Recensioni :: Romanzo :: The Year of Our War
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Titolo originale: The Year of Our War Autore: Steph Swainston Anno: 2004 Genere: Fantasy non troppo weird |
Le Fourlands, mirabilmente create da Dio perché avessero una topografia adatta a una pagina formato A5, vivono in pace e armonia, salvo qualche occasionale scaramuccia tra i vari regni che le compongono. Finché, un brutto giorno, non compaiono gli Insetti. Gli Insetti sono grandi come dei pony, assomigliano a un incrocio tra una formica e uno scarafaggio, e possiedono la ferocia di un furetto piranha. Ondate dopo ondate di Insetti invadono le Fourlands, non lasciando niente di vivo sulla loro strada.
Ad aggravare la situazione giunge la decisione di Dio di andarsene in vacanza, non prima però di aver nominato un Imperatore immortale che dovrà unire le genti delle Fourlands e guidarle contro gli Insetti. Per facilitarlo nel compito, Dio concede all’Imperatore la facoltà di rendere a sua volta immortale chi sia meritevole.
Così nasce un Circolo degli Immortali e con il suo aiuto l’orda degli Insetti è arginata.
Duemila anni dopo la guerra è ancora in corso. A prezzo di continue e sanguinose battaglie gli Insetti sono tenuti a bada, confinati nell’estremo settentrionale delle Fourlands. Però qualcosa si sta incrinando. Il Circolo degli Immortali non è più la guida che era un tempo: gli Immortali più vecchi cominciano a sentire il peso dei secoli e le nuove reclute non paiono all’altezza di sostituirli.
Protagonista del romanzo e voce narrante è Jant Shira, con i suoi 200 anni uno degli Immortali più “giovani”. Jant Shira è vigliacco, egoista, traditore e bugiardo. Ha un passato di assassino e spacciatore, e da decenni è dipendente dalla stessa droga che vendeva, un potente allucinogeno chiamato cat. Jant Shira, nel corso della vicenda, si rivelerà tra i personaggi più positivi.
Ambientazione
L’ambientazione è medievaleggiante, ma qui e là irrompono lampi di moderno. Così tra Re, castelli e arcieri si scopre che quando non sono in armatura gli Immortali non disdegnano jeans e maglietta; masticano chewing-gum e prendono il tram, tengono conferenze stampa e per distrarsi leggono un tascabile. È probabile che alcuni di questi particolari siano stati inseriti per puro gusto del bizzarro, tuttavia l’ambientazione rimane coerente. Non ho notato nessun dettaglio stonato, tranne forse uno che illustrerò in seguito.
Nelle Fourlands non ci sono elfi e nani o draghi, abbiamo solo razze umanoidi: umani veri e propri; Awian, umani dotati di ali, ma non in grado di volare; e infine i ritrosi Rhydanne, con corpo umanoide e agilità felina. Jant Shira è di padre Awian e madre Rhydanne: la rara combinazione gli ha donato due ali funzionanti e la possibilità, lui solo, di volare. Per questo è stato reso Immortale, nonostante il brutto carattere.
Infatti l’idea dietro gli Immortali è quella di tener sempre in vita quelle persone che nelle scienze o nell’arte della guerra si dimostrino particolarmente capaci. Così un Napoleone o un Galileo verrebbero resi immortali per sfruttarne in eterno il genio.
Il Circolo degli Immortali è qualcosa in bilico fra gli antichi dei greci, un gruppo di supereroi (non a caso la gente ha affibbiato ai vari Immortali dei nomignoli da fumetto: Jant Shira è “Comet”) e il consiglio dei Cavalieri Jedi. Sennonché, come già accennato, ormai è rimasto ben poco di eroico nel loro agire.
Mappa delle Fourlands
Già così sarebbe una buona ambientazione, per originalità e livello di dettaglio superiore alla media, ma le Fourlands sono solo la metà del mondo. Esiste infatti un’altra dimensione, chiamata Shift, che Jant Shira riesce a raggiungere quando si imbottisce di cat. Lo Shift è dove la Swainston si scatena, dimostrando una fantasia degna di Swanwick e Miéville. Lo Shift è abitato da ogni sorta di mostro e strana creatura, è una galleria di visioni orribili, fantasmagoriche e surreali. E, come si scoprirà presto, non è la semplice allucinazione di un tossico.
Qui ho trovato l’unico particolare stonato che dicevo: Jant Shira incontra delle creature armate di moschetto e riconosce le armi, tuttavia non cerca mai di riportare nelle Fourlands la formula della polvere da sparo. Cannoni e fucili aiuterebbero parecchio nella guerra contro gli Insetti.
Purtroppo le pagine dedicate allo Shift non sono moltissime, ed è un vero peccato. È probabilmente una scelta voluta, almeno a sentire questa intervista della Swainston:
That’s why it is important not to be too weird in fiction. If you subvert archetypes too much, or give archetypes a cameo role rather than making them the root, the reader will feel disappointed even though he may not know why.
Sigh! Non sono d’accordo! Non si può mai essere troppo weird!
Ogni volta che l’effetto del cat si attenua e Jant è strappato via dallo Shift, be’, anch’io ho provato un pizzico di malinconia e dolore. Se la Swainston ha fatto apposta proprio per suscitare questo tipo di reazione, devo ammettere che è stata bravissima. Rimane però il rimpianto che la parte più immaginifica dell’ambientazione non venga esplorata in profondità.
Dove il romanzo forse poteva essere più fantasioso è con gli Insetti. Così come sono presentati sono gli stessi Insetti già visti in una marea di romanzi, film e videogiochi. Da Il Gioco di Ender fino al film di Fanteria dello Spazio. Però anche qui c’è una goccia di originalità: gli Insetti sono molto “fantascientifici”, con un comportamento alieno ma razionale, non seguono i tipici cliché dei mostri fantasy, cattivi perché sì, incarnazione del Male, fuoriusciti dagli Inferi, ecc.
Il nostro eroe
Il romanzo è narrato in prima persona da Jant. Non ci saranno altri punti di vista, e Jant è l’unico personaggio approfondito. Gli altri rimangono sullo sfondo e il comportamento di alcuni (come quello di Swallow) sembra più dettato da doveri di trama che non da motivazioni del personaggio.
D’altra parte Jant è un egoista che mette al primo posto il mantenimento dei propri privilegi. Si interessa al prossimo solo finché non è faticoso o pericoloso, dunque sarebbe stato inverosimile se avesse indagato più di tanto la personalità di chi gli sta intorno.
Io ho una predilezione per i personaggi amorali e ho subito provato simpatia per Jant, nonostante, a volerlo valutare in maniera oggettiva, sia una persona spregevole. Con Jant funziona al contrario di come si è abituati: se Superman commette un omicidio, all’istante sono dimenticati i suoi meriti e subito sembra “cattivo”; con Jant si diviene così assuefatti al concetto che sia falso, menefreghista e pusillanime che quando invece compie un’azione coraggiosa o giusta i suoi peccati passati paiono sbiadire.
Jant Shira disegnato da Steph Swainston
L’autrice è abile nel trasmettere le ansie e le paure del nostro “eroe”. Spesso i guai che gli capitano se li è andati a cercare, ma è difficile non provare empatia per lui. I saltuari sprazzi ironici poi sono deliziosi.
Con i dovuti distinguo, Jant Shira assomiglia un pochino al protagonista de Il Lercio di Irvine Welsh.
L’intreccio
Sullo sfondo della guerra, la Swainston inserisce quattro vicende che si vanno a incastrare tra loro: il tentativo della più talentuosa musicista del mondo di farsi ammettere tra gli Immortali; l’assedio degli Insetti a una fortezza baluardo degli uomini; la pazzia del Re di Rachiswater; e infine una lite tra due Immortali che da baruffa in famiglia diventa affare di stato. La faccenda funziona così così: si ha troppo l’impressione che le varie sottotrame siano scollate e non giova che due di queste si concludano con Shira lontano e dunque senza mostrare al lettore quello che è effettivamente successo. Nondimeno di per sé le sottotrame non sono male, con un ottimo miscuglio di violenza, sotterfugio, intrigo, avventura e anche un po’ di romanticismo (sebbene il romanticismo per Shira sia: “It’s never been ‘love them and leave them’ so much as ‘fuck them and flee’.”)
La guerra è condotta bene: l’avanzare inesorabile degli Insetti è ben intrecciato con lo sfaldarsi del Circolo degli Immortali; la rivelazione sull’origine degli invasori è preparata con il giusto anticipo e non suona artefatta.
Purtroppo il romanzo si interrompe sul più bello, con le sorti del conflitto in bilico. Infatti la Swainston ha scritto un seguito. Poi un terzo volume. Poi un quarto (già consegnato all’editore, dovrebbe uscire quest’inverno). E adesso sta scrivendo il quinto volume della serie. Devo essere sincera: ho paura che vada avanti solo perché ci ha guadagnato con i romanzi precedenti. 100-200 pagine al massimo in più avrebbero potuto chiudere degnamente la storia, non ho idea come la si possa stiracchiare per (almeno) altri quattro romanzi.
Comunque il secondo romanzo penso prima o poi di leggerlo, perciò ritornerò in futuro su questo punto.
Copertina di No Present Like Time, seguito di The Year of Our War
Stile
Nella già citata intervista la Swainston dichiara che:
I love quality the most; beautiful writing excites me more than anything else. [...] To me, literature is the highest art form and I’ve been shocked to find how few genre writers agree.
Per fortuna è uno dei rari casi di persona che predica male ma razzola bene. O forse ha avuto un bravo editor. Sta di fatto che in questo romanzo lo stile, pur non eccelso, è ugualmente funzionale. Di derive verso la literary fiction non ce ne sono (a parte forse un’eccessiva aggettivazione e la scelta di qualche termine troppo ricercato) e viceversa sono rispettate quasi alla lettera tre delle regole fondamentali: sempre mostrare le scene, non raccontarle; niente inforigurgito; mantenere saldo il punto di vista.
Alcune pagine, quelle in cui si sente di più che il mondo è filtrato dagli occhi di Jant, sono riuscitissime. In altre occasioni invece pare che Jant descriva con troppo distacco. Di questo soffrono le scene di battaglia: è difficile emozionarsi, perché si sa in partenza che se la faccenda dovesse mettersi al peggio Jant scapperà via volando. Come tecnica narrativa e particolari militari sono scene ben scritte, peccato che il punto di vista non possa essere dei migliori.
La narrazione è lineare, con tre soli flashback a illuminare tre momenti salienti della giovinezza di Jant. I tre flashback li ho trovati superflui. Il primo capita in momento di stanca del romanzo e non aiuta a riprendere il filo, il terzo mi è parso inutilmente pruriginoso.
Il ritmo è veloce. Gli eventi si susseguono rapidi e Jant ha sempre qualcosa da fare, che sia salvare il mondo o procurarsi la prossima dose di cat.
Nel complesso lo stile della Swainston è decente. Penso possa migliorare ma già così dimostra di aver ben chiaro come si tiene avvinto un lettore.
Conclusioni
Il romanzo mi è piaciuto. Molto. Avevo scelto di leggerlo perché è spesso classificato come new weird (anche la pagina di Wikipedia lo designa in tale sottogenere) e da questo punto di vista sono rimasta un pochino delusa: l’elemento weird è sì presente ma non è al centro dell’attenzione; in compenso ho trovato una bella storia di guerra e avventura in un’ambientazione notevole narrata da un personaggio inconsueto e carismatico.
Per questo lo consiglio a tutti: credo possa piacere a qualunque appassionato di fantasy. C’è l’elemento epico, con la guerra per salvare il mondo; c’è una costruzione del mondo piena di fantasia e una dose “umana” di bizzarro; c’è un personaggio in cui forse è difficile immedesimarsi ma che non si dimentica facilmente.
Non c’è, tanto per cambiare, una traduzione in Italiano. In Inglese si può scaricare il romanzo da emule, oppure si può acquistare il cartaceo nei vari negozi online (amazon.com e amazon.co.uk lo vendono nuovo intorno ai 7 euro). Il lessico non è contorto come in Swanwick ma non è neanche elementare, dunque è richiesta una conoscenza decente dell’Inglese.
Il consiglio è il solito: leggete o almeno assaggiate il romanzo dopo averlo scaricato gratis via P2P, e poi, solo poi, se ritenete valga la pena, pagate.
Devo aggiungere una nota di mestizia: è vero che anche per il mercato anglosassone The Year of Our War è un prodotto sopra la media; è vero che lo stile della Swainston non è il massimo (è, dopotutto, il suo primo romanzo), e ci sono autori italiani tecnicamente più abili, rimane la constatazione che nessun romanzo pubblicato da noi avvicina questo livello di costruzione fantastica. Lo so che suono sempre disfattista, ma è la verità: dal punto di vista dell’immaginazione, dell’imbrigliare in una struttura coerente la fantasia, romanzi come questo della Swainston sono tre spanne sopra la produzione italiana (facendo riferimento ai più bravi, rispetto alla media c’è un abisso).
The Year of Our War è piaciuto molto anche al Coniglietto Grumo. Qui in versione cosplayer, addobbato da Jant Shira (nota: la foto ha solo valore indicativo e in effetti non rappresenta il Coniglietto Grumo)
Approfondimenti:
The Year of Our War su Amazon.com
The Year of Our War su Amazon.co.uk
Il sito di Steph Swainston
Giudizio:
Bella storia… +1 | -1 …peccato non finisca. |
Ottimo ritmo, il punto di vista è gestito molto bene. +1 | -1 Lessico inutilmente ricercato, flashback inopportuni. |
Lo Shift. +1 | |
Jant Shira. +1 |
Scritto da Gamberetta •
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