi fottere. Un perito tecnico deve saper scrivere una relazione sensata, coerente, corretta e comprensibile, non fare la parafrasi di so-un-cazzo-io.

T’amo.

Personalmente, sarò di parte, ma credo che l’approccio usato di solito nelle materie tecniche ( o che dovrebbe essere usato) – dove l’approccio nozionistico si rivela totalmente inutile perche le competenze acquisite devono essere immediatamente riutilizzate – sarebbe particolarmente efficace nell’insegnare la letteratura a chi desidera scrivere – o sapere fare una relazione decente – esattamente come sostiene Gamberetta.
Sono un po’ meno favorevole nel buttare via del tutto la letteratura com’è studiata adesso, credo che tagliando le parti inutili potrebbe avere comunque una sua utilità. Per restare in ambito tecnico, l’Assembly: è il linguaggio più vicino al linguaggio macchina, è praticamente inutile, ma può essere riutilizzato con linguaggi più moderni e aiuta a comprendere il funzionamento del computer. Ha scopo puramente didattico, ma può tornare utile.

Sul contesto invece credo che non si dovrebbe usarlo come “giustifica”: non è che se Pippo scrive un romanzo innovativo nel secolo decimo ottavo che però adesso è una schifezza diventa geniale solo quando mi si spiega vita, morte e miracoli. Dovrebbe essere almeno gradevole anche senza la spiegazione dietro.
Tipo i Promessi Sposi – non condivido l’etichetta di “romanzo rosa” perchè a me personalmente la storia del matrimonio pare una scusa per fare ben altro che parlare dei soli problemi di Renzo e Lucia.
A questo proposito contesto chi parlava dell’importanza di conoscere la vita dell’autore per ridare profondità al testo: quando Pippo ha scritto il romanzo di sicuro non l’ha scritto dicendo “X è allegoria della tragica storia della mia cara Y, chi non lo capisce è un pirla!” ma “X e X”. La vita dell’autore può aver contribuito del definire il personaggio X, come l’intero romanzo, deve avere una vita sua anche se lo ritrovo domani sotto una panchina firmato da “Anonimo”. La vita dell’autore non deve soverchiare il testo.

Però quoto quanto detto dal fan di Arancia Meccanica su come il contesto può fare apprezzare di più l’opera: faccio un esempio molto più semplice, Axis Power Hetalia. Rifacimento della Guerra di Successione Austriaca: Prussia invade la Slesia, Austria decide di riprendersela, i nobili austriaci fanno notare che tra poco sta per cominciare la stagione teatrale, che non si può vivere senza musica e si rifiutano di andare in guerra senza pianoforte. Austria ammette di essere stato avventato e ritira quanto detto mentre Maria Teresa protesta vivamente. Il tutto è molto divertente all’interno dell’opera, poi uno incuriosito studia un po’ e scopre che in effetti i nobili austriaci non avevano nessuna voglia di fare guerra alla Prussia, temevano per l’incolumità dei loro campi e Maria Teresa era l’unica ad avere ben chiaro la situazione e a volere fare a pezzi Federico I.
Stesso LOL, ma Axis Power Hetalia viene apprezzato molto di più quando si comincia a capire il lavoro che c’è dietro – e si guarda la tecnica utilizzata dall’autore.

Personalmente comunque, parlando dello sviluppo di un pensiero critico, preferirei che si insegnasse sia la storia che la letteratura nella maniera piu oggetiva e imparziale possibile prima di disquisire sull’insegnare la tecnica di scrittura a scopo creativo. Non è bello dover imparare due o tre versioni di una stessa cosa solo per non turbare l’orientamento politico o morale dell’insegnante di turno.

Tanto per andare OT, io sono a favore di quanto proposto dal Duca. Non ci vedo niente di contrario né al pacifismo né alla neutralita. E’ molto svizzero.

#153 Comment By Alberello On 5 aprile 2011 @ 19:51

K, chiedo scusa, devo aver scritto male. Intendevo che il contesto può far apprezzare meglio l’autore di un’opera e non l’opera stessa.
Certo, capisci il lavoro che c’è stato dietro e quindi ne riconosci il valore. Ma riconosci il valore della persona, non dell’opera.

Quante volte sarà capitato di vedere qualcuno che mangiava un piatto che gli è piaciuto così tanto da fare i complimenti al cuoco o chiedere: “Chissà cosa ci avrà messo dentro, che ricetta avrà usato? Non ho mai mangiato un risotto allo zafferano così buono!”

Ma non è che una volta scoperto che ha usato un ingrediente segreto il risotto ti sarà sembrato più buono, però riconoscerai il valore al cuoco per l’idea di usare quell’ingrediente e molto probabilmente vorrai mangiare più spesso da lui e ne riconoscerai l’abilità.

Viceversa se il piatto è nella norma o non ti è piaciuto, il discorso muore lì.

#154 Comment By AliceCreed On 5 aprile 2011 @ 22:04

Mauro:

Magari non l’avrà nemmeno letto: una volta un mio compagno aveva consegnato una relazione inframezzandoci la ricetta della torta di mele, proprio chiedendosi se venivano lette; voto 7+ (o 7,5, ora non ricordo bene) e nessun errore segnato.

Ovviamente non l’ha nemmeno letto, quell’insegnante comunque ha dei voti già decisi; non ho mai preso meno di otto con lui, ma nessuno ha mai preso meno di sei perchè, come si dice da noi ”non glie ne dice”, nel senso che non gli va di fare il suo lavoro ed allora è di manica larga.
La storia della ricetta della torta è molto LOL. Ma poi l’ha fatto notare? No, perchè altrimenti sono l’unica fessa che si va a lamentare per un voto alto dato ingiustamente :D

#155 Comment By Hendioke On 6 aprile 2011 @ 11:36

Volevo, oggi che ho tempo, rispondere al post di Tapiroulant di ormai parecchi giorni fa ma, che dire, approfitto degli interventi successivi e me la cavo facendo il parassita. Per comprende meglio cacchio volessi intendere col mio punto due quoto Riccardo e Mgcgio ^^

P.S. Anche a me Il nome della rosa è piaciuto, ma il fatto che a Tapiroulant e a me piaccia non fa di Eco un buon giallista

#156 Comment By Mauro On 7 aprile 2011 @ 17:39

Alice:

La storia della ricetta della torta è molto LOL. Ma poi l’ha fatto notare?

A memoria no, la cosa è finita con il prendere atto che il professore non leggeva le relazioni.

#157 Comment By V On 9 aprile 2011 @ 20:15

Allora…

Stato dell’arte nell’Ottocento italiano ai tempi dei Promessi Sposi (1818-1827; 1847): assenza di una lingua della prosa narrativa d’invenzione di largo respiro, con attardamenti rispetto al resto d’Europa (Francia e Germania soprattutto). I romanzi italiani premanzoniani spaziano dal rifacimento alessandrineggiante occasionale -Boccaccio, Frugoni e altri autori seicenteschi- alla prosa da libello lirico-patriottico dell’Ortis del Foscolo, che pure qualcosa ha fatto per la narrativa italiana importando l’opera dello Sterne. Alla prosa narrativa nuoceva altresì l’ipoteca delle prescrizioni di umanisti tardi e ingessatissimi come Bembo o Trissino o Giovan Battista Giraldi Cinthio -quest’ultimo era stato capace di ingessare di riflesso pure il Boccaccio del Decameron.

Sostanza del lavoro manzoniano: il tentativo, in parte riuscito, in parte no, di approdare a una prosa narrativa di largo respiro, che fosse funzionale a un raccontare più o meno realistico. Risultato: certi passi sono un capolavoro di show don’t tell, con descrizione in progress. Altri passi mostrano la corda, nella loro ostentata documentarietà, nella loro retoricità, nella loro pesantezza. Tutte le volte che si innova radicalmente, ci si porta appresso pesantezze del vecchio mondo (pure Copernico ragionava ancora in termini di sfere celesti e orbite circolari).

Concretamente, un esempio: quando mi è capitato di spiegare in classe il cap. VIII dei Promessi Sposi -gli alunni gradiscono poco; anche io non sono eccessivamente entusiasta- ho cominciato col dire due cose: 1) il capitolo è il meglio che si poteva fare in quel contesto storico-letterario, in termini di intreccio e parallelismi narrativi, e non è tanto male in assoluto -insomma, regge; 2) il capitolo è nello stesso tempo greve dello scotto che Manzoni paga alla sua volontà di costruire a tutti i costi il romanzo fondatore dell’ideologia della nazione borghese liberal-(ahimè-)cattolica (quella che ora si sta disintegrando, fra le idiozie della Lega, gli intrallazzi berlusconiani, i dogmatismi di Ratzinger e il sonno della ragione). Ho fatto leggere (confessu so ad senior dominideu dicevano in volgare del 1000 d.C.) e analizzato punto per punto il romanzo, anche nelle parti documentarie sui bravi, perché la lezione sull’autorità vile e bugiarda, mafio-diretta, resta viva e attuale. Ho fatto leggere e ho analizzato il mitico “addio ai monti” (penitenziàgite!), ma precisando che si trattava di una lezione di metodo sulla generica forma della prosa lirica e ritmica (che pure ha un suo senso).

Generalmente cerco di usare Manzoni come lezione di metodo circa la costruzione di una struttura narrativa (in positivo e in negativo). Gli alunni (che alunni sempre sono) continuano a non gradire -io ne esco fuori abbastanza afono. Risultato: temi mal scritti, temi fotocopia, lezione di metodo poco assimilata (eccetto le due o tre anime pie che ancora resistono, ma ancora per poco) -se mai qualche alunno o alunna dovesse farmi trovare sul foglio la prodezza verbale di cui uno qui si è vantato, non sfuggirà ai cani e agli uccelli, per quanto è in mio potere (poco, molto poco, specie con le ultime due o tre “riforme” della “scuola”).

Quanto a Leopardi, che qui qualcuno ha citato, la donzelletta col mazzolin di rose e di viole è un ritratto volutamente tipizzato in una lingua volutamente cristallizzata, in cui i fiori fuori stagione sono trascelti come simboli, non come descrizione botanica. Può piacere o meno, ma un lirico non può essere trattato alla stregua del narratore d’azione. I manuali di scrittura sulla lirica certo esistono, in inglese specialmente: ma da quel che ho letto, sono pieni di contraddizioni. Oltretutto, un’epoca come la nostra, fatta dell’editoria che ben conosciamo, si può permettere ben poco di sindacare la poesia, che di fatto sta morendo. Filippiche a parte, è però vero che su Leopardi è l’usura didattica ad agire. Troppe scene alla Silvio Orlando, con la “concezione del dolore in Leopardi e Manzoni”. Il problema generale è il peso eccessivo che si dà, per nostro provincialismo, all’Ottocento italiano (che alla fine si riduce a un lirico di un certo livello, però disuguale nei risultati, e a un romanziere artificiale fin troppo sopravvalutato).

Quanto ai grandi classici, io in ogni caso ci andrei piano. Faccio un esempio solo apparentemente assurdo. L’Iliade segue i canoni qui proposti per un cinquanta per cento. Considerate che, con tutte le sue incoerenze, è il frutto di una performance aedica eccezionale (improvvisazione diretta e immediata) messa su papiro da un’officina di scribi. Vi sentireste di affermare, in nome dello show don’t tell e della coerenza documentaria e dei dettagli, che l’anonimo poeta dell’Iliade nascosto dietro il leggendario nome di Omero fosse un’idiota patentato?

Qualcuno potrebbe degnarsi di rispondere che nessun individuo sano di cervello si sognerà mai di comporre oggi oralmente un’Iliade -a meno di non far parte di culture orali come quella tibetana, nella quale circolano ancora oggi dei bardi che compongono all’improvviso epopee di un milione di versi. Appunto questo è il problema: un testo diventato canonico contiene tic e irrazionalismi propri dello spazio letterario in cui è nato. Quel che conta è il suo messaggio e la sua struttura di massima, ai fini della definizione, in bene e in male, di una civiltà letteraria. Il classico resta al di là della ripetibilità da manuale e spesso segue regole assurde, o controproducenti. Anche quando si vuole stigmatizzare la crisi di una civiltà letteraria, di un modo di scrivere etc., il testo in questione va conosciuto, nel bene e nel male. Anche il Partenone e la Torre di Pisa avevano imperfezioni architettoniche, e la reggia di Versailles non aveva i gabinetti. Non per questo è il caso di demolirle. Questo vale per le incoerenze dei poemi omerici, per le lentezze di Manzoni, per le lungaggini tolkieniane (venendo a lidi più contigui).

Fuor di metafora: quando si tratta di come si deve scrivere di qui in avanti, avete ragione da vendere. Ma la storia di una letteratura è un’altra cosa.

#158 Comment By Alberello On 11 aprile 2011 @ 03:11

Egregio professor V,

Mi è d’uopo risponderle che trovo la sua metafora non corretta nella forma logica. Nessuno in codesta sede ha esposto il proponimento di demolire et quindi censurare le opere manzoniane, rimuovendole dal patrimonio dell’homo sapiens sapiens. Si dibatteva invero su quanto fosse utile studiare, al tempo della scuola dell’obbligo, il contesto letterario per aitanti giovini. Premesso, come lei stesso ha testé ammesso, che l’opera de “I promessi sposi” non è scevra di difetti, che i suoi alunni (che persone sempre sono) trovano terribilmente noiose le lezioni in cui se ne parla e che i risultati di tale indottrinamento portano all’agonia tematica: perché mi/le chiedo, questa barbarie intellettuale prosegue indisturbata?

Non sarebbe forse più opportuno concentrarsi su che tecniche ha usato l’architetto della Torre di Pisa, per rivelare l’errore che fatale fu per renderla storta, anziché passare ore a studiare i suoi piani di progettazione in ogni minimo dettaglio accelerando il fenomeno entropico della zona scrotale? Non eviterebbe forse questo di ripetere tale errore?

Fuor di metafora: Il valore di una persona è direttamente proporzionale al valore delle opere che ha compiuto nella sua vita, non viceversa. Ed essendo il valore di un’opera non un dato oggettivamente quantificabile, trovo corretto che siano gli alunni (che soggetti e non complementi oggetti sempre sono) ad avere il diritto di scegliere consigliati dal loro insigne insegnante cosa leggere e cosa ritenere di valore.

Ossequi ed aulici auguri per la sua difficoltosa professione. Se può, la prego come ex alunno (che essere umano sempre sono), di evitare il coacervo nozionistico, i suoi studenti non sono stupidi, molto probabilmente sono solo tediati da un modo di narrare terribile, come quello di questo orpello grammaticale che ho fuso assieme apposta per lei.

#159 Comment By Ste On 11 aprile 2011 @ 12:28

Leggendo gli ultimi commenti mi è venuto in mente un paragrafo scritto nel manuale consigliato dal Duca.
Vado a memoria (che ultimamente fa acqua da tutte le parti) il paragrafo diceva:
“nell ’800-primi ’900 non vi erano mezzi di informazione e di divulgazione come ora, per cui al lettore interessavano le lunghe e dettagliate descrizioni per una via, una casa o una montagna. Oggi quelle lunghe e prolisse descrizioni sono inutili. I lettori di allora sono tutti morti e quelli di oggi vogliono arrivare subito al sodo”
Dato che “gamberi Fantasy” non è un sito di critica letteraria classica ma riguarda ciò che rientra nel genere fantasy (e fantascienza) e spiega (azzarderei anche “insegna” indicando puntualmente i corretti manuali) come scrivere oggi (e non nel ’800) la critica a Manzoni è corretta e legittima.
Forse per la sua epoca Manzoni scriveva bene, ma per una narritiva odierna NO. Quindi è corretto indicare lo stile manzoniano come esempio NEGATIVO se si vuole fare narrativa nel 2011 e, conseguentemente, è errato difenderlo a spada tratta e portarlo in trionfo come esempio universale di come si scrive.
Ciò vale per Manzoni ma, secondo me vale anche per Verga e tanti altri.

#160 Comment By V On 11 aprile 2011 @ 14:14

Egregio Alberello,

Non vedo la necessità di tanta acrimonia.

Nell’articolo c’era scritto:

“Non conosco abbastanza la letteratura del primo Ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa…”

Dunque per argomentare in modo decente un punto di vista diverso, era necessario precisare lo stato dell’arte del primo Ottocento. Era d’uopo, per usare un’espressione aulichetta a lei cara, che io non mi sono sognato di usare perché è un po’ vecchiotta. Purtroppo, per precisare lo stato dell’arte, bisogna parlare dell’arte, insomma della téchne, insomma si devono usare termini tecnici, se no, invece di una controargomentazione civile, il commento scivola lentamente nel bosco dei trolls. I termini tecnici della critica letteraria sembrano aulici. Ma non sono antiquati, sono solo specifici e collocati, e connotati, in un gergo.

Per quanto riguarda le tecniche della torre di Pisa, è noto che per esplicitare il perché essa penda, bisogna studiarne la struttura e la statica, in relazione alla natura geologica del terreno su cui la struttura insiste. Insomma, bisogna studiarne i piani costruttivi in maniera più o meno dettagliata, a seconda del livello cognitivo degli interlocutori, che esseri umani certamente sono (ma, noto incidentalmente, lo sono anche gli insegnanti a cui si indirizzano temi con oscenità criptate dentro il testo), ma sono anche esseri umani in evoluzione, la cui spontanea (e meno male che lo è, spontanea) istintualità di persone in crescita, si trova però a volte in contrasto con l’esigenza di farsi una formazione culturale di qualche tipo. In parole povere, se non passo per la parafrasi (spiegazione del significato bruto) di una poesia, non arriverò mai a far capire che cosa la poesia dice in concreto. Purtroppo è un passaggio noioso e pesante, ma necessario: ogni uomo e ogni donna potrebbero un giorno, presto o tardi, diventare grandi eroi o grandi poeti, ma prima sono passati per la seccante trafila del pannolino da cambiare: la scuola, anche con le sue forme ripetitive, è il pannolino da cambiare. Altrimenti si rischia che anche gli alunni più interessati reagiranno, a una bella poesia o a una bella prosa, con la stessa risposta di quel feudatario irlandese, che dopo aver sentito l’ode del suo bardo di corte, rispose: “Stupenda, peccato che non ci ho capito nulla!” Ed è sì una professione difficoltosa, al di là di ogni facile ironia, perché spesso, nell’esercitarla, qualunque scelta è quella sbagliata. Tornando al problema della torre di Pisa e della scrittura, la metafora, che lei giudica non calzante, è voluta: la torre di Pisa e la reggia di Versailles, l’una pendente e l’altra senza servizi igienici, non sono certo modello di costruzione in assoluto per un architetto del XXI secolo. Sono però strutture esteticamente canoniche. Se in un trattato di architettura e ingegneria scritto oggi trovassi una frase che testualmente dicesse: “il cane che ha progettato la torre di Pisa senza tener conto che si trovava su un terreno friabile”, non esiterei a definire il tono della frase alquanto incongruo. Questo per una ragione: non sempre una struttura esteticamente canonica (cioè in grado di identificare un’epoca storica di una cultura e di avere spunti esteticamente -non tecnicamente- validi per epoche successive) è anche una struttura tecnicamente esemplare. D’altro canto, molte strutture che nel Novecento sono nate come tecnicamente esemplari (vedi, caso meno triste, la piramide di vetro del Louvre, che non a tutti piace e che col Louvre non c’entra un piffero) probabilmente non si imporranno come esteticamente canoniche, perché in definitiva sono anonime e ripetitive. Magari (ipotesi metafisica), in qualche remoto paesotto di provincia avranno costruito un municipio tecnicamente a norma; nello stesso paesotto c’è una chiesa romanica tecnicamente inguardabile oggi. Ma una cosa è la canonicità estetica della chiesa romanica, un’altra è la struttura del municipio come edificio di servizio. Per essere più semplici: le piramidi non sono a norma.

Allo stesso modo, un classico può essere “classico normale”, cioè servire per formare la tecnica di scrittura; o “classico speciale”, cioè avere in sé uno o più elementi di canonicità estetica o culturale. Sono due cose diverse.

Qui non si tratta di “consigliare” dei testi. Gli alunni hanno certo il diritto di scegliere. Il problema è, e il mercato editoriale qui tanto giustamente vituperato lo dimostra, che gli alunni lasciati a sé stessi scelgono Federico Moccia, Licia Troisi & colleghi. Il problema, egregio Alberello, è che io non devo limitarmi a “consigliare” (a dare “consigli” sono buoni tutti) devo formare la capacità di scelta e il livello di percezione linguistica di ragazzi che vivono nell’età dell’informazione, essendo io stesso per lo più fornito di gesso e lavagna di legno e simil-ardesia -l’uso dello pseudo-fastweb grattachecca per uffici pubblici divenendo utopico per mancanza di connessione e di terminali. In pratica, il prof, quanto a strumenti didattici, è spesso confinato operativamente al neolitico (lasciamo perdere l’ironia facile sulla sua figura professionale), ha un programma fermo all’Ottocento, libri con categorie critiche attestate saldamente agli anni ’70, il ministero gli mette davanti obblighi di aggiornamento che tutto sono fuorché finalizzati a favorire l’apprendimento degli alunni; però dovrebbe indicare come si capisce ciò che è effettivamente bello a ragazzi che sono nell’età dell’informazione, in balia di un’editoria di pescicani e di un’informazione da saltimbanchi.

Condensazione del discorso: 1) non confondiamo come si deve scrivere adesso con quello che una cultura giudica, a torto o a ragione, canonico per capire la propria storia letteraria -le due cose possono e non possono coincidere; 2) evitiamo di cadere nel solito giochetto “insegnante noioso e burocrate che è giusto prendere a male parole” vs. “eroico alunno martire i cui diritti di essere umano sono sempre schiacciati” -sappiamo tutti che le cose sono più complesse.

P. s. A proposito di descrizioni: come giudichereste Proust con le sue descrizioni chilometriche? O l’Ulisse di Joyce? Ripeto, secondo me certi piani di analisi e di prescrizione stilistica andrebbero tenuti distinti. Altrimenti si rischia di perdere tempo in pistolotti facilmente fraintendibili come quello che ho scritto appositamente per questa discussione.

#161 Comment By Artemis On 11 aprile 2011 @ 15:31

Gamberetta, vuoi sposarmi?
Sono anni che ripeto queste cose, e l’unica cosa che mi sento rispondere è che se abbandonassimo il sapere nozionistico la scuola sarebbe molto più difficile, dato che il 90% delle persone trovano incredibilmente difficile fermarsi a pensare.
Memorabile la volta che ho sentito un mio compagno lamentarsi del fatto che tale professore xxx (il migliore al mondo) non gli piace perché durante le interrogazioni lo costringe a pensare.
Il punto è che sono quasi certa che buona parte di questo 90% di idioti che impara a memoria, se adeguatamente stimolato, sarebbe capace di capire. Il punto è che non è neanche colpa loro. Sono anni che i professori si dicono fieri di me perché non imparo le cose a memoria ma le faccio mie, però mi ritrovo sempre la media del 6/7 perché durante le interrogazioni mi fermo a pensare “e quindi” parole testuali “non sembri molto sicura”, contro i 9 e i 10 presi da quei deficienti che sputano a memoria ciò che c’è scritto sul libro. Dico deficienti perché poi se ci parli non capiscono una mazza!
Io: -Hey, L, quale autore di latino ti è piaciuto di più quest’anno?
L: -ho preso un bel voto con Virgilio.
Io: – Ma… O.o ti ho chiesto quale ti è piaciuto di più, mica il voto.
L:- sì ma questo dipende anche da che voto ho preso nella verifica.
E ti confido un segreto, L non è neanche il peggiore, fra quelli che imparano a memoria. Giusto per dire il livello della gente che frequento a scuola ogni cristo di giorno, gente non assolutamente in grado di farsi un pensiero concreto, arrivederci criticare un testo con gli strumenti adeguati.
Stiamo qui a imparare come gli spazi interni per il Manzoni siano quelli dell’intimità, mentre quelli esterni rappresentino il mondano e il peccato. E se io osservo quanto il Manzoni sia un idiota, non tanto per come scrive, ma perché nei capitoli sugli scioperi sputa tanto veleno su quella gente disgraziata e affamata, e lui non ha mai subito neanche un crampo di fame, cosa abbastanza palese e neanche frutto di chissà quale riflessione, vengo vista come una cretina a cui non fare caso, che si arrabbia per niente.
Alla fin fine, se davvero mi interessassero così tanto i voti, perfino io proverei a studiare a memoria… del resto è quello che vogliono da me. Peccato che non sappia farlo e che neanche ci tenga.
Una delle cose di cui più mi vanto è di ricordarmi perfettamente le lezioni di storia e letteratura alle medie, quando gli altri attorno a me a distanza di due giorni dall’interrogazione neanche si ricordano più chi sia Kant.

#162 Comment By V On 11 aprile 2011 @ 16:49

Ecco, questa è una cosa effettivamente insopportabile di Manzoni. Ma quella è la sua ideologia, che è un altro discorso. Però anche quella bisogna conoscere, purtroppo.

#163 Comment By Ezra On 11 aprile 2011 @ 17:35

Ahem,

capisco che Manzoni sfigura se lo si confronta con altri autori dell’800 europeo e russo (qualcuno si ricorda quello che dice l’insegnante Silvio Orlando nel film “Il portaborse”? Fantastico! Che risate!); capisco anche che occorra “insegnare a imparare” invece di “insegnare nozioni” (anche se su questo molti pedagogisti ignoranti ci hanno marciato alla grande per vendere i loro astrattissimi e impraticabili manuali); inoltre viva chi insegna a pensare e abbasso chi non sa insegnare ed è noioso (sulla parafrasi: indimenticabile Carmelo Bene quando dice: “che cosa diventa l’Infinito di Leopardi a scuola? ‘Questa collinetta mi è sempre piaciuta’”). Ma suvvia, questo antistoricismo è ridicolo. Qui non siamo di fronte alla utilizzabilità tecnica, per cui posso guidare senza conoscere la storia delle automobili dalle origini ad oggi, ma a un processo spirituale che risulta incomprensibile se lo si astrae dalla storia (esempio stupido quello della fisica riferendosi ad Aristotele, Agostino, Tommaso: guarda un po’ chi fa filosofia oggi, piaccia o non piaccia, con loro deve fare i conti, sebbene sia liberissimo di criticare… ma cadrebbe nel ricolo chi affermasse: Aristotele era proprio un sempliciotto). Se voglio accedere al senso di quella spiritualità che è passata per la letteratura non posso prescindere dalla sua storia (e dunque se voglio capire la letteratura del Novecento italiano non posso prescindere dallo studiare Manzoni) per quanto non sempre queste tappe si mostrano felici e per quanto il passato appare, sotto certi punti di vista, inferiore al nostro presente.

(i commenti che mi precedono sono infiniti e non li ho letti tutti: se ho ripetuti pensieri altrui, chiedo perdono per la ripetizione)

#164 Comment By Alberello On 12 aprile 2011 @ 01:20

Stimato V :P

Non si preoccupi. Ho deciso di stuzzicarla per una serie di variabili che mi accingo ad illustrarle:

1) Era uno dei miei sogni affrontare una discussione con un professore di lettere (non ne ho mai avuto occasione).

2) Volevo sapere in effetti il suo pensiero riguardo al metodo di istruzione e agli strumenti a lei forniti dallo stato e non solo riguardo il Manzoni, per avere ulteriori dati da analizzare. Il mio modo di fare è irritante appositamente, affinchè diventi irresistibile rispondermi per contraddirmi. Sono un mutaforma verbale, assumo le sembianze del mio interlocutore per carpirne i modi e i tempi. Come un bambino, per apprendere dalla realtà che mi circonda, ho bisogno di mettere in bocca tutto pasticciando.

3) Tanto tempo è passato da quando leggevo termini da lei usati e ne sentivo la nostalgia (acrimonia mi ha toccato il cuore *_*). ^^

La ringrazio per il tempo concessomi e per la zelante risposta, mi perdoni se continuerò a ritenere il contesto una cosa fin troppo specialistica per la scuola dell’obbligo, in ogni caso. :)

#165 Comment By pu*pazzo On 12 aprile 2011 @ 02:48

mmm scusate ma tra tanta cultura non vi siete accorti che lo stimato V non è altro che un fake palesemente ispirato (prima di tutto linguisticamente) al meraviglioso personaggio di “V per vendetta”?? XD

seconda e piu seria osservazione: ma voi che cazzo di professori avete avuto?? no perche leggendovi posso pensare solo due cose:

1° esagerate, ricordate male il periodo della scuola perche passavate il vostro tempo a leggere libri fantasy e perciò i vostri compagnucci di scuola (forse giustamente chissà magari l’avessero fatto alla strazzulla e company non avrebbero fatto ciò che sappiamo XD) spingevano le vostre facce imbrufolite dentro al cesso.

2° i vostri professori facevano pena, non erano insegnanti ma spazzini reclutati all’ultimo momento da un preside cerebroleso per leggere a pappagallo il libro di testo a 20 adolescenti.

Insomma io mi rifiuto di credere che vi insegnavano solo nozioni … vi facevano fare LA PARAFRASI DELLE POESIE (questo mi ha sconvolto), vi chiedevano quanti piccioni avevano cagato sul mantello di don rodrigo …ma dai!! continuo a pensarla come nelle due modalità enunciate sopra!!

sappiate che una lezione tenuta da un professore VERO sul contesto storico e sulla poetica di quello o quell’altro autore, con domande e spunti di riflessione sia da parte dei prof che da parte degli studenti è quanto di meglio si possa ascoltare in un aula. magari se all’università faceste lettere invece che metallurgia quantistica differenziale o totanologia applicata al ratto di montagna lo capireste XD

(mai sentito parlare di maieutica? no non è una domanda retorica … lo sto chiedendo seriamente … non vale correre a leggere su wiki ;P)

detto questo tutto il resto è noia ….

#166 Comment By V On 12 aprile 2011 @ 13:16

@pu*pazzo

Non sono un fake. L’iniziale del mio cognome è per puro caso V. Sono realmente un insegnante (di latino e greco, quindi una fera peggiore di quello che potesse sembrare a prima vista). Forse sono uno dei pochi prof. (come li chiamate voi) iscritti al fanclub facebookiano di questo blog. Il film V per vendetta comunque c’entra. Avrei potuto mettere l’iniziale del mio nome di battesimo, ma le mie idee politiche, in questo periodo, mi fanno propendere per la V (semplice spiegazione del nick che lascia il tempo che trova).

P.s.

Non mettiamo Manzoni e Dick con la Strazzulla.

Non mischiamo cacca e cacao, ut dicitur in Neapoli.

#167 Comment By V On 12 aprile 2011 @ 13:23

@ Alberello: avevo intuito la facies del mutaforma verbale. Il problema è comunque che ormai tutto (anche la summentovata distinzione fra soggetto e complemento oggetto) è diventato troppo specialistico per la scuola pubblica.

(Ho scritto due commenti e non uno non per rompere i didymoi all’uditorio, ma solo per evitare di affastellare le risposte).

Ah, a proposito: la parafrasi l’ho difesa per mero dovere prof.essionale. In aula io non la faccio fare sistematicamente, mi limito a chiarire qualche termine desueto.

#168 Comment By Lio On 20 aprile 2011 @ 17:21

Sono d’accordo su chi ha detto che Manzoni, al giorno d’oggi, NON può essere considerato un esempio positivo: non si adatta assolutamente con i criteri di scrittura leggibile odierni…e tanto meno con le regole di grammatica.

Tuttavia, dire che “giudicando con i parametri odierni – i parametri che uso per le recensioni su questo blog – ci troviamo di fronte a una schifezza.” mi sembra un po’ azzardato, dato che non si può fare una critica di un romanzo del 1800 con criteri odierni. Se si facesse come dici tu, dovremmo gettare nella spazzatura quasi tutti i libri che sono stati scritti prima del 1990…e questa pratica dovrebbe essere svolta ogni 20 anni al massimo, dato che l’italiano è una lingua viva, in rapida e dinamica evoluzione (basti pensare alle parole nate come gergali che da poco sono state inserite nei nostri dizionari)…

Non credo neanche si possa dire che ne capisci di più di tutti i critici che si sono succeduti dal 1800 a oggi e che hanno giudicato I Promessi Sposi una tra le opere letterarie di maggior rilievo della nostra cultura e che hanno detto che Manzoni era un genio; dato che tu stessa dici che:
“Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa.”
Cosa che probabilmente gli stessi critici da te sottilmente insultati conoscevano bene…

#169 Comment By Isa On 26 aprile 2011 @ 18:29

Quoto.
Un’altra cosa: lo sai che differenza c’è tra “I Promessi Sposi” e il “Fermo e Lucia”?
Non è che Manzoni dopo il “Fermo” abbia deciso di fare i “compitini” da bravo bambino, così, per far felice il suo editor! la differenza radicale nello stile lo deve ad anni di studi successivi (tant’e vero che passano quasi 20 anni dal “Fermo e Lucia” a “I Promessi Sposi”) e durante questi anni il Manzoni, come dice egli stesso, va a “Sciacquare i panni in Arno” cioè, cerca di capire quale possa essere la lingua internazionale di questo benedetto Stato appena formato, dal nome Italia, e capisce -come aveva già fatto Dante qualche annetto prima- che era il dialetto fiorentino e, quindi, decide di riscrivere la sua opera (originariamente in dialetto milanese) in quella lingua (cosa che si nota molto).
Lio ha ragione, comunque, ma solo in parte.
In oltre durante quegli anni conosce il famoso scrittore ideologue (per te che non lo sai, gamberetta, è uno stile di scrittura che nasce e si afferma in quegli anni) Claude Fauriel (che magari per tè è un po meno conosciuto) che gli fa conoscere questo nuovo stile: Il parigino influenzerà molto il Manzoni, e molti dei cambiamenti (non linguistici) che il Manzoni apporta alla nuova versione del suo Capolavoro sono dovuti proprio grazie a lui.
Inoltre, quella che passa per ignorante, dopo questi due commenti, sei proprio tu!
Per favore, prima di scrivere queste boiate, falli tu i compitini, sennò passi ancora di più come persona senza talento (qualità che, leggendo gli altri articoli, direi che non ti si addice).

P.s.= gamberetta, il commento alla fine (quello che dice “Nota finale per i troll pro Manzoni: evitate pure di commentare, tanto non sprecherò mezza parola per rispondervi.”) è un commento infantile e -dato che ho studiato anche psicologia lo posso dire- mi fa capire che non accetti le idee opposte alla tua, i commenti negativi sulle tue opere; mi fa quasi credere che hai paura che qualcuno ti dica che non va bene, che hai torto e che il tuo articolo fa schifo ( più o meno vero XP ) , che è pieno di errori storico-grammaticali ecc. e anche se dicessi “no, è perché sono stufa” io ti risponderei:” è la scusa più vecchia del mondo!”
Ma magari non lo vuoi ammettere neanche a te stessa…e allora come scusa ti basta…

#170 Comment By Tapiroulant On 26 aprile 2011 @ 19:17

Dato che ho un po’ di tempo libero, ho deciso di dimostrare la mia affermazione iniziale (ossia che lo stile di Manzoni sia più o meno nella media del periodo) postando gli incipit di alcuni ‘classici’ coevi: Il rosso e il nero di Stendhal (1830), Eugénie Grandet di Balzac (1834), La figlia del capitano di Puskin (1836), il Gordon Pym di Poe (1838), Il conte di Montecristo di Dumas (1845), Le anime morte di Gogol’ (1842).
Puskin e Poe (e forse Gogol’) sono quelli che ci fanno la figura migliore, anche se rimaniamo comunque anni luce da quella che oggi si definirebbe bella scrittura.

Il rosso e il nero:
La cittadina di Verrières può considerarsi una delle più graziose della Franca Contea. Le sue casette bianche dai tetti aguzzi di tegole rosse si stendono sul clivo di una collina segnata in ogni più lieve sinuosità da ciuffi di vigorosi castagni; il Doubs scorre qualche centinaio di piedi sotto i bastioni, costruiti un tempo dagli spagnoli e oggi in rovina.
A settentrione, Verrières è riparata da un’alta montagna, una diramazione del Giura: le cime dentate del Verrà si coprono di neve fin dai primi freddi dell’ottobre.

Eugénie Grandet:
In certe città di provincia si trovano delle case la cui vista ispira una malinconia pari a quella che suscitano i chiostri più cupi, le lande più squallide o i ruderi più tristi. Forse in queste case ci sono insieme il silenzio dei chiostri e l’aridità delle lande, e gli scheletri dei ruderi; la vita e il movimento vi sono così sopiti che un estraneo le crederebbe disabitate, se all’improvviso non gli capitasse di incontrare lo sguardo vacuo e freddo di una persona il cui volto quasi monastico di sporge, al rumore di un passo sconosciuto, oltre il davanzale della finestra.

La figlia del capitano:
Il padre mio, Andrej Petrovic Grinjov, nella sua gioventù aveva servito sotto il conte Minich, ed era andato in pensione da primo maggiore nel 17.. Da allora era vissuto nella sua campagna di Simbirsk, dove aveva anche sposato la signorina Avdot’ja Vasil’evna Ju., figlia d’un nobile povero del luogo. Eravamo nove figli. Tutti8 i miei fratelli e sorelle morirono nell’infanzia. Mentre mia madre era incinta di me, io fui iscritto nel reggimento Semjonovskij come sergente, grazie al maggiore della guardia principe B., nostro prossimo parente. Se contro ogni aspettativa mia madre avesse partorito una bambina, il papà avrebbe dichiarato a chi di dovere che il sergente non era comparso, e la cosa sarebbe finita lì.

Storia di Arthur Gordon Pym:
Mi chiamo Arthur Gordon Pym. Mio padre era un rispettabile commerciante in generi marittimi di Nantucket, città dove io sono nato. Il mio nonno materno era un noto avvocato, cui la fortuna arrise in tutto e che aveva trafficato con molto successo comprando e vendendo titoli della Edgarton New Bank, come allora si chiamava. Con questo mezzo e altri ancora era riuscito a metter da parte una discreta sostanza. Credo che mi fosse affezionato più che a chiunque altro, tanto che alla sua morte ero convinto che avrei ereditato il grosso del suo patrimonio.

Il conte di Montecristo:
Il 24 febbraio 1815 la vedetta della Madonna della Guardia dette il segnale della nave a tre alberi “Il Faraone”, che veniva da Smirne, Triste e Napoli. Com’è d’uso, un pilota costiere partì subito dal porto, passò vicino al Castello d’If e salì a bordo del naviglio fra il capo di Morgiou e l’isola di Rion.
Contemporaneamente, com’è egualmente d’uso, la piattaforma del forte San Giovanni si ricoprì di curiosi; poiché è sempre un avvenimento di grande interesse a Marsiglia l’arrivo di qualche bastimento, in particolare poi quando questo legno, come il “Faraone”, si sapeva costrutto, arredato e stivato nei cantieri della vecchia Phocée e appartenente a un armatore della città.

Le anime morte:
Nell’androne d’una locanda della città di N., capoluogo di governatorato, entrò una graziosa, piccola vettura a molle, di quelle in cui viaggiano gli scapoli: tenenti colonnelli a riposo, capitani in seconda, proprietari di campagna che possiedono un centinaio d’anime di contadini: in una parola, tutti quelli che si dicono signori di mezza taglia. Nella carrozza sedeva un signore, che non era proprio un bell’uomo, ma non era neppure di brutto aspetto, né troppo grosso né troppo esile; non si poteva dire che fosse anziano, ma neppure, d’altronde, che fosse troppo giovane.

#171 Comment By Marco T On 26 aprile 2011 @ 21:00

@Tapiroulant: cosa ne dici invece di Dickens?

#172 Comment By Gamberetta On 26 aprile 2011 @ 21:21

@Tapiroulant. Confrontando con il famigerato:

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.

Stendhal: siamo lì, ma almeno le frasi sono più brevi e si legge più spedito. Un filo meglio.

Balzac: un sacco di termini astratti, però le presenze nelle case incuriosiscono subito di più che non una descrizione geografica statica. Non molto meglio, ma meglio.

Puskin / Poe: classico incipit in prima persona con “cornice” esplicita. Adesso è passato di moda, ma volendo può essere ancora una scelta possibile. Niente di entusiasmante, ma specialmente Poe è una spanna sopra.

Dumas: solito Narratore onnisciente, ma comunque la nave è più interessante del lago. Meglio.

Gogol: un altro pianeta rispetto al Manzoni. Con un po’ di editing sarebbe accettabile anche oggi.

Prendendo questi esempi direi che il Manzoni è sotto la media.

#173 Comment By Alberello On 26 aprile 2011 @ 21:34

Non credo neanche si possa dire che ne capisci di più di tutti i critici che si sono succeduti dal 1800 a oggi e che hanno giudicato I Promessi Sposi una tra le opere letterarie di maggior rilievo della nostra cultura e che hanno detto che Manzoni era un genio;

Tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX, l’antimanzonismo della critica in riferimento al romanzo, è piuttosto diffuso ed è sostenuto da critici come il Settembrini [L. Settembrini, Lezioni di letteratura italiana, (Napoli 1869-72) vol. III, p.304.] che, attribuendo all’opera una forzata ideologia patriottico – risorgimentale, individua nell’esaltazione di sentimenti quali il perdono, la pazienza, la sottomissione la negazione della patria e di ogni sentimento civile e l’esortazione ad un atteggiamento remissivo nella servitù o come lo stesso Carducci la cui morale dei Promessi Sposi è che “… a pigliar parte a sommosse l’uomo risica di essere impiccato; e torna meglio badare in pace alle cose sue facendo quel po’ di bene che si può, secondo la direzione e i consigli e gli esempi degli uomini di Dio” [Cit. di G. Carducci, A proposito di alcuni giudizi su Manzoni in Opere vol. XX (Bologna, 1939) p.338].

Per non dimenticare il già citato Antonio Gramsci (critico letterario, nonchè tizio poco noto) che metto sotto spoiler perchè già l’avevo postato più sotto ma evidentemente si è perso via.

Mostra spoiler ▼

Non ho capito perchè c’è sta leggenda metropolitana che nessuno ha mai criticato l’opera del Manzoni a suo tempo e che dicevano tutti che fosse un genio. O.o Mi sento come una particella di sodio in acqua Lete.

@Isa
Perdonami, ma quella che hai applicato tu non è psicologia. Innanzitutto non è possibile psicanalizzare nessuno attraverso il web in quanto l’assenza di compresenza fisica rende difficile, a volte impossibile il feedback emotivo perché mancano gli indici non verbali e paraverbali. Senza contare il fatto che l’articolo è in differita rispetto al tuo commento, pertanto sarebbe un’analisi cristallizzata nel tempo e non dinamica.

Per chiarir di metafora, sarebbe come voler capire quanto veloce corre una persona guardando una sua foto mentre corre e non durante l’azione reale. Questa non è psicologia, questa è chiaroveggenza. xD Sono tue personali impressioni, più o meno condivisibili e più o meno vere, ma non hanno nessun valore aggiunto rispetto a quelle di chiunque altro.

#174 Comment By Tapiroulant On 26 aprile 2011 @ 23:06

@Gamberetta: lol, mi piacerebbe avere qualcosa da replicare, ma in effetti vedendo il Manzoni schiaffato lì assieme agli altri devo ammettere che è quello che fa più schifo.
Forse Stendhal e Balzac sono alleggeriti dal fatto di essere in traduzione (non nel senso che i traduttori si siano presi delle libertà, ma nel senso che comunque sono tradotti in un italiano contemporaneo, mentre Manzoni si trascina le pesantezze ottocentesche), però le cose che dici sono innegabili.
Prima di leggere il tuo post ero andato a rileggermi pure l’incipit delle Affinità elettive di Goethe (che addirittura è del 1809), aspettandomi qualcosa di competitivo col Manzoni, ma ho trovato questo:

Edoardo – chiameremo con questo nome un ricco barone nel fiore dell’età virile – aveva trascorso la più bella ora d’un pomeriggio d’aprile nel suo frutteto, per innestare su tronchi giovani certe marze che aveva da poco ricevuto. La sua attività era appunto terminata; aveva riposto gli arnesi nel loro astuccio e contemplava con soddisfazione il proprio lavoro, quando avanzò il giardiniere e si compiacque per la zelante collaborazione del padrone.
“Non hai visto mia moglie?” chiese Edoardo, mentre si disponeva ad andar oltre.

Quindi Manzoni non ha più scuse. Ancora lol
Se riesco a recuperare anche Ivanhoe e Notre-Dame de Paris completo i raffronti.

@MarcoT: A parte un paio di racconti (tra cui il super-inflazionato Christmas Carol) non ho mai letto Dickens. Né ho una voglia matta di farlo.

@Alberello: Il problema di quelle critiche al Manzo è che fanno una critica dell’ideologia piuttosto che una critica della tecnica. Ci può anche stare (e sicuramente dicono cose vere), ma, come dicevo a Gamberetta a proposito delle critiche di Moorcock a “Tolkien piccolo-borghese”, non dimostrano la bellezza o bruttezza del romanzo, ma soltanto la bellezza o bruttezza dello scrittore (e delle sue convinzioni, e del suo pubblico).

#175 Comment By Alberello On 26 aprile 2011 @ 23:44

Certo Tapiroulant, ma è proprio questo il bello. Voi state dimostrando con efficacia che lo stile de: “I promessi sposi” non vale tanto quanto quello di altre opere di simile periodo.

Al che qualcuno dice: Si, ma il contesto è importante, cosa voleva dire l’autore ecc. e soprattutto che nessuno dal 1800 ha mai criticato il tutto.

Io ho dimostrato che non solo il Manzo (muuuu) è stato criticato praticamente da subito, ma proprio e soprattutto sul contesto.

Dunque, cosa cavolo lo leggiamo a fare a scuola se fa schifo sotto tutti i punti di vista? Solo perchè si, perchè è una tradizione come il natale? Fate un’opera di bene, buttate la vostra copia del Manzoni in discarica, la provvidenza vi sorriderà per questo. Parola di Yahweh.

#176 Comment By Anon Simpaticissimo On 30 aprile 2011 @ 19:43

Credo che potrebbe farti piacere sapere che il tuo post ha suscitato una discretamente vivace discussione sulla più gettonata image-board italiana.
Fai un salto se ti va; siamo tutti un po’ speciali lì dentro.
http://www.diochan.com/b/res/1394835.html

#177 Comment By Cavus On 1 maggio 2011 @ 23:12

C’è una grande, grandissima differenza tra il dire ” i promessi sposi” è un volume che non rispecchia le caratteristiche stilistiche del romanzo della nostra epoca e dire ” I Promessi Sposi” non andrebbero studiati. E’ questo un libro che ha condizionato la storia del romanzo e della letteratura italiana. Ci sta che possa non piacere, non riconoscere il suo carattere di fondamentale spartiacque tra la forma letteraria che in Italia c’era stata sino ad allora ed il dopo ( esattamente come sostenere che non serva studiare la letteratura ) è tipico di quella cerchia di invasati da una cultura dubbia ed autodidatta che porta a riflessioni errate.
Leggere per Scrivere. Non serve sapere come si scrive un libro di fantascienza; me ne fotto. Io leggo Asimoov e, forse, dopo posso aver capito come è fatto il fantasy. Volete mica mettere per iscritto dei criteri per fare arte?
Pazzi…
Fare letteratura è importante, è fondamentale per conoscere l’evoluzione dell’idea nel tempo, è fondamentale per conoscere l’evoluzione della scrittura nel tempo, è fondamentale per capire qualcosa nel momento in cui scrivi e sapere quello che dici quando ti arrischi a valutare un testo altrui.
Segno di mediocrità intellettuale è dire: a che mi serve? Non a vivere, certo… ma vuoi capire i rimandi ad un determinato testo, vuoi capire come fai ad apprezzare, ora, un altro determinato testo e perché questo è sviluppato in un certo modo? Devi fare letteratura, studiarla, studiare le lingue greche e latine.
La cultura non è la strada facile, lo so; a molti piacerebbe poter dire ” fottiti, io non lo faccio e mi dichiaro comunque figo ” oppure ” basta essere intelligenti “.
No, non è vero. Leopardi non scriveva così solo perché era un genio.
Per concludere: Non pensiate che i canoni che ora provate a stabilire varranno per sempre o per tutti. L’arte è arte; i canoni a priori li fanno i poveracci che non c’hanno nient’altro da fare. Il miglior strumento di valutazione è la storia, storia del pensiero, della letteratura, dell’arte, dell’umanità. E, ovviamente, l’intelligenza; ma non crediate di andare avanti solo perché ne avete un po’… La posseggono in molti…

#178 Comment By Alberello On 2 maggio 2011 @ 15:57

è tipico di quella cerchia di invasati da una cultura dubbia ed autodidatta che porta a riflessioni errate.

“Il sapone e l’istruzione non hanno effetti rapidi come un massacro, ma a lungo andare sono più micidiali.”
Mark Twain

“L’istruzione è cosa ammirevole ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare quel che vale veramente la pena di conoscere.”
Oscar Wilde

“L’istruzione sembra importante finché non ci imbattiamo in stupidi istruiti.”
Nicolas Gomez Davila

“L’istruzione ha prodotto un gran numero di persone capaci di leggere ma incapaci di distinguere quello che merita di essere letto.”
G.M. Trevelyan

“L’istruzione è una gruccia con cui gli stupidi attaccano i saggi per provare che non sono degli idioti.”
Karl Kraus

“La conoscenza di ciò che è davanti o intorno a noi, che fa appello alla nostra esperienza, alle nostre passioni o ai nostri progetti, al cuore e agli affari degli uomini, non è istruzione.”
William Hazlitt

“Niente al mondo può sostituire la tenacia. Il talento non può farlo: non c’è niente di più comune di uomini pieni di talento ma privi di successo. Il genio non può farlo: il genio incompreso è quasi proverbiale. L’istruzione non può farlo: il mondo è pieno di derelitti istruiti. La tenacia e la determinazione invece sono onnipotenti.”
Calvin Coolidge

“Quando il mondo sarà divenuto tanto onesto da non impartire alcuna istruzione religiosa ai fanciulli prima dei quindici anni, si potrà sperarne qualcosa.”
Arthur Schopenhauer

“Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite.”
Gilbert Chesterton

Non sai quanta gente interessante si incontra al circolo degli invasati!

Volete mica mettere per iscritto dei criteri per fare arte?

Non sia mai.

Segno di mediocrità intellettuale è dire: a che mi serve? Non a vivere, certo…

Ora non so tu, ma vivere rientra nelle mie priorità in quanto organismo. Quindi prima di studiare Manzoni, non mi spiacerebbe imparare qualcosa che mi serva a migliorare ciò.

L’arte è arte

Così come l’aria è l’aria e la terra è la terra. Sono concetti troppo profondi, non li capirò mai.

ma non crediate di andare avanti solo perché ne avete un po’… La posseggono in molti…

Giusto, infatti il maggior problema della nostra società è proprio l’esubero di persone intelligenti. Non sai che frustrazione quando in coda alla posta un tizio mi passa avanti e invece che dirgli: “Ah, vedo che lei nei rapporti anali preferisce il ruolo passivo!” devo mettermi a cantare la Madama Butterfly per dimostrare di non essere più ignorante di lui.

#179 Comment By Paolo E. On 9 maggio 2011 @ 20:41

Bella ed interessante discussione.

Volevo però dire una cosa ad Alberello.

I libri in discarica non andrebbero buttati. Mai.
E’ una strada che porta molto lontano, e non in un bel posto.

#180 Comment By Daniele On 10 maggio 2011 @ 13:14

@ Paolo E.
“I libri in discarica non andrebbero buttati. Mai.”

Leggere “Il 37 Mandala” di Marc Laidlaw potrebbe farti cambiare idea. XD
A ogni modo, oggi è meglio riciclare: credo che molta carta imbrattata preferirebbe “reincarnarsi” in una forma superiore. Che so, un libro almeno decente!

#181 Comment By SickBoy On 11 maggio 2011 @ 15:54

Sono inciampato in un articolo su repubblica, in cui leggevo che l’illuminatissimo ministro Gelmini avrebbe definito “I Promessi Sposi” il “libro che più rappresenta l’Italia.”

Mi sembrava un giusto coronamento a questa interessantissima discussione.

#182 Comment By Cecilia On 13 maggio 2011 @ 09:47

Il mio monografico di Storia della lingua italiana:
“La prosa ottocentesca dopo Manzoni”.

Ohimé.

Però ne approfitto per dire una cosa. Manzoni perde nei confronti degli stranieri ma rispetto agli italiani poco prima di lui e dopo (non tanto poco), allora non c’è proprio paragone. Stilisticamente, gli altri erano uno scempio.

Apro e subito chiudo parentesi: Mostra spoiler ▼

#183 Comment By Felix On 28 maggio 2011 @ 13:36

Estratti come questi potrbbero essere presi anche da altri grandi classici per dire “ah come scriveva male Dickens” e non è assolutamente un criterio esegetico corretto. Proprio studiando senza nozionismo autori come Dante e Manzoni si riscopre il loro genio: in particolare Manzoni compone dei quadri di ironia inarrivabile nella descrizione di certi caratteri come nel caso di don Abbondio mentre riesce a trasmettere ugualmente bene i toni drammatici della psicologia complessa di un personaggio combattutto e contorto come quello della monaca di Monza. Ho riscoperto questo meraviglioso romanzo storico facendo ripetizioni.

#184 Comment By Emile On 28 maggio 2011 @ 21:24

Don Abbondio infatti è il personaggio migliore del romanzo, il più umano.
Peccato che non ci sia solo lui ma anche SCHIFEZZE come Lucia e Borromeo…

#185 Comment By daniele marotta On 6 giugno 2011 @ 09:01

Qui fai come ti pare, giustamente, ma una letta minima a una critica seria sul manzoni la potevi dare prima di dire che scrive da cani.

io apprezzo il tuo stile, la tua critica è sempre circostanziata e corretta, Manzoni certo non è Dumas o Walter Scott, ma sarebbe stato più corretto riportare con oggettività, anche i meriti di Manzoni per la storia della letteratura italiana.
Manzoni volere o volare è stato quello che ha portato il romanzo moderno in italia e per questo è una fondamento della letteratura.
Dire che cento anni di critica sono sotto i tuoi piedi e che tu sei l’evoluzione di quello è una cazzata.

Con stima

Daniele.

#186 Comment By Gamberetta On 6 giugno 2011 @ 11:02

@daniele marotta. Oggi sono di cattivo umore, perciò ti rispondo.

io apprezzo il tuo stile, la tua critica è sempre circostanziata e corretta, Manzoni certo non è Dumas o Walter Scott, ma sarebbe stato più corretto riportare con oggettività, anche i meriti di Manzoni per la storia della letteratura italiana.

Ecco, affermazioni del genere fanno cascare le braccia. Capirei se tu non mi apprezzassi, d’accordo, sarebbe coerente; ma che senso ha dire che faccio una critica corretta e poi accusarmi di non rilevare i meriti del Manzoni per la storia della letteratura italiana?
Si può sapere che cosa c’entrano i meriti storici con l’abilità tecnica?
Il problema che vuole sottolineare questo articolo è che si insegna a scuola un autore che compone frasi di questo livello:

c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo

Che è lo stesso livello di una quindicenne alla sua prima fanfiction su Twilight:

Bella era sconvolta da sentimenti così intensi da essere indescrivibili!!!!!!

Ora, per me è una vergogna. Vuole dire che quello che davvero insegni non è l’italiano, quello che insegni è il rispetto dell’autorità. Be’, con me non funziona: non me frega niente di quello che dice la “critica”, uno che scrive così scrive da cani.

Vuoi dimostrarmi il contrario? Bene: dammi una dimostrazione (secondo i principi che vuoi, che non necessariamente devono essere gli stessi miei) che un narratore onnisciente che non trova le parole (“non so che”) e va avanti ad aggettivi è una buona idea. Altrimenti il Manzoni scrive da cani. Adorato da critica e pubblico(?), ruolo fondamentale per la storia della narrativa italiana, brava persona, quello che ti pare, ma scrive da cani.

Che poi: ci si sorbisce uno stile così sciatto in cambio di cosa? Quali sono le idee rivoluzionare ne I Promessi Sposi? Dov’è il sublime? Dov’è il sense of wonder? Moccia è meglio.

#187 Comment By daniele marotta On 6 giugno 2011 @ 11:42

Volevo dire che solitamente la tua critica è circostanziata e, secondo me apprezzabile, va bene zappare duro ma attenta ai piedi.
Con Manzoni potevi semplicemente essere più modesta e documentarti un attimo.
Se leggi molta narrativa dell’ottocento vedi che non funziona più da un punto di vista di prosa e intrattenimento, per questo dico che Manzoni non è Dumas o Walter Scott. Certamente in Italia il romanzo è sbocciato nel novecento, ma parlando di Manzoni, la prosa è solo un aspetto.
Pure se guardi il cinema espressionista tedesco o non ha più l’effetto che aveva nei primi del novecento ma si guarda e si studia per altri motivi.
Concordo che Manzoni è sopravvalutato ma i classici, a mio avviso, vanno criticati documentandosi visto che c’è materiale a disposizione, anche se sono tali solo perché all’epoca non c’era di meglio in circolazione.

;)
D.

#188 Comment By Gamberetta On 6 giugno 2011 @ 12:26

@daniele marotta.

Se leggi molta narrativa dell’ottocento vedi che non funziona più da un punto di vista di prosa e intrattenimento

Infatti. Adesso passaggi così:

It was a dark and stormy night; the rain fell in torrents, except at occasional intervals, when it was checked by a violent gust of wind which swept up the streets (for it is in London that our scene lies), rattling along the house-tops, and fiercely agitating the scanty flame of the lamps that struggled against the darkness.

(incipit dell’edizione 1830 del romanzo Paul Clifford del barone Edward Bulwer-Lytton)

Sono considerati un simbolo di cattiva scrittura. L’incipit de I Promessi Sposi è peggio. Dobbiamo davvero insegnare a scuola un autore che scrive in maniera ancora più pietosa del barone Bulwer-Lytton?
Se la prosa ottocentesca non funziona più non la insegni a scuola. Così come nei libri di fisica non si insegna più quello che dicevano Aristotele e San Tommaso. Il che non vuol dire che fossero dei cretini, vuole dire che il mondo va avanti (per fortuna).
Non è un “giochino”: stiamo parlando di decine di ore che potrebbero essere impiegate per insegnare qualcosa di utile/interessante/affascinante/appassionante e sono sprecate dietro a uno scribacchino di pessimo livello. Con il danno collaterale che passa il messaggio che non devi ragionare sulla scrittura, ma devi ripetere a pappagallo quello che ti impongono i professori.

#189 Comment By Ezra On 7 giugno 2011 @ 00:55

Vedi, Gamberetta, il problema è che a scuola il buon Manzoni non è insegnato durante le ore di “corso di scrittura”. Non mi pare che questa materia esista a scuola (di solito si dovrebbe insegnare a scrivere alle elementari e alle medie). Che ti piaccia o non ti piaccia, l’insegnamento di “italiano” ha ancora l’obiettivo di cercare di ripercorrere quello che potremmo definire – con orrore, chiaro – lo spirito letterario di questa nazione. Sai, è un po’ come studiare la storia e la filosofia. Poi uno può pestare i piedi e dire: “io voglio sapere come si fa a compiere un’indagine storica o come si filosofa! Non mi interessa imparare nozioni! Maledetti professori noiosi!” …Che poi non sarebbe male (dico, imparare a compiere una indagine storica e a filosofare). Tuttavia, credo sia importante, al di là di saper come scrivere un romanzo o un saggio o il proprio diario, che uno studente di liceo sappia qualcosa della tradizione che ha alle proprie spalle e che, in qualche modo, lo possiede. Per questo Manzoni non è un autore da buttare – a mio avviso, eh. Al limite, pensiamo ad affiancare alle materie tradizionali un corso di scrittura (ma anche un corso sul filosofare, o sul fare arte, ecc., on demand, magari, che dici?). Perché l’alternativa, in questo caso imparare a scrivere solo considerando quei testi in cui sono rispettate tutte le condizioni che fanno di un romanzo “il romanzo perfetto”, potrebbe significare una perdita di “spirito” (se oggi questa parola ha ancora un minimo di significato).

#190 Comment By daniele marotta On 7 giugno 2011 @ 08:45

Non sono d’accordo Ezra,
la questione di gamberetta è giusta, com’è che un padre della letteratura scrive male? E’ ammissibile?
Non c’è bisogno di un corso di scrittura creativa per interrogarsi sulla prosa manzoniana, anzi.
Io però mi chiedo un’altra cosa.
Certamente reputo lo spazio di Manzoni nella scuola, esageratissimo, e sarei piuttosto, nell’anno di lettura-studio dei promessi sposi, piuttosto farei leggere, senza tante analisi, Tozzi, Pasolini, Deledda, Svevo, Pirandello, Calvino, Buzzati, Morante, Tondelli, Sciascia, Moravia…
Il risultato sarebbe indubbiamente migliore.

La lingua e la fortuna di Manzoni mi fanno riflettere, però, su un punto.
Qual’era la lingua degli italiani di fine ottocento?
Non è che in qualche modo la prosa romanzesca e il palato del pubblico fossero, effettivamente, arretrate all’epoca da noi, rispetto a quanto non fosse in paesi dove c’era già una borghesia moderna dall’appetito romanzesco più forte e esigente del nostro?

D.

#191 Comment By Ezra On 7 giugno 2011 @ 11:21

Daniele, ho detto semplicemente questo: non si studia Manzoni per far vedere come si scrive, ma per comprendere l’ethos di una nazione in un periodo storico. Che poi questa pratica sia piuttosto retorica, l’ha messo bene in luce Gramsci. E sicuramente sarebbe interessante risalire al motivo per cui Manzoni impallidisce se lo confrontiamo coi grandi romanzieri russi e francesi della sua epoca, e capire il motivo per cui egli sia comunque divenuto un classico. E questo sarebbe anche un punto interessante da affrontare a scuola.

Comunque, a mio avviso, affermazioni del genere sono sconvolgenti:

“Se la prosa ottocentesca non funziona più non la insegni a scuola. Così come nei libri di fisica non si insegna più quello che dicevano Aristotele e San Tommaso.”

Sono sconvolgenti perché, nell’equiparare la letteratura alla fisica, non si comprende nemmeno la differenza tra scienze dello spirito e scienze della natura. Tant’è che si riduce la scrittura a mero esercizio tecnico, si perde di vista l’ethos, o lo spirito del tempo, che vive nei prodotti letterari (che gli autori ne siano o meno consapevoli) e si giunge a dire che se la prosa ottocentesca non funziona più non la si deve insegnare a scuola. Ma, ripeto, si insegna letteratura (da Omero a Virgilio a Dante a Manzoni) non per insegnare a scrivere, ma per comprendere il nostro passato passando per il genere letterario. Questa è sicuramente una insufficienza: occorrerebbe pensare anche a un corso per insegnare a scrivere, ma di certo non a scapito dell’insegnamento della tradizione, nella quale comunque ci muoviamo. Sacrificare la cultura per la tecnica (e dunque saltare a piè pari la prosa ottocentesca qualora questa non fosse più funzionale all’insegnamento del come scrivere) non è sempre cosa saggia e buona.

#192 Comment By Gamberetta On 7 giugno 2011 @ 12:13

@daniele marotta.

Non è che in qualche modo la prosa romanzesca e il palato del pubblico fossero, effettivamente, arretrate all’epoca da noi, rispetto a quanto non fosse in paesi dove c’era già una borghesia moderna dall’appetito romanzesco più forte e esigente del nostro?

Non lo so, ma sono scettica su questi discorsi “sociali”. Perché in Italia la gente legge poco? E secondo me non è un problema “sociale” o di “mentalità”, il problema è che tu vai in libreria e ti trovi spazzatura stile Bianca come il latte, rossa come il sangue a 20 euro. Qualunque essere umano dotato di normale intelligenza non si fa più fregare una seconda volta. Si legge poco perché una serie di persone in poche case editrici che controllano la quasi totalità del mercato sono disoneste e/o non svolgono con competenza il proprio lavoro.

@Ezra. Io trovo “sconvolgente” che nel ventunesimo secolo si parli ancora di “spirito”. Quale “spirito”? Non esiste lo spirito. Esistono miliardi di neuroni connessi in maniera complessa ma per niente misteriosa, tanto che tra non molti anni potremmo avere un modello funzionante del cervello umano.

La narrativa è una “scienza della natura”: è lo studio dei metodi che permettono attraverso il linguaggio naturale di trasferire immagini (e suoni, sapori, odori, ecc.) dal cervello dell’autore al cervello del lettore.
Il fatto che manchino ancora gli adeguati strumenti tecnologici per un approccio del tutto scientifico non significa che ci siano gli “spiriti”. È un po’ come la medicina: finché non è arrivato il microscopio o i raggi-X non si poteva avere la certezza di muoversi nella maniera migliore, non per questo si era giustificati ad andare “a caso” ché tanto c’è lo “spirito”.

La storia della cultura non la capisco. Perché leggere il Manzoni (o chi per lui) sarebbe “cultura” e leggere un manuale di (filosofia dello) stile no? E se proprio me ne frego della letteratura e mi occupo solo di come funzionano i motori a vapore non è ancora cultura?
La tecnica è cultura. Ed è anche arte. Perché quando Newton ti mostra con poche equazioni come funziona l’intero Universo, la reazione che ho è di stupore e meraviglia, simile, se non superiore, a quella che ho di fronte a un’opera d’arte.

E anche l’idea che la letteratura sia utile per comprendere lo “spirito del tempo” secondo me è tutt’altro che scontata. Forse la storia della metallurgia insegna di più sulla mentalità e sulle società passate di tanta letteratura. Il che non vuol dire che la letteratura sia da buttare, ma non diamole un ruolo vitale solo perché ci piace – parli con una che è cresciuta e vive in una casa foderata di libri.

#193 Comment By Ezra On 7 giugno 2011 @ 13:07

Gamberetta, per spirito – quando l’ho scritto isolato – intendevo lo “spirito del tempo”… che la letteratura senza dubbio aiuta a far comprendere. Come anche la storia della tenica e della “cultura materiale” (non nego che questa esista, anzi, essa ha aperto un filone di studi storici che è molto importante). Ora, è in riferimento a come hanno colto lo “spirito del tempo” che mi sento di dire che “I Buddenbrook” o “Pastorale americana” sono romanzi fondamentali del Novecento. Ma anche il nostro Manzoni è fondamentale perché è il grande testimone dell’Italia di quell’epoca, della sua classe borghese, con tutti i suoi limiti e le insufficienze che, sia da un punto di vista letterario che sociale che politico che filosofico, grazie a Dio sono stati poi superati. Ma occorre studiarlo per comprendere questo superamento (chiaramente se si vuole comprendere questo superamento). In questo senso non farei a meno di lui e non farei a meno di un insegnamento dell’italiano che cerca a punto di cogliere la storia delle idee che ci hanno preceduto. Dunque è giustissimo porre la questione del saper scrivere, ma perché eliminare questo patrimonio “culturale”? Ecco, io sono per conservarlo (sarò antiquo).

Grazie per la risposta… e spero non significhi che sei ancora di cattivo umore da ieri.

Ciao, Ezra

#194 Comment By daniele marotta On 7 giugno 2011 @ 13:43

Gamberetta non puoi parlare di Manzoni come se all’epoca ci fosse stato una mercato editoriale, non era un “Best Seller”.

Io ho detto che la lingua del manzoni probabilmente andava bene all’epoca perché non c’era una cultura del Romanzo, di vicende di persone scritte in prosa. Per cui manzoni era adeguato ad un pubblico nuovo a tale forma, i romanzi da noi, semplicemente non si scrivevano.
Diciamo è Manzoni è il Little Tony della letteratura paragonato agli Elvis della sua epoca. Facciamo Celentano, và povero Manzoni. ;)
Come negli anni cinquanta da noi non c’erano i presupposti culturali per la nascita del rock e l’abbiamo copiata da fuori, così nell’ottocento non c’era la modernità, la borghesia industriale, l’urbanizzazione e il tessuto sociale necessario per lo sviluppo del romanzo.
Non è che andavi a comprare Tolstoj o Dumas da Feltrinelli sotto casa.
All’epoca c’erano le biblioteche delle famiglie ricche, qualche libraio che vendeva a studenti e istitutori e tutti gli altri a zappare nella melma.
In francia magari ti trovavi Dumas sul giornale tutte le mattine letto da milioni di francesi di Parigi o Dickens o Dostoevskjy nei rispettivi paesi.
Era proprio un dislivello enorme tra i pesi dell’europa.
Non è sociologia di mercato, ma storia.

Altro discorso è dire che andrebbe ridimensionato l’insegnamento degli autori che non reggono al tempo, e che rimangono spogliati del piedistallo politico, sociale che li ha sostenuti fino ad oggi.
@Ezra,
Manzoni non è, e non sarà mai Dante, Omero o Virgilio.

D.

#195 Comment By Tapiroulant On 7 giugno 2011 @ 14:08

@Gamberetta:

Perdona la lunghezza del mio post^^’

sono scettica su questi discorsi “sociali”

Questo è l’unico punto su cui sono d’accordo con il Marotta. C’è una diretta correlazione tra la situazione economica-politica di un Paese e la ricchezza e la varietà della sua produzione artistica. Se infatti diamo un’occhiata alla diffusione del romanzo nei vari paesi d’Europa, scopriamo che:
- In Francia e in Inghilterra la popolarità del romanzo esplode tra la fine del Seicento e il Settecento, molto precocemente rispetto agli altri paesi. Si tratta, infatti, di paesi in cui il sentimento di unità nazionale, una lingua comune, l’ascesa al potere della borghesia e la potenza economica sorgono prima di tutti gli altri paesi europei.
- In Russia, il romanzo esplode nell’Ottocento. Tra le cause: l’afflusso di capitali e di imprese europee (cominciato nel Seicento ma cresciuto lentamente), in particolare britanniche e tedesche; l’azione preparatoria, nel Settecento, di sovrani come Pietro il Grande e Caterina II, che riorganizzarono la nazione secondo modelli europei (a tutti i livelli: burocratico-amministrativo, tecnico, pedagogico, scientifico, e anche artistico); l’afflusso in Russia di opere francesi a partire dalla seconda metà del Settecento; e quindi, la formazione (a partire dalla fine del Settecento) di un ceto borghese autoctono (ancora piccolo) e di un ceto aristocratico colto e filoeuropeo. Infatti è a partire dal Settecento che i letterati russi cominciano a porsi il problema di “creare” una lingua letteraria nazionale, come succederà più tardi in Italia e in Germania.
- In Italia e in Germania, questo avviene nel corso dell’Ottocento, e soprattutto verso la fine del secolo (ci sono alcune eccezioni: Foscolo in Italia, Goethe o Hoffmann in Germania, ma sono casi abbastanza rari. Inoltre alcuni di questi, come Hoffmann, ebbero successo soprattutto all’estero). La mancanza di unità politica e linguistica, l’arretratezza economica e quindi la mancanza di un ceto borghese che facesse da pubblico hanno contribuito a determinare questa situazione.

Per completare il quadro insisto su due elementi complementari a quelli già citati: la tradizione, e la lingua nazionale.
Il discorso che ho fatto sull’Italia vale infatti per il romanzo ma non per altri generi artistici. Anche nel Seicento, momento di maggior declino dell’Italia, il nostro paese rimase forte almeno in tre campi: la pittura, la scultura e la musica. Due le ragioni:
- Innanzitutto, una lunga tradizione alle spalle, che favoriva il sopravvivere di scuole di alto livello e rendeva l’artista italiano prestigioso e appetibile agli occhi degli stranieri.
- Soprattutto, la possibilità di portare la propria arte nei paesi più fiorenti (in primo luogo la Francia, ma anche l’Inghilterra o la corte degli Asburgo). Si può quindi parlare di una sorta di mecenatismo dei Paesi più ricchi nei confronti dell’Italia. Non a caso, infatti, i generi artistici che sono stati più fiorenti in questi secoli sono quelli dal linguaggio universale, immediatamente esportabile: le arti figurative e la musica.
Questo stato di cose ha avuto però delle conseguenze:
- Il decadimento di quei generi artistici non immediatamente esportabili, ossia la poesia, la prosa e le sceneggiature teatrali.
- La chiusura rispetto al nuovo. Proprio per via del rapporto tra la sua gloriosa tradizione e la mancanza di dinamismo sociale ed economico, lo strato colto del popolo italiano per lungo tempo ha continuato a ritenere degni di attenzione soltanto quei generi artistici che le davano lustro, ignorando i nuovi generi (come il romanzo). Infatti, quando nel corso del Settecento l’Italia comincia a riprendersi, la poesia e la drammaturgia hanno dato per prime nuovi frutti, mentre per il romanzo si è dovuto attendere un altro secolo; una situazione analoga si è verificata in Germania.
Questa chiusura rispetto alla novità e al rischio peraltro è una condizione in cui ci troviamo ancora oggi, e di sicuro la cosa è da mettere in relazione con la posizione economica e politica subordinata (rispetto a Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti) in cui la nostra classe dirigente si è – in parte volontariamente – messa.

Posso capire il tuo scetticismo. Non devi considerare queste tendenze e leggi storiche come delle astrazioni che si impongono agli uomini. Gli editori incompetenti od opportunisti nel senso più stupido, il clientelismo come stile di vita, le legioni di leccaculi e di difensori a tempo perso della ‘tradizione italiana’, non sono che altrettante incarnazioni di queste tendenze.
Questo non significa però che non ci sia un margine di libertà (e quindi di colpa) nelle azioni di costoro. Se è vero che i nostri comportamenti sono largamente condizionati dall’esterno, è anche vero che, non essendo noi creature di puro istinto, conserviamo un certo margine di scelta. Se così non fosse, la storia di ogni popolo sarebbe sempre identica a sé stessa, oppure evolverebbe secondo una progressione geometrica rispetto alle sue condizioni ambientali; invece sappiamo che l’azione degli uomini può accelerare, ritardare o deviare di molto i processi storici.
Modi in cui le tendenze storiche si impongono agli individui sono l’educazione (se vedo il mondo attorno a me muoversi in un certo modo, penserò che è così che ci si muove e non altrimenti) o la pressione sociale (se tutti gli altri fanno in un modo, dovrò avere grande forza di volontà per oppormi al flusso e fare diversamente). Posso superare queste imposizioni (per esempio apprendendo un altro modo di fare fuori dal mio ambiente, o facendo appello a tutta la mia volontà o trovando altre persone solidali al mio progetto a cui collegarmi), ma per la maggior parte degli individui è più facile seguire la corrente.
Il fatto che in libreria ci siano libri orrendi a 20 Euro è sia un fatto sociale che un fatto di mentalità, ma questo non significa che gli editori non avrebbero potuto fare a meno di essere incompetenti.

Io trovo “sconvolgente” che nel ventunesimo secolo si parli ancora di “spirito”. Quale “spirito”? Non esiste lo spirito. Esistono miliardi di neuroni connessi in maniera complessa ma per niente misteriosa, tanto che tra non molti anni potremmo avere un modello funzionante del cervello umano.

Credo che Ezra con “spirito” non si riferisse all’anima cristiana o allo Spirito romantico o ad altre tavanate simili, ma fosse semplicemente un modo per definire la cultura di un popolo. E’ un modo di dire comune, e (anche se non lo amo) io stesso a volte parlo di spirito di una nazione, o di un popolo, o di un’idea, in questo senso.

Per tutto il resto sono d’accordo, ma lo sai già.
Quando mi sono messo a studiare la storia medievale e rinascimentale, per capire la mentalità di quell’epoca ho dovuto innanzitutto studiare le condizioni materiali in cui si viveva: l’ambiente, il livello tecnologico, l’organizzazione economica e sociale, i modi di fare la guerra e di stringere alleanze e di amministrare un territorio, la religione, le nozioni scientifiche, la diffusione delle monete e quindi dei metalli preziosi, etc.
Lo studio della letteratura è solo un tassello e nemmeno dei più importanti per capire un popolo o un periodo storico, e probabilmente è vero che la storia della metallurgia dice di più della storia della letteratura.

Ah, adesso mi si darà dell’ignorante, ma non avevo idea che la dark and stormy night fosse veramente l’incipit di un romanzo xD
Sono sconvolto!

#196 Comment By Tapiroulant On 7 giugno 2011 @ 14:31

Aggiungo un paio di considerazioni al mio logorroico post precedente, questa volta rivolte a Ezra e al Marotta.
Muovo da questo rilievo di Gamberetta:

nei libri di fisica non si insegna più quello che dicevano Aristotele e San Tommaso. Il che non vuol dire che fossero dei cretini, vuole dire che il mondo va avanti (per fortuna).

C’è una materia universitaria, chiamata in genere “Storia della Fisica”, che studia per esempio la cultura della Grecia antica, Aristotele, la Scolastica e via dicendo. Ma si chiama appunto: “Storia della Fisica”, non “Fisica”. “Fisica (1, 2, etc.)” è un’altra disciplina, perché il suo compito è insegnarti a essere un fisico e non insegnarti la storia plurimillenaria della cultura fisica occidentale.
Già questo basterebbe a far saltare i nervi, dato che con ipocrisia chiamano “Italiano” quello che in realtà è “Storia della Letteratura Italiana”.
Ma il punto è un altro. Il punto è che l’Italia, a furia di guardarsi alle spalle e “celebrare” e “capire” e “rispettare” e “collocare” il proprio passato, non è stata capace di produrre una minchia di nulla nel presente. Il mondo letterario italiano (e parlo di tutto il mondo letterario italiano, non solo di quello fantasy) è pieno di gente che pontifica sul ruolo del Manzoni, del Petrarca, di Dante, della Scapigliatura, ma la sua capacità di produrre della buona letteratura è prossimo allo zero.
Abbiamo prodotto tonnellate e tonnellate di critici, commentatori e filologi, e quasi nessuno scrittore. Già questo dovrebbe far riflettere su quanto le modalità attuali di insegnamento siano vincenti.
A forza di guardarsi alle spalle e rispettare i cosiddetti “Maestri” del passato, si è perso il senso critico, e quindi la capacità di capire come bisognerebbe scrivere oggi per produrre qualcosa di dignitoso. Tra l’altro è in questo senso che andrebbe intesa la critica dei Futuristi quando dicevano di voler uccidere il chiaro di luna e abbattere i musei.

Sull’utilità di insegnare a scuola tecniche di scrittura e retorica al posto della storia della letteratura ho già speso molte parole nei commenti precedenti (e anche più parole ci ha speso Gamberetta), se volete saperne di più o se non siete d’accordo con me quantomeno andateveli a leggere.

Ah, vedo tra l’altro che Ezra ha già spiegato la questione dello “spirito”. Chiedo venia: ma ci ho messo un’ora e mezza a scrivere quella roba e quando ho cominciato il post di Ezra non era ancora stato scritto.

#197 Comment By AryaSnow On 8 giugno 2011 @ 13:48

Che poi: ci si sorbisce uno stile così sciatto in cambio di cosa? Quali sono le idee rivoluzionare ne I Promessi Sposi? Dov’è il sublime? Dov’è il sense of wonder? Moccia è meglio.

Io a distanza di tempo ricordo come interessanti i personaggi di Don Abbondio e della Monaca di Monza, e anche la parte che parla della peste a Milano.

Poi certo, se quello che ti interessa è solo o principalmente il sense of wonder, è chiaro che anche di queste cose non te ne fai nulla.

Ci sono altre cose dei PS che per me sono letteralmente da pugno in un occhio.
Ci sono parecchi autori e romanzi ottocenteschi che amo, ma I Promessi Sposi è uno di quelli che apprezzo meno.

#198 Comment By Enrico On 11 giugno 2011 @ 00:51

Ciao.
Riguardo le tue idee sull’insegnamento liceale posso anche essere d’accordo – in parte -, anche se ci sarebbe da dire che lo scopo di insegnare letteratura, e cioè insegnare gli autori e le opere più “importanti” per sommi capi della storia nostra letteratura, non è quello di mettere davanti allo studente un modello che egli possa apprendere e dunque applicare – mica tutti vogliono o devono diventare scrittori, o giornalisti, no? -; ma, per l’appunto, lo scopo di insegnare la letteratura è semplicemente… insegnare la letteratura stessa, ossia, fornirne un profilo STORICO. Così come si fa per l’Arte, che non è insegnata per scopi di carattere esemplare, ossia perché ciascuno affini la sua tecnica pittorica e via discorrendo, ma semplicemente perché è importante – oltre che necessario, almeno dal mio punto di vista – conoscere la storia del proprio paese, e dunque la storia della cultura del proprio paese. Quando ti insegnavano filosofia alle superiori l’obbiettivo era forse quello di renderti capace di creare a tua volta una Critica della ragion pura? Se posso rispondere per te: certo che no!
Riguardo il tuo parere su Manzoni, devo dire che non concordo in nulla, e sinceramente mi sembra strano che un simile pensiero così poco sensibile e grossolano sia stato proposto alla visione collettiva con toni così arroganti come quelli che hai adoperato.
Tu hai scritto, ad un certo punto: “giudicando con i parametri odierni”. Ora, in questa mentalità di applicare i nostri criteri, nonché il nostro gusto, a dei testi scritti in secoli passati, c’è secondo me, come ho già detto, un qualcosa di incredibilmente grossolano, come se tu mancassi completamente di sensibilità filologica. Erano i medievali quelli che non sapevano prescindere dalla loro mentalità, quelli che mancavano di sensibilità storica, che leggevano nell’egloga di Virgilio dove si parla del “puer” un chiara profetizzazione dell’avvento di Gesù Cristo, quelli che traducevano la Tebaide di Stazio togliendo la lunga scena del concistoro degli dei, poiché non ammissibile nella loro ottica super cristiana. I filologi moderni invece hanno, grazie al cielo, raggiunto la sensibilità di riconoscere la necessità di leggere i testi del passato mai dimenticando quali furono i principi di poetica alla base dei quali furono scritti, e senza dimenticare nemmeno il loro contesto storico, imprescindibile magazzino di informazioni. Immagina di scrivere tu stessa un romanzo che ora, nel nostro presente, faccia un grande successo, e di scoprire che fra duecento anni uno stronzo senza un minimo di sensibilità venga a dirne: “ci troviamo di fronte a una schifezza”… Che poi, se mi è concesso di dirlo… Non ti sembra questa un’affermazione un po’ troppo soggettiva? Non ti sembra che i pareri personali andrebbero tenuti da parte? Ok, a te non piace come scrive Manzoni. Va benissimo, non piace nemmeno a molta gente. Vuol dire forse che non ci sia qualcuno a cui Manzoni possa ancora piacere? Io l’amo. Dunque, non pretendere che tutti ragionino secondo i tuoi principi, o secondo il tuo gusto. I latini, nella loro saggezza, solevano dire “de gustibus”… Spero che la loro saggezza sia servita a qualcosa.
In ogni caso, facendo un passo indietro… Ragionandoci ancora qualche attimino… A te non sembra, ti chiedo, che se ora la narrativa è quello che è, questo sia dovuto sopratutto al come è stata nel passato? Manzoni, come Verga, un altro pover’uomo odiato generalmente da tutti, è stato un pioniere, è stato uno dei più grandi innovatori della prosa, se non era per lui ora non scriveremmo come scriviamo. Devi rendertene conto. Egli è stato il primo nella prosa italiana ad adoperare la lingua del popolo, ossia la lingua dell’uso. I Promessi Sposi non sono scritti in un toscano letterario, com’era usanza del tempo, ossia un toscano distaccato dall’uso comune. Ma sono scritti precisamente nel toscano delle balie, delle madri, delle signore fiorentine, e via dicendo. E’ stata un’innovazione incredibile! E non te la prendere con il sentimentalismo delle sue descrizioni, poiché era parte della poetica del tempo. Insomma, Manzoni vive il Romanticismo, e ne respira a grandissime boccate!
Voglio citare un’ultima tua esaltante affermazione: “Evidentemente sono una persona che ha maggiori conoscenze riguardo la narrativa di cento anni di critica letteraria. Non è mica strano. Qualunque studente al primo anno di fisica ne sa di più sull’argomento di Aristotele, San Tommaso, Sant’Agostino e altri Giganti del Pensiero™ messi assieme”. Ti dico solamente: così come dovresti imparare a leggere i testi adoperando la mentalità dell’epoca in cui è stata scritta, dovresti studiare la critica secondo l’ottica che essa ha avuto di periodo in periodo. C’è un motivo se all’università, alla facoltà di lettere, si insegna Storia della critica letteraria: perché è fondamentale, oltre che interessantissimo, riconoscere che anche la critica ha attraversato un percorso diacronico. E, ripeto, non volersene rendere conto, al tuo pari, è segno di non sensibilità, oltre che di palese grossolaneria.
Segui il mio consiglio: almeno non essere così arrogante.

#199 Comment By Enrico On 11 giugno 2011 @ 09:32

Sono di nuovo io!
Volevo solo aggiungere una postilla.
Secondo me la scuola non c’entra per niente nella degradazione subita dal mondo letterario, e più in generale della scrittura.
Secondo me, la vera causa di questa degradazione è l’editoria. L’editoria c’era anche al tempo di Manzoni, e di Dostoevskij, e via così. Eppure mai come ora, essa bada più al guadagno che al livello artistico di quello che pubblica. E’ un riflesso della nostra società, ovviamente, nella quale il culto del Dio Danaro ha soppiantato qualsiasi virtù. Questo provoca necessariamente un’involuzione del gusto collettivo, attraverso un circolo vizioso che ora ti descriverò in maniera piuttosto sommaria, generalizzando – il che è sempre un male, ma a volte è un male necessario!
L’editoria vuole far soldi e dunque accontentare le aspettative delle masse, così pubblica romanzi di un certo medio livello, che piacciano a tutti. Il pubblico così è accontentato, poiché gli si presentano testi che gli possono sicuramente piacere che certamente può capire. Così si adagia, e presto, non essendo spronato da nessuno ad “alzarsi”, il suo gusto tende ad un ulteriore abbassamento. E così, da capo: l’editoria vuole far soldi e dunque accontentare le aspettative delle masse, ecc, ecc…
Secondo me sta avvenendo un degrado culturale che prescinde dalle modalità di insegnamento scolastiche, ma che ha a che fare con la politica, e con il traviamento mentale telematico a cui siamo sottoposti giornalmente ovunque si vada.
Ciao.

#200 Comment By Artemis On 12 giugno 2011 @ 00:24

Se posso dare un mio modesto parere ci si accanisce tanto su Manzoni per il modo con cui ci viene sbattuto in faccia, come auctoritas, come genio, come fighissimo, come romanzo bellissimo, gnagnagna. Altrimenti penso che qui ci sarebbero post di critica (positiva o negativa) anche su Verga, Foscolo, Pirandello eccetera. Personalmente fra tutti gli autori che ho fatto a scuola l’unico che mi è sembrato degno di essere studiato dal punto di vista stilistico è stato Verga, mi è sembrato quello più moderno, il lettore scagliato nella vicenda, i personaggi che si presentano da soli attraverso parole e atti, la trasparenza assoluta.
Eppure se Verga ci venisse sbattuto in faccia come Manzoni troverei anche in lui delle pecche, immagino.
L’innovazione di Manzoni è stata la lingua, punto. Bastano poche parole: lavò i panni nell’Arno e fu importante per questo. Stop.
Il primo romanzo? Sì, il primo romanzo italiano, sarà importante anche questo ma secondo me il Manzo impallidisce di fronte a esempi di romanzi ellenistici e di fronte a Petronio. Dico, immaginate se fosse stata la Troisi la prima ad aver scritto un romanzo fantasy in Italia, e dovessimo spiegarla a scuola. E tutti giù a dire “che figa!” “scrive da dio!” solo perché è stata la prima a scrivere fantasy italiano?
Forse Manzoni non è spazzatura più di quanto non lo siano altri scritti precedenti e successivi, ma lo diventa qualora lo si spacci per ciò che non è. Cosa non è? Non è l’esempio perfetto del romanzo moderno. Basta con le bugie, basta con le considerazioni personali che trovi sui libri… “lo stile è incalzante, la trama è interessante e sconvolgente!” no! Di colpo si mette a parlare in francese o in latino e lì non sembra proprio voler adattare il proprio romanzo all’Italia, sembra voler dire “no, cioè, guarda come sono bravo!” alla stregua di Mitoancess.
Eppure la scuola ci propina a più riprese questo signore, ce lo spaccia come il Dio della scrittura, come qualcuno da imitare assolutamente, l’unico autore degno di essere letto. Io questo lo chiamo mero nazionalismo.

#201 Comment By Emile On 12 giugno 2011 @ 11:34

Quoto Artemis.
Non è che I PS siano merda pura (come ha detto qualcun altro ci sono dei passaggi fatti bene, e Don Abbondio è davvero un buon personaggio), semplicemente sono incredibilmente sopravvalutati.

#202 Pingback By Benvenuti a Fantasylandia | Il Sociopatico On 24 giugno 2011 @ 12:41

[...] rogo. Parlo di fantasy all’italiana, che peraltro Gamberetta ora si rifiuta di leggere. Ah, e il Manzoni scrive da cani. Perché lo dico [...]

#203 Comment By Antonella On 25 giugno 2011 @ 21:54

A me il Manzoni piace.

#204 Comment By alicearth On 27 giugno 2011 @ 02:15

ma daiiii!!!!
distruggere Manzoni per dieci righe!!!ma davvero!??!!
È Renzo a vedere la scena, lui che non sa esattamente dire da cosa venga questo qualcosa di pacato. Ed a Renzo puoi ben dire che è un imbecille!!!
E come ben sai il pezzo che hai postato continua con:

[Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, chè, se anche la somiglianza de' volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno nè disprezzo, "no!" disse: "non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete".]

Dolcissimo, toccante bla bla bla, uno dei pezzi più famosi, una bella descrizione.
Un romanzo che appartiene al suo tempo!
Anche se leggessi “le Troiane” allora ti spareresti in testa: uno spettacolo teatrale davvero avvincente: loro vanno in scena una per volta e si lamentano! eppure ha il merito di essere la prima opera probabilmente del mondo a dare voce al dolore dei vinti.
Però non ci sono gnokki nel romanzo e questo ti dovrebbe piacere. Renzo è uno scemotto, Lucia è un personaggio noiosissimo, tutta perfettina, lei ed il suo voto sessuofobo!!! ovviamente il perbenismo cattolico è ai limiti dell’assurdo!!Ma ci rendiamo conto che quello fuscello di Renzo scappa di notte tenendo non Lucia, ma Agnese per mano!! Manzoni purtroppo non ha visto “Il Laureato”!!!
Poi il romanzo è molto vario, e c’è di tutto un po’. Abbiamo cattivi, cattivissimi, cattivi che si addolciscono e restano cattivi, cattivi che si pentono… Purtroppo c’è la Provvidenza…
Manzoni non è perfetto!!! ma nessuno lo è, penso che similmente si possa dire di Victor Hugo a cui lo si paragona. non c’è scrittore che non faccia strafalcioni, la bellezza però c’è, e quello che a me piacque fu soprattutto l’ironia dell’autore, contro don abbondio, l’azzecca garbugli, i dotti ottusi, gli scrittori dell’arcadia per cui shakespeare è “un barbaro non privo d’ingegno”;
ed il suo essere un ottimo psicologo. Ricordo ancora quando scrive, sulla monaca di monza che se ci avvicinassimo troppo nessuno apparirebbe davvero colpevole, eppure un giudizio è necessario!
Nelle tue dieci righe si vede esattamente come Manzoni la lingua italiana se la sia proprio inventata, da illeggibile a leggibile: per questo infatti si studiano ancora con accanimento.
Ti informo poi che alle superiori non si leggono più integralmente come un tempo, si legge qualche capitolo per poi passare ad altri autori.
Le neuroscienze stanno rivalutando l’imparare a memoria, come divertimento del cervello, ed uno dei principi base della didattica è che anche il migliore insegnante può dare davvero solo in un gruppo di massimo 20 ragazzi, perché per insegnare è necessario conosce i propri alunni, altrimenti si è solo dei custodi. Partirei semplicemente da questo!!!

#205 Comment By renzo On 29 giugno 2011 @ 18:38

Manzoni scrive da cani? Può essere, le tue argomentazioni sono solide e convinventi. Tuttavia sono disposto a perdonarglielo, come lo perdono (traduci: passo oltre) quando fa il panegirico di Borromeo. (NB, il mio perdono è arrivato a distanza di 10 anni dalla maturità).

Perché?

1) IPS mi intrattiene. La trama è ben costruita e varia, Manzoni usa bene il cliffhanger, varia il ritmo, cambia punto di vista. Il romanzo è molto dinamico. Manzoni sarà mediocre come scrittore, ma è un ottimo narratore.

2) IPS informa. È un romanzo storico ben documentato, tra l’altro ha assunto un significato allegorico in ogni epoca successiva. Tutte le parti che descrivono il modo in cui una amministrazione corrotta e inetta affronta un’emergenza sono piuttosto attuali.

3) Spessore dei personaggi: i personaggi sono vividi, intriganti, tutti da scoprire.
L’innominato è costruito allo stesso modo di come Stocker crea Dracula: con l’assenza. Un hype pazzesco e poi fa una fine becera e ridicola (diventa la pecorella del Borromeo)? Ma vabbè, Alessandro doveva mettere in risalto lo Sborromeo, e per quello s’è bruciato l’innominato. Per quanto mi riguarda è la pecca più grossa del romanzo, l’unica imperdonabile.
Renzo è un Paperino ante litteram, come non adorarlo?
Lucia è insopportabile, però è uno dei principali motori dell’azione.
Dici che se eliminiamo l’odissea crolla l’occidente, ma se nel 2100 uno vorrà farsi un’idea del concetto di “suocera”, cosa c’è di meglio di Agnese Mondella?

«Ok, siamo italiani e la scuola ci ha condizionato».
OK, allora vediamo che ne pensano di “The betrothed” su goodreads:

http://www.goodreads.com/book/show/566328.The_Betrothed

Be’, intrattiene e informa anche loro ;)

#206 Comment By binex69 On 14 luglio 2011 @ 18:27

Giungo in ritardo dopo oltre 200 commenti ma scrivo ugualmente per dire 2 cose, anzi 3:

1) Complimenti al sito ed alla schiettezza dei giudizi (ho letto quelli sul libro di Santojanni promosso da De Luca e condivido tutto!). Quel che dici per la letteratura fantastica vale anche per il resto, ne sono arcisicuro!

2) I Promessi Sposi: quando ho letto il romanzo, per sfida, subito dopo aver finito il Liceo, mi è piaciuto molto! Ovviamente il giudizio sull’opera non può basarsi sullo stile di poche righe: nel suo caso deve valere un giudizio più ampio tenendo conto che prima del Manzoni non esisteva in Italia una vera e propria lingua per la narrativa romanzesca ed ha dovuto inventarsi un po’ tutto!
Che poi la scuola distrugga la letteratura per il modo in cui viene perlopiù insegnata è una cosa praticamente e purtroppo esatta…

Infine a tutti quelli che amano il fantastico consiglio di leggersi i poemi cavallereschi italiani del 4 e 5cento, non solo i classici Ariosto e Tasso ma anche il Boiardo, il Pulci e il grandissimo macaronico Folengo del “Baldus”. Ma leggerli come consigliava DeSanctis: ricorrendo alle note soltanto per capire le parole difficili, lasciando perdere spiegazioni critiche più ampie, soprattutto prima di leggere. Specie chi ha ambizioni di scrittore dopo queste letture troverà che la sua scrittura avrà acquisito un sacco di ritmo in più!

Saluti e complimenti (appena possibile leggerò delle fate… :))

#207 Comment By Anna On 18 agosto 2011 @ 20:09

@ Gamberetta e daniele marotta

La letteratura italiana, non è come la storia, che studi un periodo e poi vai avanti, senza più tirar fuori quello che hai studiato, è stratificata, come il latino: se non sai la prima declinazione, non puoi studiare la 5a. A mio avviso bisogna sapere che cosa si pensava nell’800. Manzoni, ne “i promessi sposi” voleva far risaltare ideali come la libertà e l’amore (purtroppo dimenticati da quasi tutti, Gamberetta inclusa, a quanto pare).
Se poi scriveva da cani, forse bisogna darne la colpa ANCHE alla cultura e al tipo di insegnamenti dell’epoca (decisamente diversi da quelli francesi o russi).

Lo “spirito”, Gamberetta non è una questione di cervello ma di “anima”. Ma a quanto pare non ci credi, allora userò la tua amata scienza per spiegartelo. Ti dirò che recenti studi, purtroppo poco conosciuti, hanno rivelato con strumenti scientifici l’esistenza di un’anima. Purtroppo c’è poco materiale sulla rete, ma se cerchi bene troverai sicuramente qualcosa.

P.s.= ma se non credi a certe cose, anche solo allo spirito inteso come carattere di una persona, ma come fai a criticare e scrivere di libri fantasy improntati appunto su cose non spiegabili totalmente con la scienza?!?

#208 Comment By Anna On 18 agosto 2011 @ 20:24

Ah, scusatemi se mi sono persa un pezzo, che credo sia fondamentale e che nessuno ha ancora toccato, a quanto ho letto: Manzoni, con la sua opera, voleva parlare anche con il popolo, inclusi i contadini “paesani” che sapevano leggere (mi pare che ci fossero già delle scuole all’epoca).
Perciò, il suo stile è volutamente semplice, per essere diretto e intelleggibile da tutti (per i criteri dell’epoca) E’ uno dei primi -se non il primo. Se leggessi gli altri testi del Manzoni ( non i primi, che erano semplici e con poco o niente stile) ti accorgeresti che sono molto meglio, ma perché scritti per i pochi colti aristocratici e i vescovi di più alto “rango”

#209 Comment By Ste On 19 agosto 2011 @ 10:04

Noto che molti, anzi tutti, quelli che attaccano Gamberetta per aver “osato” criticare Manzoni non si soffermano sul punto principale della questione ben riportato dalla stessa Gamberetta:

Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa; giudicando con i parametri odierni – i parametri che uso per le recensioni su questo blog – ci troviamo di fronte a una schifezza

Di base NON sta dicendo che nell’800 I promessi sposi erano uno schifo, ma che lo sono comparati alla letteratura del 2011.
Ed è un bene che sia così, perchè se ad oggi il masismo livello letterario risale a 200 anni fa siamo messi maluccio.

Anna fa l’esempio del latino
Bhè dal mio punto di vista le sue parole suonano come: “è necessario sapere il latino per imparare il giapponese”.
Quello che Gamberetta, evidentemnte inascoltata (come dice un proverbio non vi è peggior sordo di chi non vuole ascoltare) , vuoel dire è semplice: non bisogna usare la letteratura di due secoli fa se si vuole progredire, inoltre soffermandosi sui secoli apssati più del dovuto inevitabilmente si saltano i tempi recenti. Se uno vuole imparare a scrivere per i giorni odierni deve vedere COME si scrive oggi. Altrimenti torniamo direttamente alel opere francesi d’oc e hoil (scusate se le ho scritte erratamente) e all’Ariosto!

Von Braun, padre della missilistica e dell’era spaziale, disse. è vero che la terra è al nostra culla, ma questo non è un buon motivo per restarci per sempre.

#210 Comment By Sarastro On 19 agosto 2011 @ 16:11

La letteratura italiana, non è come la storia, che studi un periodo e poi vai avanti, senza più tirar fuori quello che hai studiato

La Storia la studi analizzando un periodo e poi andando avanti senza più tirar fuori quello che hai studiato?
Questa è desiamente la più “originale” (diciamo così) tra le teorie sulla metodologia di una scienza che abbia mai sentito!
La Storia si studia proprio perché ogni periodo è strettamente connesso con gli altri ed imprescindibile per la comprensione globale e serve a capire il presente ed eventualmente il futuro…che poi è esattamente anche il motivo per il quale si studia la Letteratura (o le altri arti e anche, seppure in minor misura – le scienze) del passato…ma del resto questa confusione si spiega con la successiva apodittica affermazione sulla dimostrazione scientifica dell’esistenza dell’anima…

#211 Comment By Strikeiron On 22 agosto 2011 @ 14:28

Sono l’unico a pensare che tra le tante letture obbligate del liceo questa che riporto sia una delle poche perle in mezzo ai porci (Manzoni e affini)?

Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere.

Però ovviamente questo è un libro definito palloso e fatto solo per “il verismo”….

#212 Comment By Dan On 23 agosto 2011 @ 11:33

Ho letto a sufficienza il tuo pezzo ma… da quello s’evince che Manzoni non sappia scrivere…? Non so, io non l’ho intesa così…
E’ ovvio che qualsiasi autore di oggi, almeno ‘potenzialmente’, è migliore di Manzoni e persino di Dante: per il semplice fatto che parla un italiano più adulto -potremmo dire ormai definito, certo.
Pur tuttavia, se non vi fosse stato né l’uno, né l’altro, addio italiano! Se non ci fosse stato Dante, che prese dal toscano, e se Manzoni non fosse partito per la Toscana, onde confermare l’intento del battezzatore, non credo oggi avremmo questa bellissima capacità critica e lessicale, che è uno dei punti di forza della nostra lingua…
M’è piaciuta questa distinzione tra il romanzo abbozzato e corretto, anche perché ci dice una cosa molto semplice: si stava lentamente accedendo dalla cultura verista e frigida del 700, classicheggiante, al romanticismo per come lo conosciamo.
Il dinamismo è invenzione romantica; di per sé non è ‘corretto’ un metodo, mentre l’altro è sbagliato: è la nostra cultura, il nostro pensiero, che ormai è totalmente assorbito in quel processo, e lo promuove…
Ma ogni epoca si poggia e fonda sull’altra; ad essere onesti, io vorrei non vedere più nemmeno il dinamismo ottocentesco: basta!! E’ durato sin troppo, più di duecento anni…! Lo si spinge avanti a pedate sul sedere, ed è una delle ragioni per cui Straz e Tro continuano a dire la propria. La cultura nel frattempo s’è spostata dall’emozione alla sensazione, e questo assunto è ora che fecondi i crani giusti… E’ ovvio che Ms Blog del Fantasy ha un palato fino, e ora sente tali cose assai distanti (giustamente). Infatti, un’altra delle cose che a scuola non ci spiegano è perché leggere ciò che non è più appetibile ai nostri palati; perché Manzoni e non Tolkien, o Calvino… Ma è ovvio: per dimenticarti dei libri. Voi a un bambino, per farlo crescere, gli date le foto di quan’è nato…? Io Dante lo affronto oggi nei 30, ma è giusto che sia così: di solito, l’età del protagonista suggerisce l’età del lettore -motivo per cui i personaggi StrazTro non superano i sedici: sarà un problema quando sui 30 conserveranno una loro velata ingenuità- e poi, che ne sa un alunno della depressione, della tristezza, e anche del peccato…?
Se la cosa s’ha da farsi, deve’essere qualcuno che te lo spiega a menadito, alla benigni, ma non vedo professori di questa elevatura, purtroppo… Tante sentite condoglianze alla cultura italiana -per come ce la proprinano.

#213 Comment By T. On 30 agosto 2011 @ 01:44

Manzoni scriverà pure da cani, ma intanto ha scritto un romanzo che viene letto ancora oggi fin dall’anno in cui uscì la prima volta (Non mi ricordo quando e non ho intenzione di andare a riguardare.), ci sarà un motivo se oggi le persone continuano a leggerlo, no? Vorrei tanto vedere se tu riusciresti a scrivere una storia della portata dei “Promessi Sposi”… non credo. Ben pochi, qui, ci riuscirebbero.
Ho letto, tempo fa, che consideri Esbat un bel libro, bene, sappi che per quanto possa essere “carino”, “valido”, ecc. non arriverà mai a poter competere con i grandi classici della letteratura italiana come quello scritto da Manzoni.

#214 Comment By Ezio Stimato On 30 agosto 2011 @ 02:06

Caro “T” se la scuola italiana smettesse di obbligare gli adolescenti a leggere Manzoni, nessuno leggerebbe più Manzoni da almeno 60-70 anni, semplicemente perché al 95% delle persone che lo leggono “I Promessi Sposi” fa abbastanza schifo. (fonti: il mio ex liceo)
Se “I Promessi Sposi” fosse giudicato solo in base al gradimento del pubblico a quest’ora nessuno saprebbe chi fosse Manzoni al quale sarebbero dedicate si e no 6-7 pagine sulle antologie giusto per la rilevanza storica che ha avuto

#215 Comment By Ste On 31 agosto 2011 @ 09:16

Manzoni scriverà pure da cani, ma intanto ha scritto un romanzo che viene letto ancora oggi fin dall’anno in cui uscì la prima volta

Forse perchè si è obbligati consigliati a leggerlo?
Quanti leggerebbero i “Promessi sposi” di propria iniziativa? Quanti dopo la scuola lo hanno riletto? Più o meno di quelli che, liberamente, hanno letto Asault Fairy? Penso molti, ma molti meno.

P.s.
La frase “ma intanto ha scritto un romanzo” è bellissima! LoL

#216 Comment By V On 2 settembre 2011 @ 12:29

Vedo che la discussione è proceduta.

Il fatto è che ai tempi di Manzoni si scriveva così. Anche Ivanoe di Walter Scott ha brani di documentazioni, pose da narratore onnisciente, descrizioni frontali. Il fatto è che Manzoni parte in una posizione di fortissimo svantaggio: non c’era una lingua e una struttura del romanzo in Italia, se si escludono autori minori del ’600 come il Frugoni. I romanzi seicenteschi rimandano però allo stile dei romanzi greci d’amore di I sec. a.C.-III sec. d.C., e a quello dei romanzi bizantini. Sono esercizi di retorica. Manzoni è all’inizio di un lungo percorso che arriva fino ai maggiori romanzieri italiani contemporanei. Pensate che nel sistema copernicano all’inizio c’era ancora l’idea che i pianeti seguissero orbite perfettamente circolari, il che è ovviamente falso. Ma vi immaginate uno scienziato dei nostri tempi sbottare: “Aristarco e Copernico erano due poveri idioti: non sapevano nemmeno che le orbite dei pianeti erano ellittiche”? In ogni innovazione ci sono residui di quello che c’è stato prima. Qualcuno oggi direbbe che Copernico era stato pure influenzato da una metafisica di tipo platonico, dunque era ancora più “vecchio” di quanto si pensasse. Ma si sa che la scienza viene influenzata da idee metafisiche. Dunque il metodo di Copernico è nella sostanza buono ancora oggi, anche se i contenuti della teoria di Copernico, escluso l’eliocentrismo, sono superati. Allo stesso modo, il metodo narrativo di Manzoni, che prevede attenzione al realismo e documentazione, coerenza dell’universo finzionale, abbandono dei cliché (quello del buono con lo scilinguagnolo sciolto davanti al cattivo, per esempio), e caratterizzazione psicologica dei personaggi, è sempre quello giusto. In effetti, è quello che si dice qui di continuo. Sostanzialmente -e si può strepitare quanto si vuole- questo è un blog manzoniano in cui c’è un pezzo contro Manzoni come autore in sé. Ovviamente, Manzoni usò l’italiano dell’Ottocento, i canoni della descrizione ecfrastica (fermo il racconto e descrivo) tipici della tradizione retorica (vecchi come sono vecchie in Copernico le sfere celesti e le orbite circolari). Ma ripeto che è assurdo dire che scriva da cani. Sarebbe stato più giusto dire: guardate, che Manzoni ha inventato da zero (per l’Italia che non ce l’aveva più di tanto) la prosa narrativa, secondo le regole che prescrivono: realismo sociopsicologico, documentazione, abbandono dei cliché. Aveva anche degli attardamenti: retorica all’eccesso e staticità della maggior parte delle descrizioni. Purtroppo i miserabili che cercano di scrivere oggi hanno assorbito molto bene il peggio di Manzoni -retorica all’eccesso e staticità- e non hanno recepito il meglio.

E qui c’entra la scuola, che per anni ha preteso di insegnare a fare il bel tema, ha canonizzato (nel senso agiografico) gli scrittori, senza collocarli nella storia, e ha annoiato generazioni di poveri cristi. Se vuoi insegnare a fare il bel tema, di Manzoni prendi l’addio ai monti, prendi la descrizione di don Abbondio, prendi il ramo del lago di Como (che però a un po’ più di senso), e là riman, ahimè. Oggi la scuola, senza soldi e senza tempo, non riesce a fare nemmeno questo: temo quindi che Manzoni sarà ancora più odiato.

#217 Comment By V On 2 settembre 2011 @ 12:32

refuso: che però *ha un po’ più di senso

#218 Comment By Dan On 2 settembre 2011 @ 13:26

Direi che il ragionamento che fa G. sia buono: il titolo grida un po’ allo scandalo, ma se messo a confronto con qualsiasi altro di qualsiasi altro giornale, ci può stare.
E’ lucido anche il ragionamento sulla scuola: no all’imparare a pappardella -dacché la memoria non ha nulla a che vedere con l’apprendimento- e sì all’apprendere nozioni.
Anche i tuoi costrutti, V., sono meritevoli, a mio avviso: insisti su un punto che avevo toccato anch’io, e cioè che la narrativa è uno specchio (a mio avviso il più veridico) dell’evolversi dei tempi… Al contempo, nei confronti di questo specchio mi sembra si sia sempre un po’ in ritardo: dieci o vent’anni per capire chi siamo ora; ma se si considera che la narrativa è la branca dell’arte più lenta in assoluto -in tutte le sue fasi, più o meno- anche questo ci può stare.
La discussione la prolungherei mettendo in luce due punti a mio avviso essenziali: 1) Come dici te, V., non c’è nulla prima, in Italia -guardando alla prosa. E io aggiungerei anche dopo: Italo Calvino in una lunga riflessione sulla narrativa metteva in evidenza la crisi del romanzo, e come tale crisi facesse uscire totalmente impreparato il popolo italiano: abbiamo solo un grande classico… E continua: se sapessi come ovviare, non ne parlerei, lo scriverei…
Di fatto egli stesso contribuisce all’abbattimento del genere romantico, stabilendosi come innovatore -Se Una Notte d’Inverno Un Viaggiatore, è proprio basato sul ricordo del romanticismo, ora disgregato, irrintracciabile, con un personaggio che è il Lettore e con molti racconti di vario genere.
2): Manzoni -non solo per ‘ristabilire’ la sua figura- lo trovo un narratore fantastico: rileggendolo ultimamennte su internet, l’ho trovato molto sottile, ironico, arguto… soprattutto molto ironico: il momento in cui Renzo si guarda con gl’occhioni sbarrati l’Azzeccagarbugli, senza capirci un’acca… per poi sbottare e dirgli che ha inteso male. L’ingenuità dell’analfabeta tratteggiata benissimo, mischiando il dramma della loro situazione con l’ironia che chi sa leggere -lettore- invece capisce… La teatralità di Don Abbondio (con quello shhh! di quando va ‘fuori scena’ una volta confessato il fattaccio ad Agnese, che sembra come rivolto al lettore -che maestro).
E’ l’unico vero romanzo italiano, ed è per questo che se ce lo toccano ci sentiamo tremare il cuore: non ne abbiamo altri… Non abbiamo altre lunghe epopee tratteggiate con la stessa dovizia.
Dal mio punto di vista, l’unico vero merito è poi nel 79, quando, a Genzano, Ende (tedesco) scrive La Storia Infinita, lungo romanzo che, per sua stessa ammissione, non poteva che scrivere in Italia.

#219 Pingback By Soft Revolution » Blog Archive » Grassroots Internet Revolution On 8 settembre 2011 @ 22:29

[...] A proposito di “libri veri”: Il Manzoni scrive da cani (su Gamberi Fantasy). Perchè si studia ancora Manzoni nel 2011? Ha ancora un senso? Gamberetta ci [...]

#220 Comment By Alessandro On 10 settembre 2011 @ 02:40

Ho iniziatona leggere questo blog perché un mio amico mi ha segnalato una tua recensione sui libri della Troisi come molto divertente. Non ho mai letto un solo libro di Licia e mai lo faro, ma spero ne scriva tanti altri perché mi diverto troppo a leggere le tue recensioni.
La una recensione e l’altra ho letto quest’articolo sul Manzoni ed ho pensato “finalmente qualcuno che la vede come me”.
Tralascio il tema della scuola perche è davvero troppo lungo da trattare. Mi limito solo a dire che sono d’accordissimo con te ma che il problema da te sollevato è solo la punta di un iceber molto più grosso. A distanza di tempo guardandomi indietro mi domando a cosa mi siano realmente serviti 5 anni di liceo. Di tutte le materie che studiavo assiduamente l’unica che mi sono un minimo speso nella vita è quella che studiavo peggio (per via degli insegnati): l’inglese.
Ma torniamo a noi. Da sempre contrario ad accettare qualcosa “perchè è cosi” mi sono ritrovato a domandarmi a lungo mi sono interrogato nel tentativo di capire in cosa un romanzo come quello del Manzoni, dalla trama a mio modo di vedere pure banale, dovesse essere eletto a capolavoro assoluto della letteratura italiana ed essere scelto come lettura preferenziale tra tutta la montagna di libri scritta nella terra dello stivale nel corso dei secoli.
Poi l’illuminazione è arrivata, o meglio, un insegnate universitario mi ha spiegato il perché. E quando ho visto la verità era così luminosa che quasi mi accecava; all’improvviso tutti i pezzi del puzzle combaciavano. Mi veniva fornita la risposta anche all’altra domanda: perché la divina commedia di Dante? Eppure era ovvio potevo arrivarci da solo.
Le due letture hanno una cosa in comune, ed è il motivo per cui le hanno scelte; Dio. In entrambe la presenza di Dio è prorompente, addirittura più ingombrante nel Manzoni che pur non ne parla direttamente. Sono li scelte dalla Chiesa. È un modo di inculcarti la loro dottrina anche quando non te ne accorgi. La risposta alla domanda “perché i Promessi Sposi si e il Decameron no?” è: perché neI libro di Boccaccio c’è ben poco di ecclesiastico. Ce li portiamo dietro dalla riforma Gentile, la più fascista delle riforme (parole di Mussolini mica mie). Da anni ti dicono che sono i massimi esponenti delle letteratura senza spiegarti il perché, ma non è vero, è una bugia talmente radicata da fare impallidire quella della tastiera qwerty!

#221 Comment By JulieF. On 23 settembre 2011 @ 15:41

Manzoni è un cane, sì. Meno male che ci sei tu che scrivi bene.
La tua ignoranza è semplicemente disarmante.

#222 Comment By LaProfe On 25 settembre 2011 @ 14:19

Ehm… Lungi da me contestare il parere critico dell’autrice (del blog) su un altro autore.
Ero soltanto curiosa: quanti anni ha l’autrice del blog? Perché mi sembra che parli di un’esperienza vecchissima. Mi spiego: alle superiori si insegna storia della letteratura perché il resto (l’analisi testuale, le descrizioni statiche, dinamiche, oggettive, soggettive, e tuti gli altri tipi di testo) si è già fatto alla scuola media. Molte cose le ha già dette Riccardo (#141). Non starò qui a ripeterle, ma la domanda sull’età viene proprio dal fatto che il post sembra il commento fatto da un adulto un po’ in là con gli anni che misura la scuola (di oggi) con la scuola che ha frequentato lui.
Se non è così, mi scuso molto, davvero.
Magari si è trattato solo del fatto che anche alla scuola media c’è stato qualche pisolino di troppo (mi è capitato, nel tempo, qualche alunno che l’anno successivo non sa più che programma abbiamo fatto insieme l’anno prima).

#223 Comment By Giles Habibula On 25 settembre 2011 @ 15:08

Mi spiego: alle superiori si insegna storia della letteratura perché il resto (l’analisi testuale, le descrizioni statiche, dinamiche, oggettive, soggettive, e tuti gli altri tipi di testo) si è già fatto alla scuola media.

in Italia ?

e, anche se questa affermazione fosse corretta (magari in un contesto particolare, o in una situazione ideale), un ragazzo di 12 anni è veramente in grado di comprenderne i concetti ?

Onestamente, facendo dei controlli a campione sui soli autori italiani, direi che la risposta è :
a) No
b) Si, ma il programma è interpretativo o la soluzione descritta è puramente ipotetica

Nel mio caso specifico, no, non è stato così, ma forse ho semplicemente avuto la sfortuna, come anche molti altri come me, di non avere insegnanti che fossero a conoscenza del programma.

Effettivamente, dal mio punto di vista, è passato qualche anno, io ne ho 28, ma, da quello che ho la sfortuna di osservare, la situazione non è migliorata, anzi, semmai è peggiorata ulteriormente.

[..]E infatti nella successiva interrogazione non dovevi fare alcun ragionamento, dovevi solo ripetere a pappagallo: “Le differenze tra il Fermo e Lucia e I Promessi Sposi sono questa e quest’altra. Nella scena che abbiamo studiato le differenze sono qui e lì.” Fine.
Questo è un classico esempio di insegnamento nozionistico: ti inculcano un singolo elemento di informazione (o una serie di elementi) che di per sé non ha alcun valore, né alcuna utilità. Non hai imparato niente, se non forse la solita lezione: ripeti quello che il professore vuole sentirsi dire e non fare domande.

Per quanto riguarda la mia personale esperienza, condivido e sottoscrivo, aggiungendo che non vale solo per la letteratura, ma in quasi tutte materie insegnate in un gran numero di istituti italiani. Nella maggior parte dei casi è esattamente quello che accade, ragione per la quale ho imparato la statistica studiando i manuali e non a scuola.

#224 Comment By arnica On 25 settembre 2011 @ 16:09

per fortuna per letteratura sono stata ultrasculata fin dalle elementari. La nostra maestra era una patita della lettura,ci passò questa passione e quindi noi stavamo sempre a prendere i libri in prestito alla biblioteca della scuola,da quel che so l’abitudine di leggere è rimasta alla maggior parte di noi. Era “intransigente”, se sbagliavi una parola te la faceva riscrivere 100 volte, fino a quando non ti era entrata in testa. Sicuramente faccio errori,ma più dettati alla dislessia che altro..ma non ho mai sbagliato l’apostrofo o l’h,e direi che in questo momento è quasi una cosa straordinaria O-o
alle medie pure la prof era brava,e imparammo a menadito tutta la grammatica e facevamo la lettura in classe(ricordo il richiamo della foresta e un giallo ambientato nell’antica roma).
Al terzo anno si fece mettere in malattia per stare accanto al marito con un tumore al cervello avanzato,e quindi al posto suo è venuta una prof dell’università che insegnava storia moderna e che…era appassionata di fantasy. Tant’ è che la prima volta che ci ha visti, ci ha dato per casa da scrivere un tema fantasy. Mi ha rubato il quaderno,li mortacci sua.

Al ginnasio era l’unica cosa che facevamo con la professoressa,antologia e grammatica,perchè il resto delle sue materie le faceva schifo(sigh.),Promessi Sposi inclusi,quindi di fatto non li abbiamo mai studiati-ed è stato un bene.-
Al liceo ho trovato una dantista grandiosa,giovane e sebbene fosse bigotta e anti-molte cose(anti-aborto,anti eutanasia..)lei chiedeva di scrivere temi sull’attualità molto interessanti,e per lei era interessante la forma e la coerenza del testo,non il contenuto. Voglio dire,nonostante le sue evidenti inclinazioni politiche e religiose, a me ha sempre messo 9 nonostante fossi una mangiapreti di sinistra dichiarata. Solo che argomentavo tutto e le stava bene. Altri miei compagni,sperando di leccare il culo,scrivevano cose orrende,del tipo “si stava meglio quando si stava peggio”e quindi si beccavano il loro 4.
Ritengo una gran fortuna aver avuto lei, perchè le ore dedicate alla Divina Commedia mi hanno arricchita molto,sul serio. Erano praticamente le mie preferite.
Alla maturità ho scelto la fantomatica traccia su Svevo-ed è stato puro culo,perchè le altre mi facevano abbastanza schifo..-. Ho preso 14/15 perchè mi sono dimenticata di rispondere ad un quarto di domanda,ma ho scritto venti pagine-dico venti-su altri esempi di psicanalisi nella letteratura,pescando nel vecchio e nel nuovo..e in quel tema io ho scritto ben poco che potesse essere “una ripetizione a pappagallo”. Era una cosa che la mia prof ha sempre evitato,quella di farci ripetere a pappagallo. Quindi mi ritengo fortunata,fortunatissima,e anzi trovo ben peggiore la situazione all’università(vado a lettere,anche se per un ccll strano).
Sicuramente comunque c’è molto da cambiare,moltissimo,e lo dico io che son uscita dal liceo nel 2009.

#225 Comment By Randall Fall On 13 ottobre 2011 @ 20:19

Gamberetta, i Promessi sposi è stato scritto nel 1800, secolo nel quale la fraseologia, la sintassi ed il vocabolario differivano dal nostro, essendo più arcaici, complessi (e con questo voglio dire anche più completi) ed influenzati da dialetti e lingue straniere.
Perciò, se un critico o uno scrittore ottocentesco leggessero le tue recensioni ed i tuoi racconti, loro li definirebbero delle ILLEGGIBILI SCHIFEZZE, delle PATACCHE insomma.
Tuttavia il tuo odio per Manzoni ha motivo di esistere: gli insegnanti lo spiegano in modo obsoleto ed odioso, facendolo detestare agli studenti.

#226 Comment By Aldous On 23 ottobre 2011 @ 17:32

Randal Fall dice il vero.
La recensione è fallace, alquanto non tiene conto del fatto che la lingua cambia. Molti classici ora come ora, se scritti al medesimo modo del passato, sarebbero cestinati.
Penso al Dickens a Tolstoj e altri. Il loro fraseggio era articolato ediverso da quello attuale.
Una cosa che sicuramente la scuola italiana deve pensare è di rinnovarsi. Si può studiare il Manzoni, ma ce ne sono molti altri da accostare, magari più contemporanei.
Un ultimo appunto, Gamberetta si lamenta che nella scuola bisogna dare gli strumenti e non le nozioni.
La cosa, detta così, mi par errata, in parte, almeno. Io direi che le nozioni sono basilari ma quel che bisogna fare, ed è quel che manca, e far capire come utilizzare queste nozioni. Il fatto è che l’insegnamento è diventata una cosa programmatica, fine a se stessa.
Ovvero, si insegna giusto perché c’è nel programma.
Nessuno dice perché studiare l’italiano. Bisogna farlo e basta.
Un esmepio? Le famose Schede di lettura allegate ai libri scolastici. Tipico esempio di forzatura culturale. Un altro ti spiega come stanno le cose senza lasciarti la fatica di capirle da solo.
Un insegnate dovrebbe far leggere il testo, insegnarti le nozioni basilari di analisi del testo e poi fartele mettere in pratica con ciò che leggi.
Solo così uno studente può capire qualcosa di ciò che sta studiando e a farsi un opinione per conto proprio.
Ma non può essere così, perché si sa, usare il cervello costa fatica.

#227 Comment By Zave On 25 ottobre 2011 @ 02:47

la “recensione” che poi recensione non è visto che è un articolo della sezione marciume si focalizza sul fatto che nelle scuole superiori invece di dare agli studenti delle competenze nella scrittura si frantumino le palle agli studenti facendogli perdere mesi sull’opera manzoniana.
senza stare a discutere il ruolo che il manzoni abbia ricoperto nella storia della letteratura italiana è indubbiamente inutile e controproducente perdere tutte quelle ore ad analizzare ogni virgola del suo romanzo come se fosse un’opera perfetta da cui trarre grandi insegnamenti.
il problema è che come tutte le cose la scrittura si evolve col passare del tempo e l’opera manzoniana, se scritta al giorno d’oggi, non sarebbe giudicabile in altro modo che spazzatura.
il manzoni ha almeno l’alibi di averlo scritto nel 1800, ma al giorno d’oggi i promessi sposi sono tutto fuorché buona narrativa.
io contesto anche che il manzoni fosse questo gran genio per la sua epoca visto che al di fuori dei confini italici sono state scritte opere di livello considerevolmente superiore. ma facciamo pur finta che il manzoni fosse il genio assoluto e la sua opera fosse perfetta (cosa che mi guardo bene dal pensare): nel frattempo la scrittura ha fatto grossi passi avanti e l’opera manzoniana è invecchiata molto male.

passi riconoscere l’importanza del manzoni nella storia della letteratura ma qui in italia è pieno di persone che te lo spacciano ancora come se fosse un modello a cui aspirare, cosa che non sta nè in cielo nè in terra.

e ha ragione da vendere gamberetta nel far notare come non serva a un cazzo far studiare a memoria le variazioni tra il fermo e lucia e i promessi sposi, soprattutto senza spiegare il motivo per cui le modifiche hanno migliorato il testo.

c’è poco da inorridire, fare gli offesi, gridare al vilipendio e al sacrilegio. se non si riesce ad andare al di là della provocazione è inutile discutere.

#228 Comment By rottenmaier On 26 ottobre 2011 @ 13:55

Aldous, credo che le cose effettivamente siano come dici.
Per quanto non ami Manzoni e ritengo la sua opera tutt’altro che rappresentiva della letteratura italiana, il modo di porsi di Gamberetta in questa recensione (ops!!! non è una recensione, è un marciume!!! omg!) è come al solito estremo e francamente facilotto. Peraltro è difficile capire l’astio verso uno scrittore che comunque né si sta arricchendo né “ruba spazio” nelle librerie a scrittori migliori. Soprattutto non è uno scrittore di genere.

Lasciando da parte la polemica sulle capacità di scrittura di un uomo vissuto prima che l’editoria diventasse un fenomeno di massa, mi concentro sul perché lo si studia assieme a Manzoni. Per quanto ne so, la ragione è sempre stata il fatto che era una pietra importante nella costruzione della lingua italiana. Come la Divina Commedia fu la prima opera importante che abbandonava il latino per usare la lingua del parlato, così Manzoni, scrittore milanese, decide di considerare come lingua letteraria il fiorentino parlato.

#229 Comment By LupusInFabula On 26 ottobre 2011 @ 14:20

secondo me, per quanto la prosa sia illeggibile per i parametri odierni (discorso che già di per sé regge poco, è come dire che le automobili a vapore dell’800 facevano schifo in confronto a una ferrari di oggi) comunque i Promessi Sposi hanno una bella trama e dei bei personaggi (Renzo e Lucia sono odiosi, ma ad esempio l’Innominato è proprio ben fatto, anche completo di una bella evoluzione psicologica).

#230 Comment By Cecilia On 26 ottobre 2011 @ 17:48

Come la Divina Commedia fu la prima opera importante che abbandonava il latino per usare la lingua del parlato, così Manzoni, scrittore milanese, decide di considerare come lingua letteraria il fiorentino parlato.

Per essere precisi, le cose non stanno proprio così.
Anzitutto, la Commedia non era affatto “la prima opera importante che abbandonava il latino” (e piano con quel “parlata”, parlata un ciufolo ^^), ce n’erano già parecchie di ottime opere in volgare, prime fra tutte le raccolte con i componimenti della scuola siciliana.
Intento dichiarato di Dante era dimostrare una volta per tutte che la “nuova” lingua valeva come e più del latino, che aveva lo stesso diritto di essere considerata una lingua matura -solo una lingua matura può produrre alta letteratura- e questo nonostante non avesse una “grammatica” come greco e latino. Per “grammatica” mi riferisco alla concezione dell’epoca, cioé una lingua perfetta creata artificialmente dai dotti e per questo regolamentata. Infatti la Commedia viene scritta dopo il De Vulgari, dove Dante fa la prima ricerca storico linguistica sulle varie lingue italiane e dove teorizza la supremazia del volgare sul latino, come a provare sul campo le sue teorie.
Prova riuscita alla perfezione ^^.

Anche il discorso sui PS è diverso. Il fiorentino era da secoli la lingua letteraria e scopo del Manzoni non era l’aspetto “letterario”, tutt’altro. Sceglie il fiorentino parlato (integrato a fracesismi e lombardismi) per arrivare a quanta più gente possibile, oltre i confini dei letterati e dei borghesi. Ovviamente il popolo da lui raggiunto era ancora molto ristretto, ma visto il concetto di “popolo” della sua epoca ha fatto un lavoro eccellente, puntando a un libro accessibile a tutti. E, simpatico corollario, praticamente lo dobbiamo al suo lavoro e al suo libro se oggi l’italiano è quello che è.

Per cui, va bene che per i canoni contemporanei non sia ottima narrativa (né lo pretendo), va bene che non serva per insegnare le tecniche moderne, ma occhio allo sputo libero e al “i Promessi Sposi non servono/non sono serviti a un cazzo” perché è una boiata.

E ora che mi vengono in mente pescando tra i commenti, tre cose:
1. ma che diavolo di professori cazzoni avete avuto? E’ ovvio che una scheda con i cambiamenti tra una versione e l’altra vada spiegata bene, ma se non è stato fatto è un problema del professore, non del libro o dell’autore.
2. il problema del “i ragazzi non leggono/non gli piace la letteratura” non è certo originato dai PS, che si fanno/si dovrebbero fare integralmente in 2° liceo. Dubito che i compagni di qualcuno prima fossero interessatissimi e dopo la lettura di quest’opera abbiano cominciato a odiare la letteratura. Buona parte dei miei compagni non era in grado di leggere fluentemente sei righe di testo in prima superiore, il problema se ne sta ben più a monte del Manzoni.
3. il libro può benissimo essere usato per insegnare/introdurre alcuni argomenti di tecnica narrativa come personaggi, differenze e relazioni fra trama e intreccio, flashback e flashforward. A me è capitato. Come d’altronde Ariosto è un buon esempio di come costruire la suspense nonostante l’Orlando sia un poema cinquecentesco in ottave.

#231 Comment By Dan On 26 ottobre 2011 @ 17:51

Non solo regge poco, ma il gusto che ti può dare una lettura antica è totalmente diverso (e non meno brutto, se mai più bello) di quello che ti può dare una lettura moderna.
Di fatto, è come dire che Mondrian sia sempre meglio dei ritrattisti dell”800… Ogni epoca il suo fascino, caspiteronza.
In merito alla pallosità, certo che c’è: ma a ‘sto punto c’è pure studiando l’anatomia pur sapendo che in pittura è stata da tempo seppellita…
Il discorso gl’è l’istesso, i’ credo…

#232 Comment By Luca On 27 ottobre 2011 @ 22:07

Non sono completamente d’accordo con te, ma fa lo stesso.
Per quanto riguarda la parafrasi delle poesie: non pensi che tornerebbe utile allo studente per rendersi conto di come funzioni il linguaggio poetico?
Tra l’altro lo ricordo – da studente – come esercizio per niente facile.

#233 Comment By Hendioke On 5 novembre 2011 @ 11:36

e ha ragione da vendere gamberetta nel far notare come non serva a un cazzo far studiare a memoria le variazioni tra il fermo e lucia e i promessi sposi, soprattutto senza spiegare il motivo per cui le modifiche hanno migliorato il testo.

c’è poco da inorridire, fare gli offesi, gridare al vilipendio e al sacrilegio. se non si riesce ad andare al di là della provocazione è inutile discutere.

Ha ragione da vendere si ma da qui a sostenere, come s’è fatto nell’articolo e nei commenti, che si dovrebbe abbandonare tutta una branca dell’insegnamento, la storia della letteratura, a favore di un insegnamento prettamente tecnico è, per essere gentili, miope.

Senza sapere come sono evoluti gli strumenti narrativi che si usano oggi (e per saperlo è necessaria una storia della letteratura fatta bene) è impossibile superare il livello degli strumenti narrativi attuali. E qualsiasi paragone con le materie scientifiche fa ridere i polli perché non stiamo parlando di imparare la Fisica e la Chimica (che dai e dai gli elementi quelli sempre sono, quelle le reazioni, la pietra è così e colà e la calce regge quel peso per cm2 ecc.) ma di materie legate alla sensibilità e alla mente umane quindi in costante evoluzione.

E’ un po’ come la Filosofia. E’ possibile studiare logica, dialettica e poi mettersi a filosofeggiare, ma se non sai un cazzo di chi ti ha preceduto corri il rischio di scoprire un giorno che il tuo modernissimo e fico sistema filosofico è un miscuglio di due scuole di pensiero differenti vecchie di 600 e 900 anni e smontate rispettivamente 500 e 800 anni prima!

Gamberetta è una ragazza in gamba ma a volte leggo certe sue uscite e nella mia testa tornano a scorrere scene de “Lo Scrittore Automatico” (Gamberetta, se non l’hai mai letto te lo consiglio caldamente, è un racconto breve di Roald Dahl :) ) e, come dice il protagonista occulto: prima che tutto ciò accada “Dio dacci la forza di far morire di fame i nostri figli”

#234 Comment By MEDITATION XVII On 9 novembre 2011 @ 08:58

Carissima Gamberetta,
se conosci uno studente di fisica del primo anno, prova a chiedergli cose tipo:
-la misurazione della distanza della terra da sole col solo aiuto di un bastone ficcato nel terreno

-la misurazione trigonometrica della circonferenza terrestre all’equatore

-il motivo per cui Pitagora dimostrò il suo teorema

Sai, queste sono cose che quello zotico di Aristotele sapeva a menadito.

#235 Comment By Chris_Eris On 9 novembre 2011 @ 18:40

@ MEDITATION XVII
Ti sconsiglio caldamente di argomentare per analogie, perché sono sofismi che possono essere rigirati all’infinito. Per farti un esempio: magari uno studente non di fisica non ha mai misurato la distanza terra sole con un bastoncino, ma è un attimo insegnarglielo perché ha già basi solide. Invece non sarebbe così immediato insegnare analisi matematica ad Aristotele.
Usare le scienze nell’analogia è sbagliatissimo perché è la disciplina che più di tutte mantiene solo ciò che di buono qualcuno ha detto e liquida tutto il resto. Nessuno studia l’astrofisica sui libri di Copernico, la dinamica su quelli di Newton e o la fluidodinamica sui trattati di Archimede, malgrado certe loro leggi (non tutte!) siano tutt’ora considerate valide. Aristotele ha sparato delle idiozie belle grosse riguardo il motivo per cui certi corpi galleggiano e altri affondano. Il suo contributo alla fisica moderno è considerato risibile.
Può essere opinabile che tutto ciò che ci ha preceduti in campo letterario ed abbia come incipit quattro pagine di descrizione paesaggistica sia da cestinare, ma non lo è per una teoria scientifica sbagliata (vedi i vagheggi di newton sull’alchimia).

#236 Comment By Hendioke On 22 novembre 2011 @ 02:03

Concordo con Chris, basta analogie scientifiche (anche se è stata G. a cominciare).

Mi mondo della mia colpa (ne ho usate anch’io) mettendola giù così: se a scuola si imparasse solo la tecnica letteraria di scuola “Show don’t Tell” un aspirante scrittore correrebbe il serio rischio di scoprire, dopo anni di applicazione, fatica e impegno, che il nuovo stilema letterario che s’è inventato e ha tanto limato e perfezionato prima di mettere alla prova in un’opera per lui importante era già usata, con maggiore abilità, dalla sua bisnonna (professione: segretaria; hobby: la maglia) nelle proprie missive private :P

Oppure, quel che è peggio, potrebbe semplicemente scrivere un sacco di libri più o meno immaginifici ma dallo stile anonimo e fotocopia :P

#237 Comment By Seven On 23 novembre 2011 @ 09:36

Buona idea, non servono più soldi di quelli che già si spendono, né più tempo di quello che viene tutt’ora impiegato ma mancano ancora alcuni presupposti fondamentali: volontà di cambiare, cervelli da far ragionare.
Per quanto riguarda il primo punto c’è poco da dire, viviamo in un paese dove ogni novità viene accolta solo dopo essere stata “testata e ritestata” da chiunque altro al mondo e quando finalmente inizia ad essere obsoleta allora iniziamo a pensare che forse è il caso che anche l’Italia si debba aggiornare un po’.
Per i cervelli non c’è davvero niente da fare, più gente conosco e più mi convinco di essere circondato da persone profondamente stupide (chi più chi meno) ma davvero raramente conosco qualcuno intelligente. In particolare mi danno molto fastidio le persone che per il semplice fatto di non essere ignoranti e quindi di aver studiato e imparato a memoria un mucchio di cose di varie materie credono di non essere stupide (vedi il Professore dell’Università di Vatte La Pesca).
Detto questo mi chiedo come tutti quegli alunni incapaci anche solo di ripetere quello che il professore vuole sentirsi dire possano essere in grado di farsi delle domande.
Se poi ripenso alle ore di matematica e fisica, le uniche materie dove imparare le nozioni a memoria non basta (almeno non per prendere i voti più alti) ed è necessario ragionare ogni tanto, capisco che la capacità logica dello studente medio è paragonabile a quella di un piccione (in coma o proprio morto, a seconda dei casi).
Ammettendo che i suddetti alunni riescano a ragionare un po’, rimane comunque il problema dei professori: molti di essi sono allo stesso livello degli alunni con la sola differenza che hanno imparato a memoria una quantità notevolmente maggiore di nozioni quindi sono scettico riguardo ai benefici di un eventuale corso di aggiornamento.
Riassumendo, la tua idea teoricamente non fa una piega, in pratica non credo che gli alunni vogliano né tanto meno riescano a ragionare.

#238 Comment By Hendioke On 23 novembre 2011 @ 11:28

Il problema credo sia, come diceva qualcuno più sotto, nelle scuole inferiori.

Se non educhi subito e bene i bambini prima e i ragazzini poi a ragionare e porsi domande non puoi sperare che al liceo facciano qualcosa di diverso che scaldare la sedia e tirare a campare copiando, imparando a memoria e disinteressandoti al nocciolo di quanto viene loro insegnato.

Gli insegnanti del liceo hanno molte colpe ma spesso sono anche vittime perché quando ti trovi davanti un branco di 14enni che non hanno imparato una sega di analisi logica, grammatica e non sono stati spinti a ragionare neanche un poco tu, che dovresti iniziare a fargli latino, dante, storia della letteratura usando magari testi coi controcazzi come Luperini e Contini non hai le basi con cui lavorare e ti ritrovi a dargli le pagine da leggere e ripetere sperando che qualcosa passi.

Ricordo la mia prof di lettere, povera fia, che ci teneva molto a passarci gli strumenti d’analisi (anche se aveva una passione eccessiva per l’ermeneutica di stampo americano…), della retorica, a farci ragionare, comprendere.
Peccato che a parte 3-4 di noi al resto della classe fregasse niente quindi spesso si ritrovava a doversi accontentare della pappardella mandata giù a memoria e a concedere comunque dei voti positivi perché non poteva permettersi di bocciare tutti quelli che studiavano ma non erano interessati ad approfondire, sarebbe stata un’ecatombe.

#239 Comment By Cecilia On 23 novembre 2011 @ 13:28

Contini

Contini, mio dio, Contini!!!

Io ci ho studiato sopra l’anno scorso, ma già allora l’editore non lo stampava più. Delitto, delitto inenarrabile.
Libro magnifico, peccato si debbano far funzionare le sinapsi per studiarlo visto che i testi sono nudi e crudi e le poetiche dei vari autori sono molto “specialistiche”.
Ho scoperto che lui l’aveva pensato proprio per le medie. Pover’uomo, fortuna che è già morto.

Peccato che a parte 3-4 di noi al resto della classe fregasse niente

Idem come sopra. Con l’aggravante che noi eravamo in quattro a saper leggere dignitosamente, in prima superiore. E sempre in prima ho avuto un prof davvero bravo che come il tuo ci faceva (tentava) ragionare e, tra le altre, dopo averci insegnato i rudimenti, ci fece inventare dei racconti per ciascuna tecnica (chiariamoci, molto terra terra: scheme dei personaggi, oggetti del desiderio, fabula/intreccio etc). Ricordo di essermi divertita come una matta, ma ero stata una dei pochi. “Chissenefrega”, “che merda”, perché dobbiamo imparare a scrivere (storie)?” andavano per la maggiore. Per poi lamentarsi anche quando spiegava normalmente, vai a capirli ‘sti scassacazzo. Ci credo che poi gli insegnati non sono motivati, gente così farebbe perdere la voglia di lavorare a chiunque!

#240 Comment By Christian_Eris On 23 novembre 2011 @ 18:38

Ci credo che poi gli insegnanti non sono motivati, gente così farebbe perdere la voglia di lavorare a chiunque!

Credo sia l’eterno problema dell’istruzione pubblica. Cerchi di assicurare un livello di minima decenza a tutti sapendo che torperai le ali ai più bravi e dovrai trascinare per i capelli gli zucconi.
Ma in Italia abbiamo l’aggravante di un programma di italiano dei licei per cui tre anni sono dedicati a Dante e due (secondo e quinto, ai miei tempi) a Manzoni. Dante è ammissibile, del resto è molto conosciuto in campo interazionale, anche se lo è di più Il Principe di Macchiavelli. Ma Manzoni? Qualcuno ha il coraggio di dirmi che Manzoni sia un’opera competitiva a livello internazionale?
Correggetemi se sbaglio, ma dubito che i programmi di letteratura delle altre nazioni siano dominati da soli due autori, per quanto patriottici.

#241 Comment By Cecilia On 23 novembre 2011 @ 21:09

Dante è ammissibile, del resto è molto conosciuto in campo interazionale, anche se lo è di più Il Principe di Macchiavelli.

Dante non è “ammissibile”, va fatto punto e basta. O vogliamo stare a sindacare pure su quello? Comunque è la nostra letteratura di cui si parla, mica letterature comparate (necessarie, secondo Rocca, per giudicare la sua opera… piango). Tra l’altro, Il principe e la Commedia non sono sullo stesso piano, da nessun punto di vista. Non importa quela dei due sia più “conosciuto all’estero” (macchissenefrega): per la nostra lingua e letteratura, uno è la pietra miliare, l’altro è trascurabile (specie trattandosi di un trattato specialisto).

Poi, è vero che hanno (dovrebbero avere, io non li ho fatti così tanto) ciascuno tre e due anni a testa ma nel frattempo si fa pure il resto. In modo meno specifico, certo, però si fa (bene o male dipende da prof/alunni e tante altre cose).

#242 Comment By Hendioke On 24 novembre 2011 @ 09:19

Sarà che ho fatto un indirizzo particolare al liceo classico che ho frequentato (comunicazione) ma dietro Dante e Manzoni non ci perdemmo molto tempo.

Manzoni lo facemmo in un anno e lo facemmo bene, però lo detestati e fu l’unico libro ch’abbia mai avuto che fece la muffa (la fece davvero!), Dante lo spalmammo sui tre anni del liceo e lo facemmo parzialmente: pochi canti, fatti bene ma pochi, e una visione generale dell’opera, della sua esegesi, del suo valore ecc.
E questo mi dispiacque perché Dante merita di esser fatto bene fino all’ultima riga, dopotutto stiamo semplicemente parlando del padre della nostra lingua e di una delle menti più cazzute (poeticamente, filosoficamente e politicamente parlando) della nostra storia.

Comunque sistemati cosi i due autori imprescindibili abbiamo avuto un sacco di tempo per occuparci di altro, dalla nascita ed evoluzione del romanzo inglese alla letteratura italiana degli anni ’70 e quanto ci stava in mezzo.
Diamine, abbiamo pure fatto filologia, storia della stampa, della critica letteraria e un fottio di altre cose! Alla fine dei tre anni di liceo la mia prof sembrava sopravvissuta a stento a una maratona :D

#243 Comment By Enrico On 27 novembre 2011 @ 18:18

“Evidentemente sono una persona che ha maggiori conoscenze riguardo la narrativa di cento anni di critica letteraria. Non è mica strano. Qualunque studente al primo anno di fisica ne sa di più sull’argomento di Aristotele, San Tommaso, Sant’Agostino e altri Giganti del Pensiero™ messi assieme.” Questo afferma la nostra esaltante Gamberetta.

Ho già commentato qualche tempo fa. Ma torno per ribadire un concetto importante:
In Arte le cose non funzionano come per la scienza.
La scienza si fonda sul progresso, per cui succede che ciò che viene falsificato non serve più, e ha senso che lo studi solo chi ha piacere d’interessarsene, per erudizione.
L’Arte si fonda sul senso ESTETICO, ed è dunque un fatto arbitrario, soggettivo, una pura CONVENZIONE. Le teorie letterarie di Gamberetta non sono il risultato di ricerche e studi approfonditi che hanno trovato infine la soluzione perfetta e ineluttabile per la migliore narrativa, a cui tutti dovrebbero arrivare; sono semplicemente CONVENZIONI, scelte sue, di suo gusto, che non vedo perché dovremmo sorbircele noi. Certo, non sono stupide. E di certo non le critico. Critico il fatto che ella vorrebbe applicarle ai Promessi Sposi, un romanzo scritto secondo altre convenzioni, in tempi diversi. La questione è lunga, ma mi fermo qui. Il punto è che Gamberetta sbaglia: applica forme mentali della scienza con quelle dell’Arte. L’Arte non va in senso progressivo, non è come una lavatrice.

Per finire, ci tengo a dire qualche altra cosina:
1 – Il fatto che una lingua sia complicata non vuol dire che sia brutta. Cominciamo sempre col farci un esame di coscienza. “Non la capisco? Sarà un mio difetto?”
2 – Fare letteratura vuol dire amare la lingua; se leggere qualcosa di impegnativo, con parole “strane”, vi turba, allora siete solo lettori da ombrellone.

#244 Comment By dr Jack On 27 novembre 2011 @ 19:27

sono semplicemente CONVENZIONI, scelte sue, di suo gusto, che non vedo perché dovremmo sorbircele noi.


Adesso. Gamberetta ha studiato molto e ha scritto articoli all’avanguardia anche rispetto ai maestri dei nostri tempi.

Ma dire che le convenzioni le ha scelte lei è sbagliato. Le ha studiate sui libri di decine e decine di esperti (che si sono susseguiti lungo il corso secoli).

Chiaro che hai ragione tu.
Ascoltare gli esperti è sempre sbagliato, soprattutto quando sono tutti d’accordo e soprattutto se non sono autori italiani pubblicati.
E’ meglio ripartire da capo ogni volta, gli esperti sono degli idioti che sanno parlare solo inglese e non sono in grado di capire cos’é la vera Arte.

Fare letteratura vuol dire amare la lingua; se leggere qualcosa di impegnativo, con parole “strane”, vi turba, allora siete solo lettori da ombrellone.

Hai ragione. La literary fiction è decisamente superiore alla letteratura di genere! La letteratura di genere non è vera Arte!

#245 Comment By Hendioke On 28 novembre 2011 @ 02:25

Bhe però una cosa è vera, le convenzioni scelte da Gamberetta affondano le radici in un principio universalmente valido in ogni tempo e luogo: coinvolgere il lettore descrivendo una scena viva è meglio che raccontargli che “C’era una volta una bambina dal cappuccio rosso che andò a portare del cibo alla nonna, incontrò un lupo, gli disse dove andava, questi arrivò per primo, uccise la nonna e si travestì da lei, attese la piccola, la fece avvicinare, la mangiò, si addormentò e finì sguartato da un cacciatore di passaggio che miracolosamente trasse dal suo ventre la bimba e la nonna intatte”

Un principio che vale per la literay fiction, per la letteratura di genere, per l’epica e per la prosa tutta.

Però le convenzioni in sé constano di una serie di regole precise e puntuali (evita gli avverbi; evita le frasi articolate; evita le metafore non sensoriali; evita il narratore; evita le frasi in cui le parole hanno una disposizione distorta rispetto alla frase tipo ecc.) che si attagliano bene alla letteratura di genere e neanche tutta.

Come dicevo in commento ad un altro articolo già per analizzare un libro di Terry Pratchet (romanzo di genere, fantasy, ma comico) dovrebbe sostituire un buon 40% delle sue convenzioni ed abbracciarne altre e non so nemmeno se ne sarebbe in grado.

Non mi sono stupito, nel leggere l’intervista a lei su Lega Nerd, che Pratchett non le dice più niente. E non mi stupisco che in questo pezzo abbia liquidato I Promessi Sposi come sterco.
Ma questo non significa che Pratchett non dice niente o che I Promessi Sposi siano sterco: significa solamente che sono opere diverse che rispondono convenzioni differenti e tanto quanto sbagliano i sedicenti scrittori a cercare di scrivere un fantasy serio permeato di sense of wonder rifacendosi alle convenzioni di Pratchett e Manzoni (convenzioni sbagliate per lo scopo che si prefiggono), così sbaglia Gamberetta a criticare Manzoni usando convenzioni differenti: that’s all ^^

#246 Comment By dr Jack On 28 novembre 2011 @ 12:55

Sul genere comico

Come dicevo in commento ad un altro articolo già per analizzare un libro di Terry Pratchet (romanzo di genere, fantasy, ma comico) dovrebbe sostituire un buon 40% delle sue convenzioni ed abbracciarne altre e non so nemmeno se ne sarebbe in grado.

Sul comico non conosco a fondo le regole del genere, ma la stessa Gamberetta ammette le eccezioni, ad esempio in questo articolo.

La mia affermazione può suonare strana se si è appena letta la descrizione degli occhi di Alexander, infatti l’uso indiscriminato di aggettivi e avverbi è una delle stigmate dello scrittore dilettante. Ma qui è l’ironia: in una scrittura sempre molto trasparente e controllata la Schreiber si sbrodola solo quando descrive il suo gnokko, e questo ne comunica un’immagine così sopra le righe da suscitare un sorriso.

Su Pratchett.
Dipende da che libri ha letto. Neanche a me sono piaciuti tutti. Soprattutto il Colore della magia, letto in italiano è tremendo.

Sul Manzoni.
Io non sono un amante dei classici e ritengo che oggi disponiamo di cose migliori rispetto al passato.
Non so se esistano opere di prima del 1900 degne di nota, ma sono sicuro che il Manzoni paragonato a opere del giorno d’oggi è debole.
Non è paragonabile a opere come “Maledetti da Dio” di Sven Hassel o “L’azteco” di Gary Jennings.
So che qua ci sono pareri difformi, ma io sono anche uno di quelli a cui è piaciuto anche “Q” di Luther Blisseth, e anche lui batte il Manzoni come storia (non mi espongo sulle “verità storiche”, non sono abbastanza esperto in materia).

#247 Comment By Hendioke On 28 novembre 2011 @ 15:42

Sul genere comico

Questo è uno dei “misteri” di G.
Alle volte riconosce eccezioni alle regole, altre volte sembra che il minimo deragliamento equivalga a imboccare l’autostrada del Brutto con la sesta inserita. Credo che quando lo faccia sia per provocazione o per sfogarsi contro un libro davvero brutto…altre volte sembra ci creda davvero.

Aniway l’ironia è uno dei componenti della comicità ma non il principale ed anzi dei vari elementi è quello che più si presta ad essere utilizzato in altri ambiti.

Su Pratchett

La sua opera (come quella di tutti gli autori molto prolifici) ha alti (Uomini d’Arme) e bassi (Il tristo mietitore). Il Colore della Magia e La Luce Fantastica sono un po’ casi a parte.
Pratchett iniziò con questi due libri parodistici e molto buttati lì, aggiustò il tiro con Egual Rites (l’Arte della Magia) e poi partì col fantasy comico che lo distingue.

Comunque tolti i libri bassi è innegabile che Pratchett è un Maestro del suo genere (quasi l’unico XD). I suoi libri funzionano sempre su tre livelli:
- C’è la comicità che nasce dall’apparente stravolgere, ma in realtà è un semplice portare alle estreme conseguenze, gli archetipi e i cliché tipici del fantasy, dalle battute, i giochi di parole, le similitudini stranienti ecc.
- C’è la comicità nascosta sotto la battuta o la scena, già di per sé divertente, che nasce dal riferimento ad altro (es. il circolo druidico senziente se fa riferimento al sistema GNU-Linux)
- C’è la riflessione su questo o quel tema sociale o filosofico (solitamente la potenza delle storie e della fede dell’uomo nelle storie)

Bisogna vedere che si ha letto, ma leggere i primi tre libri della saga delle Guardie, per esempio, o Morty l’Apprendista, per dirne un’altro e non sentire niente può solo voler dire che si è allergici al genere comico e/o non lo si capisce, perché sono quattro libri oggettivamente molto validi.

Sul Manzoni

Il discorso “Classici” Vs. “Moderni” è un discorso, e non si sfugge, che cade pesantemente nel campo delle convenzioni.
Meccaniche che oggi non troveremmo in un romanzo moderno (paraganonando romanzi a romanzi…ovviamente il confronto deve essere fra opere della stessa famiglia) allora c’erano e funzionavano.

Bisogna distinguere bene fra quelle che oggi non funzionano più perché allora erano uno stadio precedente di una meccanica ancora oggi usata e quelle che si rifacevano a convenzioni differenti, non più seguite oggi, ma che se qualcuno riuscisse ad usare bene funzionerebbero ancora perché non sono state sorpassate da una evoluzione della meccanica stilistica, sono semplicemente state sostituite con meccaniche ancorate a una convenzione, a una ratio, differente.

Per fare un esempio del primo tipo mi viene in mente la differenza fra la descrizione di un duello di scherma ne “I Briganti”, romanzo storico cinese, ne “I Tre Moschettieri” e ne “Il maestro di scherma” di Reverte. E’ innegabile che i duelli di quest’ultimo sono più coinvolgenti dei duelli delle due opere precedenti: c’è stata un’evoluzione verso la resa dinamica dei colpi e dei gesti.

Per fare un esempio del secondo tipo mi viene in mente il narratore invasivo e ciarliero di Ivanhoe o quello di Don Chishotte e l’assenza, o la quasi-assenza, del narratore in molti romanzi odierni. In questo caso il secondo non è un’evoluzione del primo ma una scelta alternativa al primo e non è possibile metterli a paragone cercando di sostenere la superiorità dell’uno sull’altro.

Quindi quando si leggono i classici ci saranno cose che risultano deboli ed altre che non avran perso la loro forza.
Il problema di Manzoni è che sotto molti aspetti il suo romanzo è stato fra i primi gradini di una scala che ha visto nascere dopo molti romanzi dello stesso tipo, con le stesse convenzioni, scritti meglio e quindi è invecchiato male (ma questo non ne fa sterco: ne fa un romanzo in buona parte superato).
Ci sono classici che semplicemente non sono mai invecchiati perché sono stati l’apice di un genere, di un modello, di una convenzione e reggono ancora oggi con tutto il loro fascino. Paragonare questi al romanzo moderno di genere sarebbe un po’ come guardare alla pittura con gli occhi di un fordista: insensato.

#248 Comment By Dan On 28 novembre 2011 @ 16:02

Concordo… Manzoni è ricordato per essere il principio del romanticismo, ma i vertici ce li dà senza dubbio Hugo: il tema della psiche, e dunque della soggettività, i più forti contrasti fra luce e buio, anche nella stessa persona, la tematica dei poli opposti, che intercede i paragrafi e che spesso s’attraggono in qualità di personaggi (Jean Val Jean e Cosette) o di situazioni…
In merito al mostrare, se piace molto, io citerei il momento in cui Cosette incotra il fuggitivo Jean Val Jean: nel primo caso, Hugo si cimenta in una descrizione della foresta da romanzo horror, poiché tutto filtrato dagl’occhi della bimba; nel secondo, il fuggitivo ed evaso non fa altro che ‘prendere a destra, girare a sinistra, tirare dritto’, per poi incontrarla…
Se ne deduce che la foresta è quel che appare a chi la vede, il dato oggettivo si smarrisce -forte critica ai neoclassicisti, ma ormai lontani…

#249 Comment By dr Jack On 28 novembre 2011 @ 16:49

Sul Manzoni e sui cani

Il problema di Manzoni è che sotto molti aspetti il suo romanzo è stato fra i primi gradini di una scala che ha visto nascere dopo molti romanzi dello stesso tipo, con le stesse convenzioni, scritti meglio e quindi è invecchiato male (ma questo non ne fa sterco: ne fa un romanzo in buona parte superato).

Certo il titolo dice “Il Manzoni scrive da cani” ed è esattamente così se lo paragoniamo alle opere di oggi.
Se poi lo si paragona a quelle del passato non lo so e non m’interessa molto. Io conosco i miei limiti e so che non potrò MAI sapere TUTTO. Quindi cercherò di imparare solo le cose PIU’ UTILI.
A me non interessa la cultura in sé, mi interessa migliorare le mie capacità.
E la cultura nozionistica non mi è mai tornata molto utile finora.

Comunque l’articolo di Gamberetta non è solo un giudizio sul Manzoni ma un’opionione in merito all’uso che si fa del Manzoni nell’educazione italiana.
Opinione che dire che condivido è dire poco.
Sono totalmente convinto che abbia ragione.

Ci sono classici che semplicemente non sono mai invecchiati perché sono stati l’apice di un genere, di un modello, di una convenzione e reggono ancora oggi con tutto il loro fascino. Paragonare questi al romanzo moderno di genere sarebbe un po’ come guardare alla pittura con gli occhi di un fordista: insensato.

Sono contrario. Per capire qual è la cosa migliore da insegnare è da irresponsabili non fare queste valutazioni.
Dobbiamo paragonarli, capire quale è meglio, e come qual è il modo migliore utilizzarlo nell’apprendimento.

Su Terry Pratchett

Bisogna vedere che si ha letto, ma leggere i primi tre libri della saga delle Guardie, per esempio, o Morty l’Apprendista, per dirne un’altro e non sentire niente può solo voler dire che si è allergici al genere comico e/o non lo si capisce, perché sono quattro libri oggettivamente molto validi.

Comunque non ne farei un dramma. Lei ha già detto più volte che non ama il fantasy classico.
A me Terry Pratchett piace (anche se l’ultimo che ho letto, Jingo, della Saga delle guardie mi è piaciuto meno degli altri, alla fine sono sempre gli stessi personaggi).
Invece ho letto Cuore D’acciaio e sono stato colpito solo dalla prima parte. Per lei è uno dei preferiti.
Quindi anche se fosse sarebbe solo una preferenza di generi.

#250 Comment By Hendioke On 28 novembre 2011 @ 20:36

Manzoni e cani

Le idee di Gamberetta sono balzane sull’educazione pubblica sono balzane.

Intendiamoci: sono d’accordo che l’insegnamento nozionistico è uno schifo e che Manzoni è sopravvalutatissimo, ma Gamberetta propone di buttare a mare lo studio della letteratura e insegnare scrittura creativa: è una cazzata.
Stessimo parlando dell’Istituto Tecnico di Scrittura potrei essere d’accordo. Parlando di licei no.

Ad un liceo non si insegnano competenze tecniche si insegna, si dovrebbe insegnare, a ragionare, a comprendere, farsi una cultura.
Quindi sono d’accordo che andrebbe lasciato maggior spazio al lato tecnico della scrittura, che di per se stimola il ragionamento e la creatività, ma non si può ottenere un individuo davvero cosciente del perché la cultura che lo circonda è così e non è cosà o del perché la letteratura ha seguito questa e non quell’altra evouzione senza insegnarli storia della letteratura, senza insegnargli la cultura letteraria.

Bada, non intendo affatto difendere l’insegnamento del Manzoni e soprattutto l’insegnamento del Manzoni riportato da Gamberetta, quello è un metodo del cazzo, non ci sono santi.

Studiare storia della letteratura vuol dire studiare il perché un tempo le convenzioni fossero quelle e non altre, perché l’autore x decise di tentare una nuova via venendo seguito da antamila persone, che cosa trasmetteva allora (e può trasmetterci ancora adesso) l’opera Y e l’opera Z.

Uno studio ragionato e non nozionistico dei classici a un liceo è fondamentale: più che imparare a scrivere un romanzo di genere.
Dopo di ché se uno vuole diventare scrittore imparerà: seguirà una scuola tecnica, studierà i manuali, approfondirà quel po’ di tecnica narrativa che, come ho auspicato sopra, credo andrebbe comunque inserita nell’insegnamento; ma sarà un percorso che è giusto approfondisca in altre sedi che non siano il liceo dove è giusto dargli delle basi, ma quel che più conta è dargli una cultura.

Inoltre questa idea dello scrittore simile al ragioniere (si sono sprecate molte similitudini con la matematica in queste pagine di commenti) la trovo un’altra cacchiata.
Prendi un autore non dico grande ma anche solo bravo e vedrai che oltre alla capacità e all’immagine avrà, fra i pilastri del suo lavoro, anche un bagaglio culturale non piccolo e vedrai che, inevitabilmente, in quel bagaglio culturale ci sarà anche un buon numero di classici…

Pratchett

De gustibus non disputandum est. Quel che volevo dire io non è tanto che concentrandosi troppo sulle regole legate ad un convenzione ci si rovina il gusto per altri generi (vero? falso? bho), ma che a concentrarsi troppo sulle regole di un genere si diventa incapaci di analizzare, comprendere ed elaborare altri generi: si manca dei mezzi per farlo.
In sé e per sé non è un delitto: l’ultra-specializzazione è un fenomeno di questi tempi. Basta essere coscienti che ci si sta occupando di un orto e non dell’intera foresta.

#251 Comment By Cercavoce On 28 novembre 2011 @ 20:59

Quindi cercherò di imparare solo le cose PIU’ UTILI.
A me non interessa la cultura in sé, mi interessa migliorare le mie capacità.
E la cultura nozionistica non mi è mai tornata molto utile finora.

Concordo in toto. E anche sul discorso di Pratchett.

Oggi mi son dovuto sorbire lo studio di sessanta maledettissime pagine di letteratura latina. Virgilio, per l’esattezza. Ora, a me il latino non è mai importato, ma finché c’era da studiare grammatica, che ammetto io stesso, era più pesante di letteratura, aveva (anche se poco) un certo senso. Stai imparando una lingua, la lingua può servire.

Poco, visto che non stiamo parlando d’inglese, ma ammetto che alcune sporadiche volte conoscere il latino mi è servito, pertanto ritengo di non aver perso tempo invano a studiare latino (oddio, non sono affatto convinto che sia valsa la pena per quel che vale, ma tant’è…)

Invece se io mi metto a studiare Virgilio quanto mi servirà sapere che ha scritto le bucoliche, le georgiche e l’eneide in esametri? Quanto mi servirà sapere, cosa che poi dimenticherò fra due settimane se non prima, che in quel preciso passaggio c’è un’anastrofe, una metonimia e quant’altro?

A nulla, ecco a cosa.

Io ho odiato Manzoni. Noioso, noioso da far paura, e capisco Gamberetta, la capisco benissimo, perché il suo discorso è lo stesso di cui parlavo qualche giorno fa con un amico.

A scuola però sto zitto, che altro dovrei fare? Uscire dalle grazie dei prof proprio non conviene, più ci sono dentro e meno tempo dovrò passare a studiare. Meno tempo dovrò passare a studiare più ne avrò per studiare quel che dico io.

#252 Comment By Giacomo Ency Leoni On 28 novembre 2011 @ 22:52

@Cercavoce

Né tu né Gamberetta dite niente di “assurdo”, però mi trovo a chiedermi perché tu abbia scelto un liceo, scelta sicuramente “in” ma non obbligata. Come detto da qualcuno poco prima, l’istruzione liceale italiana (peraltro forse l’unica tranche del nostro sistema scolastico-accademico apprezzato all’estero) si basa sull’idea di fornire una cultura classico-tradizionale (e pertanto composta anche di vaste fasce di nozionismo).

Poi questa idea può essere sbagliata e in effetti ad esempio gli USA sono su tutt’altra linea, ma è un presupposto chiaro ed evidente. Lamentarsi quindi non della scuola, ma della scelta fatta (non so se da te o dai tuoi genitori) che si rivela errata.

#253 Comment By Hendioke On 29 novembre 2011 @ 03:05

@Cercavoce

La/il tuo/a prof è un pirla. E, o il tuo libro di testo è una sola o neanche lo hai, ma qualora fosse un libro fatto bene non l’hai letto con attenzione.

Come ho scritto prima non intendo difendere l’indifendibile studio nozionistico. Uno studio che si basi solo sul nozionismo è stupido.
Quello che voglio dire è che buttare a mare lo studio della letteratura per sostituirlo con scrittura creativa è altrettanto stupido e decisamente fuori luogo a un liceo.
Vuoi imparare a scrivere e non ti frega della cultura (voglio vedere dove arriverai senza cultura ma vabbé, immagino te la coltiverai da autodidatta)? Vai alla Scuola Holden o simili appena puoi!

Al liceo si dovrebbe insegnare storia della letteratura in maniera ragionata. L’insegnante, per esempio, ha perso tempo a spiegarti perché Virgilio ha scritto le Bucoliche? Ha perso tempo a renderti edotto sulle influenze delle Bucoliche nella letteratura successiva? Cosa voleva trasmettere ai lettori con quest’opera? Ti ha almeno spiegato perché le sue opere sono in esametri ma solo le Bucoliche son scritte in egloghe?

#254 Comment By dr Jack On 29 novembre 2011 @ 12:20

Uno studio ragionato e non nozionistico dei classici a un liceo è fondamentale: più che imparare a scrivere un romanzo di genere.

Fermo restando che siamo d’accordo tra noi e anche con Gamberetta sulla negatività dello studio nozionistico, stai generalizzando.
Sapere come funziona un classico o sapere come scrivere una storia è più o meno utile in base a casi e obiettivi.

Ma che a concentrarsi troppo sulle regole di un genere si diventa incapaci di analizzare, comprendere ed elaborare altri generi: si manca dei mezzi per farlo.

Se prendiamo Gamberetta pare che, al contrario, sia comunque in grado di analizzarli e individuare eccezioni.
Non sono le conoscienze pregresse a rendere incapaci di comprendere, è l’atteggiamento mentale. Si può sempre essere aperti a nuove teorie.

Questo non toglie che i noobs che saltano fuori dicendo “lo show don’t tell non funziona perché dipende dai gusti” sono ridicoli e fanno perdere tempo, e se qualcuno vuole divertirsi a trollarli per me può fare.

In definitiva
Io lascerei l’insegnamento nozionistico come insegnamento facoltativo per le università, o metterei lezioni gratis su youtube come sta facendo la Khan Academy.
Sono d’accordo a non buttare via niente. Non si sa mai che qualcosa torni utile o che a qualcuno piaccia.

E in ogni caso pare che siamo tutti d’accordo con Gamberetta.

Non si deve studiare la letteratura in sé (o peggio ancora la storia della letteratura); lo studio della letteratura deve essere solo un mezzo per dare agli studenti gli strumenti minimi con i quali esprimere le proprie idee e analizzare le idee degli altri.

#255 Comment By Hendioke On 29 novembre 2011 @ 14:55

Fermo restando che siamo d’accordo tra noi e anche con Gamberetta sulla negatività dello studio nozionistico, stai generalizzando.
Sapere come funziona un classico o sapere come scrivere una storia è più o meno utile in base a casi e obiettivi.

Se stessi parlando in assoluto sarebbe vero ciò che dici. Parlando di licei non penso proprio la mia sia una generalizzazione. Scopo dei liceo e dare una cultura di base la più ampia possibile, per far questo lo studio della letteratura è più importante del saper scrivere una storia.
Non fosse così dovremmo allora chiederci qual è il senso di insegnare una qualsiasi delle materie che si insegnano al liceo (escluse matematica e grammatica)

Se prendiamo Gamberetta pare che, al contrario, sia comunque in grado di analizzarli e individuare eccezioni.
Non sono le conoscienze pregresse a rendere incapaci di comprendere, è l’atteggiamento mentale. Si può sempre essere aperti a nuove teorie.

Io son dell’idea, e finora l’esperienza fatta con vari “specialisti” me l’ha sempre confermata, che le conoscenze pregresse quando raggiungono una massa di specializzazione critica rischiano di chiudere mentalmente.

Gamberetta sa riconoscere le eccezioni al romanzo di genere di cui s’occupa (e questo contribuisce a farne una critica brava), solo ho il dubbio di quanto potrebbe allontanarsi dal suo genere prima di trovarsi in difficoltà. Tanto? Poco? Comunque per quanto mi piacerebbe verificare questo mio dubbio alla fin fine G. di un genere si occupa e di quello si occuperà, non penso proprio si metterà a esplorare altri generi per fare un favore a me :D
E un’ipotesi senza dati su cui lavorare resta un’elucubrazione :)

Questo non toglie che i noobs che saltano fuori dicendo “lo show don’t tell non funziona perché dipende dai gusti” sono ridicoli e fanno perdere tempo, e se qualcuno vuole divertirsi a trollarli per me può fare.

Concordo

E in ogni caso pare che siamo tutti d’accordo con Gamberetta.

Non si deve studiare la letteratura in sé (o peggio ancora la storia della letteratura); lo studio della letteratura deve essere solo un mezzo per dare agli studenti gli strumenti minimi con i quali esprimere le proprie idee e analizzare le idee degli altri.

Yap. Peccato che poi nei commenti siano emerse ben altre posizioni e se ne è sentite un po’ d’ogni ^^

#256 Comment By Cercavoce On 29 novembre 2011 @ 16:46

per sostituirlo con scrittura creativa

No, ma certamente. Questo è ovvio. Ma infatti dicevo che il latino aveva un senso, anche se non m’interessava più di tanto.

Né tu né Gamberetta dite niente di “assurdo”, però mi trovo a chiedermi perché tu abbia scelto un liceo, scelta sicuramente “in” ma non obbligata.

Non è perché è una scelta “in”, è perché, se non facessi questa scelta “in”, col piffero che troverei lavoro. E comunque, non voglio far di tutta l’erba un fascio, ho insegnanti molto bravi che io amo sentire, però quando studio cose come letteratura italiana e latina mi chiedo perché perdere un sacco di tempo, come appunto diceva Gamberetta, a vedere il particolare anziché insegnare la regola generale, di gran lunga più utile.

ha perso tempo a spiegarti perché Virgilio ha scritto le Bucoliche? Ha perso tempo a renderti edotto sulle influenze delle Bucoliche nella letteratura successiva? Cosa voleva trasmettere ai lettori con quest’opera? Ti ha almeno spiegato perché le sue opere sono in esametri ma solo le Bucoliche son scritte in egloghe?

No, no, sì e no.

E non è l’unica a far così. Sono pochi i prof che ricordano che studiare va fatto non per il voto ma per sé stessi, la maggior parte dice “ragazzi, studiate questo o prendete 2″.

Che si deve fare di fronte a tutto ciò? Se non lo fai, hanno ragione, prendi 2. E se anche, come diceva Giacomo prima, il liceo non è obbligatorio per legge, lo è di fatto, se non vuoi lavorare come spazzino.

#257 Comment By Enrico On 29 novembre 2011 @ 22:51

Bhe però una cosa è vera, le convenzioni scelte da Gamberetta affondano le radici in un principio universalmente valido in ogni tempo e luogo: coinvolgere il lettore descrivendo una scena viva è meglio che raccontargli che “C’era una volta una bambina dal cappuccio rosso che andò a portare del cibo alla nonna…

Così ci scrive Hendioke.

Questo non toglie che i noobs che saltano fuori dicendo “lo show don’t tell non funziona perché dipende dai gusti” sono ridicoli e fanno perdere tempo, e se qualcuno vuole divertirsi a trollarli per me può fare.

Così ribadisce dr jack

Io dico: non sono affatto d’accordo. Tra i più alti estremi della letteratura mondiale compaiono sia romanzi scritti seguendo – a volte maniacalmente, come nel caso di Cecità di Saramago – il principio del “show don’t tell”, sia romanzi scritti secondo i noiosissimi, perlomeno stando a voi, dettami del semplice raccontare. E tra questi non ci sono solamente gli insuperati romanzi dell’ottocento – Dostoevskij, Tolstoj, Dumas, Hugo, ecc, ecc -, ma pure romanzi scritti qualche giorno fa, per così dire – ne cito uno per tutti: Cent’anni di solitudine, di Marquez; mi direte che scrive da cani pure lui?
Al di là di questa premessa, io dico: “Sì, è un fatto di gusto”. In letteratura non si tratta di seguire il giusto teorema, non c’è un’unica maniera di fare un romanzo. Ci sono tante maniere, e ciascuna, nelle GIUSTE MANI, può valere le altre. Ripeto: CIASCUNA. Il semplice raccontare che voi così tanto disprezzate è secondo una delle forme IMMORTALI della narrazione umana, e non morirà mai. Eternamente saprà affascinare. Eternamente saprà colpire. E non meno dello “show don’t tell” sa suscitare “sense of wonder”, palpitazione di fantasia, sollecitando l’immaginazione. Secondo me solamente un lettore con paraocchi ideologici potrebbe negarlo.
In letteratura non ci sono strade preferibili. Ma solo tanti scrittori, ciascuno con la propria POETICA. E così in letteratura si deve studiare/godere ogni autore: conoscendo la sua poetica. Non disprezzandola, perché la mia è migliore! Ok, dì che non ti piace, non dire che non sa scrivere.

Il punto è che succede spesso oggi di trovarsi davanti a persone che per pigrizia non si mettono nemmeno a tentare di comprendere le grandi – e per questo impegnative – opere della nostra letteratura; tutti leggono letteratura “facile”, tra cui mi tocca di mettere quella fantasy, e siccome la ben capiscono, e siccome è “tanto, tanto, tanto scorrevole!” la preferiscono all’altra. Direi che è il caso di un esame di coscienza.

#258 Comment By Cercavoce On 29 novembre 2011 @ 23:28

Ehm… ma qui parliamo di uno specifico genere letterario, non dell’intera letteratura.

Te lo dice uno che ama il raccontato. Il raccontato, per me, funziona come una fiaba. Io amo le fiabe, uno dei miei romanzi preferiti è “le Cronache di Narnia”, di Clive S. Lewis. Quel romanzo è pieno di raccontato, maledettamente pieno. Se si dovesse descrivere sotto un punto di vista tecnico, sarebbe uno schifo.

Eppure, guarda un po’, è uno dei libri che più mi ha suscitato Sense of Wonder. Ho pianto persino quando Aslann canta per creare la terra, dall’emozione.

Ma qui non stiamo parlando della letteratura in generale, non stiamo parlando della totalità, stiamo parlando di narrativa che abbia l’intenzione di far immedesimare e coinvolgere il più possibile il lettore.

Adesso, perdonami, ma se scrivo

Il titanico drago si arrabbiò con l’intruso e lo attaccò selvaggiamente

Sei VERAMENTE certo di non preferire

Il dragone si sollevò, fissò l’intruso con un occhio rosso sangue e gli ruggì addosso. Vomitò una vampata di fuoco fra la polvere sollevata dallo sbattere delle ali, snudò le zanne e caricò.

Sappi che anche nella Poesia e anche nelle Fiabe si tengono sempre presenti concetti come Show don’t Tell, solo che in forma diversa.

La prima frase d’esempio che ti ho fatto è una pena anche per una fiaba. In una fiaba puoi trovare una cosa come questa.

E così, il drago feroce si sollevò dal suolo e fissò con occhio malvagio il cavaliere, che con la spada lucente lo affrontò con coraggio. Là, dinanzi all’antro della bestia, i due si affrontarono con spruzzi di fuoco, affondi di lama, vampate fiammeggianti e scintille d’acciaio, finché la spada dell’eroe non vinse il drago trafiggendolo al petto

Ora, è ovvio che non segue lo Show don’t Tell, eppure ti mostra sempre qualcosa, ti stuzzica la fantasia, suscita più attenzione di “il drago titanico attaccò l’intruso selvaggiamente”.

Lo Show don’t Tell è un concetto difficile da far capire perché il nome è inglese e fa pensare all’americanata o alla trovata moderna, ma più volte si è detto che così non è. Fin dall’antichità si è capito che la concretezza ha più impatto dell’astratto.
Uno può anche leggere qualcosa di astratto e rimanere affascinato, ma se vuole immedesimarsi ha bisogno di elementi concreti.

Io son rimasto affascinato da “Il Gabbiano Jonathan Livingston” che lo Show don’t Tell, probabilmente, non sa cosa sia, ma ti cito un estratto

“Ma lontano di là solo soletto, lontano dalla costa e dalla barca, un gabbiano si stava allenando per suo conto: era il gabbiano Jonathan Livingston. Si trovava a una trentina di metri d’altezza:distese le zampette palmate, aderse il becco, si tese in uno sforzo doloroso per imprimere alle ali una torsione tale da consentirgli di volare lento. E infatti rallentò tanto che il vento divenne un fruscìo lieve intorno a lui, tanto che il mare ristava immoto sotto le sue ali. Strinse gli occhi, si concentrò intensamente, trattenne il fiato, compì ancora uno sforzo per accrescere solo… d’un paio… di centimetri… quella… penosa torsione e… D’un tratto gli si si arruffano le penne, entra in stallo e precipita giù.”

è ovvio che non segue lo Show don’t Tell, è anche un po’ un modo ingenuo, eppure mostra, eppure ci sono elementi concreti, ti aggrappi a qualcosa. Ci sono avverbi, intromissioni del narratore, aggettivi astratti, tutto quello che vuoi, ma è scorrevole e ci sono elementi concreti. La storia, inoltre, è una meraviglia.

Prima di tutto è la storia a dover essere ben ideata, prima ancora della scrittura.

Io penso che uno scrittore debba avere tre qualità: Volontà, Fantasia, Tecnica.

E nell’ordine sopra riportato. Notare che la tecnica va per ultima. La volontà è necessaria per imparare e continuare la propria opera, per informarsi e fare di tutto affinché far sì che il lavoro sia il migliore possibile. Fantasia perché senza di essa non si va da nessuna parte. Il Gabbiano Jonathan Livingston non è solo una storia di gabbiani, c’è molto di più dietro. Chi ci avrebbe pensato?
Infine la tecnica, e solo infine, sottolineo. Hai una bella idea: come mostrarla al pubblico? Scegli tu, vuoi farlo immedesimare o vuoi raccontargli una fiaba?

Se vuoi raccontare una fiaba per me va bene, ma dimmelo prima, non farmi comprare un romanzo in cui mi aspetto di vivere al massimo una storia.

Le regole poi cambiano, si possono infrangere, non sono dogmi: SONO STRUMENTI. Se tu sai dell’esistenza dello Sdt, del Pov e di quant’altro, hai molta più possibilità di scelta. Se non vuoi scrivere secondo l’Sdt, non farlo, nessuno ti può obbligare. Vien da chiedersi però perché tu non l’abbia fatto.

Io quando ne ho scoperto l’esistenza mi son detto “Diamine, funziona davvero. Perché non lo imparo e non rendo le mie storie più coinvolgenti?”

Semplice ^_^

A volte scrivo delle fiabe, e in quel caso le scrivo senza Sdt, altrettanto semplice.

#259 Comment By Hendioke On 30 novembre 2011 @ 02:19

Quoto l’ultimo post di Cercavoce fino all’ultima fottuta virgola :)

#260 Comment By dr Jack On 30 novembre 2011 @ 10:10

Sullo show don’t tell.
E’ una regola così bella, così pacifica, così approvata da tutti gli esperti… così basica. Abbiamo perfino delle prove quasiscientifiche, il massimo che si può fare con le nostre attuali tecnologie.

Ma perché viene trattata così?
L’sdt è una regola da amare. Fa risparmiare un sacco di tempo in ricerche e tentativi trial & error fatti da quelli che ci hanno preceduto.

Pensa che nei videogame si lotta per creare le cose da zero perché mancano le basi che abbiamo grazie ai maestri del passato nella scrittura.
Attualmente per i videogiochi si sta parlando di game don’t show, e ne impiegheremo di tempo a capire come funziona.

Quando si scrive abbiamo la pappa pronta. Tutto facile… e ci lamentiamo?
Dai. Basta.

FAQ

Ma tu non metti mai in dubbio lo show don’t tell!

Lo faccio ogni volta che se ne parla. Ma finora, solo noobs.

PS: giusto per flammare gli umanisti classici. Per me i videogiochi sono la vera Arte!

#261 Comment By Hendioke On 30 novembre 2011 @ 11:05

PS: giusto per flammare gli umanisti classici. Per me i videogiochi sono la vera Arte!

La vera Arte è esagerato ma che siano Arte è fuor di dubbio. Il Videogioco sarà per questo secolo quello che il Cinema fu per il secolo scorso. Te lo dice un umanista classico la cui tesina di liceo fu un sito di 80 pagine sulla semiotica videoludica :D

#262 Comment By dr Jack On 30 novembre 2011 @ 16:41

Te lo dice un umanista classico la cui tesina di liceo fu un sito di 80 pagine sulla semiotica videoludica :D

Grande.
In ogni caso da come parli e dalla tesina per me sei un “umanista tecnologico” con l’aggiunta di conoscienze classiche.

#263 Comment By Cercavoce On 30 novembre 2011 @ 16:55

E’ una regola così bella, così pacifica, così approvata da tutti gli esperti… così basica. Abbiamo perfino delle prove quasiscientifiche, il massimo che si può fare con le nostre attuali tecnologie.

Ma perché viene trattata così?
L’sdt è una regola da amare. Fa risparmiare un sacco di tempo in ricerche e tentativi trial & error fatti da quelli che ci hanno preceduto.

Pensa che nei videogame si lotta per creare le cose da zero perché mancano le basi che abbiamo grazie ai maestri del passato nella scrittura.
Attualmente per i videogiochi si sta parlando di game don’t show, e ne impiegheremo di tempo a capire come funziona.

Quando si scrive abbiamo la pappa pronta. Tutto facile… e ci lamentiamo?
Dai. Basta.

FAQ

Ma tu non metti mai in dubbio lo show don’t tell!

Lo faccio ogni volta che se ne parla. Ma finora, solo noobs.

PS: giusto per flammare gli umanisti classici. Per me i videogiochi sono la vera Arte!

Dr. Jack Rulez :D

Quoto in toto.

Il Videogioco sarà per questo secolo quello che il Cinema fu per il secolo scorso.

E anche questo :D

#264 Comment By Enrico On 30 novembre 2011 @ 20:00

Cercavoce, io non intendevo negare l’effetto dello “show don’t tell”. Intendevo solo affermare che non può valere come criterio di valutazione OGGETTIVA letteraria. Del resto la questione dello “show don’t tell” è aleatoria di per sé: si tratta di una tecnica che da sola non può bastare. Il vero romanzo alterna saggiamente “show” e “tell” a seconda delle necessità, per così dire. E per quanto io abbia apprezzato l’esempio con cui hai cercato di dimostrarmi che indubbiamente si deve preferire lo “show don’t tell” al raccontare, io posso dirti che va tutto visto relativamente al proprio contesto. Ecco un esempio tratto dal fantasy. Siamo appena fuori Moria, nel Signore degli Anelli. Gandalf è morto, sacrificandosi per tutti. Dopo una mirabolante descrizione della fuga, Tolkien preferisce, per esprimere il dolore del lutto, non lasciarsi andare ad alcuno sfronzolo. Si limita a dirci qualcosa come: “Piansero tutto il giorno. Ripresero il cammino”. In questo contesto lo “show don’t tell”, perdendosi nel mostrare gli effetti del dolore provato dalla compagnia dell’anello, avrebbe sciupato l’effetto che invece il raccontare riesce così d’impatto a trasmettere. Così, ecco: perché dobbiamo star qui a decidere cos’è meglio? Io direi piuttosto: conosciamo tutte le possibilità!
Un altro tasto importante che ho già toccato – ma che non ha toccato nessuno! – è il concetto che l’Arte non procede in senso PROGRESSIVO. Va a gusti. Il gusto, certo, è condizionato dall’ambiente, dal periodo-luogo in cui si vive. E il gusto attuale, il nostro, tende verso un certo tipo di romanzo. Ma questo non toglie né valore né bellezza a ciò che è stato in passato. E’ solo che per apprezzare il passato ci vuole la fatica di tornare a statuti estetici diversi dai nostri – insomma, bisogna sapersi mettere altre braghe dalle solite. Affermare insomma che chiunque oggi saprebbe scrivere meglio del Manzoni solo perché il Manzoni non poteva avere gli strumenti che noi invece abbiamo è secondo me una vera enormità! E’ un’affermazione grossolana. Perché fa sembrare la letteratura una lavatrice, che ad un certo punto viene migliorata, e dunque non si può pensare altro che al suo nuovo modello appena uscito… Solo questo io vi rimprovero: l’insensibilità con cui cancellate il passato.
Non si può dire che il Manzoni non sapeva scrivere! Il Manzoni scriveva secondo altri criteri dai vostri. Punto!
Tra l’altro, chi afferma che non usa “show don’t tell” davvero non l’ha letto!

#265 Comment By Hendioke On 1 dicembre 2011 @ 00:47

Più che un fatto di gusto io direi che è un fatto di efficacia.

Termine brutto e poco amato su questi lidi, me ne rendo conto. Ma se ammettiamo, e credo siamo tutti d’accordo, che le regole vanno conosciute perché poi ci si deve sperimentare sopra allora dobbiamo anche ammettere che il criterio ultimo in grado di porre un’opera sopra un’altra è l’efficacia.

E qui torno a parlare di classici. I Classici sono opere che pur rifacendosi a convenzioni diverse da quelle seguite al giorno d’oggi o simili ma vetuste conservano ancora oggi il loro fascino.
E voglio mantenere questa diatriba sul puro livello stilistico! Tirare di mezzo i contenuti sarebbe troppo facile da un lato e incasinerebbe troppo il discorso dall’altro.

Ci sono opere di anche ormai secoli fa che pur mostrando in modi che oggi sconsiglieremmo o non mostrando affatto, che fan parlare tutti i personaggi allo stesso modo o presentano narratori prossimi più all’onnipotenza che alla semplice onniscienza sono in grado di rendere ancora oggi in maniera straordinariamente viva l’azione dei personaggi, l’ambientazione, i caratteri ecc.

Per fare un esempio a noi prossimo Ivanhoe di Scott, romanzo di genere (storico, non fantasy ok ma a livello di tecnica preferibile cambia poco) presenta una ridda di personaggi che parlano tutti in maniera spaventosamente simile (soprattutto di primo acchito e soprattutto per dei lettori contemporanei quali noi siamo) e molto artefatta eppure la sua capacità, tramite i dialoghi, il narrato dell’interiorità dei personaggi e il mostrato di alcuni loro gesti spesso ripetitivi riesce a dar loro una vivacità incredibile.

Tutti i personaggi di Ivanhoe spiccano dalle pagine anticipando la costruzione dei caratteri a tutto tondo che da lì a non molto sarebbe diventata imprescindibile e non sono decisamente secondi, stilisticamente, a questi ultimi. Nessuno dei personaggi principali dell’opera è davvero una macchietta, e tutti mostrano svariati lati del loro carattere nel corso dell’opera.

#266 Comment By Cercavoce On 1 dicembre 2011 @ 15:06

Ma questo non toglie né valore né bellezza a ciò che è stato in passato.

E chi lo dice?

Gamberetta?

Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa; giudicando con i parametri odierni – i parametri che uso per le recensioni su questo blog – ci troviamo di fronte a una schifezza.

Any question? Noi stiamo discutendo sul fatto che, secondo i canoni odierni, il manzoni scrive effettivamente da cani. Il punto è: perché mi stai a dire che così scriveva il manzoni senza dirmi perché? La storia della letteratura, oramai, è solo un susseguirsi di nomi del tipo “Dante scrisse così, Petrarca così, Machiavelli così, Manzoni così” ma nessuno che ti dica perché.

Riguardo a Tolkien, sappi che lui stesso diceva di non essere un buon romanziere, perciò fai un po’ tu :D
A me piace molto la sua storia, ma più della sua storia io amo il suo mondo. Tolkien è il padre dell’High Fantasy, ma lui non ha creato una bella storia, ha creato un bel mondo, un mondo stupendo. Arda è incredibilmente accurata. Diamine, ha pure dato vita a lingue nuove da zero, e perfette anche o.o

Era un genio sotto questo punto di vista, ma scriveva male. Lo Sdt è utilizzato come criterio OGGETTIVO fin dalla fine dell’800. Tolkien ha scritto una fiaba, non un romanzo. E comunque, prima della tecnica viene la storia, viene sempre la storia. Se una storia è bella piacerà anche se scritta male. Se una storia fa schifo la puoi scrivere bene quanto vuoi, rimarrà comunque penosa.

Prendi Lovecraft: oggettivamente scriveva da cani, ma non si può dire che le sue storie non fossero… non fossero… WOW :D

Capisci quel che intendiamo?

#267 Comment By Enrico On 1 dicembre 2011 @ 16:14

Ma come fai a dire che Lovercraft scriveva da cani? :) Boh, per me era un maestro della parola. Per saper dare emozioni forti come quelle che lui riusciva a dare coi sui racconti, tali da darmi gli incubi!, ci vuole un studio enorme, dietro ogni singola frase ci dev’essere una certa meticolosità. Del resto, sappiamo che il caro H.P.L. era un maniaco, un metodico, non sapeva lasciare niente al caso. Tra l’altro, egli era un altro di quelli che non avevano pudore di raccontare, senza dover sempre e per forza mostrare. Ciò nonostante, i suoi racconti e romanzi producono sensazioni e suggestionano l’immaginazione come quelli di pochi altri, perlomeno per me! E come la mettiamo?
In ogni caso, io insisto nel pensarla come la penso io. Per me chi applica gli attuali principi del fare romanzi al Manzoni – scusa la franchezza – non ha capito un cazzo. :) Si tratta di scelte di poetica personale, di gusto.
Comunque, cosa dovrebbero insegnare a scuola? Dovremmo leggere i racconti di Gamberetta? Dovremmo studiare i romanzetti fantasy? Dovremmo dimenticare la storia della nostra cultura per imparare i dettami del perfetto scrivere, made in Gamberetta S.p.a.?
Mah… Per me vi sfugge un concetto. A scuola non si vogliono creare scrittori. A scuola vi si vuole dare una cultura. Che a quanto pare non volete avere! :)
Il voler diventare scrittori è un’ambizione personale che si deve giustamente sviluppare per conto proprio. Quello che la scuola dovrebbe saper dare, cosa che a volte ancora le riesce, è saper rendere lo studente capace di cavarsela in quel genere di scritti che potrebbero essere fondamentali nell’ambito lavorativo, ossia lettere, saggi, argomentazioni, ecc, ecc…
A scuola se vi insegnano Dante non è perché dovreste scrivere qualcosa di meglio della Divina Commedia, ma perché è più che giusto, secondo me, che un italiano conosca chi è, cosa ha detto, e cosa ha scritto.
Del resto, io credo che se davvero volete diventare ottimi scrittori, l’atteggiamento più intelligente non sia quest’arroganza di dire: “Quello non sapeva scrivere, quell’altro scriveva da cani!”. Credo serva maggior umiltà, come quando, giocando a tennis assieme a gente più brava, piuttosto che voler a tutti i costi giocare per primi, si lascia prima la palla a chi sa fare colpi migliori…
Studiatelo questo Manzoni. Credo che dalla sua scrittura si possa imparare ancora molto che purtroppo viene taciuto. Ma questo è solo un mio pensiero. :)

#268 Comment By Hendioke On 1 dicembre 2011 @ 16:24

Il punto è che Tolkien non scriveva male, né Scott, e Manzoni se la cavava(ma c’era di meglio).

Il punto che vorrei far capire io è che prendere Manzoni, Tolkien, Scott, Dumas, Tolstoj e dire “Ragazzi in gamba, ma stando ai criteri odierni non sanno scrivere” è un po’ come prendere la cucina coreana e dire “In gamba i cuochi coreani, ma stando ai criteri della cucina italiana non sanno cucinare”

Che senso ha? Semplice non ne ha. Ha tanto senso quanto l’insegnamento nozionistico…
Per quello avevo anche introdotto l’argomento delle convenzioni che variano da genere a genere e da periodo a periodo.

Mazziare Manzoni perché ha uno show don’t tell scarso ci può stare perché all’epoca si stava evolvendo verso lo sdt odierno ed era un po’ un malo ibrido.
Mazziarlo perché usa il narratore onnisciente no, non ha senso. Perché narratore onnisciente e narratore invisibile sono due scelte che si escludono a vicenda ma non è possibile dire che una è nettamente migliore dell’altra: sono due approcci diversi alla narrativa romanzata.

Sarebbe come prendersela con una favola lamentandosi che non tiene il pov fisso sul personaggio o con una fiaba lamentandosi dell’eccessiva aggettivazione.

Tutte operazioni possibili, ma insensate.
Se si vuole criticare tecnicamente un’opera e un autore del passato o se ne criticano i punti che si inseriscono nelle convenzioni da noi condivise (e quindi il confronto è possibile) o si studiano le convenzioni a cui quell’autore si riferisce e si giudica con riferimento a quelle (per scoprire, per esempio, che c’erano e ci sono autori molto più bravi di Manzoni nell’usare il narratore onnisciente) ma non si giudicano le parti rifacenti ad una convenzione altra secondo i criteri di una convenzione nostra.

Spezzo una lancia a favore di Tolkien. Non scriveva affatto male, o almeno, non vedo nel suo uso del sdt niente di raccapricciante, mi sembra lo sappia usare quanto serve per rendere vive le scene senza perdere l’aura di epica che permea la sua opera.

Se proprio devo trovargli un difetto a livello stilistico è che certe volte i suoi personaggi sembrano usciti da un salotto inglese alto borghese di metà novecento più che da un’era preistorica e mitica…
Nel Signore degli Anelli si nota soprattutto con gli hobbit, però il loro sembrare borghesi inglesi è una scelta ponderata.
Credo però che in prima stesura molti altri personaggi si esprimessero così e poi in fase di rifinura abbia cancellato l’inglesisità per sostituirla con caratteri più adatti al mondo da lui inventato.

Difatti se si prendono altri suoi brani usciti postumi, e quindi meno elaborati, si trovano vere perle di comicità involontaria tipo una coppia sovrana di Numenor che parla della rovinosa sete di battaglie e gloria del figlio con lo stesso tono e atteggiamento di due alto borghesi londinesi che parlando delle marachelle del figlio a scuola.
Il re di Numenor a tratti me lo sono immaginato mentre sfoglia infastidito il Times seduto al tavolo della colazione XD

#269 Comment By Enrico On 1 dicembre 2011 @ 18:15

Molto di quello che hai scritto mi trova d’accordo, finalmente. :)

#270 Comment By Cercavoce On 1 dicembre 2011 @ 18:35

Va beh, che vi devo dire, liberi di pensarla come volete.

#271 Comment By Hendioke On 1 dicembre 2011 @ 21:30

Alla fin fine stiamo dicendo le stesse cose con una piccola differenza

Prendi Lovecraft: oggettivamente scriveva da cani, ma non si può dire che le sue storie non fossero… non fossero… WOW :D

Le sue storie erano WOW anche perché nel suo stile di riferimento scriveva oggettivamente bene.

Ecco, questa è tutta la differenza di vedute fra me e te sull’argomento. Converrai che è poca cosa ^^

#272 Comment By Enrico On 2 dicembre 2011 @ 08:47

In ogni caso non è che ci dobbiamo ammazzare: possiamo benissimo vederla in maniera diversa! C’era quella bella massima… “Non condivido il tuo pensiero, ma farò di tutto perché tu possa affermarlo!” Una massima che forse dovremmo ricordare anche a Gamberetta.
Sì, perché, non so cosa ne pensiate voi, ma…
Piluccando qua e là tra i suoi articoli e le sue recensioni mi sembra che ella sia la prima ad assumere quell’atteggiamento che in questo articolo così aspramente critica alla scuola. Alla fine dei conti, si tratta di una mente chiusa, chiusa nei suoi preconcetti, che è convinta di avere la chiave univoca di lettura per comprendere la letteratura, e che spara a zero su qualsiasi autore. Vi accorgerete da voi, spero, che c’è un che di arrogante e presuntuoso nel mettersi a sparlare con la sua leggerezza degli indiscussi maestri della parola dell’ottocento, nel dire che non sanno scrivere, giudicandoli secondo i suoi criteri, la sua maniera e il suo gusto. Cosa che ella fa tra l’altro con manifesta ed esplicita ignoranza: “Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa”.
Io vi dico: attenti a Gamberetta. Si dà l’aria di apparire come una che vi potrà aiutare a raggiungere la libertà del pensiero, ma in verità ella non fa altro che portarvi in angolo, un angolo da dove non si può fare altro che contemperare il SUO pensiero.
Tra l’altro, non mi sembra che si tratti di un pensiero sempre così geniale come vorrebbe mostrarsi. Uno dei criteri di cui Gamberetta si serve maggiormente per criticare un romanzo o un autore è infatti la “pallosità”. “E’ noioso, non fatelo.” “E’ noioso.” Così dice, la geniale Gamberetta.
Oltre a dire che mi sembra una quindicenne che non ha voglia di concentrarsi sulle cose serie, non mi sembra affatto che questo criterio possa valere oggettivamente. Si tratta, come già ho ripetuto migliaia di volte, di un gusto personale, che ella vorrebbe estendere all’umanità intera, con la pretesa che bisognerebbe condividerlo a priori, stando a motivazioni letterarie sinceramente discutibili, e in ogni caso arbitrarie – come è ogni scelta letteraria.
Insomma, quello che lei otterrebbe, avendo il consenso universale, sarebbe di votare la letteratura ad essere solamente letteratura da ombrellone; ossia saremmo pieni di romanzi molto avventurosi e divertenti, molto SCORREVOLI e pimpanti, e non avremmo nient’altro.
Se vorrete davvero essere liberi, ascoltate il vostro pensiero, il vostro gusto, il vostro arbitrio.
Non lasciatevi ingabbiare da simili figuri. Tra il grammatico del ’500 che cercava di stabilire cos’era da farsi o meno in poesia e Gamberetta non c’è alcuna differenza: chiusura mentale ostentata per Verità assoluta.
Diffidate!

#273 Comment By Ettore On 8 gennaio 2012 @ 17:29

Ricordo di aver pensato più o meno la stessa cosa di Svevo. La Coscienza di Zeno sarebbe stata pure un’idea interessante, in effetti l’argomento della psicanalisi era interessante e avanti coi tempi (basta vedere oggi dove tutti fanno della psicologia ma nessuno la sa fare veramente, psicologi compresi). Tuttavia era scritto male, proprio dal punto di vista della lingua (perfino Svevo lo diceva “non è colpa mia se parlo tedesco ma voglio scrivere in italiano tanto per rompere le palle”). Infatti era illeggibile, un vero sfrangimaroni, però il personaggio era forse il più vivo che abbia mai visto rappresentato.

Sul Manzoni non so dirti, per fortuna alle superiori l’abbiamo approfondito poco, quindi non ho molti ricordi, e al limite dormivo. Però ricordo che in un tema sull’immigrazione scrissi di Lovecraft (che ovviamente non era in programma): infatti, in The Haunter of the Dark descrive la comunità italiana negli Stati Uniti; similmente anche in The Horror at Red Hook, dove si capisce che è spaventato dall’immigrazione. Quindi la storia dello spirito/contesto storico direi che è trasversale alla letteratura e attraversa tutti i generi.

#274 Comment By Michele On 23 gennaio 2012 @ 21:14

Mi pare che lo show don’t tell, ma anche altre tecniche di scrittura come il POV limitato, vengano trattate nei commenti in maniera generalmente sbagliata, con cui intendo non pertinente ai posts di Gamberetta. Non quoto nessuno in particolare perche’ ci sono troppi commenti prima del mio e non posso leggerli tutti. Se e’ gia’ stato detto lasciatemelo ribadire: il problema dello sdt non e’ se incontri questo o quel gusto, o se si adatti o meno al discorso trattato, o se ti sballa i neuroni come una droga garantendoti un’immedesimazione totale.
Il punto e’ che, per come lo tratta Gamberetta, e mi sembra che lei ne porti esempi a sufficienza, e’ il modo piu’ semplice per rendere quell’immedesimazione logica e consequenziale. Nel momento in cui ci si limita a un singolo personaggio e alle sue percezioni e’ molto piu’ difficile cadere in contraddizione, cosa che puo’ succedere anche ai piu’ esperti. Qualcuno potrebbe obiettare che l’immedesimazione non e’ affatto un principio letterario assoluto e i contemporanei di Manzoni se ne sbattevano. Io sono portato a pensare che lo sia, e che se la tecnica da allora si e’ evoluta in quel senso e’ per via di qualcosa che e’ successo nel frattempo: l’alfabetizzazione di massa, l’introduzione di sistemi di immedesimazione dotati di interfaccia come il cinema e i videogiochi, le scie chimiche, quello che vi pare, non conosco certo la verita’ su questo.
Il fatto e’ che qui e ora il bisogno viscerale di immedesimazione non si puo’ negare in alcun modo, e la gente riesce ad immedesimarsi con qualsiasi cosa. Basta leggere i commenti dei funz bimbominkia che Gamberetta riporta fedelmente, loro stessi dicono ke si sono trp immedesimati, e io ci credo. Il problema e’ che quel tipo di immedesimazione (sempre stando alle recensioni di Gamberetta, perche’ io i libri della Troisi non mi sono mai sognato di aprirli, e grazie per avermi risparmiato la sofferenza) non segue la logica del mondo reale.
Quindi non si tratta di scegliere fra una scrittura che funzioni o meno in termini di onesta’, vendite, neurologia o che altro, ma di una scrittura che abbia una minima attinenza con la realta’. Qualcosa cioe’ che sia d’aiuto e non d’intralcio alla vita reale. Perche’ se il lettore si abitua a immedesimarsi in una logica stringente e basata su dati di realta’, piu’ assurdo (nel senso di weird) e’ il contesto narrativo, e piu’ la sua mente sara’ allenata a reagire alle situazioni disparate e imprevedibili che gli capiteranno nella vita.
Direi che non serve la scienza neurologica per accettare un principio simile anche se sicuramente aiuterebbe.
Ecco perche’ penso che questo discorso sia particolarmente indicato per il post di Gamberetta che forse piu’ di ogni altro tratta di educazione. Forse non si puo’ chiedere a uno scrittore di essere di aiuto ai lettori nella vita (d’altronde, giustamente, che glie ne frega?), ma alla scuola si’. Ecco perche’ Manzoni diventa diseducativo se paragonato ai libri scritti secondo le tecniche di scrittura che Gamberetta difende.
Personalmente sono d’accordo che la cattiva educazione possa essere voluta perche’ utile a mantenere i rapporti di potere. D’altro canto l’intero sistema dell’autoritas, che e’ ancora, sigh!, un principio seguito, o perlomeno studiato a scuola senza un minimo di critica, non difende forse uno dei piu’ assurdi e beceri rapporti di potere? Il Manzoni e’ meglio di te perche’ era gia’ li’ a scrivere nell’800, cacchi tuoi, dovevi nascere prima! Noi possiamo essere i peggio stronzi, ma se riusciamo a mantenere in voga questo principio saremo comunque meglio di quelli che verranno dopo. Alla faccia del futuro migliore per i nostri bimbi(minkia).
Detto questo non vedo perche’ uno scrittore con un minimo di autostima dovrebbe esimersi dall’influenzare positivamente la realta’, tramite il comportamento dei propri lettori, quando a farlo basta un po’ di studio. Infatti Gamberetta, che direi non manca di autostima, ribadisce quanto la realta’ venga influenzata dalla fiction; mi pare nel post sugli scacchi. Voglio credere che la ragione sia sano e cinico amor proprio. Sarebbe un duro colpo scoprire che Gamberetta segue una qualsivoglia forma di idealismo.
Per concludere (off topic) diro’ che forse il maggior difetto di Gamberetta (ho letto e riletto quasi tutti i suoi post) e’ proprio questo: non centrare mai completamente il punto e perdersi un po’ troppo in discorsi sull’onesta’. In altre parole, non essere abbastanza cinica, ma e’ ancora terribilmente giovane, imparera’.
Questo, e l’amore per quegli insipidi coniglietti! ;P (fatta ovviamente eccezione per lo spietato comandante di vascello grumo).

#275 Comment By Hendioke On 24 gennaio 2012 @ 12:39

Bel post, davvero, ma su due punti non sono d’accordo.

1)

Il punto e’ che, per come lo tratta Gamberetta, e mi sembra che lei ne porti esempi a sufficienza, e’ il modo piu’ semplice per rendere quell’immedesimazione logica e consequenziale. Nel momento in cui ci si limita a un singolo personaggio e alle sue percezioni e’ molto piu’ difficile cadere in contraddizione, cosa che puo’ succedere anche ai piu’ esperti

Vero, che questa tecnica renda più semplice l’immedesimazione e sia più logica (e aderente all’esperienza quotidiana) è un fatto ma resta una sola delle possibili tecniche letterarie e non necessariamente la migliore.
Io sono dell’idea che la tecnica letteraria migliore in assoluto non esiste: esistono le tecniche letterarie ed esistono il talento e la capacità individuali.
L’insistere di Gamberetta sull’essere questa tecnica la migliore in assoluto e, in alcuni post particolarmente estremi, l’unica possibile è una posizione miope. Un esempio di ottimo libro di narrativa di genere fantasy contemporaneo che esce dal seminato di questa tecnica eppure è un bel libro con dietro una capacità tecnica e un lavoro seri e ammirevoli è “Jonathan Strange e il Signor Norrel”

2) Manzoni si inserisce all’interno di una brutta educazione ma non confondiamo la luna col dito come fa G. in questo articolo. Non è colpa del Manzoni se il nostro sistema educativo è fallato d’auctoritas e sembra atto a sfornare deficienti, la soluzione NON è eliminare Manzoni ma migliorare il sistema educativo. In un sistema educativo coi controcazzi ci può stare benissimo anche il Manzoni (come momento di passaggio in Italia fra una tecnica e l’altra, come esempio di ritardo in europa; per spiegare e far capire i fondamenti tecnici e teorici alla base del successivo romanzo italiano ecc. ecc.

#276 Comment By Riccardo On 9 febbraio 2012 @ 00:16

Punti soggettivi e molto banali, che variano dal punto di vista di ognuno. Qui si divertono tutti a far i contestatori, i saputelli, sanno fare i critici tanto bene da potersi ritenere artefici di un giudizio sul Manzoni? ma chi siete ragazzi? chi siete? Avete scritto delle cose insulse e false. Il Manzoni nei Promessi Sposi, scrive in maniera eccelsa, fluida e gradevole alla lettura. Merge a perfezione il linguaggio colloquiale che possa esser elevato, con quello scritto; come fece anche Goldoni. Si ha quindi un linguaggio dinamico, attivo, ma anche ricercato e intellettuale. è uno scritto fantastico, un opera bellissima, intrisa di passi lirici e poetici, e di grandi similitudini, paragoni e caratterizzazioni profonde, dalle due chiese di Don Abbondio e Fra Cristoforo; alle figure di Don Rodrigo, del Conte Zio.
E non mi venire a citare Edgar Alan Poe, che nulla da togliersi, un grandissimo poeta, specalmente con “The Raven” ha superato ciò che era allora definito come poesia. Ma molti inglesi e americani tendono a non comprendere alcuni scritti italiani del risorgimento e del 600-800 perchè sono abituati ad un altro stile di scrittura, completamente diverso, e parlo per esperienza, dato che essendo per metà irlandese, ho letto molti libri in lingua originale, da “The picture of Dorian Gray” di Oscar Wilde, (mio connazionale) a “Great Expectations” di Charles Dickens o Shakespeare etc… insomma avrò letto si e no una ventina di classici originali, e vi posso assicurare che la lingua dell’inglese vittoriano non è cosa da tutti.
Ciò che lì non c’è mai stato è la poesia; essa è diversa, e in un certo senso più goffa, pesante, mentre in Italia si sviluppa il Dolce Stil Novo di Dante, nasce Boccaccio e la sua Laura. Insomma tutto questo frangente assolutamente MAGNIFICO della letteratura, e della poesa, in inghilterra o in America non c’è mai stato (fino ad arrivare a manzoni, poi a ungaretti, e ai giorni nostri) siam due stili completamente diversi, quindi le critiche che gli uni fanno agli altri sono spesso infondate, e non meritano troppe attenzioni.
Conclusa questa macrosequenza sulla citazione di E.A. Poe, ti posso dire che Manzoni è uno scrittore da ricordare nei libri di storia, degno di nota, per capacità di scrittura, fluida, e colloquiale, ma anche contenuta e riflessiva quando necessario. Si è cimentato in poesie ed odi possenti e grandiose, come il Cinque Maggio; e vi pregherei a voi “geni” della letteratura di non disprezzare una pietra miliare in tale campo, quale è il Manzoni, con commenti idioti e senza fondamento.

#277 Comment By Giulia On 10 febbraio 2012 @ 17:36

Ma come si fa a giudicare un libro scritto oltre due secoli fa con parametri ATTUALI? E’ ovvio che siano due stili diversi, per la miseria, mi sembra scontato.
Seriamente, è un errore davvero stupido da fare

#278 Comment By Michele On 12 febbraio 2012 @ 13:57

@Riccardo
innanzitutto sarebbe bello che ci dicessi quale punto soggettivo non cambia a seconda del punto di vista.
Da come parli probabilmente il tuo. Ci dici che il Manzone e’ scorrevole, ricercato ecc. ecc., e dovremmo crederci perche’? Non c’e’ nessuna foto che dimostri quanto tu sia bello. Cosi’ come tu non ti sprechi a prendere un brano del Manzoni, riportarlo fedelmente e spiegare COME sia lirico, elevato ecc.ecc. ma subito dopo colloquiale, spigliato e sbarazzino.
Se ne sei cosi’ innamorato non dovrebbe costarti un grosso sforzo trovare le GRANDI similitudini e le caratterizzazioni approfondite, visto che a sentire te il libro ne e’ pieno. Non hai il libro a portata di mano? Usa il brano di Gamberetta e spiegaci come lei abbia torto marcio nel dire che la descrizione e’ piatta e poco dinamica. Oppure spiegaci perche’ mai statico e’ bello. Se siamo cosi’ idioti evidentemente abbiamo bisogno che tu ci illumini in questo modo.
Stessa cosa per i nostri commenti “privi di fondamento”, piglia il pezzo piu’ idiota dei nostri commenti e dici come e perche’ e’ insulso, falso ecc. ecc. (si chiama copia/incolla ragazzo e blockquote e’ li’ apposta perche’ risulti immediatamente separato dal testo che hai scritto tu, magico vero?).
Non lo fai? I casi sono due: o non ne hai voglia e allora e’ inutile che ci insulti tanto nessuno ti dara’ ragione, oppure non lo fai perche’ non puoi, e non puoi semplicemente perche’ cio’ che dici non e’ dimostrabile. In entrambi i casi il tuo commento cade nel nulla cosmico.

#279 Comment By Nara On 25 aprile 2012 @ 22:01

Non ho difese sperticate verso il nostro sistema scolastico. E nemmeno verso il Manzoni che effettivamente ricordo piuttosto indigesto, come molti autori dell’epoca.
Ma ritengo valida la filosofia “parla di cio’ che sai”. L’autrice di questo blog, che appare preparata sull’argomento che si e’ scelta (il fantasy), non mi ha mai dato la sensazione, in nessun articolo, di essere particolarmente edotta o apprezzatrice di literary.
Liberi, al mondo, di avanzare al grido “Esiste solo il fantasy.” Conosco molte persone che apprezzano solo libri di genere. Puoi anche vivere convinto che il fumetto sia il top della letteratura contemporanea.. ma nel momento in cui provi ad analizzare un romanzo di Salman Rusdhie attraverso gli schemi narrativi di Dylan Dog, e’ palese che qualsiasi cosa ne esca sara’ un’emerita cazzata.
Un idraulico sara’ anche il migliore nel suo campo.. non per questo ci aspettiamo che sappia smontare un carburatore.

Certo, la scuola dovrebbe fornire strumenti (e professori) per una piu’ ampia comprensione dei testi. Sono concorde. Ma mettere da parte la storia della letteratura? L’evoluzione dell’istruzione, della societa’, della morale, della mente umana nei secoli?
Ci sono abbiette persone piu’ interessate allo sviluppo della societa’ russa tra Tolstoij e Puskin che ad orchi ed elfi (incredibile, vero?).
A cosa serve la storia della letteratura al liceo? A niente.
A cosa servirebbe una comprensione maggiore dei testi letti? A niente.
A meno che cio’ non ti stimoli a diventare uno studioso di letteratura o, nel secondo caso, un’aspirante scrittore.
Siamo ZEPPI di nozioni che, quando non ci interessano, riteniamo inutili. Rientra nel nostra zavorra. Basta essere coscienti che le nostre “predilizioni” personali non rendano necessariamente superflue le altre.

#280 Comment By Mao On 25 aprile 2012 @ 23:59

Ma ritengo valida la filosofia “parla di cio’ che sai”. L’autrice di questo blog, che appare preparata sull’argomento che si e’ scelta (il fantasy), non mi ha mai dato la sensazione, in nessun articolo, di essere particolarmente edotta o apprezzatrice di literary.
Liberi, al mondo, di avanzare al grido “Esiste solo il fantasy.” Conosco molte persone che apprezzano solo libri di genere. Puoi anche vivere convinto che il fumetto sia il top della letteratura contemporanea.. ma nel momento in cui provi ad analizzare un romanzo di Salman Rusdhie attraverso gli schemi narrativi di Dylan Dog, e’ palese che qualsiasi cosa ne esca sara’ un’emerita cazzata.
Un idraulico sara’ anche il migliore nel suo campo.. non per questo ci aspettiamo che sappia smontare un carburatore.

Ci sono abbiette persone piu’ interessate allo sviluppo della societa’ russa tra Tolstoij e Puskin che ad orchi ed elfi (incredibile, vero?).

Anche io sono del parere che non si debba parlare se non si conosce l’argomento su cui si mette bocca. E allora Nara, che non ha letto altri articoli del blog (o almeno non lo ha fatto con l’attenzione necessaria a capire di cosa sia esperta Gamberetta), che è una completa ignorante di narrativa fantastica (nelle sue parole “orchi ed elfi”), che non conosce un tubo di parametri di valutazione di tecnica narrativa (che sono oggettivi e applicabili a qualunque testo, fantastico e non), e che non vuole neanche parlare del Manzoni, perché cavolo parla? ^_^
Mi sembra che ci siano abbastanza elementi perché risparmi il fiato.

#281 Comment By thyangel83 On 26 aprile 2012 @ 18:07

L’intervento di Mao non è commentabile, però in risposta a Nara posso dire che ho il “tremendo sospetto” che la nostra cara Gamberetta sia ben altri che una “ragazzina invasata del Fantasy…” Sotto altre pieghe, potrebbe avere scritto cose molto diverse…
Chiaramente, uso il condizionale in modo ironico. C’è già chi ha voluto individuare la nostra “Gamberetta” in un personaggio abbastanza noto nel mondo della scrittura: lei non ha né smentito né confermato, e giustamente, se no rovinava il mistero. Però io sono d’accordo con questa individuazione (vedere altra parte del sito per questo argomento e cfr. le recensioni di Gamberetta con alcune “pagine scritte”, che si trovano in tutte le librerie…).
Poi, a me personalmente i Promessi Sposi piacciono molto; non solo, ma a livello tecnico-stilistico vi sono note apprezzabili. Su questo argomento, da tempo desidero postare qualcosa e lo farò non appena mi sarà possibile scrivere con un po’ di tempo a disposizione, ché a scrivere cazzate si fa presto, a motivare delle argomentazioni – fra l’altro non in linea con l’articolo sul Manzoni qui inserito – invece occorre impegno.
Mi limito a dire che l’articolo di Gamberetta sul Manzoni non è affatto stupido o insensato (direi che difficilmente i suoi articoli lo sono…), semplicemente non tiene in considerazione alcune cose relative al contesto storico e letterario (lo dice lei stessa che non è un’esperta del periodo…), che personalmente invece un po’ conosco… Ciò non vuole affatto dire che lei sia esperta solo di Fantasy. E nemmeno che il Fantasy sia “riducibile” solo a un paio di orchi o elfi.

#282 Comment By Nara On 28 aprile 2012 @ 02:09

Mao e Thyangel83… vi prego, state tranquilli.
Magari potete anche rileggere prima di farvi chiudere la vena, no?
Delucidando: non mi permetterei mai di dare dell’ignorante all’autrice del blog. Avendo in realta’ letto molti suoi articoli (Mao, eh!) la ritengo una ragazza preparata, in gamba e analitica. Non l’ho definita “ragazzina invasata di fantasy”, e’ in questo modo che finite a scannarvi, qui dentro? Leggendo cose che non sono state scritte?
Mao: con rispetto, il mio fiato vale quanto il tuo.
Non lo sottolineo perche’ “tengo al rispetto” (che sono pronta a sfanculare con persone che hanno atteggiamenti sgradevoli) ma perche’ si finisce di sproloquiare a caso,

Ho solo sottolineato che segue la linea delle sue preferenze, come ha tenuto a sottolineare (“qui parlo esclusivamente di letteratura fantasy” qui e la’ l’ho letto spesso) e non mi ha mai dato l’impressione di volere e potere giudicare oltre. Pertanto, non la ritengo ferrata, il che certo non vuol dire che non abbia letto altro: io non mi ritengo ferrata in letteratura fantasy, il che non vuol ugualmente dire che non ne abbia letti almeno una trentina, escludendo tutta la produzione di S.King.

Thyangel83. Il fantasy non e’ riducibile a “orchi ed elfi”, come tutta la restante letteratura non e’ riducibile a “Tolstoij e Puskin”. Mi pareva evidente di aver buttato due nomi a caso, abbi pazienza, non e’ che son qui a stilare elenchi. Io mi ritengo bibliofila e ho letto di tutto, non escludendo nessun genere, trovando in ognuno sia bellezza che merda.
Questa e’ una reazione endemica, purtroppo, di una mentalita’ da circolo chiuso. Chi ha una predilizione per un genere tende a reagire a pelo ritto a chi non lo condivide appieno. Io, buttaci un occhio, non sono arrivata qui a darvi dei cafoni perche’ non leggete Salman Rusdhie (e se non l’avete davvero fatto, ve lo raccomando, ne “I versi satanici” o “I figli di mezzanotte” di fantastico ce n’e’ a QUINTALI, vi piacerebbe).

Ricapitolando: l’autrice del blog e’ sveglia, acuta, preparata sul fantasy ma NON la ritengo “un’esperta” sulla letteratura in genere (questo, per chiarire le due righe scritte da me che a quanto pare vi hanno urticato i nervi e fatto sguainare – inutili – spade).

Il professor Mao invece mi sembra un’autorita’ sulla materia, dato che afferma (quantevveroiddio) che le suddette regole valgono su QUALUNQUE TESTO, FANTASTICO E NO. E’ vero solo in parte. Ad esempio, nell’ottocento il descrittivo era piu’ si che no OBBLIGATORIO, tenendo conto del fatto che non esisteva tv, cinema, documentari, la gente spesso nasceva e crepava nello stesso fazzoletto di terra e le menti non foraggiate da immagini visive dovevano ricreare lo sconosciuto con le parole. Ma e’ un esempio, eh. Non mi permetto di metterLa in dubbio.

Secondo, NON ritengo la storia della letteratura, da un punto di vista sociale e storico, pronta per il cesso: accettatelo, c’e’ davvero chi ci si appassiona.
Certo se l’autrice, come me, ha avuto professori soporiferi e gretti che gliel’hanno fatta odiare, posso dirle: accodati al Muro de Pianto. Chiaramente, se si aggiungessero studi di comprensione dei testi sarebbe meglio. Se i professori ti facessero appassionare ad ogni materia, sarebbe meglio. Se le scuole italiane buttassero fuori gente preparata, sarebbe meglio. Se l’italiano medio non leggesse sterco, sarebbe meglio. Continuo?

Non e’ che dico “cazzate a caso” senza “capirci un tubo” (vi ho deliziosamente accostati in cio’, chiedo venia!), e’ che io non sono entrata qui a pontificare come sembra sia d’uso, ma ad esprimere un legittimo parere in difesa della storia della letteratura senza bisogno di sbandierare teoremi, saggi o profonde riflessioni ne’ sul Manzoni ne’ su Fra’cazzo da Velletri.
(Trova la citazione!)
Ah, ehm.. incidentalmente io ci lavoro con parole, schemi narrativi, tracce, dialoghi. Non che questo abbia importanza, pero’ ci penserei due volte prima di dare gratuitamente dell’ignorante in giro (lo sproloquiare a caso, sempre lui).
Specifico: non sono una scrittrice di romanzi. Sapete com’e’, vorrei evitare monologhi su invidye e frustrazioniii.
(E’ sarcasmo, esatto.)
Detto cio’, compermesso, torno ora da una festa e me ne vo a letto. Salud.

#283 Comment By Zave On 28 aprile 2012 @ 10:13

@Nara:
capita di essere fraintesi, specialmente quando si scrive.
solo che nel tuo commento precendente a quest’ultimo tu sembri proprio liquidare in maniera molto superficiale le argomentazioni e le competenze di Gamberetta, che fosse involontaria come cosa oppure no.
oppure no perché a prendere alla lettera quanto hai scritto in quest’ultimo commento viene da pensare che tu abbia volontariamente sminuito in quel modo Gamberetta e le sue competenze per creare uno “straw man” e vincere facile.

la tua argomentazione non suonava molto diversa da un “ok, di fantasy ne sai ma orchi ed elfi a parte…” e non mi aveva impressionato particolarmente.
e ci torni anche in quest’ultimo commento anche se argomentando meglio di quanto avevi fatto nel precedente.
io mi ritrovo a dissentire visto che molte delle argomentazioni di Gamberetta in questo e molti altri articoli le ho trovate molto generali e applicabili tranquillamente alla narrativa in sè, non necessariamente fantastica.
e lo dico da persona che con i gusti e le preferenze di Gamberetta non è certo in sintonia. new weird e bizzarro fiction non sono assolutamente nelle mie corde per fare un esempio.

senza voler fare l’interprete di Gamberetta ci tengo poi a ricordare che il tono dell’articolo era quello di uno sfogo e forse se il tono fosse stato un altro non sarebbe stata così categorica su alcuni giudizi.
dubito ad esempio che Gamberetta consideri la storia della letteratura completamente inutile ma che consideri molto più importante dare agli studenti le competenze per saper scrivere piuttosto che concentrarsi solo su quella e su classici ormai superati.
è come se in una lezione di fisica insegnassero a calcolare i movimenti dei pianeti con orbite circolari, deferenti ed emicicli…

#284 Comment By Nara On 28 aprile 2012 @ 13:40

Sono arrivata su questo blog seguendo i link dei manuali di scrittura. Esposti in modo chiaro, lucido e comprensibili a tutti. Pur essendo gia’ a conoscenza di questo metodo, li ho apprezzati. Il blog pone l’obbiettivo di limitarsi a un genere, per passione personale.

“L’autrice del blog, che appare preparata nella materia che si e’ scelta (il fantasy)”

Questo scrivevo nel primo post. Una frase difficialmente codificabile?
Seguendo le tracce che vedo nei commenti, dovrei rivolgermi direttamente all’autrice (con cui non ho mai parlato) in modo complice ed enfatico, sul genere “Chiara, sei bravissima e in gambissima e stupendissima, PERO’..”
Essendo abituata ad approcciarmi con persone del mondo artistico, la notorieta’ di quest’autrice nel web non mi fa ne’ caldo ne’ freddo. Valuto esclusivamente cio’ che leggo, e questo mi fa dire che e’ preparata.
Non e’ poco. Non e’ “liquidarla”. E’ esprimere un apprezzamento senza sbrodolamenti. Tale apprezzamento non toglie il riconoscimento dei limiti del caso.
Mi sembra di discutere sul niente. E’ il suo blog, e puo’ esprimere tutti gli sfoghi che vuole. Avendo lei aperto i commenti, io entro e, con toni leggeri, esprimo il mio dissenso su frasi come “insegnare storia della letteratura e’ solo una perdita di tempo”. Calco l’accento sul fatto che l’autrice, per prima, non si propone ne’ come esperta di letteratura dell’ottocento, ne’ come storica. Per sua stessa ammissione, non ha parametri se non quelli classici della write action, che ritengo molto validi. Non valuta, e non le interessa, il contesto storico e sociale. LIBERISSIMA. Ha il diritto della sua opinione. E io della mia. Quindi, di cosa stiamo parlando?
Argomenti di cui non me ne frega minimamente:
Gente che sa leggere l’italiano e che fraintende per il gusto di fraintendere.
Gente che confonde “l’essere preparata” con una laurea in Autorita’ Divina, e pretende genflessioni davanti al totem che hanno innalzato.
Gente che sproloquia a caso.

#285 Comment By Zave On 28 aprile 2012 @ 14:24

senti Nara nel tuo primo commento implichi piuttosto chiaramente che secondo te Gamberetta non ha le competenze per parlare di manzoni.

ecco una citazione:

Liberi, al mondo, di avanzare al grido “Esiste solo il fantasy.” Conosco molte persone che apprezzano solo libri di genere. Puoi anche vivere convinto che il fumetto sia il top della letteratura contemporanea.. ma nel momento in cui provi ad analizzare un romanzo di Salman Rusdhie attraverso gli schemi narrativi di Dylan Dog, e’ palese che qualsiasi cosa ne esca sara’ un’emerita cazzata.
Un idraulico sara’ anche il migliore nel suo campo.. non per questo ci aspettiamo che sappia smontare un carburatore.

per il resto io non sono un fan: se le tue argomentazioni mi sembrassero più convincenti delle sue non avrei problemi ad ammetterlo.

#286 Comment By Nara On 28 aprile 2012 @ 14:44

Non “implico”, lo dico. Lei stessa lo sostiene. Entrambe possiamo dire quello che pensiamo. La mia “tesi”, sostenibile o meno, e’ che la storia della letteratura sia un argomento scolastico interessante, se si tratta adeguatamente. Non cerco proseliti, esprimo un’opinione solida. E dormo da dio anche se nessuno mi fa la ola. Questo significa avere un’opinione concreta, supportata da anni, migliaia di letture, passione, esperienza e conoscenza di svariate persone “preparate” nel campo.

Non c’e’ nulla “fra le righe”. E’ tutto molto chiaro. Non mi spacco la testa con sottointesi ed escamotage, scrivo diretta senza rileggere e invio, puoi benissimo notarlo dagli errori nel testo. E’ come parlare al bar, non come presentare una tesi, santiddio.

#287 Comment By thyangel83 On 28 aprile 2012 @ 17:49

Cara Nara, questa serie di commenti sarebbe da Fogna e spero che lì verranno cacciati.
Rispondo per quanto mi riguarda: innanzitutto, prima di dirmi che ho chiuso le vene del cervello, apri le tue quando leggi un mio post. Se avessi letto bene, avresti compreso che il riferimento a quanto avevi scritto in precedenza era solo nel fatto che Gamberetta si sia scelta il fantasy come genere, punto e basta. E se lo avessi letto bene, avresti “scoperto” che ti indicavo che non è così, perché dietro allo pseudonimo di Gamberetta si cela indubitabilmente una persona MOLTO ferrata nella letteratura in generale e – direi – forse neanche nel fantasy prima di tutto.
Per il resto, il mio post era un commento generale sui Promessi Sposi (ché questo è il tema, non le diatribe tra commentatori…) e la frase “…orchi ed elfi…” in chiusura era invece tratta dal commento di Mao, ma sempre in via generale.
Inoltre, prima di vantarti di essere esperta di parole – cosa ammissibilmente vera – VERIFICA gentilmente con chi stai parlando. Perché anche il sottoscritto lavora nel settore e penso pure molti altri che qui commentano.

Forse la festa da cui sei tornata ti ha stordita un attimo, perché mi pare che il mio commento fosse appunto sui Promessi Sposi e solo poche righe erano riservate a te. Ma, per tornare ancora un’ultima volta (ultima, sì, perché è la TERZA…) sul punto in questione, dovresti valutare attentamente chi sia in realtà Gamberetta prima di attaccarla così direttamente (Grazie Zave per i tuoi commenti sempre utili. non sono ironico, sei uno dei pochi qui che c’entra sempre in pieno l’argomento).

Infine, se vuoi acculturarti anche con le persone con cui stai amabilmente colloquiando, spulcia qua e là i miei post e osserva: vedrai che non sono un amyketto della Gambe, né un “cieco gamberino”, dal momento che spesso ultimamente ho levato voci dissenzienti su recensioni e altro ancora.
Ah, già, ma l’ho fatto anche stavolta, promettendo fra l’altro un intervento più esteso proprio sui Promessi Sposi! Che scemo, quasi dimenticavo… Ma evidentemente tu mi hai risposto senza nemmeno avere letto.
Un po’ mi meraviglia, da una lettrice.
Spero che Gamberetta sposti gli ultimi 6 interventi – questo mio compreso – in Fogna, perché è lì che dovrebbero stare.

Chow chow a tutti i letterati.

#288 Comment By thyangel83 On 28 aprile 2012 @ 17:53

@ Nara.

Ah, dimenticavo ancora: ma chi mai ti ha detto che sono solo appassionato di fantasy? Ho pure scritto che so “qualcosa” della letteratura ottocentesca…
Perciò non vivo certo di soli “orchi ed elfi”; citando però da Mao…
Suvvia, leggere prima di commentare!…

Altro commento da Fogna, ma non potevo non risponderti.

#289 Comment By Nara On 28 aprile 2012 @ 19:36

Thyangel83, se Fogna dev’essere, Fogna sia. Credo continuero’ a dormir sonni sereni, dato che non sono un’abituale frequentatrice di forum (non ne ho il tempo) e vedendo le propensione al dialogo che vige credo che non ripetero’ l’esperimento, per quanto possa avermi fatto sorridere.
Devi affilare il tuo sarcasmo: e’ troppo evidente, forzato. Perde di effetto. Consiglio personale.

Avevo ben letto che “intendevi prima o poi” scrivere una riflessione approfondita sul Manzoni.. non capisco, un accenno futuro a cio’ che hai intenzione di scrivere avrebbe dovuto impressionarmi? Far nascere una discussione su cio’ che IPOTETICAMENTE scriverai?
Vaga idea di quanti saggi, articoli e approfondimenti mi sia gia’ dovuta leggere, spesso per lavoro?

“Sono anch’io del settore”. Buon per te, se ami il tuo lavoro come me. Anche questo avrebbe dovuto impressionarmi?

L’Identita’ Di Gamberetta, sottotitolo “Non hai capito di chi stai parlando? ”
Questa l’ho volutamente ignorata. Non mi interessa chi c’e’ dietro la maschera di Batman, mi accontento che vegli su Gotham City.
Se sei del mestiere, di gente ne incontri. E mi stupisce che questo desti in te una tale sensazione da ribatterlo nuovamente.

Ero incappata, da qualche parte, in una discussione in cui si insinuava che lei fosse in realta’ Chiara Gamberale. A mio parere, non solo le tematiche, ma pure lo stile di scrittura e’ molto diverso. Se poi lo fosse davvero, ripeto: buon per lei.
E anche questo, avrebbe dovuto impressionarmi.

Mi spiace, no.

#290 Comment By Zave On 29 aprile 2012 @ 10:57

ringrazio thyangel per l’apprezzamento, visto che la prima volta che ha commentato qui sul blog non ero stato particolarmente amichevole. XD

in ogni caso Nara il punto della questione è che tu, ma non sei la prima, invece di mostrare come le argomentazioni di Gamberetta fossero sbagliate portandone di più valide hai semplicemente sminuito il suo giudizio dicendo “di fantasy potrai essere esperta ma di letteratura non di genere non sei competente”.
ma sai quante persone sono venute qui con post fotocopia del tuo dicendo che Gamberetta non aveva le competenze per parlare perché era cresciuta ad anime e manga e non poteva capire il “vero fantasy” o perché infilava coniglietti e criceti nelle recensioni?

questo naturalmente senza entrare nel merito…

nel secondo commento almeno qualche argomentazione l’hai portata, anche se non l’ho condivisa.
ma sicuramente è stato molto meglio del tuo approccio iniziale (che comunque non hai completamente abbandonato).
per quanto mi riguarda io in questo articolo non ho trovato alcuna argomentazione che non mi sembrava valida per parlare di un romanzo non di genere.

ora non me ne voglia thyangel ma sono d’accordo con te nel fatto che me ne frego di chi sia Gamberetta: non ritengo sia importante.
a me basta la veste in cui vuole mostrarsi su questo blog visto che quello che mi interessa quando leggo i suoi articoli è la validità delle argomentazioni e quella l’ho sempre trovata.

#291 Comment By Nara On 29 aprile 2012 @ 17:33

Quali argomentazioni?
L’unica che ho sollevato ( e che e’ stata palesemente ignorata) si riferiva all’istruzione pubblica: storia della letteratura si’/no.
Mi interessava. Le polemiche sterili, no.

Per il resto, l’autrice dichiara onestamente di non avere e volere competenze al di fuori del genere fantasy. Io concordo. Non capisco perche’ a voi, che proclamate di seguirla con attenzione, questa particolare affermazione piu’ volte ribadita sia sfuggita. Avrete i vostri motivi personali, e anche quelli non mi interessano.

Conigli, criceti, manga e quant’altro: mai nominati. La vostra prevenzione non e’ giustificabile, e trovo questo “leggere fra le righe” pedante. Esporre chiaramente e’ la base della buona scrittura, e non vi transigo.
Non leggo mai i commenti, a me interessano gli articoli, quindi non ho la minima idea di chi siate (“se avessi letto altri miei commenti sapresti che”).

Ringrazio comunque Zave per la correttezza e per aver saputo riconoscere l’ironia per quello che era.. anche se si e’ perso anche lui nella discussione del “totalitario sapere” dell’autrice, discussione inutile data la chiarezza delle premesse.
Trovo anch’io che l’autrice sia molto preparata sul fantasy. Altrimenti non avrei letto e apprezzato i suoi articoli.
Lettura limpida e chiarezza d’espressione, senza sovrapposizioni personali. Altrimenti non puo’ esistere “argomentazione”.

#292 Comment By thyangel83 On 30 aprile 2012 @ 16:55

@ Zave
Si, hai ragione. In effetti ti avevo confuso forse con qualcun altro. Non sei stato affatto amichevole la prima volta che mi hai risposto su un forum, ma non me ne importa nulla. In questo caso, ripeto che i tuoi commenti secondo me sono stati intelligenti e precisi e ciò mi fa molto piacere. Non sono il genere di persona che serba rancore. La cosa importante è cercare di rendere un buon servizio – ciascuno secondo le proprie convinzioni – agli argomenti di cui si sta parlando. Mi auguro di incontrarti di nuovo su questo o altri forum, vuoi per sostenere la stessa causa, vuoi per “incrociare le lame”. Nel primo caso saprei di avere un valido “alleato”, nel secondo un degno “avversario”. Passami i termini “guerreschi”, anche se non siamo qui certamente per fare una guerra.

@Nara
Guarda, non mi importa affatto di chi sia Gamberetta in realtà; o meglio, mi importa appena un po’. Un po’ sì, nel senso che quando sai chi si cela dietro uno pseudonimo puoi cercare di carpire in modo più approfondito quello che ha da dirti al di là di quanto scrive. Nulla di più e se tu stessa non avessi sollevato l’argomento della sua preparazione non avrei mai commentato sull’argomento.

Per quanto riguarda il sarcasmo poco affilato, meglio così, lo ritengo un complimento, in quanto detesto il sarcasmo e non ho certo inteso infarcirvi i miei interventi. Anzi, mi chiedo dove tu ne abbia scorto una qualche flebile traccia. Non è che il mio sarcasmo fosse poco affilato: non ce n’era proprio, di sarcasmo…

Non dovevi proprio impressionarti per nulla, cara Nara. Non era il mio scopo impressionare nessuno. Fidati che fintanto che non mi vedrai in faccia – e spero non capiterà mai – non avrai nulla di che impressionarti. Ti ho voluto solo fare notare che se avessi letto bene il mio primo post in risposta al tuo avresti visto che non era affatto riferito a te, se non in minima parte e senza alcun intento offensivo, perché anzi in certa parte io il tuo primo intervento lo avevo pure gradito. Pertanto ecco perché ho voluto richiamare la tua attenzione sulla mia “promessa” di postare qualcos’altro sui PS; solo per indicarti che era quello il mio scopo.
Per il resto, stai solo ribadendo che qui il 99% della gente lavora a vario titolo nel settore della letteratura (chi la recensisce, chi la insegna, chi la “fa” in senso stretto – o almeno ci prova -scrivendo); pertanto, non volevo certamente impressionarti con tale magnifica rivelazione, solo farti notare che poteva, nell’ambito del tuo intervento, vigere un maggior rispetto per gli altri, chiunque essi fossero.

Spero che si possa tornare a parlare del Manzoni. Da parte mia, questo è l’ultimo intervento di questo tipo, lo assicuro, qualsiasi cosa venga postata in seguito.
Ciao

#293 Comment By Nara On 30 aprile 2012 @ 22:46

Non credo rischieremo mai d’incontrarci, dato gli ambiti in cui mi muovo. Ti ringrazio tuttavia per il tono civile.
Non e’ l’unico ringraziamento che in realta’ e’ mio dovere farvi. Oggi, lavorando su un testo con la produzione, una discussione sui forum e’ sfociata in un ottimo spunto che e’ stato approvato. Il discorso non sarebbe mai finito su tali argomenti se in questi giorni non fossi incappata qui; quindi, vi devo effettivamente qualcosa.
Grazie, e buon proseguimento.

#294 Comment By thyangel83 On 1 maggio 2012 @ 10:51

@Nara
Sì, credo che non ci incontreremo mai, perché io scrivo per passione e sto facendo della scrittura un vero e proprio lavoro ma non credo che mai valicherò il mondo della piccola editoria – pur rispettabile, anzi, spesso rispettabilissimo, perché vi sono piccoli editori che lavorando pur senza grandi ricavi e spesso mettono l’anima laddove altri mettono gli interessi -; per il resto, il mio primo lavoro si svolge in ambito tecnico, il che vuole dire che per il 70% del mio tempo frequanto ambienti non-letterari.

Felice che la discussione abbia portato a qualcosa di buono. Ripeto a te quanto ho detto a Zave: personalmente, non sono tipo da serbare rancori, importante è cavare qualche cosa di positivo anche dalle discussioni.

Buon lavoro, o meglio, buon 1 maggio

#295 Comment By Nara On 1 maggio 2012 @ 16:30

Niente primo maggio per me.. sempre attaccata a fogli e tastiera senza un lamento.
Io serbo rancore a chi mi ammacca l’auto nel parcheggio. A chi insulta le persone a me care. Alla cameriera giapponese che non mi porta un’altra porzione di gari.
Non serbo rancore a chi ha opinioni diverse dalla mia.
Io scrivo, leggo e quant’altro per passione. E stimolo. E divertimento. E curiosita’. L’amore che ho da sempre per la lettura mi ha portato a un lavoro, non il contrario. Non e’ necessario vendersi l’anima.
Buon primo maggio a te.

#296 Comment By Michele On 2 maggio 2012 @ 16:56

Ma che ca… vabbe’ ignorero’ quanto e’ successo fino ad ora e rispondero’ direttamente ad Hendioke che aveva risposto a me.

Sono d’accordo in linea di massima con quello che scrivi infatti non vedo come la tua posizione sia diversa. Nello specifico:
1) c’e’ da impazzire a definire cosa significhi in pratica essere il migliore.
Non a caso dico “il modo piu’ semplice” per ottenere quel determinato effetto. Dove pero’ si da la priorita’ alla quantita’ di persone che possono fruire di quell’effetto, e credo che sia d’obbligo se si parla di educazione (che credo tutti intendano in senso democratico), allora il metodo piu’ semplice e’ molto probabilmente anche il migliore.
Non saprei dire cosi’ su due piedi se Gamberetta la ritenga “la tecnica migliore in assoluto” (per quanto mi reputi un esperto di Gamberetta dovrei fare una ricerca). Per cui sospendo il giudizio, semmai sara’ lei a risponderti.
2) Non sara’ colpa (solo) di Manzoni se il sistema e’ fallato d’autoritas.
Ma qui si sta parlando del suo valore educativo e si cerca di dimostrare che se c’e’ una falla il Manzoni ne e’ espressione.
Lungi da me dire che andrebbe eliminato, sarebbe stupido come curare una malattia ignorandone i sintomi. Solo per il ruolo che adesso ricopre nel sistema educativo italiano e’ assolutamente necessario studiarlo, ma in quanto sintomo nel migliore dei casi potra’ essere un leggero prurito che ogni tanto ci piace grattare.
Molto piu’ spesso pero’ un testo nella posizione che ricopre i Promessi Sposi a causa del sistema educativo fallato avra’ un valore educativo negativo.
Se non altro perche’ ruba tempo ed energie allo studio di testi che servono meglio quello scopo di sviluppo di capacita’ critica di cui l’educazione deve farsi carico. Poi la validita’ di quel metodo (che forse per Gamberetta e’ assoluta, non lo so) si puo’ discutere e rivalutare a seconda dei casi, a volercisi addentrare si sfocerebbe nella politica.

#297 Comment By Alexander Shadow On 1 giugno 2012 @ 11:56

Perfettamente concordi. Su questo argomento mi trovi perfettamente concorde. Io di italiano, vuoi perchè per la maggior parte della mia “carriera” scolastica ho avuto lezioni della stessa risma di quelle che mi hai indicato tu. E ben capisci quanto tutto ciò ti impedisce di apprendere e di imparare qualcosa che non sia un citazionismo da quattro soldi. In merito a questa materia, grazie al tuo blog e quello di altri tuoi “colleghi” sto facendo passi da giganti, perlomeno rispetto alla maniera da cani con cui scrivevo prima (non che ora io non scriva da cani, ma a piccoli passi…). Io questo tipo di nozionismo lo notavo sopratutto in storia, dove ci si limitava a fare cronologia, ripetendo come pappagalli date e eventi, ma senza capirne il perchè, le conseguenze. Personalmente penso che se non ci fosse questo nozionismo e si conoscesse meglio la storia, avremmo dei libri fantasy forse scritti ancora con uno stile “atroce”, ma che perlomeno presenterebbero una struttura sociale realistica o almeno plausibile. Continua così! ;)

#298 Comment By Giorgio On 13 giugno 2012 @ 22:57

Cerchiamo di essere sintetici.

Gamberetta dice che il Manzoni scrive da cani.

Sono sicuro che il Manzoni direbbe il contrario, se fosse ancora in vita.

Ora, o ha ragione Gamberetta, oppure ha ragione il Manzoni, visto che entrambi asseriscono cose contrarie.

Adesso sostituite a “Gamberetta”, un qualunque autore da lei palesato come un genio dei manuali e della letteratura dello SDT, e a piacimento sostituite al MAnzoni un qualunque autore su cui lei piscia – non so, Tolkien). Il concetto rimane.

Mi sembra di essere in un blog di Cristini bigotti che cercano di provare all’ateo che Dio esiste, e l’ateo cerca di provare loro il contrario. E via giù con una marea di opinioni.

Potete portare tutti gli esempi che volete, fare tutti i paragoni che volete (la letteratura come una automobile, la letteratura come la matematica, al letteratura come un porno), ma alla fine state tentando di scoprire quale gusto sia il migliore.

Ci sarà sempre qualcuno che non riuscirà a digerire lo stile di Assault Fairies o Fanteria Dello Spazio, e troverà più accogliente una lettura come Eco o il Manzoni. E viceversa.

Poi c’è Gamberetta che va in fuga, spiazzando tutti quanti, e inizia a spiegare come funziona il cervello per dare un senso scientifico ai suoi gusti.

Lei lo ha scoperto, i neurologi ancora no. E dice di sé:

Evidentemente sono una persona che ha maggiori conoscenze riguardo la narrativa di cento anni di critica letteraria. Non è mica strano. Qualunque studente al primo anno di fisica ne sa di più sull’argomento di Aristotele, San Tommaso, Sant’Agostino e altri Giganti del Pensiero™ messi assieme.

Ora, evidentemente da cosa? Anche lei non conosce molto bene l’italiano. Evidentemente da quello che lei stessa ha affermato? Si è evidenziata da sola, non so, tipo uno che dice di essere un genio, e poi asserisce che è evidente che lo sia in quanto poco fa ha detto di esserlo.

Strano, però, che un genio simile sia relegato a fare critiche letterarie su un blog, e non abbia scritto ancora nessun capolavoro che, ricordo, sarebbe recepito dal vostro cervello così bene da diventare la nuova droga del secolo (la Gamberoina).

#299 Comment By lilyj On 14 giugno 2012 @ 00:36

Qui si sta facendo un bel mischione fra storia della letteratura -e allora Manzoni ci sta eccome- e tecniche di scrittura dei giorni nostri-e allora sì che Manzoni non c’entra un tubo-. Non mi pare una distinzione difficile.
Siate sinceri: chi fra voi difensori del Manzo si metterebbe a scrivere OGGI col suo stile? Qualche eco di stile, un rimando, lo posso anche capire, ma più di così proprio no.
E ai miei tempi, a liceo insegnavano letteratura e lingua italiana, non scrittura. Nel frattempo è cambiato qualcosa? Non voglio essere polemica, sono solo curiosa.

#300 Comment By Zarathustra On 14 giugno 2012 @ 09:31

@Giorgio:
Premessa: ti classifico come un “masochista vagabondo” – cioè uno che, dopo essere stato smentito nel post X, va a commentare da un’altra parte aspettando di essere smentito pure lì, e poi ancora da un’altra parte, in un loop infinito. Detto questo: fai pure! Io mi diverto ^_^

Gamberetta dice che il Manzoni scrive da cani. Sono sicuro che il Manzoni direbbe il contrario, se fosse ancora in vita. Ora, o ha ragione Gamberetta, oppure ha ragione il Manzoni, visto che entrambi asseriscono cose contrarie. Adesso sostituite a “Gamberetta”, un qualunque autore da lei palesato come un genio dei manuali e della letteratura dello SDT, e a piacimento sostituite al MAnzoni un qualunque autore su cui lei piscia – non so, Tolkien). Il concetto rimane.

Mi sapresti dire questi autori “palesati come genii dei manuali”? (occhio alle parole, se usi palesati – “resi palesi” – stai in pratica dando ragione a G.!)

Potete portare tutti gli esempi che volete, fare tutti i paragoni che volete (la letteratura come una automobile, la letteratura come la matematica, al letteratura come un porno), ma alla fine state tentando di scoprire quale gusto sia il migliore.

Ci sarà sempre qualcuno che non riuscirà a digerire lo stile di Assault Fairies o Fanteria Dello Spazio, e troverà più accogliente una lettura come Eco o il Manzoni. E viceversa.

Guarda, nella vita faccio il critico musicale (fra le altre cose). E non nel senso che scrivo su Cioè, ma nel senso che scrivo articoli di critica. Il “gusto” è comodo: rassicurante & intoccabile. Ma si porta dietro due problemi:
a) se di gusti di parla e de gustibus non disputandum est, non hai alcun titolo a criticare Gamberetta per i suoi gusti. Tanto, come dici tu, sono gusti!
b) il risultato è che non si può parlare più di nulla a meno di non aver preventivamente testato di essere d’accordo, perché alla prima discrepanza scatta la barriera del de gustibus a inibire qualsiasi spunto critico.

Il gusto, però, è un piano estremamente “grezzo” dell’espressione di una preferenza. L’analisi, invece, è un piano più raffinato. Su cosa si basa un’analisi? Su parametri precedentemente esplicitati. Tipo…sì, tipo i parametri esplicitati da Gamberetta. Che non sono – va’, ripetiamolo, magari impari… – parametri creati da Gamberetta nel 2007, o da Hollywood negli anni Venti (o Cinquanta, o quandotipare), ma sono costanti negoziate della storia dell’espressione umana. Dico “negoziate” perché, essendo la comunicazione un’attività sociale, è assiomaticamente non frutto di singolarità ma di collettività che cercano un accordo.

Ora, evidentemente da cosa? Anche lei non conosce molto bene l’italiano. Evidentemente da quello che lei stessa ha affermato? Si è evidenziata da sola, non so, tipo uno che dice di essere un genio, e poi asserisce che è evidente che lo sia in quanto poco fa ha detto di esserlo.

Ti svelo un segreto su come funziona internet. Qui le persone non sono qualificate dalla carica che reggono, dal titolo di studio, da quello che dice di loro il grande John McGuffin, ma da quello che esprimono. Se i contenuti sono ritenuti validi, la persona assume autorevolezza. E su internet è molto più difficile fregare i lettori, perché il controllo esiste sempre. Se sei un ciarlatano, vieni additato come tale, e la tua autorevolezza crolla.

Strano, però, che un genio simile sia relegato a fare critiche letterarie su un blog, e non abbia scritto ancora nessun capolavoro che, ricordo, sarebbe recepito dal vostro cervello così bene da diventare la nuova droga del secolo (la Gamberoina).

Mi troveresti il passaggio in cui Gamberetta esplicitamente o implicitamente afferma di voler perseguire una carriera letteraria fatta di successi? E ancora: per commentare qui abbiamo firmato un contratto per cui siamo interessati a ogni cosa Gamberetta faccia?

Forse no, sai. Forse si può girare per questo sito per ricevere consigli senza essere “costretti” a leggere storie scritte da G. per puro diletto. Se uno lo vuole fare, bene. Se uno non lo vuole fare, bene uguale, sticazzi.

#301 Comment By Dan On 14 giugno 2012 @ 13:45

Per venire all’ultimo post, e anche a ciò che dice Lily, più sotto, si potrebbe tagliare corto con una faccenda che lascerebbe un tantino spiazzati e interdetti, ma che ci sta proprio a cecio: che caspita (evito il maiuscolo) c’entra un articolo di Manzoni in un sito che si occupa di Fantasy e del Fantasy un sol pezzetto (lo steampunk)?
Cioè; iniziamo dalle cose elementari… a me sembra semplicemente un’operazione fatta tanto per catturar utenti, i quali ovviamente non hanno quegli strumenti critici per dire come stanno le cose.
Dubito che G. o chi per lei (perché ho sinceri dubbi una persona possa uscirsene con una cosa del genere senza avere due carte d’identità e due passaporti) direbbe la stessa cosa, che so io, nel sito dei Beni Culturali…?
Lì a calci in culo verso la porta… quantomeno.
Dunque che gl’è un sito personale: un posto in cui puoi sparare tutte le vaccate che ti pare, tanto i coglionazzi di 16 anni che non ne possono più li trovi…?

Allora trovo più che giusto -se questo è il pensiero- che ci siano persone indignate per il trattamento che si riserba per la propria cultura che ronzano e mettono i puntini sulle i. Questo è proprio il minimo, cari miei: male avete fatto i calcoli se pensavate che aprire un sito e schierarsi con una manovra idiota di controcultura non significasse questo…
E’ davvero il minimo; e dire ‘ma questo è il sito mio’ centra nulla: il sito è tuo ma internet è di tutti, e prima ancora, il Manzoni, è di tutti, la cultura consolidata, è di tutti… e toccarla non può che suscitare indignazione, è più che ovvio.
In tanti casi si dice ‘non si può giudicare Assalut F. con questo e quello… beh, a maggior ragione non lo si può fare col Manzoni.
Qualunque siano le teorie che ci muovono…

E poi, scusate, ma per dirla in termini propri: lo trovo così coglione analizzare un tomo ottocentesco con criteri moderni. Come pretendere che Velasquez lo si debba guardare con gl’occhi di chi è avvezzo all’arte moderna… ma non è abbastanza, è qualcosa di ancor più coglione.
Manzoni lo si addita anche per indicarci l’unica vera eredità d’un italiano moderno, assoadato e riconosciuto… ed è l’unico libro che abbiamo, tolto il quale non ci resta che il libro Cuore.
E chi si occupa di narrativa vorrebbe pure toglierlo -arraffare la ghiotta erdeità del buon italiano, e sputare la coccia-?
E il bello è che s’indispettiscono pure…
Se questa cosa fosse alla luce dei migliori critici letterari, ci sarebbe una fila immane, con tanto di numerino, per una serie smodata di calci in culo, altro che utenti rompiscatole.

#302 Comment By Sandavi On 14 giugno 2012 @ 14:20

Mi sembra un po’ tutto vagamente OT …
Rileggendo con attenzione l’articolo noto che la tesi che Gamberetta sostiene è la seguente: “l’approccio nozionistico all’insegnamento della Letteratura è superato. Il metodo di insegnamento della Letteratura dovrebbe essere cambiato”
E su questo punto sono d’accordo da sempre! Di ciò che mi è stato insegnato al liceo di letteratura italiana, pur avendo ottimi voti e avendo sempre studiato, non mi è rimasta una briciola. Questo fallimento è frutto di un modello di insegnamento basato sull’apprendimento di un certo numero di nozioni considerate fondamentali, nel quale non si danno veri strumenti di comprensione, critica, analisi dei testi.
Diciamo che dall’epoca in cui è stato scritto questo articolo qualcosina si è mosso, i licei sono costretti a preparare gli studenti ad affrontare un esame in cui si tratta comunque di saggio breve, giornalismo, critica, ecc. ma siamo ben lontani da un modello di insegnamento serio e all’avanguardia.
Non penso che Gamberetta intendesse: è inutile Manzoni, ma è inutile Manzoni studiato a questa maniera! Come darle torto? Fra l’altro quando si leggono i Promessi Sposi si prendono a casaccio solo alcuni episodi, una quindicina di capitoli, completamente avulsi dal contesto e dal disegno complessivo e questo è ancora più folle! In pratica i nostri ragazzi studiano anatomia su un cadavere dissezionato al quale mancano cervello, intestino, un rene….
Sarebbe sicuramente più stimolante imparare a capire realmente un testo, ad analizzarlo, esercitarsi a trovarne i punti deboli, i significati nascosti e magari(!) a scrivere propri testi. E guardate, criticoni, che questo metodo di studio è applicato in molti paesi al mondo, dove la tradizione letteraria è ugualmente antica se non più antica della nostra

#303 Comment By Dan On 14 giugno 2012 @ 15:09

Una persona che s’arrampica su un albero, e dice: “uh, quanto sono alto! Ora sego il fusto, tanto non serve…”, non la reputo persona di troppa arguzia… Di fatto, il Manzoni è a tutti gl’effetti radice e tronco della nostra Narrativa, e se Narrativa s’ama, non sarebbe troppo chiedere un filino di rispetto in più, specie considerando che non stai compilando il diario personale, con tanto di cuoricini sulle i, ma stai facendo -almeno credo- un servizio che dev’essere d’utilità; e ciò che meglio si deduce da tutto l’apparato dell’articolo è che il M. non sia un gran che come scrittore (non ultimo il titolo a dircelo)… il che può sembrare quanto di più inappropriato, per un esponente del Romanticismo di tutto rispetto, che ha ispirato scrittori dell’elevatura di Hugo, tanto per fare un nome.

E in sostanza, che cosa se ne deve dedurre: un ‘oggi la sappiamo più lunga!’ -o la so più lunga, come si dice-?
Grazie al piffeto, ma grazie a Manzoni…
Non credo Caravaggio dicesse fieramente in giro ‘sono meglio di Giotto!’, e il suo vanto fosse tutto lì…

Poi, se altezzosità volessino riconoscere, e positiva, sarebbe bello che la si mostrasse a cose fatte, non prima. Su cosa si basa questa superbia…? Sull’accumulo costante di verità da manuale, fra l’altro mi si dice nemmeno proprie, ma sunto di molti ragionamenti…?
Un po’ poco, direi…
Il supporre invece di essere migliori di Manzoni per via di fatine colorate, invece, lo trovo quanto di più ridicolo.
Sembra l’articolo di qualcuno che dice ‘fidatevi che io sono un genio’.
Ben vengano, il Cielo ce li mandasse a iosa… ma se poi mi scosti il Manzoni per mettermi l’assalto fatato, non mi convinci nemmeno se nel frattempo mi fai ‘mh! Buona pappa…!’.

In merito alla scuola, credo che vada piuttosto da sé che i libri si studino per farti passare la voglia di riprenderli: che senso ha, proporre cose così appetibili per un ventenne trentenne, quando a stento si ha concreta conoscienza delle procellità della vita…?
Ciò non toglie che da grande dev’essere tuo sforzo riapprocciare un dialogo proficuo anche con le cose di cui t’è stata fatta passare la voglia…
Comunque, credo che questo, come altri, siano enormi sviste derivate dal fatto di credersi arrivati ad una verità assodata e inamovibile sulla narrativa… mentre è piuttosto chiaro a chi la ama che questo gioco della finzione non è fatto di verità pronte a disconoscere qualsiasi altra.
Il troppo zelo e il troppo entusiasmo possono rovinare i migliori raccolti, e questo purtroppo credo sia un caso piuttosto palese…

Non so quanto tempo sia passato dall’assunzione di certi ‘dogmi’ legati alla narrativa, all’apertura del sito; probabilmente dei passi più misurati, una digestione più lenta e azioni meno avventate non avrebbero potuto che giovare tanto al padrone del sito quanto agli utenti che lo fruiscono. Lo dico con rammarico essendo io davvero un ottimo potenziale fruitore di tutti i siti mossi d’autentica passione per fantasy e affini…

#304 Comment By Eosforo On 14 giugno 2012 @ 16:36

Dan, il problema è che Manzoni scriveva male anche secondo i canoni del tempo. Tra gli autori di quel periodo, lui non era certo tra i migliori. Non lo era in Italia, figuriamoci all’estero!

#305 Comment By Giorgio On 14 giugno 2012 @ 21:22

Zarathursta, tu devi essere ritardato.

Continui a commentare i miei post senza leggerli, o forse li leggi e non li capisci, perché appunto sei ritardato.

Però mi piace vedere che difendi Gamberetta a spada tratta, magari sei persino un suo clone.

E infine concludi dicendo, sostanzialmente, che: Gamberetta non è una scrittrice famosa e ricca perché non gli interessa esserlo.

Io non posso aiutarti a superare i tuoi problemi. Mi dispiace.

#306 Comment By Zarathustra On 14 giugno 2012 @ 21:58

Ma caro Giorgio, sono sicuro che se vorrai argomentare (cosa che non ti ho ancora visto fare, ma sicuramente errore mio) troverai terreno fertile per una discussione costruttiva.
Comunque no, non sono un clone: solo che sotto esami ripasso Logica discutendo con gli ignoranti su internet – è un training che funziona, perché è semplice e immediato. Poi se cerco una sfida mi rivolgo ad altre tipologie umane, ovvio.

#307 Comment By lilyj On 14 giugno 2012 @ 22:12

@ dan: mi sa che non sono stata molto chiara: non sono d’accordo né con te né con il simpatico troll giorgio (che se odia tanto ‘sto blog potrebbe anche andarsene definitivamente, io di sicuro non lo rimpiangerei). Il mio era un semplice tentativo di far notare una sostanziale distinzione che i ragliosi sostenitori tout court di Manzoni non vogliono nemmeno vedere. Ho solo fatto una sintesi sinteticamente sintetica di quello che penso a riguardo.

E sinceramente: basta coi post di millemila chilometri! Io non ho più la forza di leggerli. Sarà l’età.

#308 Comment By Dan On 14 giugno 2012 @ 23:20

C’è uno sketch dei Giancattivi che mi ricorda molto la dinamica del sito (simpaticamente parlando):
http://fantasy.gamberi.org/2011/03/22/il-manzoni-scrive-da-cani/#comment-62141

Purtroppo non sono ancora dell’opinione che questo possa anche solo lontanamente stabilire dei punti fermi in merito alla Cultura.

L.: in merito a quello che ho detto, suppongo non sia troppo lontano da quello da te enunciato inizialemente… a meno di essere troppo lontano da un senso comune dell’intendimento; può darsi anche questo, non lo metto in dubbio… ma quando sento Troll sotto la parola Manzoni, sono molto vicino a un saluto :-) Saluti…

#309 Comment By ntx On 14 luglio 2012 @ 11:26

#310 Comment By Sandavi On 16 luglio 2012 @ 08:44

@ntx
da notare: http://senzaerroridistumpa.myblog.it/a-freebie-lo-scrittore-di-buon-senso.html.
Questa signora apprezza i Promessi Sposi, anche se non ne fa una critica puramente tecnica, come si fa qui in questo sito, cionondimeno conosce lo show don’t tell a quanto pare.
A parità di livello di competenze e informazione, ognuno può aggiungere il proprio parere a ogni genere di discussione

#311 Comment By NTX On 23 luglio 2012 @ 22:30

@Sandavi infatti, è esattamente quello che intendevo: un’altra campana, una volta tanto però resa comparabile dall’avere un terreno di confronto condiviso negli elementi tecnici.

#312 Comment By Sunshine On 28 luglio 2012 @ 16:22

Quanta presunzione che c’è nelle tue parole. O.O
Che tu abbia avuto professori che non sapevano spiegare niente, non lo metto in discussione, a tutti può capitare. Ma che tu scriva cose tipo “il Manzoni scrive da cani”, sinceramente mi pare un po’ esagerato.

Io stessa ho detestato “I promessi sposi” quando l’ho letto alle superiori e durante le ore di italiano avrei voluto essere altrove, ma stiamo comunque parlando di una grande opera della letteratura italiana, e su questo mi pare che non ci piova.
Poi il fatto che tu sostenga di saperne tanto di letteratura, quando tu stessa ammetti che durante le ore di lezione a scuola sonnecchiavi o pensavi agli affari tuoi, sinceramente non mi pare molto edificante. Almeno potevi omettere il particolare che a scuola non seguivi.

Ah, dimenticavo: non sono un troll pro-Manzoni, quindi non so se la censura funziona anche nei miei confronti. Se fosse stato per me, “I promessi sposi” non l’avrei mai letto. Ma da qui a dire che Manzoni scrive da cani, magari valutando la letteratura ottocentesca sulla base di quella odierna e sul modo in cui quello che ha scritto viene spiegato dai professori odierni, mi sembra comunque un insulto a chi a scuola invece di sonnecchiare stava a sentire quello che i professori spiegavano.

#313 Comment By Alexander91 On 29 luglio 2012 @ 19:47

Ciao Gamberetta, delurkandomi colgo l’occasione per farti i complimenti per il blog: davvero tanta roba e tanti consigli utili e da quanto ho capito sei molto impegnata ultimamente, ma non mi dispiacerebbe se ogni tanto tornassi a postare qualcosa. Ho anche letto un paio delle cose che hai scritto, ma commenterò in sede più appopriata.
Riguardo il Manzoni, sì, anche a me fa schifo al cazzo, e sì, anche se l’ho letto da cima a fondo, i Promessi Sposi l’ho trovato orrendo. Grazie a qualche dio però anche la nostra prof d’italiano lo trovava orrendo, non tanto nella scrittura quanto nei personaggi: li odiava tutti tranne la monaca di Monza. Inutile dire che trovava Lucia banale e insopportabile.
Quindi puoi immaginare che le mie lezioni su Manzoni siano state, fortunatamente per me, assai più leggere, ovvero interessanti rispetto alla norma. E tuttavia mi spiace contraddire Sunshine sotto di me ma, anche così, Manzoni scrive veramente male. Che poi non si può nemmeno dire che tutti scrivessero così. La prosa di Leopardi ad esempio è sicuramente più sopportabile e il Wilhelm Meister di Goethe ha dei personaggi certo più veri della santarellina immacolata piagnogna e di Gandalf-Fra Cristoforo, per non parlare dei Tre Moschettieri che, nonostante (che dio mi perdoni) i duelli raccontati, ho divorato(ed è stato comunque scritto nel medesimo secolo). Poi il pensiero va a Guerra e Pace e lì, sebbene in alcuni tratti Tolstoj sarebbe da bastonare, per il resto si parla di un’opera epica nel vero senso della parola.
Insomma, Manzoni fa schifo e la colpa non è del secolo in cui è vissuto, poiché vi sono molti autori a lui contemporanei, precedenti, successivi che hanno fatto decisamente di meglio. Dovremmo invece struggerci del fatto che l’Italia in quel periodo non ha saputo fare di meglio di Manzoni o del fatto che la critica di poco successiva(quella dei professoroni stucchevoli del regno sabaudo) l’ha consacrato a mostro sacro e intoccabile.

Un paio di appunti però.
Le ultime tre opposizioni sollevate alla tua idea che tu hai citato, sì, sono delle cretinate, ma la prima, che cioè manchi il tempo, purtroppo è vero.
Da quel che ho capito frequenti ancora l’università come me, quindi non sarà passato abbastanza tempo da poterti dimenticare del fatto che non c’era uno schifo di materia in cui i professori riuscissero a portare a termine il programma. E non è perché uno si perde in chiacchiere o a ripetere sempre gli stessi concetti(enunciare il concetto e poi ritrovarlo nell’analisi di un’opera non è ripetizione fine a sé stessa, serve alla comprensione). Secondo me, è per il tempo che si perde nelle interrogazioni. L’anno scolastico dovrebbe durare un po’ di più e i voti andrebbero dati il più possibile attraverso compiti scritti. Poi ovviamente anche dei professori efficienti non guastano. Ma ricordo che anche la mia professoressa d’inglese, donna straordinaria, l’efficienza fatta persona, faceva fatica a stare dentro col programma: certe volte sembrava davvero un’assatanata…
Inoltre, il pensiero dell’autore, il contesto storico e sociale non sono né roba inutile né roba da specialisti. Sono cose che si devono sapere per comprendere sia l’opera sia tutto il resto. Non si parla infatti di insegnare ai ragazzi a fare i critici letterari o a scrivere bene(per questo c’è la parte delle lezioni dedicate appositamente a ciò). Si tratta di insegnarli chi era Tizio, cosa pensava, dove viveva. Perché queste cose formano la mente dell’individuo. E ancor di più nel Liceo, scuola(in teoria ed almeno fino a poco tempo fa) deputata a sfornare l’élite, la guida della società(con che risultati disastrosi poi si vede): e allora non puoi formare delle persone senza dargli una coscienza di sé e di cos’é l’uomo e la nostra civiltà. E queste passano anche per la letteratura. La tecnica letteraria che tu proponi invece, incentrata sullo scrivere bene, è certo quanto più ci manca nel panorama letterario italiano attuale. Ma a scuola si formano, o si tenta di formare, persone, non scrittori, anche se andrebbe ricordato Franco Moretti quando dice che la scuola non ha ruolo nei romanzi di formazione perché “a scuola bisogna sapere la lezione, non essere convinti della sua verità”.
Che poi anche lì vada ribadito che Manzoni è tedioso e scrive male, su questo non c’è dubbio.

#314 Comment By Ciuffettina On 10 agosto 2012 @ 09:43

Cara Gamberetta,
sono d’accordo con te, Manzoni scrive male ed è affetto da inforigurgito: interrompe la narrazione per spiegarci la rava e la fava con tanto di gride, quando sarebbero bastati 2 righe o meno. L’avrà anche riscritto per 20 anni ma non l’ha letto! Ci viene mostrata per 2 volte la casa del sarto, la prima volta veniamo informati che ha 2 figlie e 1 figlio, la seconda 2 maschi e 1 femmina, minuzie? Forse, ma uno che l’ha riscritto per 20 anni avrebbe dovuto accorgesene, se l’avesse letto. Un’altra cosa che mi ha sempre dato fastidio è la sua mania di voler essere spiritoso a ogni costo, il prof ci spiegava che i momenti in cui compariva don Abbondio erano quelli “ludici” e pensavo: “Ma dove si ride?”. Ci obbligavano a fare i confronti tra il “Fermo e Lucia”, gli “Sposi Promessi” e i “Promessi Sposi” e pensavo: “Ma in 20 anni non aveva niente di meglio da fare? Si vede che aveva tempo da buttare!” Ma perché farlo buttare pure a noi?

#315 Comment By Domenico On 11 settembre 2012 @ 12:36

No, ma seriamente? Adesso comprendo il motivo per il quale le tue recensioni siano tanto orrende e senza fondamenti. Arrivare a criticare un grande scrittore come Manzoni, davvero, mi fa venire da vomitare. Ma sei sicura di aver studiato come si deve Manzoni? Na, non penso proprio.
Stiamo parlando di uno dei più grandi scrittori della storia italiana! Il suo modo di scrivere ha delle caratteristiche che nel tempo non si sono mai disfatte. Lo stile che utilizza è stato studiato affondo e una persona qualunque che viene a scrivere questo genere di cose mi fa davvero schifo.
Tralasciando Manzoni, tutte le varie cavolate (non voglio sembrare volgare) che hai scritto su altri libri e saghe mondiali, davvero, mi fanno ridere.
Senti un po’, cercati un lavoro decente, per favore, e vedi di evitare di leggere: vedo che non capisci un cavolo. :)

#316 Comment By Mao On 11 settembre 2012 @ 14:32

Stiamo parlando di uno dei più grandi scrittori della storia italiana! Il suo modo di scrivere ha delle caratteristiche che nel tempo non si sono mai disfatte.

E questa è una delle ragioni per cui Gamberetta è ancora costretta a scrivere tante recensioni negative. ^_^

#317 Comment By Coniglio Volante On 11 settembre 2012 @ 16:34

Arrivare a criticare un grande scrittore come Manzoni, davvero, mi fa venire da vomitare.

Se parti dal presupposto che uno scrittore (un gruppo, un pittore, un cantante, un filosofo, una persona) sia intoccabile parti già da un presupposto errato. Se la gravità newtoniana può rivelarsi inadeguata, Manzoni può essere criticato.

Ma sei sicura di aver studiato come si deve Manzoni? Na, non penso proprio.

Io ho all’incirca la stessa età di Gamberetta (a peso, eh) e ricordo benissimo le lezioni sui Promessi Sposi. Ricordo che ne leggevo capitoli in più, perché a scuola difficilmente lo fanno leggere per intero. E ricordo che mi faceva schifo al cazzo, se permetti il francesismo. Per una lunghissima serie di difetti (ai quali, come è ovvio, si contrappongono determinati pregi) riconosciuti dalla maggioranza non solo degli “esperti”, ma anche dei professori di liceo.

Stiamo parlando di uno dei più grandi scrittori della storia italiana!

No, all’estero ad esempio la pensano in maniera molto differente. Amano magari Tomasi di Lampedusa, o Svevo, o Pirandello, o altri ancora.

Il suo modo di scrivere ha delle caratteristiche che nel tempo non si sono mai disfatte. Lo stile che utilizza è stato studiato affondo e una persona qualunque che viene a scrivere questo genere di cose mi fa davvero schifo.

Affondi? Ti chiamo la guardia costiera?
(Questo per dire che, se si vuole attaccare la competenza altrui, è consigliabile mostrarsi perlomeno altrettanto preparati)

Ma dimmi – visto che confronti di questo tipo sono sempre interessanti: quali sono le caratteristiche dello stile manzoniano che sono passate nel romanzo novecentesco? Quali caratteristiche riterresti ancora oggi valide, se le dovessi incontrare in un romanzo appena pubblicato?

#318 Comment By Sandavi On 11 settembre 2012 @ 17:30

Non riesco davvero a capire l’accanimento su Manzoni. E’ inquietante vedere come falangi di presunti difensori di Manzoni si lancino all’assalto delle linee nemiche pur sapendo che saranno sbaragliati dall’artiglieria….
Mah… masochismo?

E’ curioso anche notare come gli strenui difensori dell’italianità partano in realtà con armi del tutto inefficaci, fucili inceppati se non addirittura scarichi, il che rende il massacro ancora più insensato.

Punto primo: Manzoni ha un solo vero merito, ovvero avere introdotto il romanzo storico , anzi il romanzo in generale, in un’Italia dominata da polverosi barbagianni che lo consideravano inferiore e indegno di entrare nel novero della vera letteratura (Svevo e Tomasi di Lampedusa sono arrivati molto dopo). Ha il merito di essere uno sperimentatore e di essersi ampiamente documentato sul periodo del quale scriveva (il Seicento lombardo). In questo è già molte spanne al di sopra di scrittori nostrani di narrativa di genere, che NON si documentano e si vede.

Punto secondo: Manzoni come scrittore non è tutto questo gran che. I promessi sposi non sono tutto questo gran che: io l’ho letto TUTTO, comprese note a margine. E mi sono fatto due palle mostruose. E’ lento, spesso pesante, non è avvincente, non coinvolge. E’ molte volte retorico, è inzuppato di religiosità (dell’autore, non dei personaggi, che ci starebbe pure) ha praticamente la struttura di una fiaba con happy ending. Il Conte di Montecristo, quanto a struttura narrativa è un romanzo ad esempio di gran lunga superiore, pur essendo d’appendice. Ed è ora di finirla con tutte quelle menate sull’incredibile scrittore, genio della letteratura, ecc. ecc. Sono stufo marcio degli esseri intoccabili, della venerazione per registi, scrittori, artisti vari. Sono esseri umani, pertanto soggetti ad errore. Anche un genio può fare o dire una cazzata.

Punto terzo: non condivido un post sul Manzoni solo perché messo qui sembra che c’entri qualcosa con la narrativa di genere, ma in fondo non c’entra un tubo, non è paragonabile come invece potrebbero esserlo Frankenstein, Germinal, Il Conte di Montecristo, Madame Bovary, e via discorrendo. Ciò non toglie che i Promessi Sposi sia una rottura di coglioni

#319 Comment By andrea On 4 gennaio 2013 @ 19:44

Io non sto a giudicare Manzoni o Gamberetta.
Però devi partire dall’epoca in cui Manzoni scriveva e il motivo sostanzialmente politico per cui ha scritto i Promessi Sposi. E a questo punto vorrei sapere cosa ne pensi dei Miserabili di Hugo. Mi piacerebbe anche cosa pensi di Verga.
Il fato immutabile di Verga e la provvidenza interventista di Manzoni non sono per esempio invenzioni da insegnanti.

#320 Comment By Stefano On 4 gennaio 2013 @ 20:15

Io non lo so. DI Alex ho letto solo i primi 4 capitoli del suo… chiamiamolo romanzo… quando facevo il Liceo. Mi sono rifiutato di andare avanti e copiavo poi i temi altrui. Non l’ho mai potuto soffrire. Non mi piaceva per nulla il suo stile di scrittura, e all’epoca (30 anni fa) non avevo la minima idea di cosa significasse la scrittura per immagini.
E francamente non me ne importa nulla di sapere che ha scritto un’allegoria di qualcosa d’altro, se l’ha scritta davvero. Poteva scriverla meglio.
Se si tagliassero tutte le cose inutili di quel romanzo, ne verrebbe fuori un racconto della storia d’amore tra due popolani e un signorotto che si voleva fare la sposa.

Comunque ricordo che eravamo in 30 in classe e a 28 persone faceva schifo. Questo nella mia, di allora, classe. Non che nelle altre classi avessero la Sindrome di Stendhal… E il commento di praticamente tutti era: “È noioso”. Se 28 persone su 30 dice che è noioso magari un fondo di verità ci sarà, che dite? O siamo tutti delle capre che non capiscono la “vera bellezza della sublime arte”?
Magari si, ma personalmente preferisco essere una capra e leggermi qualcosa che mi emozioni positivamente.

Dal mio punto di vista bisognerebbe avvisare i ragazzi PRIMA che il Manzoni scriveva in un epoca di analfabeti e i suoi lettori erano davvero pochi, in tutt’Italia. Poi è una lettura di altri tempi e va vista come lettura di altri tempi.
Non funziona che dici ai ragazzi che è un capolavoro assoluto (e basta) e poi gli spresenti una roba del genere. E magari poi ti scandalizzi se i ragazzi te lo schifano. È vero che è di altri tempi, ma proprio perché i tempi sono cambiati bisogna spiegarlo ai ragazzi, altrimenti avranno il termine di paragone dei tempi moderni. E Alex verrà schifato da 28 persone su 30.

#321 Comment By Artemis On 22 gennaio 2013 @ 13:03

Comunque è molto divertente che per ora i carampani di Manzoni abbiano grossomodo portato avanti sempre la stessa offensiva:

1) Ma l’Arte è Aaaaarteh! Ci sono cose sakre e Manzoni è sakro!

No. Manzoni era un essere umano come noi. Come è stato improvvisamente deciso dall’Alto che Carducci non dovesse più entrare nel canone letterario, quando fino a tot di anni fa era spammato in lungo e in largo, anche Manzoni un domani potrebbe essere lasciato ad ammuffire.

2) Ma Manzoni scrisse nel 1800! Cioè cioè mika puoi recensirlo coi nostri canoni moderni!

Tutto molto bello e vero, peccato che Gamberetta non lo abbia recensito. Inoltre, se non foste analfabeti, avreste anche letto il passaggio in cui lei afferma di giudicarlo APPOSTA secondo i canoni moderni, come, al fine di un insegnamento non nozionistico, si dovrebbe fare. Affermare che è un Gigante del pensiero e che le sue tecniche narrative siano perfettamente attuabili al giorno d’oggi (come purtroppo accade nelle scuole) è una suprema cappellata. è stato inoltre dimostrato che diversi suoi contemporanei fossero molto superiori a lui come romanzieri.

3) Vojo vedere se Gamberetta riesce a skrivere 1 romanzo ke s legge dp tnti sekoli! E poi e poi sks, se dikono ke è bello è bello! Se lo fnn leggere a skuola è bll!

Queste affermazioni sono state portate tempo fa da un ritardato. Gli altri sono stati così gentili da ribattere senza infierire, ma io mi sono svegliata male, e quindi te lo dico. Sei un ritardato. Credi davvero che nelle scuole si legga xk è bll? Non credi che, invece, ci siano dei professoroni che arbitrariamente decidano quale sia il canone letterario, secondo le loro stantie idee sulla letteratura? Che potrebbero essere influenzati (come è stato detto) dalla Chiesa, o dal mero nazionalismo, o che, come voi, ripetano a macchinetta ciò che gli è stato insegnato, e che, se a loro girasse, un domani il Vate intoccabile potrebbe essere Sua Blasfemia GL D’Andrea? Non è stato magari per queste decisioni prese dall’Alto (e non dei cieli) che generazioni e generazioni di ragazzini sono stati tediati con questo romanzetto d’amore?

Con questo, il Manzo avrà i suoi meriti, più linguistici che altro, ma voi mi fate veramente ridere. Non vi fermate neanche per un attimo a riflettere, non vi rendete conto di ripetere a macchinetta ciò che vi insegnano nelle scuole, e se la maestra dice ke manzoni è bll, allora anche voi a sperticarvi su Manzoni. E magari manco lo avete letto. Ma lui è sakro, eh! Patetici.
Spero che un giorno possiate provare l’ebbrezza di formulare un pensiero tutto vostro.

Con tanto lovvo,
Artemis

#322 Comment By Silvia Schwa On 19 febbraio 2013 @ 23:40

[ Premesso che ho scoperto il tuo blog quando lo stai quasi abbandonando-che peccato- ] Non sono d’accordo su quanto tu dici sul Manzoni. Ma questo non perché io sia una fan come qualcuno ha detto, o un “carampana” del Manzoni.
Gli strumenti di cui tu parli prima di tutto un ragazzo dovrebbe già averli imparati (elementari+medie+biennio liceale).
Da un ragazzo che frequenta il liceo io mi aspetto che sappia scrivere, che sappia leggere, che sappia comprendere un testo. Che poi nei licei si annidino centinaia di analfabeti è un’altra -triste- storia.
La scrittura del Manzoni: con la mente di oggi non la puoi giudicare obiettivamente, oggi il Manzoni è illeggibile per puro “piacere”. Se qualcuno dice il contrario vuole solo far valere la sua presunta cultura. Il Manzoni al liceo viene studiato perché è un pezzo della storia della letteratura, viene studiato per i contenuti che tu chiami “filosofici”, perché il liceo in teoria dovrebbe insegnarti a pensare e a saper utilizzare quello che studi, ti dovrebbe dare quel bagaglio di nozioni vere chiamata “cultura”. Il Manzoni si studia per via della Provvidenza, perché all’epoca questo romanzo venne considerato il massimo per via della chiesa imperante e dell’orientamento religioso di Manzoni. Lo studi perché tutti quelli che vennero dopo (scrittori/filosofi), nel 900, sputarono sul Manzoni e sulla sua Provvidenza.
Uno studente del liceo, che già dovrebbe saper scrivere correttamente, deve sapere la storia, gli episodi principali e saper dire cosa sia la Provvidenza. Non deve sapere quali parole sono cambiate da un libro all’altro perché è irrilevante e se qualche professore si fissa su questo è un’idiota.
Si studia la letteratura per me per imparare a pensare e contestualizzare. Poi se mi chiedi se ai Promessi Sposi si debba dedicare tutto quel tempo allora ti dico no, ho sempre trovato inutili le noiosissime letture in classe. Però almeno sapere chi era Manzoni, cos’ha scritto, perché è importante questo si.

#323 Comment By Ilario On 28 marzo 2013 @ 13:36

Scusate se ripesco questo vecchio post, ma ho trovato questo articolo su Satisfiction, in cui si dice che invece la recensione del Manzoni da parte di Poe fosse entusiastica.
Ha cannato Gamberetta oppure (come ritengo probabile) l’autore dell’articolo non ha capito una sega di quel che Poe voleva intendere?

#324 Comment By Gamberetta On 28 marzo 2013 @ 14:26

@Ilario. La recensione di Poe è positiva, tuttavia nelle conclusioni ci ho sempre visto una nota ironica, dato il paragone con Fenimoore Cooper (quello preso allegramente per il culo da Mark Twain nel saggio “Fenimore Cooper’s Literary Offences”) e il sottolineare più volte come l’edizione abbia un prezzo economico. Un po’ come se io scrivessi che un romanzo è bellissimo e invitassi a comprarlo perché costa solo 1,99 euro ed è scritto almeno altrettanto bene di quelli di Licia Troisi…
Ciò detto, può anche essere che Poe ammirasse sinceramente il Manzoni e considerasse un complimento accostarlo a Cooper: rende ugualmente bene l’idea di quale sia il livello del Manzoni.

#325 Comment By Ilario On 28 marzo 2013 @ 15:29

@Gamberetta. Grazie per la risposta ^_^
Chiedevo perchè, pur non avendo l’originale sottomano e dovendo fare affidamento solo sulla traduzione, un certa ironia di fondo nella recensione di Poe era parso di notarla anche a me.

Comunque… non so se sono stato fortunato io o se il liceo è andato malissimo a voi, ma le varie prof. di italiano che ho avuto ci facevano esercitare sulle tecniche di scrittura del saggio, dell’articolo giornalistico, del romanzo,della fiaba, cosi come sull’utilizzo del vari punti di vista, sui personaggi archetipici del racconto….eccetera.
Ad esempio ricordo che quando studiammo I Malavoglia la prof. ci consegnò un compito in cui ci chiedeva di scrivere un brevissimo racconto utilizzando un registro dialettale, proprio come aveva fatto Verga.
“Saper utilizzare i dialetti arricchisce al vostra scrittura e la vostra comprensione dei testi, e può sempre tornarvi utile”…….sembra che dopo tanti anni mi toccherà di ringraziarla :D

#326 Comment By Giulia On 1 aprile 2013 @ 16:49

Allora non tutto ciò che ci rifilano a scuola sottoforma di “capolavoro” oppure “magnifico” è sempre così. Mi piace il tuo senso critico e approfitto del fatto che ci sono commenti recenti per chiederti se potresti recensire la trilogia della Collins -Hunger Games- per poterla vedere sotto un’altra luce ed avere opinioni sincere oltre che perennemente positive. Premetto che il primo libro mi è piaciuto, ma il secondo e il terzo lasciano un pò perplessi.
Ps: non è che potresti fare qualche altro tutorial con consigli utili per la scrittura? Per ora ho letto quello sui dialoghi e mi è stato molto utile.

#327 Comment By rossella On 25 aprile 2013 @ 16:15

non sono d’accordo sulla questione, io ho letto i promessi sposi l’anno scorso e non mi è spiaciuto… certo lo stile, la lingua e la modalità espositiva sono ben diverse da quelle attuali, tanto più che si parla di altri tempi e di un’altra mentalità. non penso sia possibile un confronto tra classici della letteratura e libri attuali, perchè ci sono moltissimi parametri in gioco. un’altra cosa: ho letto il signore degli anelli e l’ho trovato molto bello, anche se troppo dilungato in alcune parti. non capisco bene cosa gamberetta abbia realmente contro questo libro, perchè mi sembra si soffermi su pregiudizi, tipo il fatto che tolkien era cattolico e che la sua spiritualità si sia inserita nei suoi libri ( tra l’altro essa non è voluta forzatamente, anzi tolkien ribadì più volte di non essersi per niente puntato sull’allegoria: egli semplicemente ha lasciato trasparire, perchè parti integranti di se stesso,dei messaggi cristiani che comunque possono essere sempre validi a prescindere dalla fede ). grazie per l’attenzione
ps. anch’io chiedo per favore la stesura di altri manuali, sono veramente illuminanti:)

#328 Comment By Zave On 27 aprile 2013 @ 22:02

oddio, pensavo che con la moderazione certi messaggi sarebbero stati segati. va bene che è il marciume però…

rossella, gamberetta ha fatto un discorso tecnico dove spiega i motivi per la sua opinione.
dopo aver letto l’articolo devo dire che ho trovato le sue argomentazioni convincenti.

nel tuo commento non hai toccato nessuna delle critiche mosse all’opera manzoniana da gamberetta e ti sei limitata a dire che non ti è dispiaciuta.

non si può discutere sui gusti delle persone, e di fatti tutti coloro che sono passati su questo blog e non sono riusciti ad averla vinta con gli argomenti l’anno buttata sui gusti.

sulla parte relativa al signore degli anelli non commento nemmeno.

#329 Comment By Ste On 8 maggio 2013 @ 11:12

Forse è bene ricordare questo passo di poche righe scritto da Gamberetta

Non conosco abbastanza la letteratura del primo ottocento per dire se questo stile fosse lo stato dell’Arte nell’ambito nella narrativa; giudicando con i parametri odierni – i parametri che uso per le recensioni su questo blog – ci troviamo di fronte a una schifezza

In altre parole il romanzo non viene giudicato per ciò che era alla fine dell’800. Ma ciò che è “attualmente”

Se proprio la cosa non è chiara: la ford T era una macchina discreta, ma paragonata alle macchine di oggi è un rottame. (o qualcuno la userebbe per farsi un viaggetto di 600km?)

#330 Comment By Zave On 9 maggio 2013 @ 13:47

infatti.
in molti sembra non capire il motivo di questo articolo/sfogo di gamberetta, anche se mi sembrava molto limpido.

non si va a contestare l’importanza che i promessi sposi e il manzoni abbiano avuto nella storia della letteratura italiana.
il problema è che nel nostro sistema di istruzione invece di sottolineare l’importanza di quest’opera per il fatto che fosse uno dei primi esempi del genere romanzo in lingua italiana, per il discorso linguistico, per le parti storiche, per quello che ti pare… molto spesso viene spacciata per il verbo, lo stato dell’arte, la bibbia della letteratura italiana.
il problema è che se lo levi dal contesto e lo valuti con i parametri attuali… è spazzatura.
un romanzo come i promessi sposi al giorno d’oggi sarebbe una cosa indegna.

ma in italia c’è questo costume di mettere i grandi maestri del passato su un piedistallo e di adorarli come divinità.

non c’è davvero motivo di soffermarsi per due anni su i promessi sposi. o per tre anni su la divina commedia aggiungerei.
si può dedicare al manzoni e a dante un tempo ragionevole e utilizzare il resto per dare agli studenti delle competenze nella scrittura.
invece si passano le ore su versi che hanno ognuno decine di righe di note a piè di pagina, in piccolo. quando la spiegazione più sensata il 99% delle volte era semplicemente “doveva fare la rima”.

si spende tanto di quel tempo in nozionismo inutile che in gran parte uno si dimentica e che all’atto pratico non serve a nulla se non a rispondere a chi vuol essere milionario quando capita la domanda “che animale era il veltro?”.

#331 Comment By M. G. Prometheus On 28 ottobre 2013 @ 15:08

Ste, tranquillo che Manzoni è ampiamente al di sotto della media del primo ottocento. Fosse stato un autore settecentesco, quasi quasi…
Comunque è chiaro che lo scopo di Gamberetta non è negare l’importanza storica che Manzoni ha avuto per lo sviluppo della lingua italiana, ma fare un ragionamento più di ampio respiro sul come viene studiata la letteratura in Italia. E ha ragione da vendere.

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#333 Comment By dalborgo On 20 settembre 2014 @ 13:54

Non leggo abbastanza per poter conoscere ciò che è perfetto nella letteratura. Ma la parte della madre di Cecilia e l’attacco di addio monti li ho sempre considerati arte cristallina. Ripeto che forse mi accontento ma sarebbe bello conoscere 10 righe davvero notevoli che straccino i paragrafi di Manzoni. Dante escluso ovviamente…

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#335 Comment By Ste On 3 ottobre 2014 @ 10:42

@Dalborgo
Forse ho frainteso quanto hai scritto ma mi sembra di capire che giudichi tutto “I promessi Sposi” Arte cristallina per… in totale 12-20 righe di testo su tutto il romanzo?
Nessuno dice che i Promessi sposi sono orrore dalla 1 all’ultima parola, am che nel complesso non è un gran chè. La differenza non è così sottile come può sembrare.
In altre parole se metti un bicchiere di pregiatissimo vino in uan botte di immondizia: ottieni immondizia (anche se metti un bicchiere di immondizia in una botte di ottimo vino continui ad ottener eimmondizia)

#336 Comment By Zave On 3 ottobre 2014 @ 11:50

@dalborgo:
ricordo solo vagamente il passaggio della madre di cecilia e non ho voglia di cercarlo, ma l’addio ai monti sì quindi mi esprimo su quello.
se ti interessa leggere poesia posso capirti, ma dal punto di vista della narrativa di genere è una schifezza: roba priva di ogni verosimiglianza che può essere tollerata solo nella literary fiction.
una persona reale non parlerebbe mai in quel modo, per non parlare del fatto che lucia è una povera contadina del 1600.
non ho problemi a concedere che i promessi sposi possano essere un’opera di pregio (a tratti) per qualcuno interessato a poesia e narrativa letteraria, ma dal punto di vista della narrativa di genere direi proprio di no.

dal tenore del tuo commento sembra comunque evidente come tu ti sia limitato a rispondere al titolo dell’articolo, che probabilmente non hai nemmeno letto.

#337 Comment By ElectroGolem On 5 ottobre 2014 @ 12:45

A onor del vero ci sono delle parti che, a livello di storytelling, sarebbero anche passabili. Il vero problema dei promessi sposi è che è scritto malissimo, non mostra neanche a morire e anche il raccontato fa pena

visto che allunga il brodo più che se mostrasse.
A parte questo la storia almeno ci mette qualche elemento di conflitto e Renzo non è un personaggio più pessimo di tanto.

#338 Pingback By I 10 migliori autori italiani autopubblicati secondo WIRED | Io Editore On 27 ottobre 2014 @ 16:32

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#339 Comment By Fed On 3 novembre 2014 @ 18:06

Secondo me il problema sta nel fatto che lui abbia scelto di scrivere un romanzo invece di un saggio storico. Manzoni, e questo tutti i libri scolastici lo dovrebbero dire (o almeno il mio lo diceva), era una grande appassionato di storia e quindi ha fatto il romanzo in modo tale che i protagonisti non siano Renzo, Lucia o Don rodrigo ma il ’600 stesso. Infatti certe volte non riesce a resistere alla tentazione e fa uno o due capitoli di descrizione di avvenimenti storici che con la storia non c’entrano nulla, e lì è veramente bravo: riesce a spiegare fenomeni complessi e articolati in modo semplice e soprattutto te li riesce a far entrare in testa. Se sei un appassionato di storia e lettore di saggi la sua scrittura riesce ancora a prenderti, nonostante sia stato scritto nella prima metà dell’800. Manzoni doveva scrivere un saggio storico e sarebbe stato veramente un esempio da seguire.
Però, è vero che i romanzi non facevano per Manzoni, ma dire che il romanzo è stato scritto da cani è esagerato, perché non tiene conto solo dell’inforigurgito (che sì è presente) ma non di altre caratteristiche dell’opera (riguardo la tecnica narrativa). Innanzitutto (a differenza di troisi, boscoquieto allibis e compagnia bella) i personaggi si comportano in modo adulto e se non riescono a fare una cosa a pagina 1 non ce la fanno neanche a pagina 2; poi i dialoghi sono gestiti bene e sopratutto le parole che escono di bocca a un personaggio sono credibili. Per fare un esempio, la madre superiora che parla con il padre di Gertrude non parla allo stesso modo dei bravi di don Abbondio. L’unico caso in cui scelta linguistica è sbagliata è L’addio Monti di Lucia, che probabilmente Manzoni ha messo “per abbellire la scena”, che è una scelta sbagliata che io non condivido ma è un caso.
Per concludere, anche secondo me nella scuola ci vuole moderazione. E’ giusto che nella scuola si insegnino i promessi sposi perché Manzoni ha usato per scrivere un italiano abbastanza scorrevole quando l’italiano era una lingua di studiosi, poeti e diplomatici (e quindi era difficile, contorto e pieno di latinismi), ma non studiarlo nel modo demente che ha la scuola italiana. Sarebbe più che giusto discuterci sopra in classe e notarne gli errori.

#340 Pingback By Do you remember “i 10 migliori autori italiani autopubblicati”? | Penne Matte On 15 ottobre 2015 @ 08:30

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